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domenica 5 febbraio 2012

Crisostomo

La debolezza di Dio è più forte della fortezza degli uomini
Dalle «Omelie sulla prima lettera ai Corinzi» di san Giovanni Crisostomo, vescovo
(Om. 4, 3. 4; PG 61, 34-36)
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La croce ha esercitato la sua forza di attrazione su tutta le terra e lo ha fatto servendosi non di mezzi umanamente imponenti, ma dell'apporto di uomini poco dotati. Il discorso della croce non è fatto di parole vuote, ma di Dio, della vera religione dell'ideale evangelico nella sua genuinità, del giudizio futuro. Fu questa dottrina che cambiò gli illetterati in dotti.
Dai mezzi usati da Dio si vede come la stoltezza di Dio sia più saggia della sapienza degli uomini, e come la sua debolezza sia più forte della fortezza umana. In che senso più forte? Nel senso che la croce, nonostante gli uomini, si è affermata su tutto l'universo e ha attirato a sé tutti gli uomini. Molti hanno tentato di sopprimere il nome del Crocifisso, ma hanno ottenuto l'effetto contrario. Questo nome rifiorì sempre di più e si sviluppo con progresso crescente. I nemici invece sono periti e caduti in rovina. Erano vivi che facevano guerra a un morto, e ciononostante non l'hanno potuto vincere. Perciò quando un pagano dice a un cristiano che è fuori della vita, dice un stoltezza. Quando mi dice che sono stolto per la mia fede, mi rende persuaso che sono mille volte più saggio di lui che si ritiene sapiente. E quando mi pensa debole non si accorge che il debole è lui. I filosofi, i re e, per così dire, tutto il mondo, che si perde in mille faccende, non possono nemmeno immaginare ciò che dei pubblicani e dei pescatori poterono fare con la grazia di Dio. Pensando a questo fatto, Paolo esclamava: «Ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini» (1 Cor 1, 25). Questa frase è chiaramente divina. Infatti come poteva venire in mente a dodici poveri uomini, e per di più ignoranti, che avevano passato la loro vita sui laghi e sui fiumi, di intraprendere una simile opera? Essi forse mai erano entrati in una città o in una piazza. E allora come potevano pensare di affrontare tutta la terra? Che fossero paurosi e pusillanimi l'afferma chiaramente chi scrisse la loro vita senza dissimulare nulla e senza nascondere i loro difetti, ciò che costituisce la miglior garanzia di veridicità di quanto asserisce.
Costui, dunque, racconta che quando Cristo fu arrestato dopo tanti miracoli compiuti, tutti gli apostoli fuggirono e il loro capo lo rinnegò. Come si spiega allora che tutti costoro, quando il Cristo era ancora in vita, non avevano saputo resistere a pochi Giudei, mentre poi, giacendo lui morto e sepolto e, secondo gli increduli, non risorto, e quindi non in grado di parlare, avrebbero ricevuto da lui tanto coraggio da schierarsi vittoriosamente contro il mondo intero? Non avrebbero piuttosto dovuto dire: E adesso? Non ha potuto salvare se stesso, come potrà difendere noi? Non è stato capace di proteggere se stesso, come potrà tenderci la mano da morto? In vita non è risuscitato a conquistare una sola nazione, e noi, col solo suo nome, dovremmo conquistare il mondo? Non sarebbe da folli non solo mettersi in simile impresa, ma perfino solo pensarla?
E' evidente perciò che, se non lo avessero visto risuscitato e non avessero avuto una prova inconfutabile della sua potenza, non si sarebbero esposti a tanto rischio.
 

Postato da: giacabi a 14:47 | link | commenti (1)
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sabato, 04 dicembre 2010

NIENTE PUÒ FERIRTI
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Non possiamo fondare nulla su quanto abbiamo raggiunto, né sul successo, né sul possesso
materiale, né sulla nostra famiglia, né sulla salute. Tutto è dono. Tutto può esserci tolto. Ogni crisi ci sprona a smettere di attaccarci alle condizioni esterne, a staccarci da tutto ciò che possediamo.

Se ci identifichiamo con i nostri beni o con la salute, ci diamo per persi quando vengono meno i beni o la salute. Allora non siamo più nulla. Già prima della crisi dobbiamo esercitarci nella libertà interiore. Allora la crisi non ci annienterà, ma ci condurrà al luogo dove siamo davvero a casa, dove siamo interamente noi stessi, in cui nessuno può ferirci, in cui nessuno può più danneggiarci.
Giovanni Crisostomo dice in una predica: niente può ferirti tranne te stesso. Se hai in Dio il tuo fondamento, può succedere quello che vuole. Non danneggerà il tuo vero io. Crisostomo adduce a prova la parabola della casa edificata sulla roccia. Le tempeste possono scuoterla e le piene sommergerla, ma non riescono a farla cadere.

(Anselm Grün, Il libro dell’arte della vita, Queriniana, Brescia 2003, p.195)

Postato da: giacabi a 22:17 | link | commenti
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venerdì, 18 dicembre 2009

L’amicizia
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Gli amici sono le corde di una cetra che, se tutte intonate tra di loro, producono al tocco una musica piacevolissima... Neppure le ricchezze più vistose si possono paragonare ad una salda amicizia. Le stelle irradiano la luce all'intorno; gli amici, dove giungono, portano gioia e bene. E' meglio vivere nelle tenebre che mancare di amici... L'amicizia possiede anche la facoltà di ospitare nel nostro cuore la memoria degli assenti e ce li fa tanto desiderare da renderci vicini a loro e lontani da tutte le cose vicine.
San Giovanni Crisostomo

Postato da: giacabi a 19:51 | link | commenti (2)
amicizia, crisostomo

martedì, 23 dicembre 2008
Il matrimonio cristiano
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Grazie, Signore, perché ci hai dato l’amore capace di cambiare la sostanza delle cose.
Quando un uomo e una donna diventano uno nel matrimonio, non appaiono più come creature terrestri, ma sono l’immagine stessa di Dio. Così uniti non hanno paura di niente. Con la concordia, l’amore e la pace l’uomo e la donna sono padroni di tutte le bellezze del mondo. Possono vivere tranquilli, protetti dal bene che si vogliono secondo quanto Dio ha stabilito.
Grazie, Signore, per l’amore che ci hai regalato.
San Giovanni Crisostomo

Postato da: giacabi a 10:00 | link | commenti
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domenica, 21 dicembre 2008
Cristo
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Cristo è come una miniera ricca di immense vene di tesori dei quali, per quanto si vada a fondo, non si trova la fine; anzi in ciascuna cavità si scoprono nuovi filoni di ricchezza. Perciò san Paolo dice del Cristo: “In Cristo si trovano nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza” (Col 2,3) nei quali l’anima non può penetrare se prima non passa per le strettezze della sofferenza interna ed esterna. Infatti, da quel poco che è possibile sapere in questa vita dei misteri di Cristo, non vi si può giungere senza aver sofferto molto, aver ricevuto da Dio numerose grazie intellettuali e sensibili e senza aver fatto precedere un lungo esercizio spirituale, poiché tutte queste grazie sono più imperfette della sapienza dei misteri di Cristo, per la quale servono di semplice disposizione. Oh, se l’anima riuscisse a capire che non si può giungere nel folto delle ricchezze e della sapienza di Dio, se non entrando dove sono più numerose le sofferenze di ogni genere riponendovi la sua consolazione e il suo desiderio! Come chi desidera veramente la sapienza divina, in primo luogo brama di entrare veramente nello spessore della Croce!
San Giovanni della Croce, 1542-1591, Cantico spirituale, strofe 36-37

Postato da: giacabi a 21:15 | link | commenti
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La carità
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Niente può renderti imitatore di Cristo, come il prenderti cura del prossimo. Anche se tu digiunassi e dormissi per terra…, ma poi non ti prendi cura del prossimo, tu non hai fatto niente di grande e resti lontano dal Modello.

San Giovanni Crisostomo

Postato da: giacabi a 16:06 | link | commenti
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sabato, 13 dicembre 2008
La carità cristiana
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  Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra, cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi. Non onorarlo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità. Colui che ha detto “Questo è il mio corpo”, confermando il fatto con la parola, ha detto anche: “Mi avete visto affamato e non mi avete dato da mangiare e ogni volta che non avete fatto queste cose a uno dei più piccoli tra questi, non l’avete fatto neppure a me”. Il corpo di Cristo che sta sull’altare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure; mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura.
Impariamo dunque a pensare e a onorare Cristo come egli vuole. Infatti l’onore più gradito che possiamo rendere a colui che vogliamo venerare è quello che lui stesso vuole, non quello escogitato da noi. Anche Pietro credeva di onorarlo impedendo a lui di lavargli i piedi, questo non era onore ma vera scortesia. Così anche tu rendigli quell’onore che egli ha comandato. Fa’ che i poveri beneficino delle tue ricchezze. Dio non ha bisogno di vasi d’oro, di calici d’argento, ma di anime d’oro. Con questo non intendo certo proibirvi di fare doni alla chiesa. No. Ma vi scongiuro di elargire, con questi e prima di questi, l’elemosina. Dio, infatti, accetta i doni alla sua casa terrena, ma gradisce molto di più il soccorso dato ai poveri. Nel primo caso, ne ricava vantaggio solo chi offre, nel secondo invece anche chi riceve. Là il dono potrebbe essere occasione di ostentazione; qui invece è elemosina e amore. Che vantaggio può avere Cristo se la mensa del sacrificio è piena di vasi d’oro, mentre poi muore di fame nella persona del povero? Prima sazia l’affamato e solo in seguito orna l’altare con quello che rimane. Gli offrirai un calice d’oro e non gli darai un bicchiere d’acqua? Che bisogno c’è di adornare con veli d’oro il suo altare se poi non gli offri il vestito necessario? Che guadagno ne ricava egli? Dimmi, se vedessi uno privo del cibo necessario e, senza curartene adornassi d’oro solo la sua mensa credi che ti ringrazierebbe o piuttosto non si infurierebbe contro di te? E se vedessi uno coperto di stracci e intirizzito dal freddo e, trascurando di vestirlo, innalzassi colonne dorate dicendo che lo fai in suo onore non riterrebbe forse di essere beffeggiato e insultato in modo atroce? Pensa la stessa cosa di Cristo, quando va errante e pellegrino, bisognoso di un tetto. Tu rifiuti di accoglierlo nel pellegrino e adorni invece il pavimento, le pareti, le colonne e i muri dell’edificio sacro. Attacchi catene d’argento alle lampade ma non vai a visitarlo quando lui è incatenato in carcere. Dico questo non per  vietarvi di procurare tali addobbi e arredi sacri, ma per esortarvi a offrire insieme a questi anche il necessario aiuto ai poveri. O meglio, perché questo sia fatto prima di quello. Nessuno è mai stato condannato per non aver cooperato ad abbellire il tempio, ma chi trascura il povero è destinato al fuoco inestinguibile e al supplizio. Perciò mentre adorni l’ambiente del culto non chiudere il tuo cuore al fratello che soffre. Questo è il tempio vivo più prezioso di quello.”
Da un’omelia di san Giovanni Crisostomo

Postato da: giacabi a 15:51 | link | commenti
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giovedì, 10 gennaio 2008
LA GIOIA DELL’AMICIZIA
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Un amico fedele
è un balsamo nella vita,
è la più sicura protezione.
Potrai raccogliere tesori d’ogni genere
ma nulla vale quanto un amico sincero.
Al solo vederlo, l’amico suscita nel cuore
una gioia che si diffonde in tutto l’essere.
Con lui si vive un’unione profonda
che dona all’animo gioia inesprimibile.
Il suo ricordo ridesta la nostra mente
e la libera da molte preoccupazioni.
Queste parole hanno senso
solo per chi ha un vero amico;
per chi, pur incontrandolo tutti i giorni,
non ne avrebbe mai abbastanza.
                     GIOVANNI CRISOSTOMO

Postato da: giacabi a 17:49 | link | commenti
amicizia, crisostomo

venerdì, 30 novembre 2007
Digiuno e astinenza
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A che serve privarsi di polli e di pesci e poi addentare e divorare i fratelli?

Giovanni Crisostomo

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