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sabato 4 febbraio 2012

Arendt

***
che io non possa ridurre il reale al pensabile, ecco il trionfo della libertà possibile; paradossalmente, solo perché non mi sono fatto da solo, io posso essere libero; se mi fossi fatto da solo, avrei potuto prevedermi e , in tal modo, avrei perso la mia libertà. Essere fedeli alla realtà delle cose, nel bene e nel male, implica un integrale amore per la verità e una totale gratitudine per il fatto di essere nati…”
Hannah Arendt

Postato da: giacabi a 21:52 | link | commenti
libertà, verità, arendt

sabato, 27 giugno 2009
Giudicare attraverso l’esperienza
 ***
"sembra più facile convincere gli uomini a comportarsi nel modo più impensabile ed oltraggioso, piuttosto che convincerli ad imparare dall’ esperienza, a pensare e giudicare veramente, invece di applicare automaticamente categorie e formule pre-costituite nella nostra testa, che pur essendo coerenti sono oramai desuete ed inadeguate rispetto agli eventi che accadono realmente”
Hannah Arendt Responsabilità e giudizio, Einaudi Editore, Torino, 2004.

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esperienza, arendt

venerdì, 06 marzo 2009
Solo il Bene ha profondità
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È mia opinione che il male non possa mai essere
radicale, ma solo estremo; e che non possegga né
una profondità, né una dimensione demoniaca. Può
ricoprire il mondo intero e devastarlo, precisamente
perché si diffonde come un fungo sulla sua superficie.
È una sfida al pensiero, come ho scritto, perché il
pensiero vuole andare in fondo, tenta di andare alle
radici delle cose, e nel momento che s'interessa al
male viene frustrato, perché non c'è nulla. Questa è
la banalità. Solo il Bene ha profondità, e può essere
radicale.
Hannah Arendt  da:Lettera a Gershom Scholem

Postato da: giacabi a 21:17 | link | commenti
arendt

domenica, 19 ottobre 2008
La rinascita cattolica
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 Spuntò un movimento di ben diverso, i cui principali rappresentanti furono Pèguy e Bernanos in Francia e Chesterton in Inghilterra. Ciò che questi uomini odiavano nel mondo moderno non era la democrazia, ma la sua mancanza. Ciò che aspiravano era la libertà per  il popolo e la ragione per le menti.
In loro vi era un odio profondo per la società borghese, che sapevano essere antidemocratica e fondamentalmente corrotta. Ciò contro cui si battevano senza requie era l'insidiosa invasione della morale e dei valori borghesi in tutti gli stili di vita e in tutte le classi sociali.
Non vi sono polemiche più devastanti, divertenti o meglio scritte contro quell'insieme di superstizioni moderne che vanno dalla scienza cristiana alla ginnastica come mezzo di salvezza, dal proibizionismo a Krishnamurti, di quelle contenute nei saggi di Chesterton.
Quando Chesterton descrive il ricco che per un presunto amore dell'umanità adotta qualche nuova regola vegetariana come l'uomo che " ha abolito la carne perchè i poveri amano la carne "riesce a descrivere le ambizioni delle classi dominanti meglio delle discussioni accademiche sulle funzioni dei capitalisti.
Nel Cristianesimo vi era qualcosa di più della denuncia della malvagità della ricchezza. L'insistenza  sui limiti della condizione umana bastava ai suoi adepti per farsi un'idea dell'essenziale disumanità dei tentativi odierni di trasformare l'uomo in un mostruoso superuomo.
Erano consapevoli che una ricerca della felicità che elimini le lacrime è destinata a cancellare anche le risa. Il Cristianesimo insegnava che non può esistere nulla di umano al di là delle lacrime e delle risa, fatta eccezione per il silenzio della disperazione.
Per questo Chesterton, accettate senza remore le lacrime, potè far spazio al riso.
Hannah Arendt

Postato da: giacabi a 22:36 | link | commenti
cristianesimo, arendt

martedì, 03 giugno 2008
La nostra esistenza: una catena di miracoli
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 «E' proprio di ogni nuovo inizio di irrompere nel mondo come “un'infinita improbabilità”; pure, questo infinitamente improbabile costituisce di fatto il tessuto di tutto quanto si chiama reale. In fondo, “tutta la nostra "esistenza si direbbe fondata su una catena di miracoli: prima la formazione della terra e poi, su questa, la nascita della vita organica, e infine l'evolversi dell'uomo dalle specie animali. Se consideriamo i processi che si svolgono nell'universo e nella natura (favoriti da probabilità schiaccianti dal punto di vista statistico), il formarsi della terra (nel corso dei processi cosmici), la vita organica (che si forma partendo da processi inorganici) e infine la nascita dell'uomo (dai processi della vita organica), ci appariranno tutti come “infinite improbabilità”: ossia, nel linguaggio quotidiano, “miracoli”. Proprio a causa dell'elemento “miracoloso”, presente in ogni realtà, gli eventi, per quanto possono essere anticipati da timori o speranze, quando si verificano ci sorprendono e ci scuotono. La stessa forza d'urto di un evento non potrà mai essere spiegata fino in fondo: in linea di principio, il"fatto" supera ogni previsione.
L'esperienza che ci fa vedere un miracolo in ogni evento non è né arbitraria né artificiosa, anzi è naturalissima, nella vita di tutti i giorni.
Non è per nulla superstizioso, anzi è realistico cercare quel che non si può prevedere»
     Hannah Arendt, Il pensiero secondo, Rizzoli

Postato da: giacabi a 20:20 | link | commenti
miracolo, arendt

domenica, 18 maggio 2008
L’uomo rendendosi autonomo dal Mistero rinnega la Realtà
***
§  «L'autonomia dell'uomo diventa vittoria delle possibilità che respinge ogni realtà. La realtà non può portare niente di nuovo, la riflessione ha già anticipato tutto»
§   
§  Hanna Arendt

Postato da: giacabi a 17:57 | link | commenti (1)
nichilismo, arendt

Il mondo come segno di Dio
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§  «Io in realtà sono molto felice, perché non si può andare contro la propria vitalità naturale. Il mondo, così come Dio l'ha creato, mi sembra buono»
§  Hanna Arendt

Postato da: giacabi a 16:32 | link | commenti (1)
dio, arendt

La speranza
 dell’inatteso desiderato
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«La speranza induce a esplorare il mondo alla ricerca di una piccola, minuscola crepa che potrebbero aver lasciato rapporti e legami; una fessura - sia pur sottilissima - che aiuti a ordinare e centrare il mondo indefinito perché l'inatteso desiderato dovrà infine uscirne fuori come felicità definitiva. La speranza porta alla disperazione se la convinzione non fa trovare nessuna fessura, nessuna possibilità di essere felice. Questa è la situazione di Rahel a ventiquattr'anni; non ha ancora vissuto nulla, in una vita che non ha ancora contenuto personale. "Sono sfortunata; non mi lascio convincere del contrario; il che ha un brutto effetto". La convinzione diventa definitiva; non si preoccupa del fatto che continui a sperare nella felicità per quasi tutta una vita; Rahel sa in segreto che in tutto quello che accadrà, la condizione della sua giovinezza aspetta solo di essere confermata».
Hanna Arendt
§   

Postato da: giacabi a 09:57 | link | commenti
speranza, arendt

L’uomo moderno  senza Cristo
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«Comunque si voglia intendere nell'uso corrente la parola "secolare", storicamente non può essere fatta coincidere con l'essere-nel-mondo; a ogni modo l'uomo moderno non guadagnò questo mondo quando perse l'altro mondo, e neppure la vita ne fu favorita. Egli fu proiettato in se stesso, proiettato nella chiusa interiorità dell'introspezione, dove tutt'al più poteva sperimentare i processi vuoti del meccanismo mentale, il suo gioco con se stesso». «È perfettamente concepibile che l'età moderna - cominciata con un così eccezionale e promettente rigoglio di attività umana - termini nella più mortale e nella più sterile passività che la storia abbia mai conosciuto».
Hanna Arendt

Postato da: giacabi a 09:46 | link | commenti
nichilismo, arendt

domenica, 16 marzo 2008
Cristo ci aiuta a vedere
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«Tra le due guerre, solo due spiriti sensibili si accorsero del totalitarismo incipiente, Chesterton in Gran Bretagna e Péguy in Francia»
Hannah Arendt

Postato da: giacabi a 14:26 | link | commenti
arendt

mercoledì, 20 febbraio 2008
L'esperienza
***
Persino l'esperienza del mondo materiale dipende da nostro contatto con gli altri uomini, dal nostro senso comune che regola e controlla tutti gli altri sensi e senza il quale ognuno di noi resterebbe rinchiuso nella sua particolarità di dati sensibili, di per se inattendibili e ingannevoli. Solo perche abbiamo il senso comune, cioè solo perche gli uomini, e non un uomo solo, abitano la terra, possiamo fidarci dell'esperienza immediata dei nostri sensi.
Hannah Arendt  da Il pensiero secondo Pagine scelte  Rizzoli

Postato da: giacabi a 18:15 | link | commenti
esperienza, arendt

sabato, 29 dicembre 2007
Il popolo
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Le forze di un singolo individuo possono bastare costruirsi  una carriera, ma non a soddisfare il bisogno elementare di vivere un’esistenza umana. Solo nell’ambito di un popolo l’individuo può vivere come un uomo fra gli uomini senza rischiare di morire per mancanza di forze.”
Hannah Arendt  da Il pensiero secondo Pagine scelte  Rizzoli

Postato da: giacabi a 10:36 | link | commenti (2)
persona, arendt

domenica, 16 dicembre 2007

L'estraneazione e la solitudine
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L'estraneazione non è solitudine. La solitudine richiede che si sia soli, mentre l'estraneazione si fa sentire più acutamente in compagnia di altri. A parte alcune osservazioni di sfuggita -usualmente formulate in tono paradossale, come la frase di Catone (riferita da Cicerone, De republica I, 17): «mai ero meno solo di quando ero solo» o, meglio, «mai era meno estraniato di quando si trovava in solitudine» -sembra che Epitteto, lo schiavo filosofo di origine greca, sia stato il primo a distinguere tra estraniamento e solitudine. La sua scoperta fu in un certo senso accidentale, dato che il suo interesse era rivolto principalmente non alla solitudine o all'estraneazione, bensì all'essere da solo (mònos) nel senso dell'indipendenza assoluta. Stando a Epitteto (Dissertationes 3, 13), l'uomo estraniato (éremos) si trova circondato da altri con cui non può stabilire un contatto o alla cui ostilità è esposto. L'uomo solitario, invece, «può essere insieme con se stesso», perché gli uomini hanno la capacità di «parlare con se stessi». Nella solitudine, in altre parole, sono con me stesso, e perciò «due-in-uno», mentre nell'estraneazione sono effettivamente uno, abbandonato da tutti. La riflessione, in senso stretto, si svolge in solitudine ed è un dialogo fra me e me; ma questo dialogo del «due-in-uno» non perde il contatto col mondo dei suoi simili, perché essi sono rappresentati nell'io con cui conduco il dialogo del pensiero. Il problema della solitudine è che questo «due-in-uno» ha bisogno degli altri per ridiventare uno: un individuo non scambiabile, la cui identità non può mai essere confusa con quella altrui.
Per la conferma della mia identità io dipendo interamente dagli altri; ed è la grande grazia della compagnia che fa del solitario un «tutto intero», salvandolo dal dialogo della riflessione in cui si rimane sempre equivoci, e ridandogli l'identità che gli consente di parlare con l'unica voce di una persona non scambiabile.
La solitudine può diventare estraneazione; ciò avviene quando, chiuso completamente in me stesso, sono abbandonato dal mio io. I solitari corrono sempre il pericolo dell' estraneazione, quando non possono più trovare la grazia redimente della compagnia che li salva dalla dualità, dall'equivocità, dal dubbio!
Hannah Arendt Le origini del totalitarismo

Postato da: giacabi a 08:21 | link | commenti
solitudine, arendt

giovedì, 29 novembre 2007
Ogni pensiero proviene dall'esperienza ***


Vedere è idèin, sapere è eidénai, cioè aver visto: prima si vede, poi si conosce. In termini più appropriati ai nostri scopi: ogni pensiero proviene dall'esperienza. H. Arendt: Il pensiero secondo Rizzoli

Postato da: giacabi a 14:24 | link | commenti (1)
esperienza, arendt

martedì, 30 ottobre 2007
La filosofia come stupore
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Nella filosofia e nel pensiero moderni, il dubbio occupa la stessa posizione centrale che occupò per tutti i secoli prima il thaumàzein dei greci, la meraviglia per tutto ciò che è in quanto è.
Descartes fu il primo a concettualizzare questo dubitare moderno, che dopo di lui divenne il motore evidente .. e dato per scontato che ha mosso tutto il pensiero, l'asse invisibile sul quale si è incentrato ogni pensare. Propri come da Platone e Aristotele fino all'età moderna, la filosofia, nei suoi maggiori e più autentici rappresentanti è stata l'articolazione dello stupore di fronte a ciò che è, così la filosofia moderna, da Descartes in poi, è consistita nelle articolazioni e ramificazioni del dubbio.
Hannah Arendt   da: Vita activa

Postato da: giacabi a 15:48 | link | commenti
bellezza, arendt, avvenimento, senso religioso

lunedì, 29 ottobre 2007
La «lieta novella» dell'Avvento
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Il miracolo che preserva il mondo, la sfera delle faccende umane, dalla sua normale, «naturale» rovina è in definitiva il fatto della natalità, in cui è ontologicamente radicata la facoltà di agire. È, in altre parole, la nascita di nuovi uomini e il nuovo inizio, l'azione di cui essi sono capaci in virtù dell'esser nati. Solo la piena esperienza di questa facoltà può conferire alle cose umane la fede e la speranza, le due essenziali caratteristiche dell' esperienza umana che l'antichità greca ignorò completamente. E questa fede e speranza nel mondo che trova la sua più gloriosa ed efficace espressione nelle poche parole con i cui il vangelo annunciò la «lieta novella» dell'Avvento:
«Un bambino è nato fra noi».
Hannah Arendt   da: Vita activa

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cristianesimo, gesù, arendt, avvenimento

domenica, 28 ottobre 2007
La scoperta del telescopio
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«Da quando un bimbo nacque in una mangiatoia, c'è da dubitare che sia accaduto qualcosa di così grande con così poco clamoreCon queste parole Whitehead introduce Galileo e la scoperta del telescopio sulla scena del «mondo moderno».
E in queste parole non c'è alcuna esagerazione. Come la nascita in una mangiatoia, che non segnò la fine dell'antichità ma l'inizio di qualcosa di tanto inaspettato e imprevedibile che né la speranza né la paura avrebbero potuto anticipare, questi primi sguardi gettati nell'universo attraverso uno strumento, allo stesso tempo adattato ai sensi dell'uomo e destinato a scoprire con certezza ciò che esiste di eterno al di là di essi, posero le basi di un mondo completamente nuovo, determinando il corso di altri eventi, che con molto maggior clamore dovevano introdurre nell'epoca moderna.
Hannah Arendt   da: Vita activa



 

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arendt, avvenimento

mercoledì, 10 ottobre 2007
Le ideologie
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«Le ideologie ritengono che una sola idea basti a spiegare ogni cosa nello svolgimento della premessa, e che nessuna esperienza [cioè nessun avvenimento] possa insegnare alcunché dato che tutto è compreso in questo processo coerente di deduzione logica»
 Hannah Arendt  da Il pensiero secondo Pagine scelte  Rizzoli

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arendt, ideologia

domenica, 09 settembre 2007
Il Dato
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Il dato - sia che si tratti della realtà del mondo o dell'imprevedibilità dell'altro o del dato di fatto per cui non mi faccio da me - diventa lo sfondo su cui si staglia la libertà dell'uomo, [costituisce] il materiale che infiamma questa libertà. Che io non possa ridurre la realtà a quello che penso, ecco il trionfo della libertà possibile. O, paradossalmente, solo perché non mi sono fatto da me posso essere libero; se mi fossi fatto da solo, avrei potuto prevedermi e, così,avrei perso la libertà.
Hanna Arendt, Che cos'è la filosofia dell'esistenza?


 

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arendt, senso religioso

mercoledì, 05 settembre 2007
 
Il suddito ideale
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 "Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto, ma l'individuo per il quale la distinzione fra realtà e finzione, fra vero e falso, non esiste più."
Arendt, Hannah
 

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arendt

martedì, 17 luglio 2007
La menzogna
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 ...tutti i fatti possono essere cambiati e tutte le menzogne rese vere. [...] La realtà [...] è diventata un agglomerato di eventi in continuo mutamento e di slogan in cui una cosa può essere vera oggi e falsa domani. [...] Ciò in cui ci si imbatte non è tanto l'indottrinamento, quanto l'incapacità o l'indisponibilità a distinguere  tra fatti e opinioni.

(Hannah Arendt, Archivio Arendt – 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003,

 

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arendt, ideologia

lunedì, 18 giugno 2007
L'Ideologia
 L'ideologia non è l'ingenua accettazione del visibile (cioè del reale), ma la sua intelligente cancellazione.
(Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, Ed. Di Comunità,

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arendt, ideologia

martedì, 09 gennaio 2007
La speranza dell’Infinito
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«La speranza induce a esplorare il mondo alla ricerca di una piccola, minuscola crepa che potrebbero aver lasciato rapporti e legami; una fessura sia pur sottilissima   che aiuti a ordinare e centrare il mondo indefinito perché l'inatteso desiderato dovrà infine uscirne fuori come felicità definitiva. La speranza porta alla disperazione se la convinzione non fa trovare nessuna fessura, nessuna possibilità di essere felice. Questa è la situazione di Rahel* a ventiquattr'anni; non ha ancora vissuto nulla, in una vita che non ha ancora contenuto personale. "Sono sfortunata; non mi lascio convincere del contrario; il che ha un brutto effetto". La convinzione diventa definitiva; non si preoccupa del fatto che continui a sperare nella felicità per quasi tutta una vita; Rahel sa in segreto che in tutto quello che accadrà, la condizione della sua giovinezza aspetta solo di essere confermata». Hanna Arent

*intellettuale ebrea berlinese di epoca romantica


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arendt, senso religioso

sabato, 30 dicembre 2006
Totalitarismo: fabbricare la verità
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Se la filosofia occidentale ha sempre sostenuto che la realtà è verità - in quanto ciò è ovviamente il fondamento ontologico della adaequatio rei et intellectus- il totalitarismo ne ha tratto la conseguenza che noi possiamo fabbricare la verità nella misura in cui fabbrichiamo la realtà; che non dobbiamo attendere fino a quando la realtà si rivelerà e ci mostrerà il suo vero volto, ma che possiamo creare una realtà le cui strutture ci saranno note sin dal principio poiché essa è integralmente un nostro prodotto. In altre parole, alla base di ogni trasformazione totalitaria dell'ideologia vi è in realtà la convinzione che essa diventerà vera, che lo sia o meno. In virtù di questa relazione totalitaria con la realtà, il concetto stesso di verità ha perso di senso.

Hannah Arendt  da Antologia
 Antologia. Pensiero, azione e critica nell'epoca dei totalitarismi

Postato da: giacabi a 08:44 | link | commenti
arendt, ideologia

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