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sabato 4 febbraio 2012

benedettoXVI, 6

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++
Dio non ci lascia brancolare nel buio;
si è mostrato come uomo.
Egli è tanto grande da potersi permettere di diventare piccolissimo.
Dio ha assunto un volto umano.
Solo questo Dio ci salva dalla paura del mondo
e dall'ansia di fronte al vuoto della propria esistenza.
 Benedetto XVI

Cristo arriva proprio qui, al mio atteggiamento di uomo,
di uno cioè che aspetta qualcosa perchè si sente tutto mancante;
si è messo insieme a me, si è proposto al mio bisogno originale
Luigi Giussani

BUON NATALE

Presepe- Ospedale Marino CA+++
Il presepe che ho realizzato insieme ad alcuni colleghi nel mio posto di lavoro.
Che il Signore ci doni la pace.

Postato da: giacabi a 17:54 | link | commenti (1)
chiesa, benedettoxvi, presepe

lunedì, 13 novembre 2006


L’Amore

"Due cose emergono chiaramente da questo rapido sguardo alla concezione dell'eros nella storia e nel presente. Innanzitutto che tra l'amore e il Divino esiste una qualche relazione: l'amore promette infinità, eternità — una realtà più grande e totalmente altra rispetto alla quotidianità del nostro esistere. Ma al contempo è apparso che la via per tale traguardo non sta semplicemente nel lasciarsi sopraffare dall'istinto. Sono necessarie purificazioni e maturazioni, che passano anche attraverso la strada della rinuncia. Questo non è rifiuto dell'eros, non è il suo «avvelenamento », ma la sua guarigione in vista della sua vera grandezza. Ciò dipende innanzitutto dalla costituzione dell'essere umano, che è composto di corpo e di anima. L'uomo diventa veramente se stesso, quando corpo e anima si ritrovano in intima unità la sfida dell'eros può dirsi veramente superata, quando questa unificazione è riuscita. Se l'uomo ambisce di essere solamente spirito e vuol rifiutare la carne come una eredità soltanto animalesca, allora spirito e corpo perdono la loro dignità. E se, d'altra parte, egli rinnega lo spirito e quindi considera la materia, il corpo, come realtà esclusiva, perde ugualmente la sua grandezza. L'epicureo Gassendi, scherzando, si rivolgeva a Cartesio col saluto: « O Anima! ». E Cartesio replicava dicendo: « O Carne! ». Ma non sono né lo spirito né il corpo da soli ad amare: è l'uomo, la persona, che ama come creatura unitaria, di cui fanno parte corpo e anima. Solo quando ambedue si fondono veramente in unità, l'uomo diventa pienamente se stesso. Solo in questo modo l'amore — l'eros — può maturare fino alla sua vera grandezza”
.
(Benedetto XVI, Deus Caritas Est)

Postato da: giacabi a 20:25 | link | commenti
benedettoxvi

domenica, 08 ottobre 2006
 

Ecco che cosa ha scritto Redeker tanto da essere minacciato
di morte

Pubblichiamo l’articolo incriminato di Robert Redeker uscito il 19.09.06 sul Figaro.
di Robert Redeker



Le reazioni suscitate dall’analisi di Benedetto XVI sull’islam e la violenza fanno parte dell’obiettivo che lo stesso islam si pone: spazzare via la cosa più preziosa che possiede l’occidente e che non esiste in alcun paese musulmano, ovvero la libertà di pensiero e di espressione. L’islam sta cercando di imporre all’Europa le proprie regole: apertura delle piscine solo per le donne a determinati orari, divieto di satira della religione, pretesa di avere un certo tipo di alimentazione per i bambini musulmani nelle mense scolastiche, lotta per imporre il velo nelle scuole, accusa di islamofobia contro gli spiriti liberi.

Come si spiega il divieto dell’estate scorsa di portare il tanga a Paris-Plage? La spiegazione addotta è quantomeno strana: c’era il rischio, si dice, di “turbare l’ordine pubblico”. Cosa significa? Che bande di giovani frustrati avrebbero rischiato di diventare violenti di fronte alla bellezza che faceva mostra di sé? Oppure si temevano manifestazioni islamiche, nelle vesti di brigate della virtù, nella zona di Paris-Plage?

In realtà, il fatto che portare il velo in pubblico non sia vietato è qualcosa che può “turbare l’ordine pubblico” molto più del tanga, a causa della condanna che suscita questo strumento per l’oppressione delle donne. Non è fuori luogo pensare che tale divieto rappresenti una certa islamizzazione della mentalità francese, la sottomissione più o meno conscia ai dettami dell’islam. O quantomeno che questo sia il risultato dell’insidiosa pressione musulmana sulla mentalità della gente: le stesse persone che sono insorte contro l’inaugurazione di un sagrato dedicato a Giovanni Paolo II a Parigi non fiatano quando si costruiscono le moschee. L’islam sta cercando di obbligare l’Europa ad adeguarsi alla sua visione dell’uomo.

Come già accadde con il comunismo, l’occidente è ora sotto sorveglianza ideologica. L’islam si presenta, esattamente come il defunto comunismo, come alternativa al mondo occidentale. E come il comunismo di altri tempi, l’islam, per conquistare gli animi, gioca su fattori emotivi. Ostenta una legittimità che turba la coscienza occidentale, attenta al prossimo: il fatto di porsi come la voce dei poveri di tutto il mondo. Ieri la voce dei poveri proveniva da Mosca; oggi viene dalla Mecca. Oggi degli intellettuali si fanno portatori dello sguardo del Corano, come ieri avevano fatto con lo sguardo di Mosca. Ora la scomunica è per l’islamofobia, come lo era stata in passato per l’anticomunismo.

Nell’apertura agli altri, che è propria dell’occidente, si manifesta una secolarizzazione del cristianesimo che può essere riassunta in questi termini: l’altro deve sempre venire prima di me. L’occidentale, erede del cristianesimo, è colui che mette a nudo la propria anima, assumendosi il rischio di passare per debole. Come il defunto comunismo, l’islam considera la generosità, l’apertura mentale, la tolleranza, la dolcezza, la libertà delle donne e dei costumi e i valori democratici come segni di decadenza.


Sono debolezze che sfrutta volutamente grazie a degli “utili idioti”, buone coscienze imbevute di buoni sentimenti, per imporre l’ordine coranico nel mondo occidentale.

Il Corano è un libro di una violenza
inaudita. Maxime Rodinson sostiene, nell’Encyclopedia Universalis, alcune verità importanti che in Francia sono considerate tabù. Infatti, da una parte, “Maometto rivelò a Medina delle insospettate qualità di dirigente politico e capo militare (…) Ricorse alla guerra privata, istituzione comune in Arabia (…) Maometto inviò subito manipoli di suoi sostenitori ad attaccare le carovane della Mecca, punendo così i suoi connazionali increduli e, al contempo, ottenendo un ricco bottino”.

Dall’altra, “Maometto approfittò di questo successo per eliminare da Medina, facendola massacrare, l’ultima tribù ebrea ancora esistente, quella dei Qurayza, con l’accusa di comportamento sospetto”. Poi, “dopo la morte di Khadidja, sposò una vedova, brava donna di casa di nome Sawda, e anche la piccola Aisha, che aveva appena dieci anni. Le sue tendenze erotiche, a lungo represse, lo avrebbero portato a contrarre contemporaneamente una decina di matrimoni”. C’è un’esaltazione della violenza, perché il Corano mostra Maometto sotto questa luce: guerrafondaio senza pietà, predatore, massacratore di ebrei e poligamo. Ovviamente anche la chiesa cattolica ha le sue colpe. La sua storia è costellata di pagine nere, delle quali ha fatto ammenda: l’inquisizione, la caccia alle streghe, l’esecuzione dei filosofi Bruno e Vanini, la condanna degli epicurei, quella del cavaliere de La Barre, accusato di empietà in pieno XVIII secolo, non depongono a suo favore. Però c’è una differenza fondamentale tra il cristianesimo e l’islam: è sempre possibile tornare ai valori evangelici, alla dolce personalità di Gesù Cristo, riscattandosi dagli errori della chiesa.

Nessun errore della chiesa è stato ispirato dal Vangelo. Gesù è per la non violenza, e il ritorno al Cristo rappresenta la salvezza nei confronti di certi eccessi dell’istituzione ecclesiale. Il ricorso a Maometto, invece, rafforza l’odio e la violenza. Gesù è il maestro dell’amore, Maometto, il maestro dell’odio. La lapidazione di Satana che si ripete ogni anno alla Mecca non è solo un fenomeno superstizioso: non si riduce infatti allo spettacolo di una folla isterica che flirta con la barbarie, ma ha una portata antropologica. Si tratta invero di un rito che ogni musulmano è invitato ad accettare, radicando la violenza come dovere sacro nel cuore del credente.

Questa lapidazione, che ogni anno provoca la morte di fedeli calpestati dalla folla (a volte anche centinaia), è un rituale che ingloba la violenza arcaica.

Anziché eliminare questa violenza arcaica neutralizzandola, sulla scia dell’ebraismo e del cristianesimo (l’ebraismo inizia con il rifiuto del sacrificio umano, che è l’ingresso nella civiltà, mentre il cristianesimo trasformerà il sacrificio in eucarestia), l’islam le crea un bel nido per crescere al caldo. Mentre l’ebraismo e il cristianesimo sono religioni i cui riti sono rivolti contro la violenza e la delegittimano, l’islam è una religione che esalta la violenza e l’odio, sia nel suo testo sacro che in alcuni riti comuni. Odio e violenza pervadono il testo sul quale si formano tutti i musulmani: il Corano
. Come ai tempi della Guerra fredda, la violenza e l’intimidazione vengono utilizzate al servizio di un’ideologia che si vuole egemone: l’islam, che mira a mettere la sua cappa di piombo sul mondo intero. Benedetto XVI sta soffrendo la crudeltà di tale esperienza. Come in altri tempi, è necessario dire a chiare lettere che l’occidente è “il mondo libero” nei confronti di quello musulmano, e, come in quei tempi, gli avversari di questo “mondo libero”, funzionari zelanti del Corano, pullulano al suo interno.

(traduzione Studio Brindani)

Postato da: giacabi a 16:30 | link | commenti
ragione, islam, cristianesimo, benedettoxvi

lunedì, 02 ottobre 2006


Da: www.ilgiornale.it  del 28/09/2006
Un nesso ineludibile      

Giorgio Vittadini(*)

Con la lezione a Ratisbona il Papa ha voluto sottolineare
Innanzitutto una concezione di ragione
 come apertura ad ogni dimensione dell'umano. Un significativo
esempio di tale concezione è contenuto nell'omelia dello
stesso Pontefice del 10 settembre a Monaco dove ha affermato
che «esiste in alcuni l'idea che i progetti sociali siano da
promuovere con massima urgenza, mentre le cose che riguardano
Dio o addirittura la Fede cattolica siano cose
 piuttosto particolari e meno prioritarie». In tal modo Benedetto XVI
Ha affrontato il tema del dualismo tra impegno sociale e concezione
dell'uomo (e quindi, annuncio cristiano) giustificato,
non solo tra i laici, ma anche tra molti fedeli e cattolici,
dall'idea che sia sufficiente realizzare progetti utili, in modo
neutrale, senza troppa enfasi sulle ragioni per cui li si fa.
Sembra così di poter fare un Bene disinteressato, rispettando
le identità di ciascuno, senza inculcargli le proprie convinzioni.
Eppure tutto questo non tiene alla prova dei fatti.
Spesso chi è impegnato in un’attività sociale, anche se cristiano,
dopo un po’ si stanca del suo impegno di fronte all' immensità
dei bisogni, affrontati nell’illusione di risolverli.
Così,capita che cominci a pensare che «non serve la carità,
ci vuole la giustizia» identificando in una scelta politica il
contenuto della sua fede e del suo impegno. Eppure, anche
questo impegno politico alla lunga non tiene.
Così, mentre 40 anni fa, in un ottimismo tipico di quegli
anni, si pensava che bastasse uno sviluppo economico diffuso
e sistemi politici migliori perché ci fossero concordia e
pace, oggi si scopre che incrementi del PIL
possono convivere con sfruttamento e mancanza di diritti umani;
che ci possono essere estensioni delle democrazie
«all'occidentale» che portano al potere gruppi
terroristici e regimi populisti che, in nome della difesa del
popolo, lo opprimono. L'intervento del Papa supera
 questo dualismo perché, affermando il nesso inscindibile
tra intervento sociale e concezione dell'uomo, indica scopo
e metodo anche dell'azione sociale. Sapere che ogni uomo è
nesso inscindibile e personale con l'infinito, fatto a immagine
di Dio; scoprire nella propria esperienza come il cuore è costituito
da una esigenza ultima di verità, giustizia, bellezza
non relativizzabili; incontrare nella realtà ciò che corrisponde a
queste esigenze elementari; riconoscere nella vita quotidiana
la presenza di un Dio fatto uomo, che solo può appagare
il desiderio di felicità, mostra i limiti di ogni intervento
caritativo e ne esalta il merito. Nessun progetto sociale, nessuno
 sviluppo economico,nessuna realizzazione politica
può appagare questa sete di infinito che costituisce l'uomo.
Come ha detto lo stesso Pontefice a Ratisbona «Ciò che
rimane dei tentativi di costruire un'etica partendo dalle regole
dell’evoluzione o dalla psicologia e dalla sociologia,è
semplicemente insufficiente». Chi non parte da una concezione
ragionevole dell'uomo e pretende di essere neutrale finisce
per commettere le peggiori violenze sull'uomo perché
non ne rispetta la natura e uccide l'impegno sociale.
I cristiani che dividono la fede dalle opere, prima o poi,
uccidono anche le opere.

(*) Presidente Fondazione
per la Sussidiarietà


Postato da: giacabi a 16:59 | link | commenti
ragione, benedettoxvi, vittadini

giovedì, 31 agosto 2006
    Il Volto Santo di Manoppello  

di Alessandro Renzo/ 19/08/2006
La località, la chiesa, le particolarità del telo, delle tesi di padre Heinrich Pfeiffer, la storia e l’importanza della "Veronica" (la "vera icona" di Gesù Cristo), della sua sparizione e del suo ritrovamento. E del pellegrinaggio che farà Benedetto XVI.
Era il 1999 e una notizia sorprendente veniva da Manoppello, un piccolo ma popoloso borgo di case disposte a schiera intorno al primitivo castrum, nell’Abruzzo ai piedi della Majella. Proprio qui, "dimenticata da 400 anni", così si sentiva dire, si trovava la Veronica (la "vera icona"), il velo su cui sarebbe rimasto impresso il Volto di Gesù Cristo e che si trovava una volta nella basilica di San Pietro a Roma. Un gesuita tedesco e storico dell’arte, che dal 1966 vive a Roma, il padre Heinrich Pfeiffer, aveva esaminato la reliquia di Manoppello dal punto di vista storico ed artistico ed era sicuro di aver identificato l’originale del velo santo. Un fatto che apriva vaste discussioni scientifiche, storiche e religiose. Si poteva, giusto in tempo per il Grande Giubileo e dopo quasi 2000 anni dalla Crocifissione, conoscere l’aspetto di Gesù? Sì, secondo padre Heinrich Pfeiffer, professore tedesco di iconologia e storia dell’arte cristiana all’Università Gregoriana di Roma.
Per tredici anni padre Pfeiffer si era dedicato ad approfondite ricerche su una reliquia che non era mai stata presa in seria considerazione dalla scienza. La reliquia, un velo di cm 17 x 24, si trova custodita nella chiesa del Convento dei frati cappuccini nel paese abruzzese di Manoppello. Mentre la Sindone di Torino, il lenzuolo funerario nella quale - secondo Matteo 27,59; Marco 15,46; Luca 23,52 - è stato avvolto Cristo, costituisce l’oggetto religioso e archeologico più esaminato del mondo (dalla scienza che si chiama Sindonologia), il velo di Manoppello è stato dimenticato dalla scienza per 400 anni.

Ciononostante, da quattro secoli il Santuario del Volto Santo di Manoppello è meta di pellegrini provenienti dall’Italia e da altre parti del mondo. Studiosi, teologi, filosofi, scrittori, artisti, uomini dotti, personaggi ecclesiastici e politici hanno sostato dinanzi al Volto Santo. Come tutti i santuari anche questo è "luogo di conversioni, di riconciliazione con Dio e oasi di pace" (papa Giovanni Paolo II), una "stazione e clinica dello spirito" (papa Paolo VI).

Il 1° settembre Benedetto XVI pellegrino
          al Volto Santo di Manoppello

Papa Benedetto XVI è un uomo cristiano obiettivo, una mente fredda che, anche per questioni religiosi, mette ai primi posti la ragione, senza misticismo e fede nei miracoli. Per questo motivo, a Roma ci si meraviglia della meta del suo prossimo viaggio e talvolta si commenta con una scrollata di testa. Perché prima di tornare in Baviera, Benedetto XVI vuole visitare il paese abruzzese di Manoppello. Vuole pregare davanti ad un sottilissimo velo che, in un modo singolare e mutevole, mostra il volto di un uomo maltrattato. Per i sostenitori della reliquia si tratta del Volto di Gesù Cristo, mentre per altri è anche oggetto di un giallo vaticano pieno di suspense.

Un’antica leggenda, riportata dagli apocrifi Atti di Pilato (sec. VI), narra che la pia donna, che asciugò il volto di Cristo lungo il tragitto verso il Calvario, recatasi a Roma, lasciò la sacra Reliquia a San Clemente. La Veronica, nome che indica sia il panno che la protagonista dell’evento miracoloso (e che è la deformazione lessicale di vera icona - vera immagine con cui nell’alto Medioevo si indicavano gli acherotipi di Cristo), divenne, con il primo Giubileo del 1300, una delle mirabilia urbis che i pellegrini visitavano in San Pietro. Numerose descrizioni parlano di un velo sottilissimo che reca impresso su ambedue i lati un Volto incorniciato dai capelli, asperso di sangue, ma di persona viva e con gli occhi aperti. Della Veronica romana, divenuta celebre in tutta la Cristianità, si perdono le tracce dopo il Giubileo del 1600, proprio quando si diffonde venerazione del Volto Santo di Manoppello.

Un piccolo gruppo di studiosi intorno a padre Heinrich Pfeiffer recentemente ha riportato l’attenzione sulla reliquia di Manoppello, sostenendone l’identità con il sacro velo romano. Pfeiffer ne è convinto che l’immagine di Manoppello è quel pezzo di stoffa che fu trovato 2000 anni fa nella tomba del predicatore di Nazareth. "Il sudario che si trovava sul volto di Gesù", si legge nel Vangelo di Giovanni. Circa 700 anni più tardi il misterioso velo trovava la sua via verso Roma diventava come il "Sudario della Veronica" la più importante reliquia della Cristianità. È storicamente provato che ha provocato grande fascino a pellegrini romei da tutto il mondo, più ancora della tomba di Pietro. Secondo la teoria il Volto Santo è sparito da Roma 500 cento anni fa, in occasione della costruzione della nuova basilica di San Pietro. Ladri di icone hanno approfittati del caos nel cantiere, per rubare la reliquia. Vengono indicati indizi e prove: l’immagine di Manoppello è il velo della Veronica. Solo la conformità all’immagine del Sudario di Torino è sensazionale.

Ufficialmente la Santa Sede non commenta queste "teorie ribelle" e perciò aveva fatto scalpore la visita a Manoppello dell’arcivescovo di Colonia cardinale Joachim Meissner, quando si trovava a Roma in occasione dell’ultimo conclave per l’elezione del nuovo papa. Sempre più persone vanno in pellegrinaggio a Manoppello. Si vedono pullman dalla Polonia, dalla Lituania, dalla Germania. Una signora che non il marito e con amici era venuta appositamente da Innsbruck dice: "Incredibile, in qualche modo misterioso. Non riesco a esprimere i sentimenti che suscita questa immagine". Il rinascimento della fede nei miracoli, nel XXI secolo, in mezzo all’Europa?

E il papa? A Manoppello già da tempo e oggi anche in Vaticano si ha annunciato, che il 1° settembre prossimo andrà dalla "madre di tutte le icone". La conferma ufficiale da parte della Santa Sede della visita, che viene considerata "privata", è stato affidato oggi ad una informazione "logistica" sul Bollettino N. 411 della Sala Stampa della Santa Sede. L'Avviso definisce la visita "Pellegrinaggio di Sua Santità Benedetto XVII al Santuario del Volto Santo a Manoppello (1° settembre 2006), ma non fornisce ulteriore dettaglio su un evento, considerato "visita privata". Allora un argomento scabroso, difficile? Un teologo a Roma dice: "Che il papa andrà a Manoppello è una piccola sensazione", considerato che Benedetto XVI è visto come uomo di ragione.

Ufficialmente, si tratterà dunque di una "visita privata" ... Le virgolette sono d’obbligo, perché, tuttavia, l’eccezionalità della Persona e la Sua disponibilità a salutare i fedeli che converranno a Manoppello nella mattinata, susciterà grande interesse tra il popolo abruzzese e nei mass media di tutto il mondo, che, dal 1999 circa, si occupano costantemente della sacra reliquie di Manoppello._manoppello-voltosanto-icona

Postato da: giacabi a 15:51 | link | commenti
benedettoxvi, volto santo

domenica, 30 luglio 2006
Ecco una parte del testo  dell'intervista che Benedetto XVI ha concesso alla Radiovaticana alla vigilia della Giornata mondiale della gioventù - è disponibile su www.radiovaticana.org:
…….Santità, quale il messaggio specifico che Lei vuole portare ai giovani che da tutto il mondo vengono a Colonia? Qual è la cosa più importante che lei vuole trasmettere loro?

Vorrei fare capire loro che è bello essere cristiani! L'idea genericamente diffusa è che i cristiani debbano osservare un'immensità di comandamenti, divieti, principi e simili e che quindi il cristianesimo sia qualcosa di faticoso e oppressivo da vivere e che si è più liberi senza tutti questi fardelli. Io invece vorrei mettere in chiaro che essere sostenuti da un grande Amore e da una rivelazione non è un fardello ma sono ali e che è bello essere cristiani. Questa esperienza ci dona l'ampiezza, ci dona però soprattutto la comunità, il fatto cioè che come cristiani non siamo mai soli: in primo luogo c'è Dio, che è sempre con noi; e poi noi, tra di noi, formiamo sempre una grande comunità, una comunità in cammino, che ha un progetto per il futuro: tutto questo fa sì che viviamo una vita che vale la pena di vivere. La gioia di essere cristiano: è bello ed è giusto, anche, credere!
Santo Padre, essere Papa significa essere 'costruttore di ponti' – 'pontifex', appunto. La Chiesa poggia su una saggezza antica, e Lei si trova oggi ad incontrare una gioventù che sicuramente ha tanto entusiasmo, ma in quanto a saggezza ha ancora molta strada da fare ... Come è possibile costruire un ponte tra questa antica saggezza – compresa anche quella del Papa, che ha una certa età – e la gioventù? Come si fa?
Bè, staremo a vedere quanto il Signore sarà disposto ad aiutarmi, in questa opera! Comunque, la saggezza non è quella cosa che ha un po' il sapore di stantìo – in tedesco, a questa parola si associa un po' anche questo sapore! Piuttosto, intendo per saggezza la comprensione di quello che è importante, lo sguardo che coglie l'essenziale. E' ovvio che i giovani devono ancora 'imparare' a vivere la vita, vogliono scoprirla da soli, non vogliono trovarsi la 'pappa pronta'. Ecco, qui forse si potrebbe vedere un po' la contraddizione. Al contempo, però, la saggezza aiuta ad interpretare il mondo, che è sempre nuovo perché, sia pur calato in nuovi contesti, riporta sempre e comunque all'essenziale e a come, poi, l'essenziale possa essere messo in pratica. In questo senso, credo che parlare, credere e vivere partendo da qualcosa che è stato donato all'umanità e le ha acceso dei lumi, non sia una 'pappa pronta stantìa', ma sia invece adeguato proprio alla dinamica della gioventù, che chiede cose grandi e totali. Ecco cos'è la saggezza della fede: non il fatto di riconoscere una gran quantità di dettagli, caratteristica necessaria invece in una professione, ma riconoscere, al di là di tutti i dettagli, l'essenziale della vita, come essere Persona, come costruire il futuro.

Santità, Lei ha detto, e questa Sua affermazione è stata ripresa: "La Chiesa è giovane", non è una cosa vecchia. In che senso?
Intanto, in senso strettamente biologico, perché ad essa appartengono molti giovani; ma essa è anche giovane perché la sua fede sgorga dalla sorgente di Dio, quindi proprio dalla fonte dalla quale viene tutto quello che è nuovo e rinnovatore. Non si tratta quindi di una minestra rifatta, scaldata e riscaldata, che ci viene riproposta da duemila anni. Perché Dio stesso è l'origine della giovinezza e della vita. E se la fede è un dono che viene da Lui – è l'acqua fresca che sempre ci viene donata – quella che poi ci consente di vivere e che poi noi, a nostra volta, possiamo immettere come forza vivificatrice nelle strade del mondo, vuol dire allora che la Chiesa ha la forza di ringiovanire. Uno dei Padri della Chiesa, osservando la Chiesa, aveva considerato che, con il passare degli anni, sorprendentemente essa non invecchiava ma diventava sempre più giovane, perché essa va sempre più incontro al Signore, sempre più incontro a quella sorgente dalla quale sgorga la giovinezza, la novità, il ristoro, la forza fresca della vita.


Santità, purtroppo proprio nei nostri Paesi ricchi del Nord, si manifestallontanamento dalla Chiesa e dalla fede in generale, ma soprattutto da parte giovani. Come ci si può opporre a questa tendenza? O meglio, come si può dare una risposta alla ricerca del senso della vita – "Che senso ha la mia vita?" – da parte dei giovani, per far sì che i giovani dicano: "Ehi, ecco quello che fa per noi: è la Chiesa!"?

Ovviamente, stiamo tutti cercando di presentare il Vangelo ai giovani in maniera che essi comprendano: "Ecco il messaggio che stavamo aspettando!". E' vero anche che nella nostra società occidentale moderna ci sono molte zavorre che ci allontanano dal cristianesimo; la fede appare molto lontana, anche Dio appare molto lontano ... La vita invece piena di possibilità e di compiti ... e tendenzialmente il desiderio dei giovani è di essere padroni della propria vita, di viverla al massimo delle sue possibilità ... Penso al Figliol Prodigo che considerava noiosa la sua vita nella casa paterna: "Voglio vivere la vita fino in fondo, godermela fino in fondo!". E poi si accorge che la sua vita è vuota e che in realtà era libero e grande proprio quando viveva nella casa di suo padre! Credo però che tra i giovani si stia anche diffondendo la sensazione che tutti questi divertimenti che vengono offerti, tutto il mercato costruito sul tempo libero, tutto quello che si fa, che si può fare, che si può comprare e vendere, poi alla fine non può essere 'il tutto'. Da qualche parte, ci dev'essere il 'di più'! Ecco allora la grande domanda: "Cos'è quindi l'essenziale? Non può essere tutto quello che abbiamo e che possiamo comprare!". Ecco allora il cosiddetto 'mercato delle religioni' che però in qualche modo torna ad offrire la religione come una merce e quindi la degrada, certamente. Eppure indica che esiste una domanda. Ora, occorre riconoscere questa richiesta e non ignorarla, non scansare il cristianesimo come qualcosa di ormai concluso e sufficientemente sperimentato, e contribuire affinché esso possa essere riconosciuto come quella possibilità sempre fresca, proprio perché originata da Dio, che cela e rivela in sé dimensioni sempre nuove ... In realtà, il Signore ci dice: "Lo Spirito Santo vi introdurrà in cose che io oggi non posso dirvi!". Il cristianesimo è pieno di dimensioni non ancora rivelate e si mostra sempre fresco e nuovo, se la domanda è posta dal profondo. In un certo senso, si imbatte la domanda che già c'è e la risposta che viviamo e che noi stessi, proprio attraverso quella domanda, riceviamo sempre di nuovo. Questo dovrebbe essere l'evento nell'incontro tra l'annuncio del Vangelo e l'essere giovani.

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