La persona ed il personaggio
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" Il personaggio non è altro che la corruzione della persona.
La persona è un volto, il personaggio una maschera. La persona è nudità radicale, il personaggio è tutto abbigliamento. La persona ama l’autenticità e l’essenzialità, il personaggio vive di finzione e di artifici. La persona ubbidisce alle proprie convinzioni, il personaggio ubbidisce a un copione. La persona è, umile e leggera, il personaggio è pesante ed ingombrante”.
citato da P. Cantalamessa
Predica di Quaresima. alla presenza del Santo Padre Benedetto XVI,
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Postato da: giacabi a 21:34 |
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persona, cantalamessa
Mi sembra opportuno proporre questa omelia (quasi integralmente)
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OMELIA DI PADRE RANIERO CANTALAMESSA,
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Basilica di San Pietro
Venerdì Santo, 14 aprile 2006 |
1. "Siate, cristiani, a muovervi più gravi!"
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"Verranno
giorni in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il
prurito di udire qualcosa di nuovo, gli uomini si circonderanno di
maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla
verità per volgersi alle favole" (2 Tim 4, 3-4).
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Questa
parola della Scrittura - soprattutto l'accenno al prurito di udire cose
nuove - si sta realizzando in modo nuovo e impressionante ai nostri
giorni. Mentre noi celebriamo qui il ricordo della passione e morte del
Salvatore, milioni di persone sono indotte da abili rimaneggiatori di
leggende antiche a credere che Gesù di Nazareth non è, in realtà, mai
stato crocifisso…………..
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Sono
cose che non meriterebbero di essere trattate in questo luogo e in
questo giorno, ma non possiamo permettere che il silenzio dei credenti
venga scambiato per imbarazzo e che la buona fede (o la dabbenaggine?)
di milioni di persone venga grossolanamente manipolata dai media, senza
alzare un grido di protesta in nome non solo della fede, ma anche del
buon senso e della sana ragione. È il momento, credo, di riascoltare
l'ammonimento di Dante Alighieri:
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"Siate, Cristiani, a muovervi più gravi:
non siate come penna ad ogni vento, e non crediate ch'ogni acqua vi lavi. Avete il novo e 'l vecchio Testamento, e 'l pastor de la Chiesa che vi guida; questo vi basti a vostro salvamento... Uomini siate, e non pecore matte" (4). |
2. La Passione ha preceduto l'Incarnazione!
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. …Leggiamo nell'Enciclica…..
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Sì, Dio è amore! Se tutte le Bibbie del mondo, è stato detto, andassero distrutte per qualche cataclisma o furore iconoclasta e ne rimanesse soltanto una copia; e anche questa copia fosse così danneggiata che solo una pagina fosse ancora intera, e anche questa pagina fosse così stropicciata che solo una riga si potesse ancora leggere: se tale riga è la riga della Prima lettera di Giovanni dove è scritto "Dio è amore!", tutta la Bibbia sarebbe salva, perché tutto è contenuto lì.
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L'amore di Dio è luce, è felicità, è pienezza di vita.
È il torrente che Ezechiele vide uscire dal tempio che, dove giunge,
risana e suscita vita; è l'acqua promessa alla Samaritana che estingue
ogni sete. Gesù ripete anche a noi, come a lei: "Se conoscessi il dono
di Dio…….Dio è amore, e la croce di Cristo ne è la prova suprema, la
dimostrazione storica.
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Vi sono due modi di manifestare il proprio amore verso qualcuno, diceva un autore dell'oriente bizantino, Nicola Cabasilas. Il primo consiste nel fare del bene alla persona amata, nel farle doni; il secondo, molto più impegnativo, consiste nel soffrire per essa. Dio
ci ha amato nel primo modo, con amore cioè di munificenza, nella
creazione, quando ci ha riempito di doni, dentro e fuori di noi; ci ha
amati di amore di sofferenza nella redenzione, quando ha inventato il
proprio annientamento, soffrendo per noi i più terribili patimenti, al
fine di convincerci del suo amore (6). Per questo è sulla croce che si deve contemplare ormai la verità che "Dio è amore".
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La parola "passione" ha due significati: può indicare un amore veemente, "passionale", oppure una sofferenza mortale.
C'è una continuità tra le due cose e l'esperienza quotidiana mostra
quanto facilmente da una si passa all'altra. Così è stato anche, e prima
di tutto, in Dio. C'è una passione - ha scritto Origene - che precede l'incarnazione. È "la passione d'amore"
che Dio da sempre nutre verso il genere umano e che, nella pienezza dei
tempi, l'ha portato a venire sulla terra e patire per noi (7).
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3. Tre ordini di grandezza
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L'Enciclica "Deus caritas est"
ci indica un nuovo modo di fare apologia della fede cristiana, forse
l'unico possibile oggi e certamente il più efficace. Non contrappone i
valori soprannaturali a quelli naturali, l'amore divino all'amore umano,
l'eros e l'agape, ma ne mostra l'originaria armonia, sempre da
riscoprire e da risanare, a causa del peccato e della fragilità umana. "L'eros
- scrive il Papa - vuole sollevarci "in estasi" verso il Divino,
condurci al di là di noi stessi, ma proprio per questo richiede un
cammino di ascesa, di rinunce, di purificazioni e di guarigioni"
(8). Il vangelo è, sì, in concorrenza con gli ideali umani, ma nel senso
letterale che con-corre alla loro realizzazione: li risana, li eleva,
li protegge. Non esclude l'eros dalla vita, ma il veleno dell'egoismo
dall'eros.
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Vi sono tre ordini di grandezza, ha detto Pascal in un celebre pensiero (9). Il primo è l'ordine materiale o dei corpi: in esso eccelle chi ha molti beni, chi è dotato di forza atletica o bellezza fisica. È un valore da non disprezzare, ma il più basso. Sopra di esso c'è l'ordine del genio e dell'intelligenza in cui si distinguono i pensatori, gli inventori, gli scienziati, gli artisti, i poeti.
Questo è un ordine di qualità diversa. Al genio non aggiunge e non
toglie nulla l'essere ricco o povero, bello o brutto. La deformità
fisica attribuita alla loro persona non toglie nulla alla bellezza del
pensiero di Socrate e della poesia di Leopardi.
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Questo del genio è un valore certamente più alto del precedente, ma non ancora il supremo. Sopra di esso c'è un altro ordine di grandezza, ed è l'ordine dell'amore, della bontà. (Pascal lo chiama l'ordine della santità e della grazia). Una goccia di santità, diceva Gounod, vale più di un oceano di genio. Al santo non aggiunge e non toglie nulla l'essere bello o brutto, dotto o illetterato. La sua grandezza è di un ordine diverso.
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Il cristianesimo appartiene a questo terzo livello. Nel romanzo Quo vadis, un pagano chiede all'apostolo Pietro appena giunto a Roma: "Atene ci ha donato la sapienza, Roma la potenza; la vostra religione cosa ci offre? E Pietro risponde: l'amore!" (10). L'amore è la cosa più fragile che esista al mondo; viene rappresentato, ed è, come un bambino. Lo si può uccidere con nulla,
come - lo abbiamo visto con orrore in Italia nelle passate settimane -,
si può fare con un bambino. Ma sappiamo per esperienza cosa diventano
la potenza e la scienza, la forza e il genio, senza l'amore e la
bontà...
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4. Amore che perdona
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"L'eros di Dio per l'uomo - prosegue l'enciclica - è insieme totalmente agape. Non soltanto perché viene donato del tutto gratuitamente, senza alcun merito precedente, ma anche perché è amore che perdona" (nr. 10).
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Anche questa qualità rifulge nel massimo grado nel mistero della croce. "Nessuno
ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici",
aveva detto Gesù nel cenacolo (Gv 15, 13). Verrebbe da esclamare: Sì che
esiste, o Cristo, un amore più grande che dare la vita per i propri
amici. Il tuo! Tu non hai dato la vita per i tuoi amici, ma per i tuoi
nemici! ……..
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Ma non si tarda a scoprire che il contrasto è solo apparente. La parola "amici" in senso attivo indica coloro che ti amano, ma in senso passivo indica coloro che sono amati da te. Gesù chiama Giuda "amico" (Mt
26, 50) non perché Giuda lo amasse, ma perché lui lo amava! Non c'è
amore più grande che dare la propria vita per i nemici, considerandoli
amici: ecco il senso della frase di Gesù. Gli uomini possono essere, o
atteggiarsi, a nemici di Dio, Dio non potrà mai essere nemico dell'uomo.
È il terribile vantaggio dei figli sui padri (e sulle madri).
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Dobbiamo
riflettere in che modo, concretamente, l'amore di Cristo sulla croce
può aiutare l'uomo d'oggi a trovare, come dice l'Enciclica, "la strada
del suo vivere e del suo amare". Esso è un amore di misericordia, che
scusa e perdona, che non vuole distruggere il nemico, ma semmai
l'inimicizia (cfr Ef 2, 16). Geremia, il più vicino tra gli
uomini al Cristo della Passione, prega Dio dicendo: "Possa io vedere la
tua vendetta su di loro" (Ger 11, 20); Gesù muore dicendo: "Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23, 34).
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È
proprio di questa misericordia e capacità di perdono che abbiamo
bisogno oggi, per non scivolare sempre più nel baratro di una violenza
globalizzata. L'Apostolo scriveva ai Colossesi: "Rivestitevi, come amati
di Dio, santi e diletti, di sentimenti (alla lettera: di viscere!) di
misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza,
sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno
abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha
perdonato, così fate anche voi" (Col 3, 12-13).
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Avere misericordia significa impietosirsi (misereor) nel cuore (cordis) a riguardo del proprio nemico, capire di che pasta siamo fatti tutti quanti e quindi perdonare. …………….
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Quanta verità nel verso del nostro Pascoli: "Uomini, pace! Nella prona terra troppo è il mistero"
(11). Un comune destino di morte incombe su tutti. L'umanità è avvolta
da tanta oscurità e piegata ("prona") sotto tanta sofferenza che
dovremmo pure avere un po' di compassione e di solidarietà gli uni per
gli altri!
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5. Il dovere di amare
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C'è
un altro insegnamento che ci viene dall'amore di Dio manifestato nella
croce di Cristo. L'amore di Dio per l'uomo è fedele ed eterno: "Ti ho
amato di amore eterno", dice Dio all'uomo nei profeti (Ger 31, 3), e ancora: "Alla mia fedeltà non verrò mai meno" (Sal
89, 34). Dio si è legato ad amare per sempre, si è privato della
libertà di tornare indietro. È questo il senso profondo dell'alleanza
che in Cristo è divenuta "nuova ed eterna".
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Nell'enciclica papale leggiamo: "Fa parte degli sviluppi dell'amore verso livelli più alti, verso le sue intime purificazioni, che esso cerchi ora la definitività, e ciò in un duplice senso: nel senso dell'esclusività - "solo quest'unica persona" - e nel senso del "per sempre". L'amore comprende la totalità dell'esistenza in ogni sua dimensione, anche in quella del tempo. Non potrebbe essere diversamente, perché la sua promessa mira al definitivo: l'amore mira all'eternità"
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Nella nostra società ci si domanda sempre più spesso che rapporto ci può essere tra l'amore di due giovani e la legge del matrimonio; che
bisogno ha di "vincolarsi" l'amore che è tutto slancio e spontaneità.
Così sono sempre più numerosi coloro che rifiutano l'istituzione del
matrimonio e scelgono il cosiddetto amore libero o la semplice
convivenza di fatto. Solo se si scopre il profondo e vitale rapporto che
c'è tra legge e amore, tra decisione e istituzione, si può rispondere
correttamente a quelle domande e dare ai giovani un motivo convincente
per "legarsi" ad amare per sempre e a non aver paura di fare dell'amore
un "dovere".
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"Soltanto quando c'è il dovere di amare, - ha dichiarato il filosofo che, dopo Platone, ha scritto le cose più belle sull'amore, Kierkegaard -, allora soltanto l'amore è garantito per sempre contro ogni alterazione; eternamente liberato in beata indipendenza; assicurato in eterna beatitudine contro ogni disperazione" Il senso
di queste parole è che la persona che ama, più ama intensamente, più
percepisce con angoscia il pericolo che corre il suo amore. Pericolo
che non viene da altri, ma da lei stessa. Essa sa bene infatti di
essere volubile e che domani, ahimé, potrebbe già stancarsi e non amare
più o cambiare l'oggetto del suo amore. E poiché, adesso che è nella
luce dell'amore, vede con chiarezza quale perdita irreparabile questo
comporterebbe, ecco che si premunisce "legandosi" ad amare con il
vincolo del dovere e ancorando, in tal modo all'eternità il suo atto
d'amore posto nel tempo.
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Ulisse
voleva giungere a rivedere la sua patria e la sua sposa, ma doveva
passare attraverso il luogo delle Sirene che ammaliavano i naviganti con
il loro canto e li portavano a schiantarsi contro gli scogli. Cosa
fece? Si fece legare all'albero della nave, dopo aver turato le orecchie
con cera ai compagni. Giunto sul luogo, ammaliato, gridava per essere
sciolto e raggiungere le Sirene, ma i compagni non potevano udirlo e
così poté rivedere la sua patria e riabbracciare la sposa e il figlio
(14). È un mito, ma aiuta a capire il perché, anche umano ed
esistenziale, del matrimonio "indissolubile" e, su un piano diverso, dei
voti religiosi.
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Il dovere di amare protegge l'amore dalla "disperazione" e lo rende "beato e indipendente" nel senso che protegge dalla disperazione di non poter amare per sempre. Datemi un
vero innamorato - diceva lo stesso pensatore - ed egli vi dirà se, in
amore, c'è opposizione tra piacere e dovere; se il pensiero di "dovere"
amare per tutta la vita procura all'amante paura e angoscia, o non
piuttosto gioia e felicità somma.
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Apparendo, un giorno della settimana santa, alla beata Angela da Foligno, Cristo le disse una parola divenuta celebre: "Non ti ho amato per gioco!" (15). Cristo
non ci ha amato davvero per gioco. C'è una dimensione ludica e giocosa
nell'amore, ma esso stesso non è un gioco; è la cosa più seria e più
carica di conseguenze che esista al mondo; la vita umana dipende da
esso. Eschilo paragona l'amore a un leoncello che si alleva in casa,
"docile e tenero dapprima più d'un fanciullo", con il quale si può
anche scherzare, ma che, crescendo, è capace di fare strage e lordare la
casa di sangue (16).
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Queste considerazioni non basteranno a mutare la cultura in atto che esalta la libertà di cambiare e la spontaneità del momento, la pratica dell'"usa e getta" applicata anche all'amore. (Si
incaricherà, purtroppo, la vita a farlo, quando alla fine ci si
ritroverà con delle ceneri in mano e la tristezza di non aver costruito
nulla di duraturo con il proprio amore). Ma che almeno servano,
queste considerazioni, a confermare della bontà e bellezza della
propria scelta coloro che hanno deciso di vivere l'amore tra l'uomo e la
donna secondo il progetto di Dio e serva a invogliare tanti giovani a
fare la stessa scelta. …..
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