La tecnica
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“"Benché alieno dalla matematica, Bacone ha saputo cogliere esattamente l'animus della scienza successiva. Il felice connubio a cui egli pensa fra l'intelletto umano e la natura delle cose è di tipo patriarcale; L'intelletto che vince la superstizione deve comandare alla natura disincantata, il
sapere che è potere non conosce limiti né nell'asservimento delle
creature né nella sua docile acquiescenza ai signori del mondo [...]
i re non dispongono della tecnica più direttamente di quanto ne
dispongono i mercanti, essa è democratica come il sistema economico in
cui si sviluppa: la tecnica è l'essenza di questo sapere"
Adorno e Horkheimer
Postato da: giacabi a 21:43 |
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adorno, horkheimer
L'illuminismo
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“L'illuminismo
nel senso più ampio di pensiero in continuo progresso, ha perseguito da
sempre l'obiettivo di togliere agli uomini la paura e di renderli
padroni, ma la terra interamente illuminata splende all'insegna di una trionfale sventura, gli uomini pagano l'accrescimento del loro potere con l'estraniazione da ciò su cui lo esercitano. L'Illuminismo si rapporta alle cose come il dittatore agli uomini, che conosce in quanto è in grado di manipolarli.
Ogni tentativo di spezzare la costrizione naturale spezzando la natura,
cade tanto più profondamente nella coazione naturale: è questo il corso
della civiltà europea" ».
Adorno da: Dialettica dell'Illuminismo
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Postato da: giacabi a 14:42 |
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illuminismo, adorno
L’amicizia
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Sei amato solo dove puoi mostrarti debole senza provocare in risposta la fuga.
T. W. Adorno |
Postato da: giacabi a 14:06 |
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amicizia, adorno
L’arte moderna
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Il compito attuale dell’arte è di introdurre caos nell’ordine
Theodor W. Adorno (1903-1969), Minima moralia |
Postato da: giacabi a 11:21 |
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adorno
Il senso religioso
“l’arte promette ciò
che non c’è, annuncia obbiettivamente
(e per quanto manchevolmente) la pretesa
che tale non-esistente, in quanto si
mostra, debba ancora essere possibile.
L’inestinguibile anelito al bello […] è
l’anelito all’adempimento della promessa”.
Ma è la promessa di un non esistente
e quindi “niente garantisce che
l’arte mantenga la sua promessa obbiettiva.
[Nell’arte] vi è menzogna, nella
misura in cui essa manca di produrre la
possibilità da essa stessa prodotta come
apparenza, e la manca proprio per questo”
(Theodor W. Adorno, “Teoria Estetica”,
Einaudi, Torino 1975, p. 9)
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Postato da: giacabi a 21:52 |
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adorno, senso religioso
La filosofia
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Per finire. La filosofia, quale solo potrebbe giustificarsi al cospetto della disperazione,
è il tentativo di considerare tutte le cose come si presenterebbero dal
punto di vista della redenzione. La conoscenza non ha altra luce che
non sia quella che emana dalla redenzione sul mondo: tutto il resto si
esaurisce nella ricostruzione a posteriori e fa parte della tecnica. Si
tratta di stabilire prospettive in cui il mondo si dissesti, si
estranei, riveli le sue fratture e le sue crepe, come apparirà un
giorno, deformato e manchevole, nella luce messianica. Ottenere queste
prospettive senza arbitrio e violenza, dal semplice contatto con gli
oggetti, questo, e questo soltanto, è il compito del pensiero.
È la cosa piú semplice di tutte, poiché lo stato attuale invoca
irresistibilmente questa conoscenza, anzi, perché la perfetta
negatività, non appena fissata in volto, si converte nella cifra del suo
opposto. Ma è anche l'assolutamente impossibile, perché presuppone un
punto di vista sottratto, sia pure di un soffio, al cerchio magico
dell'esistenza, mentre ogni
possibile conoscenza, non soltanto dev'essere prima strappata a ciò che
è per riuscire vincolante, ma, appunto per ciò, è colpita dalla stessa
deformazione e manchevolezza a cui si propone di sfuggire. Il pensiero
che respinge piú appassionatamente il proprio condizionamento per amore
dell'incondizionato, cade tanto piú inconsapevolmente, e quindi piú
fatalmente, in balía del mondo. Anche
la propria impossibilità esso deve comprendere per amore della
possibilità. Ma rispetto all'esigenza che cosí gli si pone, la stessa
questione della realtà o irrealtà della redenzione diventa pressoché
indifferente. Th. Adorno Minima moralia
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Postato da: giacabi a 13:58 |
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adorno
La verità
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DOMANDA: Il nostro termine "verità" proviene dal latino veritas. Anche il termine greco alètheia
viene tradotto con "verità". Si tratta realmente dello stesso concetto
espresso con due parole di origine diversa o dietro questa duplicità di
forme c'è una differenza di significati?
Da
qualche tempo mi vado occupando, anche etimologicamente, di queste cose.
Quando vado a tradurre Platone trovo il termine "alètheia", che è il
termine con cui gli antichi intendevano la verità. Andando poi al fondo a
vedere la cosa, trovo tradotto "alètheia" con "veritas", cominciando da
Cicerone e dai traduttori latini. Mi sono reso conto che, se Platone li
avesse sentiti, si sarebbe arrabbiato moltissimo.. Infatti il nostro
termine "veritas" non vuol dire affatto quello che era, per i greci, la
verità.
Alètheia, senza voler fare nessun accenno ad Heidegger, viene da lanthano che vuol dire "coprire". Da lanthano proviene Lete, che è il fiume dell'oblio, il fiume che copre. Alètheia, con l'alfa privativo, è il contrario di ciò che si copre: è ciò che si scopre nel giudizio.
Nel nostro ambito latino, veritas è
un termine che proviene dalla zona balcanica e dalla zona slava, e vuol
dire tutt'altro che verità. Vuol dire, in origine, "fede"; fede nel
significato più ampio della parola, tant'è vero che in russo ad esempio vara vuol dire fede. Tutti noi sappiamo benissimo che l'anello della fede si chiama anche la vera, proprio perché questa origine balcanica, slava è penetrata fino da noi: la vera è la fede.
Andando avanti nello studio, ci si rende conto che ci troviamo di fronte ad una doppia verità.
In ciò che diceva Averroè, che parlava di "doppia verità", vi è una
sottilissima visione storica e critico-filologica del significato di
verità.
Qual
è la doppia verità? Da un lato la verità di fatto è ciò in cui ho fede,
per cui l'assumo come vera senza nessuna riflessione critica: questa è
la nostra veritas.
L'altra verità è quella che Leibniz - altrettanto dotto - aveva chiamato la "verità di ragione", per la quale sufficit la ragione; la ragion sufficiente, distinta dalla verità di fatto.
Francesco Adorno
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Postato da: giacabi a 21:02 |
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verità , adorno
La Verità
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"La verità è inseparabile dall'illusione che un giorno dalle figure e dai simboli dell'apparenza possa emergere, nonostante tutto, libera da ogni traccia d'apparenza, l'immagine reale della salvezza".
T. W. Adorno, (1903-1969) Minima moralia. Meditazioni sulla vita sofferta, Ed. Einaudi, Torino 1979
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Postato da: giacabi a 15:59 |
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verità , adorno
La scomparsa del dono
Gli uomini disapprendono l'arte del dono. C'è qualcosa
di assurdo e di incredibile nella violazione del principio
di scambio: anche i bambini squadrano diffidenti
il donatore, come se il regalo non fosse che un trucco
per vendere loro spazzole o sapone. In compenso si
esercita la charity, la beneficienza amministrata, che
tampona programmaticamente le ferite visibili della società.
Nel suo esercizio organizzato l'impulso umano
non ha più il minimo posto: anzi la donazione è necessariamente
congiunta all'umiliazione, attraverso la
distribuzione, il calcolo esatto dei bisogni, in cui il beneficiato
viene trattato come un oggetto (...)
La vera felicità del dono è tutta nell'immaginazione della
felicità del destinatario: e ciò significa scegliere, impiegare
tempo, uscire dai propri binari, pensare l'altro
come un soggetto: il contrario della smemoratezza. Di
tutto ciò quasi nessuno è più capace. Nel migliore dei
casi uno regala ciò che desiderebbe per sé, ma di qualità
leggermente inferiore. La decadenza del dono si
esprime nella penosa invenzione degli articoli da regalo,
che presuppongono già che non si sappia cosa
regalare, perché, in realtà, non si ha nessuna voglia di
farlo. Queste merci sono irrelate come i loro acquirenti:
fondi di magazzeno sin dal primo giorno.
Lo stesso vale per la riserva della sostituzione, che
praticamente significa: ecco qui il tuo regalo, fanne
quello che vuoi; se non ti va, per me è lo stesso;
prenditi qualcosa in cambio. Rispetto all'imbarazzo dei
soliti regali, questa pura fungibilità è ancora relativamente
più umana, in quanto almeno consente all'altro
di regalarsi quello che vuole: però siamo agli antipodi
del dono. Di fronte alla grande massa di beni accessibili
anche al povero, la decadenza del dono potrebbe
lasciarci indifferenti. Ma anche se, nell'abbondanza,
il dono fosse diventato superfluo, continuerebbero
a soffrire della sua mancanza quelli che
non donano più.
T. W. Adorno
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