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sabato 11 febbraio 2012

Embrione


L'inutilità nella sperimentazione
 delle cellule embrionali
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 Dossier: «Cellule staminali adulte: applicazioni terapeutiche e prospettive di ricerca»

Angelo Vescovi: pronti per la sperimentazione umana contro la Sclerosi laterale amiotrofica

Vescovi Angelo Angelo Vescovi, 46 anni, docente di Biologia applicata alla Bicocca di Milano, è condirettore dell’Istituto di ricerca sulle cellule staminali al San Raffaele, direttore dell’Istituto di ingegneria dei tessuti e del progetto «Officina del cervello» all’ospedale Niguarda, direttore scientifico del Consorzio italiano per la ricerca sulle cellule staminali, coordinatore della Banca di staminali cerebrali a Terni e direttore scientifico della Fondazione Neurothon. Per la sua esperienza è consulente del governo italiano e della Camera dei Lords inglese. Pur essendo agnostico, si oppone da sempre all’impiego di embrioni nella ricerca.
Professor Vescovi, pare che il nuovo Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, possa cambiare politica rispetto al suo predecessore e accordare il finanziamento federale alla ricerca sulle staminali embrionali. Secondo lei è un’ipotesi plausibile?
Anzitutto occorre chiarire che il cambiamento di politica potrebbe riguardare nello specifico la ricerca sugli embrioni umani. Detto questo, credo sia una risposta tardiva a un problema che non c’è più da almeno tre anni. Le tecniche messe a punto nel 2006 dallo scienziato giapponese Shinya Yamanaka, infatti, permettono di generare e addirittura clonare cellule staminali embrionali umane senza dover ricorrere agli embrioni, ma derivandole artificialmente da una cellula somatica adulta (si parla di Induced pluripotent stem cell, Ips). Il problema della sperimentazione sugli embrioni, dunque, è già stato risolto alla base. Le cellule Ips vengono ottenute trasferendo nelle cellule adulte, con appositi vettori virali, quattro geni normalmente associati alle staminali. Il problema è che uno di questi geni è risultato cancerogeno. Un mese fa, per fortuna, anche questo inconveniente è stato superato e le Ips sono ora del tutto sicure. Poiché pare che il nuovo Presidente Usa sia una persona intelligente, ritengo di poter dire che la sua è una dichiarazione “di facciata” e che sicuramente, al momento opportuno, valuterà con attenzione il problema. Fatta questa premessa, penso che possa essere ammissibile un uso regolato degli embrioni sovrannumerari già esistenti.
Lei dice che il problema non si pone più. Allora perché qualcuno continua a premere per fare sperimentazione con gli embrioni?
A questo punto credo che non si tratti più di una lobby di tipo politico-ideologico, ma economica. Per 15-20 anni, infatti, il mondo anglosassone ha investito in ricerche e tecnologie che, ovviamente, hanno portato alla registrazione di brevetti. La scoperta di Yamanaka, che consente di riprogrammare le staminali adulte portandole allo stadio embrionale, rischia di mandare in fumo i miliardi di euro investiti finora nella ricerca sugli embrioni. Credo che sia questo il problema di fondo. Comunque è bene riflettere su un altro dato: il governo giapponese ha fatto un investimento strategico sulla riprogrammazione delle cellule, manifestando lo stesso atteggiamento lungimirante avuto in passato con i microchip e l’elettronica.
Concetto di staminalita'
Quali risultati ha prodotto finora la ricerca sulle staminali embrionali?
Ha dato ottimi risultati in termini di conoscenze e informazioni scientifiche, almeno per quanto concerne la ricerca su modelli animali. Il problema è che raramente queste conoscenze sono state traslate all’uomo e, soprattutto, a fini terapeutici. Si tenga presente un fatto: per procedere a un trapianto di staminali embrionali autologo, che scongiuri cioè il rigetto, bisogna aver clonato l’embrione umano in origine. Questa operazione ha un’efficienza di uno su duecento e nessuno c’è ancora riuscito. La tecnica dell’Ips riesce, invece, a ottenere staminali embrionali autologhe tutti i giorni e in qualunque laboratorio del mondo. Viene veramente da chiedersi quale sia la logica dietro a certe pressioni... La ricerca sulle staminali embrionali, dunque, è la benvenuta purché sia fatta nel rispetto di un’etica, che è quella naturale della specie. E lo dico, come è ormai noto, da agnostico.
E riguardo alla ricerca sulle cellule staminali adulte, quali sono le speranze principali?
Ci sono numerose terapie che già vengono usate in clinica, soprattutto in ambito ematologico, per curare e guarire determinati tipi di leucemie e malattie rare. Ora grandi sforzi sono rivolti alle terapie cellulari ricostruttive che, al pari delle altre, avranno un utilizzo molto mirato e dunque non potranno essere usate su qualsiasi paziente. Si tratta, in generale, di pratiche estremamente complesse, volte a rigenerare tessuti in cui miliardi di cellule intrattengono tra loro numerose relazioni. Il meccanismo è molto complicato e dunque occorre tempo per comprenderlo e padroneggiarlo. Detto questo, grandi speranze giungono proprio dalla cronaca recente: mi riferisco al caso della donna di Barcellona, alla quale è stato praticato un trapianto di trachea da donatore, “ricolonizzata” con cellule staminali della stessa paziente; in questo modo è stato possibile evitare la somministrazione di farmaci antirigetto. Mi pare che i progressi fatti siano enormi, soprattutto a fronte di finanziamenti ridicoli rispetto ad altri settori (si pensi, ad esempio, agli armamenti).
Il 1° dicembre a Roma, l’associazione onlus Neurothon (dedicata alla ricerca sulle malattie neurodegenerative) ha organizzato un convegno internazionale per fare il punto sul possibile impiego delle cellule staminali per la cura della Sclerosi laterale amiotrofica (Sla). Quali opportunità terapeutiche esistono?
Nel giro di pochi mesi dovremmo poter partire all’ospedale Niguarda di Milano con la prima sperimentazione umana a livello europeo. Iniziamo con una decina di malati di Sla, selezionati da un’apposita Commissione clinica, che valuterà con attenzione i casi che garantiscono il massimo approccio etico e, allo stesso tempo, risultati misurabili. Poi dovremmo estendere lo studio ad altri tipi di malattie metaboliche. Ma bisogna vedere anzitutto come va con i primi. La certezza non ce l’ha nessuno.
Quando pensate di partire?
Dare un’indicazione esatta dei tempi è impossibile per una serie di ostacoli tecnico-burocratici: non sappiamo quando verrà concessa la certificazione Gmp [Good manifacturing practice, pre-requisito fondamentale per le attività di tipo farmaceutico, ndr] alla Banca di cellule staminali cerebrali di Terni, dove produrremo le cellule da utilizzare nella sperimentazione; inoltre dobbiamo ancora completare il protocollo clinico. Peraltro finora ho sempre dovuto spostare la data prevista anche per la mancanza di finanziamenti. Comunque ritengo che ormai si tratti di mesi e non più di anni. Stiamo preparando questa sperimentazione con la massima onestà intellettuale e secondo i criteri della scienza occidentale, dunque dobbiamo rispettare tutte le regole dalla prima all’ultima. Peraltro saremmo già qui a guardare i risultati, se ci fossero stati i soldi: avremmo potuto fare tutto in sei mesi e, invece, siamo in ballo da tre anni e mezzo. Però questa è la logica del nostro Paese. Ho voluto rimanere, ho voluto la bicicletta, e ora pedalo.
Ricercatore Candiolo3
Non a caso il gruppo di ricercatori che a Barcellona ha ottenuto il brillante risultato sulla trachea è guidato da un “cervello in fuga” italiano, Paolo Macchiarini...
Eh sì. E, purtroppo, come lui ce ne sono tanti altri. Ho un grande rispetto per loro. Io stesso ho lavorato per cinque anni in Canada e poi sono tornato. Forse ho sbagliato, ma ora sono qui e devo lavorare a queste condizioni. Fuori dall’Italia, onestamente, è tutto più facile: non si perde tempo in pratiche pletoriche e intoppi procedurali fantasiosi. Solo l’altro giorno scorrevo gli importi delle borse di studio che verso ai giovani del mio laboratorio. C’è poco da fare: il 45 per cento del compenso lordo va in tasse. Quindi il finanziamento per le borse di ricerca è, in realtà, già decurtato quasi della metà. Senza contare le sovvenzioni per i reagenti di laboratorio, che dobbiamo acquistare negli Stati Uniti e dunque ci costano tre volte di più. Credo che questo Paese debba smettere di guardare ai ricercatori come se fossero tutti ladri, per cui occorre controllare il singolo centesimo che hanno in tasca. Devono metterci nelle condizioni di lavorare e chiederci un rendiconto dei risultati dopo cinque anni: non possono fare le pulci ai bilanci ogni sei mesi, domandandoci cosa abbiamo fatto di ogni tranche di finanziamenti. Cosa volete che facciamo con 20 mila euro in sei mesi? Non bastano nemmeno per tre esperimenti.
I giovani ricercatori italiani continuano ad avere contratti a tempo determinato e a vivere in condizioni di assoluta precarietà fino a età relativamente “avanzata”...
L’ho detto in tempi non sospetti, prima cioè delle recenti proteste di piazza. Ed è uno dei motivi per cui oggi alcuni sostengono che io abbia un brutto carattere, mentre ho solo il temperamento di chi reagisce quando vede i soprusi. Il nostro sistema è pieno di nepotismi, angherie e violenze psicologiche contro i più giovani: è una totale e assoluta vergogna. L’ho denunciato già dieci anni fa e continuo farlo oggi. Non diamo ai ragazzi la possibilità né di imparare né di produrre. Così a un certo punto se ne vanno. E capisco bene quelli che non tornano. Perché più di una volta anche io, che tutto sommato ho avuto “fortuna”, ho pensato che non mi dispiacerebbe andare via. E le occasioni certo non mi mancano: l’ultima risale alla settimana scorsa. Poi resto qui perché comunque sono cresciuto e mi sono formato in questo Paese e desidero che vada avanti. Però tante cose devono cambiare. In ogni caso, credo che il sistema non possa essere risanato, ma vada rifondato ex abrupto, con un massiccio ricambio generazionale.

Postato da: giacabi a 14:22 | link | commenti
embrione, scienza - articoli

venerdì, 23 novembre 2007
 Cellule staminali adulte ok!
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da:   www.avvenire.it     22-11-07
IERI, SU STAMINALI RIPROGRAMMATE.  LA SCOPERTA? NOTIZIA FUORI LINEA
  MARINA CORRADI
È strano. La notizia delle due ricerche che in Giappone e in America hanno prodotto cellule staminali pluripo­tenti, molto simili a quelle embrionali, senza distruggere embrioni ma parten­do invece da tessuti adulti, per il Times di ieri valeva l’apertura della prima pa­gina: «Cellule staminali, un passo avan­ti », titola a tutta pagina. E i giornali ita­liani cosa hanno fatto? Repubblica, un ti­tolino schiacciato in basso in prima, per il resto chi vuole vada a pagina 23, se gliene resta il tempo dopo tre pagine fit­te di cronaca sull’arresto del quarto uo­mo di Perugia, cui va anche il titolone di prima. Il Corriere ha scritto di stamina­li domenica, e basta, abbiamo già dato. La Stampa infila la notizia nell’inserto di Scienze, cioè a dire dove si mettono in genere le comete, e le migrazioni dei pinguini, temi interessantissimi ma sen­za immediata ricaduta sulla nostra quo­tidianità.
  L’Unità
piazza la scoperta a pa­gina otto, in basso, in gergo giornalisti­co 'a piede', ma almeno la mette.
  Per il compassato Times quello delle sta­minali è un « breakthrough », una con­quista da prima pagina.
Le Ips – Indu­ced pluripotential cells – ottenute fa­cendo regredire cellule adulte potreb­bero un giorno essere riprogrammate per formare 200 tipi di tessuto diverso, senza i problemi derivanti dal rigetto, giacché proverrebbero dall’organismo dello stesso paziente. Senza clonare e distruggere embrioni. Una miniera di pezzi di ricambio, forse l’inizio della cu­ra per malattie di cui non c’è, oggi, al­cuna cura. Ma i giornali italiani non si scompongono. Pagina 23, o inserto scienze, assieme alle comete.
  È strano, davvero. Certo, la tecnica giap­ponese è lontana dall’applicazione terapeutica, perché per fare regredire la cellula adulta si sono usati retrovirus cancerogeni. D’altra parte, anche
le sta­minali embrionali 'autentiche' con la loro totipotenza ponevano forti rischi proliferativi, ciò che non ha impedito di investirci, di sperare e di titolare a ripe­tizione, senza avere ottenuto una sola applicazione terapeutica in 10 anni. Se uno come Ian Wilmut, già autorizzato dalla Hfea britannica a clonare embrio­ni umani per la sua ricerca, dice 'grazie, ma io cambio strada', una ragione de­ve averla. Forse ne ha più di una: la scar­sa reperibilità degli ovociti femmili ne­cessari a questa ricerca – solo in Roma­nia le donne sono disposte a donare o­vuli in cambio di un pezzo di pane – a fronte della facilità del reperimento di tessuti adulti. La speranza, grande, di a­vere un giorno tessuti naturalmente compatibili con quelli del malato. Di a­vere i 'pezzi' giusti per ogni paziente – senza toccare embrioni.
  Dice bene il Times, una conquista. Ma gli stessi giornali che prima del referen­dum del 2005 ripetevano ossessiva­mente, e ignorando del tutto le obiezio­ni di autorevoli ricercatori, che per scon­figgere le malattie neurodegenerative occorreva usare gli embrioni, sulla svol­ta di oggi fanno understatement. Gli e­ditorialisti che avvertivano severi che perdere la corsa dei brevetti sulle sta­minali embrionali avrebbe affossato la ricerca scientifica in Italia, ora non scri­vono.
 
Come mai è più franco nel dichiarare il cambio di rotta uno scienziato come Wilmut? Proprio perché è uno scienzia­to, e, preso atto di una strada più pro­mettente e facilmente praticabile, nel confronto con la realtà cambia idea. Chi è ideologico, invece, non guarda alla realtà: ha un suo schema cui deve restar fedele, anche se ciò che accade lo con­traddice. (Hannah Arendt: «L’ideologia, è ciò che non vede la realtà»).
  Fra degli anni, forse, con le Ips derivate dalla ricerca giapponese e mirate sui no­stri tessuti nervosi bucati dall’Alzheimer cureranno noi, o i nostri figli. Sotto la sto­ria del quarto uomo del delitto di Peru­gia, sui giornali del 21 novembre 2007 c’era una grande notizia, però non quel­la giusta. Una notizia fuori linea. «Un pie­de, pagina otto», disse il caporedattore.
 


       

Postato da: giacabi a 17:04 | link | commenti
embrione, scienza - articoli

sabato, 14 aprile 2007
L’eugenetica?
Significa veramente voler diventare come Dio.
Alexander Langer*
“…una volta che si accettino criteri eugenetici, di definizione del tipo di umani che si vogliono mettere al mondo, è chiaro che chiunque abbia il potere di definizione potrà sbizzarrirsi. Qualcuno potrà dire che certi uomini devono essere muscolosi, che se sono destinati ad essere operai devono essere molto resistenti e magari potrebbero essere programmati a essere resistenti a certi climi, a certe malattie o anche, secondo criteri semplicemente di gusto estetico, che devono essere alti, biondi, con gli occhi celesti o che devono essere maschi o femmine. Purtroppo, già oggi, in paesi in cui i rispettivi regimi ammettono solo la nascita di un figlio, sappiamo che se la femmina viene tempestivamente individuata viene abortita.

Tutto questo futuro bio-tecnologico ha conseguenze enormi e forse non ancora avvertite dalla gran parte della gente.

La prima che dobbiamo citare è senz'altro quella etica perché voler assumere il potere, medico, politico o semplicemente economico, di
scegliere che tipo di esseri viventi devono nascere e devono popolare il mondo e, quindi, di scegliere anche che tipo di esseri viventi non devono più riprodursi e devono sparire, significa veramente voler diventare come Dio. Io credo che qui si tocchi nel profondo il limite. Non è un caso che anche in tutta le leggende e mitologie l'idea dell'omunculus, cioè dell'uomo fatto in provetta o comunque dell'uomo fatto su misura, sia sempre stata in un certo senso l'estrema bestemmia, forse anche l'estremo del patto col diavolo. Quindi c'è un aspetto, quello etico, che mi pare sia prioritario. E finora, per quanto le culture, le religioni, e se vogliamo anche gli igienisti, si siano sforzati di dare ragionevolezza e anche di imbrigliare e di disciplinare la trasmissione di vita, di fatto la trasmissione di vita ha continuato ad avvenire in modo sostanzialmente anarchico. L'amore è anarchico nel senso che la scelta -chi si vuole accoppiare con chi- è anarchica. La stessa mobilità delle persone, il fatto, cioè, che uno nato in un certo clima, in una certa cultura, in un certo ambiente geografico, a un certo punto scelga, o sia costretto, ad andare altrove trasmette qualcosa, porta qualcosa con sé che, certo, può essere anche il vibrione del colera, che può essere anche la peste, ma che può essere anche un colore dei capelli o degli occhi in una zona del mondo in cui questi sono poco conosciuti o poco usuali. Ora, mi sembra che questo tipo di trasmissione di vita, che aveva anche la sua selezione, che ha visto tante specie scomparire, e non solo per l'intervento dell'uomo ma anche naturalmente, abbia mantenuto il suo cardine, il suo punto forte, in questa anarchia di fondo. Oggi, col tentativo di disciplinare in modo industriale, di distinguere industrialmente il sano dal malato, la vita che deve riprodursi dalla vita che non deve riprodursi, tocchiamo un limite estremo. ….. Dopo quello etico e quello biologico della bio-diversità c'è l'aspetto economico….. A questo punto siamo alla replicazione industriale di vita a pagamento, esattamente come avviene per esempio con i diritti d'autore di un libro dove ogni copia tirata di per sé dovrebbe dare un qualche vantaggio a chi ne è stato l'autore o l'editore. “

*
Alexander Langer (Vipiteno, provincia di Bolzano 22 febbraio 1946 - Firenze, 3 luglio 1995) fu un giornalista, scrittore, uomo politico e attivista per la pace.Tra i fondatori del partito dei Verdi italiani, è stato promotore di numerosissime iniziative per la pace, la convivenza, i diritti umani, l'ambiente. Inoltre è stato anche l'ultimo direttore del quotidiano Lotta Continua. Il 3 luglio del 1995 si tolse la vita nella campagna toscana, nei pressi di Firenze.


Postato da: giacabi a 22:00 | link | commenti
embrione, langer

domenica, 16 luglio 2006
Elogio all'embrione cioè a chi eravamo
I brani piu signiificativi di un intervista a Leonardo Morsut giocatore di serie A di pallavolo  e promettente ricercatore.
Rifiuta 300mila euro per far ricerca «L’embrione ne sa molto più di noi»
di Stefano Lorenzetto                                                    da     www.ilgiornale.it/  di oggi

...Che cos’è per lei un embrione?

«Umano? Dipende. A che stadio?»

A quello fissato dal dizionario: «Individuo nei suoi primi stadi di sviluppo dopo la fecondazione della cellula uovo

«È un sistema straordinario e complesso che ha in sé tutte le informazioni per creare un organismo. L’embrione ne sa molto più di noi. Gli uomini s’affannano a capire ma non sono assolutamente in grado di elaborare una predizione su un effetto biologico. Invece lui sa esattamente come produrre un braccio qua, una gamba là. Dal punto di vista embriologico non vi è alcuna differenza fra il prima e il dopo, fra un embrione e un feto. Non è che a un dato momento succeda qualcosa per cui gli venga aggiunta una caratteristica in più»……
«Vi è una continuità dall’uovo».
…Ma uno spermatozoo o un ovulo da soli non diventeranno mai persona. E comunque perché si vuole far credere che dal sacrificio di queste vite possa dipendere la cura di tutte le malattie, dal cancro alla sclerosi laterale amiotrofica?

 «Vi sono ricerche molto promettenti sugli embrioni».

Mi spiace deluderla, ma il professor Paolo Rebulla, che dirige la Biobanca italiana creata per custodire i 30.000 embrioni congelati, mi ha detto: «Non esiste al mondo una sola ricerca sulle cellule embrionali che si possa associare a procedure applicabili con successo all’uomo. C’è una cellula staminale embrionale che curi il Parkinson? No, che io sappia. Una che curi l’Alzheimer? No. Una che curi il diabete? No».



 bambin    La manina di Samuel un bimbo con la spina bifida  nato normale dopo un intervento  in utero 

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