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domenica 5 febbraio 2012

da costa alessandrina

TERESA NEUMANN
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da: www.donbosco-torino.it/        per saperne di più:Teresa Neuman2
  Il 1° settembre 1939 era scoppiata la seconda guerra mondiale. I tedeschi invadevano la Polonia e, di lì a poco, sarebbero dilagati in Europa. Perché non mancasse nulla ai soldati del terzo Reich, fu razionato il cibo ai cittadini. Così, ai tedeschi fu data una tessera che stabiliva la quantità di pane e companatico spettante a ciascuno. Ad una sola cittadina fu ritirata immediatamente la tessera annonaria. Costei non beveva, né mangiava alcunché. In compenso le fu data una doppia razione di sapone, perché ogni settimana doveva far lavare le lenzuola e la biancheria inzuppata di sangue. Questa cittadina tedesca si chiamava Teresa Neumann, era di Konnerareuth, in Alta Baviera e viveva una vicenda straordinaria che avrebbe continuato a destare per anni, l’interesse di scienziati, medici, teologi, umili e grandi credenti o miscredenti.


Una normale contadina
Teresa era nata nel 1898, figlia di un povero sarto e di una contadina che andava a lavorare a giornata. Venne educata dai suoi con una sana e gioiosa formazione cristiana, senza scrupoli. Era cresciuta allegra, vivace, amante degli scherzi innocenti.
Era solita dire di non essere capace di prendersi sul serio.

La sua giornata iniziava all’alba con la preghiera; poi il lavoro rude nei campi e in casa, senza grilli per la testa, affatto romantica, di una concretezza a tutta prova.
La domenica, la Messa festiva e la Comunione. Era una buona compagna, una cara amica verso tutti e tutte, pur nella sua riservatezza di ragazza.
A vent’anni, un giorno correndo in soccorso di alcuni vicini cui stava bruciando la cascina, per compiere rapidamente un gesto di generosità e di coraggio, non controllò bene il terreno dove stava per mettere il piede. Cadde e si procurò una lesione alla spina dorsale. Rimase, prima paralizzata alle gambe, poi, in seguito, per un’altra caduta, diventò totalmente cieca.
Intanto il padre era stato chiamato alle armi, durante la prima guerra mondiale, a combattere sul fronte occidentale, contro i francesi.
Tornando le aveva portato dalla Francia l’immaginetta di una giovane carmelitana la cui storia iniziava a diffondersi in tutta Europa: una certa Teresa del Bambin Gesù, del monastero di Lisieux. Teresa Neumann iniziò a pregarla intensamente. Il 29 aprile 1923, il giorno in cui Papa Pio XI beatificava la piccola suora francese, Teresa Neumann, stesa nel suo letto, riacquistò di colpo la vista.
Due anni dopo, il 17 maggio 1925, mentre il Papa dichiarava santa la carmelitana di Lisieux, Teresa Neumann guariva dalla paralisi e riprendeva a camminare liberamente.
Poteva ricominciare, con grande gioia la sua vita di sana e robusta contadina, lodando e benedicendo Dio. Così, la sua vita, ancor più di prima divenne un sì incondizionato a Dio.
Crocifissa del secolo XX
Un anno dopo, nel 1926, durante la settimana santa, nella quale la Chiesa celebra la memoria della morte e Risurrezione di Gesù, la giovane contadina di 28 anni scopriva nelle sue membra, mani, piedi, costato e persino sul capo, i segni della Passione di Cristo: le stigmate dolorose e sanguinanti, terribile e prezioso documento della predilezione di Dio per certe anime che chiama ad essere, anche nella carne, simili al Figlio suo.
Teresa, ben lungi dal desiderare il fenomeno, neppure lo conosceva, ma per 26 anni lo porterà nel suo corpo, sino alla morte.
Da allora, dalla notte di ogni giovedì, entrava letteralmente nei racconti evangelici della Passione. Era come se vivesse in tempo reale quei momenti e accompagnasse Gesù sino alla morte nel primo pomeriggio del venerdì, sanguinando copiosamente dalle ferite e versando sangue anche dagli occhi. La Passione di Gesù riviveva nelle membra straziate di Teresa Neumann.
I suoi studi erano stati appena quelli elementari e conosceva solo il dialetto della sua regione e un po’ il tedesco. Eppure ripeteva ad alta voce i lunghi dialoghi che sentiva dentro di sé in aramaico, greco e latino. Diversi specialisti di queste lingue antiche sedevano al suo capezzale sempre più sbalorditi dall’esattezza dei suoi discorsi.
Alle 15 del venerdì cadeva in un sonno profondo da cui si risvegliava felice, con le ferite richiuse, il corpo fresco, rivivendo nella sua carne, il mattino della domenica, il momento della Risurrezione di Cristo.
Nel suo cuore di donna, conquistato totalmente dall’amore infinito e crocifiggente di Dio, diventava sempre più una realtà unica con Gesù; la configurazione a Cristo, a partire dalla propria volontà, è la santità vera. Teresa Neumann, al di là dei fenomeni straordinari che viveva, cercava questa santità: essere come Gesù, diventare Gesù, accanto a Maria che la sosteneva.
La mia carne è vero cibo
Sin da quando era guarita dalla cecità e dalla paralisi, Teresa sentiva sempre di meno il desiderio di nutrirsi. Da quando ebbe le stigmate, per 36 anni, fino alla sua morte, non mangiò né bevve alcunché: soltanto ogni mattina, alle sei, riceveva Gesù Eucaristia. Pochi grammi di pane per ogni giorno.
Molti, giustamente, la pensavano una simulatrice. Tutto fu tentato per smascherarla, ma sempre i medici, invitati per controllarla, arrivavano scettici e se ne partivano convertiti. La Diocesi di Ratisbona, cui Teresa apparteneva, organizzò una commissione severissima che, a turno, per settimane intere, non la perse di vista neppure un istante, né di giorno, né di notte, senza mai lasciarla sola.
Altre commissioni, diverse da quella ecclesiastica, interamente formate da persone non credenti giunsero alla medesima conclusione: Teresa Neumann si nutriva di sola Eucaristia, rifiutando sempre d’istinto, quando per provarla, le offrivano un’ostia non consacrata. Ella voleva Gesù solo, viveva per Lui e di Lui, realizzando alla lettera il discorso del Divin Maestro proclamato nella sinagoga di Cafarnao: «Chi mangia di me, vivrà per me» (Gv 6,57)Il suo parroco, constatato con sicurezza il fenomeno che durava da anni, affermò: «In Teresa si compì alla lettera la parola di Gesù: La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda; così come: Non di solo pane vive l’uomo. Quasi che il Cristo volesse mostrare che nutrirsi misticamente di Lui basta anche alla vita fisica».
Ed è proprio per questo fenomeno straordinario che il Reich di Hitler non diede, o meglio, ritirò a Teresa la tessera del vitto, benché già molto razionato, perché a lei bastava quell’Ostia che le portava ogni mattina il sacerdote. Così anche la burocrazia nazista rendeva testimonianza ad una meraviglia strabiliante. Era la meraviglia della follia della Croce che si realizzava in Teresa, ma quella follia l’aveva anche dotata di uno stupendo equilibrio psichico.
Al di fuori dei giorni della Passione e Risurrezione, Teresa Neumann conduceva una vita normalissima: lavorava in giardino e talvolta anche nei campi, si muoveva nei dintorni, riceveva, consolava, sosteneva i pellegrini che venivano a farle visita, rispondeva di persona ad innumerevoli lettere e qualcuno diceva che nella sua casa si operassero anche miracoli. Aveva l’aspetto florido e roseo della
serena, buona e felice casalinga della Baviera; non aveva pose da mistica, tutta semplicità, bontà e serenità, donna di una giocondità straordinaria, di chi sa di essere chiamata alla Vita senza confini!
Teresa e la sua famiglia erano decisamente antinazisti, ma Hitler non la molestò mai, perché temeva quella donna che, attraverso le sue visioni, gli annunciava il giorno dell’ira e la sua catastrofe finale. Hitler infatti era soggiogato da tutto ciò che non era spiegabile razionalmente.
Una piccola umile donna, segnata dalle piaghe del Cristo che faceva tremare Hitler e le sue famigerate SS.
Teresa si spense nel 1962, a 64 anni. Migliaia e migliaia di persone hanno sollecitato presso la Diocesi di Ratisbona l’inizio del processo di beatificazione. Non si contano più le grazie a lei attribuite, decine sono i miracoli che sarebbero stati fatti per sua intercessione da Dio.
Teresa Neumann è stata il segno vivo della presenza del Cristo vivo nella storia.
Poiché la fede è l’incontro con il Vivente, credibile, palpabile, operante, anche per mezzo dei Santi.

                                                                          
   Paolo Risso

Postato da: giacabi a 16:11 | link | commenti
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martedì, 13 novembre 2007
VITA DELLA BEATA
ALEXANDRINA MARIA DA COSTA

( 30 marzo 1904 – 13 ottobre 1955 )  

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Beatificazione celebrata a Roma - Domenica 25 aprile 2004
la cui esistenza terrena si svolge nella normalità più assoluta. Altri invece ricevono doni speciali, come visioni celesti, estasi, facoltà introspettive, intuizioni profetiche, doni di guarigione. E ce ne sono alcuni chiamati a una intensa imitazione di Gesù e ricevono il dono di assomigliargli anche nelle sofferenze fisiche. Allora sul loro corpo appaiono le stigmate, e con una certa frequenza, in particolari circostanze, come il Venerdì, la Quaresima, la Settimana Santa. Queste persone rivivono in forma mistica, ma con effetti fisici reali, le varie fasi della passione di Cristo, cioè la flagellazione, l’incoronazione di spine, la crocifissione. Si tratta di una fenomenologia che ha sempre suscitato perplessità. Però la canonizzazione di Padre Pio che, con le stigmate e altri carismi, è stato un esempio eclatante di questa fenomenologia, ha portato un nuovo modo di giudicarla e di valutare le persone in cui si manifesta.
Tra queste persone c’è una donna portoghese, morta nel 1955, quando aveva 51 anni, che gode fama di grande santità. Il suo nome è Alexandrina Maria da Costa e visse a Balasar, piccolo centro non molto lontano da Fatima. Da un punto di vista carismatico, la sua esistenza terrena ha molte assomiglianze con quella di Padre Pio. Alexandrina non aveva le stigmate visibili, ma per trent’anni rimase immobilizzata a letto, e quel letto fu per lei una autentica croce. Spesso riviveva la passione di Cristo, in una forma così impressionante da spaventare tremendamente chi vi assisteva. Aveva colloqui quotidiani con Gesù, con la Madonna e anche lei, come Padre Pio, veniva picchiata a sangue da Satana e dagli spiriti del Male.

Nata a Balasar il 30 marzo 1904, era figlia di una ragazza madre. Crebbe in grandi difficoltà economiche e, data la situazione, anche psicologiche. Ma aveva un carattere aperto, vivace, ottimista. Ebbe dalla madre una educazione religiosa seria e profonda. Frequentò la scuola solo per un anno e mezzo, senza dare alcun esame. A otto anni cominciò a lavorare sotto padrone. A 12 anni fu colpita da una gravissima malattia e rischiò di morire. A 14 era già una signorina, e la sua persona, fine e delicata, emanava un forte fascino. Si invaghì di lei un giovanotto che, insieme ad altri due amici, entrò con la forza nella sua casa per violentarla. Ma la ragazza, per salvare la propria purezza, si gettò dalla finestra, riportando gravi conseguenze alla colonna vertebrale. Per sette anni fu curata inutilmente e poi finì a letto, paralizzata.

All’inizio fece di tutto per guarire. Pregava chiedendo a Dio la grazia della salute, ma quando si rese conto che quella era la sua missione, cioè la sofferenza, accettò volentieri il calvario e lo visse con il sorriso sulle labbra fino alla morte.

La causa di beatificazione di Alexandrina, iniziata nel 1967, si è conclusa il 25 aprile 2004, con la proclamazione a “Beata” da parte del Papa Giovanni Paolo II.


Postulatore della Causa di beatificazione è stato il salesiano Padre Pasquale Liberatore

al quale abbiamo rivolte alcune domande

Padre Pasquale, qual è, secondo lei, la caratteristica più propria della spiritualità di Alexandrina?

“Mi piace che mi ponga questa domanda. E’ come voler andare subito al cuore di questa esistenza benedetta: Alexandrina è una “crocifissa”. A 21 anni si è messa a letto e ci è rimasta per 30 anni, ininterrottamente fino alla morte. Dall’ottobre 1938 al marzo 1942, e cioè per tre anni e mezzo visse, anche visibilmente, la Passione di Cristo. Il fenomeno, che si ripeté ogni settimana per 182 volte, durava dal giovedì al venerdì”.

Può descriverlo?

“Alexandrina entrava in uno stato di estasi e in quella condizione “riviveva” le varie fasi della Passione di Cristo, così come sono raccontate nei Vangeli. Le sue sofferenze fisiche si acuivano già il giorno prima, giovedì, e crescevano durante tutta la notte e il mattino seguente, raggiungendo il loro culmine nelle tre ore del venerdì, dalle 12 alle 15. Esistono diverse testimonianze scritte di persone che hanno assistito a quell’evento. Ci sono anche dei filmati e parecchie fotografie A mezzogiorno Alexandrina scendeva dal letto. Non si sa come facesse, perché vi giaceva immobilizzata dal 1925. Ma nel periodo in cui “riviveva” la passione essa si muoveva come se la paralisi non esistesse. Scesa dal letto, si prostrava sul pavimento, con le braccia stese lungo i fianchi e restava a lungo in quella posizione assorta in preghiera, come Gesù nell’orto del Getsemani. L'agonia nell'orto era lunga e penosa. Alexandrina emetteva gemiti profondi e la si sentiva singhiozzare. Seguivano, sempre in forma di “rappresentazione”, come in un film, tutte le altre fasi della “Passione di Gesù”: la cattura da parte dei soldati romani, il processo davanti a Pilato, la flagellazione, la coronazione di spine, il viaggio al Calvario e la crocifissione. Alexandrina soffriva realmente e in modo crudele. I presenti, sacerdoti, laici e anche medici, seguivano preoccupati. Alexandrina, pallida, terrea in volto, sudava e i suoi capelli si impastavano sulla testa. Al termine del fenomeno, il suo corpo era pieno di lividi, ecchimosi, ammaccature. I medici approfittavano per fare degli esperimenti. La pungevano con degli spilli, sotto le unghie, vicino agli occhi, e lei non sentiva niente.
Nella “rappresentazione” del viaggio al Calvario con la croce sulle spalle si verificavano sempre anche le tre cadute indicate dai Vangeli. Alexandrina restava a terra, come schiacciata dal peso della croce. Una volta un medico tentò di risollevarla e si accorse che era pesantissima. Chiese aiuto ai colleghi presenti, ma anche in due, in tre non riuscirono a sollevarla di un millimetro. Alexandrina era come incollata al pavimento. Finita l’estasi, diventava leggera: in quel periodo il peso del suo corpo era di appena 34 chili”. “Il fenomeno del “rivivere” la Passione di Cristo durò fino al 27 marzo 1942.
Poi iniziò l’altro grande fenomeno, quello del digiuno totale”.

Cioè?

“Per 13 anni e sette mesi Alexandrina non assunse nessun tipo di cibo o di bevanda. Si nutriva solo con l’Eucaristia che le veniva portata dal parroco tutte le mattine. Gesù le aveva detto: “Non ti alimenterai mai più sulla terra. Il tuo alimento è la mia carne: il tuo sangue, il mio sangue. Grande è il miracolo della tua vita”. Alexandrina sentiva in modo fortissimo gli stimoli della fame e della sete, ma se prendeva anche solo un goccia d’acqua veniva presa da dolorosi conati di vomito”.

Che cosa dicevano i medici del tempo?

“Il fenomeno incuriosiva tremendamente la scienza medica. Nessun medico credeva che potesse verificarsi un fatto del genere. Poiché i fedeli gridavano al miracolo, i medici, che in quel periodo erano quasi tutti atei dichiarati, volevano dimostrare che era tutto un imbroglio e riuscirono a convincere Alexandrina a sottoporsi a un controllo scientifico in ambiente ospedaliero. Alexandrina accettò ponendo però una condizione: poter ricevere tutte le mattine la Comunione. Nel giugno del 1943, l’ammalata venne condotta all’ospedale di Foce del Douro, vicino ad Oporto, e affidata alle cure del professor Gomes de Araujo, della Reale Accademia di Medicina di Madrid, specialista in malattie nervose e artritiche. Qui vi rimase per 40 giorni, isolata da tutti, sotto stretto controllo di collaboratori del celebre medico, che la sorvegliavano giorno e notte. Dovettero alla fine concludere che si trovavano di fronte a un fatto assolutamente inspiegabile”.

“Alle sofferenze della “passione” e del digiuno, si devono aggiungere le vessazioni diaboliche e le incomprensioni umane. Il demonio la disturbò in tutti i sensi, con tentazioni contro la fede e assalendo il suo corpo, gettandola dal letto e procurandole ferite. Né minore fu la sofferenza derivante dall’incomprensione umana. E non parlo solo di quella, scontata, di chi agiva per pregiudizio, ma anche di quella proveniente dagli uomini di Chiesa che, pur con retta intenzione, accrebbero la sua crocifissione. Insomma, fu una crocefissa per tutto il corso della sua esistenza”.

Tutte queste sofferenze avevano certamente uno scopo particolare, una missione specifica.

“La missione di Alexandrina è stata quella di scuotere il mondo sugli effetti del peccato, invitare alla conversione, offrire una testimonianza di vivissima partecipazione alla Passione di Cristo e quindi di contributo alla redenzione dell’umanità. “Voleva chiudere l’inferno” è il titolo di un libro di Don Pasquale Umberto, suo direttore spirituale. Quel titolo riassume la missione di Alexandrina. Durante un’estasi fu sentita dire: “O Gesù, chiudete le porte dell’inferno! Collocatemi come sbarra su quelle soglie affinché più nessuno si perda! Lasciatemi colà sino alla fine del mondo, fino a che vi sono peccatori da salvare”.

“Sulla sua tomba, Alexandrina ha voluto che fosse scritto: “Peccatori, se le ceneri del mio corpo possono essere utili per salvarvi, avvicinatevi, passatevi sopra, calpestatele fino a che spariscano. Ma non peccate più; non offendete più il nostro Gesù! Peccatori, vorrei dirvi tante cose! Per scriverle tutte non basterebbe questo grande cimitero. Convertitevi. Non offendete Gesù! Non vogliate perderlo per tutta l’eternità! Egli è tanto buono. Basta col peccato. Amate Gesù; amatelo!”. Una missione dunque da grande mediatrice: caricarsi dei peccati dell’umanità ed espiarli ai fini della salvezza”.

Pensa che una simile missione sia valida anche nel nostro tempo?
Quale interesse può suscitare nell’uomo di oggi?

“Quando la santità è autentica il messaggio che ne promana va oltre il tempo, è sempre attuale. Alexandrina scuote l’uomo di oggi per la sua carica profetica. Si impone l’analogia con Padre Pio, espressione viva anch’egli del Crocefisso. La sua recente Canonizzazione ha interessato milioni di persone. Chi direbbe che vite di questo genere (si tratta di due contemporanei) non abbiano presa sull’uomo di oggi? Chi conosce Alexandrina ne rimane affascinato. Ricevo lettere da tutto il mondo con richiesta di immagini e reliquie. Molti scrivono per segnalare grazie ottenute per intercessione di Alexandrina. La sua tomba (che si trova oggi nella Chiesa parrocchiale di Balasar) è meta di continui pellegrinaggi. Un flusso di circa 30 mila persone ogni mese”.

Renzo Allegri

 da :http://www.fuocovivo.org/beata%20alexandrina%20

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