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sabato 4 febbraio 2012

Bonhoeffer,

L'ottimismo cristiano
***
 

un ottimismo profondo di fronte all'esistenza e alla storia al quale il cristiano perviene in forza della coscienza della resurrezione di Cristo
Don Giussani
***
 "Spesso ho preferito chiamarmi ottimista per evitare la troppo evidente bestemmia del pessimismo. Ma tutto l'ottimismo dell'epoca e' stato falso e scoraggiante, per questa ragione: che ha sempre cercato di provare che noi siamo fatti per il mondo.
L'ottimismo cristiano invece e' basato sul fatto che noi non siamo fatti per il mondo."
Gilbert Keith Chesterton
***

 Chi ai nostri tempi può ancora coltivare senza
preoccupazioni la musica e l’amicizia, suonare e stare allegro?
Sicuramente non l’uomo “etico”, ma solamente il cristiano.
 Dietrich Bonhoeffer  Così scriveva dal carcere nazista

Postato da: giacabi a 15:17 | link | commenti
felicità, bonhoeffer, giussani, chesterton

domenica, 03 gennaio 2010

L’esperienza
 ***

La vita del cristiano non è fatta di parole,
ma di esperienza.
Senza esperienza, nessuno è cristiano.
E qui non si intende esperienza di vita,
ma esperienza di Dio.


D. Bonhoeffer

Postato da: giacabi a 21:19 | link | commenti
esperienza, bonhoeffer

domenica, 22 febbraio 2009
Il corpo di Cristo
 ***

Dobbiamo volgere prima di tutto il nostro sguardo all'immagine del corpo di Gesù Cristo, incarnato,crocifisso e risorto. Nel corpo di Gesù Cristo, Dio si è unito all'umanità, l'ha adottata tutta quanta, e ha riconciliato con sé il mondo. Nel corpo di Gesù Cristo, Dio ha preso su di sé e ha portato il peccato. di tutto il mondo.

Non v'è dunque neppure un angolo del mondo, per quanto perduto ed empio, che Dio non abbia accolto in Cristo e riconciliato con sé. Chi guarda per fede il corpo di Gesù Cristo non può più parlare del mondo come se fosse perduto e lontano da Cristo; non può più separarsi dal mondo in un atteggiamento di alterigia clericale. Il mondo appartiene a Cristo e soltanto in lui è quello che è.

Ha bisogno di Cristo e di niente di meno. Tutto sarebbe rovinato se si volesse riservare Cristo alla Chiesa e concedere al mondo solo una qualche legge, magari cristiana. Cristo è morto per il mondo, e soltanto nel mondo Cristo è Cristo. Dare al mondo qualche cosa di meno che Cristo (sia pure ovviamente per buoni motivi pedagogici, che però puzzano di clericalismo) è pura e semplice incredulità; vuol dire non prendere sul serio l'incarnazione, la morte sulla croce, la risurrezione corporale: vuol dire, in definitiva, rinnegare il corpo di Cristo.

Quando il Nuovo Testamento applica il concetto di corpo di Cristo alla comunità cristiana, non intende affatto sottolineare in primo piano la separazione della comunità dal mondo, ma piuttosto, seguendo le linee delle dichiarazioni neotestamentarie sull'incarnazione di Dio in Cristo, vuole affermare che nel corpo di Cristo tutti gli uomini sono accolti, inclusi, sostenuti, e che la comunità dei credenti deve annunziare tutto ciò al mondo con le parole e con gli atti.
Non si tratta quindi di separazione dal mondo, ma di chiamare il mondo a entrare nella comunione di quel corpo di Cristo a cui in realtà già appartiene.

Questa testimonianza della comunità è estranea al mondo, e la comunità che la reca si sente anch'essa estranea al mondo, ma tutto ciò è soltanto la conseguenza sempre rinnovata di quella unione con il mondo che è data nel corpo di Cristo. La comunità si distingue dal mondo unicamente perché ammette per fede la realtà dell'adozione che Dio estende al mondo intero, perché lascia che questa realtà agisca su di lei, e così facendo ne attesta la portata universale.
Il corpo di Gesù Cristo, specialmente come ci appare sulla croce, rivela ai credenti un mondo peccatore e amato da Dio, e indica in pari tempo la comunità come raggruppamento di coloro che riconoscono i loro peccati e accettano l'amore di Dio.
DIETRICH  BONHOEFFER

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chiesa, bonhoeffer

giovedì, 04 dicembre 2008
Noi siamo il corpo di Cristo
***
"il Figlio di Dio, nell’incarnarsi, per pura grazia ha assunto il nostro essere, la nostra natura, ha assunto noi stessi veracemente, fisicamente. Questo era l’eterno decreto del Dio trinitario. Ora noi siamo in lui. Dove egli è, porta la nostra carne, ciò che noi siamo. Dove è lui, lì siamo anche noi, nell’incarnazione, sulla croce e nella risurrezione. Apparteniamo a lui, perché in lui siamo. Per questa ragione la Scrittura ci chiama corpo di Cristo. Se dunque prima di saperlo o di essere in grado di volere qualcosa di simile, siamo eletti e accolti in Gesù Cristo, noi e tutta la comunità, allora apparteniamo tutti insieme a lui in eterno. Noi che viviamo qui nella sua comunione, un giorno saremo presso di lui in comunione eterna. Chi guarda il suo fratello, deve sapere che sarà unito a lui in eterno in Gesù Cristo. La comunione cristiana è comunione per e in Gesù Cristo. Questa è la premessa su cui si fonda ogni prescrizione o regola della Scrittura per la vita comune dei cristiani."
Dietrich Bonhoeffer  da:Vita comune

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amicizia, bonhoeffer

mercoledì, 03 dicembre 2008
Avvento - Vivere l'attesa
 ***
Celebrare l'Avvento, significa saper attendere, e l'attendere è un'arte che, il nostro tempo impaziente, ha dimenticato. Il nostro tempo vorrebbe cogliere il frutto appena il germoglio è piantato; così, gli occhi avidi, sono ingannati in continuazione, perché il frutto, all'apparenza così bello, al suo interno è ancora aspro, e, mani impietose, gettano via, ciò che le ha deluse. Chi non conosce l'aspra beatitudine dell'attesa, che è mancanza di ciò che si spera, non sperimenterà mai, nella sua interezza, la benedizione dell'adempimento.
Dietrich Bonhoeffer
 dal Sermone sulla I domenica di Avvento-2 dicembre 1928

Postato da: giacabi a 20:24 | link | commenti (1)
bonhoeffer

Il cristiano ha bisogno del fratello che gli porti e gli annunci la Parola divina di salvezza
***
“Ma Dio ha messo questa Parola in bocca ad uomini, per consentire che essa venga trasmessa fra gli uomini. Se un uomo ne viene colpito, la ridice all’altro. Dio ha voluto che cerchiamo e troviamo la Sua Parola viva nella testimonianza del fratello, in bocca ad altri uomini. Per questo il cristiano ha bisogno degli altri cristiani che dicano a lui la parola di Dio, ne ha bisogno ogni volta che si trova incerto e scoraggiato; da solo infatti non può cavarsela, senza ingannare se stesso sulla verità. Ha bisogno del fratello che gli porti e gli annunci la Parola divina di salvezza. Ha bisogno del fratello solo a causa di Gesù Cristo.”
Bonhoeffer da: Vita comune


Postato da: giacabi a 19:57 | link | commenti
bonhoeffer

mercoledì, 12 novembre 2008
L'ottimismo
***

L'essenza dell'ottimismo non è guardare al di là della situazione presente, ma è una forza vitale, la forza di sperare quando altri si rassegnano, la forza di tener alta la testa quando sembra che tutto fallisca, la forza di sopportare gli insuccessi, una forza che non lascia mai il futuro agli avversari, ma lo rivendica per sé.
Esiste certamente anche un ottimismo stupido, vile, che deve essere bandito. Ma nessuno deve disprezzare l'ottimismo inteso come volontà di futuro, anche quando dovesse condurre cento volte all'errore; perché esso è la salute della vita, che non deve essere compromessa da chi è malato.
Ci sono uomini che ritengono poco serio, e cristiani che ritengono poco pio, sperare in un futuro terreno migliore e prepararsi ad esso. Essi credono che il senso dei presenti accadimenti sia il caos, il disordine, la catastrofe, e si sottraggono nella rassegnazione o in una pia fuga dal mondo alla responsabilità per la continuazione della vita, per la ricostruzione, per le generazioni future.
Può darsi che domani spunti l'alba dell'ultimo giorno: allora, non prima, noi interromperemo volentieri il lavoro per un futuro migliore. ».
Dietrich Bonhoeffer, Resistenza e resa

Postato da: giacabi a 14:35 | link | commenti
bonhoeffer

martedì, 11 novembre 2008
Il più raro fiore
***
Non solo i frutti maturi, anche i fiori sono belli.
Se servano i fiori ai frutti o i frutti ai fiori chi lo sa?
Il più prezioso, il più raro fiore
è all'amico l'
amico.
Lontano o vicino, nella felicità o nell'infelicità,
l'uomo riconosce nell'altro

colui che fedelmente aiuta alla libertà e a essere uomo
Dietrich Bonhoeffer

Postato da: giacabi a 20:36 | link | commenti
amicizia, bonhoeffer

giovedì, 06 novembre 2008
  Gesù Cristo
***
Poiché Gesù Cristo è l'amore di Dio fatto uomo per gli uomini, proprio per questo non è annunciatore di astratte ideologie etiche, bensì esecutore dell'amore di Dio.
Dietrich Bonhoeffer


Postato da: giacabi a 14:33 | link | commenti
gesù, bonhoeffer

mercoledì, 05 novembre 2008
La comunità cristiana
  ***

Infinite volte tutta una comunità cristiana si è spezzata, perché viveva un ideale. Proprio il cristiano serio, che per la prima volta si vede posto a vivere in una comunità cristiana,porta con sé un’immagine ben precisa della vita in comune di cristiani e cercherà di attuarla. Ma la forza del Signore ben presto farà crollare tutti questi ideali. Dobbiamo essere profondamente delusi degli altri, dei cristiani in generale e, se va bene, anche di noi stessi, quant’è vero che Dio vuole condurci a riconoscere la realtà di una vera comunione cristiana.
            È la bontà di Dio che non ci permette di vivere, anche solo per brevi settimane, secondo un ideale, di credere a quelle beate esperienze, a quello stato di entusiasmante estasi, che ci mette come in uno stato di ebbrezza. Il Signore non è il Signore delle emozioni, ma della verità. Solo la comunità che è profondamente delusa per tutte le manifestazioni spiacevoli connesse con la vita comunitaria, incomincia a essere ciò che deve essere di fronte a Dio, ad afferrare nella fede le promesse che le sono state fatte. Quanto prima arriva per il singolo e per tutta la comunità, l’ora di questa delusione, tanto meglio per tutti. Una comunità che non fosse in grado di sopportare una tale delusione e non le sopravvivesse, che cioè restasse attaccata al suo ideale, quando questo deve essere frantumato, in quello stesso istante perderebbe tutte le promesse di comunione cristiana stabile e, prima o poi, si scioglierebbe. Ogni ideale umano che venisse portato in una comunità cristiana,impedisce la vera comunione e deve essere spezzato, perché la comunità cristiana possa veramente vivere. Chi ama il suo ideale di comunità cristiana più della comunità cristiana stessa, distruggerà ogni comunione cristiana, per quanto sincere, serie, devote, siano le sue intenzioni personali.
            Dio odia le fantasticherie, perché rendono superbi e pretenziosi. Chi nella sua fantasia si crea un’immagine di comunità, pretende da Dio, dal prossimo e da se stesso la sua realizzazione. Egli entra a far parte della comunità dei cristiani con pretese proprie, erige una propria legge e giudica secondo questa i fratelli e Dio stesso. Egli assume, nella cerchia dei fratelli, un atteggiamento duro, diviene quasi un rimprovero vivente per tutti gli altri. Agisce come se fosse lui a creare la comunità cristiana, come se il suo ideale dovesse creare l’unione tra gli uomini. Considera fallimento tutto ciò che non corrisponde più alla sua volontà. Lì dove il suo ideale fallisce, gli pare che debba venir meno la comunità. E così rivolge le sue accuse prima contro i suoi fratelli, poi contro Dio, e infine accusa disperatamente se stesso. Dio ha già posto una volta per sempre l’unico fondamento della nostra comunione. Dio ci ha uniti in un solo corpo in Gesù Cristo, molto prima che noi entrassimo a far parte di una comunità con altri cristiani; perciò ci uniamo con altri cristiani in vita comunitaria non avanzando pretesa alcuna, ma con gratitudine e pronti a ricevere. Ringraziamo Dio per ciò che ha fatto per noi; lo ringraziamo perché ci ha dato fratelli che vivono nell’ascolto della sua chiamata, del suo perdono e della sua promessa. Non ci lamentiamo con Dio per ciò che egli non ci concede, ma lo ringraziamo per ciò che ci dà ogni giorno.

Dietrich Bonhoeffer Da “La vita in comune”

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chiesa, bonhoeffer

venerdì, 26 settembre 2008
O Dio, ti chiamo
***
Al cominciare del giorno,
Dio, ti chiamo.
Aiutami a pregare,
a raccogliere i miei pensieri su di te;
da solo non sono capace.


C’è buio in me,
in te invece c’è luce;

sono solo, ma tu non m’abbandoni;
non ho coraggio, ma tu mi sei d’aiuto;
sono inquieto, ma in te c’è la pace;
c’è amarezza in me, in te pazienza;
non capisco le tue vie,
ma tu sai qual è la mia strad
a.

Padre del cielo,
siano lode e grazie a te
per la quiete della notte,
siano lode e grazie a te
per il nuovo giorno.

Signore,
qualunque cosa rechi questo giorno,
il tuo nome sia lodato!


Dietrich Bonhoeffer

Postato da: giacabi a 14:16 | link | commenti
preghiere, bonhoeffer

lunedì, 12 maggio 2008
L’assenza di una persona cara
 ***

 “… per noi non c’è nulla che possa rimpiazzare l’assenza di una persona cara, né è cosa questa che dobbiamo tentare di fare; è un fatto che bisogna semplicemente sopportare e davanti al quale bisogna tener duro; a prima vista sembra molto difficile, mentre è anche una grande consolazione; perché, restando effettivamente aperto il vuoto, si resta anche reciprocamente legati da esso. Si sbaglia quando si dice che Dio riempie il vuoto; non lo riempie affatto, anzi lo mantiene appunto aperto e ci aiuta in questo modo a conservare l’autentica comunione tra di noi – sia pure nel dolore. Inoltre: quanto più belli e densi sono i ricordi, tanto più pesante è la separazione. Ma la gratitudine trasforma il tormento del ricordo in una gioia silenziosa.

Portiamo allora dentro di noi la bellezza del passato non come una spina, ma come un dono prezioso. Bisogna guardarsi dal frugare nel passato, dal consegnarsi ad esso, così come un dono prezioso non lo si rimira continuamente, ma solo in momenti particolari, e per il resto lo si possiede come un tesoro nascosto della cui esistenza si è sicuri; allora dal passato si irradiano una gioia e una forza durature. Ancora: i periodi di separazione non sono perduti e sterili per la vita in comune, in ogni caso non lo sono necessariamente; ma, al contrario, in essi può costruirsi, nonostante tutti i problemi, una comunione straordinariamente forte. Infine: qui ho imparato particolarmente come ai dati di fatto si possa sempre far fronte, e che sono soltanto la preoccupazione e la paura davanti ad essi ad ingrandirli enormemente. Da quando ci svegliamo a quando ci addormentiamo, dobbiamo semplicemente affidare a Dio gli altri uomini e lasciarli nelle sue mani, e far sì che dalle nostre preoccupazioni per gli altri nascano preghiere a lui. «Con preoccupazioni e con pene… Dio non si lascia carpire nulla».
 D. Bonhoefferda: Resistenza e resa. Lettere e scritti dal carcere

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amicizia, bonhoeffer

giovedì, 08 maggio 2008
La gioia di essere cristiano
***

 Chi ai nostri tempi può ancora coltivare senza preoccupazioni la musica e l’amicizia,   e stare allegro?
Sicuramente non l’uomo “etico”, ma solamente il cristiano”.
Dietrich Bonhoeffer dal carcere nazista in cui
si trovava recluso in attesa del martirio

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felicità, bonhoeffer

lunedì, 10 marzo 2008
«Quella cosa ha la forma di una fanciulla»
***

Così Bernadette indica al commissario Jacomet ciò che vede alla grotta di Massabielle. Cronaca dei diciotto incontri
di Giovanni Ricciardi
 da. www.30giorni.it
      Centocinquant’anni fa, nel 1858, la Vergine Maria è apparsa per diciotto volte nella grotta di Massabielle, poco distante dalla cittadina di Lourdes, alla quattordicenne Bernadette Soubirous, in un arco di tempo che va dall’11 febbraio fino alla sera del 16 luglio. Questi brevi cenni alla cronaca di quelle giornate (soprattutto come aiuto per riviverle nella preghiera), rievocano i fatti principali e alcune delle parole e delle testimonianze riportate in quei giorni dalla stessa Bernadette.
     
Una raffigurazione dell’apparizione della Madonna a Bernadette
      11 febbraio
      giovedì: prima apparizione
      Bernadette esce di casa con la sorella Toinette e l’amica Jeanne Baloum per raccogliere un po’ di legna nei terreni comunali vicino al fiume Gave. Non riuscendo ad attraversare il fiume senza bagnarsi i piedi, comincia a togliersi le calze, quando, per citare le sue parole, «udii un rumore come se ci fosse stato un colpo di vento». Si volta, ma i pioppi dietro di lei non si muovono. «Allora», racconta, «continuai a togliermi le scarpe». Di nuovo un colpo di vento. Stavolta guarda in direzione della grotta, che s’illumina, e in questa luce appare a Bernadette una figura bianca che sorride. «Aveva un vestito bianco, un velo anch’esso bianco, una cintura azzurra e una rosa gialla su ogni piede. Anche la corona del suo rosario era gialla. Restai sorpresa. Credetti di sbagliarmi. Mi stropicciai gli occhi e guardai nuovamente. Vedevo sempre la stessa signora. Misi la mano in tasca e presi la corona. Volevo fare il segno della croce, ma non riuscii a portare la mano alla fronte. Essa mi cadeva. Allora fui presa da grande spavento e la mano mi tremava. Ma non me ne andai. La signora prese la corona che aveva al braccio e fece il segno della croce; anche io allora cercai di farlo e ci riuscii. Non appena feci il segno di croce, il gran timore che mi aveva preso scomparve. M’inginocchiai e recitai la mia corona insieme alla bella signora. La visione faceva scorrere i grani del suo rosario, senza muovere le labbra. Al termine del rosario mi fece cenno di avvicinarmi, ma io non osai. Allora la bella signora scomparve improvvisamente».
      Sulla strada del ritorno Bernadette parlò alla sorella e all’amica di ciò che aveva visto facendosi promettere di non rivelarlo a nessuno, ma Toinette si confidò con i genitori che, la sera, interrogarono Bernadette e le proibirono di recarsi nuovamente alla grotta. Dopo questa prima apparizione, avvenuta appunto intorno a mezzogiorno, tutte le altre si verificarono al mattino tranne la quattordicesima e la diciottesima che avvennero di sera.
     
      domenica: seconda apparizione
      È la domenica che precede il Mercoledì delle Ceneri. Racconta Bernadette: «Sono tornata alla grotta per la seconda volta la domenica seguente. Me lo ricordo bene perché mi sentivo spinta da una forza interiore. Mia madre mi aveva proibito di andarvi. Dopo la messa solenne, insieme con le altre due compagne, andammo nuovamente a chiedere alla mamma di mandarmi alla grotta. Lei non voleva assolutamente. Temeva che io cadessi nell’acqua e che non tornassi in tempo per i Vespri. Io le promisi di sì. Allora mi permise di andarvi. Prima di partire mi recai alla parrocchia con una bottiglietta per prendere un po’ d’acqua benedetta. Giunte sul posto, ciascuna prese la propria corona e ci inginocchiammo per recitare il rosario. Avevo appena terminato la prima decina del rosario che vidi apparire la medesima signora. Subito cominciai a gettarle l’acqua benedetta dicendole di restare, caso mai venisse da parte di Dio, altrimenti di andarsene. E mi affrettavo a gettarle l’acqua. Ella mi sorrideva e chinava la testa».
      Bernadette è rapita in estasi, le compagne non riescono a smuoverla e fuggono spaventate a chiedere aiuto. Il mugnaio Nicolau, con la sua energia, riuscirà a stento a staccarla da lì. La voce comincia a circolare. La madre è preoccupata e rinnova il divieto di tornare alla grotta.
     
      18 febbraio
      giovedì: terza apparizione
      La ricca signora Milhet, spinta dalla curiosità, strappa alla madre il permesso di condurre di nuovo la fanciulla a Massabielle, e dà ordine a Bernadette di chiedere il nome alla figura che le appare, mettendole in mano carta, penna e calamaio: «Volete avere la bontà di scrivere il vostro nome?». Bernadette udrà così per la prima volta la voce di quella signora, che risponde: «Non è necessario». E con sorprendente gentilezza chiede a Bernadette: «Volete avere la bontà di venire qui per quindici giorni?». Bernadette racconta: «Io le risposi di sì. Inoltre, aggiunse di non promettermi la felicità in questo mondo ma nell’altro. Son tornata alla grotta per quindici giorni. La visione mi è comparsa tutti i giorni, a eccezione di un lunedì e di un venerdì».
     
      19 febbraio
      venerdì: quarta apparizione
      L’apparizione dura un quarto d’ora. Bernadette ha in mano il cero che le ha dato la madrina, Bernarde Castérot, con cui è giunta alla grotta insieme a una decina di persone. La bella signora si limita a sorriderle in silenzio e Bernadette le risponde a gesti: «Salutava con le mani e la testa» racconta l’amica Josèphe Barinque: «Era un piacere vederla, come se tutta la vita non avesse fatto altro che imparare a fare quei saluti. Non sapevo fare altro che guardarla».
     
      20 febbraio
      sabato: quinta apparizione
      Quando Bernadette inizia il rosario in attesa che le appaia la bianca signora, ci sono intorno a lei trenta persone. Anche in quel giorno, 20 febbraio, la visione dura un quarto d’ora. Durante tutto l’incontro le palpebre di Bernadette «non si abbassano, nemmeno quando inchina la testa per i saluti» racconta Rosine Cazenave.
     
      21 febbraio
      domenica: sesta apparizione
      Anche questa volta, prima domenica di Quaresima, niente parole, solo gesti e sorrisi. Nel pomeriggio Bernadette è interrogata dal commissario Jacomet, convinto che la storia sia una montatura. È qui che comincia a usare il termine Aquerò – che nel dialetto di Lourdes vuol dire Quella cosa – per riferirsi a ciò che vede: «Allora, Bernadette, vai tutti i giorni a Massabielle?». «Sì, Signore». «E ci vedi qualcosa di bello?». «Sì, signore». «E allora, Bernadette, tu vedi la santa Vergine?». «Io non dico che ho visto la santa Vergine». «Ah, bene. Tu non hai visto niente». «Sì. Qualcosa ho visto». «Allora, cos’hai visto?». «Qualcosa di bianco». «Qualcosa o qualcuno?». «Aquerò / Quella cosa ha la forma di una fanciulla». «E non ti ha detto: sono la santa Vergine?». «Aquerò non me l’ha detto».
     
      23 febbraio
      martedì: settima apparizione
      Obbedendo alle intimidazioni del commissario, il padre di Bernadette le proibisce di tornare il lunedì alla grotta. Lei sul momento obbedisce, ma al pomeriggio una forza irresistibile la sospinge di nuovo a Massabielle. L’apparizione, però, non si verifica. Il giorno dopo, i genitori ritirano il divieto e stavolta l’apparizione dura un’ora, davanti a una folla di centocinquanta persone. Durante l’estasi, Elénoire Pérand, che un anno dopo entrerà tra le suore di san Vincenzo de’ Paoli, punge Bernadette con una spilla. La ragazza non ha alcuna reazione al dolore. Aquerò le insegna una preghiera soltanto per lei, che da allora Bernadette reciterà ogni giorno per tutta la sua vita, e le confida tre segreti, che Bernadette disse riguardare solo lei.
     
      14 febbraio
La grotta di Lourdes in una foto del 1914
      24 febbraio
      mercoledì: ottava apparizione
      In questa giornata la bella signora per la prima volta ha un messaggio per tutti: «Oggi Aquerò ha pronunciato una nuova parola: Penitenza! Ha aggiunto: “Pregherete Dio per la conversione dei peccatori”. E io ho risposto: “Sì”. Mi ha chiesto se ciò mi era di fastidio. Le ho risposto di no. Poi mi ha pregato di salire in ginocchio verso il fondo della grotta e di baciare la terra in segno di penitenza per i peccatori».
     
      25 febbraio
      giovedì: nona apparizione
      Risale a questo giorno l’origine della sorgente d’acqua situata nel fondo della grotta e che oggi alimenta le piscine e le fontane di Lourdes.
     
Davanti a cinquecento persone, Bernadette comincia a percorrere in ginocchio la leggera salita che conduce al fondo della grotta, baciando la terra. Seguendo le indicazioni di Aquerò , scava una piccola buca con le mani e dopo aver gettato via l’acqua per tre volte perché era sporca la quarta volta riesce a berla.
     
      27 febbraio
      sabato: decima apparizione
      Questa volta Quella cosa si limita a sorridere. Bernadette torna a compiere i gesti di due giorni prima: avanza baciando la terra, risale verso il fondo della grotta e beve di nuovo l’acqua che sgorga dalla terra.
     
      28 febbraio
      domenica: undicesima apparizione
      Un ufficiale mandato a controllare la situazione registra la presenza di 1.100 persone durante l’apparizione, che si svolge nelle stesse modalità del giorno precedente. Nel pomeriggio Antonie Clarens interroga Bernadette sugli “strani” esercizi che Aquerò le chiede di compiere: «La visione me l’ha ordinato per penitenza», risponde, «innanzitutto per me e poi per gli altri». Clarens domanda: «Vi è stata fatta qualche comunicazione… o affidata qualche missione?». «No, non ancora». A sera alcuni scalpellini di Lourdes vanno alla grotta e scavano nel punto in cui Bernadette si chinava per bere. Da quel momento l’acqua comincia a sgorgare copiosa e limpida.
     
      1° marzo
      lunedì: dodicesima apparizione
      Davanti a 1.500 persone, Bernadette ripete gli stessi gesti di penitenza. Antoine Dézirat, giovane sacerdote, assiste da vicino: «Bernadette, sgranando il suo rosario, muoveva appena le labbra, ma dal suo atteggiamento, dai tratti del viso, si vedeva che la sua anima era rapita. Il sorriso superava ogni espressione… Solo Bernadette vedeva l’apparizione, ma tutti avevano come la sensazione della sua presenza… credevo di essere nell’anticamera del Paradiso». Più tardi, Catherine Latapie, una giovane donna incinta con una mano paralizzata, si sente spinta verso la grotta, immerge la mano nell’acqua della sorgente e guarisce all’improvviso dalla sua infermità. Sarà il primo miracolo riconosciuto dalla Chiesa e attribuito a Nostra Signora di Lourdes.
     
      2 marzo
      martedì: tredicesima apparizione
      Ecco come Bernadette ricorda i fatti di quel giorno: «Mi disse di andare a dire ai sacerdoti di costruire colà una cappella. Mi recai dal signor parroco per riferirglielo».
      Il messaggio è accolto con freddezza. Il parroco Peyramale è incerto. Bernadette insiste perché si costruisca «una cappella, anche piccolissima». «Ebbene», risponde Peyramale, «prima dica il suo nome e faccia fiorire il roseto della grotta, poi le faremo la cappella, che non sarà piccolissima. Sarà grandissima».
     
      3 marzo
      mercoledì: quattordicesima apparizione
      Al mattino, Aquerò non appare. Lo farà la sera, alle ore 21, spiegando così il motivo del “ritardo”: «Non mi avete vista stamane, perché c’erano persone venute per osservare il contegno che avreste avuto al mio cospetto, le quali non erano degne». Bernadette chiede ad Aquerò il suo nome, ma lei non risponde, limitandosi a sorridere.
     
      4 marzo
      giovedì: quindicesima apparizione
      È l’ultimo dei quindici giorni. L’apparizione si ripete alla presenza di una folla enorme che attende un segno chiaro per tutti, ma resta delusa. Al termine del rosario recitato alla presenza di Aquerò, Bernadette si interrompe per due volte prima di completare uno di quei segni di croce che stupivano i presenti per la loro bellezza e semplicità. La cugina Jeanne Védère le chiede: «Perché hai ricominciato tre volte a farlo?». «Aquerò non l’aveva ancora fatto. Non potevo far arrivare la mano fino alla fronte». «Perché eri a volte lieta, a volte triste?». «Io sono triste quando Aquerò è triste, e sorrido quando sorride».
     
La grotta di Lourdes oggi
      25 marzo
      giovedì: sedicesima apparizione
      Una forza interiore spinge Bernadette a tornare a Massabielle. Aquerò è di nuovo là e Bernadette ripete la domanda che il parroco le ha suggerito: «Signorina, vorreste avere la bontà di dirmi chi siete, per favore?». Aquerò continua a sorridere in silenzio, ma Bernadette questa volta insiste. Allora, alzando gli occhi al cielo e unendo le braccia all’altezza del petto le risponde: «Que soy era Immaculada Councepciou / Io sono l’Immacolata Concezione». Bernadette non capisce il senso di quelle parole. Per tutta la strada dalla grotta alla casa del parroco non fa che ripeterle ad alta voce per paura di dimenticarle. Il parroco rimane di sasso. «Una signora non può portare quel nome! Ti sbagli, sai cosa vuol dire?». Bernadette si limita a ripetere quelle sillabe così come l’ha udite. Peyramale sa che la fanciulla, nella sua ignoranza, non può essersi inventata una definizione dogmatica. E la commozione comincia a crescere anche in lui.
     
      7 aprile
      mercoledì: diciassettesima apparizione
      Quest’apparizione è legata al cosiddetto “miracolo del cero”. La fiamma del cero che Bernadette tiene fra le mani durante la visione per un quarto d’ora lambisce le palme delle mani di Bernadette senza bruciarla. Il dottor Dozous, osservando il fenomeno, abbandona il suo scetticismo e si converte. In quest’occasione la santa Vergine rinnova la richiesta di far costruire una cappella in quel luogo.
     
      16 luglio
      venerdì: diciottesima apparizione
      Al tramonto del sole, Bernadette è di nuovo sospinta verso la grotta. La santa Vergine è lì, come la prima volta, per un incontro silenzioso, l’ultimo qui sulla terra. «Che cosa ti ha detto?», le chiedono le amiche: «Niente». Le basta averla vista. E conclude: «Non l’avevo mai vista così bella».

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maria, bonhoeffer

martedì, 25 dicembre 2007
Natale: che parte recitiamo?
***
« Se Dio fa di Maria uno strumento, se Dio stesso vuole venire in questo mondo nella mangiatoia di Gerusalemme, allora questo non è un idilliaco quadretto familiare, ma l’inizio di un totale rivolgimento, di un nuovo ordine di tutte le cose di questo mondo. Se vogliamo partecipare all’Avvento e al Natale, allora non potremo fare soltanto gli spettatori come a teatro, in cui stiamo da una parte e ci gustiamo lo spettacolo, ma saremo trascinati nell’azione che si svolge, in questo rivolgimento di tutte le cose. Qui dobbiamo recitare anche noi sulla scena, qui lo spettatore è sempre un personaggio dello spettacolo, qui non possiamo sottrarci.
Che parte recitiamo
? quella dei pii pastori che s’inginocchiano? dei magi che portano doni? che cosa si rappresenta dove Maria è la madre di Dio, dove Dio viene al mondo in una mangiatoia? Il mondo viene giudicato e redento, ecco che cosa accade qui; e il Cristo bambino, che è nella mangiatoia, è colui che mette in atto il giudizio e la redenzione, che rimanda a mani vuote i grandi e i potenti, che rovescia i potenti dai troni, innalza gli umili, stende il suo braccio potente sui superbi e i forti, eleva ciò che è basso, magnificandolo e glorificandolo nella sua misericordia
. »


Dietrich Bonhoeffer                                     grazie a Teresa

Auguri di Buon Natale

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natale, bonhoeffer

mercoledì, 19 dicembre 2007
Sulla morte
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Non c'è nulla che possa sostituire l'assenza di una persona a noi cara.
Non c'è alcun tentativo da fare, bisogna semplicemente tenere duro e sopportare.
Ciò può sembrare a prima vista molto difficile, ma è al tempo stesso una grande consolazione, perché finché il vuoto resta aperto si rimane legati l'un l'altro per suo mezzo.
È falso dire che Dio riempie il vuoto;
Egli non lo riempie affatto, ma lo tiene espressamente aperto, aiutandoci in tal modo a conservare la nostra antica reciproca comunione, sia pure nel dolore.
Ma la gratitudine trasforma il tormento del ricordo in una gioia silenziosa.
I bei tempi passati si portano in sé non come una spina, ma come un dono prezioso.
Bisogna evitare di avvoltolarsi nei ricordi, di consegnarci ad essi; così come non si resta a contemplare di continuo un dono prezioso, ma lo si osserva in momenti particolari e per il resto lo si conserva come un tesoro nascosto di cui si ha la certezza.
Allora sì che dal passato emanano una gioia e una forza durevoli
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Dietrich Bonhoeffer, Resistenza e resa, Una lettera a un amico la vigilia di Natale del 1943
                                                                            grazie a Teresa

Postato da: giacabi a 21:04 | link | commenti (1)
morte, bonhoeffer

martedì, 18 dicembre 2007
Ascolto
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Il primo servizio che si deve al prossimo è quello di ascoltarlo. Come l’amore di Dio incomincia con l’ascoltare la sua Parola, così l’inizio dell’amore per il fratello sta nell’imparare ad ascoltarlo. E’ per amore che Dio non solo ci dà la sua Parola, ma ci porge pure il suo orecchio. Altrettanto è opera di Dio se siamo capaci di ascoltare il fratello. I cristiani, e specialmente i predicatori, credono spesso di dover sempre “offrire” qualcosa all’altro, quando si trovano con lui; e lo ritengono come loro unico compito. Dimenticano che ascoltare può essere un servizio ben più grande che parlare. Molti uomini cercano un orecchio che sia pronto ad ascoltarli, ma non lo trovano tra i cristiani, perché questi parlano pure lì dove dovrebbero ascoltare. Chi non sa ascoltare il fratello ben presto non saprà neppure più ascoltare Dio; anche di fronte a Dio sarà sempre lui a parlare. Qui ha inizio la morte della vita spirituale, ed infine non restano altro che le chiacchiere spirituali, la condiscendenza fratesca che soffoca in tante belle parole pie. Chi non sa ascoltare a lungo e con pazienza parlerà senza toccare veramente l’altro ed infine non se ne accorgerà nemmeno più. Chi crede che il suo tempo è troppo prezioso per essere perso ad ascoltare il prossimo, non avrà mai veramente tempo per Dio e per il fratello, ma sempre e solo per se stesso, per le sue proprie parole e per il suoi progetti... C’è un modo di ascoltare impaziente e distratto, che disprezza il fratello e aspetta solo di poter finalmente prendere la parola e liberarsi dell’altro. Questo non è compiere la propria missione, e certamente anche qui nel nostro atteggiamento verso il fratello si rispecchia il nostro rapporto con Dio. Se noi non riusciamo più a porgere il nostro orecchi al fratello in cose piccole, non c’è da meravigliarsi se non siamo più capaci di dedicarci al massimo tra i servizi consistenti nell’ascoltare, affidatoci da Dio, cioè quello di ascoltare la confessione del fratello. Il mondo pagano sa, oggi, che spesso si può aiutare un altro solo ascoltandolo seriamente, avendo riconosciuto questo, vi ha impostato una propria cura d’anime laica, alla quale accorrono numerosi gli uomini, anche i cristiani. Ma i cristiani hanno dimenticato che il compito dell’ascoltare è stato loro affidato da Colui il quale è l’uditore per eccellenza, alla cui opera essi sono chiamati a collaborare. Dobbiamo ascoltare con l’orecchio di Dio, affinché ci sia dato di parlare con la Parola di Dio.
D. Bonhoeffer La vita comune

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