L’arte
***
Il ruolo dell'arte non è di riprodurre il visibile, ma di renderlo visibile.
Paul Klee
|
Postato da: giacabi a 07:15 |
link | commenti
bellezza
Lo scopo dell’arte
***
Il senso della verità religiosa è racchiuso nella speranza. La
filosofia cerca la verità definendo il significato dell’attività umana,
i confini della ragione dell’uomo, il significato dell’esistenza.
Anche quando il filosofo perviene all’idea dell’assurdità
dell’esistenza e della vanità degli sforzi umani. La destinazione
funzionale dell’arte non consiste affatto, come talvolta ritengono gli
artisti stessi, nell’instillare pensieri, nel contagiare con delle idee,
nel servire da esempio.
Lo scopo dell’arte consiste nel preparare l’uomo alla morte, nell’arare
e nel rendere soffice la sua anima in modo che sia atta a rivolgersi al
bene.
A. Tarkovskij
|
Postato da: giacabi a 06:10 |
link | commenti
bellezza, tarkovskij
La bellezza
***
“...
La bellezza è una cosa terribile e paurosa. Paurosa perché è
indefinibile, e definirla non si può, perché Dio non ci ha dato che
enigmi. Qui le due rive si uniscono, qui tutte le contraddizioni
coesistono. Io, fratello, sono molto ignorante, ma ho pensato molto a
queste cose.
Quanti misteri! Troppi enigmi sulla terra opprimono l'uomo. Scioglili, se puoi, e torna salvo alla riva!
La
bellezza! Io non posso sopportare che un uomo, magari di cuore
nobilissimo e di mente elevata, cominci con l'deale della Madonna e
finisca con l'ideale di Sodoma. Ancora più terribile è quando uno ha già
nel suo cuore l'ideale di Sodoma e tuttavia non rinnega nemmeno
l'ideale della Madonna, anzi, il suo cuore brucia per questo ideale, e
brucia davvero, sinceramente, come negli anni innocenti della
giovinezza.
No,
l'animo umano è immenso, fin troppo, io lo rimpicciolirei. Chi lo sa
con precisione che cos'è ? Lo sa il diavolo, ecco! Quello che alla mente
sembra un'infamia, per il cuore, invece, è tutta bellezza. Ma c'è forse
bellezza nell'ideale di Sodoma? Credimi, proprio nell'ideale di Sodoma
la trova l'enorme maggioranza degli uomini! Lo conosci questo segreto, o
no?
La
cosa paurosa è che la bellezza non solo è terribile, ma è anche un
mistero. E' qui che Satana lotta con Dio, e il loro campo di battaglia è
il cuore degli uomini.
Già, la lingua batte dove il dente duole... E ora veniamo al fatto. Ascolta.”
DOSTOEVSKIJ, I fratelli Karamazov ( trad. di Pina Mariani, Sansoni, 1966).
|
Postato da: giacabi a 19:01 |
link | commenti
bellezza, dostoevskij
L’uomo è capace di contemplare la bellezza
***
“Il
bello è presente nell’armonia di tutti gli elementi e ci pone dinanzi a
un’evidenza indimostrabile, che non può essere giustificata se non
contemplandola. Il suo mistero illumina dal di dentro l’esteriorità fenomenologia come l’anima irradia misteriosamente in uno sguardo. Il bello ci viene incontro, si fa intimo, prossimo, apparentato alla sostanza stessa del nostro essere.
I grandi pittori affermano di non aver mai visto nulla di brutto nella natura. Un artista ci presta i suoi occhi e ci fa vedere un frammento dove nondimeno il Tutto è presente, come il sole si riflette in una goccia di rugiada. Come
un essere vivente, il mondo si rivolge verso di noi, ci parla, ci
confida i suoi canti e i suoi colori segreti, ci riempie di una gioia
traboccante e rompe la nostra solitudine. Noi
comunichiamo con la bellezza di un paesaggio, di un volto o di una
poesia come comunichiamo con un amico, e sperimentiamo una strana
consonanza con una realtà che ci sembra essere la patria della nostra
anima, perduta e ritrovata.
P. N. Evdokìmov, La teologia della bellezza, Milano, 1996
|
Postato da: giacabi a 15:13 |
link | commenti
bellezza
La bellezza
***
"La bellezza è la caratteristica del supremo stato qualitativo del fatto d'essere, la realizzazione suprema dell'esistenza."
Berdjaev
|
Postato da: giacabi a 15:06 |
link | commenti
bellezza, berdiaev
Studiando estetica...
***
Questa è la conclusione cui perviene tutto il discorso sulla quarta forma di mania - ossia quella mania per la quale, quando
uno veda la bellezza di quaggiù, ricordandosi della vera Bellezza,
mette le ali, e messe di nuovo le ali, è desideroso di volare, ma ne è
incapace, e guardando verso l'alto come un uccello e non prendendosi
cura delle cose di quaggiù, riceve l'accusa di trovarsi in uno stato di
mania. E il discorso giunge a dire che, fra tutte le divine
ispirazioni, questa è la migliore e deriva dalle cose migliori, e per
chi la possiede e per chi ne partecipa. Ed è per questo che,
partecipando di tale mania, chi ama i belli viene detto innamorato. Infatti,
come ho detto, ciascun'anima di uomo, per sua natura, ha contemplato
gli esseri, altrimenti non sarebbe venuta in questo essere vivente.
[...]Poche anime restano nelle quali è presente il ricordo in maniera
sufficiente. Quando vedono qualcosa che sia un'immagine delle realtà di
lassù esse restano colpite e non rimangono più in sé. Ma non sanno cosa
sia quello che provano, perché non lo percepiscono in modo sufficiente.
[...] Per quanto riguarda la Bellezza, poi, come abbiamo detto,
splendeva fra le realtà di lassù come Essere. E noi, venuti quaggiù,
l'abbiamo colta con la più chiara delle nostre sensazioni, in quanto
risplende in modo luminosissimo. La vista, per noi, è infatti
la più acuta delle sensazioni che riceviamo mediante il corpo. Ma con
essa non si vede la Saggezza, perché, giungendo alla vista, susciterebbe
terribili amori, se offrisse una qualche chiara immagine di sé, né si
vedono tutte le altre realtà che sono degne d'amore. Ora, invece, solamente la Bellezza ricevette la sorte di essere ciò che è più manifesto e più degno d'amore.
Dunque, chi
non è di recente iniziato, o è già corrotto, non si innalza prontamente
di qui a lassù,verso la Bellezza in sé, quando contempla ciò che
quaggiù porta lo stesso nome. Di conseguenza, guardandola, non la onora,
ma, dandosi al piacere come un quadrupede che cerca solo di montare e
generare figli, e abbandonandosi agli eccessi, non prova timore e non si
vergogna nel correre dietro a un piacere contro natura.
Chi,
invece, è di recente iniziato e ha molto contemplato le realtà di
allora, quando vede un volto di forma divina che imita bene la bellezza,
o una qualche forma di corpo, dapprima sente i brividi, e qualcuna
delle paure di allora penetra in lui. Poi, guardandolo, lo venera come
un dio, e se non avesse timore di essere ritenuto in condizione di
eccessiva mania, offrirebbe sacrifici al suo amato come a una immagine
sacra e a un dio. Al vederlo, lo coglie come una reazione che proviene
dal brivido, e un sudore e un calore insoliti. Ricevendo, infatti,
attraverso gli occhi l'effluvio della bellezza, si scalda nel punto in
cui la natura dell'ala si alimenta. E, una volta riscaldatasi, si
sciolgono le parti che stanno attorno ai germi, le quali, essendo da
tempo chiuse, per inaridimento, non lasciavano germogliare le ali. In
seguito all'affluire del nutrimento, l'ala si gonfia e comincia a
crescere dalla radice, per tutta quanta la forma dell'anima. Un tempo,
infatti, l'anima era tutta alata. Dunque, a questo punto, essa ribolle
tutta quanta e palpita. [...]
Quando,
dunque, guarda la bellezza di un ragazzo, e riceve le parti che ne
procedono e fluiscono e che appunto per questo sono dette "flusso
d'amore", l'anima viene irrigata e si riscalda, si riprende dal dolore e
si allieta. Quando
invece ne è separata e si inaridisce, le bocche dei condotti da cui
escono le penne, disseccandosi e chiudendosi, impediscono il germoglio
dell'ala. Ma questo, rinchiuso dentro insieme al flusso d'amore, come i
polsi che battono, pizzica sui condotti, ciascun germoglio nel condotto
che gli è proprio, cosicché l'anima, pungolata tutt'intorno, è presa
dall'assillo e dal dolore. Ma avendo di nuovo il ricordo della bellezza,
prova gioia.
In
seguito alla mescolanza di queste cose, essa prova grande turbamento
per la stranezza di ciò che sente e, senza una via d'uscita, delira, e,
presa dalla mania, non riesce a dormire di notte, né di giorno può
riposare da qualche parte, ma, spinta dalla brama, corre là dove pensa
di poter vedere chi possiede la bellezza. E dopo che ha visto ed è stata
irrorata dal flusso d'amore, si sciolgono i condotti che prima si erano
ostruiti e, ripreso respiro, cessa di avere punture e travagli e nel
momento presente gode di un piacere dolcissimo.
Platone, da Fedro
grazie ad : annina
|
Postato da: giacabi a 19:09 |
link | commenti
platone, bellezza
|
Postato da: giacabi a 14:41 |
link | commenti
bellezza
Meraviglioso
***
E' vero
credetemi è accaduto di notte su di un ponte guardando l'acqua scura con la dannata voglia di fare un tuffo giù uh D'un tratto qualcuno alle mie spalle forse un angelo vestito da passante mi portò via dicendomi Così ih: Meraviglioso ma come non ti accorgi di quanto il mondo sia meraviglioso Meraviglioso perfino il tuo dolore potrà guarire poi meraviglioso Ma guarda intorno a te che doni ti hanno fatto: ti hanno inventato il mare eh! Tu dici non ho niente Ti sembra niente il sole! La vita l'amore Meraviglioso il bene di una donna che ama solo te meraviglioso La luce di un mattino l'abbraccio di un amico il viso di un bambino meraviglioso meraviglioso... ah!... (vocalizzato) Ma guarda intorno a te che doni ti hanno fatto: ti hanno inventato il mare eh! Tu dici non ho niente Ti sembra niente il sole! La vita l'amore meraviglioso (vocalizzato) La notte era finita e ti sentivo ancora Sapore della vita Meraviglioso Meraviglioso Meraviglioso Meraviglioso Meraviglioso Meraviglioso
grazie a: billacorgan
|
Postato da: giacabi a 19:31 |
link | commenti
canti, bellezza
L’assenza
***
Un bacio. Ed è lungi. Dispare
giù in fondo, là dove si perde
la strada boschiva che pare
un gran corridoio nel verde.
Risalgo qui dove dianzi
Vestiva il bell’abito grigio:
rivedo l’uncino, romanzi
ed ogni sottile vestigio…
Mi piego al balcone. Abbandono
la gotta sopra la ringhiera.
Io non sono triste. Non sono
più triste. Ritorna stasera.
E intorno declina l’estate.
E sopra un geranio vermiglio,
fremendo le ali caudate
si libera un enorme Papilio…
L’azzurro infinito del giorno
è come una seta ben tesa;
ma sulla serena distesa
la luna già pensa al ritorno.
Lo stagno risplende. Si tace
la rana. Ma guizza un bagliore
d’acceso smeraldo, di brace
azzurra: il martin pescatore…
E non sono triste. Ma sono
stupito se guardo il giardino…
stupito di che? Non mi sono
sentito mai tanto bambino…
a
Stupito di che? Delle cose.
I fiori mi paiono strani:
Ci sono pur sempre le rose,
ci sono pur sempre i gerani…
Guido Gozzano
|
Postato da: giacabi a 14:27 |
link | commenti
bellezza, gozzano
Il nostro enorme bisogno del bello
***
da: www.tempi.it/
È
quasi scandalosa la risposta di don Giussani a quella missionaria che
si sentiva impotente di fronte a tutta la sofferenza dei suoi bambini:
non dimenticarti di ciò che ci meraviglia e commuove, è memoria di Dio
di Marina Corradi
Ho
conosciuto una donna che fa la missionaria con i bambini di una terra
sperduta dell’Est. Mi ha raccontato di figli abbandonati e madri sole,
in un paese che ha perso quasi ogni memoria cristiana. La ascoltavo e
cercavo di immaginare le sue giornate in quel posto lontano, dove
l’inverno dura sei mesi e gli uomini vengono educati semplicemente a
sopravvivere. A un certo punto mi è venuto istintivo domandare: ma di fronte a tanta solitudine e dolore non ti senti mai impotente,
mai travolta, visto che ciò che puoi fare è comunque una goccia nel
mare? (Glielo ho chiesto nel ricordo di un viaggio, anni fa, in
Moldavia, quando il numero e lo stato di abbandono dei bambini di strada
mi erano parsi una tale mole di sofferenza da portare inevitabilmente
alla disperazione). Lei ha afferrato subito il senso della mia domanda,
che in questi anni laggiù deve essersi ripresentata davanti tante volte,
ora impellente, ora freddamente quieta. «Sì,
accade di vedere la tua impotenza. Accade di entrare in un orfanotrofio
dove cento bambini ti si accalcano attorno e ti domandano qualcosa; e
allora capisci che ciò che puoi dare, comunque, non basterà mai».
Succede
anche a te allora, ho detto, più attenta, come avessi incontrato una
compagna di strada. E dimmi, che risposta ti sei data? Lei ha detto che
non aveva saputo darsi risposta, e che dunque scrisse a don Luigi Giussani. Lui rispose. Una lettera non troppo lunga, e dei soldi, una discreta somma. Cara A., diceva, ti
mando questo denaro perché tu ti compri qualcosa che sia per te molto
bello. Ricordati: perché tu possa continuare a dare agli uomini che
incontri, è essenziale che tu non perda il gusto del bello.
Una
risposta che stupisce, soprattutto se viene da un prete. La risposta
ovvia sarebbe stata una beneficenza per i poveri, e l’esortazione a
mettere da parte il pensiero della propria impotenza, seme possibile di
disperazione. E invece no: Giussani alla missionaria in una terra desolata diceva di badare, prima di tutto, a «non perdere il gusto del bello».
Abituata a un cristianesimo moralista e pauperista, questa risposta mi è sembrata dapprima quasi scandalosa. Poi
ho capito. Ricordati, quando hai davanti abbandono e solitudine, ciò
che è profondamente bello. (Le Dolomiti in un’alba d’estate, lo sguardo
limpido di un bambino, i colori di un quadro di Giotto, ma anche la
gatta che cova fiera i suoi gattini). Conserva il gusto del bello. Non
dimenticarti mai di ciò che ci meraviglia e commuove. Perché la bellezza
è orma di Dio, segno lasciato dalla sua mano. Di ciò che è bello
abbiamo bisogno quasi più che del pane. Ogni bellezza è memoria di Lui,
lasciata scritta, come smarrita su questa terra – lasciata lì perché noi
vediamo. È il fiore che sboccia in alta montagna, fra le crepe delle
rocce, dove non lo vedrà nessuno se non forse un gitante, come per caso,
un mattino. E dirà fra sé: a cosa serve un fiore qui? Tanta bellezza,
per chi? Per te che passi, per te che l’hai visto e ti sei fermato. È
un’orma. È la Bellezza che lascia traccia di sé, perché affascinati la
seguiamo.
|
Postato da: giacabi a 12:18 |
link | commenti
bellezza
La bellezza cristiana
***
«Poi andammo dai Greci, ed essi ci condussero al loro servizio divino.
E noi non sapevamo se ci trovavamo in Cielo o sulla Terra, giacché
sulla Terra non si vede spettacolo di tale bellezza. Noi non sappiamo
descrivere con parole quello che abbiamo veduto. Soltanto questo
sappiamo, che ivi gli uomini si trovano in presenza di Dio'".
Il racconto emozionato con cui i messi riferirono a Vladimir, il Gran
Principe di Kiev, del loro soggiorno a Costantinopoli segnò sicuramente
una svolta decisiva nella storia del mondo slavo; al punto che, nell'anno 988, il sovrano e tutto il suo popolo si convertirono al Cristianesimo, abbracciandone il rito ortodosso.
|
Postato da: giacabi a 19:43 |
link | commenti
bellezza, cristianesimo
La Bellezza
***
grazie a Piero
“Il motivo per cui la gente non riesce a capire quanto è bella un’alba è semplicemente perché non può pagare per vederla”.
G.K.Chesterton
|
Postato da: giacabi a 15:08 |
link | commenti
bellezza, chesterton
La bellezza
***
grazie a Piero
“La bellezza è l'unica cosa contro cui la forza del tempo sia vana. Le filosofie si disgregano come la sabbia,le credenze si succedono l'una all'altra, ma ciò che è bello è una gioia per tutte le stagioni, ed è un possesso per tutta l'eternità"
Oscar Wilde
grazie a: billacorgan
|
Postato da: giacabi a 14:36 |
link | commenti
bellezza, wilde
La bellezza del gusto
***
«Tutte
le cose che possiamo vedere, toccare e percepire con il gusto sono
state create da Lui. Ed Egli le ha viste tutte in qualche modo
indispensabili per l"uomo».
Hildegard von Bingen
***
«Dopo la poesia e la musica, la bellezza sugli uomini si esercita attraverso il cibo e il vino».
don Luigi Giussani
|
Postato da: giacabi a 11:44 |
link | commenti (1)
bellezza, giussani
L'INCREDULITA' DI TOMMASO DI CARAVAGGIO
***
Vedere e toccare Lui vivo
In
questo quadro Caravaggio ha una percezione così reale del fatto, da
immaginare che l’invito verbale di Gesù all’apostolo avesse un suo
naturale sviluppo nel gesto pieno di tenerezza del Risorto che prende e
guida la mano di Tommaso. E lo sguardo sgranato e teso dell’apostolo
sotto la fronte aggrottata segue il dito come se avesse calcolato che il
riscontro di due sensi è meglio di uno
di Giuseppe Frangi
Per
immaginare l’effetto che fece il San Tommaso di Caravaggio nella Roma
di quattrocento anni fa, basta una cifra: di quel suo quadro si contano
24 copie realizzate negli anni successivi. Quasi un record, che assume
ancor più valore se si pensa che tra quei copisti vanno annoverati anche
Rubens e Guercino. Si tratta di una tela di 107x146 centimetri dipinta
per Vincenzo Giustiniani, più o meno entro i primi due anni del 1600, e
che ora è tornata per qualche settimana a Roma in occasione della mostra
dedicata proprio alle collezioni dei Giustiniani (erano due fratelli:
oltre a Vincenzo c’era anche il cardinale Benedetto). Ma che cosa aveva
quel quadro da colpire in questo modo chiunque lo guardasse? A Roma in
quei mesi si parlava molto di Caravaggio, di questo strano lombardo,
geniale e losco («un misto di grano e di pula» lo definì un pittore
olandese a Roma in quei tempi), che aveva sovvertito con una naturalezza
sconcertante tutte le regole della pittura. Nel 1599 erano state
scoperte le tele della cappella Contarelli di San Luigi dei Francesi.
Nel 1601 era stata la volta delle due tele per la cappella Cerasi a
Santa Maria del Popolo. Tutti lo cercavano, tutti volevano sue opere.
Anche il cardinale Federico Borromeo, amico dei Giustiniani, si era
portato a Milano la celebre Canestra di frutta, oggi conservata
all’Ambrosiana. Certamente ogni sua opera creava anche un po’ di
apprensione. Ne sapeva qualcosa il Giustiniani, che nel 1602 aveva preso
per la sua collezione il San Matteo con l’Angelo dipinto per l’altare
della stessa cappella Contarelli e, come racconta il Caravaggio stesso
in una delle tante deposizioni processuali, era «stato tolto via dai
preti» (quella prima stesura del dipinto arrivò a Berlino nel secolo
scorso e venne distrutta dalle bombe dell’ultima guerra). E anche le due
tele di Santa Maria del Popolo, con la Crocefissione di san Pietro e la
Conversione di san Paolo, vennero rifatte due volte, perché rifiutate
dal committente.
Quindi
davanti all’Incredulità di san Tommaso c’era da aspettarsi qualche
sorpresa da parte del Caravaggio. In realtà, al primo sguardo, la tela
appariva di una semplicità assoluta e di una perfezione compositiva
inattaccabile: quattro personaggi, le cui teste formano un rombo
perfetto al centro della composizione; un asse orizzontale costituito
dal braccio dell’apostolo incredulo e dalle mani di Gesù; un asse
verticale che passa per la testa dei due apostoli al centro. Infine, le
schiene dell’apostolo di destra e quella di Gesù formano un arco che
sigilla il quadro dentro la più classica e sapiente delle costruzioni.
Anche il più pedante dei maestri d’Accademia non avrebbe trovato proprio
nulla da eccepire.
Caravaggio
poi toglie ogni enfasi al racconto. Il fondo è bruno e spoglio che più
spoglio non si può. La luce che entra da sinistra è così normale che
proprio non vien da attribuirle nessuna valenza simbolica. Che
cosa c’è allora di così insolito in quel quadro? Il primo fattore è un
fattore impercettibile. Caravaggio, rispetto a tutta la tradizionale
iconografia sul tema, è come se ricorresse a uno zoom. I protagonisti
non sono più inquadrati a distanza nella sala, teatro dell’episodio.
Sono a portata immediata di sguardo, anzi di mano. Per di più sono ad
altezza dell’osservatore, per cui, chiunque sia di fronte a quella tela,
diventa il quinto personaggio della scena: anche lui si trova a chinare
lo sguardo, incredulo e stupito, sul centro dell’evento. Il secondo
fattore che Caravaggio introduce è invece ben visibile. È la mano di
Gesù che prende quella di Tommaso e la guida verso la ferita.
Iconograficamente non è una novità, perché già Dürer in una sua famosa
incisione aveva rappresentato così l’episodio, andando quasi al di là
del racconto evangelico. Ma in Dürer quel gesto si perdeva nella miriade
di particolari. Qui invece è proprio il centro della scena: Caravaggio
ha una percezione così reale del fatto da immaginare che l’invito
verbale di Gesù a Tommaso avesse un suo naturale sviluppo in quel gesto
così pieno di tenerezza. Del resto è un gesto che scoperchia il
carattere di Tommaso, spaccone e inquieto dietro le quinte, timido e
quasi indietreggiante sulla scena. Incoraggiato da Gesù, che gli ha
letto nel cuore, Tommaso può liberare la sua curiosità. Così il dito non
si limita a sfiorare la ferita, ma vi entra dentro come a voler fugare
davvero ogni ombra di dubbio. E lo sguardo sgranato e teso, sotto la
fronte aggrottata, segue il dito, come se l’apostolo avesse calcolato,
in quel momento, che il riscontro di due sensi è meglio di uno.
Eccoci
così arrivati al fulcro del quadro, al particolare su cui Caravaggio fa
convergere tutti gli altri, occhio dello spettatore compreso. Il
dito di Tommaso tocca un uomo vivo, s’addentra nella carne viva: la
semplicità geniale di Caravaggio spazza via, quasi con brutalità, ogni
connotato visionario dalla scena. Racconta ancora una volta «l’accaduto,
nient’altro che l’accaduto», come avrebbe scritto nel 1951 Roberto
Longhi. E la conferma viene dagli altri due apostoli. Quello al
centro è lo stesso modello usato nella Crocefissione di san Pietro e
come Nicodemo nella Deposizione della Vaticana. Non hanno avuto la
sfrontatezza di Tommaso, ma si vede benissimo dai rispettivi sguardi che
il dubbio era attecchito anche nel loro cuore: Gesù era risorto davvero
con il suo corpo o quello che avevano davanti era un fantasma? Così i
loro occhi fremono nell’attesa: altro che preoccuparsi di rimproverare
Tommaso per la sua incredulità...
Caravaggio,
insomma, indovina tutte le dinamiche umane della scena. Non lascia
scampo a ipotesi alternative, e declina il suo quadro al tempo presente.
Come infatti gli era accaduto nella Vocazione di Matteo,
veste i protagonisti della vicenda con abiti contemporanei, mentre
lascia Cristo con un mantello. È un corto circuito quasi impercettibile
che gli serve per dare una verità ancora più diretta e comprensibile
all’episodio raccontato: l’episodio accadde quel giorno di tanti secoli
prima in Palestina, ma proprio perché realmente accaduto può essere
riscontrabile, toccabile con mano, anche oggi.
Rimasto
a Roma sino alla fine del Settecento questo capolavoro venne comperato
nel 1815 dal re di Prussia, insieme ad altre tele caravaggesche dei
Giustiniani. Passò di castello in castello, nelle varie residenze degli
Hohenzollern. Poi, con il 1945, se ne persero le tracce, tanto che non
poté essere presente alla grande mostra di Caravaggio a Milano del 1951.
In quell’occasione Roberto Longhi ne presentò una versione antica,
attribuita a Rodríguez e conservata al museo di Messina: caso curioso
vuole che quella versione oggi costituisca il manifesto della mostra in
corso a Palermo, dedicata ai caravaggeschi siciliani. Nel 1958, la tela,
che era stata portata via dai russi, venne restituita ai tedeschi della
Ddr, che dal 1963 la esposero nella quadreria del castello di Potsdam,
alle porte di Berlino, dove tutt’ora è conservata.
Quanto
a Caravaggio, allora trentenne, era atteso da una vera via crucis
giudiziaria. L’11 settembre 1603 era stato arrestato per aver diffuso
sonetti che diffamavano Giovanni Baglione, un pittore molto benvoluto
dall’entourage di papa Clemente VIII. Grazie alle sue entrature il
Baglione aveva strappato una commessa di grande importanza, la pala
dell’altare della chiesa madre dei Gesuiti. Dipinse una Resurrezione,
tutta visionaria, che Caravaggio definì non una pittura ma «una
pitturessa». Restò in prigione sino al 25 settembre. Ma quando uscì, in
tanti gli avevano voltato le spalle, compresi alcuni suoi potenti
protettori. Così quando i committenti della sua Morte
della Vergine gli rifiutarono la tela, non trovò più i Giustiniani a
coprirgli le spalle. Il quadro restò nel suo studio di vicolo San Biagio
per qualche mese. Sin quando non si fece vivo un certo pittore venuto
da Anversa, chiedendo di poterlo comperare per conto del suo padrone, il
duca Gonzaga. Si chiamava Pieter Paul Rubens.
|
Postato da: giacabi a 20:49 |
link | commenti (1)
bellezza
La bellezza
***
1 Ora
a voi tutti, artisti che siete innamorati della bellezza e che per essa
lavorato: poeti e uomini di lettere, pittori, scultori, architetti,
musicisti, gente di teatro e cineasti... A voi tutti la Chiesa del
Concilio dice con la nostra voce: se voi siete gli amici della vera
arte, voi siete nostri amici!
· 2
Da lungo tempo la Chiesa ha fatto alleanza con voi. Voi avete edificato
e decorato i suoi templi, celebrato i suoi dogmi, arricchito la sua
liturgia. L’avete aiutata a tradurre il suo messaggio divino nel
linguaggio delle forme e delle figure, a rendere comprensibile il mondo
invisibile.
· 3
Oggi come ieri la Chiesa ha bisogno di voi e si rivolge a voi. Essa vi
dice con la nostra voce: non lasciate che si rompa un’alleanza tanto
feconda! Non rifiutate di mettere il vostro talento al servizio della
verità divina! Non chiudete il vostro spirito al soffio dello Spirito
Santo!
· 4 Questo
mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare
nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia
al cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio
del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare
nell’ammirazione. E questo grazie alle vostre mani...
· 5
Che queste mani siano pure e disinteressate! Ricordatevi che siete i
custodi della bellezza nel mondo: questo basti ad affrancarvi dai gusti
effimeri e senza veri valori, a liberarvi dalla ricerca di espressioni
stravaganti o malsane.
· 6 Siate sempre e dovunque degni del vostro ideale, e sarete degni della Chiesa, la quale, con la nostra voce, in questo giorno vi rivolge il suo messaggio d’amicizia, di saluto, di grazie e di benedizione.
· MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ PAOLO VI AGLI ARTISTI• 8 dicembre 1965
|
Postato da: giacabi a 20:50 |
link | commenti
bellezza, paolovi
La bellezza è segno di Dio
***
"Ogni
persona che si rallegra alla vista della creazione vivente e della sua
bellezza è vaccinata contro il dubbio che tutto ciò possa essere privo
di senso."
Konrad Lorenz, 1949
|
Postato da: giacabi a 21:24 |
link | commenti
dio, bellezza
La bellezza del creato
***
«Lo scienziato non studia la natura perché sia utile farlo. La studia perché ne ricava piacere, non fosse bella, non varrebbe la pena di sapere e la vita non sarebbe degna di essere vissuta. [...] Intendo riferirmi a quell'intima bellezza che deriva dall'ordine delle parti e che può essere colta da un'intelligenza pura. Proprio perché la
semplicità e la verità sono belle noi cerchiamo di preferenza fatti
semplici e fatti vasti; e troviamo piacere ora a guardare il corso
immenso delle stelle ora dall'osservare al vastità, e ora dal ricercare
nelle ere geologiche quei segni del passato che ci attraggono per la
loro lontananza.»
Henri Poincaré |
Postato da: giacabi a 07:13 |
link | commenti
bellezza, scienza - articoli
La vera bellezza
***
"La vera bellezza, dopo tutto, sta nella purezza di cuore."
Gandhi
|
Postato da: giacabi a 21:29 |
link | commenti
gandhi, bellezza
La corrispondenza del cuore nell’incontro con la Bellezza
***
Da: http://www.30giorni.it/
«Uomini
che hanno in sé un desiderio così possente che supera la loro natura,
ed essi bramano e desiderano più di quanto all’uomo sia consono
aspirare, questi uomini sono stati colpiti dallo Sposo stesso; Egli
stesso ha inviato ai loro occhi un raggio ardente della sua bellezza.
L’ampiezza della ferita rivela già quale sia lo strale e l’intensità del
desiderio lascia intuire Chi sia colui che ha scoccato il dardo».“ Una prima consapevolezza del fatto che la bellezza abbia a che fare anche con il dolore è senz’altro presente anche nel mondo greco. Pensiamo, per esempio, al Fedro di Platone. Platone considera l’incontro con la bellezza come quella scossa emotiva salutare che fa uscire l’uomo da se stesso, lo «entusiasma» attirandolo verso altro da sé. L’uomo, così dice Platone, ha perso la per lui concepita perfezione dell’Origine. Ora egli è perennemente alla ricerca della forma primigenia risanatrice. Ricordo e nostalgia lo inducono alla ricerca, e la bellezza lo strappa fuori dall’accomodamento del quotidiano. Lo fa soffrire. Noi potremmo dire, in senso platonico, che lo strale della nostalgia colpisce l’uomo, lo ferisce e proprio in tal modo gli mette le ali, lo innalza verso l’alto. Nel discorso di Aristofane del Simposio si afferma che gli amanti non sanno ciò che veramente vogliono l’uno dall’altro. È al contrario evidente che le anime di entrambi sono assetate di qualcos’altro che non sia il piacere amoroso. Questo “altro” però l’anima non riesce a esprimerlo, «ha solamente una vaga percezione di ciò che veramente essa vuole e ne parla a se stessa come un enigma». Nel XIV secolo, nel libro sulla vita di Cristo del teologo bizantino Nicolas Kabasilas si ritrova questa esperienza di Platone, nella quale l’oggetto ultimo della nostalgia continua a rimanere senza nome, trasformato dalla nuova esperienza cristiana. Kabasilas afferma: La bellezza ferisce, ma proprio così essa richiama l’uomo al suo Destino ultimo. Ciò che afferma Platone e, più di 1500 anni dopo, Kabasilas non ha nulla a che fare con l’estetismo superficiale e con l’irrazionalismo, con la fuga dalla chiarezza e dall’importanza della ragione. Bellezza è conoscenza, certamente, una forma superiore di conoscenza poiché colpisce l’uomo con tutta la grandezza della verità. In ciò Kabasilas è rimasto interamente greco, in quanto egli pone la conoscenza all’inizio. «Origine dell’amore è la conoscenza», egli afferma, «la conoscenza genera l’amore». «Occasionalmente» così prosegue «la conoscenza potrebbe essere talmente forte da sortire allo stesso tempo l’effetto di un filtro d’amore». Egli non lascia questa affermazione in termini generali. Com’è caratteristico del suo pensiero rigoroso, egli distingue due tipi di conoscenza: la conoscenza attraverso l’istruzione che rimane conoscenza, per così dire, «di seconda mano» e non implica alcun contatto diretto con la realtà stessa. Il secondo tipo, al contrario, è conoscenza attraverso la propria esperienza, attraverso il rapporto con le cose. «Quindi, fintanto che noi non abbiamo fatto esperienza di un essere concreto, non amiamo l’oggetto così come esso dovrebbe essere amato». La vera conoscenza è essere colpiti dal dardo della Bellezza che ferisce l’uomo, essere toccati dalla realtà, «dalla personale Presenza di Cristo stesso» come egli dice. L’essere colpiti e conquistati attraverso la bellezza di Cristo è conoscenza più reale e più profonda della mera deduzione razionale. Non dobbiamo certo sottovalutare il significato della riflessione teologica, del pensiero teologico esatto e rigoroso: esso rimane assolutamente necessario. Ma da qui, disdegnare o respingere il colpo provocato dalla corrispondenza del cuore nell’incontro con la Bellezza come vera forma della conoscenza, ci impoverisce e inaridisce la fede, così come la teologia. Noi dobbiamo ritrovare questa forma di conoscenza, è un’esigenza pressante del nostro tempo.” cardinale Joseph Ratzinger Messaggio al XXIII Meeting per l’amicizia fra i popoli, Rimini, 21 agosto 2002) |
Postato da: giacabi a 18:41 |
link | commenti (1)
bellezza, benedettoxvi
Sia lode a Dio
***
Sia lode a Dio per le cose spruzzate di colori;
per i cieli a due tinte come la mucca pezzata; per il rosa punteggiato che stria la trota che nuota; per le castagne che cadono come brace accesa; per le ali dei fringuelli; per i campi a toppe e pezze - prato, aratura e ovile; e tutti i lavori, i loro attrezzi e arnesi. Tutte le cose insolite, originali, uniche, strane; tutto quello che è variato e punteggiato (chissà come) di svelto e lento; dolce e aspro; splendente e fosco; tutto questo lo genera Colui la cui bellezza è al di là del mutamento; lodatelo
Gerard Manley Hopkins
|
Postato da: giacabi a 21:24 |
link | commenti
bellezza, hopkins
La bellezza
***
La bellezza risplende nel cuore di colui che ad essa aspira più che negli occhi di colui che la vede.
Tagore
|
Postato da: giacabi a 13:34 |
link | commenti
tagore, bellezza
Il bello
***
“Il bello è un’attrazione carnale che tiene a distanza e implica una rinuncia. Compresa la rinuncia più intima quella dell’immaginazione. Si vuol mangiare tutti gli altri oggetti del desiderio. Il bello è ciò che si desidera senza volerlo mangiare. Desideriamo che esso sia”
***
"In tutto quel che suscita in noi il sentimento puro ed autentico del bello, c’è realmente la presenza di Dio. C’è quasi una specie di incarnazione di Dio nel mondo, di cui la bellezza è il segno. Il bello è la prova sperimentale che l’incarnazione è possibile. Per questo ogni arte di prim’ordine è, per sua essenza religiosa. (Ecco quello che oggi non si sa più.) Una melodia gregoriana testimonia quanto la morte di un martire."
Simone Weil
|
Postato da: giacabi a 20:12 |
link | commenti
bellezza, weil
La bellezza
***
“Penso che vi sia solo una via d'accesso alla scienza o alla filosofia: imbattersi in un problema, vederne la bellezza e innamorarsene; sposarlo, e convivere felicemente con esso, finchè, finchè morte non vi separi - a meno che non incontriate un altro e ancor più affascinante problema, o a meno che, in verità, non ne otteniate una soluzione.
Ma
anche se riuscite a trovare una soluzione, potreste poi scoprire, con
vostra delizia, l'esistenza di un'intera famiglia di incantevoli, anche
se difficili, figli del problema, per il cui benessere potreste
lavorare, con uno scopo, fino alla fine dei vostri giorni”
Karl Popper
|
Postato da: giacabi a 20:24 |
link | commenti
bellezza, popper
La nobiltà dell’uomo
***
« L'unica nobiltà dell'uomo, la sola via di salvezza consiste nel riscatto del tempo per mezzo della bellezza, della preghiera e dell'amore. Al
di fuori di questo, i nostri desideri, le nostre passioni, i nostri
atti non sono che "vanità e soffiar di vento", risacca del tempo che il
tempo divora. Tutto ciò che non appartiene all'eternità ritrovata
appartiene al tempo perduto».
Gustave Thibon, "L'uomo maschera di Dio", trad. it., SEI, Torino 1971, p. 262
|
Postato da: giacabi a 14:18 |
link | commenti
bellezza, thibon
Da dove nasce la bellezza della musica…
***
«bisogna fare tutto il bene possibile, amare la libertà sopra ogni cosa e non tradire mai la verità».
«O divinità tu vedi nel mio intimo, tu lo conosci; tu sai che vi dimorano amore del prossimo e inclinazione a fare il bene».
Ludwig Von Beethoven
|
Postato da: giacabi a 08:47 |
link | commenti
bellezza
Postato da: giacabi a 07:10 |
link | commenti
bellezza
La nobiltà dell’uomo
***
L'unica nobiltà dell'uomo, la sola via di salvezza consiste nel riscatto del tempo per mezzo della bellezza, della preghiera e dell'amore. Al
di fuori di questo, i nostri desideri, le nostre passioni, i nostri
atti non sono che "vanità e soffiar di vento", risacca del tempo che il
tempo divora. Tutto ciò che non appartiene all'eternità ritrovata
appartiene al tempo perduto.
(Gustave Thibon, "L'uomo maschera di Dio", trad. it., SEI, Torino 1971, p. 262).
grazie a: Dixit Definitivo
|
Postato da: giacabi a 08:25 |
link | commenti
preghiere, bellezza
Bellezza e ragione
***
Autore: Riva, Sr. Maria Gloria Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele
Fonte: CulturaCattolica.it
Il
papa nella sua vacanza a Bressanone non cessa di essere padre e
pastore, sollecitato infatti dalla domanda di un sacerdote ha proposto a
tutti una straordinaria riflessione sulla bellezza come necessaria
componente della verità.
Un tema a noi particolarmente caro grazie anche alla lezione di mons. Giussani che, dello sguardo alla Bellezza capace di rendere più acuto il vedere della ragione, ha fatto il leit motiv della sua vita. Il Santo Padre afferma che «quando, in questa nostra epoca, discutiamo della ragionevolezza della fede, discutiamo proprio del fatto che la ragione non finisce dove finiscono le scoperte sperimentali, essa non finisce nel positivismo; la teoria dell’evoluzione vede la verità, ma ne vede soltanto metà: non vede che dietro c’è lo Spirito della creazione. Noi stiamo lottando per l’allargamento della ragione e quindi per una ragione che, appunto, sia aperta anche al bello e non debba lasciarlo da parte come qualcosa di totalmente diverso e irragionevole». Un pensiero che non può non rimandare al grande Hans Urs von Balthasar e alla sua monumentale opera di teologia estetica intitolata Gloria. Nel primo volume dal titolo Percezione della forma, egli fin dalle prime battute invita a riflettere come anche la Chiesa nel nostro tempo (e lo diceva già nel 1961) abbia privilegiato il verum e il bonum dimenticando il pulchrum. Si è data cioè maggior attenzione alla verità e alla ragione, all’aspetto più speculativo dell’esperienza umana, si è data maggior attenzione all’etica, alla dimensione morale della vita, dimenticando quell’aspetto strettamente contemplativo, che coinvolge così interamente lo stupore, quale è la Bellezza. La Bellezza è il terzo trascendentale senza il quale l’uomo non può stare, è quella parola a cui il filosofo perviene ma dalla quale non potrà mai partire, è quella parola dalla quale certa scienza e financo certa teologia prenderà le distanze perchè anacronistica e fragile, mentre è la parola da cui l’uomo religioso, il credente parte perchè è la sola vera parola iniziale dalla quale anche il vero e il bene traggono forza. «La nostra parola iniziale si chiama bellezza. La bellezza è l’ultima parola che l’intelletto pensante può osare di pronunciare, perché essa non fa altro che incoronare, quale aureola di splendore inafferrabile, il duplice astro del vero e del bene e il loro indissolubile rapporto. Essa è la bellezza disinteressata senza la quale il vecchio mondo era incapace di intendersi, ma la quale ha preso congedo in punta di piedi dal moderno mondo degli interessi, per abbandonarlo alla sua cupidità e alla sua tristezza. Essa è la bellezza che non è più amata e custodita nemmeno dalla religione, ma che, come maschera strappata al suo volto, mette allo scoperto dei tratti che minacciano di riuscire incomprensibili agli uomini. Essa è la bellezza alla quale non osiamo più credere e di cui abbiamo fatto un’apparenza per potercene liberare a cuor leggero. Essa è la bellezza infine che esige (come è oggi dimostrato) per lo meno altrettanto coraggio e forza di decisione della verità e della bontà, e la quale non si lascia ostracizzare e separare da queste sue due sorelle senza trascinarle con sé in una vendetta misteriosa. Chi, al suo nome, increspa al sorriso le labbra, giudicandola come il ninnolo esotico di un passato borghese, di costui si può essere sicuri che - segretamente o apertamente - non è più capace di pregare e, presto, nemmeno di amare. Il secolo XIX si è ancora aggrappato, in un’ebbrezza appassionata, alle vesti della bellezza fuggente, alle cocche svolazzanti del vecchio mondo che si dissolveva (“Elena abbraccia Faust, il corporeo svanisce, la veste e il velo gli rimangono tra le braccia... le vesti di Elena si dissolvono in nubi, circondando Faust, lo sollevano in alto e si dileguano con lui”, Faust II, atto III); il mondo illuminato da Dio diventa apparenza e sogno, romanticismo, presto ormai soltanto musica, ma, dove la nube si dissolve, rimane l’immagine insostenibile dell’angoscia, la nuda materia; poiché però non c’è più nulla e tuttavia si ha pur bisogno di abbracciar qualcosa, allora si spinge l’uomo del nostro tempo a questo Imene impossibile, che alla fine gli fa venire in uggia qualsiasi forma di amore. Ma ciò di cui l’uomo non è più capace, ciò per cui è diventato impotente, non può più, proprio perché si sottrae alla sua sottomissione, essere da lui sostenuto. Non resta che negarlo o circondarlo di un silenzio di morte. In un mondo senza bellezza - anche se gli uomini non riescono a fare a meno di questa parola e l’hanno continuamente sulle labbra, equivocandone il senso -, in un mondo che non ne è forse privo, ma che non è più in grado di vederla, di fare i conti con essa, anche il bene ha perduto la sua forza di attrazione, l’evidenza del suo dover-essere-adempiuto; e l’uomo resta perplesso di fronte ad esso e si chiede perché non deve piuttosto preferire il male. Anche questo costituisce infatti una possibilità, persino molto più eccitante. Perché non scandagliare gli abissi satanici? In un mondo che non si crede più capace di affermare il bello, gli argomenti in favore della verità hanno esaurito la loro forza di conclusione logica: i sillogismi cioè ruotano secondo il ritmo prefissato, come delle macchine rotative o dei calcolatori elettronici che devono sputare un determinato numero di dati al minuto, ma il processo che porta alla conclusione è un meccanismo che non inchioda più nessuno e la stessa conclusione non conclude più. E se è così dei trascendentali, solo perché uno di essi è stato trascurato, che ne sarà dell’essere stesso? Se Tommaso poteva contrassegnare l’essere come “una certa luce” per l’ente, questa luce non si spegnerà là dove si è disimparato il linguaggio della luce stessa e non si lascia più che il mistero dell’essere esprima se stesso? Ciò che avanza è solo una porzione di esistenza che per quanto, come spirito, pretenda attribuirsi anche una certa libertà, rimane tuttavia completamente oscura e incomprensibile a se stessa. La testimonianza dell’essere diventa incredibile per colui il quale non riesce più a cogliere il bello». [H. U. von Balthasar, Gloria, Jaca Book, Milano, 1985, vol. I, pagg. 10-12] Una posizione affascinante se pensiamo a quali conseguenze stiamo assistendo per l’esilio di questo terzo trascendentale. La verità è precipitata in un relativismo inafferrabile, la morale è concepita solo dentro un soggettivismo cieco ed aberrante e la bellezza è stata confinata entro un’estetica svuotata di contenuti valoriali. Persino la ragione si è persa, direbbe il Magnificat, nei pensieri superbi del cuore se sganciata da questa mistero estatico della Bellezza carica di Mistero. La riflessione di Benedetto XVI getta allora una luce straordinaria sul nostro vivere quotidiano: «Questo è il punto. Questo, penso, è in qualche modo la prova della verità del cristianesimo: cuore e ragione si incontrano, bellezza e verità si toccano. E quanto più noi stessi riusciamo a vivere nella bellezza della verità, tanto più la fede potrà tornare ad essere creativa anche nel nostro tempo e ad esprimersi in una forma artistica convincente» Sì davvero questo è il punto. Il punto da cui partire e a cui tendere con tutta la propria condotta. ad:A. |
Postato da: giacabi a 07:42 |
link | commenti
bellezza, benedettoxvi, von balthasar
Belli perché simili a Lui
***
Tutta la vostra infelicità consiste nell'ignorare di essere belli! Ognuno di voi potrebbe rendere felici tutti; e questo potere è concesso a tutti, soltanto che è sepolto così profondamente dentro di voi stessi che non ci credete neppure più.
DOSTOEVSKIJ
Nessun commento:
Posta un commento