La misericordia
***
Mi sembra di aver compreso, o almeno di aver intuito profondamente, che cos’è l’amore infinitamente libero e che cos’è la misericordia, che Bernanos chiamava “la dolce pietà di Dio”, oceano senza sponde.
Di fronte al prontuario dei peccati, alle tariffe stabilite con minuzia
farisaica, risuonano le sei parole che nel Vangelo bastano a spazzar
via tutte le miserie e tutte le vergogne di una povera vita: “Ti sono
perdonati i tuoi peccati”. Qualunque cosa quell’uomo o quella donna abbia fatto, non rimane più nulla: tutto
è possibile a Dio, tutto gli è possibile, anche aver già perdonato ogni
cosa - quale mistero! – prima di qualsiasi pentimentoF. Mauriac
Postato da: giacabi a 23:05 |
link | commenti
mauriac, amore
L'amore
***
Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore ***
(San Giovanni della Croce).
Postato da: giacabi a 22:58 |
link | commenti
amore
Ogni conoscenza è figlia dell’amore
***
Ogni
conoscenza è figlia dell’amore. Amo, ergo sum, amo, quindi esisto…
Perciò ecco le lucide parole di S. Gregorio per definire Dio: Tu che il mio cuore ama ***
(P. Evdokimov).
Postato da: giacabi a 22:17 |
link | commenti
dio, amore
L’uomo muore se pensa ha se stesso
***
L’uomo muore se passa il tempo a coltivare se stesso; vive se non pensa più a sé, ma al fratello e a Dio ***
(I. Giordani).
Postato da: giacabi a 07:39 |
link | commenti
perle, amore
La tenerezza
***
Ciò che fino ad oggi è mancato ai messaggeri del cristianesimo d’ogni provenienza, è la tenerezza ***
(Heinrich Böll, premio Nobel per la letteratura nel 1972, Lettera a un giovane cattolico).
Postato da: giacabi a 13:12 |
link | commenti
amore
La carità è una presenza
***
La carità è una presenza. E’ necessario non soltanto donare, ma donarsi ***
(R. Follereau).
Postato da: giacabi a 12:58 |
link | commenti
amore
La bontà vince sempre
***
(San Luigi Orione).
Postato da: giacabi a 21:16 |
link | commenti
don orione, amore
Grande cosa è l’amore
***
Grande
cosa è l’amore. Un bene grande, veramente. Un bene che, solo, rende
leggera ogni cosa pesante e sopporta tranquillamente ogni cosa
difficile; porta il peso, senza fatica, e rende dolce e gustosa ogni
cosa amara. Il nobile amore di Gesù spinge ad operare grandi cose e
suscita desideri di sempre maggiore perfezione. L’amore aspira a salire
in alto, senza essere trattenuto da alcunché di terreno. Esige di essere
libero e staccato da ogni affetto umano, cosicché non abbia ostacoli a
scrutare nell’intimo, non subisca impacci per interessi temporali, non
sia sopraffatto da alcuna difficoltà. Niente è più dolce dell’amore;
niente è più forte, più alto o più grande: niente, né in cielo né in
terra, è più colmo di gioia, più completo o più buono: perché l’amore
nasce da Dio e soltanto in Dio, al di sopra di tutte le cose create, può
trovare riposo. Chi ama vola, corre lietamente; è libero, e non
trattenuto da nulla; dà ogni cosa per il tutto, e ha il tutto in ogni
cosa, perché trova la sua pace in quell’uno supremo, dal quale discende e
proviene tutto ciò che è buono; non guarda a ciò che gli viene donato,
ma, al di là dei doni, guarda a colui che dona. Spesso l’amore non
conosce misura, in un fervore che oltrepassa ogni confine. L’amore non
sente gravezza, non tiene conto della fatica, anela a più di quanto non
possa raggiungere, non adduce a scusa la sua insufficienza, perché
ritiene che ogni cosa gli sia possibile e facile. Colui che ama può fare
ogni cosa, e molte cose compie e manda ad effetto; mentre colui che non
ama viene meno e cade. L’amore vigila; anche nel sonno, non
s’abbandona; affaticato, non è prostrato; legato, non si lascia
costringere; atterrito, non si turba: erompe verso l’alto e procede
sicuro, come fiamma viva, come fiaccola ardente. (Tommaso da Kempis, Imitazione di Cristo, V, 2).
***
Postato da: giacabi a 17:42 |
link | commenti
amore
Published on Tempi (http://www.tempi.it)
Solo se siamo amati
di Aldo Trento
Possiamo non scappare dalla realtà
Il problema della droga colpisce non solo l’Europa, ma anche il Paraguay. Per questo, dopo aver letto un editoriale del quotidiano Ultima Hora del mio paese, dal titolo “Senza la promozione umana, le droghe continueranno a causare gravi danni ai giovani”, sento la necessità di prendere sul serio questa provocazione.
In questo articolo si afferma che, secondo Senad (Segreteria Nazionale antidroga), quest’anno il consumo di droga tra i giovani è tre volte superiore rispetto allo scorso anno. I destinatari in genere sono giovani poveri materialmente, ma soprattutto spiritualmente. Non hanno né speranza né opportunità e, attraverso la droga, cercano l’evasione dal mondo. Il giornalista conclude che, per combattere questo fenomeno, non bisogna solo perseguire gli spacciatori, ma piuttosto, il governo dovrebbe cercare di istituire, nelle aree più povere del paese, programmi sociali guidati da genitori, educatori, Chiesa, Club o partiti politici, al fine di aiutare i ragazzi a sentirsi utili e accettati dai loro coetanei, in modo che possano uscire dal tunnel della droga.
A mio parere, questo piano sociale convince molto teoricamente, ma è del tutto ideologico. Cos’è l’ideologia? Cercare di applicare il tuo pensiero alla realtà, ma lasciando da parte un piccolo dettaglio: che per quanto sia moralmente giusto, non la rispecchia, non parte dalla realtà stessa, né dai fattori racchiusi in essa, ma da una pura astrazione.
Il vero punto di partenza, la vera domanda da cui partire è: perché i giovani si drogano? È un fenomeno che non ha a che vedere soltanto con il Paraguay, ma col mondo intero. In Europa, più che i poveri (che non possono permettersi la droga a causa dei costi ancora troppo elevati) sono per la maggior parte i figli dei ricchi quelli che cadono in questa dipendenza. Allora il problema non è solo l’emarginazione o la povertà materiale, ma (come un po’ l’autore di questo articolo ha intuito) il problema è anche e soprattutto spirituale.
Allora ripongo la mia domanda: perché i giovani si drogano? Parto dalla testimonianza di un ragazzo che vive nella nostra comunità, nel tentativo di guarire da una grave depressione che lo ha colpito.
padretrento@rieder.net.py
Non ho mai preso droghe, ma la chiesi più di una volta (in un periodo difficile della mia vita, quando avevo appena 15 anni) a un mio compagno spacciatore, fortunatamente senza riuscirci. Cosa mi portava a chiederla? Volevo sopprimere questa insoddisfazione, questo desiderio di felicità che ognuno si trova dentro. Perché non trovavo una possibilità che mi corrispondesse tra ciò che avevo nel cuore e le proposte degli adulti. Cresceva in me sempre di più la noia, la ribellione e ripetevo a me stesso: «Non basta, non basta. Quello che dici non basta, non mi interessa». Tutti predicavano un cammino fatto di regole, moralmente giustissimo per raggiungere una posizione di benessere sociale e spirituale, ma mancava qualcosa. Come dice Julián Carrón, successore di don Giussani: «Manca l’umano». Manca una proposta umana, mancano educatori, genitori che guidino i giovani a non censurare il grido di infinito del proprio cuore, e la propria umanità. Una mia amica, Giorgia, è proprio un esempio drammatico di quello che voglio dire. Figlia di un imprenditore e un direttore di banca. Una ragazza delle capacità economiche davvero infinite. Si drogava dall’età di 14 anni, solo per un periodo di circa tre mesi è riuscita a non drogarsi. L’anno scorso, aveva iniziato a studiare con me e un’altra ragazza della sua classe. In quel periodo aveva incontrato alcuni dei miei insegnanti, che negli ultimi anni di scuola superiore sono stati “i miei salvatori”. Lei, come me, era rimasta affascinata. La ricerca di felicità continua non era vista come un capriccio infantile (“hai tutto, di cosa ti lamenti?”) e la tristezza che sentiva non era vissuta come una preoccupazione. I suoi genitori si erano rivolti a uno psicologo ignari che il carattere di Giorgia non si poteva correggere con un manuale di comportamento. Tutto era visto con una positività che solo l’incontro con Cristo poteva dare. Si sentiva amata fino all’ultimo dei suoi capelli. Continuava a cercarci, ci chiedeva costantemente di vederci, di studiare insieme, di parlare con la mia professoressa e di partecipare alla scuola di comunità con tutti noi. A un certo punto, con molta soddisfazione, ci ha informati che era arrivata a fumare solo sigarette. Cosa era successo? Si sentiva abbracciata e sentiva la sua domanda presa sul serio. In seguito ricadde nel tunnel della droga a causa dei pregiudizi di alcuni suoi compagni di scuola che la giudicavano per i comportamenti che intratteneva con il proprio ragazzo. Allora, qual è il modo migliore per sconfiggere il problema dell’uso delle droghe e della fuga dalla realtà? Come diceva questa mattina padre Aldo camminando per la clinica: «Il nostro compito di cristiani è vivere intensamente tutta la realtà, perché gli altri attraverso di noi possano incontrare Cristo, e non basare la propria vita su regole moralistiche».
María Matínez
***
Possiamo non scappare dalla realtà
Il problema della droga colpisce non solo l’Europa, ma anche il Paraguay. Per questo, dopo aver letto un editoriale del quotidiano Ultima Hora del mio paese, dal titolo “Senza la promozione umana, le droghe continueranno a causare gravi danni ai giovani”, sento la necessità di prendere sul serio questa provocazione.
In questo articolo si afferma che, secondo Senad (Segreteria Nazionale antidroga), quest’anno il consumo di droga tra i giovani è tre volte superiore rispetto allo scorso anno. I destinatari in genere sono giovani poveri materialmente, ma soprattutto spiritualmente. Non hanno né speranza né opportunità e, attraverso la droga, cercano l’evasione dal mondo. Il giornalista conclude che, per combattere questo fenomeno, non bisogna solo perseguire gli spacciatori, ma piuttosto, il governo dovrebbe cercare di istituire, nelle aree più povere del paese, programmi sociali guidati da genitori, educatori, Chiesa, Club o partiti politici, al fine di aiutare i ragazzi a sentirsi utili e accettati dai loro coetanei, in modo che possano uscire dal tunnel della droga.
A mio parere, questo piano sociale convince molto teoricamente, ma è del tutto ideologico. Cos’è l’ideologia? Cercare di applicare il tuo pensiero alla realtà, ma lasciando da parte un piccolo dettaglio: che per quanto sia moralmente giusto, non la rispecchia, non parte dalla realtà stessa, né dai fattori racchiusi in essa, ma da una pura astrazione.
Il vero punto di partenza, la vera domanda da cui partire è: perché i giovani si drogano? È un fenomeno che non ha a che vedere soltanto con il Paraguay, ma col mondo intero. In Europa, più che i poveri (che non possono permettersi la droga a causa dei costi ancora troppo elevati) sono per la maggior parte i figli dei ricchi quelli che cadono in questa dipendenza. Allora il problema non è solo l’emarginazione o la povertà materiale, ma (come un po’ l’autore di questo articolo ha intuito) il problema è anche e soprattutto spirituale.
Allora ripongo la mia domanda: perché i giovani si drogano? Parto dalla testimonianza di un ragazzo che vive nella nostra comunità, nel tentativo di guarire da una grave depressione che lo ha colpito.
padretrento@rieder.net.py
Non ho mai preso droghe, ma la chiesi più di una volta (in un periodo difficile della mia vita, quando avevo appena 15 anni) a un mio compagno spacciatore, fortunatamente senza riuscirci. Cosa mi portava a chiederla? Volevo sopprimere questa insoddisfazione, questo desiderio di felicità che ognuno si trova dentro. Perché non trovavo una possibilità che mi corrispondesse tra ciò che avevo nel cuore e le proposte degli adulti. Cresceva in me sempre di più la noia, la ribellione e ripetevo a me stesso: «Non basta, non basta. Quello che dici non basta, non mi interessa». Tutti predicavano un cammino fatto di regole, moralmente giustissimo per raggiungere una posizione di benessere sociale e spirituale, ma mancava qualcosa. Come dice Julián Carrón, successore di don Giussani: «Manca l’umano». Manca una proposta umana, mancano educatori, genitori che guidino i giovani a non censurare il grido di infinito del proprio cuore, e la propria umanità. Una mia amica, Giorgia, è proprio un esempio drammatico di quello che voglio dire. Figlia di un imprenditore e un direttore di banca. Una ragazza delle capacità economiche davvero infinite. Si drogava dall’età di 14 anni, solo per un periodo di circa tre mesi è riuscita a non drogarsi. L’anno scorso, aveva iniziato a studiare con me e un’altra ragazza della sua classe. In quel periodo aveva incontrato alcuni dei miei insegnanti, che negli ultimi anni di scuola superiore sono stati “i miei salvatori”. Lei, come me, era rimasta affascinata. La ricerca di felicità continua non era vista come un capriccio infantile (“hai tutto, di cosa ti lamenti?”) e la tristezza che sentiva non era vissuta come una preoccupazione. I suoi genitori si erano rivolti a uno psicologo ignari che il carattere di Giorgia non si poteva correggere con un manuale di comportamento. Tutto era visto con una positività che solo l’incontro con Cristo poteva dare. Si sentiva amata fino all’ultimo dei suoi capelli. Continuava a cercarci, ci chiedeva costantemente di vederci, di studiare insieme, di parlare con la mia professoressa e di partecipare alla scuola di comunità con tutti noi. A un certo punto, con molta soddisfazione, ci ha informati che era arrivata a fumare solo sigarette. Cosa era successo? Si sentiva abbracciata e sentiva la sua domanda presa sul serio. In seguito ricadde nel tunnel della droga a causa dei pregiudizi di alcuni suoi compagni di scuola che la giudicavano per i comportamenti che intratteneva con il proprio ragazzo. Allora, qual è il modo migliore per sconfiggere il problema dell’uso delle droghe e della fuga dalla realtà? Come diceva questa mattina padre Aldo camminando per la clinica: «Il nostro compito di cristiani è vivere intensamente tutta la realtà, perché gli altri attraverso di noi possano incontrare Cristo, e non basare la propria vita su regole moralistiche».
María Matínez
Postato da: giacabi a 06:01 |
link | commenti
senso religioso, padre trento, amore
Il regalo di beni esterni
***
Il regalo di beni esterni è sempre inessenziale nell’amore, un espediente di ripiego, il quale mira a eliminare se stesso, a riempire l’ineguaglianza, gli spazi intermedi. Solamente quando non ci sarà più nient’altro da donare che amore, questo amore sarà gratuito alla piena misurazione.
[Hans Urs Von Balthasar]
Postato da: giacabi a 18:25 |
link | commenti
von balthasar, amore
La carità cristiana
***
Non
vi è forse nulla di più grande, sulla terra, del sacrificio della
giovinezza e della bellezza compiuto dal gentil sesso -giovani spesso di
nobili natali- al fine di poter lavorare negli ospedali per
l'alleviamento della sofferenza umana. La vista del qual
sacrificio è cosa rivoltante, per il nostro animo delicato. Gli
individui che si sono staccati dalla religione romana hanno imitato in
modo assai imperfetto un così alto spirito di carità .***
Voltaire(citato in Thomas E. Woods, Come la Chiesa cattolica ha costruito la civiltà occidentale, Cantagalli 2007, pag. 177-178) §
Postato da: giacabi a 14:49 |
link | commenti
voltaire, amore
La nostra fragilità è una grazia. Parola di depresso
"Quel giorno, il 25 marzo 1989, don Luigi Giussani mi prese con sé, come duemila anni prima Gesù aveva preso con sé Giovanni e Andrea. Lo ricordo con la freschezza delle acque dei torrenti che sgorgano dalle pietre delle mie Dolomiti.Nessuno mi voleva, avevo vergogna di me, il mio sguardo era come quello di un derelitto umano distrutto da una terribile depressione. Ma quell’uomo, dopo avermi ascoltato per una mezz’ora, mi fissò negli occhi e mi disse: «Che bello quanto ti sta accadendo, è l’occasione perché tu possa dire “Tu” a Cristo, però ci vuole qualcuno che ti faccia compagnia». Piangevo, e con la voce rotta dal pianto gli dissi: «Ma… chi prenderebbe con sé un uomo in queste condizioni sia fra i preti che tra i laici?». E don Giussani, come Cristo con Giovanni e Andrea: «Vieni con me».
Passarono alcuni mesi, arrivò l’estate e per me il caos si era fatto ancora più grande. Vedendomi disperato, insonne, senza più voglia di vivere, mi prese fisicamente con sé, fino al giorno, il 7 settembre dello stesso anno, quando, accompagnandomi come un bambino, mi imbarcò su un aereo della Iberia e mi mandò in Paraguay.
Da quel giorno, il 25 di marzo ventuno anni fa, non ho più staccato lo sguardo da quegli occhi, non mi sono mai allontanato da quell’abbraccio. Non importa l’oceano di dolore attraversato… perché oggi è più chiaro che mai che solo uno sguardo, un abbraccio in cui è chiarissimo quanto don Julián Carrón ci ripete, “Io sono Tu che mi fai”, salva anche il più disperato fra noi".
Leggi tutta la vicenda drammatica, incredibile e bella di P. Aldo e le testimonianze altrettanto drammatiche, belle e incredibili su Tempi.
grazie ad: http://www.annavercors.splinder.com/
Nessun commento:
Posta un commento