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domenica 5 febbraio 2012

chiesa, 2

La comunità cristiana
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"La comunità cristiana è un continuo miracolo dello Spirito divino, una continua dimostrazione della sua presenza e della sua opera diretta; ne è, anzi, la dimostrazione più toccante per chi è sensibile a ciò che è veramente grande ed elevato."
Mohler

Postato da: giacabi a 20:03 | link | commenti
chiesa

domenica, 19 aprile 2009
INTERFERENZA DI DIO
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«La Chiesa è fondata su Pietro che rinnegò Cristo tre volte e che non poté camminare sull'acqua in virtù di se stesso. Tu stai attendendo che il suo successore cammini sull'acqua. L'intera natura umana resiste con tenacia alla grazia perché la grazia provoca in noi un cambiamento e il cambiamento è doloroso. I preti vi resistono quanto gli altri. Ottenere che la Chiesa sia quel che vuoi tu richiede la continua miracolistica interferenza di Dio negli affari umani, mentre quel che ci viene concesso è che la nostra dignità, in misura minore o maggiore, si accresca con le grazie che ci vengono attraverso la fede e i sacramenti, e che lavorano attraverso la natura umana. Dio ha scelto di operare in questo modo. Possiamo non capire queste cose, ma non possiamo rifiutarle senza rifiutare la vita. La natura umana è così imperfetta che può resistere a ogni quantità di Grazia e il più delle volte lo fa. La Chiesa fa bene a tenere la Grazia con sé; tu invece chiedi che mostri un profitto. Quando la Chiesa mostra un profitto, sei in presenza di un santo, non necessariamente un santo canonizzato.
Flannery O'Connor - Lettere

Postato da: giacabi a 14:40 | link | commenti
chiesa, oconnor

mercoledì, 11 marzo 2009
CHE COS'E' LA QUARESIMA?
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ROMA, lunedì, 9 marzo 2009 (ZENIT.org).- Viviamo tempi in cui anche i fedeli che frequentano la Chiesa alla domenica non sanno più come rispondere ai mille problemi che la realtà quotidiana presenta. Soprattutto, tantissimi sono coloro che non conoscono le soluzioni che la Chiesa cattolica propone.
Così, per conoscere meglio la bellezza e l’importanza della risposta della fede cristiana, ZENIT ha deciso di pubblicare a scadenza settimanale le schede catechetiche ideate, scritte e pubblicate da monsignor Raffaello Martinelli, Primicerio della Basilica dei Santi Ambrogio e Carlo in Roma.
Le schede catechetiche che pubblichiamo si trovano anche nel sito www.sancarlo.pcn.net ed in forma già stampata all’interno della Basilica dei Santi Ambrogio e Carlo in Via del Corso a Roma.


* * *
Che cos'e' la Quaresima?
E' un periodo speciale dell'anno liturgico, in cui il popolo cristiano si prepara a celebrare il mistero della Pasqua.
La Quaresima è tempo favorevole per sostare con Maria SS.ma e San Giovanni, il discepolo prediletto, accanto a Cristo che sulla Croce consuma per l'intera umanità il sacrificio della sua vita (cfr Gv 19,25).
«Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto» : è tempo propizio per guardare con fiducia al costato trafitto di Gesù, da cui sgorgarono «sangue e acqua» (Gv 19,34)!
«La Quaresima sia per ogni cristiano una rinnovata esperienza dell'amore di Dio donatoci in Cristo, amore che ogni giorno dobbiamo a nostra volta ridonare al prossimo, soprattutto a chi più soffre ed è nel bisogno. Solo così potremo partecipare pienamente alla gioia della Pasqua» (benedetto xvi, Messaggio per la Quaresima 2007).

Perche' 40 giorni?
La teologia e la spiritualità della Quaresima si sono costituite in riferimento ad avvenimenti dell'Antico e Nuovo Testamento.
E' lo stesso numero 40, che richiama:
i giorni del diluvio universale;
gli anni trascorsi da Israele nel deserto;
i giorni trascorsi da Mosè sul Sinai;
i giorni trascorsi dal profeta Elia nel deserto prima di giungere all'incontro con Dio sull'Oreb;
i giorni di penitenza degli abitanti di Ninive;
i giorni del digiuno di Gesù nel deserto, ove alla fine viene tentato dal diavolo.
Tutto ciò ha un valore didattico. La Quaresima è il tempo:
della distruzione del male, come per gli uomini del diluvio;
della prova e della grazia, come per Israele;
della preghiera che dispone all'incontro con Dio, come per Mosè ed Elia;
della penitenza e della espiazione in vista del giudizio divino, a imitazione dei 40 giorni di digiuno e di penitenza con i quali gli abitanti di Ninive placarono l'ira divina;
del digiuno, finalizzato a mangiare il vero cibo, che è fare la volontà del Padre: «non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (così ha risposto Gesù a satana, al termine dei 40 giorni passati nel deserto).

Quali sono i grandi temi quaresimali?
Tre sono in particolare i temi, che ci vengono proposti dalla liturgia quaresimale:
Il tema pasquale. Poiché la Quaresima è preparazione alle celebrazioni pasquali, il tema morte-vita assumono un'importanza primaria. Comincia fin dalla seconda domenica (la Trasfigurazione) e si fa più esplicito nelle ultime due settimane.
Il tema battesimale. La Quaresima nella sua struttura fondamentale si formò attorno al sacramento del Battesimo amministrato agli adulti durante la veglia pasquale. I cristiani prendono maggior coscienza del proprio battesimo.
Il tema penitenziale. Viene sviluppato soprattutto all'inizio della Quaresima (mercoledì delle ceneri e il vangelo delle tentazioni di Gesù della prima domenica). Nella Quaresima la Chiesa, sposa del Cristo che soffre e muore, vive più intensamente l'aspetto penitenziale.

Quali le pratiche quaresimali?
La Quaresima comporta un impegno ascetico, individuale e collettivo, le cui forma tradizionali sono:
preghiera (Messa quotidiana soprattutto e Via Crucis)
digiuno (l'insieme delle pratiche di mortificazione: cibo - parole - divertimenti): la mortificazione permette più disponibilità per il prossimo, più tempo per il volontariato e più denaro per la carità
elemosina (aiuto verso il nostro prossimo più bisognoso di noi)
In Quaresima la Chiesa ricorda che sono prescritti:
digiuno e astinenza dalle carni: il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo;
astinenza dalle carni: ogni Venerdì di Quaresima.
La Chiesa raccomanda in particolare la pratica, in Quaresima, delle opere di misericordia corporali e spirituali:
Le sette opere di misericordia corporale
Dar da mangiare agli affamati.
Dar da bere agli assetati.
Vestire gli ignudi.
Alloggiare i pellegrini
Visitare gli infermi.
Visitare i carcerati.
Seppellire i morti.
Le sette opere di misericordia spirituale
Consigliare i dubbiosi.
Insegnare agli ignoranti.
Ammonire i peccatori.
Consolare gli afflitti.
Perdonare le offese.
Sopportare pazientemente le persone moleste.
Pregare Dio per i vivi e per i morti.
Queste pratiche, «esprimono la conversione in rapporto a se stessi, in rapporto a Dio e in rapporto agli altri» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1434).

Qual e' l'importanza del digiuno?
(dal: Messaggio di benedetto xvi, per la Quaresima 2009)
Al giorno d'oggi, constata Benedetto XVI, il digiuno «pare aver perso un po' della sua valenza spirituale», perché spesso si riduce a una «misura terapeutica per la cura del proprio corpo».
Il digiuno, invece, per il credente ha una rilevante importanza, è ricco di numerosi significati e finalità:
Dimensione personale:
Con il digiuno,infatti, il credente intende sottomettersi umilmente a Dio, confidando nella sua bontà e misericordia».
La pratica del digiuno contribuisce a «conferire unità alla persona, corpo ed anima, aiutandola ad evitare il peccato e a crescere nell'intimità con il Signore».
«Privarsi del cibo materiale che nutre il corpo facilita un'interiore disposizione ad ascoltare Cristo e a nutrirsi della sua parola di salvezza».
Con il digiuno e la preghiera, «permettiamo a Lui di venire a saziare la fame più profonda che sperimentiamo nel nostro intimo: la fame e sete di Dio».
Tale pratica è «un'arma spirituale per lottare contro ogni eventuale attaccamento disordinato a noi stessi».
Allo stesso modo, «aiuta il discepolo di Cristo a controllare gli appetiti della natura indebolita dalla colpa d'origine, i cui effetti negativi investono l'intera personalità umana».
Dimensione sociale:
Il Santo Padre sottolinea anche il significato sociale del digiuno, affermando che «ci aiuta a prendere coscienza della situazione in cui vivono tanti nostri fratelli».
Quanto risparmiamo digiunando, possiamo destinarlo ad opere benefiche, caritative.
Per questo, esorta le parrocchie «ad intensificare in Quaresima la pratica del digiuno personale e comunitario, coltivando altresì l'ascolto della Parola di Dio, la preghiera e l'elemosina».
In definitiva, grazie al digiuno, la Quaresima è il tempo ideale «per allontanare tutto ciò che distrae lo spirito e per intensificare ciò che nutre l'anima aprendola all'amore di Dio e del prossimo».

Circa l'elemosina:
come fare l'elemosina?

Ecco alcune indicazioni:
deve essere nascosta. «Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra», dice Gesù, «perché la tua elemosina resti segreta» (Mt 6, 3-4);
effettuarla:
senza offendere l'altro;
senza mettere in mostra noi stessi (vanagloria)
con gioia: più gioia nel dare che nel ricevere (cfr At 20, 35)
nel silenzio, lontano dai riflettori della società mediatica;
non limitarsi a dare qualcosa di materiale (soldi, pane…), ma dare noi stessi: la nostra stima, il nostro rispetto, il nostro tempo, i nostri talenti (volontariato);
offrire il dono materiale, quale segno del dono più grande che possiamo offrire agli altri: l'annuncio e la testimonianza di Cristo;
ciò che dà valore all'elemosina è l'amore: si veda l'obolo della vedova del Vangelo (cfr. Mc 12,42-44).
Quali le finalità dell'elemosina?
Aiutare chi è maggiormente bisognoso
condividere con gli altri quanto per bontà divina possediamo
praticare la virtù della giustizia: prima e più che un atto di carità
riconoscere nei poveri Cristo stesso
imitare Cristo, che si è fatto povero per farci ricchi
attuare un esercizio ascetico per noi:
per liberarci dall'attaccamento ai beni terreni
per purificarci interiormente
affermare il principio che noi non siamo proprietari bensì amministratori dei beni che possediamo, donatici da Dio
agire per la gloria di Dio
praticarla non per filantropia ma per carità, amore: un gesto di comunione ecclesiale
avvicinarci a Dio, avvicinandoci agli altri: strumento di autentica conversione e riconciliazione con Lui e con i fratelli.
ottenere il perdono dei peccati. San Pietro cita tra i frutti spirituali dell'elemosina il perdono dei peccati. «La carità - egli scrive - copre una moltitudine di peccati» (1 Pt 4, 8).
i frutti spirituali dell'elemosina il perdono dei peccati. «La carità - egli scrive - copre una moltitudine di peccati» (1 Pt 4, 8).

Postato da: giacabi a 22:29 | link | commenti
chiesa

lunedì, 09 marzo 2009
 Cristo vive nella Chiesa
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«Una volta morti non si è più capaci di far nulla. Solo i vivi, infatti, agiscono ed operano nei confronti degli altri uomini. Dunque veda chi vuole e giudichi confessando la verità in base a ciò che vede. Se il Salvatore compie opere così grandi tra gli uomini, se ogni giorno in ogni angolo della terra persuade liberamente una così grande moltitudine a passare alla fede in Lui, si potrà ancora dubitare che il Salvatore è veramente risorto e che vive, anzi è Egli stesso la vita? Può forse un morto commuovere l'animo degli uomini così che rinneghino i costumi patrii e adorino Cristo?»
«Dunque se non ci sono le opere, è giusto che non credano a ciò che non si vede; ma se le opere gridano e lo rivelano chiaramente, perche negano deliberatamente la vita della risurrezione, che e cosi evidente? Anche se sono diventati ciechi nell' animo, possono vedere almeno con i sensi esteriori l'incontestabile potenza e divinità di Cristo. Un cieco che non vede il sole, ma sente il calore che emana da lui, sa che c'e il sole sulla terra. Cosi i nostri avversari, anche se non credono ancora, perche sono ancora ciechi di fronte alla verità, conoscendo la potenza di altri che già credono, non rinneghino la divinità  di Cristo e la risurrezione da lui operata».
 Sant'Atanasio di Alessandria, "De Incarnatione"

Postato da: giacabi a 20:46 | link | commenti
chiesa

lunedì, 23 febbraio 2009
Ciò che era avvenuto diciannove secoli addietro, aveva un legame col presente ***

“Lukeria lasciò i cucchiai e fissò lo sguardo sullo studente.
- Giunsero dal gran sacerdote, - egli continuò: - presero a interrogare Gesù, e nel frattempo dei garzoni avevano acceso il fuoco in mezzo al cortile, perché faceva freddo, e si scaldavano. Stava con loro vicino al fuoco Pietro e anch'egli si scaldava, - ecco, come, me, adesso. Una donna, vedutolo, disse: «Anche costui era con Gesù», come a dire cioè che bisognava sottoporre anche lui a interrogatorio. E tutti i garzoni che si trovavano vicino al fuoco dovettero guardarlo con sospetto e severità, poiché egli si turbò e disse: « Io non lo conosco», Di lì a poco qualcun altro riconobbe in lui uno dei discepoli di Gesù e disse: «Anche tu sei di quelli». Ma egli nuovamente negò. E per la terza volta qualcuno si rivolse a lui: «Ma non t'ho veduto io oggi con Lui nell'orto? ». Negò per la terza volta. E dopo di ciò subito si mise a cantare il gallo, e Pietro, gettato da lontano uno sguardo a Gesù, si rammentò delle parole che Egli gli aveva detto durante la cena... Se ne ricordò, si riebbe, se ne andò dal cortile e pianse amarissimamente. Nel Vangelo è detto un orto tutto silenzioso, tutto buio, e nel silenzio si odono appena sordi singhiozzi...

Lo studente sospirò e si fece pensoso.
Continuando a sorridere, Vassilissa a un tratto singultò, delle lacrime, grosse, copiose, le corsero per le guance, ed ella con la manica si fece schermo al viso contro il fuoco, come vergognandosi delle proprie lacrime, mentre Lukeria, guardando immobile lo studente, arrossì, e la sua espressione si fece penosa e tesa, come quella di una persona che reprima un violento dolore. I garzoni tornavano dal fiume; uno di essi, in groppa al cavallo, era ormai vicino e il riflesso del fuoco tremolava sulla sua persona. Lo studente augurò buona notte alle vedove e andò oltre. E di nuovo sottentrarono le tenebre ed egli si sentì le mani intirizzite. Soffiava un vento atroce, in realtà stava tornando l'inverno e non si aveva l'impressione che posdomani sarebbe stata Pasqua.
Ora lo studente, pensava a Vassilissa: se si era messa a piangere, ciò voleva dire che quanto era accaduto in quella notte a Pietro aveva qualche rapporto con lei...
Si voltò a guardare. Il fuoco solitario brillava calmo nell'oscurità e accanto a quello non si vedeva più nessuno. Lo studente pensò di nuovo che, se Vassilissa si era messa a piangere e sua figlia si era turbata, evidentemente ciò ch'egli poc'anzi aveva raccontato, ciò che era avvenuto diciannove secoli addietro, aveva un legame col presente: con le due donne e, probabilmente, con quella campagna deserta, con lui stesso, con tutti gli uomini. Se la vecchia aveva pianto, non era stato perché egli sapesse raccontare in modo commovente, ma perché Pietro le era caro e perché ella, con tutto l'essere suo, aveva interesse a ciò che era avvenuto nell'anima di Pietro.
E la gioia tutt'a un tratto si rimescolò nel suo cuore, ed egli si fermò perfino un momento, per riprender fiato. Il passato - pensava - è legato al presente da una catena ininterrotta di eventi scaturiti uno dall'altro. E gli pareva di aver veduto dianzi entrambi i capi di questa catena: ne aveva appena toccato un capo, che l'altro aveva dato un sobbalzo.

E mentre traghettava il fiume sulla chiatta e poi, procedendo in salita, guardava il suo villaggio natio e verso occidente, dove splendeva la striscia sottile di un freddo tramonto di porpora,
egli pensava che la verità e la bellezza che avevano indirizzato la vita umana laggiù, nell'orto e nel cortile del gran sacerdote, erano continuate senza interruzione fino ad oggi ed evidentemente avevano sempre costituito l'essenziale. nella vita umana e, in genere, sulla terra; e un senso di giovinezza, di salute, di forza - egli non aveva che ventidue anni - e l'attesa inesprimibilmente dolce della felicità, di una sconosciuta, misteriosa felicità, si andavano impossessando di lui a poco a poco, e la vita gli pareva affascinante, prodigiosa e colma di un alto significato.

ANTON PAVLOVIC CECHOV (1860-1904)

Postato da: giacabi a 14:45 | link | commenti
chiesa, cechov

domenica, 22 febbraio 2009
Il corpo di Cristo
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Dobbiamo volgere prima di tutto il nostro sguardo all'immagine del corpo di Gesù Cristo, incarnato,crocifisso e risorto. Nel corpo di Gesù Cristo, Dio si è unito all'umanità, l'ha adottata tutta quanta, e ha riconciliato con sé il mondo. Nel corpo di Gesù Cristo, Dio ha preso su di sé e ha portato il peccato. di tutto il mondo.

Non v'è dunque neppure un angolo del mondo, per quanto perduto ed empio, che Dio non abbia accolto in Cristo e riconciliato con sé. Chi guarda per fede il corpo di Gesù Cristo non può più parlare del mondo come se fosse perduto e lontano da Cristo; non può più separarsi dal mondo in un atteggiamento di alterigia clericale. Il mondo appartiene a Cristo e soltanto in lui è quello che è.

Ha bisogno di Cristo e di niente di meno. Tutto sarebbe rovinato se si volesse riservare Cristo alla Chiesa e concedere al mondo solo una qualche legge, magari cristiana. Cristo è morto per il mondo, e soltanto nel mondo Cristo è Cristo. Dare al mondo qualche cosa di meno che Cristo (sia pure ovviamente per buoni motivi pedagogici, che però puzzano di clericalismo) è pura e semplice incredulità; vuol dire non prendere sul serio l'incarnazione, la morte sulla croce, la risurrezione corporale: vuol dire, in definitiva, rinnegare il corpo di Cristo.

Quando il Nuovo Testamento applica il concetto di corpo di Cristo alla comunità cristiana, non intende affatto sottolineare in primo piano la separazione della comunità dal mondo, ma piuttosto, seguendo le linee delle dichiarazioni neotestamentarie sull'incarnazione di Dio in Cristo, vuole affermare che nel corpo di Cristo tutti gli uomini sono accolti, inclusi, sostenuti, e che la comunità dei credenti deve annunziare tutto ciò al mondo con le parole e con gli atti.
Non si tratta quindi di separazione dal mondo, ma di chiamare il mondo a entrare nella comunione di quel corpo di Cristo a cui in realtà già appartiene.

Questa testimonianza della comunità è estranea al mondo, e la comunità che la reca si sente anch'essa estranea al mondo, ma tutto ciò è soltanto la conseguenza sempre rinnovata di quella unione con il mondo che è data nel corpo di Cristo. La comunità si distingue dal mondo unicamente perché ammette per fede la realtà dell'adozione che Dio estende al mondo intero, perché lascia che questa realtà agisca su di lei, e così facendo ne attesta la portata universale.
Il corpo di Gesù Cristo, specialmente come ci appare sulla croce, rivela ai credenti un mondo peccatore e amato da Dio, e indica in pari tempo la comunità come raggruppamento di coloro che riconoscono i loro peccati e accettano l'amore di Dio.
DIETRICH  BONHOEFFER

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chiesa, bonhoeffer

mercoledì, 04 febbraio 2009
Nerone è ancora tra noi ***
Di Antonio Socci
Libero – 03/02/2009
Che spettacolo. Ogni giorno valanghe di fango, da quei cannoni che sono i mass media e i potenti di questo mondo, contro la Chiesa. Ogni giorno oltraggi, calunnie, dileggi. E lei, bella, dolce, inerme, indifesa che subisce cercando – come una madre premurosa – di proteggere i suoi figli più piccoli dallo scandalo continuo. Come si fa a non amare questa Chiesa, così vulnerabile, indifesa, così umanamente povera da rendere evidentissimo che è sorretta dalla presenza formidabile di un Altro. Altrimenti mai avrebbe potuto arrivare al XX secolo e abbracciare il mondo intero e continuare a far innamorare tanti cuori di quel volto. Del Salvatore.
Lei, la Chiesa di Cristo, la Santa Chiesa, che ha subito fin dalla sua nascita le più feroci persecuzioni e che nel XX secolo ha dovuto sopportare il più oceanico macello della sua storia (45 milioni di credenti che hanno perduto la vita, in modo diretto o indiretto a causa della loro fede: dati provenienti da Oxford non dal Vaticano), lei che è stata perseguitata a tutte le latitudini, sotto tutti i regimi (da quello della Cina dei Boxers di inizio secolo, a quello massonico messicano, da quelli comunisti a quelli nazisti e fascisti fino a quelli pagani e a quelli islamici), lei che ha subìto il primo genocidio del Novecento, quello degli armeni. Ma non interessano a nessuno i morti cristiani, le suore rapite, i missionari uccisi i cristiani cacciati da tanti Paesi. E’ forse interessato a qualcuno il lungo genocidio consumatosi a Timor Est o quello ventennale del Sudan ad opera del regime jihadista contro i cristiani del Sud, con due milioni di morti, quattro milioni di profughi e centinaia di migliaia di donne e bambini catturati e venduti come schiavi al Nord? A nessuno. Se ne accorse il New York Times nel 1998.
Ma Gesù lo aveva detto: “Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”, “hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi”, “diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia”, vi trascineranno davanti ai loro tribunali, vi tortureranno, vi metteranno a morte. Infatti non ci si è accontentati di macellare i cristiani: li si vuole anche infangati, disonorati. Anche quando loro – vittime di tutte le ideologie totalitarie – si sono presi cura, pressoché da soli, di altre vittime come i loro fratelli ebrei, anche quando il Papa Pio XII con migliaia di preti e suore, a rischio della loro stessa vita (vedi padre Kolbe), minacciati loro stessi di morte, hanno salvato centinaia di migliaia di poveri ebrei braccati da quell’ideologia pagana che già faceva strage di cattolici polacchi, anche dopo questa immensa e commovente impresa – che dopo la guerra fece sgorgare i più sinceri ringraziamenti dei maggiori esponenti del mondo ebraico e dei tanti salvati (anche esponenti politici avversi alla Chiesa) – anche dopo un evento del genere in cui la Chiesa pressoché da sola (come scrisse Albert Einstein) si oppose al Satana pagano hitleriano, anche dopo ciò alla Chiesa tocca l’onta dell’accusa di razzismo, ideologia biologista che è l’esatto opposto del cattolicesimo e che è nata proprio in odio al cristianesimo…
Ma questa sembra essere la sua sorte: la stessa di Gesù. L’odio del mondo. La mano assassina non è arrivata a colpire perfino il Papa stesso in piazza San Pietro? E già sul suo predecessore, Pio XII, non gravava un progetto di deportazione da parte dei nazisti? E un altro predecessore non era stato già deportato, 150 anni prima, da Napoleone?
Del resto perfino nella democrazie – se proprio non vogliamo ricordare il bagno di sangue cristiano che fu la Rivoluzione francese o le feroci persecuzioni della conquista piemontese (più di 60 vescovi italiani arrestati 
o esiliati, migliaia di frati e suore cacciati dai loro conventi e la Chiesa espropriata di tutto) – perfino nelle democrazie, dicevo, la Chiesa è odiata, perseguitata.
C’è qualcuno che ricordi come nella Inghilterra madre della democrazia (quella che proprio dalla Chiesa aveva imparato da democrazia con la Magna Charta) oggi, a 500 anni dalla svolta anglicana (imposta da un re tiranno) è ancora proibito a un cattolico diventare cancelliere? Blair ha dovuto aspettare, a dare la notizia della sua conversione, di aver perduto la carica. Pensate se vigesse un’analoga proibizione – che so – per gli atei o gli ebrei, o gli islamici…
E perfino negli Usa si è dovuto aspettare duecento anni perché un cattolico, nel 1960, diventasse presidente americano. E quante rassicurazioni dovette dare Kennedy, attaccato proprio in quanto cattolico che – come tale – non doveva andare alla Casa Bianca (in ogni caso fece subito una brutta fine e nessun cattolico più ci è tornato).
Ma, si sa, è proibito guardare la storia per quello che è. Sempre e solo sul banco degli accusati devono stare i cattolici. Ciononostante la Chiesa non fa mai vittimismo, non polemizza, non si perde in discussioni e controversie. Addirittura per volere di quel grandissimo Papa che è stato Giovanni Paolo II, che pure aveva provato sulla sua pelle sia la persecuzione nazista, che quella comunista e infine le pallottole di Ali Agca, arrivò quel gesto inaudito, stupendo che fu il grande “mea culpa” dell’Anno Santo: dalla Chiesa di Roma, che avrebbe avuto tutti i titoli, alla fine del Novecento, per puntare il dito su tutti i poteri e le ideologie del mondo che l’avevano straziata, venne questo struggente atto di umiltà, perché il mondo sapesse, capisse, che ai cristiani non interessa rivendicare meriti, né interessa aver ragione, ma – riconoscendosi peccatori, ultimi fra gli uomini e veramente indegni del dono che hanno avuto da Dio – a loro interessa solo indicare quel volto bellissimo che ci salva, in cui Dio si è fatto carne ed è venuto a salvarci.
Con il cui amore (cantato attraverso duemila anni di bellezza dagli artisti cristiani) hanno insegnato all’umanità a prendersi cura dei sofferenti, dei derelitti, coprendo il mondo di opere di carità e di ospedali. E ancora oggi, come sempre, la Chiesa quasi da sola, sentendo tutti gli uomini come suoi figli (anche coloro che la odiano), premurosamente fa sentire la sua voce contro l’immane massacro delle vite più indifese e innocenti (un miliardo in 40 anni), contro le risorgenti ideologie della morte, contro l’orrore della fame, dell’industria della guerra, contro l’odio che dilania i cuori e il mondo, contro tutte le violenze.
Ma ancora una volta la Chiesa è per questo vilipesa, oltraggiata, infangata, derisa (ora accusata falsamente di tacere, ora accusata dagli stessi di parlare: sempre in ogni caso odiata). Che spettacolo! Come si fa a non accorgersi che è veramente una cosa dell’altro mondo in questo mondo. E’ divina. Così la considerò uno dei suoi persecutori, arrivato alla fine della vita, nell’esilio di Sant’Elena, Napoleone Bonaparte: “Tra il cristianesimo e qualsiasi altra religione c’è la distanza dell’infinito. Conosco gli uomini e vi dico che Gesù non è (solo) un uomo…”.
I pensieri del Bonaparte, riportati in “Conversazioni religiose” (Editori riuniti), sono di questo tenore: “Tutto di Gesù mi sorprende. Il suo spirito mi supera e la sua volontà mi confonde. Tra lui e qualsiasi altra persona al mondo non c’è possibilità di paragone. E’ veramente un essere a parte... E’ un mistero insondabile… Cerco invano nella storia qualcuno simile a Gesù Cristo o qualcuno che comunque si avvicini al Vangelo… Nel suo caso tutto è straordinario…. Anche gli empi non hanno mai osato negare la sublimità del Vangelo che ispira loro una specie di venerazione obbligata! Che gioia procura questo libro!”. “Dal primo giorno fino all’ultimo, egli è lo stesso, sempre lo stesso, maestoso e semplice, infinitamente severo e infinitamente dolce… Che parli o che agisca, Gesù è luminoso, immutabile, impassibile…”. “Gesù è il solo che abbia osato tanto. E’ il solo che abbia detto chiaramente e affermato senza esitazione egli stesso di sé: io sono Dio…”. 

Napoleone constata il suo potere divino nei fatti storici: “Voi parlate di Cesare e di Alessandro, delle loro conquiste e dell’entusiasmo che seppero suscitare nel cuore dei soldati” osservava Napoleone “ma quanti anni è durato l’impero di Cesare? Per quanto tempo si è mantenuto l’entusiasmo dei soldati di Alessandro?”.
Invece per Cristo “è stata una guerra, un lungo combattimento durato trecento anni, cominciato dagli apostoli e proseguito dai loro successori e dall’onda delle generazioni cristiane. Dopo san Pietro i trentadue vescovi di Roma di Roma che gli sono succeduti sulla cattedra hanno, come lui, subito il martirio. Durante i tre secoli successivi, la cattedra romana fu un patibolo che procurava sicuramente la morte a chi vi veniva chiamato… In questa guerra tutti i re e tutte le forze della terra si trovano da una parte, mentre dall’altra non vedo nessun esercito, ma una misteriosa energia, alcuni uomini sparpagliati qua e là nelle varie parti del globo e che non avevano altro segno di fratellanza che una fede comune nel mistero della Croce… Potete concepire un morto che fa delle conquiste con un esercito fedele e del tutto devoto alla sua memoria? Potete concepire un fantasma che ha soldati senza paga, senza speranza per questo mondo e che ispira loro la perseveranza e la sopportazione di ogni genere di privazione?... Questa è la storia dell’invasione e della conquista del mondo da parte del cristianesimo… I popoli passano, i troni crollano e la chiesa rimane! Quale è, dunque, la forza che mantiene in piedi questa chiesa, assalita dall’oceano furioso della collera e dell’odio del mondo? Qual è il braccio, dopo diciotto secoli, che l’ha difesa dalle tante tempeste che hanno minacciato di inghiottirla?” 

Postato da: giacabi a 19:07 | link | commenti
chiesa, socci, napoleone

lunedì, 02 febbraio 2009
La Chiesa

 ***

"Nulla di più comune, per esempio, che trovare un critico moderno che scriva cose di questo genere: 'Il Cristianesimo fu soprattutto un movimento ascetico, una corsa al deserto, un rifugio nel chiostro, una rinuncia alla vita e alla felicità; esso non fu che parte di una fosca e inumana reazione contro la natura stessa, un odio pel corpo, un aborrimento dell'universo materiale, una specie di suicidio universale dei sensi e anche dell'individuo. Derivava da un fanatismo orientale come quello dei fachiri, ed era basato su un pessimismo orientale che considerava l'esistenza stessa come un male'. In tutto questo la cosa straordinaria è che tutto è verissimo; vero in ogni particolare, con la sola differenza che è attribuito erroneamente a chi non ci ha niente a che vedere. Non è vero della Chiesa; è vero delle eresie condannate dalla Chiesa. È come se uno fosse obbligato a scrivere un'analisi degli errori e del malgoverno dei ministri di Giorgio III, con la piccola inesattezza che tutto il racconto si riferisse a Giorgio Washington; o come se uno facesse un elenco dei delitti dei bolscevichi con la sola variante di attribuirli allo zar. La Chiesa primitiva fu, sì, ascetica, ma in dipendenza di una filosofia totalmente diversa da quella di una guerra alla vita e alla natura; la quale realmente esistette nel mondo, e basterebbe che i critici sapessero dove andare a cercarla"
G. K. Chesterton, L'Uomo Eterno

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chiesa, chesterton

martedì, 30 dicembre 2008
La Chiesa
***
 "Anche se Roma fosse un mucchio di sassi e in mezzo alle rovine vivesse un papa e dodici cristiani con lui, lì sarebbe la Chiesa, lì la verità, lì Cristo.
G. Papini

Postato da: giacabi a 10:45 | link | commenti
chiesa, papini

mercoledì, 17 dicembre 2008
La Chiesa è fatta di penitenti
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Tutta la Chiesa è fatta di penitenti,di persone che stanno per soccombere, che cioè riconoscono il proprio peccato e cercano la salvezza.I santi riconoscendo i loro peccati e pentendosene,sono coloro che conducono una strenua battaglia, con l’aiuto della grazia contro le proprie  passioni, tenendo viva la memoria che “il regno dei cieli soffre violenza, e i violenti se ne impadroniscono”(Mt 11,12),e che “quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri”
S. Efrem

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domenica, 14 dicembre 2008
Libertà che inizia dalla libertà dal peccato
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 "La Chiesa ci provoca perché predica questo regno di amore, di libertà che inizia dalla libertà dal peccato. Altrimenti viene la violenza e la violenza come ha detto il papa non è ne evangelica ne cristiana. Il cristianesimo non giustifica mai la violenza.
C'è una violenza istituzionalizzata e una violenza di risposta. Gesù non approva né la prima né la seconda violenza. Il Figlio dell'uomo non è venuto a perdere ma a salvare.
La violenza cui ci chiama il Signore è quella su noi stessi: il distacco da tutto. La violenza da fare a se stessi è quella di non essere mai contenti in mezzo alle mediocrità della vita. È la violenza per superarsi, per essere migliori".
Oscar Romero

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chiesa

venerdì, 05 dicembre 2008
L’opposto di una compagnia
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L’opposto di una compagnia che nasca così è un egoismo pieno di illusioni, un' egoistica illusione, un' egocentrica illusione, vale a dire quella posizione che cerca sollievo nei propri pensieri, che è contro la ragione. Perchè cercare la soddisfazione nei propri pensieri e contro la ragione? Perchè la ragione è coscienza della realtà, non dei tuoi pensieri avulsi da un riferimento all’ideale. È coscienza di una realta! La ragione ti fa intuire la presenza dell'ideale e perseguire l'ideale. L’alternativa all'ideale, seguire i tuoi pensieri, si  chiama sogno. L’ideale è la realtà che tu conquisti pezzo per pezza, passo per passo; mentre il sogno svanisce, muta e svanisce da un giorno con l'altro.
Luigi Giussani, Si può vivere così, Ed. Rizzoli

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giovedì, 27 novembre 2008
Il miracolo per esserci la compagnia
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ABBATE: Tutt’altro. Credo proprio che la vostra delusione derivi principalmente da questo: che v’aspettavate un miracolo, e non c’è stato – o non lo avete visto.
SERGIO (un po’ aspro); Ma no, vi sbagliate! I miracoli se li aspetta l’altra gente che viene quassù, non io. (Agitando la cartella di fogli) I miracoli ci sono qui, a centinaia, nella vostra storia manoscritta del Santuario – ma io non ne ho bisogno!
ABBATE: Vi private della parte migliore.
SERGIO: Ma neanche voi - penso ci credete veramente.
ABBATE: Io credo solamente ai miracoli.
SERGIO: Ma non a questi! Le guarigioni, le visioni...
ABBATE: Anche a quelli.
ABBATE: Tutti e tre andare ciecamente per la vita, e vi dico che v’ammazzerete sul serio una volta o l’altra perché avete implorato di essere lasciati soli!
ANGELA (urla): No! Io no! Io nooo!
RENATO (incalzante): Ma se voi la vedete così la nostra vita...
ABBATE: Una vita senza amore, senza coraggio – disperata.
RENATO: Diteci allora una parola che non sia solo di condanna.
ANGELA: Sì, diteci! Non lasciateci così... abbiate compassione!
ABBATE: Ne ho. Ne ho tanta.
RENATO: Non basta, Abbate. Mettetevi nei nostri panni...
SERGIO: Non giudicate soltanto.
RENATO: Che cosa dovremmo fare?
ANGELA: Diteci, che cosa?
ABBATE: Si tratta di scegliersi un’altra compagnia. Che credete! Stringi stringi, il problema di tutta la vita, per tutti, è solo questo: cercarsi, scegliersi una compagnia – vivere in compagnia. Non si riesce mica a star soli!
RENATO: Ma nessuno di noi vuol chiudersi in se stesso...
ABBATE: Lo so. Volete soltanto cambiar compagnia.
RENATO: Trovare finalmente la nostra – quella che ci appaga – la vera!
ABBATE (amaro): La vera...
RENATO: Se ci siamo ingannati una volta... – non è detto... – può accadere d’ingannarsi....Rimediamo...
ABBATE V’illudete. V’ingannerete un’altra volta ancora, e poi un’altra ancora... Perché nessuna compagnia, in fondo, ci va bene, ci soddisfa. Nessuna.
ANGELA:  (stupita): E lo dite voi?
ABBATE: Io, io - è vero. Una donna – dei figli – degli allievi – o la scienza, o l’arte – o il popolo da difendere... l’umanità intera da trasformare! Che credete: è tutta sete di compagnia. Eppure a un certo momento: macché! La bocca amara, lo scontento, il vuoto. Ci si accorge d’essersi sbagliati. Non era quella la cosa importante che volevamo fare... La cosa importante c’è sfuggita, si è come camuffata e c’è sfuggita... (Come meditando da solo) Certo che è un terribile imbroglio a voler proprio guardare in fondo alle cose. Perché – occorre pur che lo diciamo -, una vera compagnia non c’è. Eppure dobbiamo, dobbiamo stare insieme.
SERGIO (come prorompendo): Vedete che l’inganno viene di lassù, addirittura dal Creatore che si diverte di tutti quanti noi siamo! Ribelliamoci, allora!
ABBATE: Ribelliamoci pure! Ma che conta? I gesti un po’ clamorosi piacciono sempre, ma che conta?
ANGELA: Ma allora? Allora?
ABBATE: Allora è finita.
ANGELA (costernata): Neanche voi avete un po’ di speranza? Neanche voi, Abbate? Neanche voi?
ABBATE: Ci vorrebbe un miracolo...
ANGELA: Che miracolo?
ABBATE: (come accanendosi entro una contraddizione): Perché vivere in compagnia bisogna, è necessario...
ANGELA: Ma che cos’è che ci rende così ostili, così nemici l’uno all’altro? Che cos’è?
ABBATE: Ecco! Ecco! (Una sospensione) E’ che noi pretendiamo di cambiarci. Mi capite? Uno vuol cambiar l’altro e l’altro l’altro...e così via... L’origine di tutto il male è qui. Questa pretesa, questo diritto alla tirannia che crediamo d’avere... Noi non riusciamo a stare insieme da uguali. Il miracolo è tutto qui: riuscire ad accettarci come siamo – e ognuno rimanga quello che è...
RENATO: Non si può, Abbate, non si può; perché ognuno vuol convincere, vuol migliorare l’altro...
ABBATE: Eh, lo so, lo so bene: convincerlo, migliorarlo fino a violentarlo. E invece no! Non abbiamo alcun diritto di cambiarli. ( A Renato) Voi, non avevate e non avete alcun diritto di cambiarla... Chi ve l’aveva dato questo diritto? (Ad Angela) E lei non ha alcun dovere di chiedere perdono a voi... Perché perdono? (A Sergio) E lui con che diritto vuole inquietare gli uomini facendo il processo al Creatore? – “Io sono venuto per salvare, non per cambiare” E ognuno deve salvarsi così com’è, perché è vano tentar di cambiarlo. Vano e rovinoso – perché all’origine... all’origine - non abbiate paura – nessuno di noi può mutare... si rimane fino alla fine quel che si è, in fondo... Questo ci fa paura: l’abisso immutabile di quel che siamo – e il coraggio di accettarci così come siamo...Se non abbiamo questo coraggio, questa forza io vi dico che è la tirannia, la guerra eterna... - Ci vuole un miracolo, ci vuole!
ANGELA: Ma quale? Quale?
ABBATE: Chiamare tra noi Colui che ci ha fatti così. Solamente Lui può accettarci così come siamo perché è Lui che ci ha fatti così. Lui può amarci. Ecco rinascere la compagnia...

da Inquisizione
di Diego Fabbri

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venerdì, 07 novembre 2008
  La Santa Madre Chiesa
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che grande!!!
"Un popolo di cristiani non è un popolo di colli torti. La Chiesa ha i nervi solidi, il peccato non le fa paura, al contrario. Lo guarda in faccia tranquillamente, e persino, secondo l’esempio di Nostro Signore, lo prende a proprio carico, se lo assume. (…)
 Guarda, voglio definirti un popolo cristiano, definendo il suo opposto. Il contrario d’un popolo cristiano è un popolo triste, un popolo di vecchi. Mi dirai che la definizione non è troppo teologica. D’accordo. Ma ha di che far riflettere le persone che sbadigliano alla Messa della domenica. Certo che sbadigliano! Non vorrai che in una misera mezz’ora per settimana la Chiesa possa insegnar loro la gioia! E anche se conoscessero a memoria il catechismo del Concilio di Trento, probabilmente non sarebbero più allegri. Da che proviene che il tempo della nostra prima infanzia ci appaia così dolce  e radioso? Un marmocchio ha le sue pene come tutti; è, nel complesso, così disarmato contro il dolore, la malattia! L’infanzia e l’estrema vecchiaia dovrebbero essere le due grandi prove dell’uomo. Ma è dal sentimento della propria impotenza che il fanciullo trae umilmente il principio della sua stessa gioia. Si rifugia in sua madre, capisci? Presente, passato, avvenire, tutta la sua vita, la vita intiera, è compresa in uno sguardo; e questo sguardo è un sorriso. Ebbene, ragazzo mio, se avessero lasciato fare a noialtri, la Chiesa avrebbe dato agli uomini questa specie di suprema sicurezza. Rifletti che ognuno avrebbe avuto ugualmente la propria dose di seccature: la fame, la sete, la povertà, la gelosia… Non saremo mai abbastanza forti da metterci il diavolo in tasca, puoi pensarlo! Ma l’uomo avrebbe saputo che è figlio di Dio, ecco il miracolo! (…) Fuori della Chiesa, un popolo sarà sempre un popolo di bastardi, un popolo di trovatelli. Evidentemente, resta ancora la speranza di farsi riconoscere da Satana. Illusi! Possono aspettarlo a lungo, il loro piccolo Natale nero! Possono metterle nel camino, le loro scarpe! Ecco che il diavolo già si stanca di deporvi mucchi di meccanismi giù di moda appena inventati: ormai non vi mette più che un minuscolo pacchetto di cocaina, d’eroina, di morfina, una qualunque sudiceria di polvere che non gli costa cara. Poveracci! Logoreranno persino il peccato. (…) Vorrei aver qui uno quei dottoroni che m’accusano di oscurantismo; gli direi: non è colpa mia se porto un vestito da beccamorto. Dopo tutto, il Papa si veste ben di bianco, e i cardinali di rosso. Avrei diritto a passeggiar vestito come la Regina di Saba, perché io porto la gioia. Ve la darei per niente, se me la domandaste. La Chiesa dispone della gioia, di tutta la parte di gioia riservata a questo triste mondo. Quel che avete fatto contro di essa, l’avete fatto contro la gioia. V ’impedisco forse, io, di calcolare la processione degli equinozi o di disintegrare gli atomi? Ma a che cosa vi servirebbe fabbricare la vita stessa, se avete perduto il senso della vita? Non avreste più che da farvi saltare le cervella davanti alle vostre storte. Fabbricate vita finché volete! L’immagine che date della morte avvelena a poco a poco il pensiero dei miserabili; oscura, scolora lentamente le loro ultime gioie. La cosa andrà ancora bene finché la vostra industria e i vostri capitali vi permetteranno di fare del mondo una fiera, con meccanismi che girano a velocità vertiginose, nel fracasso dei bronzi e nell’esplosione dei fuochi d’artificio. Ma aspettate, aspettate il primo quarto d’ora di silenzio. Allora, la sentiranno la parola: non quella che hanno rifiutato, che diceva tranquillamente “Io sono la Via, la Verità, la Vita”, ma quella che sale dall’abisso “Io sono la porta chiusa per sempre, la strada senza uscita, la menzogna e la perdizione”."

Georges Bernanos

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mercoledì, 05 novembre 2008
La comunità cristiana
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Infinite volte tutta una comunità cristiana si è spezzata, perché viveva un ideale. Proprio il cristiano serio, che per la prima volta si vede posto a vivere in una comunità cristiana,porta con sé un’immagine ben precisa della vita in comune di cristiani e cercherà di attuarla. Ma la forza del Signore ben presto farà crollare tutti questi ideali. Dobbiamo essere profondamente delusi degli altri, dei cristiani in generale e, se va bene, anche di noi stessi, quant’è vero che Dio vuole condurci a riconoscere la realtà di una vera comunione cristiana.
            È la bontà di Dio che non ci permette di vivere, anche solo per brevi settimane, secondo un ideale, di credere a quelle beate esperienze, a quello stato di entusiasmante estasi, che ci mette come in uno stato di ebbrezza. Il Signore non è il Signore delle emozioni, ma della verità. Solo la comunità che è profondamente delusa per tutte le manifestazioni spiacevoli connesse con la vita comunitaria, incomincia a essere ciò che deve essere di fronte a Dio, ad afferrare nella fede le promesse che le sono state fatte. Quanto prima arriva per il singolo e per tutta la comunità, l’ora di questa delusione, tanto meglio per tutti. Una comunità che non fosse in grado di sopportare una tale delusione e non le sopravvivesse, che cioè restasse attaccata al suo ideale, quando questo deve essere frantumato, in quello stesso istante perderebbe tutte le promesse di comunione cristiana stabile e, prima o poi, si scioglierebbe. Ogni ideale umano che venisse portato in una comunità cristiana,impedisce la vera comunione e deve essere spezzato, perché la comunità cristiana possa veramente vivere. Chi ama il suo ideale di comunità cristiana più della comunità cristiana stessa, distruggerà ogni comunione cristiana, per quanto sincere, serie, devote, siano le sue intenzioni personali.
            Dio odia le fantasticherie, perché rendono superbi e pretenziosi. Chi nella sua fantasia si crea un’immagine di comunità, pretende da Dio, dal prossimo e da se stesso la sua realizzazione. Egli entra a far parte della comunità dei cristiani con pretese proprie, erige una propria legge e giudica secondo questa i fratelli e Dio stesso. Egli assume, nella cerchia dei fratelli, un atteggiamento duro, diviene quasi un rimprovero vivente per tutti gli altri. Agisce come se fosse lui a creare la comunità cristiana, come se il suo ideale dovesse creare l’unione tra gli uomini. Considera fallimento tutto ciò che non corrisponde più alla sua volontà. Lì dove il suo ideale fallisce, gli pare che debba venir meno la comunità. E così rivolge le sue accuse prima contro i suoi fratelli, poi contro Dio, e infine accusa disperatamente se stesso. Dio ha già posto una volta per sempre l’unico fondamento della nostra comunione. Dio ci ha uniti in un solo corpo in Gesù Cristo, molto prima che noi entrassimo a far parte di una comunità con altri cristiani; perciò ci uniamo con altri cristiani in vita comunitaria non avanzando pretesa alcuna, ma con gratitudine e pronti a ricevere. Ringraziamo Dio per ciò che ha fatto per noi; lo ringraziamo perché ci ha dato fratelli che vivono nell’ascolto della sua chiamata, del suo perdono e della sua promessa. Non ci lamentiamo con Dio per ciò che egli non ci concede, ma lo ringraziamo per ciò che ci dà ogni giorno.

Dietrich Bonhoeffer Da “La vita in comune”

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lunedì, 03 novembre 2008
Gesù Cristo diventa presente sotto l'aspetto di una umanità diversa.
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Gesù Cristo, quell'uomo di duemila anni fa, si cela, diventa presente, sotto la tenda, sotto l'aspetto di una umanità diversa. L'incontro, l'impatto, è con una umanità diversa, che ci sorprende perché corrisponde alle esigenze strutturali del cuore più di qualsiasi modalità del nostro pensiero o della nostra fantasia: non ce l'aspettavamo, non ce lo saremmo mai sognato, era impossibile, non è reperibile altrove. La diversità umana in cui Cristo diventa presente sta propriamente in ciò: nella maggior corrispondenza,nell'impensabile e impensata corrispondenza maggiore di questa umanità in cui ci imbattiamo, alle esigenze del cuore -alle esigenze della ragione.
Quest'imbattersi della persona in una diversità umana è qualcosa di semplicissimo, di assolutamente elementare, che viene prima di tutto, prima di ogni catechesi, riflessione e sviluppo: è qualcosa che non ha bisogno di essere spiegato, ma solo di essere visto, intercettato, che suscita uno stupore, desta una emozione, costituisce un richiamo, muove a seguire, in forza della sua corrispondenza all'attesa strutturale del cuore.
L'imbattersi in una presenza di umanità diversa viene prima non solo all'inizio, ma in ogni momento che segue l'inizio: un anno o vent'anni dopo.
 Il fenomeno iniziale -l'impatto con una realtà umana nuova, lo stupore che ne nasce - è destinato ad essere il fenomeno iniziale e originale di ogni momento dello sviluppo. Perché non vi è alcuno sviluppo se quell'impatto iniziale non si ripete, se l'avvenimento non resta cioè contemporaneo. O si rinnova, oppure nulla procede, e subito si teorizza l'avvenimento accaduto, e si brancica alla ricerca di appoggi sostitutivi di Ciò che è veramente all'origine della diversità. ,
Il fattore originante è, permanentemente, l'impatto con una realtà umana diversa. Se dunque non riaccade e si rinnova quello che è avvenuto in principio non si realizza vera continuità: se uno non vive ora l'impatto con una realtà nuova non capisce ciò che gli è accaduto prima. Solo se l'avvenimento riaccade ora, si illumina e si approfondisce ad un livello più maturo l' avvenimento iniziale, e si stabilisce così una continuità, uno sviluppo.
Qui si chiarisce l'accenno al fatto che «tutto è grazia». L'imbattersi in una realtà umana nuova è una grazia, è sempre una grazia -altrimenti diventa la scoperta tentata dei propri pensieri o l'affermarsi presuntuoso delle proprie capacità critiche. La diversità che si nota, l'origine della diversità umana in cui-ci si imbatte, è gratuità assoluta.
'L'avvenimento iniziale prosegue solo se continuamente si parte dall'imbattersi in una realtà umana nuova: «Cercate ogni giorno il volto dei santi e traete conforto dai loro discorsi», diceva l'invito contenuto in uno dei documenti della cristianità primitiva, la Didachè. La continuità con quello che è avvenuto al principio si avvera perciò solo attraverso la grazia di un impatto sempre nuovo e stupito come la prima volta.
Altrimenti, in luogo di tale stupore, dominano i pensieri che la propria evoluzione culturale rende capaci di organizzare, le critiche che la propria sensibilità formula a quello che si è vissuto e che si vede vivere, l'alternativa che si pretenderebbe imporre, eccetera.
Don  Giussani da: il Sabato 27 febbraio 1993

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chiesa, gesù, giussani

domenica, 02 novembre 2008
Chiesa piena di scalcagnati
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"Io sono contentissimo…Che ci sia una compagnia di peccatori! Altrimenti cercatevi un altro posto, se vi lasciano entrare, se avete il “livello” per entrare. Io sono contento di appartenere a questa Chiesa che è piena di scalcagnati,perché Gesù è venuto non per i giusti, ma per i peccatori; e sono grato di avere bisogno costantemente del Suo perdono, della Sua misericordia,della Sua tenerezza.
Tutte queste cose sono, di nuovo, una riduzione. Perché mi posso guardare fino in fondo senza nascondere il mio male? Io non sono definito dal mio male, perché Lui mi continua a dare la vita dopo che ho sbagliato, e continua a dirmi: «Tu sei Mio perché quello che ti definisce non è quello che tu riesci a fare, ma quello che ho fatto con te nel battesimo, ti ho afferrato e tutto il tuo male non è più potente di quella energia con cui Io ti afferro!». E questo vale ugualmente per la nostra compagnia. Non voglio censurare niente di tutto quanto di male c’è tra di noi, ma anche quando c’è, non posso non dire che qualsiasi sia la persona che è qua,l’ultimo arrivato o il più accanito peccatore di tutti, è chiamato come me, è afferrato come me; e se è qui con tutto il dolore del suo male, è afferrato come me e mi dà la testimonianza di rispondere di sì anche in mezzo al suo male."
Don Carron Esercizi della Fraternità Rimini 2008

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Cristo contemporaneo a noi nel corpo della sua Chiesa
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L'amicizia con Gesù è per antonomasia sempre amicizia con i suoi. Possiamo essere amici di Gesù soltanto nella comunione con il Cristo intero, con il capo e il corpo; nella vite rigogliosa della Chiesa animata dal suo Signore. Solo in essa la Sacra Scrittura è, grazie al Signore, Parola viva ed attuale. Senza il vivente soggetto della Chiesa che abbraccia le età, la Bibbia si frantuma in scritti spesso eterogenei e diventa così un libro del passato. Essa è eloquente nel presente soltanto là dove c'è la "Presenza" – là dove Cristo resta in permanenza contemporaneo a noi: nel corpo della sua Chiesa.
Benedetto XVI giovedì santo 2006
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giovedì, 30 ottobre 2008
La compagnia
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É solo nella compagnia che questa mortificazione o questa seduzione dell'essere, che è il senso religioso, questo fascino dell'essere o questa coscienza della propria fragilità, dovuta a qualcosa che è una scelta -è un bene poter scegliere, ma è un male poter scegliere male, perciò è ambiguo; non è che la libertà sia in una posizione cattiva, è in una posizione ancora ambigua, può scegliere il bene e può scegliere il male -, sono richiamati.
È nella comunità che si è aiutati a capire questo, ad avere coscienza di quando si sceglie male, a riconoscere quando si sceglie male, ad avere la forza del dominio di sé per strapparsi al male -per la mortificazione, penitenza o metànoia, cambiamento di mentalità -, per aderire a ciò che porta al destino e per attendere il destino tutti i giorni, tutti i giorni attendere che venga.
Luigi Giussani, Si può vivere così, Ed. Rizzoli

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martedì, 28 ottobre 2008
Le chiese
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Percorrendo le strade di campagna della Russia, cominci a capire dov'è la chiave del pacificante paesaggio russo.
È nelle chiese. Rincorrendosi per le colline, spuntando sui poggi, dominando i fiumi ampi come sovrane bianche e rosse, levandosi sulla trita e aspra realtà quotidiana coi loro campanili saldi e snelli, cosi diversi, esse da lontano si salutano a vicenda, da borghi sperduti, invisibili l'uno all'altro, si tendono verso un unico cielo. E per campi e prati, dovunque vaghi, lontano da ogni abitato, non sei mai solo: sovrastando la massa compatta della foresta, i mucchi di fieno accatastati e la stessa curva terrestre, la cuffia di un campaniletto ti fa cenno da Gory Loveckie, da Ljubici, da Gavrilovskoe. .
Ma quando penetri nel borgo ti accorgi che ti salutavano da lontano non dei vivi, ma degli uccisi. Le croci sono da tempo abbattute o ritorte; la cupola lacerata si spalanca in una carcassa di costole arrugginite; l'erbaccia cresce sui tetti e nelle crepe dei muri. Solo di rado sopravvive il cimitero intorno alla chiesa, con le tombe rovesciate. Le pitture dell'abside sono stinte dalle piogge di decenni 'e coperte di scritte oscene.
Nell'atrio manovra un trattore tra botti di bitume. Oppure un camion affonda col cassone nella navata per caricare sacchi. In quest'altra chiesa vibrano i torni. Questa è semplicemente chiusa a chiave e silenziosa. In un'altra e in un'altra ancora hanno sistemato i club locali: «Per una maggiore produzione di latte! », « Il poema della pace », « Le grandi gesta ».
Gli uomini sono sempre stati venali e spesso malvagi. Ma : quando si spandevano i rintocchi della sera, diffondendosi sul villaggio, sui campi, sul bosco, ricordavano che bisognava lasciare le meschine cure della terra, dare tempo e mente all'eterno.Questi rintocchi, che soltanto una vecchia canzone oggi ci tramanda, impedivano agli uomini di abbandonarsi sulle quattro zampe.
In queste pietre, in questi campanili i nostri avi hanno messo il meglio di se stessi, tutta la loro concezione della vita.
Scava, Vit'ka! pesta, senza compassione!
Alle sei ci sarà il cinema, il ballo alle otto...
Solzencyn  Dai « Racconti minimi »

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venerdì, 10 ottobre 2008
Si è cristiani quando si appartiene alla Chiesa
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 "Chi non è affatto cristiano, chi non capisce niente di cristianesimo, chi gli è veramente estraneo è colui che non è peccatore, letteralmente è colui che non commette alcun peccato. Invece il peccatore, insieme con il santo, entra nel sistema, è del sistema del cristianesimo. Chi non entra in questo sistema, chi non dà la mano è quello che non è affatto cristiano, che non capisce niente di cristianesimo. Il peccatore tende la mano al santo, dà la mano al santo, poiché il santo dà la mano al peccatore. E tutti insieme, l'uno attraverso l'altro, l'uno tirando l'altro, risalgono fino a Gesù, fanno una catena che risale fino a Gesù. Una catena inestricabile di dita. Chi non è cristiano, chi non capisce niente di cristianesimo, in cristianità, in materia di cristianità, è chi non dà la mano. Poco importa cosa ci faccia poi dopo con quella mano. Quand'anche un uomo potesse compiere anche l'azione più alta del mondo senza essere stato immerso nella grazia, quest'uomo sarebbe uno stoico, non un cristiano. E quando un uomo può commettere la più bassa azione del mondo precisamente senza commettere un peccato, quest'uomo non è un cristiano. Il cristiano non si definisce affatto per il livello che raggiunge, ma per la comunione. Non si è affatto cristiani perché si è ad un certo livello, morale, intellettuale, anche spirituale. Si è cristiani perché si appartiene ad una certa razza ascendente, ad una certa razza mistica, ad una certa razza spirituale e carnale, temporale ed eterna, ad un certo sangue".
Charles Péguy

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lunedì, 06 ottobre 2008
Tutto di Lui è in noi!
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Il corpo di Cristo è stato mischiato con i nostri corpi, anche il suo Sangue è stato versato nelle nostre vene, la sua voce è nelle nostre orecchie, il suo splendore nei nostri occhi...
Nella Sua compassione, tutto di Lui
è stato mescolato con tutto di noi.

Efrem il Siro, L'arpa dello Spirito, Lipa
  

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sabato, 04 ottobre 2008
Con la Chiesa e nella Chiesa
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Con la Chiesa e come la Chiesa, noi, a causa del mondo, siamo in stato di emergenza. Tutto ciò che facesse di noi dei pensatori, delle persone ripiegate nell’introspezione, dei problematici cronici, ci impedirebbe di far fronte a tale emergenza ... Invece, mentre si cammina, si può pensare, ci si può raccogliere, si può riflettere.
Poiché siamo nella Chiesa, siamo persone incalzate, in essa e con essa, da urgenze.
Ora, noi siamo sempre indotti nella tentazione di dimenticare questa condizione della Chiesa, questo stato di emergenza, e di trasformare le soste della nostra vita in immobilismo o in chiacchiere.
Le stesse parole del Signore e la interpretazione che Egli ne dà, possiamo sclerotizzarle, dimenticando che esse sono spirito, vita.
Perfino gli appuntamenti che Cristo ci ha dato: “Là dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”, noi possiamo trasformarli in conferenze.
Anche la preghiera, questo mezzo datoci da Gesù per ottenere ciò che a noi è necessario, possiamo ridurla a qualcosa di meccanico o a una richiesta di soccorso.
Le stesse soste necessarie: “Venite in disparte e prendetevi un po’ di riposo”, sì, possiamo non dico trasformarle, in un campeggio, però c’è il rischio che vi studiamo l’arte del campeggiatore.
Nelle curve delle nostre strade, vicino alle persone che incontriamo, corriamo il rischio di dimenticare che Cristo è la nostra unica via e che Egli è presente in ogni nostro incontro. Allora siamo anche capaci di fermarci a dipingere un paesaggio ... o a fare analisi psicologiche.
Da tutte queste tendenze è necessario che il Signore ci scampi. Bisogna chiedergli che la nostra ... guida tascabile ci insegni a sincronizzare i nostri passi, a portare i bagagli gli uni degli altri, a far nostra la fatica di tutti, a sorridere quando i piedi ci fanno male, a sorridere davvero per non essere ingrati.
Lungo il cammino: “Tutto ciò che capita è adorabile”, lungo il cammino: “Tutto è grazia”.
Fino alla fine dei tempi la Chiesa resterà una sposa novella, ed è proprio così che san Giovanni la presenta. Fino alla fine dei tempi la Chiesa combatte contro la morte, e sulla morte consegue la vittoria che già le è stata data. La Chiesa partorisce dei risorti.
In tal modo la Chiesa avanza indefinitamente, finché dura il tempo, verso la pienezza della sua giovinezza.
In essa è la legge della vita eterna in noi.
La Chiesa ci alleva, ci educa, ci istruisce, ci forma perché in essa diventiamo Vangelo vivente. Tutto nella Chiesa mira a ciò. E noi, da quelle infinite terminazioni nervose che siamo nel corpo della Chiesa, dobbiamo, come tutto il resto, diventare questo Vangelo vivente.
Dobbiamo diventarlo attraverso ciò che la Chiesa a tale scopo incessantemente ci comunica. Ma dobbiamo diventarlo anche attraverso ciò che l’intimo contatto con il mondo, senza tregua, ci impone, ci propone, ci oppone.
Dobbiamo seguire l’istinto della Chiesa che rivendica il diritto di camminare su tutte le strade.
Affinché in essa Gesù Cristo vada nel mondo per salvare il mondo, è necessario che la Chiesa ogni giorno si incarni nel mondo: la sua carne siamo tutti noi, contrastati e trafitti come il mondo e dal “mondo”

Madeleine Delbrel “Indivisibile amore” pagg 138-140

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domenica, 21 settembre 2008
Santa Madre Chiesa
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Non mi ribellerò mai alla chiesa, perchè ho bisogno più volte alla settimana del perdono dei miei peccati e non saprei da chi altri andare a cercarlo quando avessi lasciato la chiesa.
Da Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana

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sabato, 16 agosto 2008
 L'avete fatto contro la gioia
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Un marmocchio ha le sue pene come tutti; è nel complesso così disarmato contro il dolore e la malattia! Ma è dal sentimento della propria impotenza che il fanciullo trae umilmente il principio della sua stessa gioia. Si rifugia in sua madre, capisci? Presente, passato, avvenire, tutta la sua vita è compresa in suo sguardo; e questo sguardo è un sorriso. Fuori dalla Chiesa, un popolo sarà sempre un popolo di trovatelli. Resta per loro la speranza di farsi riconoscere da Satana. Illusi ! Possono aspettarlo a lungo il loro piccolo Natale nero! Possono metterle nel camino le loro scarpe! Ecco che il diavolo già si stanca di deporvi mucchi di meccanismi fuori moda appena inventati: ormai non vi mette più che un minuscolo pacchetto di cocaina, d'eroina, di morfina, una qualunque sudiceria di polvere che non gli costa cara. Poveracci! Logoreranno persino il peccato... Per divertirsi non basta volerlo. Un bambolotto da quattro soldi può far la felicità di un piccino per tutta la stagione, mentre un ragazzo più grandicello sbadiglierà davanti a un giocattolo costosissimo. Perché? Perché ha perduto lo spirito dell'infanzia. Ebbene, la Chiesa è stata  incaricata dal buon Dio di mantenere nel mondo questo spirito d'infanzia, questa ingenuità, questa freschezza. Vorrei aver qui uno di quei dottorini che m'accusano di oscurantismo; gli direi: "Non è colpa mia se porto un vestito da beccamorto. Dopo tutto il Papa si veste ben di bianco, e i cardinali di rosso. Avrei diritto a passeggiare vestito come la Regina di Saba,  perché io porto la gioia. Ve la darei per niente, se me la domandaste.
La Chiesa dispone della gioia, di tutta la parte della gioia riservata a questo triste mondo. Quel che avete fatto contro di essa, l'avete fatto contro la gioia. V'impedisco forse di calcolare la processione degli equinozi o di disintegrare gli atomi? Ma a che vi servirebbe fabbricare la vita stessa, se avete perduto il senso della vita? Non avreste più che da farvi saltare le cervella davanti alla vostra sorte. Fabbricate vita finché volete. La cosa andrà bene finché la vostra industria e i vostri capitali vi permetteranno di fare del mondo una fiera, con meccanismi che girano a velocità vertiginose, nel fracasso dei bronzi e nell'esplosione dei fuochi d'artificio. Ma aspettate, aspettate il primo quarto d'ora di silenzio. Allora, la sentiranno la parola: non quella che hanno rifiutato, che diceva tranquillamente: "Io sono la Via, la Verità e la Vita". Ma quella che sale dall'abisso: " Io sono la strada chiusa per sempre, la strada senz'uscita, la menzogna e la perdizione.”   
G. Bernanos dal Diario di un Curato di Campagna  1936

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martedì, 15 luglio 2008
La pietra della Chiesa è ogni vero credente
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 Masaccio, San Pietro, particolare di un affresco della cappella Brancacci, Firenze, 1425-1428

«Avvicinandovi a Lui, la pietra vivente scartata dagli uomini.
ma scelta da Dio e di valore, siete costruiti anche voi come
pietre viventi in edificio spirituale per formare un organismo
sacerdotale santo».
(1 Pt 2, 4)
«Noi vediamo pure infatti che questo stesso Simon Pietro,che pure è stato il solo a ricevere da Cristo questo attributo eccezionale, proclama poi, in una delle sue lettere, che tutti i credenti sono pietre vive nell'edificio divinumano. . La pietra unica della Chiesa è Gesù; ma, se crediamo a Gesù, la pietra per eccellenza della sua Chiesa è il corifeo degli apostoli; e se vogliamo credere a quest'ultimo, la pietra della Chiesa è ogni vero credente».
Solov'ev

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giovedì, 10 luglio 2008
L'esperienza del rischio
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“Mi trovo al limitare di una cengia e ad un metro circa cominciava un'altra cengia, e sotto vi era un profondo burrone. Io mi sono voltato di scatto, mi sono abbracciato ad uno spuntone di roccia e tre uomini non mi hanno smosso. E ricordo le voci che mi ripetevano: "Non aver paura, ci siamo noi! " e io dicevo a me stesso: "Sei stupido, ti portano loro"; e lo dicevo a me stesso, ma non riuscivo a staccarmi dal mio improvvisato sostegno.
Questo panico eccezionale mi ha fatto capire molti anni dopo che
cosa sia l'esperienza del rischio. Non fu l'assenza di ragioni a bloccarmi; ma le ragioni erano come scritte nell'aria, non mi toccavano. E analogo a quando le persone dicono: "Lei ha ragione, ma io non sono persuaso". E' uno iato, un abisso, un vuoto tra l'intuizione del vero, dell'essere, data dalla ragione, e la volontà: una dissociazione tra la ragione, percezione dell'essere, e la volontà che è affettività, cioè energia di adesione all'essere (il cristianesimo indicherebbe in questa esperienza una ferita prodotta dal "peccato originale"). Per cui uno vede le ragioni, ma non si muove. Non si muove, cioè manca della energia di coerenza: di coerenza, non nel senso etico di comportamento conseguente, ma nel senso teorico di adesione intellettuale al vero fatto intravvedere dalle ragioni. È questa coerenza che inizia l'unità dell'uomo. La coerenza resta così l'energia con cui l'uomo prende se stesso e aderisce, "si incolla" a ciò che la ragione gli fa vedere.
Invece
avviene una spaccatura tra la ragione e l'affettività, tra la ragione e la volontà: questa è l'esperienza del rischio.
Non è un'ipotesi astratta, è qualcosa di molto concreto. ………….
…..C'è in natura un metodo che riesce a darci questa energia di libertà che ci fa superare, attraversare la paura del rischio. Per superare il baratro dei "ma" e dei "se" e dei "però" il metodo usato dalla natura è il fenomeno comunitario.
Un bambino corre per il corridoio, spalanca con le manine la porta sempre aperta di una stanza buia; impaurito, torna indietro. La mamma si fa avanti, lo prende per mano, con la mano nella mano di sua madre il bambino va in qualsiasi stanza buia di questo mondo. E' solo la dimensione comunitaria che rende l'uomo sufficientemente capace di superare l'esperienza del rischio.
Nei miei ricordi di scuola, quando una classe si lasciava influenzare dal professore di filosofia o di storia, e il clima generale della classe era contrario al fatto religioso, anche i due o tre più sensibili ad esso tremavano. In una classe dove rilevante era l'intesa di convinzione religiosa di alcuni, allora il professore, nonostante tutta la sua abilità dialettica e intimidatoria, non riusciva a smobilitare un clima generale aperto al problema religioso.
La dimensione comunitaria rappresenta non la sostituzione della libertà, non la sostituzione della energia e della decisione personale, ma la condizione dell'affermarsi di essa. Se io metto un seme di faggio sul tavolo, anche dopo mille anni (posto che tutto rimanga tale e quale) non si svilupperà niente. Se io prendo questo seme e lo metto dentro la terra, esso diventa pianta. Non è l'humus che sostituisce l'energia irriducibile, la "personalità" incomunicabile del seme: l'humus è la condizione perché il seme cresca.
La comunità è la dimensione e la condizione perché il seme umano dia il suo frutto. Per questo la vera persecuzione, la più intelligente, è quella che ha usato il mondo moderno, non quella che ha usato Nerone con il suo anfiteatro. La vera persecuzione non sono le fiere, non sono neanche i lager. La persecuzione più accanita è l'impedimento che lo Stato cerca di realizzare all'esprimersi della dimensione comunitaria del fenomeno religioso.
Così per lo Stato moderno l'uomo può credere tutto quello che vuole, in coscienza: ma fino a quando questa fede non implichi come suo contenuto che tutti i credenti siano una cosa sola e che perciò abbiano il diritto di vivere e di esprimere questa realtà.
Impedire l'espressione comunitaria è come tagliare alle radici la alimentazione della pianta; la pianta poco dopo muore.
Il vero dramma del rapporto fra l'uomo e Dio, attraverso il segno del cosmo, attraverso il segno dell'esperienza, non sta nella fragilità delle ragioni, perché tutto il mondo è una grande ragione e non esiste sguardo umano sulla realtà che non senta la provocazione di questa prospettiva che lo supera.
Il vero dramma sta nella volontà che deve aderire a questa immensa evidenza. La drammaticità è definita da quello che io chiamo rischio. L'uomo subisce l'esperienza del rischio: pur essendo di fronte alle ragioni, è come se non si sentisse di muoversi, è come bloccato, gli occorrerebbe un supplemento di energia e di volontà, di energia di libertà, perché la libertà è la capacità di adesione all'essere.

Questa energia di libertà più adeguata emerge laddove l'individuo vive la sua dimensione comunitaria. In tal senso mira il paradosso di Chesterton: "Non è vero che uno più uno fa due; ma uno più uno fa duemila volte uno". Anche questo rivela il genio di Cristo che ha identificato la Sua esperienza religiosa con la Chiesa: "Là dove saranno due o tre riuniti in mio nome, io sarò con loro"
 Giussani   Il senso religioso  cap.13 Rizzoli

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sabato, 28 giugno 2008
La comunità
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La comunità è letteralmente, fisicamente Gesù che fa queste cose, Gesù presente. Allora è nella comunità che impari cos'è il tuo destino; e ti dà la fede, ti sostiene nella fede, governa ed educa la tua fede; ti fa capire che cosa è la libertà ed educa la tua libertà, nella coscienza del senso religioso sviluppato e nella coscienza del sacrificio da fare e, quindi, nella consapevolezza umile e senza inutile disperazione del tuo peccato, del tuo peccare, della facilità al peccare. Della facilità a peccare, tanto più che nell'uomo c'è una ferita enorme, c'è il segno di una ferita enorme, per cui il braccio che avrebbe potuto alzare trenta chili non riesce ad alzarne tre, è come indebolito, è come una paralisi infantile: si chiama peccato originale. Perciò la comunità ti dice di non scandalizzarti della tentazione che provi e di non scandalizzarti neanche dell'errore che fai; ma indomabilmente riprendi la strada. E insieme riconosciamo ciò che ci porta al destino, riconosciamo ciò che è grande nella vita, -è grande ciò che ci fa andare verso il destino -, e riconosciamo l'attrattiva illusoria, l'illusorietà dell'attrattiva. Tutto questo è l'educazione che ti dà la comunità.
L. Giussani   Si può vivere così? pag. 90 Rizzoli

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mercoledì, 25 giugno 2008
L’amicizia misericordiosa
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" Così, è il fascino irripetibile di questo “evento reale” che fa dire al grande teologo, al grande pensatore, al grande maestro di spiritualità, che oltre a tutto e più di tutto, più dei libri, più della capacità speculativa, più dell’introspezione, conta nel cristianesimo l’esperienza dell’amicizia misericordiosa di Colui che scelse di affidare al discepolo che Lo aveva rinnegato tre volte (a “un povero pescatore, in una lontana provincia, presso un piccolo mare, quasi segreto la custodia e la guida della Sua barca, la Chiesa, tra le onde della storia..
G. K. Chesterton

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giovedì, 15 maggio 2008
La compagnia cristiana
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" Allora quella compagnia è l'unica realtà veramente umana, totalmente umana, che esista al mondo. Tutto il resto del mondo è umano come una grande ferita che gridi di essere rimarginata, una grande solitudine che esiga di essere sorpresa da una illuminazione, da una protezione che venga da altri come sé. Allora il compagno diventa veramente un altro sé e nasce tra gli estranei come noi un'affezione più grande di quella che si ha per il padre e la madre, fino all'emozione. Perché il giudizio di corrispondenza matura fino a identificarsi con l'emozione... più grande di quella che hai per tuo padre e tua madre...non perché dimentichi tuo padre e tua madre, ma perché impari a capire che l'importanza di un tuo padre e tua madre è che hanno in qualche modo collaborato a questa strada - per esempio facendoti nascere- così che se fossero (scusate l'ipotesi), se fossero due delinquenti, li ami come ami  i tuoi compagni.”
Luigi Giussani da: Si può vivere così? Rizzoli 

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