Don Oreste,
piccola antologia scelta***
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Postato da: giacabi a 22:33 |
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santi, gramsci, don benzi
Grazie Don Benzi!
Un mendicante d'anime sui viali della riviera romagnola
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L'editoriale (03 novembre 2007)
di Marina Corradi
«Se
chiama qualcuno dalla strada e vuole venirne via, dare subito il numero
di cellulare di don Oreste». La scritta in caratteri grossi, neri,
dietro la scrivania in una stanza di via Grotta Rossa a Rimini, era
imperiosa. L’ordine della casa, cui nessuno poteva contravvenire. Nel
caso di un barlume di ripensamento, magari nello sfinimento di un’alba
livida su un viale di periferia, don Benzi – 58 anni di sacerdozio –
sapeva che bisognava esserci, subito: prima che la rassegnazione
seppellisse il principio di una sparuta speranza.
Il vecchio prete morto nel suo letto, nel sonno, tra la notte dei Santi e quella dei Morti, aveva sotto la tonaca lisa qualcosa di una statura epica. A seguirlo nel fondo delle notti riminesi, nei giri in cui raccattava prostitute e drogati per convincerli a cambiare vita, si aveva inizialmente l’impressione di uno straordinario don Chisciotte. Le ragazze dei viali guardavano come un folle gentile quel prete coi capelli bianchi che prometteva una vita diversa. Pareva, ad accompagnarlo in quelle bolge notturne, surreale il dialogo fra un sacerdote ottantenne e rumene o nigeriane diciottenni. Credevi che quelle ragazze sarebbero scoppiate a ridere. Invece no: lo ascoltavano, infastidite prima, poi meravigliate. Guarda, diceva il vecchio nella luce rossastra dei falò, che tu non sei nata per vivere così, guarda che puoi ricominciare tutto da capo. E sotto il trucco pesante, da marciapiede, due occhi lo guardavano, stupiti, dopo tanto tempo, nel sentirsi guardare come qualcosa di prezioso. Cinquecento donne hanno cambiato vita incontrando una notte quel prete. Un cacciatore d’anime sui viali della riviera romagnola; o, più che cacciatore, un mendicante. Gentile, ostinato, allungava tenacemente la mano. Non si arrendeva mai. Un combattente, anche. Uno che si alzava alle 5 del mattino e diceva le Lodi e il rosario in macchina, in viaggio verso uno dei 33 centri della Comunità Giovanni XXIII. Tuttavia, il mare di cose che riusciva a fare, a stargli accanto solo per qualche ora, pareva quasi un secondo lavoro rispetto al vero centro delle sue giornate: la preghiera, ora esplicita, ora interiore. Baricentro costante e silenzioso. Era strano vedere un sacerdote in tonaca nera fra la folla vociante e sguaiata delle notti di Rimini. E arrancandogli accanto – a 80 anni, alle due di notte don Oreste non era stanco – domandavi se non si sentiva a disagio, in quel caos. «A disagio? Qui sto benissimo. Faccio contemplazione. Cerco Cristo nella faccia di tutti quelli che incontro». È stata la profezia di don Benzi: per trovare Dio non occorre chiamarsi fuori dal mondo, o frequentare buone compagnie. In mezzo agli uomini invece, nelle loro notti avide o smarrite, a riconoscere cosa c’è davvero dietro quell’ansia di vivere – che cosa attendono e non trovano, nell’ebbrezza del buio e dell’estate, in fondo a nessun gioco o bicchiere. In mezzo agli uomini, tra di loro e anzi tra quelli che crediamo peggiori. A testa alta, sicuro – eppure sempre con quella mano aperta e tesa. Ci resterà, di don Benzi, il ricordo di un colloquio nel suo studio con una giovane prostituta africana appena sfuggita ai suoi protettori. Guardavamo in basso, e così abbiamo notato i piedi. Quelli della ragazza, neri, agili come di una gazzella inseguita, e irrequieti di paura. Quelli di don Oreste, le scarpe grosse con le suole consunte da prete di marciapiede. Immobili, piazzati a terra come colonne. Come di chi ha radici di una fede profonda, e non oscilla, e non ha paura di nessuno.
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Il
commento al brano biblico di Giobbe (19,1.23-27) scritto da don Benzi
per venerdì 2 novembre, Commemorazione di tutti i fedeli defunti, e
giorno in cui lui è tornato al Padre
Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà: è morto. In realtà è una bugia. Sono morto per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste perché appena chiudo gli occhi a questa terra mi apro all'infinito di Dio. Noi lo vedremo, come ci dice Paolo, faccia a faccia, così come Egli è (1Cor 13,12). E si attuerà quella parola che la Sapienza dice al capitolo 3: Dio ha creato l'uomo immortale, per l'immortalità, secondo la sua natura l'ha creato. Dentro di noi, quindi, c'è già l'immortalità, per cui la morte non è altro che lo sbocciare per sempre della mia identità, del mio essere con Dio. La morte è il momento dell'abbraccio col Padre, atteso intensamente nel cuore di ogni uomo, nel cuore di ogni creatura. (da Pane Quotidiano novembre-dicembre 2007) |
Postato da: giacabi a 15:04 |
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santi, testimonianza, don benzi
GRAZIE DON BENZI !
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n. 260 del 2007-11-03
È morto Don Benzi il prete di strada che aiutava i disperati
di Andrea Tornielli
Stroncato
a 82 anni da un infarto, ha speso una vita dalla parte dei giovani, gli
emarginati e le prostitute. La testimonianza di Alina, 23 anni: "Don Oreste mi ha strappato dalla schiavitù"
da Milano
Le ultime parole le aveva preparate per la liturgia di ieri, per commemorazione dei defunti: «La morte non esiste, perché appena chiudo gli occhi a questa terra, mi apro all’infinito di Dio».
Don Oreste Benzi, il prete fondatore dell’Associazione Comunità
Giovanni XXIII che ha speso la sua vita per aiutare poveri, abbandonati,
bambini senza famiglia e disadattati, prostitute schiavizzate, non
poteva immaginare, mentre vergava quelle parole, che il momento di
chiudere per sempre gli occhi in questo mondo sarebbe arrivato così
presto.
Il
sacerdote si è spento l’altra notte presso la parrocchia della
Resurrezione di Rimini dove abitava, stroncato da un infarto. Due sere
prima era a parlare ai giovani all’entrata di una discoteca di
Cattolica, mentre poche ore prima di morire aveva espresso il suo dolore
per la morte di Giovanna Reggiani, la donna assalita e massacrata da un
giovane romeno a Roma. Ma aveva anche ricordato le parole dei
funzionari della polizia di Bucarest: «Noi collaboriamo con loro per far
rimpatriare le ragazze che salviamo dalla strada. E ci dicono: “Siete
voi italiani che foraggiate e mantenete i criminali romeni, sfruttando
30mila ragazze del nostro Paese che vengono portate sui vostri
marciapiedi ancora bambine!”».
Mancherà
soprattutto a loro, alle ragazze salvate dalla prostituzione, ai
bambini senza famiglia che grazie a lui e alla sua associazione sono
tornati a sorridere.
Nato il 7 settembre 1925 a San Clemente, un piccolo paese
dell’entroterra romagnolo, settimo di nove figli in una famiglia di
operai, Oreste era entrato in seminario all’età di dodici anni grazie al
lavoro straordinario che la madre si era sobbarcata per mantenerlo.
Ordinato prete nel 1949, l’anno successivo è chiamato nel seminario di
Rimini come insegnante e quindi diventa vice-assistente della Gioventù
Cattolica.
Inizia allora a maturare in lui la convinzione dell’importanza di
aiutare gli adolescenti e di realizzare attività che favoriscano «un
incontro simpatico con Cristo».
Don Benzi fa per molti anni il professore nelle scuole pubbliche di Rimini e nel
’68 fonda l’associazione Giovanni XXIII. Si batte per trovare una
famiglia ai bambini gravemente handicappati che vengono abbandonati, poi
si concentra sui tossicodipendenti, apre case di accoglienza nella sua
parrocchia di Grottarossa, una frazione del comune di Rimini. È un prete
tutto d’un pezzo, che non si toglie mai la tonaca e il colletto romano
di plastica. In tonaca don Oreste va per le strade di notte,
accompagnato dai suoi volontari, per cercare di convincere le prostitute
a cambiare vita, offrendo loro un rifugio e una possibilità concreta di
riscatto. Quella tonaca diventa sempre più lisa e rattoppata. Con
addosso quell’abito nel 2003 Benzi ha accompagnato al cospetto di un
commosso Papa Wojtyla un’ex prostituta nigeriana ammalata di Aids.
Un’altra
delle sue battaglie e quella contro l’aborto. Anche la sera prima di
morire aveva organizzato veglie di preghiera davanti ai cimiteri per i
«bambini mai nati», richiamando l’attenzione su questo fenomeno e sulla
necessità di permettere la presenza di operatori volontari nei
consultori per cercare di convincere le donne a non abortire. Don Oreste Benzi, il vecchio sacerdote romagnolo con la tonaca lisa,
lascia duecento case famiglia in Italia, sei case preghiera, sette case
di fraternità, quindici cooperative sociali per inserire persone
svantaggiate, sei centri diurni per valorizzare persone con handicap
gravi, trentadue comunità terapeutiche. La sua associazione,
riconosciuta dalla Santa Sede, è presente in Albania, Australia,
Bangladesh, Bolivia, Brasile, Cile, Cina, Croazia, India, Kenya,
Romania, Russia, Tanzania, Venezuela e Zambia.
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