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giovedì 23 febbraio 2012

comunione


  1. Il Vangelo di oggi ci offre un ultimo prezioso insegnamento. È contenuto in un piccolo passaggio narrativo, celato come una perla nelle pieghe del brano evangelico proclamato. «Chiamati a sé i suoi discepoli » (Vangelo, Mc 12, 43) Gesù li aiuta a comprendere il gesto della vedova.
    Cosa traspare da questo gesto di Gesù? Il legame solido tra i membri di quella prima compagnia da Lui generata. Una parentela più potente di quella della carne e del sangue, una fraternità in cui si anticipa – come traspare nella Santa Eucaristia – la vita del Paradiso. Cristo chiama i Suoi a fare l’esperienza inaudita che la consistenza dell’io si chiama comunione.
    Comunione come stima a priori per l’altro, perché abbiamo in comune Cristo stesso. Comunione disponibile ad ogni sacrificio per l’unità affinché il mondo creda. «L'espressione matura del condividere cristiano è perciò l'unità fin nel sensibile e nel visibile. Questa fu l'espressione del tormento finale di Cristo nella sua preghiera al Padre, quando in tale unità sensibile e visibile indicò consistere la decisiva testimonianza dei suoi amici» (L. Giussani, Il cammino al vero è un’esperienza, 52-53). Qui sta la vittoria sulla vanitas. Qui comunione è liberazione.
    «La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo» (1Gv 1, 3b). Quando per grazia si diventa amici di Dio, la comunione sviluppa un irresistibile moto di condivisione della vita di tutti i fratelli uomini in ogni ambiente dell’umana esistenza. La gratitudine per avere tutto ricevuto genera gratuità nel tutto dare.
 Card.Scola omelia messa 7° anno scomparsa di don Giussani febbraio 20 12


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