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martedì 7 febbraio 2012

Don Benzi

Don Oreste,
piccola antologia scelta***
 
 
Don Oreste Benzi ha parlato soprattutto con le sue opere. Ma queste nascevano da un giudizio sulla realtà che il sacerdote ha più volte espresso con i suoi scritti. Proponiamo una breve antologia perché la sua testimonianza e le sue parole continuino a ferire il cuore di chi cerca la verità. Per molti sarà la sorpresa di scoprire un don Benzi mai conosciuto.


Chi seguo
I membri della comunità non seguono la virtù della povertà, ma Cristo povero, cioè totalmente figlio del Padre, tanto da non riporre la fiducia nelle cose o in se stessi. Inoltre noi seguiamo Cristo servo che non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte di croce. E seguiamo Cristo sofferente che espia su di sé il peccato del mondo e condivide la vita degli uomini a partire dagli ultimi.

Il disegno
Tutta la nostra azione è fondata sulla precarietà ed è un modo di fare in contrasto con la mentalità del mondo. Ci accusano di essere degli sciagurati, a me rimproverano di non tenere i piedi per terra. Ma quale terra, rispondo io, quella di Dio o quella degli uomini? Seguendo Cristo servo e Cristo povero noi capiamo che solo il Signore ha il progetto di crescita della Chiesa. A noi è concesso di fare piccoli passi e solo dopo molto tempo comprendiamo il disegno verso il quale quei passi erano ordinati. Nel 1958 ero negli Stati Uniti e il vescovo della diocesi di Hartford, dove ero andato per raccogliere fondi, mi impedì di fare la colletta. Sembrava che tutto andasse a rovescio. Nella meditazione dicevo al Signore: sono venuto per Te, perché va tutto a rovescio? Mi è venuta in mente la facciata di San Petronio a Bologna, coi suoi mattoni ad angolo. Ho pensato: i muratori avranno ritenuto pazzo l’architetto che li costringeva a posare i mattoni in quel modo. Ma loro non potevano capire perché mancavamo del disegno generale, che unicamente l’architetto possedeva. Solo alla fine hanno capito l’armonia del progetto.

Io peccatore
Rimango sempre sbalordito dall’amore di chi, nelle case famiglia, deve alzarsi anche tre o quattro volte per notte per muovere nel letto il ragazzo miodistrofico, o portano nel bagno e puliscono, sempre con il sorriso sulle labbra, persone che non sono autonome. Rimango impressionato dall’amore di chi lascia un buon lavoro e va in pensione prima del tempo per potersi dedicare ai nomadi. E anche da chi va tutte le sere in stazione per offrire un letto chi non ce l’ha e, nonostante sia stato pestato proprio da coloro che voleva aiutare, continua ad andarci sempre.
Quando penso ai miei fratelli della comunità dai quali prendo lezioni di vita così forti, dico sempre al Signore “Allontanati da me perché sono un peccatore”.

La preghiera

Ripeto sempre ai membri della comunità che per stare in piedi bisogna stare in ginocchio e che sa stare con il povero chi sta tutto con il Signore. Chi non prega non solo non capisce, ma nemmeno capisce di non capire.

Il senso religioso
Un ragazzo è salvo solo se incontra Qualcuno e in questa relazione sviluppa la pienezza di sé, scopre di avere un senso nel mondo, acquisisce un futuro.
Si afferma che l’uomo è un essere razionale. Io dico che non sempre è vero, tante volte l’uomo è un essere irrazionale. L’uomo è un essere religioso, questo invece è sicuro. L’uomo è rapporto con l’Altro e nessun rapporto particolare può essere sopportato se l’uomo prima non trova il rapporto grazie al quale acquista senso ogni altra relazione.

L’epoca gramsciana
Gramsci notò che in Italia la Chiesa era forte sul piano culturale, quindi individuò il primo obiettivo nella distruzione della cultura cattolica. Non occorreva combatterla direttamente, era più opportuno togliere alla Chiesa l’opportunità di fare cultura. In questa prospettiva alla Chiesa viene lasciato l’esercizio della carità, intesa in senso peggiorativo e limitativo. Lo Stato lascia che i preti facciano l’elemosina, riservando a sé il potere di fare cultura. I passaggi per arrivarci sono: l’attività cattolica deve rientrare nel sistema dei servizi pubblici; lo Stato deve potere somministrare metadone ed eroina, in modo da svuotare e spegnere le comunità di recupero che hanno come punto di riferimento la visione cristiana dell’esistenza; alla scuola cattolica non viene concessa una parità autentica ma solo di facciata. Quest’azione è accompagnata da un’opera da “gas soporifero”, in modo che la Chiesa sia neutralizzata e non riesca più ad avvicinarsi al mondo dei giovani. Siamo cioè arrivati agli obiettivi indicati da Gramsci, uno dei comunisti più acuti e intelligenti che la storia registri.

La Chiesa
Lo scopo è che la Chiesa diventi prossima ad ogni persona attraverso comunità missionarie che, salvate da Cristo, diventano contagiose per gli altri, riescono a far innamorare di Cristo. In gran parte oggi il cammino pastorale viene indicato dall’alto. I preti e i laici sono la cinghia di trasmissione e tutti insieme si dovrebbe camminare sulla linea tracciata, che però molte volte non risponde alla vita reale. Prima di fare le strade è bene guardare dove passa la gente, altrimenti le strade nuove rimarranno deserte e i sentieri percorsi saranno lasciati senza cura. Il metodo dovrebbe essere esattamente il rovescio: promuovere la comunione, ringraziare e accogliere le comunità suscitate dallo Spirito, fare in modo che questa vita si dilati, si sviluppi e arrivi a rendere responsabili tutti i cristiani
.

La politica

I cattolici devono impegnarsi al massimo in politica, devono costruire la città terrena, però la devono costruire con il coraggio della verità di cui sono portatori. Capisco che i programmi di governo debbano essere mediati con forze politiche che non sono cristiane. È però importante che il politico cristiano non abbia dentro di sé compromessi o secondi fini e che, oltre alla purezza delle intenzioni, compia i fatti; sono gli atti concreti che modificano la vita e la storia. Il politico cristiano non deve essere prigioniero di altri criteri che non siano quelli della fede e del Corpo mistico di Cristo. Se i cattolici sono impegnati in diversi partiti, devono però ritrovarsi uniti intorno ai valori della loro concezione di vita. Ma l’impegno deve essere a tradurre nei fatti questi valori, a trasformarli in legge. A questo proposito sono un po’ pessimista. Mi sembra che spesso i cattolici obbediscano più alle logiche del partito in cui militano e si dimentichino dei valori che dovrebbero promuovere.

I santi della carità
Questa società non ha obiezioni contro i santi della carità, in fondo la aiutano a coprire le sue contraddizioni. (…) Voglio dire che
la carità del singolo non basta: solo un popolo che vive la giustizia può cambiare la storia.

Postato da: giacabi a 22:33 | link | commenti
santi, gramsci, don benzi

sabato, 03 novembre 2007
Grazie Don Benzi!

Un mendicante d'anime sui viali della riviera romagnola

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L'editoriale (03 novembre 2007)

di Marina Corradi
«Se chiama qualcuno dalla strada e vuole venirne via, dare subito il numero di cellulare di don Oreste». La scritta in caratteri grossi, neri, dietro la scrivania in una stanza di via Grotta Rossa a Rimini, era imperiosa. L’ordine della casa, cui nessuno poteva contravvenire. Nel caso di un barlume di ripensamento, magari nello sfinimento di un’alba livida su un viale di periferia, don Benzi – 58 anni di sacerdozio – sapeva che bisognava esserci, subito: prima che la rassegnazione seppellisse il principio di una sparuta speranza.
Il vecchio prete morto nel suo letto, nel sonno, tra la notte dei Santi e quella dei Morti, aveva sotto la tonaca lisa qualcosa di una statura epica. A seguirlo nel fondo delle notti riminesi, nei giri in cui raccattava prostitute e drogati per convincerli a cambiare vita, si aveva inizialmente l’impressione di uno straordinario don Chisciotte. Le ragazze dei viali guardavano come un folle gentile quel prete coi capelli bianchi che prometteva una vita diversa. Pareva, ad accompagnarlo in quelle bolge notturne, surreale il dialogo fra un sacerdote ottantenne e rumene o nigeriane diciottenni. Credevi che quelle ragazze sarebbero scoppiate a ridere. Invece no: lo ascoltavano, infastidite prima, poi meravigliate. Guarda, diceva il vecchio nella luce rossastra dei falò, che tu non sei nata per vivere così, guarda che puoi ricominciare tutto da capo. E sotto il trucco pesante, da marciapiede, due occhi lo guardavano, stupiti, dopo tanto tempo, nel sentirsi guardare come qualcosa di prezioso.
Cinquecento donne hanno cambiato vita incontrando una notte quel prete. Un cacciatore d’anime sui viali della riviera romagnola; o, più che cacciatore, un mendicante. Gentile, ostinato, allungava tenacemente la mano. Non si arrendeva mai.
Un combattente, anche. Uno che si alzava alle 5 del mattino e diceva le Lodi e il rosario in macchina, in viaggio verso uno dei 33 centri della Comunità Giovanni XXIII. Tuttavia, il mare di cose che riusciva a fare, a stargli accanto solo per qualche ora, pareva quasi un secondo lavoro rispetto al vero centro delle sue giornate: la preghiera, ora esplicita, ora interiore. Baricentro costante e silenzioso. Era strano vedere un sacerdote in tonaca nera fra la folla vociante e sguaiata delle notti di Rimini. E arrancandogli accanto – a 80 anni, alle due di notte don Oreste non era stanco – domandavi se non si sentiva a disagio, in quel caos. «A disagio? Qui sto benissimo. Faccio contemplazione. Cerco Cristo nella faccia di tutti quelli che incontro».
È stata la profezia di don Benzi: per trovare Dio non occorre chiamarsi fuori dal mondo, o frequentare buone compagnie. In mezzo agli uomini invece, nelle loro notti avide o smarrite, a riconoscere cosa c’è davvero dietro quell’ansia di vivere – che cosa attendono e non trovano, nell’ebbrezza del buio e dell’estate, in fondo a nessun gioco o bicchiere. In mezzo agli uomini, tra di loro e anzi tra quelli che crediamo peggiori. A testa alta, sicuro – eppure sempre con quella mano aperta e tesa.
Ci resterà, di don Benzi, il ricordo di un colloquio nel suo studio con una giovane prostituta africana appena sfuggita ai suoi protettori. Guardavamo in basso, e così abbiamo notato i piedi. Quelli della ragazza, neri, agili come di una gazzella inseguita, e irrequieti di paura. Quelli di don Oreste, le scarpe grosse con le suole consunte da prete di marciapiede. Immobili, piazzati a terra come colonne. Come di chi ha radici di una fede profonda, e non oscilla, e non ha paura di nessuno.
***
 Il commento al brano biblico di Giobbe (19,1.23-27) scritto da don Benzi per venerdì 2 novembre, Commemorazione di tutti i fedeli defunti, e giorno in cui lui è tornato al Padre

Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà: è morto. In realtà è una bugia.
Sono morto per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste perché appena chiudo gli occhi a questa terra mi apro all'infinito di Dio.
Noi lo vedremo, come ci dice Paolo, faccia a faccia, così come Egli è (1Cor 13,12). E si attuerà quella parola che la Sapienza dice al capitolo 3: Dio ha creato l'uomo immortale, per l'immortalità, secondo la sua natura l'ha creato.
Dentro di noi, quindi, c'è già l'immortalità, per cui la morte non è altro che lo sbocciare per sempre della mia identità, del mio essere con Dio. La morte è il momento dell'abbraccio col Padre, atteso intensamente nel cuore di ogni uomo, nel cuore di ogni creatura.
(da Pane Quotidiano novembre-dicembre 2007)


Postato da: giacabi a 15:04 | link | commenti
santi, testimonianza, don benzi

 GRAZIE DON BENZI !
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n. 260 del 2007-11-03
 È morto Don Benzi il prete di strada che aiutava i disperati
di Andrea Tornielli
Stroncato a 82 anni da un infarto, ha speso una vita dalla parte dei giovani, gli emarginati e le prostitute. La testimonianza di Alina, 23 anni: "Don Oreste mi ha strappato dalla schiavitù"
da Milano
Le ultime parole le aveva preparate per la liturgia di ieri, per commemorazione dei defunti: «La morte non esiste, perché appena chiudo gli occhi a questa terra, mi apro all’infinito di Dio». Don Oreste Benzi, il prete fondatore dell’Associazione Comunità Giovanni XXIII che ha speso la sua vita per aiutare poveri, abbandonati, bambini senza famiglia e disadattati, prostitute schiavizzate, non poteva immaginare, mentre vergava quelle parole, che il momento di chiudere per sempre gli occhi in questo mondo sarebbe arrivato così presto.
Il sacerdote si è spento l’altra notte presso la parrocchia della Resurrezione di Rimini dove abitava, stroncato da un infarto. Due sere prima era a parlare ai giovani all’entrata di una discoteca di Cattolica, mentre poche ore prima di morire aveva espresso il suo dolore per la morte di Giovanna Reggiani, la donna assalita e massacrata da un giovane romeno a Roma. Ma aveva anche ricordato le parole dei funzionari della polizia di Bucarest: «Noi collaboriamo con loro per far rimpatriare le ragazze che salviamo dalla strada. E ci dicono: “Siete voi italiani che foraggiate e mantenete i criminali romeni, sfruttando 30mila ragazze del nostro Paese che vengono portate sui vostri marciapiedi ancora bambine!”».
Mancherà soprattutto a loro, alle ragazze salvate dalla prostituzione, ai bambini senza famiglia che grazie a lui e alla sua associazione sono tornati a sorridere. Nato il 7 settembre 1925 a San Clemente, un piccolo paese dell’entroterra romagnolo, settimo di nove figli in una famiglia di operai, Oreste era entrato in seminario all’età di dodici anni grazie al lavoro straordinario che la madre si era sobbarcata per mantenerlo. Ordinato prete nel 1949, l’anno successivo è chiamato nel seminario di Rimini come insegnante e quindi diventa vice-assistente della Gioventù Cattolica. Inizia allora a maturare in lui la convinzione dell’importanza di aiutare gli adolescenti e di realizzare attività che favoriscano «un incontro simpatico con Cristo».
Don Benzi fa per molti anni il professore nelle scuole pubbliche di Rimini e nel ’68 fonda l’associazione Giovanni XXIII. Si batte per trovare una famiglia ai bambini gravemente handicappati che vengono abbandonati, poi si concentra sui tossicodipendenti, apre case di accoglienza nella sua parrocchia di Grottarossa, una frazione del comune di Rimini. È un prete tutto d’un pezzo, che non si toglie mai la tonaca e il colletto romano di plastica. In tonaca don Oreste va per le strade di notte, accompagnato dai suoi volontari, per cercare di convincere le prostitute a cambiare vita, offrendo loro un rifugio e una possibilità concreta di riscatto. Quella tonaca diventa sempre più lisa e rattoppata. Con addosso quell’abito nel 2003 Benzi ha accompagnato al cospetto di un commosso Papa Wojtyla un’ex prostituta nigeriana ammalata di Aids.
Un’altra delle sue battaglie e quella contro l’aborto. Anche la sera prima di morire aveva organizzato veglie di preghiera davanti ai cimiteri per i «bambini mai nati», richiamando l’attenzione su questo fenomeno e sulla necessità di permettere la presenza di operatori volontari nei consultori per cercare di convincere le donne a non abortire. Don Oreste Benzi, il vecchio sacerdote romagnolo con la tonaca lisa, lascia duecento case famiglia in Italia, sei case preghiera, sette case di fraternità, quindici cooperative sociali per inserire persone svantaggiate, sei centri diurni per valorizzare persone con handicap gravi, trentadue comunità terapeutiche. La sua associazione, riconosciuta dalla Santa Sede, è presente in Albania, Australia, Bangladesh, Bolivia, Brasile, Cile, Cina, Croazia, India, Kenya, Romania, Russia, Tanzania, Venezuela e Zambia. 

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