L’identità
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“Il
problema del riconoscimento delle identità è precisamente uno di quelli
che risorgono oggi con più forza in ragione della crisi dello Stato
nazione occidentale.
Nella
postmodernità, il grande progetto moderno di uno spazio unificato,
controllato e costruito dall'alto si trova messo radicalmente in
discussione. In un contesto generale di perdita di punti di riferimento,
lo Stato Nazione non giunge più a integrare i gruppi nè a (ri)produrre il vincolo sociale.
Non fornisce più ai membri della società un sentimento di unità, una ragione di
vivere e di morire, ossia una ragione per sacrificare i loro interessi
personali e talvolta a qualche realtà che ecceda la loro propria
individualità.
Esso appare come una struttura astratta, burocratica, lontana dalla vita reale. Questa evoluzione libera delle rivendicazioni particolaristiche di ogni genere. Le identità nazionali si disgregano, ma è vantaggio di altre forme di identità. Più la comunità nazionale si indebolisce, più le società cercano delle comunità identificatrici di ricambio”
…..Nulla
realizza da solo il proprio destino.Non si può dunque assolutizzare
l'individuo come un oggetto in sé. L'essere dell'uomo non si limita al
topos dell'individuo, ma si estende all'ambiente comune che contribuisce
a costituirlo. L'esistenza umana è estensione verso l'esterno.
Per sapere chi sono, io devo già sapere dove mi trovo. La stessa
corporeità, come ha ben visto Merleau-Ponty, è sintesi di un corpo e di
un ambiente sociale. Allo stesso modo la cittadinanza implica
immediatamente la concittadinanza: la cittadinanza non è un attributo
dell'individuo, è l'attributo del concittadino. La
piena definizione dell'identità di un individuo esige quindi di fare
riferimento al suo contesto di vita, allo spazio che condivide con
altri, perché è in funzione della percezione che ne avrà che si definirà
lui stesso. Il
gruppo assegna sempre all'individuo una parte della sua identità, già
solo per l'influenza della lingua e delle istituzioni. Non si può mai
definire un me o un noi senza riferirsi ad altri che me o noi.
….Persino
l'identità giuridica di un individuo non si limita al suo stato civile,
ma risulta legata, nel corso della sua esistenza, a molteplici tipi di
contratti (di matrimonio, di lavoro etc) parzialmente definiti dal
diritto, ma anche sottomessi all'evoluzione della legge e dei rapporti
sociali.
...L'individualismo
non concepisce il rapporto con l'altro che sotto un'angolazione
strumentale e interessata: la sola giustificazione del rapporto sociale
si basa sul mio interesse o sulla mia realizzazione immediata. In un'ottica comunitaria, il rapporto sociale è al contrario costitutivo del sé.
Come scrive Charles Taylor, l'altro è anche "un elemento della mia identità interiore". Il gruppo, esattamente come l'individuo, ha bisogno di confrontarsi con degli "altri significativi".
L'azione collettiva è indissociabile dal rapporto al bene (a ciò che
vale in opposizione a ciò che non vale) che ci radica in una cultura.
...Non
c'è dunque identità senza trasformazione, l'importante è non porre
questi due termini come contraddittori. La permanenza non risiede dunque
tanto nell'identità quanto nell'istanza che definisce e assegna questa
identità. L'identità non è ciò che non cambia mai, ma al contrario ciò
che ci consente di cambiare sempre senza mai cessare di essere noi
stessi.
...La
nostra idenità, infine, è inseparabile da una definizione di ciò che
importa o no per noi. Essa esprime la parte di noi stessi che
privilegiamo e su cui ci appoggiamo per formarci (...) Per designare ciò
che ci importa, Taylor parla di "valutazioni forti" e di "bene
costitutivo" o "iperbene". I "beni costitutivi" si distinguono dai beni
materiali o da quelli che rispondono ad un bisogno semplice in quanto
non sono per nulla assimilabili a delle semplici preferenze, ma sono
fondatori di identità...Le
"valutazioni forti" si caratterizzano per il fatto che non sono
negoziabili e non possono ridursi a una semplice preferenza o ad un
semplice desiderio. Non sono relative al benessere, ma all'essere
stesso degli individui. Esse riguardano ciò che dà una ragione per
vivere o per morire, il che vuol dire che poggiano su dei valori posti
come intrinsecamente buoni.
Alain de Benoist
1 commento:
non mi sembra vero quello che dice, è roba post-hegeliana
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