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“che io non possa ridurre il reale al pensabile, ecco il trionfo della libertà possibile; paradossalmente, solo
perché non mi sono fatto da solo, io posso essere libero; se mi fossi
fatto da solo, avrei potuto prevedermi e , in tal modo, avrei perso la
mia libertà. Essere
fedeli alla realtà delle cose, nel bene e nel male, implica un integrale
amore per la verità e una totale gratitudine per il fatto di essere
nati…”
Hannah Arendt |
Postato da: giacabi a 21:52 |
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libertà , verità , arendt
Giudicare attraverso l’esperienza
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"sembra più facile convincere gli uomini a comportarsi nel modo più impensabile ed oltraggioso, piuttosto che convincerli ad imparare dall’ esperienza, a pensare e giudicare veramente, invece
di applicare automaticamente categorie e formule pre-costituite nella
nostra testa, che pur essendo coerenti sono oramai desuete ed inadeguate
rispetto agli eventi che accadono realmente”
Hannah Arendt Responsabilità e giudizio, Einaudi Editore, Torino, 2004.
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Postato da: giacabi a 07:33 |
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esperienza, arendt
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Postato da: giacabi a 21:17 |
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arendt
La rinascita cattolica
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Spuntò un movimento di ben diverso, i cui principali rappresentanti furono Pèguy e Bernanos in Francia e Chesterton in Inghilterra. Ciò
che questi uomini odiavano nel mondo moderno non era la democrazia, ma
la sua mancanza. Ciò che aspiravano era la libertà per il popolo e la
ragione per le menti.
In
loro vi era un odio profondo per la società borghese, che sapevano
essere antidemocratica e fondamentalmente corrotta. Ciò contro cui si
battevano senza requie era l'insidiosa invasione della morale e dei
valori borghesi in tutti gli stili di vita e in tutte le classi sociali.
Non
vi sono polemiche più devastanti, divertenti o meglio scritte contro
quell'insieme di superstizioni moderne che vanno dalla scienza cristiana
alla ginnastica come mezzo di salvezza, dal proibizionismo a
Krishnamurti, di quelle contenute nei saggi di Chesterton.
Quando
Chesterton descrive il ricco che per un presunto amore dell'umanità
adotta qualche nuova regola vegetariana come l'uomo che " ha abolito la
carne perchè i poveri amano la carne "riesce a descrivere le ambizioni
delle classi dominanti meglio delle discussioni accademiche sulle
funzioni dei capitalisti.
Nel
Cristianesimo vi era qualcosa di più della denuncia della malvagità
della ricchezza. L'insistenza sui limiti della condizione umana bastava
ai suoi adepti per farsi un'idea dell'essenziale disumanità dei
tentativi odierni di trasformare l'uomo in un mostruoso superuomo.
Erano consapevoli che una ricerca della felicità che elimini le lacrime è destinata a cancellare anche le risa. Il
Cristianesimo insegnava che non può esistere nulla di umano al di là
delle lacrime e delle risa, fatta eccezione per il silenzio della
disperazione.
Per questo Chesterton, accettate senza remore le lacrime, potè far spazio al riso.
Hannah Arendt
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Postato da: giacabi a 22:36 |
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cristianesimo, arendt
La nostra esistenza: una catena di miracoli
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«E'
proprio di ogni nuovo inizio di irrompere nel mondo come “un'infinita
improbabilità”; pure, questo infinitamente improbabile costituisce di
fatto il tessuto di tutto quanto si chiama reale. In fondo, “tutta la nostra "esistenza si direbbe fondata su una catena di miracoli:
prima la formazione della terra e poi, su questa, la nascita della vita
organica, e infine l'evolversi dell'uomo dalle specie animali. Se
consideriamo i processi che si svolgono nell'universo e nella natura
(favoriti da probabilità schiaccianti dal punto di vista statistico), il
formarsi della terra (nel corso dei processi cosmici), la vita organica
(che si forma partendo da processi inorganici) e infine la nascita
dell'uomo (dai processi della vita organica), ci
appariranno tutti come “infinite improbabilità”: ossia, nel linguaggio
quotidiano, “miracoli”. Proprio a causa dell'elemento “miracoloso”,
presente in ogni realtà, gli eventi, per quanto possono essere
anticipati da timori o speranze, quando si verificano ci sorprendono e
ci scuotono. La stessa forza d'urto di un evento non potrà mai essere spiegata fino in fondo: in linea di principio, il"fatto" supera ogni previsione.
L'esperienza
che ci fa vedere un miracolo in ogni evento non è né arbitraria né
artificiosa, anzi è naturalissima, nella vita di tutti i giorni.
Non è per nulla superstizioso, anzi è realistico cercare quel che non si può prevedere»
Hannah Arendt, Il pensiero secondo, Rizzoli
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Postato da: giacabi a 20:20 |
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miracolo, arendt
L’uomo rendendosi autonomo dal Mistero rinnega la Realtà
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§ «L'autonomia dell'uomo diventa vittoria delle possibilità che respinge ogni realtà. La realtà non può portare niente di nuovo, la riflessione ha già anticipato tutto»
§
§ Hanna Arendt
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Postato da: giacabi a 17:57 |
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nichilismo, arendt
Il mondo come segno di Dio
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§ «Io in realtà sono molto felice, perché non si può andare contro la propria vitalità naturale. Il mondo, così come Dio l'ha creato, mi sembra buono»
§ Hanna Arendt
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Postato da: giacabi a 16:32 |
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dio, arendt
La speranza
dell’inatteso desiderato
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«La speranza induce a esplorare il mondo alla ricerca di una piccola, minuscola crepa che potrebbero aver lasciato rapporti e legami; una fessura - sia pur sottilissima - che aiuti a ordinare e centrare il mondo indefinito perché l'inatteso desiderato dovrà infine uscirne fuori come felicità definitiva. La speranza porta alla disperazione se la convinzione non fa trovare nessuna fessura, nessuna possibilità di essere felice. Questa
è la situazione di Rahel a ventiquattr'anni; non ha ancora vissuto
nulla, in una vita che non ha ancora contenuto personale. "Sono
sfortunata; non mi lascio convincere del contrario; il che ha un brutto
effetto". La convinzione diventa definitiva; non si preoccupa del fatto
che continui a sperare nella felicità per quasi tutta una vita; Rahel sa
in segreto che in tutto quello che accadrà, la condizione della sua
giovinezza aspetta solo di essere confermata».
Hanna Arendt
§
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Postato da: giacabi a 09:57 |
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speranza, arendt
L’uomo moderno senza Cristo
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«Comunque
si voglia intendere nell'uso corrente la parola "secolare",
storicamente non può essere fatta coincidere con l'essere-nel-mondo; a
ogni modo l'uomo
moderno non guadagnò questo mondo quando perse l'altro mondo, e neppure
la vita ne fu favorita. Egli fu proiettato in se stesso, proiettato
nella chiusa interiorità dell'introspezione, dove tutt'al più poteva
sperimentare i processi vuoti del meccanismo mentale, il suo gioco con
se stesso». «È perfettamente concepibile che l'età moderna - cominciata con un così eccezionale e promettente rigoglio di attività umana - termini nella più mortale e nella più sterile passività che la storia abbia mai conosciuto».
Hanna Arendt
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Postato da: giacabi a 09:46 |
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nichilismo, arendt
Cristo ci aiuta a vedere
«Tra le due guerre, solo due spiriti sensibili si accorsero del totalitarismo incipiente, Chesterton in Gran Bretagna e Péguy in Francia»
Hannah Arendt
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Postato da: giacabi a 14:26 |
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arendt
L'esperienza
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Persino l'esperienza del mondo materiale dipende da nostro contatto con gli altri uomini, dal
nostro senso comune che regola e controlla tutti gli altri sensi e
senza il quale ognuno di noi resterebbe rinchiuso nella sua
particolarità di dati sensibili, di per se inattendibili e ingannevoli. Solo perche abbiamo il senso comune, cioè solo perche gli uomini, e non un uomo solo, abitano la terra, possiamo fidarci dell'esperienza immediata dei nostri sensi.
Hannah Arendt da Il pensiero secondo Pagine scelte Rizzoli
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Postato da: giacabi a 18:15 |
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esperienza, arendt
Il popolo
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“Le forze di un singolo individuo possono bastare costruirsi una carriera, ma non a soddisfare il bisogno elementare di vivere un’esistenza umana. Solo nell’ambito di un popolo l’individuo può vivere come un uomo fra gli uomini senza rischiare di morire per mancanza di forze.”
Hannah Arendt da Il pensiero secondo Pagine scelte Rizzoli
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Postato da: giacabi a 10:36 |
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persona, arendt
L'estraneazione e la solitudine
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L'estraneazione non è solitudine. La solitudine richiede che si sia soli, mentre l'estraneazione si fa sentire più acutamente in compagnia di altri.
A parte alcune osservazioni di sfuggita -usualmente formulate in tono
paradossale, come la frase di Catone (riferita da Cicerone, De republica
I, 17): «mai ero meno solo di quando ero solo»
o, meglio, «mai era meno estraniato di quando si trovava in solitudine»
-sembra che Epitteto, lo schiavo filosofo di origine greca, sia stato
il primo a distinguere tra estraniamento e solitudine. La sua scoperta
fu in un certo senso accidentale, dato che il suo interesse era rivolto
principalmente non alla solitudine o all'estraneazione, bensì all'essere
da solo (mònos) nel senso dell'indipendenza assoluta. Stando a Epitteto
(Dissertationes 3, 13), l'uomo estraniato (éremos) si trova circondato da altri con cui non può stabilire un contatto o alla cui ostilità è esposto. L'uomo solitario, invece, «può essere insieme con se stesso», perché gli uomini hanno la capacità di «parlare con se stessi». Nella
solitudine, in altre parole, sono con me stesso, e perciò «due-in-uno»,
mentre nell'estraneazione sono effettivamente uno, abbandonato da tutti. La
riflessione, in senso stretto, si svolge in solitudine ed è un dialogo
fra me e me; ma questo dialogo del «due-in-uno» non perde il contatto
col mondo dei suoi simili, perché essi sono rappresentati nell'io con
cui conduco il dialogo del pensiero. Il problema della solitudine è che
questo «due-in-uno» ha bisogno degli altri per ridiventare uno: un
individuo non scambiabile, la cui identità non può mai essere confusa
con quella altrui.
Per
la conferma della mia identità io dipendo interamente dagli altri; ed è
la grande grazia della compagnia che fa del solitario un «tutto
intero», salvandolo dal dialogo della riflessione in cui si rimane
sempre equivoci, e ridandogli l'identità che gli consente di parlare con
l'unica voce di una persona non scambiabile.
La solitudine può diventare estraneazione; ciò avviene quando, chiuso completamente in me stesso, sono abbandonato dal mio io. I
solitari corrono sempre il pericolo dell' estraneazione, quando non
possono più trovare la grazia redimente della compagnia che li salva
dalla dualità, dall'equivocità, dal dubbio!
Hannah Arendt Le origini del totalitarismo
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Postato da: giacabi a 08:21 |
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solitudine, arendt
Ogni pensiero proviene dall'esperienza ***
Vedere è idèin, sapere è eidénai, cioè aver visto: prima si vede, poi si conosce. In termini più appropriati ai nostri scopi: ogni pensiero proviene dall'esperienza. H. Arendt: Il pensiero secondo Rizzoli
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Postato da: giacabi a 14:24 |
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esperienza, arendt
La filosofia come stupore
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Nella filosofia e nel pensiero moderni, il dubbio occupa la stessa posizione centrale che occupò per tutti i secoli prima il thaumàzein dei greci, la meraviglia per tutto ciò che è in quanto è.
Descartes fu il primo a concettualizzare questo dubitare moderno, che dopo di lui divenne il motore evidente .. e dato per scontato che ha mosso tutto il pensiero, l'asse invisibile sul quale si è incentrato ogni pensare. Propri come da Platone
e Aristotele fino all'età moderna, la filosofia, nei suoi maggiori e
più autentici rappresentanti è stata l'articolazione dello stupore di
fronte a ciò che è, così la filosofia moderna, da Descartes in poi, è consistita nelle articolazioni e ramificazioni del dubbio.
Hannah Arendt da: Vita activa
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Postato da: giacabi a 15:48 |
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bellezza, arendt, avvenimento, senso religioso
La «lieta novella» dell'Avvento
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Il miracolo che preserva il mondo, la sfera delle faccende umane, dalla sua normale, «naturale» rovina è in definitiva il fatto della natalità, in cui è ontologicamente radicata la facoltà di agire. È, in altre parole, la nascita di nuovi uomini e il nuovo inizio, l'azione di cui essi sono capaci in virtù dell'esser nati. Solo la piena esperienza di questa facoltà può conferire alle cose umane la fede e la speranza, le due essenziali caratteristiche dell' esperienza umana che l'antichità greca ignorò completamente. E
questa fede e speranza nel mondo che trova la sua più gloriosa ed
efficace espressione nelle poche parole con i cui il vangelo annunciò la
«lieta novella» dell'Avvento:
«Un bambino è nato fra noi».
Hannah Arendt da: Vita activa
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Postato da: giacabi a 07:50 |
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cristianesimo, gesù, arendt, avvenimento
La scoperta del telescopio
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«Da quando un bimbo nacque in una mangiatoia, c'è da dubitare che sia accaduto qualcosa di così grande con così poco clamore.» Con queste parole Whitehead introduce Galileo e la scoperta del telescopio sulla scena del «mondo moderno».
E in queste parole non c'è alcuna esagerazione. Come
la nascita in una mangiatoia, che non segnò la fine dell'antichità ma
l'inizio di qualcosa di tanto inaspettato e imprevedibile che né la
speranza né la paura avrebbero potuto anticipare, questi primi sguardi gettati nell'universo attraverso
uno strumento, allo stesso tempo adattato ai sensi dell'uomo e
destinato a scoprire con certezza ciò che esiste di eterno al di là di
essi, posero le
basi di un mondo completamente nuovo, determinando il corso di altri
eventi, che con molto maggior clamore dovevano introdurre nell'epoca
moderna.
Hannah Arendt da: Vita activa
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Postato da: giacabi a 07:19 |
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arendt, avvenimento
Le ideologie
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«Le ideologie ritengono che una sola idea basti a spiegare ogni cosa nello svolgimento della premessa, e che nessuna
esperienza [cioè nessun avvenimento] possa insegnare alcunché dato che
tutto è compreso in questo processo coerente di deduzione logica»
Hannah Arendt da Il pensiero secondo Pagine scelte Rizzoli
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Postato da: giacabi a 07:46 |
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arendt, ideologia
Il Dato
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Il dato - sia che si tratti della realtà del mondo o dell'imprevedibilità dell'altro o del dato di fatto per cui non mi faccio da me - diventa lo sfondo su cui si staglia la libertà dell'uomo, [costituisce] il materiale che infiamma questa libertà. Che io non possa ridurre la realtà a quello che penso, ecco il trionfo della libertà possibile. O, paradossalmente, solo perché non mi sono fatto da me posso essere libero; se mi fossi fatto da solo, avrei potuto prevedermi e, così,avrei perso la libertà.
Hanna Arendt, Che cos'è la filosofia dell'esistenza? |
Postato da: giacabi a 12:12 |
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arendt, senso religioso
Il suddito ideale
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"Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto, ma l'individuo per il quale la distinzione fra realtà e finzione, fra vero e falso, non esiste più."
Arendt, Hannah
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Postato da: giacabi a 19:38 |
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arendt
La menzogna
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...tutti i fatti possono essere cambiati e tutte le menzogne rese vere. [...] La
realtà [...] è diventata un agglomerato di eventi in continuo mutamento
e di slogan in cui una cosa può essere vera oggi e falsa domani. [...] Ciò in cui ci si imbatte non è tanto l'indottrinamento, quanto l'incapacità o l'indisponibilità a distinguere tra fatti e opinioni.
(Hannah Arendt, Archivio Arendt – 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003,
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Postato da: giacabi a 15:24 |
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arendt, ideologia
L'Ideologia
L'ideologia non è l'ingenua accettazione del visibile (cioè del reale), ma la sua intelligente cancellazione.
(Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, Ed. Di Comunità,
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Postato da: giacabi a 21:00 |
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arendt, ideologia
La speranza dell’Infinito
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«La
speranza induce a esplorare il mondo alla ricerca di una piccola,
minuscola crepa che potrebbero aver lasciato rapporti e legami; una fessura sia pur sottilissima che
aiuti a ordinare e centrare il mondo indefinito perché l'inatteso
desiderato dovrà infine uscirne fuori come felicità definitiva. La speranza porta alla disperazione se la convinzione non fa trovare nessuna fessura, nessuna possibilità di essere felice.
Questa è la situazione di Rahel* a ventiquattr'anni; non ha ancora
vissuto nulla, in una vita che non ha ancora contenuto personale. "Sono sfortunata; non mi lascio convincere del contrario; il che ha un brutto effetto". La convinzione diventa definitiva; non si preoccupa del fatto che continui a sperare nella felicità per quasi tutta una vita; Rahel sa in segreto che in tutto quello che accadrà, la condizione della sua giovinezza aspetta solo di essere confermata». Hanna Arent
*intellettuale ebrea berlinese di epoca romantica |
Postato da: giacabi a 14:47 |
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arendt, senso religioso
Totalitarismo: fabbricare la verità
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Se la filosofia occidentale ha sempre sostenuto che la realtà è verità - in quanto ciò è ovviamente il fondamento ontologico della adaequatio rei et intellectus- il
totalitarismo ne ha tratto la conseguenza che noi possiamo fabbricare
la verità nella misura in cui fabbrichiamo la realtà; che non dobbiamo
attendere fino a quando la realtà si rivelerà e ci mostrerà il suo vero
volto, ma che possiamo creare una realtà le cui strutture ci saranno
note sin dal principio poiché essa è integralmente un nostro prodotto. In altre parole, alla
base di ogni trasformazione totalitaria dell'ideologia vi è in realtà
la convinzione che essa diventerà vera, che lo sia o meno. In virtù di questa relazione totalitaria con la realtà, il concetto stesso di verità ha perso di senso.
Hannah Arendt da Antologia
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