Amore
***
L’Amore mi accolse; ma l’anima mia indietreggiò,***
colpevole di polvere e peccato.
Ma chiaroveggente l’Amore, vedendomi esitare
Fin dal mio primo passo,
mi si accostò, con dolcezza domandandomi
se qualcosa mi mancava.
“Un invitato” risposi “degno di essere qui”.
L’Amore disse: “Tu sarai quello”.
“Io, il malvagio, l’ingrato? Ah! mio diletto,
non posso guardarti.”
L’Amore mi prese per mano, sorridendo rispose:
“Chi fece questi occhi, se non io?”
“E’ vero, Signore, ma li ho insozzati; che vada la mia vergogna dove merita.”
“E non sai tu” disse l’Amore “chi ne prese il biasimo su di sé?”
“Mio diletto, allora servirò.”
“Bisogna tu sieda,” disse l’Amore “che tu gusti il mio cibo.”
Così mi sedetti e mangiai.
George Herbert (1593-1633)
Postato da: giacabi a 14:49 |
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amore
Dannazione ragazzo, non innamorarti di una ragazza solo perché
ha un bel culo, o una terza piazzata bene, Non innamorarti solo perché
ha belle forme, quelle con il tempo andranno a farsi fottere. Piuttosto,
innamorati del profumo della sua pelle, dell'emozioni che ti regala con
un sorriso. Innamorati dei suoi abbracci e delle sue carezze.
Innamorati delle sue imperfezioni, rendile uniche e inimitabili. Cogli
la sua vera essenza, ubriacati di lei. Non badare alle forme, scava
nel suo animo e arriva fino al centro del suo cuore. Innamorati di
questo, perché è l'unica cosa che troverai sempre....
(Bob Marley)
Postato da: giacabi a 14:39 |
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bellezza, amore
Bisogna amare Dio e il prossimo
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(S. Agostino, dai "Trattati su Giovanni", 17).
Postato da: giacabi a 19:23 |
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agostino, amore
L´amore
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***
Tutto il Vangelo non è altro che la buona notizia della carità: l´amore è stato reso possibile e rimane possibile, attraverso la croce e nella croce
(M. Delbrêl, Che gioia credere).
Postato da: giacabi a 07:28 |
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delbrel, amore
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"Ciò che fino ad oggi è mancato ai messaggeri del cristianesimo di ogni provenienza è la tenerezza" (Heinrich Böll, premio Nobel per la letteratura nel 1972) da:Lettera a un giovane cattolico
Postato da: giacabi a 20:54 |
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cristianesimo, amore
La misericordia di Dio
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Può Dio, il quale ha tanto amato l’uomo, permettere che costui lo rifiuti così da dover essere condannato a perenni tormenti?
E, tuttavia, le parole di Cristo sono univoche. In Matteo egli parla
chiaramente di coloro che andranno al supplizio eterno [cf. 25,46]. Chi
saranno costoro? La Chiesa non si è mai pronunciata in merito. Questo è
un mistero, veramente inscrutabile, tra la santità di Dio e la coscienza
dell’uomo. Il silenzio della Chiesa è, dunque, l’unica posizione
opportuna del cristiano. Anche
quando Gesù dice di Giuda il traditore, “sarebbe meglio per quell’uomo
se non fosse mai nato” [Mt 26,24], la dichiarazione non può essere
intesa con sicurezza nel senso dell’eterna dannazione***
(Giovanni Paolo II, Varcare la soglia della speranza, Mondadori, Milano 1994, 202).
Postato da: giacabi a 16:27 |
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giovanni paoloii, amore
La misericordia di Dio
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Mio
Figlio ha saputo sbrigarsela bene. Per legare le braccia della mia
giustizia e per slegare le braccia della mia misericordia. E adesso
bisogna che io li giudichi come un padre. Per quel che
può giudicare un padre… Per quel che è capace di giudicare… Si sa bene
come giudica un padre. Ce n’è un esempio ben noto. Si
sa bene come il padre ha giudicato il figlio che se n’era andato e che è
ritornato. Era ancora il padre che piangeva di più. Ecco che cosa ha
raccontato loro mio figlio. Mio Figlio ha svelato loro il segreto del
giudizio***
(C. Péguy, “Il mistero dei santi innocenti”, in I misteri, Jaca Book, Milano 1978, 306).
Postato da: giacabi a 16:23 |
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peguy, amore
UNA STUPENDA LETTERA DI UN PADRE
AL FIGLIO.
Se
un giorno mi vedrai vecchio: se mi sporco quando mangio e non riesco a
vestirmi … abbi pazienza, ricorda il tempo che ho trascorso ad
insegnartelo.
Se quando parlo con te ripeto sempre le stesse cose … non mi interrompere … ascoltami, quando eri piccolo dovevo raccontarti ogni sera la stessa storia finche’ non ti addormentavi.
Quando non voglio lavarmi non biasimarmi e non farmi vergognare … ricordati quando dovevo correrti dietro inventando delle scuse perche’ non volevi fare il bagno.
Quando vedi la mia ignoranza per le nuove tecnologie, dammi il tempo necessario e non guardarmi con quel sorrisetto ironico ho avuto tutta la pazienza per insegnarti l’abc; quando ad un certo punto non riesco a ricordare o perdo il filo del discorso … dammi il tempo necessario per ricordare e se non ci riesco non ti innervosire ….. la cosa piu’ importante non e’ quello che dico ma il mio bisogno di essere con te ed averti li che mi ascolti.
Quando le mie gambe stanche non mi consentono di tenere il tuo passo non trattarmi come fossi un peso, vieni verso di me con le tue mani forti nello stesso modo con cui io l’ho fatto con te quando muovevi i tuoi primi passi.
Quando dico che vorrei essere morto … non arrabbiarti un giorno comprenderai che cosa mi spinge a dirlo. Cerca di capire che alla mia età non si vive, si sopravvive.
Un giorno scoprirai che nonostante i miei errori ho sempre voluto il meglio per te che ho tentato di spianarti la strada. Dammi un po’ del tuo tempo, dammi un po’ della tua pazienza, dammi una spalla su cui poggiare la testa allo stesso modo in cui io l’ho fatto per te.
Aiutami a camminare, aiutami a finire i miei giorni con amore e pazienza in cambio io ti darò un sorriso e l’immenso amore che ho sempre avuto per te.
Ti amo figlio mio
Se quando parlo con te ripeto sempre le stesse cose … non mi interrompere … ascoltami, quando eri piccolo dovevo raccontarti ogni sera la stessa storia finche’ non ti addormentavi.
Quando non voglio lavarmi non biasimarmi e non farmi vergognare … ricordati quando dovevo correrti dietro inventando delle scuse perche’ non volevi fare il bagno.
Quando vedi la mia ignoranza per le nuove tecnologie, dammi il tempo necessario e non guardarmi con quel sorrisetto ironico ho avuto tutta la pazienza per insegnarti l’abc; quando ad un certo punto non riesco a ricordare o perdo il filo del discorso … dammi il tempo necessario per ricordare e se non ci riesco non ti innervosire ….. la cosa piu’ importante non e’ quello che dico ma il mio bisogno di essere con te ed averti li che mi ascolti.
Quando le mie gambe stanche non mi consentono di tenere il tuo passo non trattarmi come fossi un peso, vieni verso di me con le tue mani forti nello stesso modo con cui io l’ho fatto con te quando muovevi i tuoi primi passi.
Quando dico che vorrei essere morto … non arrabbiarti un giorno comprenderai che cosa mi spinge a dirlo. Cerca di capire che alla mia età non si vive, si sopravvive.
Un giorno scoprirai che nonostante i miei errori ho sempre voluto il meglio per te che ho tentato di spianarti la strada. Dammi un po’ del tuo tempo, dammi un po’ della tua pazienza, dammi una spalla su cui poggiare la testa allo stesso modo in cui io l’ho fatto per te.
Aiutami a camminare, aiutami a finire i miei giorni con amore e pazienza in cambio io ti darò un sorriso e l’immenso amore che ho sempre avuto per te.
Ti amo figlio mio
Postato da: giacabi a 20:52 |
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famiglia, amore
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Il cammino attraverso la foresta non è lungo se si ama la persona che si va a trovare(Proverbio Africano)
Postato da: giacabi a 14:48 |
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amore
Cristo non è qui per raffreddare le nostre passioni
Cristo non è qui per raffreddare le nostre passioni
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«Tra i metodi
per dissuaderci dall’amare smodatamente i nostri simili ce n’è uno che
mi vedo costretto a respingere in partenza. E lo faccio non senza
turbamento, poiché l’ho trovato proposto nelle pagine di un grande santo
e pensatore, verso il quale nutro un debito incalcolabile. Con parole
che ancor oggi hanno il potere di commuovermi, Sant’Agostino descrive la
desolazione in cui lo sprofondò la morte dell’amico Nebridio
(Confessioni 4, 10). Da ciò egli trae una morale: questo è quanto
accade, egli ci dice, a donare il nostro cuore a qualcuno che non sia
Dio. Tutte le cose umane trapassano; non lasciamo che la nostra felicità
dipenda da qualcosa che potremmo perdere. Se vogliamo che l’amore sia
una benedizione, e non un tormento, dobbiamo indirizzarlo soltanto a
quel bene che non tramonterà mai. Questo è un ragionamento di certo
dettato dal buon senso: non imbarcare i tuoi beni su un vascello che fa
acqua; non spendere denaro su una casa da cui ti potranno cacciare.
Nessun uomo al mondo meglio di me sa apprezzare e far tesoro di queste
sagaci massime. Sono una creatura che guarda, prima di tutto alla
propria sicurezza. Di tutte le argomentazioni contro l’amore, nessuna ha
più presa su di me di quella che raccomanda: «Prudenza! Questo potrebbe
poi farti soffrire». Questo, dicevo, in rapporto al mio carattere e
alle mie disposizioni naturali, ma non alla mia coscienza.Quando io rispondo a questo appello, mi sento lontano mille miglia da Cristo. Se di qualcosa sono certo, è che il suo insegnamento non ha mai avuto il fine di rafforzare la mia già innata preferenza per gli investimenti sicuri e le responsabilità limitate. Direi quasi che nulla, in me, gli è meno gradito. E chi potrebbe seriamente incominciare ad amare Dio partendo da questi prudenti presupposti – perché questo sembra offrirci, per così dire, sufficienti garanzie? Chi si sentirebbe persino di includere questo motivo tra quelli che ci spingono ad amarlo? È con questo spirito che scegliereste una moglie, un amico, o addirittura un cane? Per essere capaci di un simile calcolo bisogna essere davvero al di fuori della dimensione dell’amore, o di qualunque altro affetto. L’eros, l’eros che si ribella alle regole, che preferisce l’amata alla felicità, è allora più simile a colui che è l’amore stesso. (il neretto non è di Lewis, nda). Penso che questo passo delle Confessioni debba essere considerato più come un residuo delle aristocratiche filosofie pagane in cui Sant’Agostino fu educato, che non come una parte del suo credo cristiano. È qualcosa di più vicino alla “apatia” degli stoici o al misticismo neoplatonico, che non alla carità. Noi siamo seguaci di colui che pianse su Gerusalemme e davanti alla tomba di Lazzaro, e che, pur amando tutti, ebbe tuttavia un discepolo cui si sentiva legato da un affetto speciale. San Paolo ci parla con un’autorità che fa presa su di noi più di quella di Sant’Agostino: San Paolo non cerca affatto di darci a intendere che non avrebbe sofferto come un uomo qualunque né che sarebbe stato ingiusto soffrire, se Epafrodito fosse morto (Fil. 2, 27).
Ammesso che la miglior politica da adottare fosse quella di assicurarci contro il rischio di avere il cuore spezzato, siamo poi sicuri che Dio ci offre questa possibilità? Sembrerebbe proprio di no: Cristo, prossimo alla fine, è arrivato a dire: «Perché mi hai abbandonato?». Non c’è possibilità di fuga lungo la strada che Sant’Agostino ci suggerisce, né lungo altre strade. Non esiste investimento sicuro: amare significa, in ogni caso, essere vulnerabili. Qualunque sia la cosa che vi è cara, il vostro cuore prima o poi avrà a soffrire per causa sua, e magari anche a spezzarsi. Se volete avere la certezza che esso rimanga intatto, non donatelo a nessuno, nemmeno a un animale. Proteggetelo avvolgendolo con cura in passatempi e piccoli lussi; evitate ogni tipo di coinvolgimento; chiudetelo col lucchetto nello scrigno, o nella bara, del vostro egoismo. Ma in quello scrigno – al sicuro, nel buio, immobile, sotto vuoto – esso cambierà: non si spezzerà; diventerà infrangibile, impenetrabile, irredimibile. L’alternativa al rischio di una tragedia, è la dannazione. L’unico posto, oltre al cielo, dove potreste stare perfettamente al sicuro da tutti i pericoli e i turbamenti dell’amore è l’inferno. Sono convinto che il più sregolato e smodato degli affetti contrasta meno la volontà di Dio di una mancanza di amore volontariamente ricercata per autoproteggerci. È lo stesso che nascondere un talento in una buca sotto terra, e per le stesse ragioni: «So che tu sei un uomo duro». Cristo non ha sofferto per noi né ci ha dato i suoi insegnamenti affinché diventassimo, persino nei nostri affetti naturali, più preoccupati della nostra felicità personale. Se un uomo non riesce a non essere calcolatore nei confronti delle persone di questa terra che ama e conosce, è assai più improbabile che riesca ad esserlo verso Dio, che non ha mai conosciuto. Non è cercando di evitare le sofferenze inevitabili dell’amore che ci avvicineremo di più a Dio, ma accettandole e offrendole a lui: gettando lontano la cotta di protezione. Se è stabilito che il nostro cuore debba spezzarsi, e se egli ha scelto questa via per farlo, così sia».
C. S. Lewis I quattro amori, Jaca Book
Postato da: giacabi a 20:42 |
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lewis, amore
L'amore
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(Franz Kafka in «Conversazioni con Gustav Janouch»).
Postato da: giacabi a 16:47 |
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kafka, amore
Senza la carità tutto il resto non basta..
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È chiaro che non tutti possono dedicarsi agli studi; per questo Cristo
ci ha dato una legge che per la sua brevità è accessibile a tutti e
nessuno ha il diritto di ignorare: tale legge è la legge dell’amore
divino... Senza la carità tutto il resto non basta... E
se tra i beati vi è qualche differenza, essa non dipende che dal loro
grado di amore e non dalle altre virtù. Molti condussero una vita di
maggior astinenza rispetto agli apostoli, eppure questi sorpassano
chiunque altro nella beatitudine, a causa dell’ardore della loro carità.
da San Tommaso d'Aquino, De decem praeceptis
da San Tommaso d'Aquino, De decem praeceptis
Postato da: giacabi a 21:14 |
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stommaso, amore
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Postato da: giacabi a 14:57 |
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matisse, amore
Ogni conoscenza è figlia dell’amore
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Ogni conoscenza è figlia dell’amore. Amo, ergo sum, amo, quindi esisto…***
Perciò ecco le lucide parole di S. Gregorio per definire Dio:
Tu che il mio cuore ama.
P. Evdokimov
Postato da: giacabi a 16:32 |
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amore, evdokimov
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La pazienza cresce col crescere dell'amore. Il prossimo lo sopportiamo nella misura in cui lo amiamo. Se smetti di amare, smetterai di sopportare. Chi meno amiamo, meno lo sopportiamo.(S. Gregorio Magno)
Postato da: giacabi a 09:00 |
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amore
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I TUOI PIEDI SONO IL TUO AMORE.ABBI DUE PIEDI, NON ESSERE ZOPPO.
Cosa sono i due piedi a tua disposizione?
Sono i due precetti dell'amore, di Dio e del prossimo.
Con questi piedi corri verso Dio, avvicinati a lui.
Perché è stato lui a esortarti a correre, ed egli con la sua luce vi ha inondati,
in modo che possiate seguirlo magnificamente e divinamente.
S.Agostino
Postato da: giacabi a 20:22 |
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agostino, amore
La bontà come bellezza
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"come
dice Kant la bontà risplende come un gioiello ed è vista persino
nell’oscurità. Le persone buone sono persone belle. Tutti noi lo
sappiamo per esperienza e lo hanno sempre saputo gli artisti, i pittori:
la bellezza risplende sul volto della persona buona."Agnes Heller, la bontà come bellezza | Cultura | www.avvenire.it
Agnes Heller,
Postato da: giacabi a 15:33 |
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bellezza, amore
Il mondo in cui viviamo ha bisogno che
***
***
"Il mondo in cui viviamo ha bisogno che
la verità risplenda e non sia offuscata dalla menzogna o dalla banalità;
ha bisogno che
la carità infiammi e non sia sopraffatta dall’orgoglio e dall’egoismo.
Abbiamo bisogno che
la bellezza della verità e della carità colpisca l’intimo del nostro cuore e lo renda più umano"
BENEDETTO XVI
Postato da: giacabi a 21:44 |
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bellezza, verità , benedettoxvi, amore
L'amore
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" Nonostante tutti i guai del nostro mondo, nel mio cuore non ho mai dato per perso l'amore con cui sono stato allevato o la speranza dell'uomo nell'amore. Nella vita, proprio come nella tavolozza del pittore, non c'è che un solo colore capace di dare significato alla vita e all'arte: il colore dell'amore "
Marc Chagall
grazie a:
Postato da: giacabi a 21:52 |
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amore
Vivere cioè il sacrificio
della tensione a Cristo
***
Ma
provate a pensare alle suore del Cottolengo: (..) sono cinquant’anni
che sono là, cinquant’anni con gli ‘scemi’. Una ne conosco che ha fatto
cinquant’anni solo nel lavare cose sporche giù in lavanderia. Portare
una cosa del genere per amore: questa si chiama santità, perché non è
necessario che ci sia l’aureola, è una cosa grande.della tensione a Cristo
***
Allora, se uno vuol bene a un’altra persona, dovrebbe, con questa persona, essere appassionato e chiedere a Dio appassionatamente di vivere con questa persona -proprio perché le vuol bene- come viveva quella suora lì: di vivere cioè il sacrificio della tensione a Cristo fino in fondo. Quanto più ci si vuol bene, tanto più bisogna chiedere a Cristo la capacità di sacrificarsi fino in fondo per l’altro.
Perciò il fatto della compagnia comune, Anna, genera una prossimità da cui si origina la difficoltà più grande che ci sia: d’altra parte è il motivo più acuto che c’è per fare il sacrificio.
Luigi Giussani, “Tu” o dell’amicizia, BUR
(..) erano amicissimi prima, dopo qualche mese erano tutti gli uni contro gli altri. E’ quello che succede tra uomo e donna dopo un giorno, una settimana, un mese, un anno. Perché la convivenza per lo svolgimento di un identico compito definisce la prossimità più grande che ci sia – la prossimità più grande non è con col papà e con la mamma, ma con quelli con cui Cristo ti chiede il compito da svolgere – ed è nella prossimità la difficoltà, è nella prossimità che tu pretendi di più dagli altri, ed è nella prossimità che ti tocca fare più fatica a far come vuol l’altro o a rispettare l’altro, perché è sempre lì, l’hai sempre tra i piedi. E poi: “Che bello, che bello, che c’è la Porzia, ma quando (..) diventa normale”… Questa è la grandezza di una personalità: quando dalla normalità o dall’abitudine trae spunto per una cosa grande.
Luigi Giussani, “Tu” o dell’amicizia, BUR
Postato da: giacabi a 21:23 |
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amicizia, giussani, amore
***
Postato da: giacabi a 14:22 |
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giussani, amore
Nell'amore libertà e dono di sé sono sinonimi
***
"Nell’amore la libertà si da interamente all’essere amato. Allora soltanto l’uomo è consapevole di essere un uomo perfetto. Dio
ha voluto, con questa “duplice creazione”, che l’uomo sia completo solo
in un dialogo in cui gli esseri si abbandonano l’uno all’altro.
Nell’unione dell’amore –“ due in una sola carne”- la persona è
finalmente se stessa, nella libertà. E’ così perché Dio è Trinità: le relazioni sussistenti che fanno, che sono la vita stessa di Dio, mostrano che libertà e dono di sé sono sinonimi. C’è una famiglia divina, una paternità celeste di cui tutte le paternità terrene sono un’immagine e una partecipazione”***
MOELLER
Postato da: giacabi a 22:35 |
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amore
L'amore è quindi il primo principio della conoscenza integrale.
***
Ora,
l'amore è la sola forza, la sola realtà che unisce ciò che è separato
conservando ciascuno nel suo essere proprio, attribuendo valore a ciò
che conosco e unendolo a me. L'amore supera dunque l'abisso tra il
soggetto conoscente e l'oggetto conosciuto, tra ciò che pensiamo e ciò
che osserviamo al di fuori. L'amore è quindi il primo principio della
conoscenza integrale. L'amore esiste solo fra persone libere. Ma
le persone umane sono effimere, passano, variano le loro relazioni,
le loro scelte. Se il primo principio della verità integrale rimane
fondato sulle sole relazioni umane, la verità non sarà mai assoluta, ma
relativa, cambievole. Ora, se
la verità deve essere assoluta – ed è questo il caso della verità che
cerchiamo – si deve risalire alla relazione dell'amore eterno fra le
Persone divine, cioè alla santissima Trinità. Solo questo mistero ci dà
assicurazione che la verità può essere integrale, racchiudere tutto ed
essere assoluta. L.P. Karsavin, coetaneo di
Florenskij, riassume la stessa riflessione in un aforisma: «La verità è
la santissima Trinità, e la santissima Trinità è la verità».***
Florenskij da parte sua conclude: viviamo in un mondo che ci offre migliaia di conoscenze particolari. «In tutto riconosciamo delle antinomie che non sono solubili se non attraverso dei compromessi e che, al contrario, si uniscono e si armonizzano nel Dio uno e trino. Allora non abbiamo altra soluzione per i nostri problemi: la scelta che ci offre la Trinità o la morte nella follia».
T. Špidlík, Noi nella Trinità. Breve saggio sulla Trinità,
Postato da: giacabi a 17:30 |
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amore
Amore
***
Amore non è amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l`altro s`allontana. Oh no! Amore è un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai ;Amore
non muta in poche ore o settimane, ma impavido resiste al giorno
estremo del giudizio; se questo è errore e mi sarà provato, io non ho
mai scritto, e nessuno ha mai amato.
William Shakespeare
Postato da: giacabi a 12:43 |
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shakespeare, amore
L'amore
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L'amore è la più benefica, universale e santa di tutte le forze naturali, per la quale l'uomo può evadere dalla clausura dell'io per donarsi, e diventare fonte viva e luminosa di altre vite nel mondo.(Don Gnocchi)
Postato da: giacabi a 20:19 |
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don gnocchi, amore
L'amore
***
[...]Era come se mi stesse dicendo: “Sì, ma
se tu non mi guardi, che senso ha quello che sto facendo? Se tu non mi
guardi cosa serve che io faccia avanti e indietro, su e giù dallo
scivolo?”. Ecco, in
quel momento ho capito che io sono come quella bambina. Che ciascuno di
noi è come quella bambina. Che ciascuno di noi ha bisogno di essere
guardato da qualcuno che ti ama, che ti vuole bene e che ti dice che
quello che fai ha un senso. Altrimenti, che senso ha tutto il mio
impegno nella vita, tutto il mio andare avanti e indietro, il mio
lavoro, la mia fatica, se non c’è uno che mi guarda adesso, uno che mi
ama e mi vuole bene?***
Emanuele Silanos
da :Tracce - I FATTI - Se tu non mi guardi... www.tracce.it
Postato da: giacabi a 13:41 |
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amore
Il Papa ai giovani inglesi
Cari giovani amici,
grazie per il vostro caloroso saluto! "Il cuore parla al cuore" – cor ad cor loquitur – come sapete. Ho scelto queste parole così care al Cardinal Newman come tema della mia visita. In questi pochi momenti in cui stiamo insieme desidero parlarvi dal cuore e chiedervi di aprire il vostro a ciò che vi dirò.
Chiedo ad ognuno di voi, prima di tutto, di guardare dentro al proprio cuore. Pensate a tutto l’amore, per ricevere il quale il vostro cuore è stato creato e a tutto l’amore che esso è chiamato a donare. In fin dei conti, siamo stati fatti per amare. Questo è ciò che la Bibbia intende quando afferma che siamo stati creati ad immagine e somiglianza di Dio: siamo stati fatti per conoscere il Dio dell’amore, il Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo, e per trovare la nostra piena realizzazione in quel divino amore che non conosce né inizio né fine.
Siamo stati fatti per ricevere amore e di fatto ne abbiamo. Ogni giorno dovremmo ringraziare Dio per l’amore che abbiamo già ricevuto, per l’amore che ci ha resi ciò che siamo, l’amore che ci ha mostrato cosa è davvero importante nella vita. Dobbiamo ringraziare il Signore per l’amore che abbiamo ricevuto dalle nostre famiglie, amici, insegnanti, e da tutte quelle persone che nella vita ci hanno aiutato a comprendere quanto siamo preziosi, ai loro occhi e agli occhi di Dio.
Siamo stati fatti anche per donare amore, per fare dell’amore l’ispirazione di ogni nostra attività, la realtà più solida della nostra vita. A volte ciò sembra tanto naturale, specialmente quando sentiamo l’euforia dell’amore, quando i nostri cuori sono ricolmi di generosità, di idealismo, del desiderio di aiutare gli altri, di costruire un mondo migliore. Ma allo stesso tempo ci rendiamo conto che amare è difficile: i nostri cuori possono facilmente essere induriti dall’egoismo, dall’invidia e dall’orgoglio. La Beata Madre Teresa di Calcutta, la grande Missionaria della Carità, ci ricordava che dare amore, amore puro e generoso, è il frutto di una decisione quotidiana. Ogni giorno dobbiamo scegliere di amare e ciò richiede un aiuto, l’aiuto che proviene da Cristo, dalla preghiera, dalla saggezza che si trova nella sua parola e dalla grazia che egli effonde su di noi nei sacramenti della sua Chiesa.
Questo è il messaggio che desidero condividere con voi oggi. Vi chiedo di guardare dentro il vostro cuore ogni giorno, per trovare la sorgente di ogni amore autentico. Gesù è sempre là, aspettando tranquillamente che possiamo raccoglierci con lui ed ascoltare la sua voce. Nel profondo del vostro cuore egli vi chiama a trascorrere del tempo con lui nella preghiera. Ma questo tipo di preghiera, la vera preghiera, richiede disciplina: richiede di trovare dei momenti di silenzio ogni giorno. Spesso ciò significa attendere che il Signore parli. Anche fra le occupazioni e lo stress della nostra vita quotidiana abbiamo bisogno di dare spazio al silenzio, perché è nel silenzio che troviamo Dio, ed è nel silenzio che scopriamo chi siamo veramente. E con ciò, scopriamo la vocazione particolare che Dio ci ha dato per l’edificazione della sua Chiesa e la redenzione del nostro mondo.
Il cuore parla al cuore. Con queste parole pronunciate dal mio cuore, cari giovani amici, assicuro le mie preghiere per voi affinché le vostre vite portino frutti abbondanti per la crescita della civiltà dell’amore. Vi chiedo anche di pregare per me, per il mio ministero di successore di Pietro, e per le necessità della Chiesa nel mondo. Su di voi, sulle vostre famiglie ed i vostri amici, di cuore invoco da Dio benedizioni di sapienza, gioia e pace.
grazie per il vostro caloroso saluto! "Il cuore parla al cuore" – cor ad cor loquitur – come sapete. Ho scelto queste parole così care al Cardinal Newman come tema della mia visita. In questi pochi momenti in cui stiamo insieme desidero parlarvi dal cuore e chiedervi di aprire il vostro a ciò che vi dirò.
Chiedo ad ognuno di voi, prima di tutto, di guardare dentro al proprio cuore. Pensate a tutto l’amore, per ricevere il quale il vostro cuore è stato creato e a tutto l’amore che esso è chiamato a donare. In fin dei conti, siamo stati fatti per amare. Questo è ciò che la Bibbia intende quando afferma che siamo stati creati ad immagine e somiglianza di Dio: siamo stati fatti per conoscere il Dio dell’amore, il Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo, e per trovare la nostra piena realizzazione in quel divino amore che non conosce né inizio né fine.
Siamo stati fatti per ricevere amore e di fatto ne abbiamo. Ogni giorno dovremmo ringraziare Dio per l’amore che abbiamo già ricevuto, per l’amore che ci ha resi ciò che siamo, l’amore che ci ha mostrato cosa è davvero importante nella vita. Dobbiamo ringraziare il Signore per l’amore che abbiamo ricevuto dalle nostre famiglie, amici, insegnanti, e da tutte quelle persone che nella vita ci hanno aiutato a comprendere quanto siamo preziosi, ai loro occhi e agli occhi di Dio.
Siamo stati fatti anche per donare amore, per fare dell’amore l’ispirazione di ogni nostra attività, la realtà più solida della nostra vita. A volte ciò sembra tanto naturale, specialmente quando sentiamo l’euforia dell’amore, quando i nostri cuori sono ricolmi di generosità, di idealismo, del desiderio di aiutare gli altri, di costruire un mondo migliore. Ma allo stesso tempo ci rendiamo conto che amare è difficile: i nostri cuori possono facilmente essere induriti dall’egoismo, dall’invidia e dall’orgoglio. La Beata Madre Teresa di Calcutta, la grande Missionaria della Carità, ci ricordava che dare amore, amore puro e generoso, è il frutto di una decisione quotidiana. Ogni giorno dobbiamo scegliere di amare e ciò richiede un aiuto, l’aiuto che proviene da Cristo, dalla preghiera, dalla saggezza che si trova nella sua parola e dalla grazia che egli effonde su di noi nei sacramenti della sua Chiesa.
Questo è il messaggio che desidero condividere con voi oggi. Vi chiedo di guardare dentro il vostro cuore ogni giorno, per trovare la sorgente di ogni amore autentico. Gesù è sempre là, aspettando tranquillamente che possiamo raccoglierci con lui ed ascoltare la sua voce. Nel profondo del vostro cuore egli vi chiama a trascorrere del tempo con lui nella preghiera. Ma questo tipo di preghiera, la vera preghiera, richiede disciplina: richiede di trovare dei momenti di silenzio ogni giorno. Spesso ciò significa attendere che il Signore parli. Anche fra le occupazioni e lo stress della nostra vita quotidiana abbiamo bisogno di dare spazio al silenzio, perché è nel silenzio che troviamo Dio, ed è nel silenzio che scopriamo chi siamo veramente. E con ciò, scopriamo la vocazione particolare che Dio ci ha dato per l’edificazione della sua Chiesa e la redenzione del nostro mondo.
Il cuore parla al cuore. Con queste parole pronunciate dal mio cuore, cari giovani amici, assicuro le mie preghiere per voi affinché le vostre vite portino frutti abbondanti per la crescita della civiltà dell’amore. Vi chiedo anche di pregare per me, per il mio ministero di successore di Pietro, e per le necessità della Chiesa nel mondo. Su di voi, sulle vostre famiglie ed i vostri amici, di cuore invoco da Dio benedizioni di sapienza, gioia e pace.
Postato da: giacabi a 19:28 |
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benedettoxvi, amore
L'etimologia della parola amore
***
Mi piace credere , come qualcuno ha scritto, che l'etimologia della parola amore dal latino amor, rimandi ad "a -mors" che significa "senza morte", immortale.***
Antonio Socci dal libro Caterina ed. Rizzoli
Postato da: giacabi a 07:21 |
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socci, amore
La purezza del diavolo
di Rodolfo Casadei
Intervista a Fabrice Hadjadj
Conosce alla perfezione le verità della dottrina cristiana e non ne dubita. È perfettamente casto e non ha mai commesso un peccato di lussuria in vita sua. Dona gratuitamente del suo senza esigere contropartite materiali. Eppure è il nemico assoluto di Dio e dell’uomo, menzognero, omicida e tessitore di inganni. È il diavolo, l’angelo ribelle. Questo ritratto geniale e sconcertante di Satana si trova nelle pagine di La fede dei demoni, l’ultimo libro di Fabrice Hadjadj tradotto in italiano (da Marietti).
Lo scrittore francese parte di qui per sviluppare una tesi suggestiva: l’ateismo e i peccati della carne, frutto dell’ignoranza e della debolezza umana, non sono i mali peggiori. Molto più gravi per le loro conseguenze sono gli spiritualissimi peccati propri del diavolo, soprattutto quando vengono compiuti dai cristiani: superbia, invidia, odio e disprezzo, vizi dello spirito, sono la base delle più grandi sciagure e di permanenti divisioni fra gli uomini. Per questo il diavolo li ispira continuamente. Dopo l’estate italiana dei giudizi sprezzanti distillati da tribune cristiane, delle gare di purezza e di sputtanamenti fra politici, difficile dare torto ad Hadjadj. Il quale indica anche la strategia per respingere l’assalto diabolico: affidarsi all’incarnazione, cioè alla carne di Cristo e alla carne di Maria, prefigurata nel Genesi come la donna che senza sforzo o paura schiaccia il serpente demoniaco sotto il proprio tallone. Contro ogni superbia, imparare da Maria l’apertura alla Grazia. Perché Maria è accoglienza della Parola di Dio che si fa carne, mentre il diavolo è il contrario dell’accoglienza. È orgoglioso, trae tutto da sé e non vuole ricevere.
Fabrice Hadjadj, il diavolo non è ateo, e perciò, lei dice, l’antitesi fondamentale non è quella fra teismo e ateismo, ma quella fra conoscenza e riconoscimento di Dio. Cosa vuol dire?
Anzitutto va notato che il primo riconoscimento di Gesù Cristo come figlio di Dio nel Vangelo non è quello di san Pietro o degli altri apostoli, ma dell’indemoniato di Cafarnao. Nella sinagoga di quella città un indemoniato incontra Gesù e il diavolo che possiede quell’uomo dice: «Io so chi sei tu, il Santo di Dio». Notare questo ci obbliga a rimetterci in discussione, perché forse non abbiamo le idee chiare sull’identità del nemico radicale e della natura della vera lotta: che non è quella contro l’ateo o il libertino, ma contro un’intelligentissima creatura spirituale. Un puro spirito, ovvero uno spirito impuro che è puro spirito. Pertanto non sarà appellandosi alla mera spiritualità che lo si potrà affrontare: quella è una specialità del demonio, che ha per progetto di ridurre il cristianesimo a uno spiritualismo. Lo scopo del mio libro non è soltanto di ricordare che la fede non è mera conoscenza, ma è riconoscimento che anima il cuore; è anche ricordare che la fede non è evasione in un mondo etereo, ma incarnazione. Dio ha voluto donarci la sua Grazia attraverso la carne, ed è nella carne e attraverso la carne che noi lo raggiungiamo. I grandi teologi ce l’hanno spiegato: il primo peccato del diavolo è stata l’invidia, scaturita dal fatto di sapere che il Verbo si sarebbe incarnato. Satana è inorridito all’idea che Colui che era spirito, e dunque aveva una connivenza speciale con gli angeli come lui, potesse farsi carne, e che gli angeli, puri spiriti, avrebbero dovuto adorare la carne, una carne umana.
Lei distingue fra la fede come dono di Grazia, che gli uomini sperimentano, e la fede come perspicacia dell’intelligenza naturale, che attribuisce ai demoni. In cosa sono differenti?
Gli angeli, compresi quelli caduti, hanno un’intelligenza più sviluppata della nostra. A loro i segni dell’agire di Cristo e della Chiesa sono sufficienti per ammettere che c’è qualcosa che viene da Dio. Per quanto attiene alla fede come dono di Dio, la fede che opera attraverso la carità, questa passa attraverso motivi di credibilità, perché l’atto di fede non annulla la ragione, non è un salto nell’assurdo. Ma i motivi ragionevoli non sono sufficienti a costringere l’intelligenza umana alla fede. L’uomo entra in essa attraverso una sorta d’umiltà, di abbandono. Al cuore della fede come dono c’è un atto di amore: non c’è semplicemente l’intelligenza che riconosce un fatto oggettivo, come nel caso dei demoni, ma un’intelligenza che chiama in causa il cuore e implica un atto di volontà. La volontà pone un atto di adesione, di fiducia, in una sorta di penombra. La fiducia, come ogni atto di amore, non si colloca né in piena luce né nelle tenebre, ma in una penombra. Nel Credo noi non diciamo: «Credo che Dio è così e cosà, è onnipotente e creatore». Noi diciamo: «Credo in Dio». Ed è l’“in” del modo accusativo del latino: «Credo in unum Deum». Cioè c’è un movimento per andare verso. Invece i demoni dicono: «Credo Deum», credo Dio. Cioè c’è l’intelligenza ma manca il cuore. E siccome è una fede prodotto delle sole forze del soggetto, è automaticamente orgogliosa. Lo si è visto a Cafarnao: il diavolo dice «io so chi se Tu». La prima parola è “io”.
Oggi succede un fatto curioso: la maggioranza della gente non crede nel diavolo come realtà teologica, ma allo stesso tempo è sedotta e intimorita dall’immagine della sua potenza. Film e telefilm propongono in continuazione il tema delle forze malefiche soprannaturali, e tanti si rivolgono a maghi e guaritori convinti di essere vittime di spiriti malvagi. Perché questa contraddizione?
Perché quando si abbandona il giusto rapporto con una realtà, immediatamente si manifestano due errori opposti. L’umanità è entrata nel razionalismo, ma il razionalismo non soddisfa il cuore umano. Di conseguenza si produce una reazione uguale e contraria: l’invasione dell’irrazionale. Il razionalismo ha detto: il Mistero è irrazionale, nessun rapporto con esso è possibile. La conseguenza è stata una reazione che instaura un rapporto ossessivo e anarchico con le forze delle tenebre. E che riconosce la potenza del diavolo, ma non la sua intelligenza: lo raffigura folcloristicamente come un caprone, lo associa ai sacrifici di animali. Ma il diavolo agisce più attraverso la sua intelligenza che attraverso la forza, la sua specialità è provocare due o più derive opposte, è orchestrare quelle che Giovanni Paolo II ha chiamato “strutture di peccato”: peccati che non sono in rapporto con un’intenzione umana univoca, ma che si creano per l’opposizione di due o più parti. Pensiamo alla Spagna, dove la reazione alle stragi anticristiane è stato il fascismo e da lì tre anni di guerra civile. Pensiamo al trionfo del nulla in tivù: nessuno l’ha deciso a tavolino, eppure si ha l’impressione che qualcuno l’abbia orchestrato. Il fatto è che il diavolo distingue perfettamente l’errore dalla verità, e moltiplica coscientemente gli errori per giocarci. Noi invece, anche quando siamo nell’errore, crediamo di essere nella verità, e ci teniamo. Il diavolo non ci tiene, ed è per questo che è capace di manovrare e di creare strutture che ci spingono a commettere cose che vanno al di là delle nostre intenzioni coscienti.
Lei semina il dubbio anche riguardo a parole feticcio sia del cristianesimo che della modernità come “dono” e “amore”. Lei dice che donare è cosa buona solo a condizione che il dono non nuoccia a chi lo riceve, e che il valore dell’amore dipende dal valore di ciò che si ama. Dunque anche il dono e l’amore possono essere astuzie diaboliche?
A don Luigi Giussani veniva rimproverato di usare poco la parola “amore”, e lui rispondeva che nella nostra cultura era diventata una parola equivoca. Aveva ragione. Oggi viviamo in un’eresia dell’amore. Il primato dell’amore è un’invenzione cristiana, ma il diavolo distorce la cosa così: purché sia amore, tutto è legittimo. Se una donna si innamora di un boa constrictor e desidera sposarlo, fa bene, perché è amore. Nel nome dell’amore, si perde di vista l’oggettività dell’amore. Perché amare non è semplicemente avere dei sentimenti per l’altro, è anche volere il bene dell’altro. Quando amo io debbo chiedermi: “Qual è il bene per l’altro?”. Ciò che conta di più è questa oggettività.
E per quanto riguarda il dono?
Intorno al dono effettivamente si è installata tutta una retorica moderna, dovuta soprattutto alla realtà dell’economia capitalista, per cui il dono appare come un argine alla logica del mercato. Ora, non è il dono in quanto tale ad essere una cosa cattiva, ovviamente, ma la logica del “dono di sé”, perché al centro mette il “sé”. Il punto non è dare se stessi all’altro, il punto è il bene dell’altro. Non devo donare me stesso all’altro, devo ridonare l’altro a se stesso. E ciò implica il Bene. L’ha detto perfettamente Heidegger: «L’amore predispone uno spazio affinché l’altro possa donarsi all’altro, non solo a me che lo amo. E affinché possa essere se stesso, e non è se stesso se non nella sua relazione col bene». La seconda cosa che va sottolineata è che il dono non è mai principio in una creatura. Il proprio di una creatura è di ricevere prima di donare. La creatura non ha l’iniziativa del dono, ce l’ha il Creatore. Come si legge nella lettera di san Giacomo: «Dio ci ha amato per primo». Se si dimentica questo, il dono entra in una logica demoniaca. Il diavolo è uno che vuole dare senza dover ricevere. Accetta la natura con cui Dio l’ha creato, ma rifiuta la Grazia, perché vuole dare da se stesso, con le sue proprie forze. La sua è una posizione di ebrezza e di orgoglio: io non ricevo, io do da me stesso, senza bisogno della Grazia. Il peccato del diavolo e di quanti sono sotto la sua influenza è di voler fare il bene con le sole proprie forze e secondo i propri piani. Pensiamo ai totalitarismi: hanno cercato di dare all’umanità una società perfetta, ma a partire dai propri piani, senza considerare il carattere irriducibile dell’altro, la singolarità di ogni essere umano. Il totalitarismo consiste nel voler dare all’uomo tutto, ma a partire da una teoria, da un’ideologia, e dunque in maniera totalmente riduttiva e soffocante, come si è visto nella storia.
Lei considera due errori opposti di ispirazione diabolica anche la riduzione del cristianesimo a cristianità, cioè a istituzione secolare, e l’opzione di una Chiesa dei pochi e dei puri, che rinuncia programmaticamente a influire politicamente. Cosa bisognerebbe fare per non cadere nella duplice trappola?
Che i due errori siano diabolici si vede da una cosa: un cristianesimo politicamente realizzato cadrebbe nell’orgoglio di sé, così come il ripiegamento su di sé di una piccola Chiesa di gente pura che ha rinunciato al potere provocherebbe un settario orgoglio spirituale. E l’orgoglio, lo sappiamo, è un caratteristico peccato del diavolo. Nel primo caso, la riduzione del cristianesimo a istituzione secolare ci impedirebbe di donare veramente il nostro cuore, ridurrebbe il paradosso cristiano a slogan, trasformerebbe la vocazione a essere martiri in vocazione a essere signori. Nel secondo caso, l’accontentarci di una piccola Chiesa di puri farebbe di noi una setta che guarda la società dall’alto in basso con disprezzo, e che dimentica che Cristo non è venuto per i cristiani, ma per tutti gli uomini.
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Il primo avversario della Chiesa non è l’ateo», perché Satana non dubita di Dio né della sua dottrina. Intervista a Fabrice Hadjadj
Conosce alla perfezione le verità della dottrina cristiana e non ne dubita. È perfettamente casto e non ha mai commesso un peccato di lussuria in vita sua. Dona gratuitamente del suo senza esigere contropartite materiali. Eppure è il nemico assoluto di Dio e dell’uomo, menzognero, omicida e tessitore di inganni. È il diavolo, l’angelo ribelle. Questo ritratto geniale e sconcertante di Satana si trova nelle pagine di La fede dei demoni, l’ultimo libro di Fabrice Hadjadj tradotto in italiano (da Marietti).
Lo scrittore francese parte di qui per sviluppare una tesi suggestiva: l’ateismo e i peccati della carne, frutto dell’ignoranza e della debolezza umana, non sono i mali peggiori. Molto più gravi per le loro conseguenze sono gli spiritualissimi peccati propri del diavolo, soprattutto quando vengono compiuti dai cristiani: superbia, invidia, odio e disprezzo, vizi dello spirito, sono la base delle più grandi sciagure e di permanenti divisioni fra gli uomini. Per questo il diavolo li ispira continuamente. Dopo l’estate italiana dei giudizi sprezzanti distillati da tribune cristiane, delle gare di purezza e di sputtanamenti fra politici, difficile dare torto ad Hadjadj. Il quale indica anche la strategia per respingere l’assalto diabolico: affidarsi all’incarnazione, cioè alla carne di Cristo e alla carne di Maria, prefigurata nel Genesi come la donna che senza sforzo o paura schiaccia il serpente demoniaco sotto il proprio tallone. Contro ogni superbia, imparare da Maria l’apertura alla Grazia. Perché Maria è accoglienza della Parola di Dio che si fa carne, mentre il diavolo è il contrario dell’accoglienza. È orgoglioso, trae tutto da sé e non vuole ricevere.
Fabrice Hadjadj, il diavolo non è ateo, e perciò, lei dice, l’antitesi fondamentale non è quella fra teismo e ateismo, ma quella fra conoscenza e riconoscimento di Dio. Cosa vuol dire?
Anzitutto va notato che il primo riconoscimento di Gesù Cristo come figlio di Dio nel Vangelo non è quello di san Pietro o degli altri apostoli, ma dell’indemoniato di Cafarnao. Nella sinagoga di quella città un indemoniato incontra Gesù e il diavolo che possiede quell’uomo dice: «Io so chi sei tu, il Santo di Dio». Notare questo ci obbliga a rimetterci in discussione, perché forse non abbiamo le idee chiare sull’identità del nemico radicale e della natura della vera lotta: che non è quella contro l’ateo o il libertino, ma contro un’intelligentissima creatura spirituale. Un puro spirito, ovvero uno spirito impuro che è puro spirito. Pertanto non sarà appellandosi alla mera spiritualità che lo si potrà affrontare: quella è una specialità del demonio, che ha per progetto di ridurre il cristianesimo a uno spiritualismo. Lo scopo del mio libro non è soltanto di ricordare che la fede non è mera conoscenza, ma è riconoscimento che anima il cuore; è anche ricordare che la fede non è evasione in un mondo etereo, ma incarnazione. Dio ha voluto donarci la sua Grazia attraverso la carne, ed è nella carne e attraverso la carne che noi lo raggiungiamo. I grandi teologi ce l’hanno spiegato: il primo peccato del diavolo è stata l’invidia, scaturita dal fatto di sapere che il Verbo si sarebbe incarnato. Satana è inorridito all’idea che Colui che era spirito, e dunque aveva una connivenza speciale con gli angeli come lui, potesse farsi carne, e che gli angeli, puri spiriti, avrebbero dovuto adorare la carne, una carne umana.
Lei distingue fra la fede come dono di Grazia, che gli uomini sperimentano, e la fede come perspicacia dell’intelligenza naturale, che attribuisce ai demoni. In cosa sono differenti?
Gli angeli, compresi quelli caduti, hanno un’intelligenza più sviluppata della nostra. A loro i segni dell’agire di Cristo e della Chiesa sono sufficienti per ammettere che c’è qualcosa che viene da Dio. Per quanto attiene alla fede come dono di Dio, la fede che opera attraverso la carità, questa passa attraverso motivi di credibilità, perché l’atto di fede non annulla la ragione, non è un salto nell’assurdo. Ma i motivi ragionevoli non sono sufficienti a costringere l’intelligenza umana alla fede. L’uomo entra in essa attraverso una sorta d’umiltà, di abbandono. Al cuore della fede come dono c’è un atto di amore: non c’è semplicemente l’intelligenza che riconosce un fatto oggettivo, come nel caso dei demoni, ma un’intelligenza che chiama in causa il cuore e implica un atto di volontà. La volontà pone un atto di adesione, di fiducia, in una sorta di penombra. La fiducia, come ogni atto di amore, non si colloca né in piena luce né nelle tenebre, ma in una penombra. Nel Credo noi non diciamo: «Credo che Dio è così e cosà, è onnipotente e creatore». Noi diciamo: «Credo in Dio». Ed è l’“in” del modo accusativo del latino: «Credo in unum Deum». Cioè c’è un movimento per andare verso. Invece i demoni dicono: «Credo Deum», credo Dio. Cioè c’è l’intelligenza ma manca il cuore. E siccome è una fede prodotto delle sole forze del soggetto, è automaticamente orgogliosa. Lo si è visto a Cafarnao: il diavolo dice «io so chi se Tu». La prima parola è “io”.
Oggi succede un fatto curioso: la maggioranza della gente non crede nel diavolo come realtà teologica, ma allo stesso tempo è sedotta e intimorita dall’immagine della sua potenza. Film e telefilm propongono in continuazione il tema delle forze malefiche soprannaturali, e tanti si rivolgono a maghi e guaritori convinti di essere vittime di spiriti malvagi. Perché questa contraddizione?
Perché quando si abbandona il giusto rapporto con una realtà, immediatamente si manifestano due errori opposti. L’umanità è entrata nel razionalismo, ma il razionalismo non soddisfa il cuore umano. Di conseguenza si produce una reazione uguale e contraria: l’invasione dell’irrazionale. Il razionalismo ha detto: il Mistero è irrazionale, nessun rapporto con esso è possibile. La conseguenza è stata una reazione che instaura un rapporto ossessivo e anarchico con le forze delle tenebre. E che riconosce la potenza del diavolo, ma non la sua intelligenza: lo raffigura folcloristicamente come un caprone, lo associa ai sacrifici di animali. Ma il diavolo agisce più attraverso la sua intelligenza che attraverso la forza, la sua specialità è provocare due o più derive opposte, è orchestrare quelle che Giovanni Paolo II ha chiamato “strutture di peccato”: peccati che non sono in rapporto con un’intenzione umana univoca, ma che si creano per l’opposizione di due o più parti. Pensiamo alla Spagna, dove la reazione alle stragi anticristiane è stato il fascismo e da lì tre anni di guerra civile. Pensiamo al trionfo del nulla in tivù: nessuno l’ha deciso a tavolino, eppure si ha l’impressione che qualcuno l’abbia orchestrato. Il fatto è che il diavolo distingue perfettamente l’errore dalla verità, e moltiplica coscientemente gli errori per giocarci. Noi invece, anche quando siamo nell’errore, crediamo di essere nella verità, e ci teniamo. Il diavolo non ci tiene, ed è per questo che è capace di manovrare e di creare strutture che ci spingono a commettere cose che vanno al di là delle nostre intenzioni coscienti.
Lei semina il dubbio anche riguardo a parole feticcio sia del cristianesimo che della modernità come “dono” e “amore”. Lei dice che donare è cosa buona solo a condizione che il dono non nuoccia a chi lo riceve, e che il valore dell’amore dipende dal valore di ciò che si ama. Dunque anche il dono e l’amore possono essere astuzie diaboliche?
A don Luigi Giussani veniva rimproverato di usare poco la parola “amore”, e lui rispondeva che nella nostra cultura era diventata una parola equivoca. Aveva ragione. Oggi viviamo in un’eresia dell’amore. Il primato dell’amore è un’invenzione cristiana, ma il diavolo distorce la cosa così: purché sia amore, tutto è legittimo. Se una donna si innamora di un boa constrictor e desidera sposarlo, fa bene, perché è amore. Nel nome dell’amore, si perde di vista l’oggettività dell’amore. Perché amare non è semplicemente avere dei sentimenti per l’altro, è anche volere il bene dell’altro. Quando amo io debbo chiedermi: “Qual è il bene per l’altro?”. Ciò che conta di più è questa oggettività.
E per quanto riguarda il dono?
Intorno al dono effettivamente si è installata tutta una retorica moderna, dovuta soprattutto alla realtà dell’economia capitalista, per cui il dono appare come un argine alla logica del mercato. Ora, non è il dono in quanto tale ad essere una cosa cattiva, ovviamente, ma la logica del “dono di sé”, perché al centro mette il “sé”. Il punto non è dare se stessi all’altro, il punto è il bene dell’altro. Non devo donare me stesso all’altro, devo ridonare l’altro a se stesso. E ciò implica il Bene. L’ha detto perfettamente Heidegger: «L’amore predispone uno spazio affinché l’altro possa donarsi all’altro, non solo a me che lo amo. E affinché possa essere se stesso, e non è se stesso se non nella sua relazione col bene». La seconda cosa che va sottolineata è che il dono non è mai principio in una creatura. Il proprio di una creatura è di ricevere prima di donare. La creatura non ha l’iniziativa del dono, ce l’ha il Creatore. Come si legge nella lettera di san Giacomo: «Dio ci ha amato per primo». Se si dimentica questo, il dono entra in una logica demoniaca. Il diavolo è uno che vuole dare senza dover ricevere. Accetta la natura con cui Dio l’ha creato, ma rifiuta la Grazia, perché vuole dare da se stesso, con le sue proprie forze. La sua è una posizione di ebrezza e di orgoglio: io non ricevo, io do da me stesso, senza bisogno della Grazia. Il peccato del diavolo e di quanti sono sotto la sua influenza è di voler fare il bene con le sole proprie forze e secondo i propri piani. Pensiamo ai totalitarismi: hanno cercato di dare all’umanità una società perfetta, ma a partire dai propri piani, senza considerare il carattere irriducibile dell’altro, la singolarità di ogni essere umano. Il totalitarismo consiste nel voler dare all’uomo tutto, ma a partire da una teoria, da un’ideologia, e dunque in maniera totalmente riduttiva e soffocante, come si è visto nella storia.
Lei considera due errori opposti di ispirazione diabolica anche la riduzione del cristianesimo a cristianità, cioè a istituzione secolare, e l’opzione di una Chiesa dei pochi e dei puri, che rinuncia programmaticamente a influire politicamente. Cosa bisognerebbe fare per non cadere nella duplice trappola?
Che i due errori siano diabolici si vede da una cosa: un cristianesimo politicamente realizzato cadrebbe nell’orgoglio di sé, così come il ripiegamento su di sé di una piccola Chiesa di gente pura che ha rinunciato al potere provocherebbe un settario orgoglio spirituale. E l’orgoglio, lo sappiamo, è un caratteristico peccato del diavolo. Nel primo caso, la riduzione del cristianesimo a istituzione secolare ci impedirebbe di donare veramente il nostro cuore, ridurrebbe il paradosso cristiano a slogan, trasformerebbe la vocazione a essere martiri in vocazione a essere signori. Nel secondo caso, l’accontentarci di una piccola Chiesa di puri farebbe di noi una setta che guarda la società dall’alto in basso con disprezzo, e che dimentica che Cristo non è venuto per i cristiani, ma per tutti gli uomini.
Postato da: giacabi a 12:16 |
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heidegger, amore, hadjadj fabrice
Le persone buone sono persone belle
***
"dice Kant la bontà risplende come un gioiello ed è vista persino nell’oscurità. Le persone buone sono persone belle. Tutti
noi lo sappiamo per esperienza e lo hanno sempre saputo gli artisti, i
pittori:la bellezza risplende sul volto della persona buona".***
Agnes Heller
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