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domenica 5 febbraio 2012

CONSUMISMO

Chai Ling, ex leader di Tiananmen è divenuta cristiana
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La sua conversione dovuta all’impotenza nel cambiare la Cina e al dolore per gli aborti forzati che avvengono nel suo Paese con la legge del figlio unico “cento volte più violenta del massacro di Tiananmen”. L’invito ai leader cinesi di pentirsi e a scoprire il perdono di Dio.

Boston (AsiaNews) – Chai Ling, l’unica donna leader di piazza Tiannamen nell’89, si è fatta battezzare il 4 aprile scorso. Aveva domandato di essere cristiana nel dicembre 2009.
 
Il giorno del suo battesimo ella ha spiegato il motivo che l’ha portata alla fede cristiana: la sua impotenza a cambiare la Cina e il dolore a vedere tanta violenza nel suo Paese, non solo nel campo dei diritti umani e della democrazia, ma soprattutto per gli aborti forzati causati dalla legge del figlio unico, che lei definisce “un massacro di Tiananmen quotidiano, cento volte superiore e fatto alla luce del giorno”.
 
La sua testimonianza è stata pubblicata integralmente sul sito di ChinaAid, dove racconta pure di tutti gli incontri e gli amici che l’hanno aiutata ad accogliere il cristianesimo.
 
Chai Ling è nata durante la Rivoluzione culturale da una coppia di soldati dell’esercito per la liberazione del Popolo, in una base militare del nord-est della Cina.
 
Durante le manifestazioni di Tianamen nel maggio-giugno 1989, Chai Ling, 23enne, era studente di psicologia all’Università Normale di Pechino (Beishida). È stata l’unica donna leader del gruppo, che ha previsto con grande tristezza la fine tragica del movimento democratico (“Ci sarà un bagno di sangue”, aveva detto in un’intervista giorni prima del fatidico 4 giugno). Insieme ad altri 11 studenti aveva espresso il giuramento di versare il suo sangue per la patria, sul modello degli eroi-martiri cinesi del passato che si suicidavano per risvegliare il loro popolo.
 
Dopo il massacro, Chai Ling è divenuta una dei 21 più ricercati dalla polizia cinese. Grazie all’aiuto di un gruppo di buddisti e di personalità di Hong Kong, dopo un periodo di vita nascosta, è riuscita a fuggire prima in Francia e poi negli Stati Uniti.
 
Stabilitasi a Boston, si è laureata ad Harvard in economia e con il marito Robert Maggin jr hanno dato vita a una compagnia di software che impiega quasi 300 persone. Non ha mai dimenticato il suo giuramento e ha sempre usato parte dei loro profitti per aiutare orfanotrofi e organizzazioni per i diritti umani in Cina.
 
La scoperta di essere controllata dai servizi segreti cinesi, le loro minacce e le difficoltà del movimento democratico all’estero la rendono senza speranza. “Pur con tutte le battaglie e i successi – dice – ho capito quanto io fossi piccola se paragonata alla forza di un intero regime. Come potrei io, un umile individuo andare contro un intero regime con enormi risorse e una rete diffusa?”.
 
Nel novembre 2009, ascolta a Washington la testimonianza di Wujian, una donna cinese costretta ad abortire perché rimasta incinta senza il permesso dei responsabili dell’ufficio per il controllo della popolazione.
 
“Quel momento – racconta – ha riportato alla memoria tutta l’impotenza e il dolore che abbiamo provato la notte del massacro del 4 giugno. Quella notte è stata così brutale, e non avevamo la forza di fermarla, e nemmeno il resto del mondo ha potuto fermarla. La storia di Wujian è solo uno dei 10 mila casi che sono accaduti in una singola contea in Cina nel 2005. Nei 30 anni passati, circa 400 milioni di vite sono state stroncate in Cina con l’aborto; molti sotto forma di crudeli e disumane operazioni, terminate con la morte dei bambini, ma anche con il terribile trauma e danno delle madri che sono sopravvissute…Nessuno potrà dimenticare il massacro di Tiananmen del 1989, anche se ormai sono passati più di 20 anni. Ma pochi di noi hanno compreso che queste parole: Politica-del-figlio-unico” sono un ordine di marcia per una brutalità cento volte superiore al massacro di Tiananmen, che accade alla luce del giorno, ripetuto ogni singola giornata”.
 
Alla domanda su “chi può fermare tutto ciò?”, Chai Ling risponde per la prima volta con la fede in Dio: “Solo Dio può fermare questa brutalità”.
 
Occorre ricordare che Chai Ling non ha avuto alcuna educazione religiosa: “[In Cina] – racconta - non ci era permesso credere in Dio. Per i leader ‘Dio’ era una cosa cattiva che i capitalisti usavano per il lavaggio del cervello del popolo. Come risultato, perfino l’amore di Dio era visto come una cosa che faceva paura. La società era piena di odio, sfiducia, paura”.
 
Aiutata dal marito, cristiano protestante, e da alcuni amici e amiche che lavorano come volontari contro l’aborto, Chai Ling chiede di diventare cristiana il 4 dicembre 2009. Lo scorso 4 aprile ha ricevuto il battesimo. La fede nella resurrezione di Gesù la rende ora più sicura e più certa “della vittoria di Dio” anche in mezzo a tante tribolazioni.
 
Nella sua testimonianza Chai Ling ha parole di misericordia anche per i leader cinesi, responsabili del massacro e della politica attuale: “Il perdono di Dio è così pieno; perfino uno dei due ladroni, che è stato crocifisso con Lui, dopo che si è pentito per i suoi peccati, Cristo gli ha promesso di portarlo con sé in cielo. Se i leader della Cina potessero almeno ascoltare questo [annuncio], non importa quello che hanno fatto o commesso, se solo si pentissero, potrebbero ricevere lo stesso amore e perdono che tutti riceviamo. Quale grande dono riceverebbero? La libertà per se e per la Cina!”.
 
La conversione di Chai Ling è l’ultima di una serie da parte di diversi leader di Tiananmen. Dopo aver lottato per le idee di uguaglianza e democrazia, grazie al rapporto col mondo occidentale o con missionari in Cina hanno scoperto che il loro impegno per i diritti umani è ragionevole solo se fondato su una base cristiana. “Quando abbiamo pensato a far nascere un movimento democratico – dice Chai Ling – gridavamo che tutti gli uomini nascono uguali. Ora so e posso dire con tutta la fiducia il perché: Dio li ha creati uguali, a immagine di Lui”.

Postato da: giacabi a 21:58 | link | commenti
testimonianza, consumismo

martedì, 01 gennaio 2008
La società del benessere
 è intrinsecamente totalitaria
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 « La filosofia implicita nella società del benessere è lo sviluppo radicale di un momento del marxismo quello per cui si presenta come “relativismo assoluto” (conseguente al materialismo storico); sviluppo così rigoroso da giungere a eliminare l’altro quello per cui si presenta come pensiero dialettico e dottrina della rivoluzione. In breve segna la vittoria del positivismo e sociologismo sul marxismo; di un positivismo che ha deposto gli aspetti romantici che erano propri delle sue forme ottocentesche.
Ma con ciò ha raggiunto una forma di empietà maggiore del marxismo. Perché pur essendo rigorosamente ateo pur negando ogni rivelazione e ogni soprannaturale il marxismo nella sua versione comunista è infatti una religione l’Avvenire sostituendo l’Eterno e la Totalità l’Assoluto e la Città di Dio. Invece la società del benessere è l’unica nella storia del mondo che non abbia origine da una religione ma sorga essenzialmente contro una religione anche se per paradosso questa religione è la marxista (ma successivamente la critica si estende a ogni altra forma di religione). Non a caso il punto di vista del suo intellettuale si riassume nelle due seguenti affermazioni: accettazione della morte di Dio e posizione critica rispetto al marxismo in quanto ancora a suo modo è religioso. Da questa novità deriva il suo antitradizionalismo; la sua prospettiva storica è in sostanza la seguente: nella storia c’è stata una cesura definitiva rappresentata dalla seconda guerra mondiale; non sono stati vinti soltanto fascismo e nazismo ma l’intera vecchia tradizione europea; e fascismo e nazismo devono essere interpretati come fenomeni conseguenti alla paura del progresso storico o come si suol dire oggi della trascendenza usando questo termine in un significato intramondano. In conseguenza di tale giudizio chi si richiama alla tradizione è sempre quale che sia la sua consapevolezza un “reazionario” o un “fascista” (termini che vengono stoltamente identificati).
Di più la società del benessere è intrinsecamente totalitaria nel senso che la cultura vi è completamente subordinata alla politica. Ricavo da un recente notevolissimo scritto di Umberto Segre: “a queste condizioni però il patto Stato-grandi imprese assume come unica regola l’efficienza e la crescente produttività. Tutto dovrà essergli sacrificato. Galbraith ha l’onestà di dichiararlo: ‘la tecnologia è sempre bene; l’incremento economico è sempre bene; le grandi aziende hanno come norma interna un incremento indeterminato; il consumo dei beni che esse producono costituisce l’optimum della felicità: e nulla deve interferire nei confronti che accordiamo alla tecnologia e all’incremento economico e all’aumento dei consumi’. Una società cosí configurata non ammette piú autonomie di sovrastrutture culturali religiose e politiche. [...] La cultura è per definizione merce di consumo o quando è scientificamente ricercata e apprezzata è a sua volta strumento per l’ulteriore incremento di efficienza e di produzione” . Qualcuno osserverà che tale società rispetta le forme democratiche; ma è ben debole argomento perché non c’è potere che non le rispetti quando dispone di strumenti di controllo e di oppressione reale che abbiano una particolare efficacia.».


Opere Boringhieri Torino 1963 pp. 366 e 364.
Ideologie 1968 p. 29.


Postato da: giacabi a 22:12 | link | commenti (2)
consumismo, del noce

venerdì, 13 luglio 2007
LA PERDITA DELL’IO
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« Costruendo la nuova macchina dell'industria, l'uomo fu così assorbito dal nuovo compito che questo divenne la mèta preminente della sua vita. Le sue energie, che una volta erano dedicate alla ricerca di Dio e alla salvezza eterna, furono ora dirette verso il dominio della natura e verso sempre crescenti comodità materiali. Egli cessò di usare la produzione come mezzo per una vita migliore, ma ne fece invece un fine in se stesso, un fine cui era subordinata la vita. Nel processo di una sempre maggiore divisione e meccanizzazione del lavoro e nelle sempre maggiori dimensioni degli agglomerati sociali l'uomo stesso diventò una parte della macchina piuttosto che il padrone.
Scoprì che lui stesso era una merce, come un investimento. Suo fine diventò aver successo, cioè vendersi sul mercato il più vantaggiosamente possibile. Il suo valore come persona sta nella sua possibilità di vendersi e non nelle sue qualità umane di amore e di ragione o nelle sue capacità artistiche. La felicità si identifica col consumo di merci più nuove e migliori, con la passiva ricezione di musica, cinema, svago, sesso, liquori e sigarette.
Non avendo un senso dell'io se non quello datogli dal conformismo con la maggioranza, egli si sente insicuro, ansioso e dipende dall'approvazione altrui. È alienato da sé, adora i prodotti delle sue stesse manie i capi che si è dato, come se essi fossero sopra di lui invece che fatti da lui. È in un certo senso ritornato indietro a dov'era prima della grande rivoluzione umana iniziata nel secondo millennio prima di Cristo»."
E. FROMM, Psicanalisi della società contemporanea, Ed. di Comunità, Milano 1976,


 

Postato da: giacabi a 14:41 | link | commenti
nichilismo, consumismo, fromm, non senso

domenica, 03 settembre 2006
IL CONSUMISMO
O
Gli uomini maturi d'oggi, ancora imbevuti dei princìpi del XIX secolo, hanno l'abitudine di lamentarsi sulla rovina pressoché completa dello spirito d'economia nelle giovani generazioni. Non si mette più nulla "da parte": l'operaio, l'impiegato moderno, la stessa famiglia recente spende ogni settimana o ogni mese la totalità del suo guadagno. Più ancora: si ipoteca l'avvenire, si scialacqua, comperando a credito ciò che non si possiede ancora (la nostra epoca conosce, infatti, il paradosso corruttore di un largo credito concesso al superfluo: che si pensi a delle "facilitazioni" da accordarsi ai compratori di un'auto e di una radio, mentre il credito per le cose necessarie - l'alimentazione e il vestiario - è quasi completamente scomparso). Questo sconfinamento nell'avvenire è la divorante contropartita dell'antico spirito di economia, è una previdenza a rovescio. L'uomo, che prima metteva da parte qualche cosa per il domani, poteva dire: l'avvenire sarà riempito da ciò che io accumulo oggi. Lo scialacquatore moderno può dire: l'avvenire sarà vuotato di ciò che oggi divoro. Il primo nutre il futuro, il secondo lo succhia.    Ma lo sperpero del denaro, scandalo del borghese classico, non è che il sintomo più materiale e più esteriore di una tara di cui è affetto il fondo dell'anima moderna: l'uomo oggi diventa - questo in tutti i campi - sempre più incapace di riserva. Non si sa più attendere, si vuol essere pagati subito di quanto si fa, si corre senza indugio fino all'ultimo limite di tutte le possibilità di godimento... Certi scrittori non si danno più neppure il tempo di scrivere decentemente per la fretta di pubblicare, gli amanti si possiedono carnalmente quasi prima di conoscersi, ecc. Questa fretta è l'indice di un profondo indebolimento dei caratteri: la forza e l'equilibrio interni di un uomo si misurano sull'ampiezza dell'intervallo che quell'uomo può sopportare tra il suo lavoro o il suo amore - e la loro ricompensa. In definitiva, l'uomo acconsente a non essere pagato mai...
Gustave Thibon

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