L'avvenimento
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«È
un avvenimento la positiva risposta alla drammatica dispersione in cui
la società ci fa vivere. È solo un avvenimento [...] che può rendere
chiaro e consistente l’io nei suoi fattori costitutivi.
È questo un paradosso che nessuna filosofia e nessuna teoria –
sociologica o politica – riesce a tollerare: che sia un avvenimento, non
una analisi, non una registrazione di sentimenti, il catalizzatore che
permette ai fattori del nostro io di venire a galla con chiarezza e di
comporsi ai nostri occhi, davanti alla nostra coscienza, con limpidità
ferma, duratura, stabile. [...] È l’avvenimento cristiano infatti il
catalizzatore adeguato della conoscenza dell’io, ciò che rende possibile
una chiara e stabile percezione dell’io, che permette all’io di
diventare operativo come io. Al di fuori dell’avvenimento cristiano non
si può capire che cos’è l’io. E l’avvenimento cristiano è – secondo
quanto è già emerso a riguardo dell’avvenimento come tale – qualcosa di
nuovo, di estraneo, che viene dal di fuori, perciò qualcosa di non
pensabile, di non supponibile, di non riconducibile a una ricostruzione
nostra, che fa irruzione nella vita. [...]
Quest’incontro mi apre gli occhi su me stesso, suscita un disvelamento
di me, si dimostra corrispondente a quello che sono: mi fa accorgere di
quel che sono, di quel che voglio, perché mi fa capire che quel che
porta è proprio quel che voglio, corrisponde a quel che sono».***
Giussani
Postato da: giacabi a 21:10 |
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giussani, avvenimento
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Il Cristianesimo ridotto ai valori, ridotto a dottrina ridotto, ad una morale, ad una coerenza è una cosa insopportabile perché se non c'è l'Avvenimento, è insopportabile.
Jesùs Carrascosa - 29/11/2004 - Sala Saturnia - Trieste
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Postato da: giacabi a 20:08 |
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cristianesimo, avvenimento
Marcos y Cleuza
Grazie Signore della loro testimonianza
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Postato da: giacabi a 07:49 |
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testimonianza, zerbini, avvenimento
MEETING/
Il Cardinal Caffarra:
la conoscenza cristiana antidoto al dogma relativista
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martedì 25 agosto 2009 da: www.ilsussidiario.net
“La
conoscenza è sempre un avvenimento” è il titolo del Meeting di Rimini
di quest’anno. Ne parliamo con Sua Eminenza Cardinal Caffarra, che oltre
a essere arcivescovo di Bologna e fine esperto di questioni bioetiche, è
profondo conoscitore di don Luigi Giussani e della sua opera.
Eminenza, qual è la sua opinione in merito al titolo scelto quest’anno dal Meeting di Rimini?
In
primo luogo vorrei prendere in esame i due termini principali riuniti
in questo enunciato, la conoscenza e l’avvenimento. Parto da questi due
temi proprio per sottolinearne la grande attualità e importanza in
questi contenuta; vi è difatti l’urgenza al giorno d’oggi di tornare a
comprenderli nella loro pienezza. Comincio con il secondo di questi,
l’avvenimento.
Sappiamo che l’avvenimento è una categoria centrale nel pensiero teologico di don Giussani, nella sua proposta educativa. Lo è perché, mediante tale parola, egli intendeva sottolineare come la
proposta cristiana non fosse prima di tutto l’insegnamento di una
dottrina o la proposizione di un codice morale, bensì la possibilità per
l’uomo di incontrare la persona viva di Gesù Cristo, possibilità che
viene offerta nella Chiesa. E qui si aggancia il secondo termine, quasi come ovvia conseguenza, ossia la conoscenza. Questa sta
in rapporto all’avvenimento perché quando l’uomo vive davvero una
profonda esperienza di ricerca del significato della realtà e delle
ragioni per cui vale la pena vivere non può non rendersi conto che tutte
le sue domande possono ricevere una risposta solo da un incontro che ci
educa a conoscere.
A
me sembra dunque che il Meeting affronti un nodo centrale
dell’epistemologia della fede e anche relativo alla condizione dell’uomo
occidentale di oggi.
Nell’attuale contesto culturale quali sono gli ostacoli più grandi a una conoscenza efficace della realtà?
Io credo che fondamentalmente siano due: da una parte il dogma dello scientismo
sotto il quale tutti viviamo e secondo il quale è vera conoscenza solo
ciò che può essere quantificato, misurato e verificato, appunto,
scientificamente. Di conseguenza è un tipo di conoscenza imbrigliata in
una griglia dottrinaria, rigida e schematica.
L’altra grande insidia è invece quella del nichilismo, vale a dire una posizione che, portata alle estreme conseguenze, nega che la ragione umana sia impastata di un desiderio infinito.
Queste due gravissime insidie, che per me sono oggi le due malattie mortali della ragione umana, o per lo meno occidentale, impediscono all’uomo, come si può facilmente intuire, di muoversi in una direzione del conoscere che stia alle condizioni sopra descritte.
Quali elementi l’esperienza cristiana può contrapporre a queste due visioni del mondo?
La missione più importante e grande che i cristiani possono compiere in questo senso, il metodo migliore per salvare da queste due insidie la ragione umana, e quindi la libertà, risiede in una forte proposta educativa.
A partire da questa convinzione possiamo meglio comprendere quanto Sua
Santità Benedetto XVI va affermando da molto tempo a questa parte: la centralità dell’educazione nella missione dei cristiani. Perché anch’io oggi mi trovo ad affermare questo? Perché mi rendo conto che in sostanza l’educazione, come amava spesso ripetere don Luigi Giussani, non è altro che l’introduzione dell’uomo nella realtà intera.
D’altra
parte anche la storia della Chiesa lo insegna. Pensiamo a quanto fece
San Benedetto con la capillare diffusione dei suoi monasteri. Di fronte
al crollo dell’Impero Romano, ossia dell’istituzione civile che aveva
resistito per secoli, San
Benedetto aprì una scuola, la scuola servitii divini, dove gli uomini
ricominciarono a stare di fronte alla realtà come avvenimento e quindi a
conoscerla.
A
proposito di storia della Chiesa. Spesso quanto viene comunicato oggi
del cristianesimo viene, più o meno in malafede, frainteso. In che modo è
possibile una conoscenza autentica dell’esperienza cristiana?
Questa
è una domanda che prende spunto da una considerazione negativa, per
quanto reale. Voglio però rispondere positivamente, con una proposta che
peraltro è la stessa lanciata instancabilmente dal Papa. Con il suo
magistero Benedetto XVI ci ha indicato il metodo attraverso il quale la proposta cristiana va fatta.
In primo luogo occorre una grande limpidezza nella proposta, che non scenda cioè a compromessi apparentemente convenienti. Il secondo aspetto da tenere presente è che vi sia un’attenzione ad essere sempre rivolti verso l’essenziale dell’esperienza cristiana, ossia della sua incidenza nella vita dell’uomo. In terzo luogo è necessario compiere
la fatica di dare le ragioni del cristianesimo, riuscire ad affermare
apertamente l’intima ragionevolezza della proposta cristiana.
Laddove
manchi anche uno solo di questi elementi, che sono i fattori principali
del messaggio cristiano stesso, qualsiasi cosa venga affermata, anche
con le migliori intenzioni, sarà inevitabilmente destinata a passare
sopra la testa della gente.
Voglio
comunque rispondere anche al rilievo “culturale” della domanda. È vero,
uno dei modi attraverso cui si cerca di evacuare l’avvenimento
cristiano, e anche di liquidare la storia della Chiesa, è quello di
ridurlo a un minimo comune denominatore, normalmente etico. A quel punto
il messaggio cristiano è andato perso. Per questo occorre quella testimonianza viva affermata dal Papa.
Sua Santità Benedetto XVI ha spesso condannato il relativismo indicando in questo una delle maggiori minacce della modernità. Pensa che considerare la conoscenza come avvenimento sia una risposta efficace al nichilismo dilagante?
Assolutamente, anzi io direi che non solo è una risposta, ma è la risposta.
Occorre rieducarsi a comprendere che la verità della vita non può
essere semplicemente fatta coincidere con una dottrina o con un
programma morale, che in fondo sono l’unica soluzione offertaci dalle
visioni relativista e nichilista.
Non si può preconfezionare una regola, sia scientifica sia morale e poi applicarla alla vita. L’uomo
deve tornare a scoprire che la verità di sé, delle cose, della realtà
ha sempre a che fare con un accadimento dentro il quale c’è la presenza
del mistero.
(Raffaele Castagna)
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Postato da: giacabi a 14:13 |
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caffarra, avvenimento
La novità dell’annuncio cristiano
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“Di fatto, i cristiani della Chiesa nascente non hanno considerato il loro annuncio missionario come una propaganda, che doveva servire ad aumentare il proprio gruppo, ma come
una necessità intrinseca che derivava dalla natura della loro fede: il
Dio nel quale credevano era il Dio di tutti, il Dio uno e vero che si
era mostrato nella storia d’Israele e infine nel suo Figlio, dando con
ciò la risposta che riguardava tutti e che, nel loro intimo, tutti gli
uomini attendono. L’universalità di Dio e l’universalità della ragione
aperta verso di Lui costituivano per loro la motivazione e insieme il
dovere dell’annuncio. Per loro la fede non apparteneva alla consuetudine
culturale, che a seconda dei popoli è diversa, ma all’ambito della
verità che riguarda ugualmente tutti.
Lo
schema fondamentale dell’annuncio cristiano “verso l’esterno” – agli
uomini che, con le loro domande, sono in ricerca – si trova nel discorso
di san Paolo all’Areopago. Teniamo presente, in questo contesto, che
l’Areopago non era una specie di accademia, dove gli ingegni più
illustri s’incontravano per la discussione sulle cose sublimi, ma un
tribunale che aveva la competenza in materia di religione e doveva
opporsi all’importazione di religioni straniere. È proprio questa
l’accusa contro Paolo: “Sembra essere un annunziatore di divinità
straniere” (At 17, 18). A ciò Paolo replica: “Ho trovato presso
di voi un'ara con l'iscrizione: Al Dio ignoto. Quello che voi adorate
senza conoscere, io ve lo annunzio” (cfr 17, 23). Paolo non annuncia dei
ignoti. Egli
annuncia Colui che gli uomini ignorano, eppure conoscono:
l’Ignoto-Conosciuto; Colui che cercano, di cui, in fondo, hanno
conoscenza e che, tuttavia, è l’Ignoto e l’Inconoscibile. Il più
profondo del pensiero e del sentimento umani sa in qualche modo che Egli
deve esistere. Che all’origine di tutte le cose deve esserci non l’irrazionalità, ma la Ragione creativa; non il cieco caso, ma la libertà. Tuttavia, malgrado che tutti gli uomini in qualche modo sappiano questo – come Paolo sottolinea nella Lettera ai Romani (1, 21) – questo
sapere rimane irreale: un Dio soltanto pensato e inventato non è un
Dio. Se Egli non si mostra, noi comunque non giungiamo fino a Lui. La
cosa nuova dell’annuncio cristiano è la possibilità di dire ora a tutti
i popoli: Egli si è mostrato. Egli personalmente. E adesso è aperta la
via verso di Lui. La novità dell’annuncio cristiano non consiste in un pensiero ma in un fatto: Egli si è mostrato. Ma questo non è un fatto cieco, ma un fatto che, esso stesso, è Logos – presenza della Ragione eterna nella nostra carne. Verbum caro factum est (Gv 1,14): proprio così nel fatto ora c’è il Logos, il Logos
presente in mezzo a noi. Il fatto è ragionevole. Certamente occorre
sempre l’umiltà della ragione per poter accoglierlo; occorre l’umiltà
dell’uomo che risponde all’umiltà di Dio.
La
nostra situazione di oggi, sotto molti aspetti, è diversa da quella che
Paolo incontrò ad Atene, ma, pur nella differenza, tuttavia, in molte
cose anche assai analoga. Le
nostre città non sono più piene di are ed immagini di molteplici
divinità. Per molti, Dio è diventato veramente il grande Sconosciuto.
Ma come allora dietro le numerose immagini degli dèi era nascosta e
presente la domanda circa il Dio ignoto, così anche l’attuale assenza di
Dio è tacitamente assillata dalla domanda che riguarda Lui. Quaerere Deum
– cercare Dio e lasciarsi trovare da Lui: questo oggi non è meno
necessario che in tempi passati. Una cultura meramente positivista che
rimuovesse nel campo soggettivo come non scientifica la domanda circa
Dio, sarebbe la capitolazione della ragione, la rinuncia alle sue
possibilità più alte e quindi un tracollo dell’umanesimo, le cui
conseguenze non potrebbero essere che gravi. Ciò che ha fondato la
cultura dell’Europa, la ricerca di Dio e la disponibilità ad ascoltarLo,
rimane anche oggi il fondamento di ogni vera cultura.”
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Postato da: giacabi a 17:07 |
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cristianesimo, benedettoxvi, avvenimento
L’Avvenimento
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La vita d’una persona consiste in un insieme d’avvenimenti di cui l’ultimo potrebbe anche cambiare il senso di tutto l’insieme.
Italo Calvino Da Palomar
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Postato da: giacabi a 19:48 |
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calvino, persona, avvenimento
Il cristianesimo
è l'«avvenimento» di un incontro
“2.
Riandando con la memoria alla vita e alle opere della Fraternità e del
movimento, il primo aspetto che colpisce è l'impegno posto nel mettersi
in ascolto dei bisogni dell'uomo di oggi. L'uomo
non smette mai di cercare: quando è segnato dal dramma della violenza,
della solitudine e dell'insignificanza, come quando vive nella serenità e
nella gioia, egli continua a cercare. L'unica risposta che può
appagarlo acquietando questa sua ricerca gli viene dall'incontro con
Colui che è alla sorgente del suo essere e del suo operare.
Il movimento, pertanto, ha voluto e vuole indicare non una strada, ma la strada per arrivare alla soluzione di questo dramma esistenziale. La strada, quante volte Ella lo ha affermato, è Cristo. Egli è la Via, la Verità e la Vita, che raggiunge la persona nella quotidianità della sua esistenza. La scoperta di questa strada avviene normalmente grazie alla mediazione di altri esseri umani. Segnati mediante il dono della fede dall'incontro con il Redentore, i credenti sono chiamati a diventare eco dell'avvenimento di Cristo, a diventare essi stessi «avvenimento». Il cristianesimo, prima di essere un insieme di dottrine o una regola per la salvezza, è pertanto l'«avvenimento» di un incontro. E' questa l'intuizione e l'esperienza che Ella ha trasmesso in questi anni a tante persone che hanno aderito al movimento. Comunione e Liberazione, più che ad offrire cose nuove, mira a far riscoprire la Tradizione e la storia della Chiesa, per riesprimerla in modi capaci di parlare e di interpellare gli uomini del nostro tempo. Nel Messaggio ai partecipanti al Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali e nuove comunità, il 27 maggio 1998, ho scritto che l'originalità del carisma di ogni movimento "non pretende, né lo potrebbe, di aggiungere alcunché alla ricchezza del depositum fidei, custodito dalla Chiesa con appassionata fedeltà" (n. 4). Tale originalità, tuttavia, "costituisce un sostegno potente, un richiamo suggestivo e convincente a vivere appieno, con intelligenza e creatività, l'esperienza cristiana. Sta in ciò il presupposto per trovare risposte adeguate alle sfide e alle urgenze dei tempi e delle circostanze storiche sempre diverse". 3
Giovanni Paolo II Lettera a don Giussani per il ventesimo anniversario della Fraternità di Cl, 11 febbraio 2002
.
Occorre ritornare a Cristo, Verbo di Dio incarnato per la salvezza
dell'umanità. Gesù di Nazaret, che ha vissuto l'esperienza umana come
nessun altro avrebbe potuto, si pone quale traguardo di ogni aspirazione
umana. Solo in Lui l'uomo può giungere a conoscere pienamente se
stesso. La fede appare in tal modo come un'autentica avventura della conoscenza, non essendo un discorso astratto, né un vago sentimento religioso, ma un incontro personale con Cristo, che dà nuovo senso alla vita. L'opera educativa che, nell'ambito delle vostre attività e comunità, tanti genitori e insegnanti hanno cercato di svolgere, è consistita proprio nell'accompagnare fratelli, figli, amici, a scoprire dentro gli affetti, il lavoro, le più differenti vocazioni, la voce che porta ciascuno all'incontro definitivo con il Verbo fatto carne. Soltanto nel Figlio unigenito del Padre l'uomo può trovare piena e definitiva risposta alle sue attese intime e fondamentali. Questo dialogo permanente con Cristo, alimentato dalla preghiera personale e liturgica, è stimolo per un'attiva presenza sociale, come testimonia la storia del movimento e della Fraternità di Comunione e Liberazione. La vostra è, in effetti, storia anche di opere di cultura, di carità, di formazione e, nel rispetto della distinzione tra le finalità della società civile e della Chiesa, è storia anche di impegno nel campo politico, un ambito per sua natura ricco di contrapposizioni, in cui arduo risulta talora servire fedelmente la causa del bene comune.” |
Postato da: giacabi a 19:47 |
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cristianesimo, avvenimento, giovanni paoloii
All'inizio dell'essere cristiano
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"All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva"
Benedetto XVI, Deus Charitas Est
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Postato da: giacabi a 15:11 |
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benedettoxvi, avvenimento
La filosofia come stupore
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Nella filosofia e nel pensiero moderni, il dubbio occupa la stessa posizione centrale che occupò per tutti i secoli prima il thaumàzein dei greci, la meraviglia per tutto ciò che è in quanto è.
Descartes fu il primo a concettualizzare questo dubitare moderno, che dopo di lui divenne il motore evidente .. e dato per scontato che ha mosso tutto il pensiero, l'asse invisibile sul quale si è incentrato ogni pensare. Propri come da Platone
e Aristotele fino all'età moderna, la filosofia, nei suoi maggiori e
più autentici rappresentanti è stata l'articolazione dello stupore di
fronte a ciò che è, così la filosofia moderna, da Descartes in poi, è consistita nelle articolazioni e ramificazioni del dubbio.
Hannah Arendt da: Vita activa
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Postato da: giacabi a 15:48 |
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bellezza, arendt, avvenimento, senso religioso
La «lieta novella» dell'Avvento
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Il miracolo che preserva il mondo, la sfera delle faccende umane, dalla sua normale, «naturale» rovina è in definitiva il fatto della natalità, in cui è ontologicamente radicata la facoltà di agire. È, in altre parole, la nascita di nuovi uomini e il nuovo inizio, l'azione di cui essi sono capaci in virtù dell'esser nati. Solo la piena esperienza di questa facoltà può conferire alle cose umane la fede e la speranza, le due essenziali caratteristiche dell' esperienza umana che l'antichità greca ignorò completamente. E
questa fede e speranza nel mondo che trova la sua più gloriosa ed
efficace espressione nelle poche parole con i cui il vangelo annunciò la
«lieta novella» dell'Avvento:
«Un bambino è nato fra noi».
Hannah Arendt da: Vita activa
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Postato da: giacabi a 07:50 |
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cristianesimo, gesù, arendt, avvenimento
La scoperta del telescopio
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«Da quando un bimbo nacque in una mangiatoia, c'è da dubitare che sia accaduto qualcosa di così grande con così poco clamore.» Con queste parole Whitehead introduce Galileo e la scoperta del telescopio sulla scena del «mondo moderno».
E in queste parole non c'è alcuna esagerazione. Come
la nascita in una mangiatoia, che non segnò la fine dell'antichità ma
l'inizio di qualcosa di tanto inaspettato e imprevedibile che né la
speranza né la paura avrebbero potuto anticipare, questi primi sguardi gettati nell'universo attraverso
uno strumento, allo stesso tempo adattato ai sensi dell'uomo e
destinato a scoprire con certezza ciò che esiste di eterno al di là di
essi, posero le
basi di un mondo completamente nuovo, determinando il corso di altri
eventi, che con molto maggior clamore dovevano introdurre nell'epoca
moderna.
Hannah Arendt da: Vita activa
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Postato da: giacabi a 07:19 |
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arendt, avvenimento
La via stessa è venuta a te
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Non ti è detto: sforzati di cercare la via per giungere alla verità e alla vita; non ti è stato detto questo. Pigro, alzati! La via stessa è venuta a te e ti ha scosso dal sonno; e se è riuscita a scuoterti, alzati e cammina!
Sant'Agostino |
Postato da: giacabi a 17:53 |
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gesù, agostino, avvenimento
Le guide
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Se Dio ci donasse di propria mano delle guide, come dovremmo obbedire loro di buon animo! La necessità e gli avvenimenti sono sicuramente queste guide.
Blaise Pascal
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Postato da: giacabi a 17:31 |
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pascal, avvenimento
Protagonisti
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Se abbiamo coscienza dell'avvenimento che ci è accaduto e che c'è tra noi siamo protagonisti, indipendentemente dalla capacità con cui sappiamo parlare e agire;
altrimenti non siamo nessuno, cioè siamo obbligati a mutuare dagli
altri il motivo per cui facciamo le cose, i criteri e il modo di
comportarci con gli altri, con la donna, nella società, coi compagni e i
professori, con il "dopo università", con se stessi.
O protagonisti o nessuno: e protagonisti non vuole dire avere la genialità o la spiritualità di alcuni, ma avere il proprio volto che è, in tutta la storia e l'eternità, unico e irripetibile.
Don Giussani
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Postato da: giacabi a 17:40 |
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testimonianza, giussani, avvenimento
Avvenimento
«Un avvenimento è qualcosa che irrompe dall'esterno. Un qualcosa di imprevisto. È questo il metodo supremo della conoscenza. Bisogna ridare all'avvenimento la sua dimensione ontologica di nuovo inizio. È una irruzione di nuovo, che rompe gli ingranaggi, che mette in moto un processo»
Alain Finkielkraut da 30 giorni giugno 1992
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