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domenica 5 febbraio 2012

Chieffo

Il seme
 ***

Non siamo in grado di muoverci verticalmente. Non possiamo fare neppure un passo verso il cielo. Dio attraversa l’universo e viene fino a noi. Al di là dello spazio e del tempo infinito, l’amore infinitamente più infinito di Dio viene ad afferrarci. Viene quando è la sua ora. Noi abbiamo facoltà di acconsentire ad accoglierlo o di rifiutare. Se restiamo sordi, egli torna e ritorna ancora, come un mendicante; ma un giorno, come un mendicante non torna più.
Se noi acconsentiamo, Dio depone in noi un piccolo seme e se ne va. Da quel momento, a Dio non resta altro da fare, e a noi nemmeno, se non attendere. Dobbiamo soltanto non rimpiangere il consenso che abbiamo accordato, il sì nuziale. Non è facile come sembra, perché la crescita del seme, in noi, è dolorosa.
 Simone Weil (AD 98-99)

 

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chieffo, weil

domenica, 22 marzo 2009
Andare
***
Parole e musica di Claudio Chieffo
E la voglia che avevi di ridere e cantare
era come il vento la sera,
che spazza via le nubi, le nubi e il temporale
e ogni storia diventa più vera.

I tuoi occhi vedevano tutto e guardavano al cuore,
le parole portavano il fuoco e la voglia di andare… andare.

Il ragazzo nei campi, il ragazzo che cantava
non aveva mai visto il Destino
e l’abbraccio del Padre, l’abbraccio che cercava
incendiò come il sole il mattino.

I tuoi occhi vedevano tutto e guardavano il cuore,
le parole portavano il fuoco e la voglia di andare… andare.

Da quando sei partito non voglio più lasciarti,
nel Pane ti trovo e nel Vino,
ora tu puoi vedermi ed io posso parlarti,
ti sento ogni giorno vicino.

I tuoi occhi che vedono tutto ora guardano il cuore,
le parole ci portano il fuoco e la voglia di andare… andare

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chieffo

sabato, 11 ottobre 2008

Claudio Chieffo

***
 Claudio Chieffo - Liberazione n.2
claudio chieffo-la canzone degli occhi e del cuore
Claudio Chieffo - Martino e l'imperatore

Claudio Chieffo - La guerra  
Claudio Chieffo - La Nuova Auschwitz
Claudio Chieffo - Monologo di Giuda
Claudio Chieffo - Il giovane ricco

Claudio Chieffo - La Strada
Claudio Chieffo - La Banda
Claudio Chieffo - La Ballata del potere
Claudio Chieffo - Io non sono degno
Claudio Chieffo - Faccia a faccia
 Claudio Chieffo - Il popolo canta

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canti, chieffo

giovedì, 19 giugno 2008

     LA NUOVA AUSCHWITZ

***
Claudio Chieffo

Io suonavo il violino ad Auschwitz
mentre morivano gli altri ebrei;

io suonavo il violino ad Auschwitz
mentre uccidevano i fratelli miei.(3 v)

Ci dicevano di suonare,
suonare forte e non fermarci mai,
per coprire l'urlo della morte,
suonare forte e non fermarci mai.(3 v)
 
Non è possibile essere come loro.(2 v)

Nel mondo nuovo che
ora abbiamo creato
c'è la miseria,
c'è l'odio ed il peccato.(3 v)

Ora siamo tornati ad Auschwitz
dove ci è stato fatto tanto male,
ma non è morto il male del mondo
e noi tutti lo possiamo fare.(3 v)

Non è difficile essere come loro.(2 v)
Ora suono il violino al mondo
mentre muoiono i nuovi ebrei;
ora suono il violino al mondo
mentre uccidono i fratelli miei


La nuova Auschwitz

”Ricordiamo che «non è difficile essere come loro», che è possibile essere come loro. (...) Il tempo di questa violenza, di questa distruzione, comunque sempre serpeggia: nella nostra vita personale, per il rapporto con la ragazza o con il ragazzo, con i genitori, coi compagni di scuola, con tutto ciò che ci circonda, quanto in noi sa del veleno della violenza, della strumentalizzazione!
C’è solo un modo per evitarlo: accostare l’uomo, chiunque sia, dal più vicino e preoccupante fino al più estraneo e lontano, con un amore al suo destino, questo rispetto profondo, questa passione per la sua libertà, per la sua energia in cammino,”
 Giussani tracce09-07

Il Beato P. Tito Brandsma, nel campo di Dachau, all’infermiera odiata e disprezzata da tutti i prigionieri che doveva iniettargli l’acido fenico –a Dachau, il medico del campo parlava sarcasticamente dell’«iniezione di grazia»– donò la sua povera corona del Rosario., fatta nascostamente con pezzetti di rame e di legno.
«No so pregare!» –fu la risposta irritata della donna. Le rispose con mitezza:
«Non occorre che tu dica tutta l’Ave Maria; di’ soltanto: "Prega per noi peccatori"».
Ed ella non riuscì più a dimenticare il volto di quell’anziano prete al quale aveva dato la morte. Dirà poi: «Lui aveva compassione di me!». L’aveva ucciso, ma Egli l’aveva generata alla grazia.”
Padre A. Sicari

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cristianesimo, giussani, chieffo

martedì, 20 maggio 2008
Stare di fronte al Mistero

***

CANZONE PER FRANCESCO


«Quando sentirai la Mia voce
non fuggire troppo lontano
anche se il tuo passo è veloce
più veloce è la mia mano.
Da solo te ne vai e non pensi al ritorno
ti trascini la notte e ti nascondi il giorno.

Non potrai scordarti di Me
sono la terra e il mare
sono il ferro che taglia e che ti fa cambiare.

Devi attraversare il silenzio
e la strada e una sola
è per la porta stretta di un'unica Parola
devi attraversare il silenzio
devi attraversare il silenzio
devi attraversare il silenzio.

Quando sentirai la Mia voce
non cercare troppo lontano
anche se il tuo passo è veloce
più veloce è la Mia mano.
Non temere sentinella, non temere la notte
Io non sono il nemico, ma il giorno che viene.

Non potrai scordarti di Me
sono la luna e il sole
sono gli occhi che incontri
sono le parole..
CLAUDIO CHIEFFO
§   

Postato da: giacabi a 20:45 | link | commenti
canti, chieffo

sabato, 26 gennaio 2008
canzoni

Quando uno ha il cuore buono

***

 da: www.culturacattolica.it

 

Autore: Scaglione, Paola  Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele
Parole e musica di Claudio Chieffo
gennaio 1964
ad Angelo Sampieri
Quando uno ha il cuore buono non ha più paura di niente:
è felice di ogni cosa, vuole amare solamente.
Quante volte ti ho chiamato per nome,
quante volte ho cercato di te,
ma tu fuggi e ti nascondi,
vorrei proprio sapere perché
.
Quando uno ha il cuore buono non ha più paura di niente:
è felice di ogni cosa, vuole amare solamente.
Poco dopo è calata la notte,
la tua voce ho sentito gridar,
io ti dico ritorna alla casa,
il mio amore è più grande del mar
.
Quando uno ha il cuore buono non ha più paura di niente:
è felice di ogni cosa, vuole amare solamente.
Tu hai sentito chiamare il tuo nome,
non puoi certo scordarlo mai più,
su non fingere di essere sordo,
puoi rispondermi solo tu.

Quando uno ha il cuore buono non ha più paura di niente:
è felice di ogni cosa, vuole amare solamente.

«Quando uno ha il cuore buono – che vuol dire: quando uno si sente amato – non ha più paura di niente e vuole soltanto amare. È la tenerezza di un Dio che chiama proprio te per nome. Agli inizi, di fronte alla grandezza dell’amore di Dio uno si spaura, ma questa misericordia è proprio per te, attraverso la carnalità dei tuoi difetti. La novità del cristianesimo che avevo incontrato era accorgersi che perfino il tuo peccato – il tuo male – non è un ostacolo alla misericordia di Dio».
La vita di ognuno è costellata di fatti apparentemente insignificanti e che, pure, lasciano il segno in chi è disposto a guardare e ad ascoltare. Sono le parole di un bambino scatenato, che non si lasciava spaventare da nulla, a dare origine a una delle canzoni più diffuse di Chieffo: «Lo ricordo ancora, si chiamava Pasubio; un giorno, mentre giocavamo e tutti si erano spaventati all’arrivo di un cane, lui non aveva fatto una piega. E a me, che gli chiedevo come mai, aveva risposto con semplicità: ‘Sai che io non ho più paura? Perché da quando seguo Gesù il mio cuore è buono. E quando uno ha il cuore buono non ha più paura di niente’. Quella frase mi è rimasta inchiodata nella mente e nel cuore e una mattina ho cominciato a cantarla».

Claudio Chieffo in Paola Scaglione, La mia voce e le Tue Parole. Claudio Chieffo, una lunga storia di musica e poesia, Ares, Milano 2006, pp. 58-59


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canti, chieffo

canzoni

L’uomo cattivo
***

 da: www.culturacattolica.it

 

Autore: Scaglione, Paola  Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele
Parole e musica di Claudio Chieffo
maggio 1965

alla mia nonna Elvira

Era un uomo cattivo, ma cattivo, cattivo, cattivo,
eppure così cattivo il Signore lo salvò:

quando si alzava la mattina tutto gli dava fastidio
a cominciare dalla luce, perfino il latte col caffè.
Ma un dì si chiese Chi era che gli dava la vita,
un dì si chiese Chi era che gli dava l’amor.
«Chi se ne frega della vita! Chi se ne frega dell’amore!»‚
lui ripeteva queste cose, ma gli faceva male il cuore
.
Ed il Signore dal cielo tanti regali gli mandava,
lui li guardava appena, anzi alle volte poi si lamentava.
Ma un dì si chiese Chi era che gli dava la vita,
un dì si chiese Chi era che gli dava l’amor.

Poi un giorno vide un bambino che gli sorrideva,
vide il colore dell’uva e la sua nonna che pregava,
poi vide ch’era cattivo e tutto sporco di nero,
mise una mano sul cuore e pianse quasi tutto un giorno intero.
E Dio lo vide e sorrise, gli tolse quel suo dolore
,
poi gli donò ancor più vita, poi gli donò ancor più amor…
Era un uomo cattivo, ma cattivo, cattivo, cattivo,
eppure così cattivo il Signore lo salvò.

«Per essere cattivi non occorre fare fisicamente del male agli altri: uno è cattivo quando non vuol bene a se stesso, quando non capisce che la luce del mattino è un dono di Dio, che il latte col caffè è un dono di Dio, che il colore dell’uva è un dono di Dio. La canzone è dedicata a mia nonna Elvira, che viveva con noi e aveva una strana percezione della mia conversione, perché io ero molto resistente e in casa non cercavo di vivere quello che invece fuori mi veniva così bene… Ero un brontolone, ero disattento nei confronti dei miei familiari, però lei continuava a farmi vedere che stava solo aspettando che cambiassi. Mia nonna aveva sposato un repubblicano storico, che non andava in chiesa, ma, pur essendo una donna del popolo, non aveva alcun dubbio sulla propria fede. Continuamente mi incitava alla preghiera e a rivolgermi a Gesù e alla Madonna nei momenti in cui ero dubbioso oppure cattivo, insofferente, acido. L’uomo cattivo è dedicata a lei, ma nasce per i bambini di una parrocchia di periferia che cercavamo di far giocare e che finivano continuamente per litigare: volevo spiegare loro che, anche il più cattivo, il Signore lo avrebbe salvato».
Claudio Chieffo in: Paola Scaglione, La mia voce e le Tue Parole. Claudio Chieffo, una lunga storia di musica e poesia, Ares, Milano 2006, p. 85

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canti, chieffo

martedì, 30 ottobre 2007
L’iniziativa
***


parole e musica di Claudio Chieffo

In fondo io non c’ero e Lui mi ha creato,
io non esistevo e Lui mi ha amato,
in fondo ha preso Lui l’iniziativa e allora che paura abbiamo?
Non c’era la luce, non c’era il colore,
non c’era l’amicizia, il tempo e l’amore,
in fondo ha preso Lui l’iniziativa e allora che paura abbiamo?
Solo l’ingratitudine ci fa dimenticare
che Dio non incomincia se non per terminare…
Solo l’ingratitudine ci fa dimenticare
che Dio non incomincia se non per terminare…
In fondo tu non c’eri, non ci saremmo mai incontrati
Se Dio che ci ha voluti non ci avesse amati
in fondo ha preso Lui l’iniziativa e allora che paura abbiamo?
Ed ora non ci resta che una cosa da fare:
seguire la sua strada e cominciare a lavorare
,
per primo Lui ci ha amati fino in fondo
e adesso ci regala il mondo
e adesso ci regala il mondo.

Postato da: giacabi a 14:09 | link | commenti
canti, chieffo

giovedì, 25 ottobre 2007
 ***
 a P.
Grazie Claudio!
 
Claudio Chieffo
 


 

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testimonianza, chieffo

domenica, 26 agosto 2007
Cosa metteremo al posto di Cristo?
***
Quest'uomo ingiuriava Cristo in mia presenza con i più bassi insulti, e tuttavia non è mai stato capace di mettere a confronto con Cristo se stesso e tutti i progressisti di questo mondo.
Non è mai stato capace di accorgersi quanto c'era in lui stesso di meschino amor proprio, di odio, d'insofferenza, d'irritabilità, di volgarità, ma soprattutto di amor proprio.
Insultando Cristo, lui non si è chiesto: ma cosa metteremo al suo posto?
Non possiamo mica metterci noi stessi, che siamo così spregevoli.
Fëdor Michailovic Dostoevskij
Lettere
La guerra di Claudio Chieffo
 

Postato da: giacabi a 13:47 | link | commenti
nichilismo, dostoevskij, chieffo

domenica, 19 agosto 2007
Ciao Claudio!
                     ***
Messaggio di don Julián Carrón, presidente della Fraternità di CL,
a tutto il movimento e ai partecipanti al Meeting di Rimini, per la morte di Claudio Chieffo

Cari amici, preghiamo per Claudio Chieffo, che ora vede faccia a faccia il volto buono del Mistero che fa tutte le cose e che egli ha desiderato e cantato per tutta la vita.
La poesia delle sue canzoni ha espresso la passione per la presenza di Cristo come di Colui che svela a ciascuno di noi il significato del dramma della vita, facendosi compagno del cammino al Destino.
Il nostro popolo, educato dal suo canto, continua a camminare nella certezza che «è bella la strada che porta a casa», dove ora don Giussani e don Ricci accolgono Claudio.
Julián Carrón
Rimini, 19 agosto 2007.
***
Confine
Parole e musica di Claudio Chieffo
L’uomo fermo davanti al mare aveva occhi di bambino,
ma la faccia segnata dal tempo raccontava il suo cammino.
Era già sera quando i marinai
ritornano col cuore nelle case,
era già sera e cercava un segno:
una vela all’orizzonte che non c’era.
E venne un angelo dal cielo: tra le nuvole una vela...
“Cosa porti viaggiatore? Non ti accorgi che è ormai sera?”
Era già sera quando i viaggiatori
raccontano le storie più segrete,
era già sera...”Io ti porto il cuore,
il cuore e una canzone sempre vera:
ho combattuto la mia guerra , la mia corsa finirò
e conservo la tua Luce come il dono più prezioso!”
L’uomo fermo davanti al cielo vide che non era solo:
mille angeli di Dio accompagnavano il suo volo.
Era già sera e i poeti e i santi
cantavano la gloria del Signore,
era già sera e scendeva il sole
nel mare che accoglieva il suo respiro

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chieffo

venerdì, 24 novembre 2006

Maria madre nostra
aiuta Claudio Chieffo nella sua malattia

STELLA DEL MATTINO
(AVE MARIA)
parole e musica di Claudio Chieffo
Ave Maria splendore del mattino
puro è il tuo sguardo ed umile il tuo cuore
protegga il nostro popolo in cammino
la tenerezza del tuo vero amore.
Madre non sono degno di guardarti
però fammi sentire la tua voce
fa' che io porti a tutti la tua pace
e possano conoscerti ed amarti.
Madre tu che soccorri i figli tuoi
fa' in modo che nessuno se ne vada
sostieni la sua croce e la sua strada
fa' che cammini sempre in mezzo a noi.
Madre non sono degno di guardarti
però fammi sentire la tua voce
fa' che io porti a tutti la tua pace
e possano conoscerti ed amarti.
Ave Maria splendore del mattino
puro è il tuo sguardo ed umile il tuo cuore
protegga il nostro popolo in cammino
la tenerezza del tuo vero amore.

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chieffo

domenica, 10 settembre 2006
 

Tempi num.34 del 07/09/2006

                     Claudio Chieffo.                                  
 Come suona una vita compiuta                            
Dalle canzonette di Sanremo ai concerti con Gaber e Mark Harris.
La musica, l'amicizia, poi la nebbia del cancro. E una nuova rivoluzione


di Amicone Luigi

Fine anni Cinquanta. L'unico avvenimento musicale in Italia è il Festival di Sanremo. E cosa succedeva nella provincia di Forlì? «Naturalmente si rifacevano le canzoni di Sanremo. Si prendeva un teatro a noleggio e si andava avanti per tre giorni, fino allo sfinimento. E i superstiti venivano premiati. Io ero sempre un superstite. Canzoni d'amore cretine. Adesso però sarebbero un testo prezioso per Jovanotti. Partecipava anche Francesco Marsella, che sarebbe diventato Checco dei Giganti. Un anno vincevo io, l'altro lui. Avrei dovuto essere contento di quella celebrità. Invece mi chiedevo come si facesse a cantare brani così stupidi. E aggiungevo: se si dicono cose stupide il rischio è che si viva da stupidi. La questione, insomma, era seria e riguardava la vita». Incontriamo il cantautore Claudio Chieffo, 61 anni, che è ancora viva l'emozione per il concerto che ha tenuto al Meeting di Rimini e dedicato a un grande amico, don Luigi Giussani. «Mi hanno detto che c'erano 4 mila persone. È andata proprio di lusso, come quando hai di fronte qualcuno che ti vuole bene, e te lo dimostra con un grande, interminabile abbraccio. Ho cantato due ore di fila, venti canzoni, ma potevo farne altre quattro o cinque. Non so come ho potuto farcela, però è accaduto». Due mesi fa il concerto sarebbe stato impossibile. La malattia era peggiorata. Chieffo non camminava più. Non ci capiva più. «Il male avanzava, un tumore maligno al cervello, non operabile, diagnosticato a novembre». Lo prende in cura il professor Amerigo Boiardi, oncologo dell'Istituto Besta di Milano. «Gli dico: ora che faccio? Smetto tutto, vendo il pulmino che ho appena comprato per girare l'Italia e comunico all'amico pianista di trovarsi un altro lavoro? Boiardi rilancia: "Guarda, se ne hai voglia, ti dico di continuare a suonare e a cantare. Per te e per tutti noi"». Claudio dà retta. Prosegue con i concerti, inizia a pensare al nuovo album, poi il crollo. «D'accordo finire in carrozzella, però il timore più grande è andare via di testa, perdere la ragione. A un certo punto la nebbia. Non capivo più niente. Non riuscivo a controllare nemmeno le funzioni più elementari. Pisciarsi in mano e non poter fare un gradino di scale. e poi ci dicono che siamo padroni di noi stessi. Mi viene da ridere». Poi l'improvviso miglioramento. «Mi si snebbia il cervello, non sento più la paresi nella parte sinistra. E ricomincio a muovermi. Torno a fare quelle benedette scale. Sono felice. Vengo al Meeting di Rimini, finalmente torno a cantare.».
Quella di Claudio Chieffo è la storia dantesca di un'anima musicale. E di una genialità umana suscitata da un Virgilio. Adesso le sue canzoni sono cantate dappertutto. Dalla Russia all'Africa, dall'Asia all'America Latina. Ma all'inizio non c'è altro che l'incontro con un sacerdote di Forlì alto due metri. «Avevo 15 anni, pensavo che Dio non esistesse, che esistessi solo io e che la Chiesa fosse una fregatura. Quel prete si chiamava don Francesco Ricci, sapeva che suonavo la chitarra, mi aveva sentito strimpellare nei campi scuola di Azione Cattolica. Ricci dirigeva un mensile culturale che si chiamava Il termometro. Qualche volta lo vendevo anch'io, ma senza entusiasmo. Una sera me lo ritrovai in casa. Era venuto a parlare con i miei. A invitarmi a una vacanza. Ci andai e vidi che loro stavano bene insieme. Erano una bella compagnia. Lì iniziò a sgretolarsi la mia corazza. Poi, attraverso Ricci, ecco don Giussani. Mi chiamava "Forlì". Scrivo "Viva l'anima mia per cantare le tue lodi" (Alleluja della Forza, ndr). A 18 anni gli canto La ballata dell'uomo vecchio. E lui mi dice: "Ho capito chi sei!". Tra me: "Ma se non ho capito io chi sono. Uno che mi parla così mi interessa"».

Un pirata come Bob Dylan
Con Giussani il rapporto si fa sempre più stretto e familiare. «Io allora mi sentivo quasi inerme. Siamo nel 1965 e c'era Bob Dylan, il più grande cantautore e pirata del mondo. Cantava Blowin' in the wind, che "la risposta è nel vento", che "la risposta non c'è". Qualche burlone, in modo di adattarla ai canti di chiesa, l'aveva sfregiata aggiungendo che "la risposta c'è". Un disastro, insomma. Dylan allora mi sembrava come un pirata sulla sua bella e grande nave ammiraglia che sparava tutti i suoi colpi. Con effetti stupefacenti. Io invece navigavo su una barca a remi. Però mi sentivo anch'io pirata. Non mi piacevano, come a Dylan, le risposte della società. Però io avevo incontrato la risposta. Che non era una teoria ma un fatto. Sono persuaso che se fosse stata una teoria non sarebbe nata una sola canzone. Invece, siccome era un fatto, ecco La ballata dell'uomo vecchio, Beati i furbi, La ballata del potere, La nuova Auschwitz. Canzoni che Giussani definiva fra loro inscindibili».
La ballata del potere, conosciuta anche come Forza compagni, l'ha scritta per sua moglie Marta che ai tempi frequentava l'Università di Pisa ed era rimasta affascinata dalle parole di Adriano Sofri. «Lei ha sempre avuto urgente la domanda di giustizia. Quella canzone nasce per dirle che c'è qualcuno che ci libera dal male. Tutte le mie canzoni, anche quelle più stupide (no stupide no, perché a me piace anche Quando uno ha il cuore buono) nascono dal desiderio di condividere. Insomma, se Dio vuole, nasce una canzone. Se Dio vuole, certo, perché le gravidanze isteriche non producono nulla».
Quella di Chieffo è tutto tranne la storia di una conversione mistica. È la sorpresa di un prete che gli si fa amico e compagno di strada. La sorpresa per questo Giussani «che voleva sentire tutte le mie nuove canzoni e che mi incoraggiava a dire con il canto l'esperienza che vivevo», È la sorpresa di una compagnia che sta assieme per giudicare la vita a partire dall'ideale cristiano. «Non li ho mollati più. Ricordo il grande pittore americano Bill Congdon che mi diceva spesso che la musica, le canzoni sono una finestra aperta sul mistero di Dio e della bellezza. Ho detto al concerto del Meeting che era bello correre a Milano per ascoltare e parlare con Giussani. Ma ho aggiunto che era ancora più bello seguirlo». Gli anni Settanta sono anni di concerti nonostante l'ostilità della sinistra extraparlamentare. «La mia vita si è legata sempre più alla musica. Allora non c'era nessuno che proponesse concerti alternativi alla sinistra o al commercio. Ma a tutti i miei concerti saltava fuori il popolo. Un giornalista un giorno mi ha detto: "Chieffo, ma lei si rende conto che non ha un pubblico, ma un popolo?". Gli ho risposto: "Io non ho un popolo. Io faccio parte di questo di popolo"». Lo scorso aprile, la sera della vittoria elettorale della sinistra, i partiti della coalizione avevano organizzato una festa nella piazza principale di Forlì. «La sera l'abate dell'Abbazia aveva sciaguratamente fissato una meditazione sull'encliclica Deus caritas est accompagnata da mie canzoni. Io non volevo andarci, ma alla fine ho accettato. C'erano oltre mille persone in basilica e duecento fuori. Abbiamo cantato tutti per un'ora e mezza. In piazza, invece, non si sentiva neanche una Bandiera Rossa. Niente. Per festeggiare cantavano Roma non fa' la stupida stasera. Ho pensato che quando un popolo non sa più i suoi canti sta morendo come popolo. Non cantavano, che so, Bella ciao. Per attirare gente si scarta la propria tradizione e ci si rivolge alla prima arietta sentimentale che si pensa possa scaldare l'anima. Patetico».
Chieffo ha fatto oltre tremila concerti in Italia e nel mondo. Anche in Russia e Kazakistan. Senza mai salire sul carrozzone dei cantautori religiosi. E dei preti canterini («sono un invito alla bestemmia», dice). «Ricordo quella persona straordinaria di Mark Harris, tastierista e arrangiatore che ha accompagnato l'ultima tournée del povero Fabrizio De Andrè. Una volta venne al Meeting per suonare con me. I giorni successivi nessun riscontro sulla stampa. Niente. Nemmeno una riga. Neanche su quella cattolica. Rimasi deluso, glielo confessai. Mark mi sorprese: "Claudio, questo è il successo perché è successo". E infatti non si cancella dal cuore della gente. Che non significa essere improvvidi e stupidi. Perché la gente ha bisogno di sapere che lì c'è uno che canta. Che c'è la possibilità di andare ad ascoltarlo dal vivo. E che è un peccato grave la censura dei giornali. Però è fondamentale che accada. E bisogna fare di tutto perché accada. Io sto lottando ancora per questo. Nonostante il male».
A Chieffo non sono mai piaciuti i cantautori mesti («alla Gino Paoli», dice). Ha sempre avuto un debole per Giorgio Gaber. Quando il Signor G si esibiva a Forlì non mancava mai. «Gli feci sapere che volevo incontrarlo. I compagni gli dissero di lasciar perdere, che ero un cattolico. Risultato, Giorgio mi invitò a cena. Da quella volta lì, quando veniva in città il concerto del Signor G, la famiglia Chieffo aveva un palchettto. Voleva che andassi in camerino, ci teneva a sapere se lo spettacolo mi fosse piaciuto. Che amicizia è nata! Lui si innamorò della mia Il fiume e il cavaliere. Sempre molto affettuoso, mai remissivo nel giudizio. Accettò di fare alcuni concerti con me. Ricordo una serata a Chiavari. Uno del pubblico incominciò a insultarmi. Giorgio mi difese con forza. Un giorno toccammo il punto: "Tu hai molte certezze - mi disse - mentre è il dubbio a mandare avanti il mondo". Gli risposi, quasi piangendo: "Guarda Giorgio, io non ho molte certezze, ma una ce l'ho: la misericordia di Dio è molto più grande di tutto il male che io e te possiamo fare, che l'umanità può fare". Sono certo che la misericordia è l'ultima parola. Io naturalmente sono stato molto felice della preferenza che don Giussani aveva per lui. Perché Gaber era vero. Gli altri fanno ridere. Sono tutte finte domande. Non venite a dirmi che quelle di Vasco Rossi piuttosto che di Renato Zero. Quando ho saputo che Giorgio stava male è nata
La canzone del melograno, ma non ho mai potuto cantargliela. È un dialogo fra Cristo e un viandante che non crede. "Segui il raggio di luce e la vita ti porterà dove il dubbio ritorna domanda e rinasce il cuore: nel giardino c'è Dio che ti aspetta e ti vuole parlare puoi sederti vicino vicino ad ascoltare"».

Non finisce con la malattia
Non fosse che sappiamo dove ci troviamo - una villetta al cuore della vecchia Forlì, Marta che ci porta il caffè, Claudio che non smette di schermirsi («ma non voglio farvi perder tempo»), una stanza da letto seppellita sotto una montagna di componenti elettronici, computer, spartiti, jack e cavi sospesi per aria - verrebbe da credere che siamo finalmente in un posto dove alla fine di ogni predica si capisce di che pasta è fatto un uomo. Un Tu che non finisce di stupire per la letizia e l'affetto che sprigiona il suo dirsi all'altro. Chieffo apre il notebook e fa partire una base. C'è il pianoforte che suona. Claudio inizia a cantare: «"E io ti sto aspettando, amico, ti sto aspettando, tu non sei solo come credi: cammino nelle tue scarpe. Sotto questo albero si sta bene e io non vedo l'ora di abbracciarti, di vederti arrivare". Questa è Chanson de l'Ange e l'ho scritta per una cara amica che non c'è più, Elena. Sono riuscito a cantargliela e i suoi genitori hanno voluto che lo facessi anche al funerale».
«Quando mi hanno detto del cancro, per due mesi non ho domandato di guarire. Poi gli amici mi hanno detto di pregare, se non per me, per mia moglie Marta e per i miei figli Benedetto, Maria Celeste e Martino. Ho obbedito un'altra volta alla compagnia. E ho così capito che il male non è l'ultima parola su di me, anche se il limite è sempre stringente e non basta una vita per accettarlo, ma la grazia di Dio, la gloria di Dio. Ora sono contento, l'avventura continua. Leale con la vita. Però che bella la nostra storia, una storia di libertà. Comunione è liberazione».

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