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L'amicizia
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Postato da: giacabi a 14:36 |
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amicizia, aelredo
L'amicizia
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Gli amanti e gli amici desiderano due cose: di amarsi al punto di entrare l'uno nell'altro e diventare un solo essere e di amarsi al punto che la loro unione non ne soffra, quand'anche fossero divisi dalla metà del globo terrestre.***
(Simone Weil)
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Trova il tempo di essere amico: è la strada della felicità.(Madre Teresa di Calcutta
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[L'amicizia] Unica tra tutti gli affetti, essa sembra innalzare l'uomo al livello degli dèi, o degli angeli. Clive Staples Lewis
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L'amicizia percorre danzando la terra, recando a noi tutti l'appello di aprire gli occhi sulla felicitàEpicuro
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Quaggiù
non c'è nulla di più santo da desiderare, nulla di più utile da
cercare, nulla più difficile da trovare, niente più dolce da provare,
niente più fruttuoso da conservare dell'amicizia.Rievaulx
All'amico si deve dire la verità; senza di essa il nome di amicizia non vale più nulla.
Rievaulx
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L'uomo d'animo sincero vive soprattutto nella saggezza e nell'amicizia, l'una bene mortale, l'altra bene immortale.Epicuro
Postato da: giacabi a 14:54 |
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amicizia, madre teresa, lewis, weil, aelredo
L’amicizia vera
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Gli
uomini avrebbero una vita perfettamente felice, diceva un sapiente,
se si togliessero di mezzo le parole “mio” e “tuo”. Difatti la santa
povertà, santa perché volontaria, conferisce una grande stabilità
all’amicizia spirituale, mentre la cupidigia la mette a morte. Perciò
una relazione d’amicizia si conserva più facilmente, se l’animo è
libero da simili peste. Ci
sono ancora altri benefici nell’amore spirituale grazie a cui gli
amici possono assistersi e aiutarsi a vicenda. Anzitutto avranno una
reciproca sollecitudine: proveranno gioia o vergogna l’uno per l’altro
e scambievole sarà il rincrescimento degli errori compiuti o la
soddisfazione del progresso realizzato. Ognuno dei due incoraggi l’altro
se depresso, lo accolga quando non sta bene, lo consoli se triste, ne
sopporti la collera. Sia così rispettoso dello sguardo di lui da non
osare mai un’azione o una parola disonesta o sconveniente. Siccome
ogni sbaglio ricade sull’amico, ciascuno dei due non solo ne
arrossisce e se ne dispiace interiormente, ma se ne rimprovera come di
colpa qualora l’abbia vista o udita nell’altro. In conseguenza,
ognuno stima di dover all’amico quel riguardo che magari non ha per se
stesso. Per finire, la riservatezza è la compagna migliore
dell’amicizia, per cui questa perde il ornamento più bello quando le
viene tolta la delicatezza della discrezione.
(Aelredo di Rievaulx, Trattato sull’amicizia, III, 101-103). |
Postato da: giacabi a 12:03 |
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amicizia, aelredo
La perfezione dell'amore fraterno
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«La carità fraterna deve conformarsi all'esempio di Cristo
Non
c'è niente che ci spinga ad amare i nemici, cosa in cui consiste la
perfezione dell'amore fraterno, quanto la dolce considerazione di quella
ammirabile pazienza per cui egli, «il
più bello tra i figli dell'uomo» (Sal 44, 3) offrì il suo bel viso agli
sputi dei malvagi. Lasciò velare dai malfattori quegli occhi, al cui
cenno ogni cosa ubbidisce. Espose i suoi fianchi ai flagelli. Sottopose
il capo, che fa tremare i Principati e le Potestà, alle punte acuminate
delle spine. Abbandonò se stesso all'obbrobrio e agli insulti. Infine
sopportò pazientemente la croce, i chiodi, la lancia, il fiele e
l'aceto, lui in tutto dolce, mite e clemente.
Alla
fine fu condotto via come una pecora al macello, e come un agnello se
ne stette silenzioso davanti al tosatore e non aprì bocca (cfr. Is 53, 7).
Chi
al sentire quella voce meravigliosa piena di dolcezza, piena di carità,
piena di inalterabile pacatezza: «Padre, perdonali» non abbraccerebbe
subito i suoi nemici con tutto l'affetto? «Padre»,
dice, «perdonali» (Lc 23, 34). Che cosa si poteva aggiungere di
dolcezza, di carità ad una siffatta preghiera? Tuttavia egli aggiunse
qualcosa. Gli sembrò poco pregare, volle anche scusare. «Padre, disse,
perdonali, perché non sanno quello che fanno». E invero sono
grandi peccatori, ma poveri conoscitori. Perciò: «Padre, perdonali». Lo
crocifiggono, ma non sanno chi crocifiggono, perché se l'avessero
conosciuto, giammai avrebbero crocifisso il Signore della gloria (cfr. 1
Cor 2, 8); perciò «Padre, perdonali». Lo ritengono un trasgressore
della legge, un presuntuoso che si fa Dio, lo stimano un seduttore del
popolo.
«Ma
io ho nascosto da loro il mio volto, non riconobbero la mia maestà».
Perciò: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno».».
sant'Aelredo, abate Dallo «Specchio della carità» di
(Lib. 3, 5; Pl 195, 582)
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Postato da: giacabi a 21:01 |
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aelredo
CRISTIANESIMO
La leggerezza della vita cristiana
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Guglielmo
di Saint-Thierry, Bernardo di Clairvaux, Aelredo di Rievaulx, frate
Ivo, Riccardo di San Vittore non parlano della vita celeste, ma
soprattutto della vita terrena. Sanno di essere ancora lontani da Dio, che sta altrove, lontanissimo, al culmine dei cieli. Ma, mentre
abitano questa terra, pregano, viaggiano, predicano, ripetono i riti,
essi anticipano la vita celeste, la rendono attuale e quotidiana, come
si fosse già incarnata tra le pianure, le colline e i conventi d’Europa.
Ciò che è futuro è presente. Ciò che è invisibile viene visto. Per usare il robusto linguaggio fisico dei padri, essi pregustano la vita celeste. Il
loro amore per Dio cresce: viene via via appagato, ma continua a
crescere; non ha fine e non può mai avere fine. Conosce soltanto il
desiderio ininterrotto, mai l’ansia.
Quanti
toni aveva il linguaggio dei Padri! [...]. Soprattutto, era leggero,
perché “il giogo del Signore è soave e il suo peso leggero”, ripetevano
Guglielmo, Bernardo, Aelredo, Ivo, Riccardo, ricordando il passo di Matteo. Il
primo segno del cristianesimo è proprio quello di trasformare tutti i
pesi – il peso del dolore, della sventura, della legge, del comando,
dell’incertezza, dell’analisi, dell’inquietudine, del dubbio,
dell’angoscia – in qualcosa di sovranamente leggero: leggero come il
respiro e il battito di una piuma. Chi non conosce la leggerezza, diceva
Aelredo, non conosce nemmeno la fede cristiana».
Pietro Citati recensendo su la Repubblica del 19 giugno Trattati d’amore cristiano del dodicesimo secolo.
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Postato da: giacabi a 09:21 |
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cristianesimo, aelredo
Amicizia e responsabilità
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“Non
dobbiamo imporre onori o pesi sulle spalle di coloro che ci sono piú
amici, ma di quelli che sono piú idonei a portarli. A parità di capacità
però non mi sentirei di disapprovare una scelta in cui, in qualche
modo, l'affetto si intrufola nella decisione. Nessuno, quindi, deve
sentirsi disprezzato se non riceve una promozione, dato che anche
il Signore Gesú in un caso simile preferí Pietro a Giovanni, e dando a
Pietro il comando non tolse certo a Giovanni l'affetto. A Pietro affidò
la sua Chiesa, a Giovanni affidò la sua carissima madre. A Pietro diede
le chiavi del suo regno, a Giovanni aprí i segreti del suo cuore.
Pietro, quindi, sta piú in alto, ma Giovanni è piú al sicuro. Pietro,
benché costituito in autorità, quando Gesú dice: "Uno di voi mi
tradirà", trema come gli altri e ha paura; Giovanni invece, fatto audace
dalla sua intimità con Gesú, sul cui petto stava reclinato, visto il
cenno di Pietro che vuol sapere chi è il traditore, ha il coraggio di
interrogare. Pietro, quindi, viene lanciato nell'azione, ma Giovanni è
riservato per l'affetto, perché "Cosí", dice, "voglio che lui rimanga
fino al mio ritorno" (cfr. Gv 21,22). Ci ha dato un esempio, infatti, perché anche noi facciamo cosí. Diamo
all'amico tutto quanto è in nostro potere in amore, grazia, dolcezza,
carità; diamo invece gli onori futili e gli oneri a quelli che ci
vengono suggeriti dalla ragione, sapendo che uno non amerà mai veramente
un amico se non gli basta l'amico cosí com'è, e vuole in piú da lui
queste cose vili e spregevoli."
Aelredo-di-Rievaulx da: L'amicizia spirituale
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Postato da: giacabi a 15:00 |
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amicizia, aelredo
L'amicizia può essere: carnale, mondana, spirituale
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Diciamo che l'amicizia può essere: carnale, mondana, spirituale. Quella carnale nasce dalla sintonia nel vizio; quella mondana sorge per la speranza di un qualche guadagno: quella spirituale si consolida fra coloro che sono buoni, in base ad una somiglianza di vita, di abitudini, di gusti e aspirazioni .
L'amicizia carnale nasce
dal solo sentimento, cioè da quel tipo di emotività che, come una
prostituta, allarga le gambe davanti a tutti quelli che le passano
accanto, seguendo il vagare di occhi e orecchi verso l'impurità. Da queste porte si intrufolano nella mente immagini voluttuose, e si
pensa che la felicità stia nel goderne a piacere, e che il divertimento
sia maggiore se si trova qualcuno con cui condividerlo. Si mettono allora in moto gesti, segni, parole e adulazioni con cui un animo cerca di accattivare l'altro. L'uno attizza il fuoco nell'altro fino a fondersi in una sola cosa. Una
volta raggiunto uno squallido accordo, arrivano a fare o a subire l'uno
per l'altro qualsiasi cosa e si convincono che non ci sia niente di piú
dolce e di piú giusto di una simile amicizia: "volere le stesse cose,
rifiutare le stesse cose", ritenendo cosí di obbedire alle leggi
dell'amicizia. Un'amicizia
del genere non nasce da una scelta deliberata, non è messa alla prova
dal giudizio, non è diretta dalla ragione, ma è spinta qua e là sotto
l'urgenza disordinata del semplice sentimento. Una simile
amicizia non osserva misura alcuna, non cerca cose oneste, non si sforza
di prevedere ciò che è utile e ciò che non lo è, ma si butta su tutto
in modo sconsiderato, imprudente, superficiale ed eccessivo. Cosí, come agitata dalle furie, si autodistrugge e, con quella stessa leggerezza con cui era nata, prima o poi si spegne.
L'amicizia mondana, invece, quella che nasce dal desiderio di cose o beni temporali, è sempre piena di frodi e inganni.
In essa niente è certo, niente è costante, niente è sicuro, proprio
perché tutto cambia col volgere della fortuna e... della borsa. Per
questo sta scritto: "C'è infatti chi è amico quando gli fa comodo, ma non resiste nel giorno della tua sventura" (Sir
6,8). Se togli la speranza di guadagnare, subito sparirà anche l'amico.
Questa amicizia è stata ridicolizzata con versi eleganti: "Non della persona, ma della prosperità è amico colui che la dolce fortuna trattiene, ma quella amara mette in fuga". Però, a volte, ciò che fa nascere questo
tipo di amicizia viziosa conduce alcuni a un certo grado di amicizia
vera: mi riferisco a quelli che all'inizio, in vista di un guadagno
comune, contraggono un legame di fiducia reciproca che resta sí basato
sul denaro iniquo, ma almeno nelle cose umane raggiungono una grande
sintonia. Però questa amicizia non può in alcun modo essere ritenuta
vera, dato che nasce e rimane fondata solo sulla base di un vantaggio
temporale.
L'amicizia spirituale, infatti, quella che noi chiamiamo
vera, è desiderata e cercata non perché si intuisce un qualche guadagno
di ordine terreno, non per una causa che le rimanga esterna, ma perché
ha valore in se stessa, è voluta dal sentimento del cuore umano, cosí
che il "frutto" e il premio che ne derivano altro non sono che
l'amicizia stessa. Proprio come dice il Signore nel Vangelo: "Io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto" (Gv 15,16), cioè perché vi amiate a vicenda (cfr. Gv 15,17). È infatti nell'amicizia
stessa, quella vera, che si progredisce camminando, e si coglie il
frutto gustando la dolcezza della sua perfezione. L'amicizia spirituale
nasce tra i buoni per una somiglianza di vita, di abitudini, di
aspirazioni, ed è una sintonia nelle cose umane e divine, piena di benevolenza e di carità. Mi pare che questa definizione basti a esprimere l'idea di amicizia, purché intendiamo il termine "carità" in senso cristiano, cosicché si escluda dall'amicizia ogni vizio, e con "benevolenza" si intenda lo stesso sentimento d'amore che proviamo interiormente insieme a una certa dolcezza. Dove c'è un'amicizia di questo genere, vi è certamente "il
volere e il rifiutare le stesse cose"; cioè un sentire che è tanto piú
dolce quanto piú è sincero, tanto piú bello quanto piú è sacro, al punto
che gli amici non possano neppure volere ciò che è male, o non volere
ciò che è bene. Un'amicizia cosí è guidata dalla prudenza, è retta dalla giustizia, è custodita dalla fortezza, è moderata dalla temperanza.
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Postato da: giacabi a 16:19 |
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amicizia, aelredo
Solo chi ama se stesso può amare l'altro
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Se
uno però non ama se stesso non può neanche amare un altro, perché
l'amore del prossimo si costruisce sul modello dell'amore con cui uno
ama se stesso. Ma non ama se stesso colui che esige da sé o si propone qualcosa di turpe e di disonesto. Il primo passo dunque consiste nel purificare se stessi, non indulgendo a niente che sia indegno, né togliendo nulla di quanto può essere utile.
Chi ama se stesso in questo modo, può amare anche il prossimo, seguendo
la stessa regola. Ma dal momento che questo amore abbraccia molte
persone, dobbiamo
scegliere tra queste chi possiamo ammettere con un vincolo piú
familiare nell'intimità dell'amicizia riversando abbondantemente il
nostro affetto, aprendo il nostro cuore fino a mettere a nudo, i suoi
pensieri e i suoi desideri piú profondi.
Aelredo di Rievaulx
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Postato da: giacabi a 21:17 |
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amicizia, aelredo
Il vero amico
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«Non è mai stato vero amico uno che ha potuto offendere un altro dopo averlo accolto nella sua amicizia. E nemmeno può dirsi che abbia gustato la gioia della vera amicizia chi, una volta offeso, cessa di amare colui che prima amava. Infatti chi è amico, ama sempre. Se anche fosse rimproverato, insultato, dato alle fiamme, messo in croce, chi è amico ama sempre; e, come dice san Gerolamo: «Un'amicizia che può spegnersi non è mai stata una vera amicizia!»
Aelredo-di-Rievaulx Epist. 41, ad Ruffin.).
« Gli amici devono essere semplici, comunicativi,
Aelredo di Rievaulxarrendevoli e appassionati delle medesime cose. » Nell'amico si devono provare quattro cose. La fedeltà, l'intenzione, il criterio e la pazienza. Per sempre ama chi è amico: anche se rimproverato, anche se offeso, anche se messo sul fuoco, sempre ama. !» |
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