Il chinarsi
***
"Il
chinarsi è un gesto materno. Si chinano tanto le mamme che le loro
spalle ben presto ne portano il segno, l'inconfondibile segno della
maternità che discende e accondiscende. Nella religione è tutto
un chinarsi. "Si chinano i cieli... si chinò sulla bara... chinatosi, si
mise a scrivere col dito in terra... E chinato il capo, spirò!”. Così risponde il Figlio di Dio alle ipocrite rigidezze dei figli degli uomini***
(Primo Mazzolari, Il solco).
Postato da: giacabi a 15:59 |
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don mazzolari
IL PAPA
***
Anche per il papa, come per Gesù, il sinedrio è sempre convocato e il tribunale siede in permanenza. Tutti l'abbiamo giudicato, una, due, tante volte: tutti ci crediamo in diritto di giudicarlo.
Se un giorno gli uomini gli andassero incontro da ogni strada cantando
gli "osanna", quel giorno il papa non sarebbe più il papa,
cioè colui che tiene il posto di due Crocifissi: di cui uno col capo in
giù, perché non si credeva degno di essere equiparato al Maestro.***
(P. Mazzolari).
Postato da: giacabi a 18:33 |
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don mazzolari
***
Quando l’ossessione economica ha afferrato un uomo,non c’è più nulla di sacro,neanche la famiglia, neanche la religione.
(P. Mazzolari)
Il dono più grande non è fatto di cose, ma di noi stessi:
allora anche l’ultima creatura ha qualcosa da donare.
(P. Mazzolari)
Postato da: giacabi a 16:37 |
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don mazzolari
La Croce
***
Non basta ripetere le parole eterne del Vangelo, come non basta piantare delle croci, se nessuno vi si lascia poi inchiodare insieme con Cristo. ***
(P. Mazzolari)
***
Più
tutto manca sulla terra e più troviamo ciò che la terra può darci di
migliore: la Croce. Più abbracciamo la Croce e più stringiamo
strettamente Gesù, che vi è attaccato.
(C. De Foucauld)
Postato da: giacabi a 06:28 |
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croce, don mazzolari, defoucauld
Il prete vero
***
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Il prete è vero quando scompare; quando, dietro di sé, lascia indovinare e trasparire Qualcuno.
(P. Mazzolari).
Postato da: giacabi a 17:41 |
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don mazzolari
La Chiesa è madre
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La Chiesa è madre e le mamme piangono, perdonano, sperano, amano. ***
(P. Mazzolari).
Postato da: giacabi a 07:42 |
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chiesa, don mazzolari
La bellezza del bene
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C’è molta gente che sa fare la predica sul peccato, ma troppo pochi sanno far sentire che il bene è bello, che il volersi bene è bello, che il prodigarsi è bello (P. Mazzolari). ***
Postato da: giacabi a 21:12 |
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bellezza, don mazzolari
Viene per chi sta dietro la porta chiusa ***
"Ecco sto alla porta e busso..."
Egli non viene né per onorare il suo nome né per salvare la sua dignità: viene per chi sta dietro la porta chiusa. E chi ci sta dietro la porta chiusa? Io ci sto: in tanti ci stanno; ci sta il mondo. Il quale mi sembra ancor più sprangato in questo Natale... Da secoli, non da decenni, Egli attende... Ma anche se tardasse un po'..., aspettatelo: Egli verrà e lo vedrete tutti e ne godrà il vostro cuore poiché Egli viene a portare la pace al suo popolo e a restituirgli la vita. Primo Mazzolari |
Postato da: giacabi a 20:08 |
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don mazzolari
Il bisogno di tenerezza
***
” L’uomo
è uno specialista in casseforti; blindature,chiusure a doppia mandata.
Queste specialità egli le mette in atto non appena possibile solo che esca dall’infanzia
così quando tu provi bisogno di tenerezza, subito t’irrigidisci quasi
fosse un esigenza che ti diminuisca agli occhi tuoi e degli altri. Eppure
quante volte provi queste necessità e in un modo tanto prepotente. Hai
bisogno di piangere dopo una sconfitta e vorresti una carezza che ti
sollevi. Provi il morso della solitudine, un senso d’angoscia e
desidereresti il calore di un sorriso uno sguardo caldo che ti avvolga.
Perchè negarlo? Capita all’uomo maturo e alla persona anziana.
Commuoversi, prendere una mano nella tua, scioglierti in un sorriso
luminoso,spalancare le braccia,lo ritieni cose da bambini. I
gesti istintivi del cuore non osiamo più farli. Le braccia, le labbra,
la mano che possono esprimere in mille modi la tenerezza li abbiamo
legati. Bisogna morire per aver diritto alla tenerezza . Anzi bisogna essere morti perché si sciolgano i gesti antichissimi d’una fraternità che non ha più pudore del contatto umano”
Don Primo Mazzolari, Perdersi il solo guadagno
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Postato da: giacabi a 20:43 |
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don mazzolari
La povertà di spirito
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“ Il Crocifisso è l’offerta piena: non si è tenuto niente, né un lembo di veste, né una goccia di sangue, né la madre.
Ha dato tutto: consummatum est. Quando uno non si è tenuto niente per
sé, l’elenco delle cose date non ha importanza. Importa non avere più
niente per sé, non la quantità di roba che si è data. Quando uno non ha più niente da dare perché si è dato tutto allora si diventa capaci di “veri doni”. Dare tutto: ecco la carità. Chi
non da tutto non è nella carità, ma in una condizione borghese che
concilia il mio col tuo. Dove finisce il mio, incomincia il Paradiso."
Don Primo Mazzolari, - Perdersi, il solo guadagno
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Postato da: giacabi a 15:08 |
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don mazzolari
“IO PIANTO LA TENDA CRISTIANA”
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«Tu vai – (dice al suo interlocutore disposto a passare “di là” )– io non vengo, non posso venire. Ancora una volta c’è Qualcuno – non qualche cosa – che mi ferma... Tu vai senza una tua tenda, chiedendo un posto sotto la tenda comunista... Invece io pianto – e non da oggi – la tenda cristiana vicino a quella comunista, non per una meschina concorrenza, ma per offrire un porto, quando la delusione succederà fatalmente all’ebbrezza del successo».
Don Mazzolari
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Postato da: giacabi a 22:02 |
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comunismo, don mazzolari
TU NON UCCIDERE”
***
di don Primo Mazzolari
“
La nonviolenza non va confusa con la non-resistenza. Nonviolenza è come
dire: “no” alla violenza. E’ un rifiuto attivo del male, non
un’accettazione passiva. La pigrizia, l’indifferenza, la neutralità non
trovano posto nella nonviolenza, dato che alla violenza non dicono né si
né no. La nonviolenza si manifesta nell’impegnarsi a fondo.
Ogni violento presume di essere coraggioso, ma la maggior parte dei violenti sono dei vili. Il nonviolento, invece, nel suo rifiuto a difendersi è sempre un coraggioso.
Lo scaltro, che adula il tiranno per trarne profitto e protezione, o
per tendergli una trappola, non rifiuta la violenza bensì gioca con essa
al più furbo. La scaltrezza è violenza, doppiata di vigliaccheria ed
imbottita di tradimento. La
nonviolenza è al polo opposto della scaltrezza: è un atto di fiducia
dell’uomo e di fede in Dio, è una testimonianza resa alla verità fino
alla conversione del nemico.
Gesù
ha annunciato con insistenza e precisione la regola della nonviolenza:
“A chi ti percuote la guancia destra porgi la sinistra; a chi ti muoverà
lite per toglierti la tunica lascia anche il mantello; se alcuno ti
obbligherà a correre per un miglio seguilo per due” (Mt 5,40-41). (…)
La
nonviolenza assume un valore umano inestimabile solo quando diventa
resistenza al male sul piano spirituale. Lo Spirito di pace e di
giustizia, lo spirito di verità e di giustizia sono un unico e medesimo
spirito. (…) E allora la sua resistenza assume immediatamente questi
aspetti incomprensibili:
- dichiarazione di condanna del male;
- opposizione al male, non agli uomini che lo commettono;
- disposizione a pagare, e non a far pagare la nostra condanna
e la nostra opposizione al male.
Spesso,
più che al male, ci si oppone agli uomini che fanno il male, i quali
sono degli infelici ancor prima di essere dei colpevoli. Ma chi è puro e
veramente caritatevole nelle intenzioni e nei movimenti delle proprie
azioni?
Il
nonviolento rifiuta di portarsi sul piano del violento, costringendo
piuttosto questi a salire sul suo e a combattere con la forza l’idea. La
rotta del realismo politico incomincia quando il violento è obbligato a
scoprirsi qual è, ed è allora che si butta massicciamente e da
persecutore contro lo spirito. Tale comportamento fa cadere la maschera idealistica dell’egoismo, che è il vero movente di ogni violenza. Una volta caduta la maschera, la vittoria dello spirito albeggia, sia pure lontana.
La
nonviolenza è la cosa più nuova e la più antica; la più tradizionale e
la più sovversiva; la più santa e la più umile; la più sottile e
difficile e la più semplice, la più dolce e la più esigente; la più
audace e al più savia, la più profonda e la più ingenua. Concilia i
contrari nel principio; e perciò riconcilia gli uomini nella pratica”.
“ La pace cristiana non è regolata dal ‘do ut des’:
se tu sarai pacifico con me, io lo sarò con te. Il cristiano procede
per altra strada e dietro altra logica: “Udiste che fu detto: “Amerai il
tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri
nemici e pregate per i vostri persecutori, affinché siate figli del
Padre vostro che è nei cieli, il quale fa sorgere il sole sui buoni e
sui cattivi e manda la pioggia ai giusti e agli iniqui. Perché, se amate
quelli che vi amano, qual merito ne avete?
Non fanno lo stesso i pubblicani? E se salutate soltanto i vostri
fratelli, che cosa fate da più degli altri? Non usano lo stesso i
gentili? Siate dunque perfetti com’è perfetto il vostro Padre celeste”
(Mt 5,43-48).
Un cristiano deve fare la pace anche quando venissero meno “le ragioni di pace”. Al pari della fede, della speranza e della carità, la pace è vera beatitudine quando non c’è
tornaconto né convenienza né interesse di pace, vale a dire quando
incomincia a parere una follia davanti al buon senso della gente “ragionevole”.
La contabilità cristiana conosce la sola partita del dare: se vi aggiungiamo l’avere,
non ci dobbiamo sorprendere se rivedremo sul tappeto le ragioni del
lupo, il quale, essendo a monte del fiume, trovava che l’agnello gli intorbidiva le acque.Se gli altri odiano, non è una ragione perché odiamo anche noi. Si vince il male con il bene; la malattia con la salute; si oppone all’ostilità la carità: questo è il comandamento di Dio. Gli altri sono comandamenti di uomini, e uomini senza Dio, anche se fanno salamelecchi al prete.
Quando ci si giustifica delle ingiurie nostre col fatto delle ingiurie altrui, decadiamo dal cristianesimo: rendiamo nulla l’incarnazione con la passione e la resurrezione di cristo. Ad amare i soli amici erano buoni anche i pagani.
La pace comincia in noi… in me e da me, da te, da ciascuno… come la guerra. Ma come si può arrivare alla pace se si seguita a coltivare, quasi orto per ortaggi, questa aspirazione manichea dell’umanità
e della spiritualità; se si seguita ad alimentare una polemica fatta di
apriorismi e ingiurie, deformazioni e repulse; se si aumenta ogni
giorno più la disparità economica tra chi spedisce lingotti d’oro all’estero
e chi vive nelle baracche e intristisce nella disoccupazione; se si
insiste a vedere nel fratello insignito di un diverso distintivo
politico un cane da abbattere, un rivale da sopprimere, un nemico da
odiare?
Quanti cristiani, per assicurarsi un diritto all’odio,
si tramutano in farisei che non vedono fratelli, ma pubblicani, ma
samaritani, ma pagani. Come se Gesù non fosse mai venuto e non fosse
morto e risorto!…
(Tu non uccidere, 1955)
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Postato da: giacabi a 15:12 |
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don mazzolari
non a destra non a sinistra
non al centro ma in alto
di don Primo Mazzolari
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Postato da: giacabi a 14:54 |
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don mazzolari
INUTILITÀ DEL CRISTIANO
Adesso n. 6 - 31 marzo 1949
di don Primo Mazzolari
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Postato da: giacabi a 14:44 |
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comunismo, don mazzolari
Nostro fratello Giuda
di don Primo Mazzolari
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Miei
cari fratelli, è proprio una scena d’agonia e di cenacolo. Fuori c’è
tanto buio e piove. Nella nostra Chiesa, che è diventata il Cenacolo,
non piove, non c’è buio, ma c’è una solitudine di cuori di cui forse il
Signore porta il peso. C’è un nome, che torna tanto nella preghiera
della Messa che sto celebrando in commemorazione del Cenacolo del
Signore, un nome che fa’ spavento, il nome di Giuda, il Traditore.
Un
gruppo di vostri bambini rappresenta gli Apostoli; sono dodici. Quelli
sono tutti innocenti, tutti buoni, non hanno ancora imparato a tradire e
Dio voglia che non soltanto loro, ma che tutti i nostri figlioli non
imparino a tradire il Signore. Chi tradisce il Signore, tradisce la
propria anima, tradisce i fratelli, la propria coscienza, il proprio
dovere e diventa un infelice.
Io
mi dimentico per un momento del Signore o meglio il Signore è presente
nel riflesso del dolore di questo tradimento, che deve aver dato al
cuore del Signore una sofferenza sconfinata.
Povero
Giuda. Che cosa gli sia passato nell’anima io non lo so. E’ uno dei
personaggi più misteriosi che noi troviamo nella Passione del Signore.
Non cercherò neanche di spiegarvelo, mi accontento di domandarvi un po’
di pietà per il nostro povero fratello Giuda. Non vergognatevi di
assumere questa fratellanza. Io non me ne vergogno, perché so quante
volte ho tradito il Signore; e credo che nessuno di voi debba
vergognarsi di lui. E chiamandolo fratello, noi siamo nel linguaggio del
Signore. Quando ha ricevuto il bacio del tradimento, nel Getsemani, il
Signore gli ha risposto con quelle parole che non dobbiamo dimenticare:
"Amico, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo!"
Amico!
Questa parola che vi dice l’infinita tenerezza della carità del
Signore, vi fa’ anche capire perché io l’ho chiamato in questo momento
fratello. Aveva detto nel Cenacolo non vi chiamerò servi ma amici. Gli
Apostoli son diventati gli amici del Signore: buoni o no, generosi o no,
fedeli o no, rimangono sempre gli amici. Noi possiamo tradire
l’amicizia del Cristo, Cristo non tradisce mai noi, i suoi amici; anche
quando non lo meritiamo, anche quando ci rivoltiamo contro di Lui, anche
quando lo neghiamo, davanti ai suoi occhi e al suo cuore, noi siamo
sempre gli amici del Signore. Giuda è un amico del Signore anche nel
momento in cui, baciandolo, consumava il tradimento del Maestro.
Vi
ho domandato: come mai un apostolo del Signore è finito come traditore?
Conoscete voi, o miei cari fratelli, il mistero del male? Sapete dirmi
come noi siamo diventati cattivi? Ricordatevi che nessuno di noi in un
certo momento non ha scoperto dentro di sé il male. L’abbiamo visto
crescere il male, non sappiamo neanche perché ci siamo abbandonati al
male, perché siamo diventati dei bestemmiatori, dei negatori. Non
sappiamo neanche perché abbiamo voltato le spalle a Cristo e alla
Chiesa. Ad un certo momento ecco, è venuto fuori il male, di dove è
venuto fuori? Chi ce l’ha insegnato? Chi ci ha corrotto? Chi ci ha tolto
l’innocenza? Chi ci ha tolto la fede? Chi ci ha tolto la capacità di
credere nel bene, di amare il bene, di accettare il dovere, di
affrontare la vita come una missione. Vedete, Giuda, fratello nostro!
Fratello in questa comune miseria e in questa sorpresa!
Qualcheduno
però, deve avere aiutato Giuda a diventare il Traditore. C’è una parola
nel Vangelo, che non spiega il mistero del male di Giuda, ma che ce lo
mette davanti in un modo impressionante: "Satana lo ha occupato". Ha
preso possesso di lui, qualcheduno deve avervelo introdotto. Quanta
gente ha il mestiere di Satana: distruggere l’opera di Dio, desolare le
coscienze, spargere il dubbio, insinuare l’incredulità, togliere la
fiducia in Dio, cancellare il Dio dai cuori di tante creature. Questa è
l’opera del male, è l’opera di Satana. Ha agito in Giuda e può agire
anche dentro di noi se non stiamo attenti. Per questo il Signore aveva
detto ai suoi Apostoli là nell’ orto degli ulivi, quando se li era
chiamati vicini: "State svegli e pregate per non entrare in tentazione".
E
la tentazione è incominciata col denaro. Le mani che contano il denaro.
Che cosa mi date? Che io ve lo metto nelle mani? E gli contarono trenta
denari. Ma glieli hanno contati dopo che il Cristo era già stato
arrestato e portato davanti al tribunale. Vedete il baratto! L’amico, il
maestro, colui che l’aveva scelto, che ne aveva fatto un Apostolo,
colui che ci ha fatto un figliolo di Dio; che ci ha dato la dignità, la
libertà, la grandezza dei figli di Dio. Ecco! Baratto! Trenta denari! Il
piccolo guadagno. Vale poco una coscienza, o miei cari fratelli, trenta
denari. E qualche volta anche ci vendiamo per meno di trenta denari.
Ecco i nostri guadagni, per cui voi sentite catalogare Giuda come un
pessimo affarista.
C’è
qualcheduno che crede di aver fatto un affare vendendo Cristo,
rinnegando Cristo, mettendosi dalla parte dei nemici. Crede di aver
guadagnato il posto, un po’ di lavoro, una certa stima, una certa
considerazione, tra certi amici i quali godono di poter portare via il
meglio che c’è nell’anima e nella coscienza di qualche loro compagno.
Ecco vedete il guadagno? Trenta denari! Che cosa diventano questi trenta
denari?
Ad
un certo momento voi vedete un uomo, Giuda, siamo nella giornata di
domani, quando il Cristo sta per essere condannato a morte. Forse Lui
non aveva immaginato che il suo tradimento arrivasse tanto lontano.
Quando ha sentito il crucifigge, quando l’ha visto percosso a morte
nell’atrio di Pilato, il traditore trova un gesto, un grande gesto. Va’
dov’erano ancora radunati i capi del popolo, quelli che l’avevano
comperato, quella da cui si era lasciato comperare. Ha in mano la borsa,
prende i trenta denari, glieli butta, prendete, è il prezzo del sangue
del Giusto. Una rivelazione di fede, aveva misurato la gravità del suo
misfatto. Non contavano più questi denari. Aveva fatto tanti calcoli, su
questi denari. Il denaro. Trenta denari. Che cosa importa della
coscienza, che cosa importa essere cristiani? Che cosa ci importa di
Dio? Dio non lo si vede, Dio non ci da’ da mangiare, Dio non ci fa’
divertire, Dio non da’ la ragione della nostra vita. I trenta denari. E
non abbiamo la forza di tenerli nelle mani. E se ne vanno. Perché dove
la coscienza non è tranquilla anche il denaro diventa un tormento.
C’è
un gesto, un gesto che denota una grandezza umana. Glieli butta là.
Credete voi che quella gente capisca qualche cosa? Li raccoglie e dice:
"Poiché hanno del sangue, li mettiamo in disparte. Compereremo un po’ di
terra e ne faremo un cimitero per i forestieri che muoiono durante la
Pasqua e le altre feste grandi del nostro popolo".
Così
la scena si cambia, domani sera qui, quando si scoprirà la croce, voi
vedrete che ci sono due patiboli, c’è la croce di cristo; c’è un albero,
dove il traditore si è impiccato. Povero Giuda. Povero fratello nostro.
Il più grande dei peccati, non è quello di vendere il Cristo; è quello
di disperare. Anche Pietro aveva negato il Maestro; e poi lo ha guardato
e si è messo a piangere e il Signore lo ha ricollocato al suo posto: il
suo vicario. Tutti gli Apostoli hanno abbandonato il Signore e son
tornati, e il Cristo ha perdonato loro e li ha ripresi con la stessa
fiducia. Credete voi che non ci sarebbe stato posto anche per Giuda se
avesse voluto, se si fosse portato ai piedi del calvario, se lo avesse
guardato almeno a un angolo o a una svolta della strada della Via
Crucis: la salvezza sarebbe arrivata anche per lui.
Povero
Giuda. Una croce e un albero di un impiccato. Dei chiodi e una corda.
Provate a confrontare queste due fini. Voi mi direte: "Muore l’uno e
muore l’altro". Io però vorrei domandarvi qual è la morte che voi
eleggete, sulla croce come il Cristo, nella speranza del Cristo, o
impiccati, disperati, senza niente davanti.
Perdonatemi
se questa sera che avrebbe dovuto essere di intimità, io vi ho portato
delle considerazioni così dolorose, ma io voglio bene anche a Giuda, è
mio fratello Giuda. Pregherò per lui anche questa sera, perché io non
giudico, io non condanno; dovrei giudicare me, dovrei condannare me. Io
non posso non pensare che anche per Giuda la misericordia di Dio, questo
abbraccio di carità, quella parola amico, che gli ha detto il Signore
mentre lui lo baciava per tradirlo, io non posso pensare che questa
parola non abbia fatto strada nel suo povero cuore. E forse l’ultimo
momento, ricordando quella parola e l’accettazione del bacio, anche
Giuda avrà sentito che il Signore gli voleva ancora bene e lo riceveva
tra i suoi di là. Forse il primo apostolo che è entrato insieme ai due
ladroni. Un corteo che certamente pare che non faccia onore al figliolo
di Dio, come qualcheduno lo concepisce, ma che è una grandezza della sua
misericordia.
E
adesso, che prima di riprendere la Messa, ripeterò il gesto di Cristo
nell’ ultima cena, lavando i nostri bambini che rappresentano gli
Apostoli del Signore in mezzo a noi, baciando quei piedini innocenti,
lasciate che io pensi per un momento al Giuda che ho dentro di me, al
Giuda che forse anche voi avete dentro. E lasciate che io domandi a Gesù, a Gesù che è in agonia, a Gesù che ci accetta come siamo, lasciate che io gli domandi, come grazia pasquale, di chiamarmi amico.
La
Pasqua è questa parola detta ad un povero Giuda come me, detta a dei
poveri Giuda come voi. Questa è la gioia: che Cristo ci ama, che Cristo
ci perdona, che Cristo non vuole che noi ci disperiamo. Anche quando noi
ci rivolteremo tutti i momenti contro di Lui, anche quando lo
bestemmieremo, anche quando rifiuteremo il Sacerdote all’ultimo momento
della nostra vita, ricordatevi che per Lui noi saremo sempre gli amici.
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Postato da: giacabi a 14:26 |
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don mazzolari
La coscienza
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" Il confine tra il bene ed il male passa all'interno del nostro cuore . “
San Francesco di Sales
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Postato da: giacabi a 14:35 |
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don mazzolari
CI IMPEGNAMO NOI E NON GLI ALTRI
***
Ci impegniamo noi e non gli altri
unicamente noi e non gli altri, né chi sta in alto né chi sta in basso, né chi crede né chi non crede. Ci impegniamo senza pretendere che altri s'impegnino, con noi o per suo conto, come noi o in altro modo.
Ci impegniamo
senza giudicare chi non s'impegna, senza accusare chi non s'impegna, senza condannare chi non s'impegna, senza disimpegnarci perche altri non s'impegna. Ci impegniamo perche non potremmo non impegnarci. C'è qualcuno o qualche cosa in noi, un istinto, una ragione, una vocazione, una grazia, più forte di noi stessi.
Ci impegniamo
per trovare un senso alla vita, a questa vita, alla nostra vita, una ragione che non sia una delle tante ragioni, che ben conosciamo e che non ci prendono il cuore. Si vive una sola volta e non vogliamo essere "giocati". in nome di nessun piccolo interesse.
Non ci interessa la carriera,
non ci interessa il denaro, non ci interessa la donna o l'uomo se presentati come sesso soltanto, non ci interessa il successo né di noi né delle nostre idee, non ci interessa passare alla storia.
Ci interessa di perderci
per qualche cosa o per qualcuno che rimarrà anche dopo che noi saremo passati e che costituisce la ragione del nostro ritrovarci. Ci impegniamo a portare un destino eterno nel tempo, a sentirci responsabili di tutto e di tutti, ad avviarci, sia pure attraverso un lungo errare, verso l'amore.
Ci impegniamo
non per riordinare il mondo, non per rifarlo su misura, ma per amarlo; per amare anche quello che non possiamo accettare, anche quello che non è amabile, anche quello che pare rifiutarsi all'amore, poiche dietro ogni volto e sotto ogni cuore c'è, insieme a una grande sete d'amore, il volto e il cuore dell'amore.
Ci impegniamo
perché noi crediamo all'amore, la sola certezza che non teme confronti, la sola che basta per impegnarci perpetuamente .
Primo Mazzolari
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Postato da: giacabi a 21:00 |
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don mazzolari
La speranza
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La speranza vede la spiga quando i miei occhi di carne non vedono che il seme che marcisce.
don Primo Mazzolari
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Postato da: giacabi a 14:23 |
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speranza, don mazzolari
Vieni Signore e non tardare!
***
La mia vita si svolge tra questi due momenti, come tra due poli opposti: la mia povertà e la tua sovrabbondante misericordia. Donde il mio sospiro e il mio grido: Veni, Domine et noli tardare, vieni Signore e non tardare!
P. Mazzolari.
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Postato da: giacabi a 08:38 |
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don mazzolari
Il dono più grande
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Il dono più grande non è fatto di cose, ma di noi stessi: allora anche l’ultima creatura ha qualcosa da donare.
P. Mazzolari.
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Postato da: giacabi a 08:35 |
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don mazzolari
Amare
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Gli uomini si amano come sono e non come dovrebbero essere.
Se le nostre mamme avessero aspettato a volerci bene quando noi fossimo diventati buoni, forse sarebbero morte senza volerci bene.
don Primo Mazzolari
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Postato da: giacabi a 08:35 |
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don mazzolari
Un uomo per la Chiesa
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Si cerca per la Chiesa un uomo...
Si cerca per la Chiesa un uomo
senza paura del domani, senza paura dell'oggi,
senza complessi del passato.
Si cerca per la Chiesa un uomo,
che non abbia paura di cambiare,
che non cambi per cambiare,
che non parli per parlare.
Si cerca per la Chiesa un uomo
capace di vivere insieme agli altri,
di lavorare insieme, di piangere insieme,
di ridere insieme, di amare insieme,
di sognare insieme.
Si cerca per la Chiesa un uomo capace di perdere
senza sentirsi distrutto, di mettersi in dubbio
senza perdere la fede, di portare la pace
dove c'è inquietudine e l'inquietudine dove c'è pace.
Si cerca per la Chiesa un uomo
che abbia nostalgia di Dio,
che abbia nostalgia della Chiesa,
nostalgia della gente,
nostalgia della povertà di Gesù,
nostalgia dell'obbedienza di Gesù.
Si cerca per la Chiesa un uomo
che non confonda la preghiera
con le parole dette d'abitudine,
la spiritualità col sentimentalismo,
la chiamata con l'interesse,
il servizio con la sistemazione.
Si cerca per la Chiesa un uomo capace di morire per lei
ma ancora di più capace di vivere per la Chiesa;
un uomo capace di diventare ministro di Cristo,
profeta di Dio, un uomo che parli con la sua vita.
Si cerca per la Chiesa un uomo.
Primo Mazzolari
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Postato da: giacabi a 19:21 |
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santi, cristianesimo, don mazzolari
A PROPOSITO DEL 25 APRILE
E DEI PARTIGIANI ROSSI DEL CLN*
***
...nel 1946 - subito dopo l'assassinio di un altro reverendo bolognese, don Giuseppe Rasori - don Primo Mazzolari aveva firmato un coraggioso articolo sui «preti uccisi proditoriamente»:
«Mutano
i tempi, mutano i regimi, in nome di Mussolini o di Marx il nostro
destino di poveri preti è sempre alla mercé del prepotente... E sui muri
del paese, il giorno del funerale, puoi leggere un manifesto firmato da
tutti i partiti e dagli stessi parenti che quasi si scusano per aver
creduto alla calunnia che un prete sia stato ammazzato. La carità ciellenistica* ha più larghe braccia di quella del Vangelo. Il Vangelo insegna a perdonare, ma i fatti non li nega; e se ci sono birboni in giro, tali restano anche ai suoi occhi; mentre per gli altri, se c'è un torto, ce l'hanno i morti che non hanno saputo star vivi. Chi
in Italia osasse parlare di delitti politici, insulterebbe la libertà,
la repubblica, Marx, il proletariato, la Russia, la civiltà... Gli altri
sì, che facevano morire; e se c'è qualche cosa che non va bene sono gli
altri che opprimono e insanguinano il Paese col sangue dei preti».
Don Primo Mazzolari
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Postato da: giacabi a 08:49 |
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comunismo, don mazzolari
L'ATTESA
«Sei tu colui che ha da venire o attenderemo un altro?» (Mt 11,3)Un’affascinante riflessione di don Primo Mazzolari
La vita di ognuno è un'attesa.
Il presente non basta a nessuno: l'occhio e il cuore sono sempre
avanti, oltre la breve gioia, oltre il limite del nostro possesso, oltre
le mete raggiunte con aspra fatica.
In un primo momento pare che ci manchi solo qualcosa: più tardi ci si accorge che ci manca Qualcuno.
E lo attendiamo.
Ogni popolo, come ogni cuore, è in stato messianico. La nostra epoca è forse l'epoca più messianica della storia.
Tale attesa, calma o disperata, silenziosa o urlante, è il disegno inconfondibile della nostra povertà e della nostra grandezza.
L'uomo non è mai tanto povero come quando si accorge che gli manca tutto: non è mai tanto grande come quando, da questa stessa povertà, tende le braccia e il cuore verso Qualcuno.
Cristo è questo Qualcuno.
Il profeta lo chiama «il Veniente».
Poiché egli è colui che viene, io sono colui che attende.
E l'inquietudine di chi attende si placa nella carità di chi viene: come l'incarnazione è l'inizio compiuto ed esemplare dell'incontro, il suo fermento.
La nostra attesa è così assetata, che spesso rivolgiamo male la nostra ricerca e ancor peggio collochiamo il nostro cuore.
Gli stessi eletti possono avere momenti di esitazione. Il fatto di Giovanni il Battista, secondo l'odierno Vangelo, insegna.
Egli aveva visto Gesù sulle rive del Giordano: l'aveva battezzato e indicato al popolo come «l'Agnello di Dio...». Poi, non l'aveva più incontrato. E, adesso, era in prigione a motivo di Erodiade...
Certe prove mettono in discussione tutte le nostre certezze.
Io l'ho provato qualche mese fa. Lo scoramento spirituale può prendere anche i santi e i profeti; solo coloro, che si dimenticano di ascoltare il cuore dell’uomo nel santo, ne fanno meraviglia.
La differenza tra noi e i santi è nella maniera con cui si fa fronte allo smarrimento.
Noi accogliamo il dubbio e ci lasciamo prendere dall'accidia...
Nella domanda che i discepoli di Giovanni portano a Cristo c'è già qualcosa di bruciante.
Senza fede non si vive.
Un naufrago si attacca a tutto: a una tavola, a una corda, a un filo d'erba.
L'uomo non può fare il naufrago per tutta la vita.
Purché sia uomo e non «una canna agitata dal vento»! I problemi dello spirito sono guardati seriamente e vissuti passionalmente soltanto dai veri uomini.
Le «canne agitate dal vento» (che non hanno nulla a che vedere con «le canne pensanti» di Pascal perché non pensano affatto) si credono libere perché servono tutti i padroni e deridono il profeta che, per servire uno solo, abbandona la propria testa sul piatto del festino
In un primo momento pare che ci manchi solo qualcosa: più tardi ci si accorge che ci manca Qualcuno.
E lo attendiamo.
Ogni popolo, come ogni cuore, è in stato messianico. La nostra epoca è forse l'epoca più messianica della storia.
Tale attesa, calma o disperata, silenziosa o urlante, è il disegno inconfondibile della nostra povertà e della nostra grandezza.
L'uomo non è mai tanto povero come quando si accorge che gli manca tutto: non è mai tanto grande come quando, da questa stessa povertà, tende le braccia e il cuore verso Qualcuno.
Cristo è questo Qualcuno.
Il profeta lo chiama «il Veniente».
Poiché egli è colui che viene, io sono colui che attende.
E l'inquietudine di chi attende si placa nella carità di chi viene: come l'incarnazione è l'inizio compiuto ed esemplare dell'incontro, il suo fermento.
La nostra attesa è così assetata, che spesso rivolgiamo male la nostra ricerca e ancor peggio collochiamo il nostro cuore.
Gli stessi eletti possono avere momenti di esitazione. Il fatto di Giovanni il Battista, secondo l'odierno Vangelo, insegna.
Egli aveva visto Gesù sulle rive del Giordano: l'aveva battezzato e indicato al popolo come «l'Agnello di Dio...». Poi, non l'aveva più incontrato. E, adesso, era in prigione a motivo di Erodiade...
Certe prove mettono in discussione tutte le nostre certezze.
Io l'ho provato qualche mese fa. Lo scoramento spirituale può prendere anche i santi e i profeti; solo coloro, che si dimenticano di ascoltare il cuore dell’uomo nel santo, ne fanno meraviglia.
La differenza tra noi e i santi è nella maniera con cui si fa fronte allo smarrimento.
Noi accogliamo il dubbio e ci lasciamo prendere dall'accidia...
Nella domanda che i discepoli di Giovanni portano a Cristo c'è già qualcosa di bruciante.
Senza fede non si vive.
Un naufrago si attacca a tutto: a una tavola, a una corda, a un filo d'erba.
L'uomo non può fare il naufrago per tutta la vita.
Purché sia uomo e non «una canna agitata dal vento»! I problemi dello spirito sono guardati seriamente e vissuti passionalmente soltanto dai veri uomini.
Le «canne agitate dal vento» (che non hanno nulla a che vedere con «le canne pensanti» di Pascal perché non pensano affatto) si credono libere perché servono tutti i padroni e deridono il profeta che, per servire uno solo, abbandona la propria testa sul piatto del festino
Tratto da Primo Mazzolari - ”La parola che salva”- Edb 1995
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