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martedì 7 febbraio 2012

don Primo Mazzolari

Il chinarsi
***
"Il chinarsi è un gesto materno. Si chinano tanto le mamme che le loro spalle ben presto ne portano il segno, l'inconfondibile segno della maternità che discende e accondiscende. Nella religione è tutto un chinarsi. "Si chinano i cieli... si chinò sulla bara... chinatosi, si mise a scrivere col dito in terra... E chinato il capo, spirò!”. Così risponde il Figlio di Dio alle ipocrite rigidezze dei figli degli uomini
(Primo Mazzolari, Il solco).

Postato da: giacabi a 15:59 | link | commenti
don mazzolari

mercoledì, 28 settembre 2011
IL PAPA
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Anche per il papa, come per Gesù, il sinedrio è sempre convocato e il tribunale siede in permanenza. Tutti l'abbiamo giudicato, una, due, tante volte: tutti ci crediamo in diritto di giudicarlo. Se un giorno gli uomini gli andassero incontro da ogni strada cantando gli "osanna", quel giorno il papa non sarebbe più il papa, cioè colui che tiene il posto di due Crocifissi: di cui uno col capo in giù, perché non si credeva degno di essere equiparato al Maestro.
(P. Mazzolari).

Postato da: giacabi a 18:33 | link | commenti
don mazzolari

martedì, 02 agosto 2011
***
Quando l’ossessione economica ha afferrato un uomo,
non c’è più nulla di sacro,neanche la famiglia, neanche la religione.

(P. Mazzolari)
Il dono più grande non è fatto di cose, ma di noi stessi:
allora anche l’ultima creatura ha qualcosa da donare.
(P. Mazzolari)

Postato da: giacabi a 16:37 | link | commenti
don mazzolari

lunedì, 23 agosto 2010
La Croce
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Non basta ripetere le parole eterne del Vangelo, come non basta piantare delle croci, se nessuno vi si lascia poi inchiodare insieme con Cristo.
(P. Mazzolari)

***
Più tutto manca sulla terra e più troviamo ciò che la terra può darci di migliore: la Croce. Più abbracciamo la Croce e più stringiamo strettamente Gesù, che vi è attaccato.
(C. De Foucauld)

Postato da: giacabi a 06:28 | link | commenti
croce, don mazzolari, defoucauld

domenica, 22 agosto 2010
Il prete vero
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Il prete è vero quando scompare; quando, dietro di sé, lascia indovinare e trasparire Qualcuno.
(P. Mazzolari).

Postato da: giacabi a 17:41 | link | commenti
don mazzolari

La Chiesa è madre
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La Chiesa è madre e le mamme piangono, perdonano, sperano, amano.
(P. Mazzolari).


Postato da: giacabi a 07:42 | link | commenti
chiesa, don mazzolari

venerdì, 20 agosto 2010
La bellezza del bene
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C’è molta gente che sa fare la predica sul peccato, ma troppo pochi sanno far sentire che il bene è bello, che il volersi bene è bello, che il prodigarsi è bello (P. Mazzolari).

Postato da: giacabi a 21:12 | link | commenti
bellezza, don mazzolari

mercoledì, 30 dicembre 2009

Viene per chi sta dietro la porta chiusa ***

"Ecco sto alla porta e busso..."
Egli non viene né per onorare il suo nome
né per salvare la sua dignità:
viene per chi sta dietro la porta chiusa
.
E chi ci sta dietro la porta chiusa?
Io ci sto: in tanti ci stanno; ci sta il mondo.
Il quale mi sembra ancor più sprangato
in questo Natale...

Da secoli, non da decenni, Egli attende...
Ma anche se tardasse un po'..., aspettatelo:
Egli verrà e lo vedrete tutti e ne godrà il vostro cuore
poiché Egli viene a portare la pace al suo popolo
e a restituirgli la vita.

Primo Mazzolari

Postato da: giacabi a 20:08 | link | commenti
don mazzolari

giovedì, 24 settembre 2009
Il bisogno di tenerezza
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 L’uomo è uno specialista in casseforti; blindature,chiusure a doppia mandata. Queste specialità egli le mette in atto non appena possibile solo che esca  dall’infanzia così quando tu provi bisogno di tenerezza, subito t’irrigidisci quasi fosse un esigenza che ti diminuisca agli occhi tuoi e degli altri. Eppure quante volte provi queste necessità e in un modo tanto prepotente. Hai bisogno di piangere dopo una sconfitta e vorresti una carezza che ti sollevi. Provi il morso della solitudine, un senso d’angoscia e desidereresti il calore di un sorriso uno sguardo caldo che ti avvolga. Perchè negarlo? Capita all’uomo maturo e alla persona anziana. Commuoversi, prendere una mano nella tua, scioglierti in un sorriso luminoso,spalancare le braccia,lo ritieni cose da bambini. I gesti istintivi del cuore non osiamo più farli. Le braccia, le labbra, la mano che possono esprimere in mille modi la tenerezza li abbiamo legati. Bisogna morire per aver diritto alla tenerezza . Anzi bisogna essere morti perché si sciolgano i gesti antichissimi d’una fraternità  che non ha più pudore del contatto umano”
Don Primo Mazzolari, Perdersi il solo guadagno

Postato da: giacabi a 20:43 | link | commenti
don mazzolari

mercoledì, 23 settembre 2009
La povertà di spirito
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   “  Il Crocifisso è l’offerta piena: non si è tenuto niente, né un lembo di veste, né una goccia di sangue, né la madre. Ha dato tutto: consummatum est. Quando uno non si è tenuto niente per sé, l’elenco delle cose date non ha importanza. Importa non avere più niente per sé, non la quantità di roba che si è data. Quando uno non ha più niente da dare perché si è dato tutto allora si diventa capaci di “veri doni”. Dare tutto: ecco la carità. Chi non da tutto non è nella carità, ma in una condizione borghese che concilia il mio col tuo. Dove finisce il mio, incomincia il Paradiso."
Don Primo Mazzolari, -  Perdersi, il solo guadagno

Postato da: giacabi a 15:08 | link | commenti
don mazzolari

mercoledì, 15 aprile 2009
“IO PIANTO LA TENDA CRISTIANA”
***

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«Tu vai – (dice al suo interlocutore disposto a passare “di là)– io non vengo, non posso venire. Ancora una volta c’è Qualcuno – non qualche cosa – che mi ferma... Tu vai senza una tua tenda, chiedendo un posto sotto la tenda comunista... Invece io pianto – e non da oggi – la tenda cristiana vicino a quella comunista, non per una meschina concorrenza, ma per offrire un porto, quando la delusione succederà fatalmente all’ebbrezza del successo».
Don Mazzolari

Postato da: giacabi a 22:02 | link | commenti (1)
comunismo, don mazzolari

venerdì, 10 aprile 2009
TU NON UCCIDERE”
***
 di don Primo Mazzolari
“ La nonviolenza non va confusa con la non-resistenza. Nonviolenza è come dire: “no” alla violenza. E’ un rifiuto attivo del male, non un’accettazione passiva. La pigrizia, l’indifferenza, la neutralità non trovano posto nella nonviolenza, dato che alla violenza non dicono né si né no. La nonviolenza si manifesta nell’impegnarsi a fondo.
Ogni violento presume di essere coraggioso, ma la maggior parte dei violenti sono dei vili. Il nonviolento, invece, nel suo rifiuto a difendersi è sempre un coraggioso. Lo scaltro, che adula il tiranno per trarne profitto e protezione, o per tendergli una trappola, non rifiuta la violenza bensì gioca con essa al più furbo. La scaltrezza è violenza, doppiata di vigliaccheria ed imbottita di tradimento. La nonviolenza è al polo opposto della scaltrezza: è un atto di fiducia dell’uomo e di fede in Dio, è una testimonianza resa alla verità fino alla conversione del nemico.
Gesù ha annunciato con insistenza e precisione la regola della nonviolenza: “A chi ti percuote la guancia destra porgi la sinistra; a chi ti muoverà lite per toglierti la tunica lascia anche il mantello; se alcuno ti obbligherà a correre per un miglio seguilo per due” (Mt 5,40-41). (…)
La nonviolenza assume un valore umano inestimabile solo quando diventa resistenza al male sul piano spirituale. Lo Spirito di pace e di giustizia, lo spirito di verità e di giustizia sono un unico e medesimo spirito. (…) E allora la sua resistenza assume immediatamente questi aspetti incomprensibili:
- dichiarazione di condanna del male;
- opposizione al male, non agli uomini che lo commettono;
- disposizione a pagare, e non a far pagare la nostra condanna
   e la nostra opposizione al male.
Spesso, più che al male, ci si oppone agli uomini che fanno il male, i quali sono degli infelici ancor prima di essere dei colpevoli. Ma chi è puro e veramente caritatevole nelle intenzioni e nei movimenti delle proprie azioni?
Il nonviolento rifiuta di portarsi sul piano del violento, costringendo piuttosto questi a salire sul suo e a combattere con la forza l’idea. La rotta del realismo politico incomincia quando il violento è obbligato a scoprirsi qual è, ed è allora che si butta massicciamente e da persecutore contro lo spirito. Tale comportamento fa cadere la maschera idealistica dell’egoismo, che è il vero movente di ogni violenza. Una volta caduta la maschera, la vittoria dello spirito albeggia, sia pure lontana.
La nonviolenza è la cosa più nuova e la più antica; la più tradizionale e la più sovversiva; la più santa e la più umile; la più sottile e difficile e la più semplice, la più dolce e la più esigente; la più audace e al più savia, la più profonda e la più ingenua. Concilia i contrari nel principio; e perciò riconcilia gli uomini nella pratica.
“ La pace cristiana non è regolata dal ‘do ut des’: se tu sarai pacifico con me, io lo sarò con te. Il cristiano procede per altra strada e dietro altra logica: “Udiste che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli, il quale fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi e manda la pioggia ai giusti e agli iniqui. Perché, se amate quelli che vi amano, qual merito ne avete?  Non fanno lo stesso i pubblicani? E se salutate soltanto i vostri fratelli, che cosa fate da più degli altri? Non usano lo stesso i gentili? Siate dunque perfetti com’è perfetto il vostro Padre celeste” (Mt 5,43-48).
Un cristiano deve fare la pace anche quando venissero meno le ragioni di pace. Al pari della fede, della speranza e della carità, la pace è vera beatitudine quando non cè tornaconto né convenienza né interesse di pace, vale a dire quando incomincia a parere una follia davanti al buon senso della gente ragionevole.
La contabilità cristiana conosce la sola partita del dare: se vi aggiungiamo lavere, non ci dobbiamo sorprendere se rivedremo sul tappeto le ragioni del lupo, il quale, essendo a monte del fiume, trovava che lagnello gli intorbidiva le acque.Se gli altri odiano, non è una ragione perché odiamo anche noi. Si vince il male con il bene; la malattia con la salute; si oppone allostilità la carità: questo è il comandamento di Dio. Gli altri sono comandamenti di uomini, e uomini senza Dio, anche se fanno salamelecchi al prete.
Quando ci si giustifica delle ingiurie nostre col fatto delle ingiurie altrui, decadiamo dal cristianesimo: rendiamo nulla lincarnazione con la passione e la resurrezione di cristo. Ad amare i soli amici erano buoni anche i pagani.
La pace comincia in noi in me e da me, da te, da ciascuno come la  guerra. Ma come si può arrivare alla pace se si seguita a coltivare, quasi orto per ortaggi, questa aspirazione manichea dellumanità e della spiritualità; se si seguita ad alimentare una polemica fatta di apriorismi e ingiurie, deformazioni e repulse; se si aumenta ogni giorno più la disparità economica tra chi spedisce lingotti doro allestero e chi vive nelle baracche e intristisce nella disoccupazione; se si insiste a vedere nel fratello insignito di un diverso distintivo politico un cane da abbattere, un rivale da sopprimere, un nemico da odiare?
Quanti cristiani, per assicurarsi un diritto allodio, si tramutano in farisei che non vedono fratelli, ma pubblicani, ma samaritani, ma pagani. Come se Gesù non fosse mai venuto e non fosse morto e risorto!
(Tu non uccidere, 1955)
 

Postato da: giacabi a 15:12 | link | commenti
don mazzolari

non a destra non a sinistra
non al centro  ma in alto

di don Primo Mazzolari
***
Anno 1° n. 3 Martedì 15 febbraio 1949
Direte che non c’è un alto in politica e che, se mai, vale quanto la destra, la sinistra, il centro. Nominalismo mistico in luogo di un nominalismo politico: elemento di confusione non di soluzione.

E’ vero che una nuova strada non cambia nulla se l’uomo non si muove con qualche cosa di nuovo, e che un paese può andare verso qualsiasi punto cardinale .e rimanere qual è. Ma se gli italiani fossero d’accordo su questo fatto, la fiducia, della tonomastica parlamentare sarebbe felicemente superata.

Fa comodo ai neghittosi credersi arrivati per il solo fatto li muoversi da destra invece che da sinistra. Saper la strada o aver imbroccato la strada giusta non vuoi dire camminarla bene o aver raggiunto la méta.

Il fariseismo rivive in tanti modi e temo che questo sia uno dei più attuali.

La giustizia è a sinistra, la libertà al centro, la ragione a destra. E nessuno chiede più niente a se stesso e incolpa gli altri di tutto ciò che manca, attribuendosi la paternità di ogni cosa buona.

Non dico che siano sbagliate le strade che partono da destra da sinistra o dal centro: dico solo che non conducono, perché sono state cancellate come strade e scambiate per punti d’arrivo e di possesso.

La sinistra è la giustizia - la destra è la ragione - il .centro libertà.
E siamo così sicuri delle nostre equazioni, che nessuno s’accorge che c’è gente che scrive con la sinistra e mangia con la destra: che in piazza fa il sinistro e in affari si comporta come un destro: che l’egoismo di sinistra è altrettanto lurido di quello di centro, per cui, destra, sinistra e centro possono divenire tre maniere di «fregare» allo stesso modo il Paese, la Giustizia, la libertà, la Pace.

L’alto cosa sarebbe allora?

Una destra pulita, una sinistra pulita, un centro pulito, in virtù di uno sforzo di elevazione e di purificazione personale che non ha nulla a vedere con la tessera.

Come ieri per la salvezza non contava il circonciso né l’incirconciso, così
oggi non conta l’uomo di destra né l’uomo di sinistra, ma solo la nuova creatura: la quale lentamente e faticosamente sale una strada segnata dalle impronte di Colui, che arri­vato in alto, si è lasciato inchiodare sulla Croce a braccia spalancate per dar la sua mano forata a tutti gli uomini e costruire il vero arco della Pace.

PRIMO MAZZOLARI

Postato da: giacabi a 14:54 | link | commenti
don mazzolari


INUTILITÀ DEL CRISTIANO
Adesso n. 6 - 31 marzo 1949

di don Primo Mazzolari
***
Il giudizio non ci sorprende nè ci avvilisce: ma che ci venga da chi appena ha posto mano all’aratro se pur ci si è provato, e da uomini, la cui dottrina ha pochi lustri di storia non sempre felice negli stessi paesi ove si è accampata, mi fa pensare a un’invasione di credula supponenza, non priva di pericolose incognite.

Siamo di nuovo davanti a un movimento troppo sicuro di sè, con in tasca il toccasana d’ogni guaio e la chiave di ogni porta.

Sotto questo aspetto il comunismo ripete e ricapitola l’ubbriacatura scientista del secolo scorso e quella nazifascista di ieri. Benché su piani diversi, tanto gli scienziati come i gerarchi, credevano di poter dare il benessere all’uomo, senza ricorrere al «pio inganno», del cristianesimo, il quale rimanda altrove la soluzione del problema, per coprire il suo fallimento e il fallimento delle forze morali, che non hanno più diritto di cittadinanza in una realtà sociale unica­mente quantitativa con un rapporto di forze unicamente materiali.

La scienza ha dichiarato «bancarotta», e al nazifascismo è toc­cata la parte che gli è toccata, anche per merito del comunismo.

Adesso siamo da capo. Proprio da quel mondo che si dice nuovo, tornano con monotonia esasperante le stesse accuse ai cristiani e le formule trite e vuote, che conosciamo. Stavolta è un giovane che mi scrive e non s’accorge che ripete cose vecchie.

«Non accettando il principio della lotta di classe, voi cattolici siete costretti ad assumere una posizione conservatrice. Giungete ad essere più radicali su un piano di critica moraleggiante. Contro il ricco potete persino impugnare con larghezza il Vangelo; ma sul piano concreto non dite mai nulla di nuovo, perché il problema so­ciale è per voi un problema di difesa. Il povero va aiutato quel tanto che basta perché non cada preda del comunismo. Il giorno in CUI un cattolico riuscisse a stabilire peso e misura di questo tanto, molte vostre inquietudini cesserebbero».

Non manca di sicurezza il nostro giovane giudice; ma, se ci ba­date,
è una sicurezza discretamente artificiosa, appoggiata a una logica di marca comunista, buona tutt’al più per la catechesi degli attivisti.

Per lui come per i suoi, chi non accetta la lotta di classe, è un reazionario: chi non odia il ricco non ama il povero: chi non fa la barricata, non fa niente di concreto per il bene del popolo. E’ un farmacista, un dosatore qualsiasi; tante calorie quanto bastano per non far morire il povero, non una di più.

Se lasciassi mano libera alla passione che mi brucia, sarei tentato di protestare: ma tant’è. I miei amici comunisti e quanti vedono materialisticamente l’uomo e il mondo, non possono neanche concepire il valore dello sforzo morale e l’impegno ad esso legato. Tro­vando più comodo farsi regalare la salvezza che conquistarsela, li­cenziano la coscienza dell’uomo come forza di rinnovamento sociale, usando il termine dispregiativo quanto abusato di moralismo.

Una bilancia esatta, costruita con il contributo della sciénza e della dittatura proletaria, ci darà quella giustizia che la «registra­zione morale» delle mani dell’uomo, non ci ha dato nè saprà mai darci.

Come mai non s’accorgono, i comunisti che proprio le nostre mani «non registrate» falsificano anche le più perfette bilancie, come «l’odor del padrone» inquina qualsiasi struttura sociale? Can­cellato l’uomo, chi si può fidare dell’uomo anche se porta il titolo di proletario, che, in moneta umana, vale quanto quello di borghese e di capitalista?

Senza volerlo il discorso mi porta a rispondere anche all’amico Don Bedeschi, che sull’Avvenire d’italia mi ha chiesto, a propo­sito dell’editoriale «nè a destra, nè a sinistra, nè al centro, ma in alto» di precisare i confini «prima ancora di stabilire una quarta dimensione».

Un cristiano, che fa sul serio il mestiere del cristiano, può partire da qualsiasi punto cardinale di tattica politica e giungere alla con­clusione buona, che non è la salvaguardia del proprio interesse, ma l’esigenza della coscienza cristiana nel suo sforzo concreto. Si tratta quindi di saldare e far muovere cristianamente l’uomo più che trac­ciare dei confini i quali, anche se posti male, saltano sotto l’impe­gno cristiano, come non possono essere raggiunti, anche se ben se­gnati, qualora l’animo non si muova cristianamente.

Purtroppo, destra, sinistra, centro indicano spesso un’ipoteca sul nostro sforzo morale in vista di un interesse particolare da difendere o da raggiungere, per cui la quarta dimensione non viene neanche tentata.
Preoccupati in partenza da qualche cosa che ci sta più a cuore del fermento evangelico, il nostro lavoro, non è più cristiano. Ne conserva, a volte per nostra vergogna l’etichetta, ma è addomesticato e rivolto ad altri scopi.

Proprio perché si è assopito o spento in molti di noi il tormento vitale della coscienza sociale cristiana, perché ci difendiamo con essa invece di agonizzare per essa, si è fatto strada la sfiducia nelle forze morali come elemento rivoluzionario e la fede assurda nella lotta di classe ne prende il posto.

La nostra inutilità di cristiani è la conseguenza di questo mancato innesco per cui agli occhi di molti il meno diventa un più.


PRIMO MAZZOLARI

Adesso n. 6 - 31 marzo 1949

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comunismo, don mazzolari

Nostro fratello Giuda
di don Primo Mazzolari
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Miei cari fratelli, è proprio una scena d’agonia e di cenacolo. Fuori c’è tanto buio e piove. Nella nostra Chiesa, che è diventata il Cenacolo, non piove, non c’è buio, ma c’è una solitudine di cuori di cui forse il Signore porta il peso. C’è un nome, che torna tanto nella preghiera della Messa che sto celebrando in commemorazione del Cenacolo del Signore, un nome che fa’ spavento, il nome di Giuda, il Traditore.
Un gruppo di vostri bambini rappresenta gli Apostoli; sono dodici. Quelli sono tutti innocenti, tutti buoni, non hanno ancora imparato a tradire e Dio voglia che non soltanto loro, ma che tutti i nostri figlioli non imparino a tradire il Signore. Chi tradisce il Signore, tradisce la propria anima, tradisce i fratelli, la propria coscienza, il proprio dovere e diventa un infelice.
Io mi dimentico per un momento del Signore o meglio il Signore è presente nel riflesso del dolore di questo tradimento, che deve aver dato al cuore del Signore una sofferenza sconfinata.
Povero Giuda. Che cosa gli sia passato nell’anima io non lo so. E’ uno dei personaggi più misteriosi che noi troviamo nella Passione del Signore. Non cercherò neanche di spiegarvelo, mi accontento di domandarvi un po’ di pietà per il nostro povero fratello Giuda. Non vergognatevi di assumere questa fratellanza. Io non me ne vergogno, perché so quante volte ho tradito il Signore; e credo che nessuno di voi debba vergognarsi di lui. E chiamandolo fratello, noi siamo nel linguaggio del Signore. Quando ha ricevuto il bacio del tradimento, nel Getsemani, il Signore gli ha risposto con quelle parole che non dobbiamo dimenticare: "Amico, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo!"
Amico! Questa parola che vi dice l’infinita tenerezza della carità del Signore, vi fa’ anche capire perché io l’ho chiamato in questo momento fratello. Aveva detto nel Cenacolo non vi chiamerò servi ma amici. Gli Apostoli son diventati gli amici del Signore: buoni o no, generosi o no, fedeli o no, rimangono sempre gli amici. Noi possiamo tradire l’amicizia del Cristo, Cristo non tradisce mai noi, i suoi amici; anche quando non lo meritiamo, anche quando ci rivoltiamo contro di Lui, anche quando lo neghiamo, davanti ai suoi occhi e al suo cuore, noi siamo sempre gli amici del Signore. Giuda è un amico del Signore anche nel momento in cui, baciandolo, consumava il tradimento del Maestro.
Vi ho domandato: come mai un apostolo del Signore è finito come traditore? Conoscete voi, o miei cari fratelli, il mistero del male? Sapete dirmi come noi siamo diventati cattivi? Ricordatevi che nessuno di noi in un certo momento non ha scoperto dentro di sé il male. L’abbiamo visto crescere il male, non sappiamo neanche perché ci siamo abbandonati al male, perché siamo diventati dei bestemmiatori, dei negatori. Non sappiamo neanche perché abbiamo voltato le spalle a Cristo e alla Chiesa. Ad un certo momento ecco, è venuto fuori il male, di dove è venuto fuori? Chi ce l’ha insegnato? Chi ci ha corrotto? Chi ci ha tolto l’innocenza? Chi ci ha tolto la fede? Chi ci ha tolto la capacità di credere nel bene, di amare il bene, di accettare il dovere, di affrontare la vita come una missione. Vedete, Giuda, fratello nostro! Fratello in questa comune miseria e in questa sorpresa!
Qualcheduno però, deve avere aiutato Giuda a diventare il Traditore. C’è una parola nel Vangelo, che non spiega il mistero del male di Giuda, ma che ce lo mette davanti in un modo impressionante: "Satana lo ha occupato". Ha preso possesso di lui, qualcheduno deve avervelo introdotto. Quanta gente ha il mestiere di Satana: distruggere l’opera di Dio, desolare le coscienze, spargere il dubbio, insinuare l’incredulità, togliere la fiducia in Dio, cancellare il Dio dai cuori di tante creature. Questa è l’opera del male, è l’opera di Satana. Ha agito in Giuda e può agire anche dentro di noi se non stiamo attenti. Per questo il Signore aveva detto ai suoi Apostoli là nell’ orto degli ulivi, quando se li era chiamati vicini: "State svegli e pregate per non entrare in tentazione".
E la tentazione è incominciata col denaro. Le mani che contano il denaro. Che cosa mi date? Che io ve lo metto nelle mani? E gli contarono trenta denari. Ma glieli hanno contati dopo che il Cristo era già stato arrestato e portato davanti al tribunale. Vedete il baratto! L’amico, il maestro, colui che l’aveva scelto, che ne aveva fatto un Apostolo, colui che ci ha fatto un figliolo di Dio; che ci ha dato la dignità, la libertà, la grandezza dei figli di Dio. Ecco! Baratto! Trenta denari! Il piccolo guadagno. Vale poco una coscienza, o miei cari fratelli, trenta denari. E qualche volta anche ci vendiamo per meno di trenta denari. Ecco i nostri guadagni, per cui voi sentite catalogare Giuda come un pessimo affarista.
C’è qualcheduno che crede di aver fatto un affare vendendo Cristo, rinnegando Cristo, mettendosi dalla parte dei nemici. Crede di aver guadagnato il posto, un po’ di lavoro, una certa stima, una certa considerazione, tra certi amici i quali godono di poter portare via il meglio che c’è nell’anima e nella coscienza di qualche loro compagno. Ecco vedete il guadagno? Trenta denari! Che cosa diventano questi trenta denari?
Ad un certo momento voi vedete un uomo, Giuda, siamo nella giornata di domani, quando il Cristo sta per essere condannato a morte. Forse Lui non aveva immaginato che il suo tradimento arrivasse tanto lontano. Quando ha sentito il crucifigge, quando l’ha visto percosso a morte nell’atrio di Pilato, il traditore trova un gesto, un grande gesto. Va’ dov’erano ancora radunati i capi del popolo, quelli che l’avevano comperato, quella da cui si era lasciato comperare. Ha in mano la borsa, prende i trenta denari, glieli butta, prendete, è il prezzo del sangue del Giusto. Una rivelazione di fede, aveva misurato la gravità del suo misfatto. Non contavano più questi denari. Aveva fatto tanti calcoli, su questi denari. Il denaro. Trenta denari. Che cosa importa della coscienza, che cosa importa essere cristiani? Che cosa ci importa di Dio? Dio non lo si vede, Dio non ci da’ da mangiare, Dio non ci fa’ divertire, Dio non da’ la ragione della nostra vita. I trenta denari. E non abbiamo la forza di tenerli nelle mani. E se ne vanno. Perché dove la coscienza non è tranquilla anche il denaro diventa un tormento.
C’è un gesto, un gesto che denota una grandezza umana. Glieli butta là. Credete voi che quella gente capisca qualche cosa? Li raccoglie e dice: "Poiché hanno del sangue, li mettiamo in disparte. Compereremo un po’ di terra e ne faremo un cimitero per i forestieri che muoiono durante la Pasqua e le altre feste grandi del nostro popolo".
Così la scena si cambia, domani sera qui, quando si scoprirà la croce, voi vedrete che ci sono due patiboli, c’è la croce di cristo; c’è un albero, dove il traditore si è impiccato. Povero Giuda. Povero fratello nostro. Il più grande dei peccati, non è quello di vendere il Cristo; è quello di disperare. Anche Pietro aveva negato il Maestro; e poi lo ha guardato e si è messo a piangere e il Signore lo ha ricollocato al suo posto: il suo vicario. Tutti gli Apostoli hanno abbandonato il Signore e son tornati, e il Cristo ha perdonato loro e li ha ripresi con la stessa fiducia. Credete voi che non ci sarebbe stato posto anche per Giuda se avesse voluto, se si fosse portato ai piedi del calvario, se lo avesse guardato almeno a un angolo o a una svolta della strada della Via Crucis: la salvezza sarebbe arrivata anche per lui.
Povero Giuda. Una croce e un albero di un impiccato. Dei chiodi e una corda. Provate a confrontare queste due fini. Voi mi direte: "Muore l’uno e muore l’altro". Io però vorrei domandarvi qual è la morte che voi eleggete, sulla croce come il Cristo, nella speranza del Cristo, o impiccati, disperati, senza niente davanti.
Perdonatemi se questa sera che avrebbe dovuto essere di intimità, io vi ho portato delle considerazioni così dolorose, ma io voglio bene anche a Giuda, è mio fratello Giuda. Pregherò per lui anche questa sera, perché io non giudico, io non condanno; dovrei giudicare me, dovrei condannare me. Io non posso non pensare che anche per Giuda la misericordia di Dio, questo abbraccio di carità, quella parola amico, che gli ha detto il Signore mentre lui lo baciava per tradirlo, io non posso pensare che questa parola non abbia fatto strada nel suo povero cuore. E forse l’ultimo momento, ricordando quella parola e l’accettazione del bacio, anche Giuda avrà sentito che il Signore gli voleva ancora bene e lo riceveva tra i suoi di là. Forse il primo apostolo che è entrato insieme ai due ladroni. Un corteo che certamente pare che non faccia onore al figliolo di Dio, come qualcheduno lo concepisce, ma che è una grandezza della sua misericordia.
E adesso, che prima di riprendere la Messa, ripeterò il gesto di Cristo nell’ ultima cena, lavando i nostri bambini che rappresentano gli Apostoli del Signore in mezzo a noi, baciando quei piedini innocenti, lasciate che io pensi per un momento al Giuda che ho dentro di me, al Giuda che forse anche voi avete dentro. E lasciate che io domandi a Gesù, a Gesù che è in agonia, a Gesù che ci accetta come siamo, lasciate che io gli domandi, come grazia pasquale, di chiamarmi amico.
 La Pasqua è questa parola detta ad un povero Giuda come me, detta a dei poveri Giuda come voi. Questa è la gioia: che Cristo ci ama, che Cristo ci perdona, che Cristo non vuole che noi ci disperiamo. Anche quando noi ci rivolteremo tutti i momenti contro di Lui, anche quando lo bestemmieremo, anche quando rifiuteremo il Sacerdote all’ultimo momento della nostra vita, ricordatevi che per Lui noi saremo sempre gli amici. 

Postato da: giacabi a 14:26 | link | commenti
don mazzolari

venerdì, 02 gennaio 2009
La coscienza
***
 " Il confine tra il bene ed il male passa all'interno del nostro cuore .
San Francesco di Sales

Postato da: giacabi a 14:35 | link | commenti
don mazzolari

mercoledì, 26 novembre 2008
CI IMPEGNAMO NOI E NON GLI ALTRI
***
Ci impegniamo noi e non gli altri
unicamente noi e non gli altri,
né chi sta in alto né chi sta in basso,
né chi crede né chi non crede.
Ci impegniamo
senza pretendere che altri s'impegnino,
con noi o per suo conto,
come noi o in altro modo.
Ci impegniamo
senza giudicare chi non s'impegna,
senza accusare chi non s'impegna,
senza condannare chi non s'impegna,
senza disimpegnarci perche altri non s'impegna.

Ci impegniamo
perche non potremmo non impegnarci.
C'è qualcuno o qualche cosa in noi,
un istinto, una ragione, una vocazione, una grazia,
più forte di noi stessi.
Ci impegniamo
per trovare un senso alla vita,
a questa vita, alla nostra vita,
una ragione che non sia una delle tante ragioni,
che ben conosciamo e che non ci prendono il cuore.
Si vive una sola volta
e non vogliamo essere "giocati".
in nome di nessun piccolo interesse.
Non ci interessa la carriera,
non ci interessa il denaro,
non ci interessa la donna o l'uomo
se presentati come sesso soltanto,
non ci interessa il successo né di noi né delle nostre idee,
non ci interessa passare alla storia.
Ci interessa di perderci
per qualche cosa o per qualcuno
che rimarrà anche dopo che noi saremo passati
e che costituisce la ragione del nostro ritrovarci.
Ci impegniamo
a portare un destino eterno nel tempo,
a sentirci responsabili di tutto e di tutti,
ad avviarci, sia pure attraverso un lungo errare,
verso l'amore.
Ci impegniamo
non per riordinare il mondo,
non per rifarlo su misura, ma per amarlo;
per amare
anche quello che non possiamo accettare,
anche quello che non è amabile,
anche quello che pare rifiutarsi all'amore,
poiche dietro ogni volto e sotto ogni cuore
c'è, insieme a una grande sete d'amore,
il volto e il cuore dell'amore.
Ci impegniamo

perché noi crediamo all'amore,
la sola certezza che non teme confronti,
la sola che basta per impegnarci perpetuamente
       .
Primo Mazzolari
                                                           

Postato da: giacabi a 21:00 | link | commenti
don mazzolari

giovedì, 13 novembre 2008
La speranza
***

La speranza vede la spiga quando i miei occhi di carne non vedono che il seme che marcisce.
don Primo Mazzolari

Postato da: giacabi a 14:23 | link | commenti
speranza, don mazzolari

sabato, 08 novembre 2008
  Vieni Signore e non tardare!
***

La mia vita si svolge tra questi due momenti, come tra due poli opposti: la mia povertà e la tua sovrabbondante misericordia. Donde il mio sospiro e il mio grido: Veni, Domine et noli tardare, vieni Signore e non tardare!
P. Mazzolari.

Postato da: giacabi a 08:38 | link | commenti
don mazzolari

  Il dono più grande
***

Il dono più grande non è fatto di cose, ma di noi stessi: allora anche l’ultima creatura ha qualcosa da donare.
P. Mazzolari.

Postato da: giacabi a 08:35 | link | commenti
don mazzolari

venerdì, 21 dicembre 2007
Amare
***
Gli uomini si amano come sono e non come dovrebbero essere.
Se le nostre mamme avessero aspettato a volerci bene quando noi fossimo diventati buoni, forse sarebbero morte senza volerci bene.
 don Primo Mazzolari

Postato da: giacabi a 08:35 | link | commenti (1)
don mazzolari

venerdì, 19 ottobre 2007
Un uomo per la Chiesa
***

Si cerca per la Chiesa un uomo...
 Si cerca per la Chiesa un uomo
senza paura del domani, senza paura dell'oggi,
 senza complessi del passato.
Si cerca per la Chiesa un uomo,
che non abbia paura di cambiare,
 che non cambi per cambiare,
 che non parli per parlare.
Si cerca per la Chiesa un uomo
capace di vivere insieme agli altri,
di lavorare insieme, di piangere insieme,
 di ridere insieme, di amare insieme,
di sognare insieme.
Si cerca per la Chiesa un uomo capace di perdere
senza sentirsi distrutto, di mettersi in dubbio
senza perdere la fede, di portare la pace
dove c'è inquietudine e l'inquietudine dove c'è pace.
Si cerca per la Chiesa un uomo
che abbia nostalgia di Dio,
che abbia nostalgia della Chiesa,
nostalgia della gente,
nostalgia della povertà di Gesù,
nostalgia dell'obbedienza di Gesù.
 Si cerca per la Chiesa un uomo
che non confonda la preghiera
con le parole dette d'abitudine,
la spiritualità col sentimentalismo,
la chiamata con l'interesse,
il servizio con la sistemazione.
Si cerca per la Chiesa un uomo capace di morire per lei
ma ancora di più capace di vivere per la Chiesa;
un uomo capace di diventare ministro di Cristo,
profeta di Dio, un uomo che parli con la sua vita.
Si cerca per la Chiesa un uomo.
Primo Mazzolari



Postato da: giacabi a 19:21 | link | commenti
santi, cristianesimo, don mazzolari

giovedì, 26 aprile 2007
 A PROPOSITO DEL 25 APRILE
 E DEI PARTIGIANI  ROSSI DEL CLN*
***

...nel 1946 - subito dopo l'assassinio di un altro reverendo bolognese, don Giuseppe Rasori - don Primo Mazzolari aveva firmato un coraggioso articolo sui «preti uccisi proditoriamente»:
«Mutano i tempi, mutano i regimi, in nome di Mussolini o di Marx il nostro destino di poveri preti è sempre alla mercé del prepotente... E sui muri del paese, il giorno del funerale, puoi leggere un manifesto firmato da tutti i partiti e dagli stessi parenti che quasi si scusano per aver creduto alla calunnia che un prete sia stato ammazzato. La carità ciellenistica* ha più larghe braccia di quella del Vangelo. Il Vangelo insegna a perdonare, ma i fatti non li nega; e se ci sono birboni in giro, tali restano anche ai suoi occhi; mentre per gli altri, se c'è un torto, ce l'hanno i morti che non hanno saputo star vivi. Chi in Italia osasse parlare di delitti politici, insulterebbe la libertà, la repubblica, Marx, il proletariato, la Russia, la civiltà... Gli altri sì, che facevano morire; e se c'è qualche cosa che non va bene sono gli altri che opprimono e insanguinano il Paese col sangue dei preti».
Don Primo Mazzolari

Postato da: giacabi a 08:49 | link | commenti
comunismo, don mazzolari

mercoledì, 24 gennaio 2007
L'ATTESA
«Sei tu colui che ha da venire o attenderemo un altro?» (Mt 11,3)
Un’affascinante riflessione di don Primo Mazzolari

La vita di ognuno è un'attesa. Il presente non basta a nessuno: l'occhio e il cuore sono sempre avanti, oltre la breve gioia, oltre il limite del nostro possesso, oltre le mete raggiunte con aspra fatica.
In un primo momento pare che ci manchi solo qualcosa: più tardi ci si accorge che ci manca Qualcuno.
E lo attendiamo.
Ogni popolo, come ogni cuore, è in stato messianico. La nostra epoca è forse l'epoca più messianica della storia.
Tale attesa, calma o disperata, silenziosa o urlante, è il disegno inconfondibile della nostra povertà e della nostra grandezza.
L'uomo non è mai tanto povero come quando si accorge che gli manca tutto: non è mai tanto grande come quando, da questa stessa povertà, tende le braccia e il cuore verso Qualcuno.

Cristo è questo Qualcuno.
Il profeta lo chiama «il Veniente».
Poiché egli è colui che viene, io sono colui che attende.
E l'inquietudine di chi attende si placa nella carità di chi viene: come l'incarnazione è l'inizio compiuto ed esemplare dell'incontro, il suo fermento.
La nostra attesa è così assetata, che spesso rivolgiamo male la nostra ricerca e ancor peggio collochiamo il nostro cuore.
Gli stessi eletti possono avere momenti di esitazione. Il fatto di Giovanni il Battista, secondo l'odierno Vangelo, insegna.
Egli aveva visto Gesù sulle rive del Giordano: l'aveva battezzato e indicato al popolo come «l'Agnello di Dio...». Poi, non l'aveva più incontrato. E, adesso, era in prigione a motivo di Erodiade...
Certe prove mettono in discussione tutte le nostre certezze.
Io l'ho provato qualche mese fa. Lo scoramento spirituale può prendere anche i santi e i profeti; solo coloro, che si dimenticano di ascoltare il cuore dell’uomo nel santo, ne fanno meraviglia.
La differenza tra noi e i santi è nella maniera con cui si fa fronte allo smarrimento.
Noi accogliamo il dubbio e ci lasciamo prendere dall'accidia...
Nella domanda che i discepoli di Giovanni portano a Cristo c'è già qualcosa di bruciante.
Senza fede non si vive.
Un naufrago si attacca a tutto: a una tavola, a una corda, a un filo d'erba.
L'uomo non può fare il naufrago per tutta la vita.
Purché sia uomo e non «una canna agitata dal vento»! I problemi dello spirito sono guardati seriamente e vissuti passionalmente soltanto dai veri uomini.
Le «canne agitate dal vento» (che non hanno nulla a che vedere con «le canne pensanti» di Pascal perché non pensano affatto) si credono libere perché servono tutti i padroni e deridono il profeta che, per servire uno solo, abbandona la propria testa sul piatto del festino
Tratto da Primo Mazzolari - ”La parola che salva”- Edb 1995

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