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martedì 7 febbraio 2012

de wohl


 - Chi sei?- domandò l’imperatore.
- Sono Atanasio.
- Lo immaginavo. - Il pensiero passò come una freccia nella mente di Giuliano. - Incredibile, incredibile, ma lo sapevo… Che sfacciataggine!
Si avvicinò lentamente all’alta persona, che stava lì ritta, immobile, senza nemmeno un accenno d’inchino. Giuliano sapeva che gli occorreva guadagnare tempo, raccogliersi. Era il nemico, il peggiore, il più pericoloso fra tutti i suoi nemici, colui che impersonava i seguaci della dottrina galilea. Il concilio di Nicea non aveva, trent’anni prima, accettato la definizione che costui dava della dottrina del Galileo? Ma ciò accadeva trent’anni prima (cinque anni prima che Giuliano nascesse), ed ora egli, Giuliano, era imperatore, e quest’uomo era stato, per suo comando, esiliato dalla diocesi, scacciato… No, ciò non giovava a nulla: costui poteva esser vinto soltanto dalla verità. Nella mente di Giuliano le idee s’inseguivano febbrilmente.
Non deve sopraffarmi con la sua tattica di sorprese. Atanasio, a te devo molto, vero? Esiliato tre volte sotto tre imperatori, vuoi dunque vivere eterno, come dice il tuo nome? Aspetta, aspetta: hai voluto prendermi di sorpresa, ma io passerò all’attacco.
- Vieni in buon punto, Atanasio: la tua visita non avrebbe potuto trovare momento più opportuno. I tuoi galilei hanno appiccato il fuoco al tempio di Apollo e ai boschetti sacri di Dafne. Sei forse venuto a scusarti in loro nome? O quei birbanti hanno agito per tua istigazione?
Atanasio taceva; ma a Giuliano sembrò che sulle sue labbra aleggiasse l’ombra d’un sorriso sprezzante.
- Devi ammettere - continuò l’imperatore irritato - che dove tu appari scoppia l’uragano. L’ultimo, in Egitto, è stato troppo anche per la mia clemenza, sicché ho dovuto mandarti di nuovo in esilio. E le conseguenze? Mi si comunica che, in grave dispregio ai miei ordini, sei rimasto in Egitto. Come prima, ai tempi dell’imperatore Costanzo, giri di qua e di là e capiti inaspettato nei luoghi più diversi, e ora hai l’ardire di comparirmi dinanzi. Che cosa m’impedirebbe di farti arrestare immediatamente?
- La tua coscienza.
Giuliano rimase stupito. Si era aspettato una lunga risposta: spiegazioni, accuse, ripieghi, e invece quelle tre parole! Si riprese.
- Dovrei sentirmi lusingato dal fatto che tu mi concedi ancora di avere una coscienza. A leggere le prediche del vescovo Gregorio di Nazianzo, mio antico compagno di studi ad Atene, dubito di averla mai avuta. Secondo lui, non sono nemmeno un uomo, ma un demonio, o almeno un posseduto dai demoni.
Ancora quella leggera, fine ombra di sorriso sprezzante, ma nessuna risposta.
Giuliano diventò rosso come un papavero. - Parla una buona volta, prete! A che scopo sei venuto qua?
- Per la tua anima.
L’imperatore gettò indietro la testa, ridendo. - La mia anima è in ottimo stato, prete. Io non sono una tua pecorella.
- La tua anima, al pari della mia, appartiene a Dio. Tu sei battezzato, quindi sei cristiano.
- Io cristiano? Sei pazzo!
- Sei cristiano, anche se ti ribelli.
Giuliano scosse le spalle con disprezzo: - La ripetizione è una cattiva dialettica, prete.
- Non m’intendo di dialettica, - rispose Atanasio - ma conosco la verità, perché conosco Cristo… Cristo, che è il tuo signore in cielo, quantunque tu lo abbia tradito, Come hai tradito l’imperatore, tuo signore sulla terra.
Giuliano, pallido come un morto, rispose: - Devi essere ben stanco della vita per parlare con me in questo modo.
- È la verità. - ribatté Atanasio, con semplicità. - In tutta la mia vita ho sempre detto la verità, ai mendichi come agli imperatori.
- Tutti e due, Costantino e Costanzo, sono stati rappresentanti della tua fede… più o meno - schernì Giuliano. - Se ben ricordo, vi sono state certe sottili divergenze. Ma io non sono della tua fede, io la disprezzo. Ho la fede mia e ne sono il sommo sacerdote.
- Sei sommo sacerdote e comunità dei fedeli in una persona sola - rispose Atanasio. - Sogni un inesistente regno spirituale di tuo gusto, un semplice fantasma della tua immaginazione, nato dalla mezza conoscenza della mistica di Efeso. Quanti credi che parteciperanno della tua così detta fede?
- Tutto il mondo vi parteciperà! - esclamò Giuliano.
- Neanche un’anima, - ribatté Atanasio con calma - anche se c’è un paio di cortigiani che ti scimmiottano per adularti e per i loro fini… E perché ciò? Perché le cose di cui sogni oltrepassano i limiti dello spirito umano, non costruiscono il ponte di congiunzione con l’anima nostra. Mai potranno colmare un cuore umano, mai senza la fede in Cristo. La tua religione è una casa senza fondamenta. Ti domando: quale ne è lo spirito, lo spirito nuovo, che crea una nuova umanità? Cristo ci ha porto il dono eterno del suo amore. È morto per noi, e ancor oggi, dopo trecento anni, noi siamo pronti a morire per lui. E così sarà fra altri trecento anni e trecento ancora, così sarà fino al giorno del Giudizio. Ora, in questo momento, mentre stiamo parlando, vi sono uomini che muoiono per Cristo, uomini della cui vita tu sei responsabile. Molti ne hai uccisi e ancor più, forse, ne ucciderai. Ma non conquisterai una sola anima, non farai che perdere la tua. Non siamo noi in pericolo, ma tu. Perciò sono venuto da te.
Giuliano incrociò le braccia. - Non conosci bene la tua situazione, Atanasio. Io assumo la piena responsabilità delle mie azioni. Hai osato parlare della mia insubordinazione di fronte a Costanzo, che, dici, fu un tempo mio signore sulla terra. Ma non sei stato tu pure disobbediente nei miei confronti? Io ti avevo comandato di andar via dall’Egitto, eppure ci sei rimasto.
- Tu non sei il mio signore - rispose breve Atanasio. - Tu non lo sarai mai: sei salito al trono mercé uno spergiuro.
- Prete!
- Sai che questa è la verità! E perché hai infranto il tuo giuramento? Perché temevi per la tua vita, perché i tuoi soldati rivoltosi ti minacciavano? Potrebbe darsi, ma non lo credo. Tu non sei vile… in queste cose.
- Che intendi dire?
- Probabilmente i tuoi moventi erano di natura diversa, peggiore. Hai mentito a te stesso, immaginando che i tuoi dei ti avessero eletto, che tu fossi il loro beniamino, il loro strumento. Ti sei veramente preoccupato della loro grandezza? Avevano bisogno di te per la loro grandezza? Le potenti divinità dell’Olimpo avevano davvero bisogno di quel granello di sabbia che si chiama Giuliano? Non eri tu piuttosto ad aver bisogno di loro per alzarti sullo scudo, per darti ai tuoi occhi il diritto alla ribellione? Forse hai sentito voci, pensieri, sogni…
- Taci! - mormorò Giuliano. - Taci, tu…
- È possibile che tu non abbia mai guardato entro di te, che non abbia mai fatto un esame di coscienza? È stata la vera essenza del tuo io a farti agire? O non sei caduto in potere del demone dell’ambizione? Dimmi: hai salvato i tuoi dei per amor loro… o per amor tuo?
Silenzio. Poi: - Ti odio, - proruppe Giuliano digrignando i denti - ti odio, te e il tuo Cristo e tutti coloro che lo sostengono. Massa di ipocriti miserabili!
- “Amore” sta scritto sulla vostra bandiera, e per amore commettete i delitti più obbrobriosi! Le vostre sette non si sono forse combattute fra loro come tribù selvagge? Non ricomincerebbero, se io non lo impedissi col rigore della legge?
Sul volto dell’arcivescovo si dipinse un profondo dolore: - Aggredisci perché non puoi difenderti! Sì, è stato sparso sangue e ancora ne scorrerà, forse per molti e molti secoli. Il male dell’umanità è radicato troppo profondamente per venire estirpato in poco tempo. Le passioni selvagge possono convertire l’amore in odio, temporaneamente. Noi poveri pazzi abbiamo ancora da studiare a lungo; le parole di Cristo, pur tanto chiare, sono ancora da molti interpretate falsamente Non intendi che dobbiamo combattere il male entro la Chiesa ancor più energicamente che fuori di essa?C’è molta gente cattiva nelle nostre file, anche cattivi sacerdoti, e ce ne saranno ancor più. Ma la stessa base, la Chiesa, non è toccata. Foglie e rami possono cadere dall’albero o venire recisi, ma l’albero resiste. Così poco ti hanno insegnato nel convento di Macellum da non sapere nemmeno che la Chiesa è il corpo mistico di Gesù? Allorché le mani di soldati ignoranti cacciarono chiodi attraverso le sue adorate mani e i suoi piedi gli trapassarono le carni e sparsero il suo sangue, il suo corpo non rimase forse il suo corpo? Come lui, così anche noi vivremo; egli lo ha promesso e nulla, più della sua parola è certo in cielo e in terra. Terribile è la follia degli uomini; essi impiegano le proprie virtù, il proprio spirito per la propria distruzione. In verità, in verità ti dico: verrà tempo in cui gli uomini cadranno in ginocchio dinanzi alla loro stessa follia e grideranno che il cristianesimo è stato un errore; nemmeno allora comprenderanno che sono essi che hanno errato verso Cristo! Migliaia di falsi profeti cercheranno di traviarli; Cristo stesso ce ne ha avvisato. Non c’è che una sola verità e una sola salvezza. Fra tutta quell’ondata di miseria e di delusione noi staremo saldi come roccia. Nemmeno fra millenni ci potranno vincere, benché non mancheranno i tentativi. Le porte dell’inferno non prevarranno. Ad onta di tutte le nostre debolezze, abbiamo dalla nostra l’amore, l’amore di Dio che ascolta chiunque lo invochi. Tempo verrà in cui il sacrificio della Messa sarà celebrato su tutta la terra e in tutti i momenti, perché Cristo sarà con noi, in carne e sangue, di mattina, a mezzogiorno e di notte. Allora soltanto potrà esser pace, di dentro e di fuori.
Giuliano aveva l’impressione che l’aria si appesantisse, come nei sogni, quando un peso opprimente ci schiaccia le membra, e tuttavia si deve correre, correre per salvare la vita.
Si riprese con enorme sforzo: - Purtroppo non ho tempo di aspettare il tuo regno millenario, sono responsabile di fronte agli dei per il tempo del mio dominio, e ho poca pazienza verso una religione d’amore i cui seguaci si odiano. Dovresti leggere ciò che ho scritto contro la religione cristiana e i suoi fedeli; ho dato prove che non lasciano sussistere alcun dubbio. Ma dimenticavo che sei un uomo dalla fede cieca e che per te la dimostrazione logica significa ben poco, per non dir niente. Ebbene, vedrai come convinco di menzogna il tuo Galileo. Non ha forse detto che il tempio degli ebrei sarà distrutto in modo che non resterà pietra su pietra? Non sapeva che io, Giuliano, lo farò ripristinare com’era… a suo dispetto.
Atanasio scosse il capo: - Non vi riuscirai. Che cos’è il miserabile odio di un transfuga a paragone dell’amore di Dio? Ed è realmente odio? Non hai mai cercato di nascondere a te stesso di non aver mai rinunciato interamente alla fede della tua infanzia? Non sei fuggito in realtà dall’amore di Cristo?
- Che osi dire? - gridò Giuliano, fuori di sé.
- Il tuo odio non è che una fuga - ripeté Atanasio.

dal Romanzo "Così Tramontò il sole di De Wohl"
GRAZIE A :
Utente: todikaion Armando

Postato da: giacabi a 21:46 | link | commenti
chiesa, de wohl

sabato, 04 giugno 2011
Louis de Wohl, il gigante dimenticato
***
Louis de Wohl
di Antonio Giuliano
02-06-2011


Sembra incredibile, ma oggi viene ricordato soltanto come discusso astrologo reclutato dall’esercito britannico per combattere Hitler. Eppure Louis de Wohl è entrato a tutti gli effetti nel firmamento degli scrittori più ispirati. Basta leggere L’ultimo crociato, La liberazione del gigante o L’albero della vita per capire perché sia diventato un narratore cattolico di culto: i suoi romanzi sono stati tradotti in dodici lingue e diffusi in oltre un milione di copie. E tuttavia si fa tanta fatica a reperire notizie sul conto di questo autore nato a Berlino nel 1903 e morto esattamente il 2 giugno di cinquant’anni fa.

Una ricorrenza che sembra destinata a passare inosservata nel panorama culturale al punto che è lecito chiedersi se non sia frutto di un deliberato ostracismo. Scarne sono le notizie biografiche e avvolte anche nella leggenda. Complice lo stesso de Wohl che non mancava certo di estro nel fronteggiare le situazioni più imprevedibili. Sappiamo che era nato in una famiglia povera, cattolica, da padre ebreo-ungherese e madre austriaca, e che nel 1935 fu costretto a fuggire dalla Germania nazista per trovar riparo in Inghilterra. Qui, ostentando le sue competenze astronomiche (aveva scritto anche dei libri), riuscì a farsi assumere dai responsabili dell’Intelligence britannica (MI5). Il sistema di spionaggio inglese era convinto che Hitler seguisse i consigli di un astrologo prima di intraprendere le sue battaglie.

Louis de Wohl cambiando anche nome (all’anagrafe si chiamava Ludwig von Wohl), si palesò come l’uomo in grado di interpretare i momenti in cui gli astri erano più sfavorevoli al Führer così da attaccare nelle fasi in cui Hitler si sentiva più sfiduciato dalle stelle. L’intelligence creò per lui un Dipartimento di Guerra psicologica assegnandogli anche una suite in una delle zone più eleganti di Londra e lui diventò persino capitano dell’esercito. Nel 1941 Churchill (che pure non credeva nell’astrologia) lo mandò addirittura negli Stati Uniti per convincerli a suon di oroscopi che Hitler sarebbe stato sconfitto in pochi mesi se fossero entrati in guerra.

Il nome di de Wohl è ricomparso curiosamente dagli archivi nazionali inglesi di MI5 nel 2008. Son venute fuori testimonianze discordi sul suo operato. Da alcuni fu lodato come uomo «straordinariamente intelligente e astuto» e come «propagandista brillante». Secondo il Maggiore Lennon «fece di più lui per la causa alleata che un gran numero di fratelli stranieri». Ma ci fu chi denunciò l’inattendibilità dei suoi pronostici e l’inutilità del suo ruolo, oltre a imputargli una buona dose di vanità e di comportamenti licenziosi. Ci fu persino chi l’accusava di essere uomo abile nei travestimenti, uno che al suo arrivo in Inghilterra si era presentato all’occorrenza come nobile ungherese, nipote di direttore d’orchestra austriaco, nipote di un magnate bancario britannico e addirittura parente del sindaco di Londra. Tacciato di essere «ciarlatano e impostore», de Wohl avrebbe rischiato anche l’internamento. Al termine della guerra lasciò comunque l’Inghilterra. Dopo aver sposato nel 1953 Ruth Maddalena Lorch (entrambi entrarono a far parte dell’Ordine del Santo Sepolcro) ripiegò a Lucerna, in Svizzera, dove morì nel 1961.

Una vita che sembra uscita dalla fantasia di un regista. In realtà lui stesso confidò che non fu affatto facile ripartire dalla Gran Bretagna. In Germania si era già fatto notare come scrittore di romanzetti, gialli e storie di avventura. E molte delle sue trame erano approdate anche al cinema. Del resto già a 7 anni gli insegnanti lodavano la sua penna brillante. E all’età di 8 anni, firmò la sua prima commedia, Gesù di Nazaret, perché non gli piaceva come Gesù era stato descritto da alcuni libri che aveva letto. Oltre Manica fu costretto a ripartire da zero e per imparare presto lingua e costumi lesse avidamente di tutto, pure i libri di filastrocche per bambini. Sotto le bombe che piovevano su Londra cominciò a maturare anche una profonda conversione.

Cattolico per tradizione familiare, ma imborghesito dal successo, riscoprì la sua vocazione e la sua fede proprio in un momento cruciale: «Se muoio stanotte – pensava – che cosa avrò fatto dei talenti che Dio mi ha dato?». E provando a fare un bilancio ragionò tra sé: «In fondo ho già scritto diversi libri di successo, ma erano tutte pubblicazioni che la gente leggeva sui treni o quando erano troppo stanchi per leggere qualcosa di veramente buono. Per questo erano state scritte e non per la gloria di Dio». Lo scossone decisivo glielo diede il cardinale di Milano Ildefonso Schuster che gli disse: «Fa’ in modo che i tuoi scritti siano buoni. Sarà per i tuoi scritti che un giorno verrai giudicato». Si appassionò allora alle storie dei santi ma rimase deluso per il fatto che fossero scritte tutte da persone devote. Le trovò per nulla adatte a chi non era credente o tiepido nella fede. Eppure quegli uomini che avevano raggiunto la santità non erano dei fanatici ormai fuori dalla storia. Al contrario, coloro che avevano abbracciato Cristo erano dei coraggiosi capaci di affascinare l’uomo di ogni tempo.

Bisognava raccontarne le gesta non in modo bigotto, ma cercando di entrare nel loro animo, per rendere appieno tutta la loro natura di uomini. Fu così che nacquero i suoi romanzi storici più famosi in cui gli eroi non sono santini, magari un po’ depressi come spesso l’iconografia tende a dipingerli. Ma gente in carne e ossa che ti conquista per l’ardore con il quale trovò la felicità nel Vangelo. Dal primo romanzo The Spear (su Longino, il soldato romano che trafisse il costato di Cristo), Louis de Wohl inanellò una serie di capolavori avvincenti in cui emerge la sua verve di coinvolgente cantastorie.

Diversi libri sono stati tradotti con successo in Italia grazie alla Bur: L’albero della vita (su sant’Elena madre dell’imperatore Costantino) La liberazione del gigante (su Tommaso d’Aquino), L’ultimo crociato (su Giovanni d’Austria, giovane comandante delle truppe cristiane che sconfissero i musulmani a Lepanto), La mia natura è il fuoco (sul carisma “incendiario” di Caterina da Siena), fino all’ultimo pubblicato, Attila – La tempesta dall’Oriente (su come Papa Leone I convinse il re degli Unni a risparmiare Roma). Ma mancano in italiano ancora altre opere su Francesco d'Assisi, Giovanna d’Arco, Benedetto da Norcia…

La morte lo colse quando aveva appena terminato Founded on a Rock, una poderosa storia della Chiesa cattolica “fondata sulla roccia”. Lo spunto gliel’aveva dato addirittura papa Pio XII che ricevendolo in udienza lo esortò a «scrivere la storia e la missione della Chiesa nel mondo». Puntò insomma molto in alto, troppo per la critica letteraria. Ed è rimasto l’astrologo. Ma scrisse mirando un cielo più grande.

Postato da: giacabi a 16:45 | link | commenti (2)
de wohl

sabato, 25 ottobre 2008
Dio Padre
***
 Juan si accorse di essere capace di pensare a cose, cui prima non aveva pensato. Anteo, il titano della leggenda greca, era invincibile, finché col suo corpo fosse stato in contatto con quello della madre. Il cristiano era invincibile, finché fosse stato unito a Cristo, il Verbo fatto Carne, il Dio fatto Uomo, e del cui Corpo vivente poteva partecipare nell’Ostia.
  Come spesso i pagani avevano avuto i primi barlumi, le prime idee geniali sulle cose future!
Il maomettano, però, cercava di tagliare il ponte fra Dio e l’uomo. Cristo, non più uomo-Dio, diventava un semplice profeta di second’ordine, che doveva inginocchiarsi di fronte a Maometto. E anche Maometto era soltanto un profeta. Una volta di più il legame fra Dio e il genere umano veniva spezzato con violenza; la più compatta e amorosa unione infranta.
Ancora una volta Dio sarebbe divenuto lontano, non più il Padre dell’uomo, ma soltanto il Re, il terribile, tremendo Signore dei tempi antichi. L’Islam segnava un regresso, e, in quanto cercava di annullare il supremo sacrificio di Cristo, una delle peggiori degenerazioni.
L’importante era questo e questo solo; innalzare e propagare un Regno sulla terra, dove Dio non regnasse solo come Re, ma anche come Padre; dove all’uomo fosse concesso di partecipare alla divinità di Lui, che non aveva disdegnato di assumere l’umanità dell’uomo. Questo voleva Cristo, quando disse: .
Che l’uomo si chiamasse Principe o Eccellenza o non avesse affatto un nome, non aveva importanza. Come mangiasse o bevesse o vestisse, se fosse seduto su un trono o sul più basso sgabello, non aveva importanza. Anche se avesse o no trovato la felicità tra le braccia di una moglie, poco contava al confronto del più grande di tutti i problemi. Poiché l’uomo apparteneva non a se stesso, ma a Dio.
  Per questo i cavalieri delle passate età lasciavano le loro mogli e i loro castelli per amore della Croce. Deus lo vult.”
Louis De Wohl- L’ultimo crociato (pag.253)


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