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sabato 4 febbraio 2012

Brambilla


Meeting-Si può vivere così- 4
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Meeting 2008 - giovedì 28 agosto 2008 - Ore: 15.00 Sala A1 - Incontro con Aldo Trento (Paraguay) e Rosetta Brambilla (Brasile)
Rosetta Brambilla
Milano 1960. «Rosetta, domenica c’è una festa a casa di Lucia. Vieni? Si balla». Perché no? Rosetta, diciassette anni, lavora in fabbrica come decoratrice di porcellane, e a fine settimana ha voglia di divertirsi. Di soldi poi in tasca ne ha pochi perché lo stipendio lo dà in casa. Per sé solo 200 lire alla settimana. Giusto il cinema ogni tanto. Accetta. La festa è come le altre, si scherza, si balla. Rosetta è però colpita da un gruppetto. Non capisce perché, ma hanno un modo attraente di stare insieme, le sembra che ballino persino in modo diverso. Incuriosita gli si avvicina, ci parla. Si sta bene con loro. Salta fuori che sono amici di Antonio che lei conosce bene, che fanno parte di Gs.
«Ma cosa è Gs?». «Domenica andiamo a fare una gita in montagna? Ti aspettiamo. Il ritrovo è ai piedi della Grigna. Un passo da casa tua. Non sei mica di Bernareggio? Vieni». In funivia, seduta accanto ad Antonio gli aveva chiesto: «Cosa avete di diverso?». «È Cristo, ciò che ci muove è Cristo. In ogni azione: che sia il ballare o l’andare in montagna». «Mi interessa, voglio stare con voi». «Ci vediamo a messa in Santo Stefano». Così di colpo la vita era cambiata. L’incontro con il don Giuss, la Scuola con lui in via Sant’Antonio, mangiare insieme e poi via in Bassa. Ogni istante diventa attraente. E Rosetta per potersi pagare treno, pullman, tram per arrivare a Milano e raggiungere questa compagnia nuova si trova il secondo impiego: tre sere alla settimana lavora in una ditta di gazzosa.
Nel ‘62 i primi partono per il Brasile e le decime le inviano là: è il modo concreto per stare vicino agli amici lontani che costruiscono un pezzetto di mondo nuovo, e con la caritativa è il modo per guardare la realtà senza manipolarla. A questo li educa il don Giuss: ad appassionarsi a Cristo. Rosetta, a un certo punto, capisce che vuole abbracciare tutto il mondo: vuole andare in missione. Ne parla con Giussani che le indica le Piccole Suore del Martinengo. Poi nel ‘67 la partenza per il Brasile a raggiungere Pigi, Nicoletta, Luisa, Maria Rita e gli altri. Ma tra alcuni di loro è già in atto la frattura: l’abbandono della Chiesa in favore di una scelta marxista che doveva rispondere, secondo loro, al desiderio della costruzione di un mondo nuovo. Per Rosetta è uno strappo: quelli che erano più madre e padre dei suoi stessi genitori rinnegavano, anzi dicevano che la sua era una posizione infantile che bisognava cambiare. L’Umberto aveva attraversato l’Oceano proprio per spiegarglielo e riportarla a casa, per indicarle “la strada giusta”. Ma c’erano le lettere di Giussani, che mai l’aveva lasciata sola: «Cristo è ciò per cui tutto è fatto, e Cristo è il perché della tua vita: a lui dedicati con devozione totale, e allora anche gli sbagli degli uomini e le incomprensioni con cui ti possono trattare diventeranno pietre per la edificazione d’una tua grande anima». Umberto era ripartito e lei era stata lì con quelli che lui definiva sogni giovanili e lei fedeltà al Signore, unico motivo per cui valeva la pena spendere la propria vita.
Nel ‘70 il rientro in Italia e la decisione di entrare nel Gruppo Adulto. E dentro questo desiderio di abbracciare il mondo.
Così, nel ‘72 riparte per il Sudamerica. Prima a San Paolo, poi a Macapà, nel cuore dell’Amazzonia, e infine nel ‘78 nelle favelas di Belo Horizonte con Pigi Bernareggi. Sempre per costruire un pezzetto di mondo nuovo. E proprio a Belo Horizonte, seduta in strada su blocchi di cemento, mentre insegna catechismo ai bambini, le viene l’idea: ci vuole un luogo per tutti quei bambini abbandonati per la maggior parte della giornata, un luogo per loro, ma anche per le loro mamme, dove essere guardati come persone. E lì, all’aperto, sotto un telo cerato, dà vita a un asilo con l’aiuto di due ragazze della favela. Di giorno in giorno i bambini aumentano e dopo qualche anno riescono a prendere una baracca con i soldi della mamma di Rosetta, che l’ha sempre sostenuta. Oggi, attraverso Avsi e le adozioni a distanza, i bambini seguiti sono più di 700, dai due mesi ai 15 anni. Alcuni educatori sono stati a loro volta alunni. A tutti Rosetta ripete che educare è comunicare sé in ogni gesto della giornata: dall’apparecchiare la tavola a insegnare a leggere, perché i bambini guardano dove tu guardi. Riverbero di quello che anni prima Giussani le aveva insegnato: vivere è affermare Cristo. Sempre. [Tracce, febbraio 2005]
Rosetta, la missionaria laica che ha trasformato le favelas in modello di risanamento
La signora del Brasile
Testimonianza di Rosetta Brambilla
Brasile. Costruire un pezzo di mondo nuovo
Rosetta Brambilla, dove c’era solo puzza ha fatto fiorire la favela
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