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sabato 4 febbraio 2012

Benoist

L’identità
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Il problema del riconoscimento delle identità è precisamente uno di quelli che risorgono oggi con più forza in ragione della crisi dello Stato nazione occidentale.
Nella postmodernità, il grande progetto moderno di uno spazio unificato, controllato e costruito dall'alto si trova messo radicalmente in discussione. In un contesto generale di perdita di punti di riferimento, lo Stato Nazione non giunge più a integrare i gruppi nè a (ri)produrre il vincolo sociale.
Non fornisce più ai membri della società un sentimento di unità, una ragione  di vivere e di morire, ossia una ragione per sacrificare i loro interessi personali e talvolta a qualche realtà che ecceda la loro propria individualità.
Esso appare come una struttura astratta, burocratica, lontana dalla vita reale. Questa evoluzione libera delle rivendicazioni particolaristiche di ogni genere.  Le identità nazionali si disgregano, ma è vantaggio di altre forme di identità. Più la comunità nazionale si indebolisce, più le società cercano delle comunità identificatrici di ricambio
…..Nulla realizza da solo il proprio destino.Non si può dunque assolutizzare l'individuo come un oggetto in sé. L'essere dell'uomo non si limita al topos dell'individuo, ma si estende all'ambiente comune che contribuisce a costituirlo. L'esistenza umana è estensione verso l'esterno. Per sapere chi sono, io devo già sapere dove mi trovo. La stessa corporeità, come ha ben visto Merleau-Ponty, è sintesi di un corpo e di un ambiente sociale. Allo stesso modo la cittadinanza implica immediatamente la concittadinanza: la cittadinanza non è un attributo dell'individuo, è l'attributo del concittadino. La piena definizione dell'identità di un individuo esige quindi di fare riferimento al suo contesto di vita, allo spazio che condivide con altri, perché è in funzione della percezione che ne avrà che si definirà lui stesso. Il gruppo assegna sempre all'individuo una parte della sua identità, già solo per l'influenza della lingua e delle istituzioni. Non si può mai definire un me o un noi senza riferirsi ad altri che me o noi.
….Persino l'identità giuridica di un individuo non si limita al suo stato civile, ma risulta legata, nel corso della sua esistenza, a molteplici tipi di contratti (di matrimonio, di lavoro etc) parzialmente definiti dal diritto, ma anche sottomessi all'evoluzione della legge e dei rapporti sociali.
...L'individualismo non concepisce il rapporto con l'altro che sotto un'angolazione strumentale e interessata: la sola giustificazione del rapporto sociale si basa sul mio interesse o sulla mia realizzazione immediata. In un'ottica comunitaria, il rapporto sociale è al contrario costitutivo del sé.
Come scrive Charles Taylor, l'altro è anche "un elemento della mia identità interiore". Il gruppo, esattamente come l'individuo, ha bisogno di confrontarsi con degli "altri significativi". L'azione collettiva è indissociabile dal rapporto al bene (a ciò che vale in opposizione a ciò che non vale) che ci radica in una cultura.
...Non c'è dunque identità senza trasformazione, l'importante è non porre questi due termini come contraddittori. La permanenza non risiede dunque tanto nell'identità quanto nell'istanza che definisce e assegna questa identità. L'identità non è ciò che non cambia mai, ma al contrario ciò che ci consente di cambiare sempre senza mai cessare di essere noi stessi.
...La nostra idenità, infine, è inseparabile da una definizione di ciò che importa o no per noi. Essa esprime la parte di noi stessi che privilegiamo e su cui ci appoggiamo per formarci (...) Per designare ciò che ci importa, Taylor parla di "valutazioni forti" e di "bene costitutivo" o "iperbene". I "beni costitutivi" si distinguono dai beni materiali o da quelli che rispondono ad un bisogno semplice in quanto non sono per nulla assimilabili a delle semplici preferenze, ma sono fondatori di identità...Le "valutazioni forti" si caratterizzano per il fatto che non sono negoziabili e non possono ridursi a una semplice preferenza o ad un semplice desiderio. Non sono relative al benessere, ma all'essere stesso degli individui. Esse riguardano ciò che dà una ragione per vivere o per morire, il che vuol dire che poggiano su dei valori posti come intrinsecamente buoni.
Alain de Benoist

1 commento:

Anonimo ha detto...

non mi sembra vero quello che dice, è roba post-hegeliana