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su santi,filosofi,poeti,scrittori,scienziati etc. che ti aiutano a comprendere la bellezza e la ragionevolezza del cristianesimo


sabato 4 febbraio 2012

bellezza, 6

Fa splendere il Tuo volto
***


Guardando Lui si riceve sempre più la somiglianza di Colui nel quale uno fissa lo sguardo, fissando lo sguardo su Lui diventiamo come Lui
 M. Luzi

 

Postato da: giacabi a 16:07 | link | commenti
bellezza, gesù

lunedì, 16 luglio 2007
L’Avvenimento
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 Una sola cosa bella deve entusiasmare l'uomo per tutta la vita, è vero; ma lo splendore di questo incontro deve illuminare tutto il resto..
. Franz Schubert

 

Postato da: giacabi a 21:10 | link | commenti
chiesa, bellezza, gesù

La bellezza
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La bellezza strappa fuori il nostro cuore dall'accomodamento al quotidiano, dal decadere nel niente, dal non essere presente a noi stessi».
Ratzinger meeting 2002
 

Postato da: giacabi a 14:40 | link | commenti
bellezza, benedettoxvi

giovedì, 12 luglio 2007
La natura segno di Dio
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“Lo scienziato non studia la natura perché  è utile farlo; la studia perché  ne trae diletto, e ne trae diletto perché la natura è bella. Se non fosse bella, non varrebbe la pena di conoscerla, e se non valesse la pena di conoscere la natura, la vita non sarebbe degna di essere vissuta.”
H. Poincarè


 

Postato da: giacabi a 12:36 | link | commenti
bellezza

La bellezza
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La bellezza è l'unica cosa contro cui la forza del tempo sia vana. Le filosofie si disgregano come la sabbia, le credenze si succedono l'una all'altra, ma ciò che è bello è una gioia per tutte le stagioni, ed un possesso per tutta l'eternità
OSCAR WILDE


 

Postato da: giacabi a 12:26 | link | commenti
bellezza

Cristo Luce del mondo
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"A voi, negatori di Dio e del Cristo, non è mai venuto in mente che tutto sarebbe fango e peccato nel mondo, senza Cristo? "
Dostoievski
 

Postato da: giacabi a 06:43 | link | commenti
bellezza, dostoevskij, gesù

domenica, 08 luglio 2007
Ci vogliono occhi per accorgersi della bellezza
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«L’occhio guarda… è l’unico che può accorgersi della bellezza… la bellezza si vede perché è viva, e quindi reale. Diciamo, meglio, che può capitare di vederla. Dipende da dove si svela. Il problema è avere gli occhi e non saper vedere, non guardare le cose che accadono. Occhi chiusi. Occhi che non vedono più. Che non sono più curiosi. Che non si aspettano che accada più niente. Forse perché non credono che la bellezza esista. Ma sul deserto delle nostre strade Lei passa, rompendo il finito limite e riempiendo i nostri occhi di infinito desiderio».

Pasolini

Postato da: giacabi a 21:05 | link | commenti (4)
pasolini, bellezza

martedì, 26 giugno 2007
LA PACE
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Gli uomini trovano la pace non grazie al progresso della ragione e della necessità, ma grazie al riconoscimento morale di una bellezza superiore, che possa fungere da ideale per tutti […]: ecco, dunque, che cos’è la verità, in nome della quale tutti si abbraccerebbero e si metterebbero in azione per raggiungerla (la bellezza)”
Dostoevskij

Postato da: giacabi a 17:46 | link | commenti
pace, bellezza, dostoevskij

venerdì, 15 giugno 2007
Gaudí
oggi parla giapponese
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Da: www.avvenire.it   del 03-06-2007

«In tutta la sua vita non ha mai scritto un libro, ha trasmesso tutto ai discepoli e i discepoli poi lo hanno imitato. Diceva che gli uomini non creano niente. L’uomo può solamente scoprire, dentro la natura, ciò che può fare. L’ultima frase di Gaudí fu: "Un piccolo contributo dato alle parole di Dio". L’uomo può dare il suo contributo, ma non può creare»«C’era un unico spazio, nella Sagrada Familia, ultimato da Gaudì prima della morte, ed è stato distrutto nella guerra civile spagnola. Vi erano nascosti tutti i disegni, perciò ora non abbiamo più nessun originale. Mi hanno chiesto di restaurare questa parte e l’ho fatto. Ho realizzato una scultura di 52 centimetri, che raffigura una persona con una bomba»
Di Etsuro Sotoo
Sono circa trent'anni che lavoro alla Sagrada Familia. Ho studiato in una scuola pubblica di Kyoto, nel mio Giappone. Dopo l'università ho insegnato per un anno, ma desideravo venire in Europa perché sapevo che qui c'erano le vere pietre; volevo conoscere l'anima delle pietre. Così mi sono imbattuto nella Sagrada Familia. Trent'anni fa non si capiva se la stessero costruendo o distruggendo. Trent'anni fa c'erano solo dieci operai, ora siamo in duecento e arrivano due milioni e mezzo di visitatori ogni anno.
Quando ho cominciato a lavorare alla cattedrale volevo conoscere il progetto di Gaudí. Per prima cosa ho realizzato le gemme di piante, per rendere l'idea che questo edificio, di 175 metri d'altezza, sarebbe ancora cresciuto. Tuttavia non sapevo dove mettere le foglie. Secondo i miei calcoli la parte finale di una colonna aveva lo spessore di un centimetro. Una pietra spessa un centimetro è molto debole, non dura più di cento o duecento anni. Mi domandavo allora perché Gaudí avesse pensato a una struttura così debole. Per realizzare le foglie bisognava fare i calcoli, ma dove andavano collocate? Ci ho riflettuto a lungo, anche perché non c'erano indicazioni lasciate dal grande architetto. Un giorno pensai che mettendo una scultura in un punto debole l'avrei rafforzato. Quindi ho collocato le foglie nei punti più sottili della pietra. Così facendo, mi è sembrato di incontrare Gaudí per la prima volta. Ho pensato che intendesse realizzare strutture deboli pensando di rafforzarle con una scultura.
In seguito ho messo vicino al rosone duecento pietre scolpite a forma di frutto. Non riuscivo, però, a capirne il significato. Non c'era materiale scritto! Mi chiesi perché dovessero esserci frutti e foglie sopra le grandi vetrate. Al di là dei rosoni e delle vetrate, nella chiesa, si pronunciano parole come "Dio" e "Bibbia". Cosa c'entrano i frutti? Nessuno me lo sapeva spiegare. Il mio essere giapponese mi è stato d'aiuto, perché nella nostra lingua "parola" si scrive con due ideogrammi che significano rispettivamente "foglia" e "che dice, che parla". Se scrivo "sto parlando" è come se scrivessi "sto dicendo foglie". Ecco svelato il significato: le migliaia di foglie sono le parole di Dio e le nostre anime sono i frutti che maturano nel tempo. Il nostro corpo può disgregarsi, ma l'anima è destinata al Paradiso. Questo è simboleggiato dai frutti, realizzati in vetro di Murano e pesanti quindici tonnellate ciascuno. I frutti della primavera sono sulla parte orientale, dove sorge il sole, mentre sulla parte occidentale sono collocati i frutti autunnali. Gaudí voleva dire che l'uomo ascolta molte parole e legge molti libri, quindi coltiva i frutti, riesce a far maturare i frutti. Nessuno aveva capito che le foglie rappresentavano le parole. All'inizio del Vangelo secondo Giovanni si legge: «In principio era il Verbo», il verbo, la parola, ha energia, quella forza che permette all'uomo di realizzare la propria vita. Perché Gaudí cercava di trasmettere messaggi con elementi naturali come frutti o foglie? In tutta la sua vita non ha mai scritto un libro, ha trasmesso tutto ai discepoli e i discepoli poi lo hanno imitato. Diceva che gli uomini non creano niente. L'uomo può solamente scoprire, dentro la natura, ciò che può fare. L'ultima frase di Gaudí fu: «Un piccolo contributo dato alle parole di Dio». L'uomo può dare il suo contributo, ma non può creare. Molti mi chiedono: «Dove sono le tue sculture?». Ne ho realizzate tante, in Giappone e in Spagna, al di fuori della Sagrada Familia, ma sono tutte opere che provengono da ciò che ho imparato da Gaudí. Io non ho niente di originale e, se anche Gaudí ha imparato dalla natura, cosa c'è di originale in Gaudí? Eppure tutti visitiamo la Sagrada Familia, tutti andiamo a vedere i monumenti di Gaudí, colui che considerava il suo lavoro come un piccolo contributo alla creazione divina. Noi pensiamo che l'uomo possa creare qualunque cosa, ma non è vero. Abbiamo smesso di imparare dalla natura e questo ci conduce alla rovina.
Gaudí era un architetto. Per lungo tempo l'architettura si è contrapposta alla legge di gravità, grazie alla quale possiamo stare seduti. Se non ci fosse, galleggeremmo nell'aria. Quindi la gravità è una grande forza, eppure si pensava che l'architettura ne fosse disturbata. Gaudí diceva, invece, che il vero problema è la mancanza d'intelligenza nell'architetto. Ci sono edifici che stanno in piedi grazie alla gravità e altri che la gravità tenta di distruggere.
Le Twin Towers di New York erano alte trecento metri e, subito dopo la loro distruzione, c'era già il progetto per un albergo alto trecento metri. Invece Gaudí con la Sagrada Familia si è fermato a un'altezza di 175 metri, perché di fianco c'è una collina di 180 metri. Gaudí non voleva costruire un edificio più alto di ciò che Dio aveva costruito. Questa è saggezza
. La scienza progredisce in modo ordinato, ma non dobbiamo dimenticarci del cuore, ossia dell'umiltà. Sarà l'umiltà a proteggere l'uomo e la razza umana.
Diceva Gaudí: «Se volete fare un buon lavoro dovete avere prima di tutto l'amore, e poi la tecnologia, l'abilità». Non c'è prima la techne, l'abilità, la competenza e poi i soldi; prima di tutto, all'inizio, ci deve essere l'amore, che è assoluto. Poi vengono la tecnologia e i soldi. Se volete fare un buon lavoro dovete avere amore. Se si osserva la pianta della Sagrada Familia si nota che la distanza tra le colonne è di 7,5 metri. Si pensava, in Catalogna come in Giappone e in Italia, che un passo umano misurasse 75 centimetri. Dieci passi sono 7,5 metri: questo costituisce un modulo. Il doppio sono 15 metri, come l'altezza minima delle colonne. Le colonne più alte misurano 22,5 metri, cioè tre volte il modulo di 7,5 metri, e il tetto è sette volte il modulo: 52 metri. Quindi la Sagrada Familia è costruita in base a moduli di 7,5 metri ciascuno. Ci sono 90 metri dall'ingresso fino in fondo, cioè dodici volte 7,5 metri. Gaudí ha usato questo sistema come linguaggio architettonico, ma non ha mai dimenticato il cuore.
C'era un unico spazio, nella Sagrada Familia, ultimato da Gaudí prima della morte, ed è stato distrutto nella guerra civile spagnola. Vi erano nascosti tutti i disegni, perciò ora non abbiamo più nessun originale. Mi hanno chiesto di restaurare questa parte e l'ho fatto. Ho realizzato una scultura di 52 centimetri, che raffigura una persona con una bomba. A causa di quella bomba morirono venti persone. Gaudí sosteneva che l'uomo non è perfetto, ma con l'umiltà e l'amore si può salvare dalla distruzione. Aveva detto: «Vorrei che, quando farai esplodere la bomba, tu vedessi Dio». Questo è il messaggio scritto sulla scultura. Dall'altra parte c'è una ragazzina che vuole soldi per aiutare il malato che le è a fianco: è l'amore di una ragazza che si prostituisce per salvare qualcun altro.
Il messaggio di Gaudí è il seguente: quando una persona è sicura di avere completamente ragione, è in quel momento che il diavolo si insinua in lei. È questo il terrorismo: la completa sicurezza di se stessi.
 

Postato da: giacabi a 18:00 | link | commenti
bellezza, gaudi

martedì, 29 maggio 2007
CHE BELLA COPPIA FORMANO DUE CREDENTI

Che bella coppia formano due credenti
che condividono la stessa speranza,
lo stesso ideale, lo stesso modo di vivere,
lo stesso atteggiamento di servizio!
Ambedue fratelli e servi dello stesso Signore,
senza la minima divisione nella carne e nello spirito,
insieme pregano, insieme s'inginocchiano
e insieme fanno digiuno,
s'istruiscono l'un l'altro,
si  sostengono a vicenda.
Stanno insieme nella Santa Assemblea,
insieme alla mensa del Signore,
insieme nella prova,
nella persecuzione, nella gioia.
Non c'è pericolo  che nascondano qualcosa,
che si evitino l'un l'altro,
che l'uno all'altro siano di peso.
Volentieri essi fanno visita ai malati
ed assistono i bisognosi.
Fanno elemosina senza mala voglia,
partecipano al Sacrificio senza fretta,
assolvono ogni giorno ai loro impegni, senza sosta.
Ignorano i segni di croce furtivi,
rendono grazie senza alcuna reticenza,
si benedicono senza vergogna nella voce.
Salmi ed inni essi recitano a voci alternate
e fanno a gara a chi meglio canta le lodi al suo Dio.
Vedendo e sentendo questo, Cristo gioisce
e ai due sposi manda la Sua pace.
Là dove sono i due, ivi è anche Cristo.
 (Tertulliano alla moglie, II,(8-9)
***
"Per sempre ..."
***

"Vieni a sederti accanto a me sulla panchina davanti a casa,

moglie cara.

È tuo diritto: saranno presto quasi quarant'anni che siamo insieme.

Questa sera è bel tempo ed è anche la sera della nostra vita:

tu hai ben meritato questo breve momento di riposo.

I nostri figli si sono ormai sistemati e se ne sono andati per il mondo;

e noi siamo di nuovo soli, come all'inizio.

Ricordi? Non avevamo nulla per cominciare,

bisognava fare tutto.

Ci siamo messi al lavoro ed è stata dura;

c'è voluto coraggio e perseveranza.

C'è voluto amore e l'amore non è quel che si crede quando si comincia.

Non sono soltanto quei baci che si scambiano,

quelle parole che si sussurrano all'orecchio:

non è neppure il tenersi stretti l'uno contro l'altra.

La vita è lunga, il giorno delle nozze non è che un giorno;

soltanto dopo, ricordi, è iniziata la vita.

Bisogna fare e viene disfatto;

bisogna rifare e viene disfatto ancora.

Vengono i figli: occorre nutrirli, vestirli, allevarli:

è una vicenda senza fine.

Talvolta si ammalavano, 

tu rimanevi in piedi tutta la notte,

io lavoravo dal mattino alla sera.

Giungono dei momenti in cui si dispera;

gli anni si succedono agli anni e non si va avanti.

Spesso sembra di tornare indietro.

Ricordi tutte queste cose?

Tutte queste preoccupazioni, tutti questi affanni:

soltanto tu sei sempre stata qui.

Siamo rimasti fedeli l'uno all'altra.

Ho potuto appoggiarmi a te e tu ti appoggiavi a me.

Abbiamo avuto la sorte d'essere insieme,

ci siamo messi tutte e due all'opera,

abbiamo resistito e tenuto duro.

Il vero amore non è quello che si crede.

Il vero amore non dura un giorno, ma sempre.

Vuol dire aiutarsi, comprendersi.

E, a poco a poco, si vede che tutto si accomoda.

I figli sono cresciuti, hanno preso una buona piega;

ne avevano avuto l'esempio.

Abbiamo consolidato le fondamenta della casa:

se tutte le case del paese saranno solide,

anche il paese sarà solido.

Perciò vieni accanto a me e guarda,

poiché quando il cielo è rosa come questa sera,

quando una polvere rosa s'alza da ogni parte e penetra fra gli alberi,

è giunto il tempo di raccogliere e riporre il grano.

Stringiti contro di me: non parleremo,

non abbiamo più bisogno di dirci nulla.

Abbiamo solo bisogno di stare insieme ancora una volta

e di attendere la notte nella soddisfazione del dovere compiuto". 

Charles-Ferdinand Ramuz (1878-1947)


Postato da: giacabi a 21:06 | link | commenti
chiesa, famiglia, bellezza, cristianesimo

venerdì, 27 aprile 2007
Gli innamorati
***
Gli innamorati si percepiscono belli, luminosi, perché si guardano con lo sguardo a cui li ha rapiti l’amore.
Più tardi si accorgono che non sono così, appaiono le mancanze, i difetti, i peccati.
È allora che matura la vocazione per la fedeltà, per aiutarsi l’un l’altro a diventare come ci si è visti nello sguardo dell’amore.
F. SoloviëvMarc Chagall

 
 

Postato da: giacabi a 13:55 | link | commenti
bellezza

La Bellezza del cristianesimo
***
 Sabato 24 marzo 2007. Roma, Piazza San Pietro
Saluto al Santo Padre Benedetto XVI di don Julián Carrón

presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione
“…… Noi siamo affascinati dalla bellezza di Cristo, resa persuasiva dall’intensità contagiosa di don Giussani, fino al punto che ciascuno di noi può ripetere con Jacopone da Todi: «Cristo me trae tutto, tanto è bello». Questa bellezza del cristianesimo noi l’abbiamo scoperta senza tralasciare niente di quello che è autenticamente umano. Anzi, per noi vivere la fede in Cristo coincide con l’esaltazione dell’umano. Tutto il tentativo educativo di don Giussani è stato mostrare la corrispondenza di Cristo con tutte le autentiche esigenze umane. Egli era convinto che solo una proposta rivolta alla ragione e alla libertà, e verificata nell’esperienza, fosse in grado di interessare l’uomo, perché l’unica in grado di fare percepire la sua verità, cioè la sua convenienza umana. Così ci ha mostrato come è possibile vivere la fede da uomini, nel pieno uso della ragione, della libertà e dell’affezione. Noi vogliamo seguire le sue orme.
Don Carron

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bellezza, cristianesimo, giussani, carron, senso religioso

lunedì, 16 aprile 2007

L’esperienza religiosa del cielo stellato
***

 

 
Sono trascorsi molti anni, ma ricordo come se fosse ieri.
Ero giovanissimo, avevo l’illusione che l’intelligenza umana potesse arrivare a tutto. E perciò m’ero ingolfato negli studi oltre misura. Non bastandomi la lettura di molti libri, passavo metà della notte a meditare sulle questioni più astruse.
Una fortissima nevrastenia mi obbligò a smettere; anzi a lasciare la città, piena di tentazioni per il mio cervello esaurito, e a rifugiarmi in una remota campagna umbra.
Mi ero ridotto a una vita quasi vegetativa: ma non animalesca. Leggicchiavo un poco, pregavo, passeggiavo abbondantemente in mezzo alle floride campagne (era di maggio), contemplavo beato le messi folte e verdi screziate di rossi papaveri, le file di pioppi che si stendevano lungo i canali, i monti azzurri che chiudevano l’orizzonte, le tranquille opere umane per i campi e nei casolari.
Una sera, anzi una notte, mentre aspettavo il sonno, tardo a venire, seduto sull’erba di un prato, ascoltavo le placide conversazioni di alcuni contadini lì presso, i quali dicevano cose molto semplici, ma non volgari né frivole, come suole accadere presso altri ceti. Il nostro contadino parla di rado e prende la parola per dire cose opportune, sensate e qualche volta sagge. Infine si tacquero, come se la maestà serena e solenne di quella notte italica, priva di luna ma folta di stelle, avesse versato su quei semplici spiriti un misterioso incanto. Ruppe il silenzio, ma non l’incanto, la voce grave di un grosso contadino, rozzo in apparenza, che stando disteso sul prato con gli occhi volti alle stelle, esclamò, quasi obbedendo ad una ispirazione profonda: «Com’è bello! E pure c’è chi dice che Dio non esiste».
Lo ripeto, quella frase del vecchio contadino in quel luogo, in quell’ora: dopo mesi di studi aridissimi, toccò tanto al vivo l’animo mio che ricordo la semplice scena come fosse ieri.
Un eccelso profeta ebreo sentenziò, or sono tremil’anni: «I cieli narrano la gloria di Dio». Uno dei più celebri filosofi dei tempi moderni scrisse: «Due cose mi riempiono il cuore di ammirazione e di reverenza: il cielo stellato sul capo e la legge morale nel cuore».
Quel contadino umbro non sapeva nemmeno leggere. Ma c’era nell’animo suo, custoditovi da una vita onesta e laboriosa, un breve angolo in cui scendeva la luce di Dio, con una potenza non troppo inferiore a quella dei profeti e forse superiore a quella dei filosofi.
Enrico Fermi

Postato da: giacabi a 20:06 | link | commenti (2)
bellezza, fermi, senso religioso

venerdì, 13 aprile 2007
LA BELLLEZZA
E’ SIMBOLO DELLA VERITA’
***
“Ogni artista nel corso della sua permanenza sulla terra trova e lascia dopo di se una particella di verità sulla civilizzazione, sull'umanità. Il concetto stesso di ricerca e oltraggioso per un artista. Assomiglia alla raccolta di funghi in un bosco. Forse ne troveremo o forse no. Picasso diceva addirittura: "io non cerco, trovo". A mio parere, l'artista non procede affatto come un ricercatore, egli non agisce empiricamente in nessuna maniera ("proverò a fare questo, tenterò quest'altro"). L'artista da una testimonianza sulla verità, sulla sua verità del mondo. L'artista deve essere certo che egli e la sua creazione rispondono alla verità. Io rifiuto il concetto di esperimento, di ricerca nella sfera dell'arte. Qualsiasi ricerca in questo ambito, tutto ciò che chiamano pomposamente "avanguardia" e semplicemente menzogna. Nessuno sa che cos'è la bellezza. L'idea che la gente si fa della bellezza, il concetto stesso di bellezza, mutano nel corso della storia assieme alle pretese filosofiche e al semplice sviluppo dell'uomo nel corso della sua vita personale. E questo mi spinge a pensare che, effettivamente, la bellezza e il simbolo di qualcos'altro. Ma di cosa esattamente? La bellezza e simbolo della verità. Non dico nel senso della contraddizione "verità/menzogna", ma nel senso di cammino di verità, che l'uomo sceglie. La bellezza (si intende quella relativa!) ha nelle diverse epoche testimoniato del livello di consapevolezza, che gli uomini di una determinata epoca hanno della verità. Ci fu un tempo in cui questa verità aveva l'aspetto della Venere di Milo. Ne consegue che l'intera collezione di ritratti femminili, diciamo, di un Picasso non ha, a rigor di termini, la minima relazione con la verità. Ma qui non parliamo della capacita di attrazione ne di qualcosa di carino
 parliamo della bellezza armonica, della bellezza nascosta, della bellezza in quanto tale. Picasso, invece di celebrare la bellezza, si e comportato come il suo distruttore, il suo detrattore, il suo sterminatore. La verità, manifestata dalla bellezza, è enigmatica; essa non può essere ne decifrata ne spiegata con le parole, ma quando un essere umano, una persona si trova accanto a questa bellezza, si imbatte in questa bellezza, sta di fronte a questa bellezza, essa fa sentire la sua presenza, almeno con quei brividi che corrono lungo la schiena. La bellezza è come un miracolo, del quale l'uomo diventa involontariamente testimone. Tutto qua. Mi sembra che l'essere umano sia stato creato per vivere. Vivere nel cammino verso la verità. Ecco perché l'uomo crea. In una certa misura l'uomo crea nel cammino verso la verità. Questo e il suo modo di esistere, e l'interrogativo sulla creazione ("Per chi gli uomini creano? Perché essi creano?") e senza risposta. Effettivamente ogni artista non soltanto ha una sua concezione sulla creazione ma ha anche un suo modo personale di interrogarsi su cio'. Questo si collega a quanto io adesso dico sulla verità, alla quale noi tendiamo, alla quale contribuiamo con le nostre piccole forze. Un ruolo fondamentale gioca qui l'istinto, l'istinto del creatore. L'artista crea istintivamente, egli non sa perché proprio in quel momento fa una cosa oppure un'altra, scrive proprio di questo, dipinge proprio questo. Soltanto dopo egli comincia ad analizzare, a trovare spiegazioni, a filosofeggiare e giunge alle risposte che non hanno nulla in comune con l'istinto, col bisogno istintivo di fare, creare, esprimere se stesso. In un certo senso la creazione e rappresentazione dell'essenza spirituale nell'uomo ed è la contrapposizione all'essenza fisica; la creazione è in un certo senso la dimostrazione dell'esistenza di questa essenza spirituale. Nell'ambito delle attività umane non c'è nulla che sarebbe più inutile, più senza scopo, non c'e nulla che sarebbe più a se stante della creazione. Se si esclude dalle attività umane tutto quanto attiene al raggiungimento del profitto, rimarrà soltanto l'arte. Per contemplazione io intendo soltanto dire quello che origina l'immagine artistica o l'idea che noi ce ne facciamo. Questo è assolutamente individuale. L'immagine artistica, il significato dell'immagine artistica possono scaturire soltanto dall'osservazione. Se non si basa sulla contemplazione, l'immagine artistica si trasforma in simbolo, cioè in qualcosa che forse puo essere spiegato dalla ragione, e, allora, l'immagine artistica non esiste: essa infatti non riflette più l'umanità, il mondo. L'autentica immagine artistica deve riflettere non soltanto la ricerca di un povero artista alle prese con i suoi problemi umani, con i suoi desideri e bisogni. Essa deve riflettere il mondo. Ma non il mondo dell'artista ma il cammino dell'umanità verso la verità. Della semplice sensazione del contatto con l'anima, che qui, da qualche parte, al di sopra di noi, dinanzi a noi vive nell'opera d'arte in misura tale da stimarla geniale. In questo e l'impronta originale del genio.
Ci fu un tempo in cui io potevo chiamare miei ex
maestri, le persone che hanno avuto un'influenza su di me. Adesso, nella mia coscienza, si conservano soltanto dei "personaggi", per meta santi, per meta folli. Questi "personaggi" sono forse un po' invasati ma non dal diavolo; si potrebbe dire che sono "i pazzi di dio". Tra i vivi cito Robert Bresson. Tra i morti, Lev Tolstoj, Bach, Leonardo da Vinci... In fin dei conti, tutti costoro erano pazzi. Perché non hanno assolutamente cercato nulla nella loro testa. Hanno creato senza il concorso della testa... Essi mi spaventano e mi ispirano. Non e assolutamente possibile spiegare la loro creazione. Sono state scritte migliaia di pagine su Bach, Leonardo e Tolstoj ma, in conclusione, nessuno ha potuto spiegare nulla. Nessuno, grazie a dio, ha potuto trovare, sfiorare la verità, toccare l'essenza della loro creazione! Questo dimostra ancora una volta che il miracolo è inspiegabile...
Nel senso più alto di questo concetto
 la libertà, soprattutto nel senso artistico, nel senso della creazione, non esiste. Si, l'idea della libertà esiste, e una realtà nella vita sociale e politica. In diverse regioni e paesi gli uomini vivono avendo più o meno libertà; ma vi sono note testimonianze che dimostrano che nelle più orribili circostanze ci sono stati uomini che hanno avuto una inaudita libertà interiore, un mondo interiore, nobiltà. Mi sembra che la libertà non consista nella qualità della scelta: la libertà è una condizione dello spirito. Per esempio, si può essere socialmente, politicamente, completamente "liberi" e non di meno morire per la sensazione di precarietà, di oppressione, di mancanza di futuro. Per cio che concerne la libertà della creazione, di questo non si puo assolutamente discutere. Senza di essa non puo esistere una sola arte. L'assenza della libertà deprezza automaticamente l'opera d'arte, poiché questa assenza impedisce a chi viene per ultimo di rivelarsi nella forma migliore. L'assenza di questa libertà porta a che l'opera d'arte, nonostante la sua esistenza fisica, non esista di fatto. Nella creazione dobbiamo vedere non soltanto la creazione. Purtroppo, nel XX secolo appare predominante la tendenza secondo la quale l'artista
 individualista, invece di tendere alla creazione dell'opera d'arte, se ne serve per evidenziare il proprio "io". L'opera d'arte diventa manifestazione dell'io del suo creatore e si trasforma, possiamo dire, in megafono delle sue minime pretese. Questo vi e noto meglio che a me. Ne ha scritto molto Paul Valery. Al contrario, il vero artista, e a maggior ragione il genio, appaiono schiavi del dono che distribuiscono. Essi sono legati da questo dono agli uomini, al cui nutrimento spirituale e al cui servizio sono stati scelti. Ecco in cosa consiste per me la libertà.”
Andrej Tarkovskij.
Dall’'ultima intervista (inedita in italiano) da lui concessa a"Le Figaro" nell'ottobre 1986

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bellezza, verità, tarkovskij

lunedì, 19 marzo 2007
"COSA CI TOCCA DIFENDERE"

ADERISCI
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GESÙ CI FA GUSTARE DI  PIÙ LA VITA
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«La cucina dei polacchi, cattolici, è ottima; quella dei loro vicini tedeschi orientali, protestanti, è pessima. Come mai, visto che clima e materia prima sono uguali? Qui come altrove, la spiegazione è religiosa: ovunque la gastronomia dei riformati è meno saporita e meno ricca di quella dei cattolici. Il fatto è che il protestantesimo ha creato sì una società economicamente assai vivace (Max Weber aveva ragione: le virtù della borghesia industriale sono quelle dei calvinisti e dei puritani), ma ha indebolito la joie de vivre: l'uomo è visto solitario davanti a Dio, deve assumere tutto il peso delle sue azioni e delle sue colpe, perfino quella dell'abbandono alla "sensualità" del cibo. Il cattolico è più libero, meno complessato, perché sa che ad aiutarlo e a giustificarlo c'è tutta una rete di mediazioni ecclesiali e culturali, c'è soprattutto la confessione con il suo perdono liberante. Il protestantesimo mette addosso una cappa terribile, dicendo: "Salvarti è affar tuo, è un tuo rapporto personale con Dio". Così o gli uomini si schiantano o sono costretti a fingere una virtù che non possono praticare.  E spunta quel pericolo dell’ipocrisia cui sono esposte tante parti d’Europa e dell’America del Nord.»
Leo Moulin

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bellezza, cristianesimo, moulin

venerdì, 02 febbraio 2007
IL CUORE DELL’UOMO
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"Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto piú spesso e piú a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me. Queste due cose io non ho bisogno di cercarle e semplicemente supporle come se fossero avvolte nell’oscurità, o fossero nel trascendente fuori del mio orizzonte; io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza. La prima comincia dal posto che io occupo nel mondo sensibile esterno, ed estende la connessione in cui mi trovo a una grandezza interminabile, con mondi e mondi, e sistemi di sistemi; e poi ancora ai tempi illimitati del loro movimento periodico, del loro principio e della loro durata. La seconda comincia dal mio io indivisibile, dalla mia personalità, e mi rappresenta in un mondo che ha la vera infinitezza, ma che solo l’intelletto può penetrare, e con cui (ma perciò anche in pari tempo con tutti quei mondi visibili) io mi riconosco in una connessione non, come là, semplicemente accidentale, ma universale e necessaria. Il primo spettacolo di una quantità innumerevole di mondi annulla affatto la mia importanza di creatura animale che deve restituire al pianeta (un semplice punto nell’Universo) la materia della quale si formò, dopo essere stata provvista per breve tempo (e non si sa come) della forza vitale. Il secondo, invece, eleva infinitamente il mio valore, come [valore] di una intelligenza, mediante la mia personalità in cui la legge morale mi manifesta una vita indipendente dall’animalità e anche dall’intero mondo sensibile, almeno per quanto si può riferire dalla determinazione conforme ai fini della mia esistenza mediante questa legge: la quale determinazione non è ristretta alle condizioni e ai limiti di questa vita, ma si estende all’infinito”
 Immanuel Kant [Critica della ragion pratica, Conclusione, Laterza, Bari, 1974]

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bellezza, kant, senso religioso

martedì, 30 gennaio 2007
La Bellezza è segno di Dio
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“Mostrami un amante che sia pur bellissima, a che servirà la sua bellezza se non come segno ove o legga il nome di colei che di questa bellissima è più bella?"
(Shakespeare mette in bocca a Romeo nel dramma (Romeo e Giulietta, atto I scena I)

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shakespeare, bellezza

lunedì, 29 gennaio 2007
L’istinto del Bello
***
È questo ammirevole, questo immortale istinto del Bello che ci fa considerare la terra e i suoi spettacoli come un’intuizione, come una corrispondenza del Cielo. La sete insaziabile di tutto quanto è al di là e che la vita svela, è la prova più viva della nostra immortalità. Allo stesso tempo è con la poesia e attraverso la poesia, con e attraverso la musica che l'anima intravede gli splendori situati dietro la tomba; e quando una squisita poesia fa salire le lacrime agli occhi, queste lacrime non sono la prova di un eccesso di godimento, quanto invece la testimonianza di una malinconia irritata, di un postulato dei nervi, di una natura esiliata nell'imperfetto e che vorrebbe impadronirsi immediatamente, su questa terra stessa, di un paradiso rivelato»
C.Baudelaire. Opere A. Mondatori Editore

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baudelaire, bellezza, senso religioso

lunedì, 08 gennaio 2007
Il diacono Giacomo di Edessa racconta che ad Antiochia viveva una bellissima donna, Pelagia, un'attrice famosa. Agli occhi degli ecclesiastici era una professione a rischio. Un giorno passò per la via, abbagliante, vestita in abiti molto succinti, con un corteo di giovanotti vivaci fa canti e musiche. Passarono accanto a un gruppo di vescovi che stavano tenendo una discussione all'aperto, sotto un albero. I vescovi tutti si nascondono il volto per non vederla. Eccetto un santo monaco del deserto, Nonno, che "rivolse lo sguardo verso di lei intensissimamente e a lungo, tanto che dopo che fu passata egli ancora la fissava e la guardava". Poi voltò il capo verso gli altri vescovi e disse: "Non vi rallegra una così grande bellezza?". E siccome nessuno di loro rispondeva, riprese: "Io mi sono rallegrato moltissimo e mi è piaciuta la sua bellezza, poiché Dio la metterà al primo posto (Mt 21, 31) e la stabilirà davanti al suo tremendo e mirabile trono (Ap 7,9) per giudicare sia noi sia il nostro episcopato".
 

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bellezza

giovedì, 04 gennaio 2007
La realtà è segno di Dio 
sta a  noi aprire il cuore  per ammirarla
***
  “Un giorno il viandante chiuse la porta dietro di sé e pianse. Poi disse :’Questo ardente desiderio del vero, del reale, del non apparente, del certo, come lo odio...(Nietzsche).
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La Bellezza
è lo splendore del Vero
San Tommaso d’Aquino
lago gusana +sardegna

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bellezza, nietzsche, stommaso

sabato, 16 dicembre 2006
Tardi ti ho amato,
 o Bellezza sempre antica e sempre nuova,
 tardi ti ho amato!
Ed ecco tu eri dentro di me
e io ero fuori e là ti cercavo
ed io nella mia deformità mi gettavo
sulle cose ben fatte che tu avevi creato.
Tu eri con me ed io non ero con te.
Quelle bellezze esteriori mi tenevano lontano da te
 e tuttavia se esse non fossero state in te
 non sarebbero affatto esistite.
Tu mi hai chiamato e hai squarciato la mia sordità;
 tu hai brillato su di me e hai dissipato la mia cecità.
Tu hai emanato la tua fragranza
e io ho sentito il tuo profumo e ora ti bramo.
Ho gustato e ora ho fame e sete.
Tu mi hai toccato e io bramo la tua pace.
 (S. Agostino)
 

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dio, bellezza, agostino

martedì, 10 ottobre 2006
Teologia solubile –
I - Premessa
C'è il caffè, e c'è il caffè solubile. C'è la Teologia, e ci sono queste note che vi infliggerò saltuariamente nei prossimi mesi in un tentativo vagamente masochistico di cercare di spiegare (in modo spero semplice) alcune delle verità del Cristianesimo. Poichè noto che spesso chi parla della Chiesa non ha la più pallida idea di cosa la Chiesa sia, partirò illustrando quella sequenza che la Chiesa stessa, da sedici e passa secoli, usa per identificare se stessa: il Simbolo Niceno-Costantinopolitano, noto con l'affettuoso soprannome di Credo.
Mi perdonino gli amanti del caffè espresso.
Teologia vuol dire: parlare di Dio (Theo=Dio, Logia=parlare di). Corbezzoli. Roba grossa, difficile. Però...
Come uomini, noi desideriamo cose: una donna, un'auto, non essere tartassati, una giornata di sole. Ma se guardiamo bene, nessuna di queste cose ci soddisfa appieno. Vorremmo una donna che ci ama totalmente; una giustizia per il mondo; che tutto sia bello. Insomma L'Amore, LA Giustizia, LA Bellezza, LA Verità. Che non sono però di questa terra, evidentemente: sono come un Mistero a cui tendiamo ma a cui non riusciamo ad arrivare.
Il nome che diamo a questo Mistero, cioè alla Bellezza, all Giustizia, alla Verità, all'Amore, è Dio. Perciò quando parliamo in un certo modo della donna, dell'auto, di tutto, parliamo di Dio. Teologia, amici. Noi facciamo continuamente teologia.
La storia umana è un ininterrotto tentativo di conoscere questo Mistero dell’esistenza. Ma Dio, questo Mistero, non si può conoscere, se non per quello che Lui ci rivela.
Dio si è rivelato facendosi Uomo, duemila anni fa. E il metodo con cui questo Mistero si rivela nel mondo oggi è la Chiesa.
Così qui di seguito affronteremo parola per parola il fondamento che questa stessa Chiesa ha dato per identificarsi, per evidenziare quello che la distingue da tutti gli altri innumerevoli tentativi che l’Uomo ha fatto nei secoli per conoscere questo Mistero. Insomma, il Credo.
Ma la Chiesa è una vita, e come tale per comprenderla veramente, al di là delle parole, occorre viverla, parteciparvi. Occorre coinvolgersi con essa, così come per conoscere una persona bisogna viverci assieme. Solo così si riuscirà a dare un volto alle parole, si farà sì che non rimangano puro suono che non incide e svanisce. Capirle. Ed amarle. (segue...)

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chiesa, bellezza, senso religioso

La SS che vide la BELLEZZA

C'era una SS che, per i suoi delitti orrendi, un giorno, sul far dell'alba, veniva portato al patibolo. Gli restavano ancora una cinquantina di passi fino al punto dell'esecuzione, che aveva luogo nello stesso cortile del carcere. E in questa traversata, l'occhio per caso gli si posò sul muro sbrecciato del cortile, dove era spuntato uno di quei fiori seminati dal vento, che nascono dove capita e si nutrono, sembrerebbe, d'aria e di calcinaccio. Era un fiorellino misero, composto di quattro petali violacei e di un paio di pallide foglioline, ma in quella prima luce nascente, la SS ci vide, con suo stupore, tutta la bellezza e la felicità dell'universo e pensò: "Se potessi tornare indietro, e fermare il tempo, sarei pronto a passare l'intera mia vita nell'adorazione di quel fiorelluccio". Allora, come sdoppiandosi, sentì dentro di sè la sua propria voce, che gli gridava: "In verità ti dico, per questo ultimo pensiero che hai fatto sul punto di morte, sarai salvo dall'inferno." Tutto ciò a raccontartelo mi ha preso un certo intervallo di tempo, ma là ebbe la durata di mezzo secondo. Fra la SS che passava in mezzo alle guardie e il fiore che si affacciava al muro, c'era tuttora, più o meno, la stessa distanza iniziale, appena un passo: "No! - gridò tra sé e sé la SS, voltandosi indietro con furia - Non ci ricasco, no, in certi trucchi! E siccome aveva le mani legate impedite, staccò quel fiorellino coi denti poi lo buttò in terra, lo pestò sotto i piedi. E ci sputò sopra".
 (Elsa Morante "La Storia" Einaudi, Torino 1974, pp604-605)


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