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giovedì 2 febbraio 2012

Aelredo di Rievaulx


  • L'amicizia
    ***
    Quaggiù non c'è nulla di più santo da desiderare,
    nulla di più utile da cercare,
    nulla più difficile da trovare,
    niente più dolce da provare,
    niente più fruttuoso da conservare dell'amicizia.

    Aelredo di Rievaulx

Postato da: giacabi a 14:36 | link | commenti
amicizia, aelredo

lunedì, 01 agosto 2011
L'amicizia
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Gli amanti e gli amici desiderano due cose: di amarsi al punto di entrare l'uno nell'altro e diventare un solo essere e di amarsi al punto che la loro unione non ne soffra, quand'anche fossero divisi dalla metà del globo terrestre.
(Simone Weil)
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Trova il tempo di essere amico: è la strada della felicità.
(Madre Teresa di Calcutta
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[L'amicizia] Unica tra tutti gli affetti, essa sembra innalzare l'uomo al livello degli dèi, o degli angeli.
Clive Staples Lewis
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 L'amicizia percorre danzando la terra, recando a noi tutti l'appello di aprire gli occhi sulla felicità
Epicuro
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Quaggiù non c'è nulla di più santo da desiderare, nulla di più utile da cercare, nulla più difficile da trovare, niente più dolce da provare, niente più fruttuoso da conservare dell'amicizia.
Rievaulx

All'amico si deve dire la verità; senza di essa il nome di amicizia non vale più nulla.
Rievaulx
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L'uomo d'animo sincero vive soprattutto nella saggezza e nell'amicizia, l'una bene mortale, l'altra bene immortale.
 Epicuro

Postato da: giacabi a 14:54 | link | commenti
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mercoledì, 13 gennaio 2010

L’amicizia vera
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Gli uomini avrebbero una vita perfettamente felice, diceva un sapiente, se si togliessero di mezzo le parole “mio” e “tuo”. Difatti la santa povertà, santa perché volontaria, conferisce una grande stabilità all’amicizia spirituale, mentre la cupidigia la mette a morte. Perciò una relazione d’amicizia si conserva più facilmente, se l’animo è libero da simili peste. Ci sono ancora altri benefici nell’amore spirituale grazie a cui gli amici possono assistersi e aiutarsi a vicenda. Anzitutto avranno una reciproca sollecitudine: proveranno gioia o vergogna l’uno per l’altro e scambievole sarà il rincrescimento degli errori compiuti o la soddisfazione del progresso realizzato. Ognuno dei due incoraggi l’altro se depresso, lo accolga quando non sta bene, lo consoli se triste, ne sopporti la collera. Sia così rispettoso dello sguardo di lui da non osare mai un’azione o una parola disonesta o sconveniente. Siccome ogni sbaglio ricade sull’amico, ciascuno dei due non solo ne arrossisce e se ne dispiace interiormente, ma se ne rimprovera come di colpa qualora l’abbia vista o udita nell’altro. In conseguenza, ognuno stima di dover all’amico quel riguardo che magari non ha per se stesso. Per finire, la riservatezza è la compagna migliore dell’amicizia, per cui questa perde il ornamento più bello quando le viene tolta la delicatezza della discrezione.
(Aelredo di Rievaulx, Trattato sull’amicizia, III, 101-103).

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lunedì, 09 marzo 2009
 La perfezione dell'amore fraterno
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«La carità fraterna deve conformarsi all'esempio di Cristo
Non c'è niente che ci spinga ad amare i nemici, cosa in cui consiste la perfezione dell'amore fraterno, quanto la dolce considerazione di quella ammirabile pazienza per cui egli, «il più bello tra i figli dell'uomo» (Sal 44, 3) offrì il suo bel viso agli sputi dei malvagi. Lasciò velare dai malfattori quegli occhi, al cui cenno ogni cosa ubbidisce. Espose i suoi fianchi ai flagelli. Sottopose il capo, che fa tremare i Principati e le Potestà, alle punte acuminate delle spine. Abbandonò se stesso all'obbrobrio e agli insulti. Infine sopportò pazientemente la croce, i chiodi, la lancia, il fiele e l'aceto, lui in tutto dolce, mite e clemente.
Alla fine fu condotto via come una pecora al macello, e come un agnello se ne stette silenzioso davanti al tosatore e non aprì bocca (cfr. Is 53, 7).
Chi al sentire quella voce meravigliosa piena di dolcezza, piena di carità, piena di inalterabile pacatezza: «Padre, perdonali» non abbraccerebbe subito i suoi nemici con tutto l'affetto? «Padre», dice, «perdonali» (Lc 23, 34). Che cosa si poteva aggiungere di dolcezza, di carità ad una siffatta preghiera? Tuttavia egli aggiunse qualcosa. Gli sembrò poco pregare, volle anche scusare. «Padre, disse, perdonali, perché non sanno quello che fanno». E invero sono grandi peccatori, ma poveri conoscitori. Perciò: «Padre, perdonali». Lo crocifiggono, ma non sanno chi crocifiggono, perché se l'avessero conosciuto, giammai avrebbero crocifisso il Signore della gloria (cfr. 1 Cor 2, 8); perciò «Padre, perdonali». Lo ritengono un trasgressore della legge, un presuntuoso che si fa Dio, lo stimano un seduttore del popolo.
«Ma io ho nascosto da loro il mio volto, non riconobbero la mia maestà». Perciò: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno».».
 sant'Aelredo, abate Dallo «Specchio della carità» di
(Lib. 3, 5; Pl 195, 582)

Postato da: giacabi a 21:01 | link | commenti (3)
aelredo

domenica, 08 marzo 2009

CRISTIANESIMO
La leggerezza della vita cristiana
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      Guglielmo di Saint-Thierry, Bernardo di Clairvaux, Aelredo di Rievaulx, frate Ivo, Riccardo di San Vittore non parlano della vita celeste, ma soprattutto della vita terrena. Sanno di essere ancora lontani da Dio, che sta altrove, lontanissimo, al culmine dei cieli. Ma, mentre abitano questa terra, pregano, viaggiano, predicano, ripetono i riti, essi anticipano la vita celeste, la rendono attuale e quotidiana, come si fosse già incarnata tra le pianure, le colline e i conventi d’Europa. Ciò che è futuro è presente. Ciò che è invisibile viene visto. Per usare il robusto linguaggio fisico dei padri, essi pregustano la vita celeste. Il loro amore per Dio cresce: viene via via appagato, ma continua a crescere; non ha fine e non può mai avere fine. Conosce soltanto il desiderio ininterrotto, mai l’ansia.
      Quanti toni aveva il linguaggio dei Padri! [...]. Soprattutto, era leggero, perché “il giogo del Signore è soave e il suo peso leggero”, ripetevano Guglielmo, Bernardo, Aelredo, Ivo, Riccardo, ricordando il passo di Matteo. Il primo segno del cristianesimo è proprio quello di trasformare tutti i pesi – il peso del dolore, della sventura, della legge, del comando, dell’incertezza, dell’analisi, dell’inquietudine, del dubbio, dell’angoscia – in qualcosa di sovranamente leggero: leggero come il respiro e il battito di una piuma. Chi non conosce la leggerezza, diceva Aelredo, non conosce nemmeno la fede cristiana».
Pietro Citati recensendo su la Repubblica del 19 giugno Trattati d’amore cristiano del dodicesimo secolo.

Postato da: giacabi a 09:21 | link | commenti
cristianesimo, aelredo

martedì, 15 luglio 2008
Amicizia e responsabilità
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cappella SS. Sacramento - Dipinto Ultima Cena.jpg
“Non dobbiamo imporre onori o pesi sulle spalle di coloro che ci sono piú amici, ma di quelli che sono piú idonei a portarli. A parità di capacità però non mi sentirei di disapprovare una scelta in cui, in qualche modo, l'affetto si intrufola nella decisione. Nessuno, quindi, deve sentirsi disprezzato se non riceve una promozione, dato che anche il Signore Gesú in un caso simile preferí Pietro a Giovanni, e dando a Pietro il comando non tolse certo a Giovanni l'affetto. A Pietro affidò la sua Chiesa, a Giovanni affidò la sua carissima madre. A Pietro diede le chiavi del suo regno, a Giovanni aprí i segreti del suo cuore. Pietro, quindi, sta piú in alto, ma Giovanni è piú al sicuro. Pietro, benché costituito in autorità, quando Gesú dice: "Uno di voi mi tradirà", trema come gli altri e ha paura; Giovanni invece, fatto audace dalla sua intimità con Gesú, sul cui petto stava reclinato, visto il cenno di Pietro che vuol sapere chi è il traditore, ha il coraggio di interrogare. Pietro, quindi, viene lanciato nell'azione, ma Giovanni è riservato per l'affetto, perché "Cosí", dice, "voglio che lui rimanga fino al mio ritorno" (cfr. Gv 21,22). Ci ha dato un esempio, infatti, perché anche noi facciamo cosí. Diamo all'amico tutto quanto è in nostro potere in amore, grazia, dolcezza, carità; diamo invece gli onori futili e gli oneri a quelli che ci vengono suggeriti dalla ragione, sapendo che uno non amerà mai veramente un amico se non gli basta l'amico cosí com'è, e vuole in piú da lui queste cose vili e spregevoli."
Aelredo-di-Rievaulx  da: L'amicizia spirituale

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amicizia, aelredo

venerdì, 30 maggio 2008
L'amicizia può essere: carnale, mondana, spirituale
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Diciamo che l'amicizia può essere: carnale, mondana, spirituale. Quella carnale nasce dalla sintonia nel vizio; quella mondana sorge per la speranza di un qualche guadagno: quella spirituale si consolida fra coloro che sono buoni, in base ad una somiglianza di vita, di abitudini, di gusti e aspirazioni .
L'amicizia carnale nasce dal solo sentimento, cioè da quel tipo di emotività che, come una prostituta, allarga le gambe davanti a tutti quelli che le passano accanto, seguendo il vagare di occhi e orecchi verso l'impurità. Da queste porte si intrufolano nella mente immagini voluttuose, e si pensa che la felicità stia nel goderne a piacere, e che il divertimento sia maggiore se si trova qualcuno con cui condividerlo. Si mettono allora in moto gesti, segni, parole e adulazioni con cui un animo cerca di accattivare l'altro. L'uno attizza il fuoco nell'altro fino a fondersi in una sola cosa. Una volta raggiunto uno squallido accordo, arrivano a fare o a subire l'uno per l'altro qualsiasi cosa e si convincono che non ci sia niente di piú dolce e di piú giusto di una simile amicizia: "volere le stesse cose, rifiutare le stesse cose", ritenendo cosí di obbedire alle leggi dell'amicizia. Un'amicizia del genere non nasce da una scelta deliberata, non è messa alla prova dal giudizio, non è diretta dalla ragione, ma è spinta qua e là sotto l'urgenza disordinata del semplice sentimento. Una simile amicizia non osserva misura alcuna, non cerca cose oneste, non si sforza di prevedere ciò che è utile e ciò che non lo è, ma si butta su tutto in modo sconsiderato, imprudente, superficiale ed eccessivo. Cosí, come agitata dalle furie, si autodistrugge e, con quella stessa leggerezza con cui era nata, prima o poi si spegne.
L'amicizia mondana, invece, quella che nasce dal desiderio di cose o beni temporali, è sempre piena di frodi e inganni. In essa niente è certo, niente è costante, niente è sicuro, proprio perché tutto cambia col volgere della fortuna e... della borsa. Per questo sta scritto: "C'è infatti chi è amico quando gli fa comodo, ma non resiste nel giorno della tua sventura" (Sir 6,8). Se togli la speranza di guadagnare, subito sparirà anche l'amico. Questa amicizia è stata ridicolizzata con versi eleganti: "Non della persona, ma della prosperità è amico colui che la dolce fortuna trattiene, ma quella amara mette in fuga". Però, a volte, ciò che fa nascere questo tipo di amicizia viziosa conduce alcuni a un certo grado di amicizia vera: mi riferisco a quelli che all'inizio, in vista di un guadagno comune, contraggono un legame di fiducia reciproca che resta sí basato sul denaro iniquo, ma almeno nelle cose umane raggiungono una grande sintonia. Però questa amicizia non può in alcun modo essere ritenuta vera, dato che nasce e rimane fondata solo sulla base di un vantaggio temporale.
L'amicizia spirituale, infatti, quella che noi chiamiamo vera, è desiderata e cercata non perché si intuisce un qualche guadagno di ordine terreno, non per una causa che le rimanga esterna, ma perché ha valore in se stessa, è voluta dal sentimento del cuore umano, cosí che il "frutto" e il premio che ne derivano altro non sono che l'amicizia stessa. Proprio come dice il Signore nel Vangelo: "Io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto" (Gv 15,16), cioè perché vi amiate a vicenda (cfr. Gv 15,17). È infatti nell'amicizia stessa, quella vera, che si progredisce camminando, e si coglie il frutto gustando la dolcezza della sua perfezione. L'amicizia spirituale nasce tra i buoni per una somiglianza di vita, di abitudini, di aspirazioni, ed è una sintonia nelle cose umane e divine, piena di benevolenza e di carità. Mi pare che questa definizione basti a esprimere l'idea di amicizia, purché intendiamo il termine "carità" in senso cristiano, cosicché si escluda dall'amicizia ogni vizio, e con "benevolenza" si intenda lo stesso sentimento d'amore che proviamo interiormente insieme a una certa dolcezza. Dove c'è un'amicizia di questo genere, vi è certamente "il volere e il rifiutare le stesse cose"; cioè un sentire che è tanto piú dolce quanto piú è sincero, tanto piú bello quanto piú è sacro, al punto che gli amici non possano neppure volere ciò che è male, o non volere ciò che è bene. Un'amicizia cosí è guidata dalla prudenza, è retta dalla giustizia, è custodita dalla fortezza, è moderata dalla temperanza.

Postato da: giacabi a 16:19 | link | commenti (3)
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giovedì, 29 maggio 2008


 Solo chi ama se stesso può amare l'altro



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Se uno però non ama se stesso non può neanche amare un altro, perché l'amore del prossimo si costruisce sul modello dell'amore con cui uno ama se stesso. Ma non ama se stesso colui che esige da sé o si propone qualcosa di turpe e di disonesto. Il primo passo dunque consiste nel purificare se stessi, non indulgendo a niente che sia indegno, né togliendo nulla di quanto può essere utile. Chi ama se stesso in questo modo, può amare anche il prossimo, seguendo la stessa regola. Ma dal momento che questo amore abbraccia molte persone, dobbiamo scegliere tra queste chi possiamo ammettere con un vincolo piú familiare nell'intimità dell'amicizia riversando abbondantemente il nostro affetto, aprendo il nostro cuore fino a mettere a nudo, i suoi pensieri e i suoi desideri piú profondi.



Aelredo di Rievaulx



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mercoledì, 28 maggio 2008

Il vero amico
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«Non è mai stato vero amico uno che ha potuto offendere un altro dopo averlo accolto nella sua amicizia. E nemmeno può dirsi che abbia gustato la gioia della vera amicizia chi, una volta offeso, cessa di amare colui che prima amava. Infatti chi è amico, ama sempre. Se anche fosse rimproverato, insultato, dato alle fiamme, messo in croce, chi è amico ama sempre; e, come dice san Gerolamo: «Un'amicizia che può spegnersi non è mai stata una vera amicizia
Aelredo-di-Rievaulx  Epist. 41, ad Ruffin.).
« Gli amici devono essere semplici, comunicativi,
arrendevoli e appassionati delle medesime cose. »

Nell'amico si devono provare quattro cose.
La fedeltà, l'intenzione, il criterio e la pazienza.
Per sempre ama chi è amico: anche se rimproverato, anche se offeso, anche se messo sul fuoco, sempre ama.
Aelredo di Rievaulx

 

 

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