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su santi,filosofi,poeti,scrittori,scienziati etc. che ti aiutano a comprendere la bellezza e la ragionevolezza del cristianesimo


sabato 4 febbraio 2012

bellezza, 5

Difficoltà  illuministiche
 ***

  « L'universo mi turba, e non posso immaginare che questo orologio esista e non ci sia l'orologiaio. »
Voltaire

Postato da: giacabi a 15:16 | link | commenti
bellezza, voltaire

I brividi di Darwin
 ***

quando penso alla complessità dell'occhio umano e alla somma di condizioni indispensabili ,per arrivarci mi vengono i brividi
C. Darwin

Postato da: giacabi a 14:21 | link | commenti
bellezza, mistero

giovedì, 22 novembre 2007
Cristo trasforma l’uomo:
***
 P.Trento

Postato da: giacabi a 16:00 | link | commenti
bellezza, cristianesimo

sabato, 10 novembre 2007

La Bellezza

***

 «È questo il momento della vita, o caro Socrate -disse la straniera di Mantinea -, che più di ogni altro è degno di essere vissuto da un uomo, ossia il momento in cui un uomo contempla il Bello in sé. E se mai ti sarà possibile vederlo, ti sembrerà ben superiore all'oro, alle vesti, e anche ai bei ragazzi e bei fanciulli, vedendo i quali, ora, tu ne rimani turbato, e sei disposto e tu e molti altri, pur di poter solo vedere l'amato e stare sempre insieme a lui, se fosse possibile, a non mangiare e bere. Che cosa, dunque, noi dovremo pensare -disse -, se ad uno capitasse di vedere il Bello in sé assoluto, puro, non mescolato, non affatto contaminato da carni umane e da colori e altre piccolezze mortali, ma potesse contemplare come forma unica lo stesso Bello divino? O forse tu ritieni -disse -che sarebbe una vita che vale poco quella di un uomo che guardasse là e che contemplasse quel bello  con ciò con cui si deve contemplare, e rimanere unito ad esso?

Platone  Simposio

 

 

Postato da: giacabi a 22:22 | link | commenti
platone, bellezza

giovedì, 01 novembre 2007

La  nostalgia della Bellezza
***
Uno dei motivi per cui scrivo è senza dubbio per ritrovare il meraviglioso della mia infanzia, al di là del quotidiano, la gioia al di là del dramma, la freschezza al di là della durezza. La Domenica delle Palme le stradine del villaggio erano ornate di fiori e di rami e tutto era trasfigurato sotto il sole di aprile. Nei giorni di festa, salivo il sentiero roccioso, in pendio, al suono delle campane della chiesa che vedevo apparire poco per volta, dapprima la cima del campanile con la banderuola giravento, poi il campanile tutto intero sullo sfondo di un cielo blu. Il mondo era bello e ne ero consapevole, tutto fresco e tutto puro. Lo ripeto, è per ritrovare questa bellezza intatta nel fango, che faccio letteratura. Tutti i miei libri, tutte le mie opere di teatro, sono un appello, l’espressione di una nostalgia, io cerco un tesoro caduto nell’oceano, perduto nella tragedia della storia. O, se volete, cerco la luce, quella che di tanto in tanto mi capita di ritrovare... Sempre alla ricerca di questa luce sicura oltre le tenebre”.
 Eugene Jonesco (scritto prima della sua conversione)

Postato da: giacabi a 20:46 | link | commenti
bellezza, jonesco

martedì, 30 ottobre 2007
La realtà
***
Poca osservazione e molto ragionamento conducono all'errore. Molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità»
Alexis Carrel  da:Riflessioni sulla condotta della vita
illusione in movimento

Postato da: giacabi a 16:16 | link | commenti
bellezza, reale

La filosofia come stupore
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Nella filosofia e nel pensiero moderni, il dubbio occupa la stessa posizione centrale che occupò per tutti i secoli prima il thaumàzein dei greci, la meraviglia per tutto ciò che è in quanto è.
Descartes fu il primo a concettualizzare questo dubitare moderno, che dopo di lui divenne il motore evidente .. e dato per scontato che ha mosso tutto il pensiero, l'asse invisibile sul quale si è incentrato ogni pensare. Propri come da Platone e Aristotele fino all'età moderna, la filosofia, nei suoi maggiori e più autentici rappresentanti è stata l'articolazione dello stupore di fronte a ciò che è, così la filosofia moderna, da Descartes in poi, è consistita nelle articolazioni e ramificazioni del dubbio.
Hannah Arendt   da: Vita activa

Postato da: giacabi a 15:48 | link | commenti
bellezza, arendt, avvenimento, senso religioso

La sedia di Péguy
***
«Un tempo gli operai non erano servi. Lavoravano. Coltivavano un onore, assoluto, come si addice a un onore. La gamba di una sedia doveva essere ben fatta. Era naturale, era inteso. Era un primato. Non occorreva che fosse ben fatta per il salario o in modo proporzionale al salario. Non doveva essere ben fatta per il padrone né per gli intenditori né per i clienti del padrone. Doveva essere ben fatta per sé, in sé, nella sua stessa natura. Esigevano che quella gamba fosse ben fatta. E ogni parte della sedia che non si vedeva era lavorata con la medesima perfezione delle parti che si vedevano. Secondo lo stesso principio con cui costruivano le cattedrali». E sono solo io - io ormai così imbastardito - a farla adesso tanto lunga. Per loro,  in loro non c'era allora neppure l'ombra di una riflessione. il lavoro stava là. Si lavorava bene. Non si trattava di essere visti o di non essere visti. Era il lavoro in sè che doveva essere ben fatto."
Charles Péguy
 

Postato da: giacabi a 14:38 | link | commenti (2)
bellezza, cristianesimo, peguy

Il cuore dell’uomo
 batte per l’Infinito
***

E non è forse vero che le vostre amicizie più durevoli sono nate nel momento in cui finalmente avete incontrato un altro essere umano che aveva almeno qualche sentore (sebbene vago e incerto anche nei migliori amici) di quel qualcosa che desiderate fin dalla nascita e che cercate sempre di trovare, di vedere e di sentire, sotto il flusso di altri desideri e in tutti i temporanei silenzi tra le altre passioni più forti, notte e giorno, anno dopo anno, dall'infanzia alla vecchiaia? Non l'avete mai posseduto. Tutte le cose che hanno mai posseduto profondamente la vostra anima ne sono state solo degli indizi - barlumi allettanti, promesse mai completamente realizzate, echi che si spegnevano subito appena vi arrivavano alle orecchie. Ma se questa cosa dovesse veramente manifestarsi - se mai dovesse sentirsi un'eco che non si spegnesse subito ma si espandesse nel suono stesso - voi lo sapreste. Al di là di ogni possibilità di dubbio direste: "Ecco finalmente quella cosa per cui sono stato creato". Non possiamo parlarne gli uni con gli altri. E' la firma segreta di ogni anima, l'incomunicabile e implacabile bisogno, la cosa che desideravamo prima di incontrare le nostre mogli, i nostri amici o prima di scegliere il nostro lavoro, e che desidereremo ancora sul nostro letto di morte, quando la mente non riconoscerà più né moglie né amico né lavoro. Mentre noi esistiamo, questa cosa esiste. Se la perdiamo, perdiamo tutto.
    C.S. Lewis, da Il cielo

a P.

Postato da: giacabi a 12:09 | link | commenti
dio, bellezza, lewis, senso religioso

domenica, 28 ottobre 2007
La Bellezza
***
« Noi non ci accontentiamo di vedere la bellezza, anche se sa il Cielo che gran dono sia questo. Noi vogliamo qualcos’altro che è difficile esprimere a parolevogliamo sentirci uniti alla bellezza che vediamo, trapassarla, riceverla dentro di noi, immergerci in essa, diventarne parte».
C.S. Lewis, Il brindisi di Berlicche e altri scritti, Jaca Book
 

Postato da: giacabi a 18:53 | link | commenti
bellezza, lewis

La Bellezza
***
«La verità, manifestata dalla bellezza, è enigmatica; essa non può essere né decifrata né spiegata con le parole, ma quando un essere umano, una persona si trova accanto a questa bellezza, si imbatte in questa bellezza, sta di fronte a questa bellezza, essa fa sentire la sua presenza, almeno con quei brividi che corrono lungo la schiena. La bellezza è come un miracolo, del quale l’uomo diventa involontariamente testimone. Tutto qua».
Andrej Tarkovskij, Intervista a Poiesis
 

Postato da: giacabi a 18:40 | link | commenti
bellezza, tarkovskij

La Bellezza
***
«L’uomo non può fare a meno della bellezza, e la nostra epoca finge di volerlo ignorare. Essa non vede il bello perché s’irrigidisce per raggiungere l’assoluto e il dominio, vuole trasfigurare il mondo prima di averlo esaurito, ordinarlo prima d’averlo capito. Per quanto dica, essa diserta da questo mondo».
Albert Camus, Lo straniero




 

Postato da: giacabi a 12:53 | link | commenti
bellezza, camus

sabato, 27 ottobre 2007
Il medioevo
 ***
 «Gli uomini di oggi cominciano ad accorgersi che è più facile distruggere la civiltà che ricostruirla. Furono necessari sei secoli alle genti del Medioevo per ritrovare, dopo il disastro  delle invasioni, lo slancio creatore della Grecia e di Roma. Questa rinascita dell'Europa, che ebbe come animatrice la chiesa, iniziò nell'XI secolo. Come tutti i movimenti analoghi, si manifestò in ogni campo: riforma cluniacense, arte romanica, reconquista spagnola, crociate. Spontaneamente la chiesa ritornava alla austerità delle sue origini mentre si adoperava al tempo stesso, con spirito generosamente umano, nell'organizzazione di un mondo il cui: avvenire riposava ormai su di lei. A questo mondo diviso dallo smembramento feudale, esaurito  dalle eterne guerre dinastiche e in cui il Faustrecht si era sostituito all'antico concetto del diritto, restituiva l'unità romana, la pace romana, il bell'ordinamento latino dello spirito. Da Gregorio VII a Innocenzo IV affrontò l'egemonia germanica e la spezzò. Di fronte alla minaccia asiatica fu, durante tutta l'epoca delle crociate (e fino alla battaglia di Lepanto), la coscienza stessa dell'Europa. Nella pace dei suoi chiostri, ricomparve la grande filosofia. La  ragione umana si confrontò di nuovo con l'universo. [...] A questo impeto metafisico corrisponde lo slancio delle cattedrali. Dapprima lo slancio romanico, che si potrebbe anche chiamare francese e lo è talmente, infatti, per la sua stessa misura, per l'equilibrio fra l'ardore (dell'ispirazione e la solidità dell'architettura. [...] Ma la cattedrale vuoI slanciarsi ancora più in alto nel cielo. L'architettura gotica, scaturita da questo slancio verticale, è anch'essa specificamente francese per la sua logica e il suo idealismo -logica ascensionale, partito preso di alleggerimento che, sembrando disprezzare le leggi della gravità, approdano ai grandi reliquari aerei di Notre-Dame e di Reims, di Chartres e di Arniens. "Musica di pietra" è stato
detto di queste cattedrali».
R.Grossuet, Bilancio della storia, Jaca Book
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Postato da: giacabi a 15:47 | link | commenti
bellezza, medioevo, cristianesimo, grossuet

lunedì, 22 ottobre 2007
La nostalgia dell’infinito
                     ***
Se vuoi costruire una nave non chiamare la gente che procura il legno, che prepara gli attrezzi necessari, non distribuire compiti, non organizzare il lavoro.
Prima invece sveglia negli uomini la nostalgia del mare lontano e sconfinato.
Appena si sarà svegliata in loro questa sete, gli uomini si metteranno subito al lavoro per costruire la nave
.
 Antoine de Saint-Exupéry

Postato da: giacabi a 17:39 | link | commenti
bellezza, saintexupery, senso religioso

sabato, 20 ottobre 2007
La giovinezza
***
- La giovinezza non è un periodo della vita, e uno stato d’animo, che consiste una certa forma della volontà. In una disposizione dell’immaginazione, in una forza emotiva nel prevalere dell’audacia sulla timidezza, della sete dell’avventura, sull’amore per le comodità. Non si invecchia per il semplice fatto di aver vissuto un certo numero di anni, ma solo quando si abbandonano i propri ideali. Se gli anni tracciano i loro solchi sul corpo, le rinunce all’entusiasmo li traccia sull’anima. Essere giovane significa conservare a sessanta, a settant’anni, l’amore del meraviglioso, lo stupore per le cose sfavillanti e i pensieri luminosi, le sfide intrepide lanciate agli avvenimenti, il desiderio insaziabile del fanciullo per tutto ciò che è nuovo, il senso del lato piacevole e lieto dell’esistenza. Resterete giovani finché il vostro cuore saprà riceve i messaggi di bellezza, di audacia, di coraggio, di grandezza, di forza che vi giungono dalla terra da un uomo o dall’infinito. Quando tutte le fibre del vostro cuore saranno spezzate e su di esso si saranno accumulate le nevi del pessimismo e il ghiaccio del cinismo e' solo allora che diverrete vecchi e possa Iddio aver pietà della vostra anima.
Vero benefattore dell'umanità Oltre a creare il vaccino contro la poliomielite, rinunciò a brevettarlo, consentendone la diffusione anche fra i poveri: senza speculazioni economiche. Oggi, grazie a Sabin, la polio può considerarsi debellata. Lui restò giovane.


Albert Sabin, un papà dallo sguardo rassicurante
(1906 - 1993)



a P.

Postato da: giacabi a 08:28 | link | commenti
vita, bellezza, testimonianza

mercoledì, 17 ottobre 2007

La  bellezza
***

"Ma io dichiaro- strillò Stepan Trofimovic al massimo grado del furore- ma io dichiaro che Shakespeare e Raffaello stanno più in alto della liberazione dei contadini, più in alto dello spirito popolare, più in alto del socialismo, più in alto della giovane generazione, più in alto della chimica, quasi più in alto dell'umanità intera, giacchè sono il frutto, il vero frutto di tutta l'umanità e, forse, il frutto più alto che mai possa essere! é già stata conseguita la forma di bellezza senza il cui conseguimento forse non acconsentirei nemmeno a vivere...(....)...uomini piccini, che cosa vi occorre per capire? ma sapete voi, sapete voi che senza l'inglese l'umanità può ancora vivere, può vivere senza la Germania, può vivere anche troppo facilmente senza i russi, può vivere senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe vivere, perchè non ci sarebbe più nulla da fare al mondo? tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui! "

"Dostoevskij, da "I demoni"

Postato da: giacabi a 19:53 | link | commenti
bellezza, dostoevskij

lunedì, 15 ottobre 2007

La speranza
***

« E’ notte, al solito. Provi la gioia che adesso andrai a letto, sparirai e in un attimo sarà domani, sarà mattino e ricomincerà l’inaudita scoperta, l’apertura alle cose. È bello andare a dormire, perché ci si sveglierà. È il mezzo più rapido per fare il mattino.»
  (Il mestiere di vivere – 5 Marzo 1947).
Cesare Pavese

Postato da: giacabi a 21:23 | link | commenti
bellezza, pavese

mercoledì, 03 ottobre 2007

Canta la gioia

 ***

Canta la gioia! Io voglio cingerti
di tutti i fiori perchè tu celebri
la gioia la gioia la gioia,
questa magnifica donatrice!

 
Canta l'immensa gioia di vivere,
d'essere forte, d'essere giovine,
di mordere i frutti terrestri
con saldi e bianchi denti voraci
,
 
di por le mani audaci e cupide
su ogni dolce cosa tangibile,
di tendere l'arco su ogni
preda novella che il desìo miri,

 
e di ascoltar tutte le musiche,
e di guardar con occhi fiammei
il volto divino del mondo
come l'amante guarda l'amata
,
 
e di adorare ogni fuggevole
forma,ogni segno vago, ogni immagine
vanente, ogni grazia caduca,
ogni apparenza ne l'ora breve
.
 
Canta la gioia! Lungi da l'anima
nostra il dolore, veste cinerea.
E' un misero schiavo colui
che del dolore fa sua veste.

 
A te la gioia, Ospite! Io voglio
vestirti da la più rossa porpora
s'io debba pur tingere il tuo
bisso nel sangue de le mie vene
.
 
Di tutti i fiori io voglio cingerti
trasfigurata perchè tu celebri
la gioia la gioia la gioia,
questa invincibile creatrice
!

GABRIELE D’ANNUNZIO

a P.

Postato da: giacabi a 15:11 | link | commenti
bellezza, dannunzio

domenica, 30 settembre 2007
Colui che fa sbocciare il fiore
 ***

    

Non è in tuo potere far schiudere il bocciolo.
Scuotilo pure, forzalo; tu non riuscirai ad aprirlo;
tu ne laceri i petali,
ma nessun profumo, nessun colore appare.
Oh, non è dato a te di poter far sbocciare il fiore!
Colui che trapunta di stelle i tuoi prati invece
opera tanto semplicemente.
Egli vi pone uno sguardo,
e la linfa della vita pervade le sue vene.
Al suo soffio il fiore spiega le sue ali,
e si culla nell'alito della brezza.
Tagore

 

Postato da: giacabi a 16:15 | link | commenti
tagore, bellezza

INFELICITA' E BELLEZZA

 ***
Spesso si sarebbe tentati di piangere lacrime di sangue al pensiero che l'infelicità distrugge degli infelici incapaci di farne uso. Ma, a voler consi­derare le cose freddamente, si tratta in quel caso semplicemente di uno sciupìo non meno penoso di quello a cui è sottoposta la bellezza del mondo.
Quante volte la luce delle stelle, il rumore delle onde del mare, il silenzio dell'ora che precede l'alba, vengono inutilmente a proporsi all'attenzione degli uomini?
Non prestare attenzione alle bellezze del mondo è forse un peccato d'ingra­titudine così grande da meritare il castigo dell'infelicità.
In tutto quel che suscita in noi il sentimento puro ed autentico del bello, c'è realmente la presenza di Dio. C'è quasi una specie di incarnazione di Dio nel mondo, di cui la bellezza è il segno.
Il bello è la prova sperimentale che l'incarnazione è possibile. Per questo ogni arte di prim'ordine è, per sua essenza, religiosa. (Ecco quello che oggi non si sa più). Una melodia gregoriana testimonia quanto la morte di un martire.
Simone Weil

 

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bellezza, weil

domenica, 23 settembre 2007
Gesù tra la bellezza e il dolore
***

Joseph Ratzinger (La Repubblica, 10 marzo 2004)

Ogni anno, nella liturgia delle ore del tempo di Quaresima, torna a colpirmi un paradosso che s'incontra nei vespri del lunedì della seconda settimana del Salterio. Qui, una accanto all'altra, rincorrono due antifone – una per il tempo di Quaresima, l'altra per la settimana Santa – che introducono il salmo 44, offrendone però una chiave interpretativa del tutto contrapposta.

E' il salmo che descrive le nozze del re, la sua bellezza, le sue virtù, la sua missione, e poi si trasforma in un'esaltazione della sposa. "
Tu sei il più bello tra i figli dell'uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia". La Chiesa, ovviamente, legge questo salmo come espressione poetica/profetica del rapporto sponsale di Cristo con la sua Chiesa. Riconoscere Cristo come il più bello tra gli uomini; la grazia diffusa sulle sue labbra significa l'intima bellezza della sua parola, significa la gloria del suo annuncio
.

Non è dunque la bellezza esteriore del Redentore a essere glorificata: ciò che si manifesta in lui è invece la bellezza della Verità, la bellezza stessa di Dio che ci attira e nel contempo ci procura la ferita dell'Amore, l'eros (la "sacra Passione") che ci fa correre, assieme alla Chiesa e nella Chiesa/Sposa, incontro all'Amore che ci chiama. Ma il lunedì della Settimana santa la Chiesa cambia l'antifona, invitandoci a leggere il medesimo salmo alla luce di Isaia 53,2: "Non ha bellezza né apparenza; l'abbiamo veduto: un volto sfigurato dal dolore
".

Come si conciliano le due visioni?
Il "più bello" tra i figli degli uomini è tanto misero d'aspetto che nemmeno lo si vuole vedere. Pilato lo mostra alla folla: Ecce homo! Cerca di suscitare un po' di pietà verso quell'essere maltrattato e percosso orami privo di ogni esteriore bellezza. Riferendosi al contenuto dei due testi citati, Agostino parla di
"due trombe" che suonano in contrasto tra loro, eppure i loro suoni provengono da un medesimo soffio, dal medesimo Spirito. Nel paradosso egli vede contrapposizione, ma non contraddizione. Unico è infatti lo Spirito che suscita la Scrittura, traendone però differenti note e ponendoci proprio in questo modo di fronte alla perfezione della Bellezza e della Verità in sé.

Chi crede in Dio, nel Dio che proprio nelle sembianze alterate del Crocifisso si manifestato come amore "sino alla fine" (Gv 13,1), sa che la bellezza è verità e che la verità è bellezza, ma nel Cristo sofferente apprende anche che la bellezza della verità include offesa, dolore e persino l'oscuro mistero della morte. Bellezza e verità possono rinvenirsi soltanto nell'accettazione del dolore, e non nel suo rifiuto.

Di recente, da molte parti è stato detto che dopo Auschwitz non sarebbe più possibile fare poesia né tanto meno parlare di un Dio di bontà. Dove si era nascosto Dio quando funzionavano i forni crematori? Una simile contestazione – per la quale del resto di davano motivi sufficienti, assai prima di Auschwitz, in tutte le atrocità della storia – significa, in ogni caso, che un concetto assolutamente armonioso del bello non è sufficiente, non essendo in grado di reggere il confronto con la gravità della messa in discussione di Dio, della Verità, della Bellezza. Né può bastare il socratico dio Apollo, considerato da Platone il garante dell'imperturbabile bellezza "veramente divina".

Non resta dunque che tornare alle "due trombe" della Bibbia da cui avevamo preso le mosse, cioè al paradosso di Cristo, del quale si può dire "
Tu sei il più bello tra i figli dell'uomo …", ma anche "Non ha bellezza né apparenza…un volto sfigurato dal dolore". Nella passione di Cristo, l'estetica greca – ammirevole per il suo presunto contatto con il divino, che tuttavia rimane indicibile – non viene recuperata, ma è del tutto superata. L'esperienza del bello riceve una nuova profondità, un nuovo realismo. Colui che è la "Bellezza in sé" si è lasciato percuotere sul volto, coprire di sputi, incoronare di spine: la sacra Sindone di Torino ci racconta tutto in maniera toccante. Ma proprio in quel volto sfigurato appare l'autentica, estrema Bellezza dell'Amore che ama "sino alla fine", mostrandosi così più forte di ogni menzogna e violenza. Soltanto chi sa cogliere questa bellezza comprende che proprio la verità, e non la menzogna, è l'estrema "affermazione" del mondo. E' semplicemente un trucco astuto della menzogna quello di presentarsi come "unica verità", quasi che al di fuori e al di là di essa non ne esista alcun'altra.

Soltanto l'icona del Crocifisso è capace di liberarci da quest'inganno, oggi così prepotente. Ma ad un condizione: che assieme a Lui ci lasciamo ferire, fidandoci di quell'Amore che non esita a svestirsi della bellezza esteriore, per annunciare proprio in questo modo la Verità della Bellezza.


La menzogna conosce anche un altro stratagemma: la bellezza ingannevole e falsa, quella bellezza che abbaglia e imprigiona gli uomini in se stessi, impedendo loro di aprirsi all'estasi che indirizza verso l'alto. Una bellezza che non risveglia nostalgia dell'indicibile, la disponibilità all'offerta, all'abbandono di sé; che alimenta invece la brama e la volontà di dominio, di possesso, di piacere. E' di questo genere di bellezza che parla la Genesi: Eva vide che il frutto dell'albero era "buono da mangiare e seducente per gli occhi…" (Gn 3,6). La bellezza, così come la donna la sperimenta, risveglia in lei il desiderio del possesso, la fa ripiegare su sé stessa
.

Con notevole frequenza amo citare Dostoevskij: " La bellezza ti salverà". Ma il più delle volte si dimentica che il grande autore russo pensa alla bellezza redentivi di Cristo
. Occorre imparare a "vedere" Cristo. Non basta conoscerlo semplicemente a parole; bisogna lasciarsi colpire dal dardo della sua bellezza paradossale: così avviene la vera conoscenza, attraverso l'incontro personale con la Bellezza della verità che salva.

Postato da: giacabi a 08:30 | link | commenti
bellezza, gesù, benedettoxvi

sabato, 15 settembre 2007
Ogni mattina
 ***

Ogni mattina è una giornata intera che riceviamo dalle mani di Dio. Dio ci dà una giornata da Lui stesso preparata per noi. Non vi è nulla di troppo e nulla di “non abbastanza”, nulla di indifferente e nulla di inutile. È un capolavoro di giornata che viene a chiederci di essere vissuta. Noi la guardiamo come una pagina d’agenda, segnata da una cifra, da un mese. La trattiamo alla leggera come un foglio di carta. Se potessimo frugare il mondo e vedere questo giorno elaborarsi e nascere dal fondo dei secoli, comprenderemmo il valore di un solo giorno umano.
Madeleine Delbrel "Che gioia credere"
 

Postato da: giacabi a 08:18 | link | commenti
dio, bellezza, delbrel

sabato, 08 settembre 2007
Il Destino
 ***

E' così che mi considero, come una persona che deve portare a compimento qualcosa con amore, e questo lo deve fare con energia. Io non ho intenzione di risparmiarmi, nè di evitare emozioni e difficoltà, non mi importa granchè se vivrò per un periodo più lungo o più breve.
V. Van Gogh


 

Postato da: giacabi a 08:24 | link | commenti
bellezza, van gogh

Bellezza
 ***
L'umanità può vivere senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe vivere, perché non ci sarebbe più nulla da fare al mondo.
F. Dostoevskij, I Demoni.


 

Postato da: giacabi a 08:20 | link | commenti
bellezza, dostoevskij

domenica, 02 settembre 2007
SOPRA IL RITRATTO DI UNA BELLA DONNA
SCOLPITO NEL MONUMENTO SEPOLCRALE
DELLA MEDESIMA
***
 Tal fosti: or qui sotterra
Polve e scheletro sei. Su l'ossa e il fango
Immobilmente collocato invano,
Muto, mirando dell'etadi il volo,
Sta, di memoria solo
E di dolor custode, il simulacro
Della scorsa beltà. Quel dolce sguardo,
Che tremar fe', se, come or sembra, immoto
In altrui s'affisò; quel labbro, ond'alto
Par, come d'urna piena,
Traboccare il piacer; quel collo, cinto
Già di desio; quell'amorosa mano,
Che spesso, ove fu porta,
Sentì gelida far la man che strinse;
E il seno, onde la gente
Visibilmente di pallor si tinse,
Furo alcun tempo: or fango
Ed ossa sei: la vista
Vituperosa e trista un sasso asconde.
Così riduce il fato
Qual sembianza fra noi parve più viva
Immagine del ciel. Misterio eterno
Dell'esser nostro. Oggi d'eccelsi, immensi
Pensieri e sensi inenarrabil fonte,
Beltà grandeggia, e pare,
Quale splendor vibrato
Da natura immortal su queste arene,
Di sovrumani fati,
Di fortunati regni e d'aurei mondi
Segno e sicura spene
Dare al mortale stato:
Diman, per lieve forza,
Sozzo a vedere, abominoso, abbietto
Divien quel che fu dianzi
Quasi angelico aspetto,
E dalle menti insieme
Quel che da lui moveva
Ammirabil concetto, si dilegua.
Desiderii infiniti
E visioni altere
Crea nel vago pensiere,
Per natural virtù, dotto concento;
Onde per mar delizioso, arcano
Erra lo spirto umano,
Quasi come a diporto
Ardito notator per l'Oceano:
Ma se un discorde accento
Fere l'orecchio, in nulla
Torna quel paradiso in un momento.
Natura umana, or come,
Se frale in tutto e vile,
Se polve ed ombra sei, tant'alto senti?
Se in parte anco gentile,
Come i più degni tuoi moti e pensieri
Son così di leggeri
Da sì basse cagioni e desti e spenti?
G.Leopardi
 

Postato da: giacabi a 14:16 | link | commenti
bellezza, leopardi

martedì, 28 agosto 2007
Verità nell'arte
***

Tratto da Il Foglio del 21 agosto 2007Meeting dell'amicizia 2007 (

(Roger Scruton ha pronunciato ieri questo discorso al Meeting di Rimini, intervenendo a un incontro dal titolo "Verità nell'arte"con monsignor Massimo Camisasca, superiore generale della Fraternità sacerdotale Missionari di san Carlo Borromeo. Traduzione dall'inglese di Elia Rigolio)

Uno dei componimenti più accattivanti di Mozart è l'opera comica "Il ratto dal serraglio", che racconta la storia di Konstanze, rapita e separata dal fidanzato Belmonte e ridotta a servire nell'harem del pascià Selim. Dopo vari intrighi, Belmonte la salva, aiutato dalla clemenza del pascià, che rispetta la castità di Konstanze, rifiutandosi di prenderla con la forza. L'improbabile trama permette a Mozart di esprimere la propria convinzione illuministica, secondo cui la carità è una virtù universale, vera nell'impero Musulmano dei Turchi così come in quello cristiano dell'illuminato Giuseppe II. L'amore fedele di Belmonte e Konstanze ispira la clemenza del pascià. E per quanto l'innocente visione di Mozart manchi di un fondamento storico, la sua fede nella realtà dell'amore disinteressato è sempre espressa e sostenuta dalla musica. Il ratto dal serraglio propone un'idea morale, le sue melodie condividono la bellezza di quell'idea, presentandola in modo persuasivo all'ascoltatore. Nella produzione del 2004 del Ratto alla Comic Opera di Berlino, il produttore catalano Calixto Bieito decise di ambientare l'opera in un bordello berlinese in cui Selim è il protettore e Konstanze una delle prostitute. Anche durante le musiche più tenere, il palco era cosparso di coppie copulanti, e tutte le scuse per rappresentare la violenza, con o senza acme dell'attività sessuale, ampiamente sfruttate. A un certo punto si tortura graziosamente una prostituta e le si staccano i capezzoli in modo sanguinoso e realistico, prima di ucciderla. Le parole e la musica parlano di amore e compassione, ma il messaggio è coperto da scene di dissacrazione, omicidi e sesso narcisistico che ingombrano la scena in un'orchestrazione chiassosa.

E'un esempio di un fenomeno con cui, ne sono certo, avete sviluppato dimestichezza a partire dall'esperienza in ogni àmbito della nostra cultura contemporanea. Non basta che artisti, registi, musicisti e quanti altri operano nel mondo dell'arte siano in fuga dalla bellezza. C'è il desiderio di eliminare la bellezza, di cancellarla. Ovunque essa giaccia in nostra attesa, il desiderio di vanificarla garantisce che sarà coperta da scene di bruttezza e distruzione. Le opere di arte contemporanea creano il poco effetto di cui dispongono somministrando traumi alla nostra fievole fede nella natura umana, come testimonia, ad esempio, il crocefisso sotto urina di quei due ciarlatani di Gilbert e George. Il cinema contemporaneo abbonda di scene di cannibalismo, smembramenti e dolore insensato, tanto che alcuni registi, come Quentin Tarantino, hanno poco altro nel loro repertorio emotivo. La musica pop è stata invasa dal rap, i cui testi e ritmi parlano di una violenza incessante, e che rifiuta la melodia, l'armonia e ogni altro strumento che potrebbe creare un collegamento con l'antico mondo della canzone. La musica seria è stata a sua volta colpita, con l'obbligo di inserire dissonanze e sonorità aspre che impediscono il flusso musicale. Le opere di letteratura indugiano su violenza e trasgressione, dilungandosi morbosamente sulle funzioni corporali una volta considerate troppo private e inviolabili per essere menzionate sulla carta stampata.

Insomma, lo sapete bene. Viviamo
in una cultura di dissacrazione, in cui la vita non è tanto celebrata dall'arte, ma piuttosto presa di mira. Gli artisti si fanno una reputazione costruendo una cornice originale in cui mettere in mostra il volto umano e gettargli addosso del letame. Cosa possiamo farne e come trovare la strada che ci riporti a ciò cui tutti noi aspiriamo, ovvero la visione della bellezza? Forse sembrerà un po'sentimentale parlare in questo modo di una "visione della bellezza". Quello che intendo però non è un'immagine edulcorata, da biglietto natalizio, della vita umana, ma piuttosto i modi elementari in cui gli ideali e il decoro fanno il loro ingresso nel nostro mondo e si fanno conoscere, così come avviene per l'amore e la carità nella musica di Mozart. C'è grande fame di bellezza nel nostro mondo, una fame che l'arte popolare non riesce e riconoscere e a cui l'arte seria sfugge. Poco fa ho usato la parola "dissacrazione"per descrivere quanto trasmetteva la produzione del Ratto di Bieito e i vani sforzi di Gilbert e George di dire qualche cosa. Cosa implica esattamente questa parola? E'collegata, da un punto di vista etimologico e semantico, con sacrilegio e quindi con l'idea della santità e sacralità. Dissacrare significa sprecare quanto altrimenti potrebbe essere messo da parte, nella sfera delle cose sacre. Possiamo dissacrare una chiesa, un cimitero, una tomba; e anche un'immagine sacra, un libro sacro o una cerimonia sacra. Possiamo anche dissacrare un cadavere, un'immagine cara, persino un essere umano vivente, nella misura in cui queste cose contengono, com'è vero, un presagio di una qualche santità originale. La paura della dissacrazione è un elemento vitale di tutte le religioni. E infatti questo era in origine il significato della parola religio: un culto o una cerimonia pensata per proteggere dal sacrilegio un qualche luogo sacro.

Nel diciottesimo secolo, quando le religioni organizzate e la monarchia cerimoniale stavano perdendo autorità nella mente delle persone pensanti, mentre lo spirito democratico metteva in dubbio le istituzioni ereditate dal passato e circolava l'idea che non fosse Dio, ma l'uomo, a fare le leggi per il mondo umano, l'idea del sacro soffrì un'eclissi. Sembrava, ai pensatori dell'illuminismo, che fosse poco più di una superstizione credere che manufatti, edifici, luoghi e cerimonie potessero avere carattere sacro, dato che tutte queste cose erano il risultato di un progetto umano. L'idea che il divino si rivelasse nel nostro mondo e cercasse la nostra venerazione sembrava sia inverosimile di per sé che incompatibile con la scienza.

Contemporaneamente,
filosofi come Kant, Burke e Adam Smith riconoscevano che non guardiamo il mondo solo con gli occhi della scienza. C'è un altro atteggiamento, che non è che di indagine scientifica, ma di contemplazione disinteressata, che rivolgiamo al mondo alla ricerca del suo significato. Quando scegliamo questo atteggiamento mettiamo da parte i nostri interessi, non ci occupano più gli obiettivi e i progetti che ci spingono avanti nel tempo, non siamo più impegnati a spiegare qualcosa o ad accrescere il nostro potere. Lasciamo che il mondo si presenti e traiamo conforto dal suo presentarsi. Questa è l'origine dell'esperienza del bello. Potrebbe essere impossibile far rientrare quell'esperienza nella nostra ricerca ordinaria di potere e conoscenza. Potrebbe essere impossibile assimilarla all'utilizzo quotidiano delle nostre facoltà. Ma è un'esperienza che evidentemente esiste e che ha grandissimo valore per chi la riceve. Quando si verifica quest'esperienza, e cosa significa? Ecco un esempio. Immaginiamo di stare camminando verso casa sotto la pioggia, coi pensieri occupati dai problemi del lavoro. Strade e case sfilano via senza che le notiamo, così come le persone; nulla invade i nostri pensieri, se non i nostri interessi e le nostre ansie. Poi d'improvviso il sole emerge dalle nubi, un raggio di luce illumina un vecchio muro in pietra dall'altra parte della strada, tremolante. Alziamo lo sguardo al cielo, dove le nuvole si diradano e un merlo si mette improvvisamente a cantare da un giardino dietro il muro. Il cuore si riempie di gioia e i nostri pensieri egoisti sono svaniti. Il mondo è davanti a noi, felici semplicemente di guardarlo e lasciare che sia. Forse esperienze del genere sono più rare oggi di quanto non lo fossero nel diciottesimo secolo, quando poeti e filosofi guardavano ad esse come a una nuova strada verso la religione. Forse la fretta e il disordine della vita moderna, le forme alienanti dell'architettura moderna, il rumore e il carattere spoglio delle industrie moderne, forse queste cose hanno fatto dell'incontro con il bello un qualcosa di più raro, più fragile e più imprevedibile per noi. Eppure tutti sappiamo com'è, essere trasportati improvvisamente dalle cose che vediamo, dal mondo ordinario dei nostri appetiti alla sfera illuminata della bellezza. Avviene spesso durante l'infanzia, anche se raramente, allora, viene interpretata. Avviene durante l'adolescenza, quando si concede ai nostri desideri erotici. E avviene in modo smorzato durante l'età adulta, in cui dà forma segretamente ai nostri progetti per la vita e ci offre un'immagine di armonia che noi perseguiamo con le vacanze, la costruzione della casa e i nostri sogni privati.

Ecco un altro esempio: è un'occasione speciale, in cui la famiglia si riunisce per una cena di rito. Prepariamo la tavola, con la tovaglia ricamata pulita sotto i piatti, sistemiamo i piatti, i bicchieri, il pane in un cestino e qualche caraffa di acqua e vino. Lo facciamo con amore, traiamo piacere dall'aspetto, cercando di raggiungere un effetto di pulizia, semplicità, simmetria e calore. La tavola è divenuta simbolo del ritorno a casa, delle braccia tese della madre universale, che invita suo figlio ad entrare. E tutta questa abbondanza di significato e gioia in qualche modo è racchiusa nell'aspetto della tavola. Anche questa è un'esperienza della bellezza. Un'esperienza che incontriamo, in versione magari diverse, ogni giorno della nostra vita. Siamo creature bisognose, e il nostro bisogno maggiore è la casa, il luogo in cui siamo, in cui troviamo protezione e amore. Raggiungiamo questa casa tramite delle rappresentazioni della nostra appartenenza. La raggiungiamo non da soli, ma in unione con gli altri. E tutti i nostri sforzi per far sì che l'ambiente intorno a noi abbia il giusto aspetto, quando decoriamo, riordiniamo, creiamo, sono tentativi di porgere il benvenuto a noi e a quelli che amiamo.

Questo secondo esempio è molto importante per me. Perché
indica che il nostro bisogno umano di bellezza non è semplicemente un'aggiunta ridondante alla lista degli appetiti umani. Non è un qualcosa che potrebbe mancarci e senza cui saremmo comunque appagati in quanto persone. E'un bisogno che nasce dalla nostra condizione metafisica, di individui liberi, che cercano il proprio posto in un mondo obiettivo. Possiamo vagare per il mondo, alienati, risentiti, colmi di sospetto e sfiducia. O possiamo trovare qui la nostra casa, e venire per riposare in armonia con gli altri e con noi stessi. E l'esperienza della bellezza ci guida lungo questo secondo cammino: ci dice che siamo a casa nel mondo, che il mondo è già ordinato secondo le nostre intuizioni, affinché sia un luogo adatto alla vita di esseri come noi. Guardate uno qualunque dei quadri dei grandi pittori di paesaggi, Poussin, Guardi, Turner, Corot, Cézanne, e vedrete quest'idea di bellezza celebrata e fissata nell'immagine. Non è che quei pittori chiudessero gli occhi davanti al dolore, o alla vastità e alla minacciosità dell'universo di cui occupiamo un angolo tanto piccolo. Anzi. I pittori di paesaggi ci mostrano la morte e il decadere nel cuore stesso delle cose: la luce sulle colline è una luce evanescente; i muri delle case sono rattoppati e sgretolati come lo stucco dei paesini di Guardi. Ma quelle immagini indicano la gioia incipiente nella decadenza e l'eterno implicito nel transitorio. Non sorprende sapere che i filosofi siano rimasti sconcertati davanti all'idea di bellezza. L'esperienza della bellezza è così vivida, così immediata, così personale, che sembra difficile che appartenga al mondo ordinario. Eppure la bellezza brilla su di noi dalle cose ordinarie. E'una caratteristica del mondo o una finzione dell'immaginazione? Ci dice qualcosa di reale e vero, per riconoscere il quale basta quest'esperienza? O è solo un momento di sensazioni intensissime, che non ha significato alcuno a parte il piacere della persona che ne fa esperienza? Queste domande sono estremamente urgenti per noi, poiché viviamo in un momento in cui la bellezza è eclissata: un'ombra scura di scherno e alienazione che si è aperta un varco nella superficie prima splendente del nostro mondo, come l'ombra della terra sulla luna. Quando cerchiamo la bellezza, troppo spesso troviamo l'oscurità e la dissacrazione.

L'abitudine attuale di dissacrare la bellezza indica, secondo me, che siamo consci come non mai della presenza delle cose sacre. La dissacrazione è una sorta di difesa contro il sacro, un tentativo di distruggere le sue pretese.
In presenza di cose sacre la nostra vita viene giudicata, e per schivare quel giudizio distruggiamo ciò che sembra accusarci. I Cristiani hanno ereditato da Sant'Agostino e da Platone la visione di questo mondo transitorio come di icone di un ordine altro e immutabile. Vedono nel sacro la rivelazione nel qui e ora del senso eterno del nostro essere. Ma l'esperienza del sacro non è limitata ai Cristiani. Secondo molti filosofi e antropologi, è una caratteristica universale della condizione umana. La maggior parte della nostra vita è organizzata da fini transitori: le preoccupazioni quotidiane delle questioni economiche, la ricerca nel nostro piccolo di potere e agio, il bisogno di divertimento e piacere. Ma di tutto questo, poco è degno di memoria o capace di toccarci. Qui e là però ci sentiamo scossi dal nostro compiacimento e in presenza di qualcosa tanto più significativo che non i nostri interessi e desideri presenti. Percepiamo la realtà di un qualcosa di prezioso e misterioso, che si rivolge a noi con una domanda che in qualche modo non è di questo mondo. Avviene in presenza della morte, e in special modo della morte di una persona amata. Guardiamo con timore reverenziale al corpo umano da cui è sfuggita la vita. Non è più una persona, ma sono "spoglie mortali" di una persona. E questo pensiero ci colma di un inquietante mistero. Siamo riluttanti a toccare il corpo morto; ci sembra che non faccia veramente parte del nostro mondo, quasi come un visitatore proveniente da una qualche altra sfera. Quest'esperienza è paradigmatica del nostro incontro col sacro. E richiede, da parte nostra, una sorta di riconoscimento cerimoniale. Il corpo morto è oggetto di rituali e atti di purificazione, pensati non solo per mandare felicemente il suo precedente occupante nell'aldilà, dato che anche chi non ha fede nell'aldilà sceglie di attenersi a queste pratiche, ma per superare la spaventosa meraviglia, il carattere soprannaturale della forma umana morta. Il corpo è rivendicato da questo mondo tramite quei rituali che riconoscono anche la sua separazione dal mondo stesso.

I rituali, in altre parole, consacrano il corpo, purificandolo così dal suo miasma. Allo stesso modo, il corpo può essere dissacrato, ed è certamente uno degli atti di dissacrazione primari, a cui siamo dediti da tempo immemorabile, come quando Achille trascinò in trionfo il corpo di Ettore intorno alle mura di Troia. Ci sono altre occasioni in cui siamo distolti a sorpresa dalle nostre preoccupazioni quotidiane dalla presenza di una domanda trascendente. In particolare,
c'è l'esperienza dell'innamoramento. Anche questo è un universale umano, ed è un'esperienza delle più strane. Il volto e il corpo della persona amata sono pervase dalla vita più intensa. Ma da un certo punto di vista, essenziale, sono come il corpo di un morto: sembrano non appartenere al mondo empirico. L'amata guarda all'amante come Beatrice a Dante, da un punto esterno al flusso delle cose temporali. L'oggetto amato esige che lo adoriamo, che ci rivolgiamo a lui con una riverenza quasi rituale. E da quegli occhi e da quelle membra irradia una sorta di pienezza di spirito che rende tutto nuovo. I poeti hanno speso migliaia di parole su quest'esperienza, che nessuna parola sembra essere in grado di cogliere interamente. E' un'esperienza che ha alimentato il senso del sacro nei secoli, ricordando a personaggi tanto diversi come Platone e Calvino, Virgilio e Baudelaire, che il desiderio sessuale non è il semplice appetito che vediamo negli animali, ma la materia prima di una bramosia che non ha soddisfazione semplice o mondana, ma che ci impone niente di meno che di cambiare la nostra vita.
Se osserviamo le brutture coltivate nel mondo odierno, scopriamo che molte di loro si rifanno alle due esperienze che ho indicato. Il corpo negli spasimi della morte; il corpo negli spasimi del sesso: sono cose che ci affascinano facilmente. Ci affascinano dissacrando la forma umana, mostrandoci l'essere umano come soverchiato da forze esterne, lo spirito umano eclissato e inefficace e il corpo umano come mero oggetto tra gli oggetti, invece di un soggetto libero, legato da una legge morale. Ed è su queste cose che l'arte del nostro tempo sembra concentrarsi, offrendoci non solo la pornografia sessuale, ma una pornografia della violenza, in cui l'essere umano è ridotto a un cumulo di carne sofferente, resa pietosa, impotente e disgustosa.

Perché tutto questo può essere diventato normale? Perché, a parte, ovviamente, i soldi che ci si possono fare? La risposta è che si tratta di tentazioni primarie. Tutti noi desideriamo fuggire dagli imperativi di un'esistenza responsabile, in cui ci comportiamo con gli altri in un certo modo perché sono degni di riverenza e rispetto. Tutti noi siamo tentati dall'idea della carne, e dal desiderio di rifare l'essere umano rendendolo pura carne, un automa, obbediente ai desideri meccanici. Per cedere a questa tentazione, però, dobbiamo prima rimuovere l'ostacolo principale al suo raggiungimento, ovvero la natura consacrata della forma umana. Dobbiamo corrompere le esperienze, come la morte e il sesso, che altrimenti ci allontanerebbero dalle tentazioni e ci spingerebbero verso una vita più alta di amore, dovere e soddisfazione. Questa dissacrazione volontaria è anche una negazione dell'amore, un tentativo di rifare il mondo come se l'amore non ne fosse più parte. E questa, certamente, è la caratteristica più importante della cultura postmoderna che ho descritto all'inizio dell'intervento: una cultura priva d'amore, determinata a rappresentare il mondo umano come se fosse qualcosa che non si può amare.

Il che suggerisce un rimedio semplice, ovvero resistere alle tentazioni. Invece di dissacrare la forma umana dovremmo imparare nuovamente a riverirla.
Perché non c'è assolutamente nulla da guadagnare dal tipo di insulti scagliati contro la bellezza da chi, come Calixto Bieito, non sopporta di guardarla in faccia. Certamente, possiamo neutralizzare gli alti ideali di Mozart mettendo in secondo piano la sua musica, facendone mero accompagnamento di un carnevale disumano di sesso e morte. Ma cosa ci insegna tutto questo? Cosa ci guadagniamo, in termini di sviluppo emotivo, spirituale, intellettuale o morale? Nulla, se non ansia. Dovremmo trarre una lezione da questo tipo di dissacrazione: nel tentativo di dimostrare che i nostri ideali umani sono privi di valore, dimostra di essere lei stessa priva di valore. E se un qualcosa dimostra di essere privo di valore, è il caso di disfarsene.

 

Postato da: giacabi a 15:50 | link | commenti
bellezza, verità, scruton

venerdì, 24 agosto 2007
La Bellezza
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Si serve l'uomo nella sua totalità o non lo si serve per nulla. E se l'uomo ha bisogno di pane e di giustizia e si deve fare quanto occorre per soddisfare questo bisogno, egli ha anche bisogno della bellezza pura, che è il pane del suo cuore. Il resto non è serio."
Albert Camus - Taccuini, Bompiani,


 

Postato da: giacabi a 21:09 | link | commenti
bellezza, camus

venerdì, 17 agosto 2007
La Bellezza
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"Mostrami una amante che sia pur bellissima; che altro è la sua bellezza, se non un consiglio ove io legga il nome di colei che di quella bellissima è più bella”.
 Shakespeare Romeo e Giulietta
 

Postato da: giacabi a 13:55 | link | commenti
shakespeare, bellezza

martedì, 07 agosto 2007
I sensi
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I sensi che Dio ha creato non sono dei vili accoliti, ma  sono nostri servitori che percorrono l’intero mondo, fino a quando non trovano la Bellezza”.
Paul Claudel
 

Postato da: giacabi a 21:24 | link | commenti
bellezza, claudel

giovedì, 02 agosto 2007
L’amore
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È proprio, dico, della impressione che fa la bellezza su quelli d’altro sesso che la veggono o l’ascoltano o l’avvicinano, lo spaventare; e questo si è quasi il principale e il piú sensibile effetto ch’ella produce a prima giunta, o quello che piú si distingue e si nota e risalta. E lo spavento viene da questo, che allo spettatore o spettatrice, in quel momento, pare impossibile di star mai piú senza quel tale oggetto, e nel tempo stesso gli pare impossibile di possederlo com’ei vorrebbe; perché neppure il possedimento carnale, che in quel punto non gli si offre affatto al pensiero, anzi questo n’è propriamente alieno; ma neppur questo possedimento gli parrebbe poter soddisfare e riempiere il desiderio ch’egli concepisce di quel tale oggetto; col quale ei vorrebbe diventare una cosa stessa […]: ora ei non vede che questo possa mai essere. La forza del desiderio ch’ei concepisce in quel punto, l’atterrisce per ciò ch’ei si rappresenta subito tutte in un tratto, benché confusamente, al pensiero le pene che per questo desiderio dovrà soffrire; perocché il desiderio è pena, e il vivissimo e sommo desiderio, vivissima e somma, e il desiderio perpetuo e non mai soddisfatto è pena perpetua.Ora a lui pare e che quel desiderio non sarà mai soddisfatto (o non ne vede il come, e gli par cosa troppo ardua e difficile e improbabile), e ch’esso non sarà mai per estinguersi da se medesimo, come quando proviamo un dolor vivissimo, ci pare a prima giunta ch’ei sarà perpetuo, e che ne sia impossibile la consolazione, e che niuna cosa mai lo consolerà. Tutto questo accade principalmente (ed oggimai unicamente) ai giovani prima d’entrar nel mondo, o sul loro primo ingresso (talvolta, e non di rado, ancora ai fanciulli). I quali e son piú suscettibili di vivezza d’impressione e di vivezza di desiderio ec., e sono inesperti del quanto presto e facilmente l’amore o si dilegui o si soddisfaccia, e del come; e che al mondo non v’ha cosa veramente amabile; e di quanto sia facile ottenere ogni cosa ch’ei brama da quegli oggetti ch’ei stima inaccessibili ec. ec.
Giacomo Leopardi, da Zibaldone 3444

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