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sabato 11 febbraio 2012

evoluzionismo


da:www.avvenire.it 14 settembre 2010

INTERVISTA

Coppens: L’Homo? Religiosus fin dalle caverne

 

 
«Per me, l’origine dell’uomo resta la più bella storia in assoluto e quando la scienza cerca di comprenderla è sempre costretta a constatare al contempo il carattere per così dire stravagante di questa storia, accanto alla sua dimensione d’umiltà». Dopo una vita di studi e campagne scientifiche sul campo talora esaltanti, Yves Coppens esibisce sempre verso il mondo preistorico una curiosità e un’ammirazione quasi spiazzanti. Il grande antropologo e paleontologo francese, fra gli scopritori della nostra antenata più famosa, Lucy, è anche un brillante divulgatore. Come mostra la raccolta di testi brevi Il presente del passato, in uscita oggi per Jaca Book (pagine 168, euro 18,00).

Professore, perché la preistoria ci affascina tanto?
«Gli interrogativi sul nostro statuto sulla Terra, sulla nostra origine e sulla nostra direzione, per così dire, fanno parte di un bisogno connaturato in noi. Al contempo, molti avvertono una grande precarietà nella situazione attuale. E in proposito, pur non condividendo personalmente questo punto di vista, ho l’impressione che nelle risposte sulla nostra origine si cerca pure una sorta di ancoraggio o di aiuto. Dei visitatori di mostre che ho curato, del resto, hanno spesso confessato che questa mano tesa verso il passato più profondo li rassicurava».

Lei ha scritto che il percorso dell’uomo offre un grande messaggio d’umiltà. Cosa intende?
«Si tratta della storia di un essere vivente apparso come qualsiasi altro essere vivente in una fase di adattamento climatico. Dopo il successo ottenuto in quest’adattamento, si è in seguito sviluppato grazie alle risorse di cui disponeva, compresa la cultura, nata dall’apparizione della coscienza. In generale, l’uomo è un mammifero di dimensioni medie in un pianeta in mezzo ad altri attorno a una stella, a sua volta, in mezzo a miliardi di altre in una galassia, a sua volta, in mezzo a miliardi di altre. Non si può che restare umili».

Per lei l’uomo si è comportato "come un podista di fondo". Perché?
«I paleontologi e gli anatomisti hanno seguito l’evoluzione della locomozione preumana e umana lungo dieci milioni di anni. All’inizio, vi fu l’associazione di una vita arboricola e di una bipedia alquanto goffa. Una bipedia più stabile, efficace e fluida si è sviluppata molto progressivamente. L’accesso alla stazione eretta e alla locomozione come la concepiamo oggi fu davvero lento e meritato. La facoltà di correre è giunta relativamente tardi».

In quest’evoluzione, c’è una fase che ancor oggi la affascina più di altre?
«L’apparizione stessa del genere umano, con lo sviluppo del suo encefalo e con la scelta di un’alimentazione a largo spettro che si è rivelata un successo decisivo per le fasi successive».

A proposito del mistero della coscienza, antropologi culturali come René Girard sostengono la centralità della dimensione sacra. Sul campo, a che punto sono giunte le ricerche sulla religiosità primitiva?
«
Sappiamo o abbiamo ormai il presentimento, dato che non sono sempre disponibili le prove definitive, che l’homo religiosus coincide con l’uomo in generale. L’essere umano, fin dallo sbocciare della sua umanità, è sensibile al sacro e possiede una dimensione spirituale. Personalmente, sono convinto che non ci sia distanza fra l’apparizione dell’uomo e l’apparizione del suo pensiero religioso. L’uno e l’altro sono parti di una stessa condizione».

Quali ricerche concrete paiono provarlo?
«Non è semplice sugli esseri più antichi scoprire delle dimostrazioni di questa dimensione religiosa. Ma
abbiamo ad esempio degli elementi che provano il trattamento dei morti fin da un milione di anni fa, o ancor prima. All’inizio, questi trattamenti furono forse un po’ rudimentali, ma restano comunque dei trattamenti. Mostrano che l’uomo tratta i suoi morti con un altro occhio, altri sentimenti, rispetto agli animali».

Le recenti celebrazioni di Darwin hanno riacceso lo scontro fra darwinisti puri e duri, per così dire, e neodarwinisti. Scientificamente, resta un dibattito costruttivo?
«
Le concezioni di Darwin hanno centocinquant’anni. Da allora, la scienza ha fatto progressi considerevoli. È evidente che la selezione naturale predicata da Darwin resta verificata, ma oggi si riconosce che la parte dovuta al caso è molto inferiore rispetto a quanto Darwin immaginasse. Darwin non conosceva le leggi dell’eredità e tanto meno ciò che oggi chiamiamo epigenetica. In altri termini, l’evoluzione è molto più complessa e diversificata di quanto egli pensasse. L’opera di Darwin resta esemplare e continua ad ispirarci. Ma l’evoluzione come oggi la intendiamo non può più essere definita col nome di darwinismo. Darwinismo ed evoluzione sono ormai due parole ben separate, anche se il darwinismo rappresentò una delle origini della riflessione sull’evoluzione».

Quale le pare oggi la più grande sfida per la conoscenza della preistoria?
«Credo sia proprio una migliore comprensione delle modalità dell’evoluzione. Sappiamo che l’evoluzione è una realtà. Ma non conosciamo tutti i meccanismi che essa utilizza per realizzarsi. La biologia, la genetica e la paleontologia hanno ancora molte ricerche da compiere per approdare a una comprensione collaudata e condivisa».

Nel suo libro in uscita in Italia, lei si sofferma anche sul pensatore e scienziato gesuita Pierre Teilhard de Chardin. In che senso, la sua lezione resta attuale?
«Sono molti gli aspetti attuali della sua riflessione. Teilhard fu grande innanzitutto perché seppe ben percepire la continuità della storia dell’universo, della Terra, della vita e dell’uomo. Ma anche perché intuì e anticipò l’evoluzione dell’umanità con le sue odierne reti. Del resto, potremmo benissimo chiamare internet "noosfera". Merita di essere riletto e meglio compreso».
Daniele Zappalà

Postato da: giacabi a 07:44 | link | commenti
evoluzionismo

martedì, 24 agosto 2010

 

Alfred Russel Wallace: evoluzione, selezione naturale e disegno intelligente.

***
In Evoluzione, darwinismo e creazione, Libri consigliati e letteratura e fede, Scienza e Fede on 23 agosto 2010 at 21:54
Ecco quello che molti ignorano: si può essere evoluzionisti e sostenere l’ipotesi del Disegno intelligente (ID), inoltre si sostiene l’ipotesi del Disegno intelligente e l’evoluzione ma non si può essere creazionisti. Chiariamo i significati:
Creazionismo: è nato in seno ad alcune sette protestanti americane, ed è il tentativo di fare affermazioni scientifiche riguardanti il mondo naturale e l’origine della vita basandosi sulla lettura letterale della Genesi (es: Michael Behe).
L’evoluzionismo (o neodarwinismo): esattamente l’opposto. Nasce in ambito laicista ed è la deriva filosofica ed interpretativa della teoria darwininana. Si tenta di proporre una visione atea, materialista e nichilsita dell’evoluzione (es: Dawkins, Odifreddi, Dennett).
Intelligent design (ID): ritiene che per spiegare certe caratteristiche dell’Universo, dalla comparsa della vita sulla terra all’evoluzione delle specie ecc…occorra implicare una causa intelligente e razionale piuttosto che pensare ad un processo casualistico e “cieco” (es: Davies, Novak, De Duve).
L’evoluzione: è una chiara teoria scientifica (forse ancora un pò incompleta ma comunque un dato di fatto), che postula la comune discendenza delle specie terrestri da un antenato comune e il cambiamento di esse attraverso il tempo.

Albert Einstein, ad esempio, sosteneva l’idea di un Progetto intelligente quando diceva: «Io non sono ateo e non penso di potermi definire panteista. Noi siamo nella situazione di un bambino che è entrato in una immensa biblioteca piena di libri scritti in molte lingue. Il bambino sa che qualcuno deve aver scritto quei libri, ma non sa come e non conosce le lingue in cui sono stati scritti. Sospetta però che vi sia un misterioso ordine nella disposizione dei volumi, ma non sa quale sia. Questa mi sembra la situazione dell’essere umano, anche il più intelligente, di fronte a Dio. La convinzione profondamente appassionante della presenza di un superiore potere razionale, che si rivela nell’incomprensibile universo, fonda la mia idea su Dio» (Einstein: His Life and Universe, Simon e Schuster, pag. 27). E come lui la maggior parte degli scienziati attuali e passati.
Evoluzione e Progetto intelligente: Alfred Russel Wallace.
Addirittura lo stesso co-scopritore della selezione naturale riteneva logico e doveroso implicare l’intervento di un Fattore esterno.
Alfred Russel Wallace (1823-1913) sbalordì lo stesso Darwin (di cui divenne poi amico), poiché formulò in modo totalmente indipendente la teoria evoluzionistica nello stesso periodo in cui il grande naturalista elaborava la propria. Darwin scrisse: «Se Wallace avesse avuto in mano la bozza del mio manoscritto del 1844, non ne avrebbe potuto trarre sunto migliore» (Lettera a Charles Lyell, 18/6/1858). Michael A. Flannery, direttore associato per le collezioni storiche della biblioteca delle Scienze della Salute dell’Università dell’Alabama, ha pubblicato in questi giorni il suo libro La teoria dell’evoluzione intelligente di Alfred Russel Wallace, dove descrive il pensiero del grande naturalista. Il Discovery Istitute, uno degli organi promotori del Disegno Intelligente (che non è creazionista), ne ha proposto una recensione e ha pubblicato l’intervista che Wallace rilasciò nel 1910 in merito al suo pensiero sull’origine della vita.
Egli disse: «Qualcosa è venuto da fuori. Una forza è stata esercitata dall’esterno. In una parola, la vita è stata data alla terra. Tutti gli errori di coloro che hanno distorto la tesi dell’evoluzione sono sorti dal presupposto che la vita è una conseguenza della auto-organizzazione. Questo è impensabile. La vita, come ha ammesso Huxley [il "mastino di Darwin"], è la causa e non la conseguenza dell’organizzazione. In qualche periodo della storia vi è stato un atto di creazione, un dono alla terra di qualcosa che prima non possedeva, e da quel dono, il dono della vita, è giunta la popolazione infinita e meravigliosa delle forme viventi. Nulla nell’evoluzione può spiegare l’anima dell’uomo, la differenza tra l’uomo e gli altri animali è incolmabile. Solo la matematica è sufficiente a dimostrare che l’uomo possiede una facoltà inesistente in altre creature. Poi c’è la musica e le facoltà artistiche. No, l’anima deriva da una creazione separata». (intervista riportata anche in The World of Life di Harold Begbie).
da:
http://antiuaar.wordpress.com/2010/08/23/alfred-russel-wallace-evoluzione-selezione-naturale-e-disegno-intelligente/

Postato da: giacabi a 17:07 | link | commenti
einstein, evoluzionismo, wallace

domenica, 13 dicembre 2009

Darwin
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 «Non sono mai stato un ateo nel senso di chi nega l’esistenza di Dio.». 

Darwin   da uno scritto a John Fordyce  1879


Postato da: giacabi a 13:09 | link | commenti
evoluzionismo

mercoledì, 27 maggio 2009

Evoluzione: Fatto o Credo?
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 http://www.pd.astro.it/othersites/altrimondi/prot02_083/Evoluzione-file/origine2.jpg



    Clicca  per questo bellissimo  video


 grazie a: rapyna

Postato da: giacabi a 19:54 | link | commenti (1)
evoluzionismo

domenica, 22 marzo 2009

 Darwin
***

Per questo provo una grande tristezza a vedere come è stato trasformato Darwin, l’uomo mite, curioso, paziente, mai fanatico, il quale, dopo anni di intenso travaglio interiore, non diventa un crociato dell’ateismo ma scrive semplicemente: «Il mistero del principio dell’universo è insolubile per noi e perciò, per quel che mi riguarda, mi limito a dichiararmi agnostico». Agnostico, dunque non ateo. Il termine agnostico fu coniato nel 1869 da Th. Huxley con riferimento all’agnostos theos, Dio sconosciuto, di cui parla San Paolo.”
Susanna Tamaro
da: Ma come hanno ridotto il mio Darwin
di Susanna Tamaro                                                da: http://www.ilgiornale.it/ 22/03/09

Postato da: giacabi a 16:19 | link | commenti
evoluzionismo

domenica, 02 novembre 2008

Evoluzione e Creazione
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La Evolución del Hombre [Parte III] by 赤.



“Vedo attualmente in Germania, ma anche negli Stati Uniti, un dibattito abbastanza accanito tra il cosiddetto creazionismo e l’evoluzionismo, presentati come fossero alternative che si escludono: chi crede nel Creatore non potrebbe pensare all’evoluzione e chi invece afferma l’evoluzione dovrebbe escludere Dio.

Questa contrapposizione è un’assurdità, perché da una parte ci sono tante prove scientifiche in favore di un’evoluzione che appare come una realtà che dobbiamo vedere e che arricchisce la nostra conoscenza della vita e dell’essere come tale. Ma la dottrina dell’evoluzione non risponde a tutti i quesiti e non risponde soprattutto al grande quesito filosofico: da dove viene tutto? e come il tutto prende un cammino che arriva finalmente all’uomo?

Mi sembra molto importante, questo volevo dire anche a Ratisbona nella mia lezione, che la ragione si apra di più, che veda sì questi dati, ma che veda anche che non sono sufficienti per spiegare tutta la realtà. Non è sufficiente, la nostra ragione è più ampia e può vedere anche che la ragione nostra non è in fondo qualcosa di irrazionale, un prodotto della irrazionalità, ma che la ragione precede tutto, la ragione creatrice, e che noi siamo realmente il riflesso della ragione creatrice. Siamo pensati e voluti e, quindi, c’è una idea che mi precede, un senso che mi precede e che devo scoprire, seguire e che dà finalmente significato alla mia vita. Mi sembra questo il primo punto: scoprire che realmente il mio essere è ragionevole, è pensato, ha un senso e la mia grande missione è scoprire questo senso, viverlo e dare così un nuovo elemento alla grande armonia cosmica pensata dal Creatore. Se è così, allora anche gli elementi di difficoltà diventano momenti di maturità, di processo e di progresso del mio stesso essere, che ha senso dal suo concepimento fino all’ultimo momento di vita. Possiamo conoscere questa realtà del senso precedente a tutti noi, possiamo anche riscoprire il senso della sofferenza e del dolore; certamente c’è un dolore che dobbiamo evitare e che dobbiamo allontanare dal mondo: tanti dolori inutili provocati dalle dittature, dai sistemi sbagliati, dall’odio e dalla violenza. Ma c’è anche nel dolore un senso profondo e solo se possiamo dare senso al dolore e alla sofferenza può maturare la nostra vita.

Postato da: giacabi a 08:44 | link | commenti
benedettoxvi, evoluzionismo


Evoluzione e Creazione
 ***

 



Il Papa:
La traduzione del discorso del Papa
Illustri signore e signori,
sono lieto di salutare voi, membri della Pontificia Accademia delle Scienze, in occasione della vostra assemblea plenaria, e ringrazio il professor Nicola Cabibbo per le parole che mi ha cortesemente rivolto a vostro nome.
Nella scelta del tema "Comprensione scientifica dell'evoluzione dell'universo e della vita", cercate di concentrarvi su un'area di indagine che solleva grande interesse. Infatti, oggi molti nostri contemporanei desiderano riflettere sull'origine fondamentale degli esseri, sulla loro causa, sul loro fine e sul significato della storia umana e dell'universo.
In questo contesto, è naturale che sorgano questioni relative al rapporto fra la lettura che le scienze fanno del mondo e quella offerta dalla rivelazione cristiana. I miei predecessori Papa Pio xii e Papa Giovanni Paolo ii hanno osservato che non vi è opposizione fra la comprensione di fede della creazione e la prova delle scienze empiriche. Agli inizi la filosofia ha proposto immagini per spiegare l'origine del cosmo sulla base di uno o più elementi del mondo materiale. Questa genesi non era considerata come una creazione, quanto piuttosto come una mutazione o trasformazione. Implicava una interpretazione in qualche modo orizzontale dell'origine del mondo. Un progresso decisivo nella comprensione dell'origine del cosmo è stato la considerazione dell'essere in quanto essere e l'interesse della metafisica per la questione fondamentale dell'origine prima e trascendente dell'essere partecipato. Per svilupparsi ed evolversi il mondo deve prima essere, e quindi essere passato dal nulla all'essere. Deve essere creato, in altre parole, dal primo Essere che è tale per essenza.
Affermare che il fondamento del cosmo e dei suoi sviluppi è la sapienza provvida del Creatore non è dire che la creazione ha a che fare soltanto con l'inizio della storia del mondo e della vita. Ciò implica, piuttosto, che il Creatore fonda questi sviluppi e li sostiene, li fissa e li mantiene costantemente.
Tommaso d'Aquino ha insegnato che la nozione di creazione deve trascendere l'origine orizzontale del dispiegamento degli eventi, ossia della storia, e di conseguenza tutti i nostri modi meramente naturalistici di pensare e di parlare dell'evoluzione del mondo. Tommaso ha osservato che la creazione non è né un movimento né una mutazione. È piuttosto il rapporto fondazionale e costante che lega le creature al Creatore poiché Egli è la causa di tutti gli esseri e di tutto il divenire (cfr. Summa theologiae, I, q. 45, a.3).
"Evolvere" significa letteralmente "srotolare un rotolo di pergamena", cioè, leggere un libro. L'immagine della natura come libro ha le sue origini nel cristianesimo ed è rimasta cara a molti scienziati.

Galileo vedeva la natura come un libro il cui autore è Dio così come lo è delle Scritture. È un libro la cui storia, la cui evoluzione, la cui "scrittura" e il cui significato "leggiamo" secondo i diversi approcci delle scienze, presupponendo per tutto il tempo la presenza fondamentale dell'autore che vi si è voluto rivelare.

Questa immagine ci aiuta a comprendere che il mondo, lungi dall'essere stato originato dal caos, assomiglia a un libro ordinato. È un cosmo. Nonostante elementi irrazionali, caotici e distruttivi nei lunghi processi di cambiamento del cosmo, la materia in quanto tale è "leggibile". Possiede una "matematica" innata. La mente umana, quindi, può impegnarsi non solo in una "cosmografia" che studia fenomeni misurabili, ma anche in una "cosmologia" che discerne la logica interna visibile del cosmo.


All'inizio potremmo non riuscire a vedere né l'armonia del tutto né delle relazioni fra le parti individuali né il loro rapporto con il tutto. Tuttavia, resta sempre un'ampia gamma di eventi intellegibili, e il processo è razionale poiché rivela un ordine di corrispondenze evidenti e finalità innegabili: nel mondo inorganico fra microstruttura e macrostruttura, nel mondo animale e organico fra struttura e funzione, e nel mondo spirituale fra conoscenza della verità e aspirazione alla libertà. L'indagine filosofica e sperimentale scopre gradualmente questi ordini. Percepisce che operano per mantenersi in essere, difendendosi dagli squilibri e superando ostacoli. Grazie alle scienze naturali abbiamo molto ampliato la nostra comprensione dell'unicità del posto dell'umanità nel cosmo.
La distinzione fra un semplice essere vivente e un essere spirituale, che è capax Dei, indica l'esistenza dell'anima intellettiva di un libero oggetto trascendente. Quindi, il Magistero della Chiesa ha costantemente affermato che "ogni anima spirituale è creata direttamente da Dio - non è "prodotta" dai genitori - ed è immortale" (
Catechismo della Chiesa cattolica, n. 366). Ciò evidenzia gli elementi distintivi dell'antropologia e invita il pensiero moderno ad esplorarli.
Illustri accademici, desidero concludere ricordando le parole che vi rivolse il mio predecessore Papa Giovanni Paolo ii nel novembre del 2003: "Sono sempre più convinto che la verità scientifica, che è di per sé una partecipazione alla Verità divina, possa aiutare la filosofia e la teologia a comprendere sempre più pienamente la persona umana e la Rivelazione di Dio sull'uomo, una rivelazione compiuta e perfezionata in Gesù Cristo. Per questo importante arricchimento reciproco nella ricerca della verità e del bene dell'umanità, io, insieme a tutta la Chiesa, sono profondamente grato".
Su di voi, sulle vostre famiglie e su tutti coloro che sono associati all'opera della Pontificia Accademia delle Scienze invoco di cuore le benedizioni divine di sapienza e di pace.
© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana
Benedetto XVI all'assemblea plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze venerdì 31 ottobre 2008

Postato da: giacabi a 08:18 | link | commenti
benedettoxvi, evoluzionismo

domenica, 24 agosto 2008

Darwin stesso non riteneva la teoria dell’evoluzione una prova contro la fede
di A.L. ***
 da: http://www.gliscritti.it/                  
Per quanto riguarda la posizione personale di Darwin sulla religione e sul Creatore il suo pensiero appare ondeggiante. Nella conclusione della prima edizione dell’opera L’origine della specie, dopo aver rilevato che «vi è qualcosa di grandioso in queste considerazioni sulla vita», non nomina Dio, mentre nella seconda edizione (1860) alla frase riportata aggiunge: «... e sulle varie facoltà di essa, che furono impresse dal Creatore in poche forme o anche in una sola».

Ma nel 1879 mentre lavorava alla sua autobiografia propende a definirsi agnostico, come farà il suo discepolo Thomas Huxley. Darwin riconosce: «Il mio giudizio è spesso fluttuante... e persino nelle mie fluttuazioni più estreme non sono mai stato ateo nel senso di negare Dio. Credo che in generale (e sempre più con il passare degli anni), ma non sempre, la mia posizione possa essere descritta più appropriatamente con il termine agnosticismo» (cit. da McGrath, 2006). Sulla sua posizione deve aver molto influito il problema del dolore, particolarmente dopo la perdita della figlia Annie all’età di 10 anni.

Così scrive F.Facchini, in Le sfide della evoluzione, Jaca, Milano, 2008, pp.87-88.

Si può ulteriormente leggere un passaggio scritto per
la sesta edizione de L’origine della specie (C.Darwin, L’origine della specie, Tascabili Newton, Roma, 2006, p.431) nel quale il grande ricercatore scrive:

“Dire che la scienza ora come ora non offre alcun indizio alla soluzione del problema [...] dell’essenza dell’origine della vita, non è un’obiezione valida [alla teoria dell’evoluzione]. Chi sa spiegare qual è l’essenza dell’attrazione di gravità? Attualmente nessuno contrasta l’accettazione dei risultati che derivano da questo elemento sconosciuto, che è l’attrazione, ciononostante in passato Leibniz ha accusato Newton di introdurre «nella filosofia qualità occulte e miracoli».
Non vedo alcuna buona ragione perché le opinioni espresse in questo volume debbano urtare i sentimenti religiosi di chicchessia. Allo scopo di dimostrare come certe impressioni siano passeggere, giova qui ricordare che la più grande scoperta mai fatta dall’uomo, ossia la legge dell’attrazione gravitazionale, fu anch’essa attaccata da Leibniz «come sovversiva della religione naturale e, quindi, di quella rivelata». Un celebre autore e teologo mi ha scritto di «aver compreso a poco a poco che si può avere un concetto di Dio altrettanto nobile sia credendo che Egli abbia creato alcune forme originarie capaci di autosvilupparsi in altre forme necessarie, sia credendo che Egli sia ricorso ad un nuovo atto di creazione per colmare i vuoti provocati dall’azione delle Sue leggi».


Postato da: giacabi a 08:47 | link | commenti
evoluzionismo

mercoledì, 28 maggio 2008

L'eccezionalità genetica dell'ornitorinco.     La teoria dell'evoluzione e il (defunto) darwinismo
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Il Presidente della Società italiana di biologia evoluzionistica, Giorgio Bertorelle, («Corriere» del 21 maggio) usa nei miei riguardi un veleno non molto meno acre di quello degli speroni dell'ornitorinco, la specie australiana di mammiferi monotremi oggetto del nostro contendere. Uno solo dei suoi molti veleni merita un antidoto, per cortesia verso i lettori.
Definisce la mia posizione un anti-darwinismo «all'italiana », evidentemente ignaro del mio ventennale, e ancora perdurante, soggiorno accademico negli Stati Uniti e delle svariate critiche al darwinismo ortodosso espresse, tra altri, da eminenti evoluzionisti americani, inglesi e tedeschi come Richard Lewontin, Gregory C. Gibson, Andreas Wagner, Gabriel Dover, Eric Davidson, Stuart Newman, Michael Sherman, Gerd Mueller, Marc Kirschner e la lista potrebbe continuare. Sono tutti biologi con credenziali scientifiche inattaccabili, tutti perfettamente materialisti, tutti indefettibilmente tesi allo sviluppo di una teoria dell'evoluzione biologica naturalistica.
«All'italiana», detto da Bertorelle, penso significhi qualcosa come provinciale, di seconda mano, più di un tantino becero. Di questo dovrebbe scusarsi non con me, che poco mi importa, ma con la scienza italiana, se non addirittura con tutti gli italiani. Sostiene che i processi biologici da me citati nell'articolo (duplicazioni geniche, mutazioni di geni maestri con effetti subitanei su molti tratti distinti, moltiplicazioni di cromosomi sessuali) sono «noti da tempo a tutti e interamente compatibili con la moderna teoria dell'evoluzione ». Auspico siano noti a lui da tempo e certo lo sono a molti biologi, ma il grande pubblico non ne sa niente, mi creda, e non solo in Italia. Certo che sono «interamente compatibili con la moderna teoria dell'evoluzione » perché sono essi stessi la moderna teoria dell'evoluzione, come da me esplicitamente sostenuto in quell'articolo.
L'errore di Bertorelle, grave, è confondere e generare confusione nei lettori tra la moderna teoria dell'evoluzione, sacrosanta, e il darwinismo, ormai largamente defunto. Sarebbe come far credere che qualsiasi analisi delle cause economiche profonde dei fenomeni sociali sia ipso facto un'analisi marxista. L'economista e storico francese Florin Aftalion, per esempio, è un anti marxista, che ha recentemente pubblicato un esauriente studio delle cause economiche della rivoluzione francese. La teoria darwiniana dell'evoluzione è perfettamente naturalistica, ma non ogni teoria perfettamente naturalistica dell'evoluzione è darwiniana. Lascio la parola a Darwin stesso: «Se si potesse dimostrare l'esistenza di un qualsiasi organo complesso e l'impossibilità che esso sia stato formato da piccoli, numerosi, successivi cambiamenti, allora la mia teoria collasserebbe assolutamente». I Bertorelle di questa terra non prendono sul serio il loro eroe. Lui non anticipava, come invece fanno loro, che le molte meraviglie della biologia degli ultimi venti anni potevano venire «integrate » nella sua teoria, che la sua teoria sarebbe stata confermata nell'essenziale da quanto oggi sappiamo.
Sono molti anni che le scoperte della genetica e della biologia dello sviluppo hanno fatto «collassare assolutamente » la teoria darwiniana, proprio nei termini precisati dallo stesso Darwin. Sarebbe l'ora di prenderne atto, aprire la mente a teorie naturalistiche più interessanti smettendo di agitare il vieto vessillo darwiniano per proteggersi da immaginari assalti alla razionalità scientifica.

Massimo Piattelli Palmarini - 23/05/2008

Fonte: corriere.della.sera
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mercoledì, 05 dicembre 2007

L’evoluzionismo e l’evoluzione
***

“Ci sono due modi di concepire l’evoluzione:
quello ufficiale, secondo cui tutto è creato dal caso, dall’accidente, dalla mancanza di qualunque regola, secondo cui dunque la complessità di un uomo deriva da una serie di eventi casuali. Cicerone diceva: “La possibilità di ottenere un verso di Ennio prendendo un certo numero di letterine
buttandole per aria a caso è nessuna”. Da tempo immemorabile si è capito che questo era un gioco che non funzionava e invece oggi ancora si asserisce; si corregge la teoria affermando che la selezione naturale mette ordine nei prodotti del caso. Ma la selezione naturale è un processo riduttivo che non inventa niente, semplicemente censura ciò che non funziona. Quindi due processi l’uno distruttivo, come la mutazione, l’altro riduttivo come la selezione dovrebbero costruire; caso e necessità, secondo il titolo di un famoso libro di Monod. Ma questo gioco di bussolotti offende l’intelligenza dell’uomo;
 per dire e sostenere questo, io sono ritenuto un eretico, e sono stato dirottato fuori dal corso principale della carriera universitaria perché sostengo che non è possibile considerare un’evoluzione senza regole, senza principi. L’evoluzione – ed è il secondo modo di concepirla che si oppone all’evoluzione neodarwiniana è un’evoluzione che introduce delle leggi, leggi di conformazione, leggi morfogenetiche, che regolano la formazione delle strutture viventi ed anche di quelle non viventi.”
Giuseppe Sermonti Meeting di Rimini 2000



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martedì, 04 dicembre 2007

L’evoluzionismo ragionevole
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 «Un'intelligenza superiore ha guidato lo sviluppo dell'uomo in una direzione definita e per uno scopo speciale, proprio come l'uomo guida lo sviluppo di molte forme animali e vegetali"..»

Alfred Russel Wallace


Postato da: giacabi a 17:09 | link | commenti (10)
evoluzionismo


L’evoluzionismo ideologico
***
 «In un futuro non molto distante, con il metro dei secoli, le razze umane civilizzate quasi certamente stermineranno e rimpiazzeranno le razze selvagge della terra... La distanza tra l'uomo ed i suoi simili più vicini sarà allora più grande, perché sarà quella tra l'uomo civilizzato e qualche scimmia così bassa come per esempio il babbuino, anziché come è ora tra il negro o l'australiano ed il gorilla." (Charles Darwin, The Descent of Man, 2nd edition, New York, A. L. Burt Co., 1874, p. 178

Postato da: giacabi a 16:46 | link | commenti (4)
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lunedì, 03 dicembre 2007

Stop ai cattivi maestri della «darwinolatria»
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articolo di Andrea Tornielli - lunedì 03 dicembre 2007,
Discendiamo davvero dalle scimmie? I nostri progenitori erano scimpanzé? Il mondo è veramente soggetto al caso? La selezione naturale secondo la legge dell’evoluzione va applicata anche per sopprimere i più deboli, i meno fortunati, gli handicappati, magari prima che nascano? Mai come in questi anni le domande sull’origine dell’uomo e sull’esistenza di un disegno intelligente (o ragione creatrice) hanno creato dibattito e anche contrasti. Nel mondo protestante degli Stati Uniti prende forza il creazionismo, che pretende di leggere la Bibbia alla lettera, mentre in molti Paesi d’Europa si discute animatamente sulla validità della teoria evoluzionistica darwiniana.
In questo dibattito, con una particolare preoccupazione educativa, s’inserisce il libro di Rosa Alberoni, Il Dio di Michelangelo e la barba di Darwin (Rizzoli, pagg. 330, euro 18). L’autrice non se la prende con la scienza, ma con l’ideologia scientista, con la «darwinolatria», che ha ridotto l’uomo a poco più di una scimmia tentando di cancellare ogni possibilità dell’esistenza di un Creatore. È vero che già Pio XII aprì alla possibilità dell’evoluzionismo (purché si considerasse solo un’ipotesi), ed è vero che Giovanni Paolo II ha affermato che «nuove conoscenze conducono a non considerare più la teoria dell’evoluzione una mera ipotesi». È altrettanto vero, però, che la «darwinolatria» come chiave di lettura ideologica e dogmatica persiste nei libri di testo e in fortunate trasmissioni televisive che trattano di scienza dando spesso per assodato ciò che assodato ancora non è.
Nel libro di Rosa Alberoni il Dio della creazione e la rivoluzione cristiana sono spiegate attraverso la lettura delle immagini della Cappella Sistina di Michelangelo. «Gli episodi della creazione di Adamo ed Eva - scrive il cardinale Renato Raffaele Martino nella prefazione - affascinano non solo per la genialità dell’artista, ma soprattutto perché danno un senso - il senso cristiano - al posto dell’uomo nell’universo». Quale sia questo senso, è sempre Martino a spiegarlo: «
Il Dio di Michelangelo è il Dio della dottrina cristiana, che crea l’universo secondo verità e amore e vi colloca l’uomo in una posizione eminente, unica creatura ad essere stata amata per se stessa», mentre le «ricerche scientifiche di Darwin hanno destato e destano tanto interesse soprattutto perché mettono in questione quel posto dell’uomo nell’universo». È l’ideologia a considerare l’uomo solo come un anello della filiera evolutiva, un prodotto del caso, dimenticando il salto qualitativo tra l’uomo e l’animale. Un salto che può anche essere frutto di un processo evolutivo, ma non causale.
«
Cancellando il Creatore e riducendo l’uomo a un derivato delle scimmie - ha spiegato Rosa Alberoni - Darwin e i suoi seguaci, da una teoria scientifica, hanno tratto un’ideologia atea che si basa su un solo comandamento: il primato del volere individuale che ha un solo scopo, quello di saziare i propri impulsi. È un modo subdolo per parificare l’essere umano agli animali». L’autrice analizza l’ideologia darwiniana e fa paragoni con le ideologie atee e totalitarie di nazismo e comunismo. In effetti, «non è un caso - ha detto ancora Rosa Alberoni - che il darwinismo abbia prodotto aberrazioni come il razzismo, il classismo, l’eugenetica, il peggior colonialismo, la discriminazione biologica».
Lo scopo dichiarato del libro è quello di mettere in guardia i genitori perché «nel momento in cui si accettano le origini solo materiali del nostro corpo, della nostra mente, del nostro cuore, allora cadranno non solo i fondamenti della fede, ma anche quelli della morale e della convivenza umana».

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evoluzionismo

martedì, 13 novembre 2007

L’evoluzione?
  Non esclude il Dio creatore

 DI  BENEDETTO XVI   da : www.Avvenire.it  del 13-11-07


*** 
 Nelle quattro  che abbiamo ascoltato, davanti a noi si apre un ampio spettro su cui potremmo discutere molto a lungo, ma per cui purtroppo abbiamo poco tempo a disposizione. Dopo la pausa possiamo ancora discutere alcune questioni. Penso che soprattutto gli stessi relatori vogliano dirsi qualcosa l’uno con l’altro, l’uno per l’altro, e l’uno contro l’altro, ma sempre in una contrapposizione produttiva che mira a far sì che conosciamo la verità e ce ne assumiamo la responsabilità.
  Dobbiamo pensare a quello che vogliamo fare con il tesoro delle quattro relazioni. Anch’esse forse hanno un telos. Ho l’impressione che sia stata la provvidenza che ha indotto il cardinale Schönborn a scrivere una glossa sul New York Times, a rendere di nuovo pubblico questo tema e a indicare dove stiano le questioni: che non si tratta di decidersi né per un creazionismo, che si chiude sostanzialmente alla scienza, né per una teoria dell’evoluzione che dissimula i propri vuoti o lacune e non vuole vedere le questioni che travalicano le possibilità del metodo delle scienze naturali. Si tratta piuttosto di questa interazione fra diverse dimensioni della ragione, in cui si schiude anche la via alla fede.
 
Quando egli fra ratio e fides mette l’accento sulla scientia o philosophia,
 allora in fondo si tratta di recuperare nuovamente una dimensione della ragione che avevamo perduta. Senza di essa la fede verrebbe esiliata in un ghetto e così si perderebbe il suo significato per la totalità della realtà e dell’essere umano.
  Quello che ora dico, in effetti, è già in certo qual modo superato dalle nuove relazioni, perché è derivato direttamente dall’ascolto della relazione del professor Schuster, ma lo vorrei dire comunque. Il professor Schuster ha da un lato indicato in modo sorprendente la logica della teoria dell’evoluzione che si è andata sviluppando, arrivando a poco a poco a una grande coesione, e anche le correzioni interne che nel contempo si sono trovate (soprattutto a Darwin); dall’altro, ha anche molto chiaramente messo in risalto le questioni che restano aperte.
  Non è che adesso io voglia stipare il buon Dio in questi vuoti: egli è troppo grande per trovare posto in quei vuoti. Ma a me pare importante sottolineare che la teoria dell’evoluzione implica delle domande che devono essere assegnate alla filosofia e che di per sé esulano dall’ambito proprio delle scienze naturali.
  A me pare importante, in particolare, come prima cosa, che la teoria dell’evoluzione in gran parte non sia dimostrabile sperimentalmente in modo tanto facile perché non possiamo introdurre in laboratorio 10.000 generazioni. Ciò significa che ci sono dei vuoti o lacune rilevanti di verificabilità-falsificabilità sperimentale a causa dell’enorme spazio temporale cui la teoria si riferisce.
  Come seconda cosa a me è parsa importante un’altra sua affermazione: la probabilità non equivale a zero ma neppure a uno. Per cui si pone la domanda: a quale altezza si situa la probabilità? Ciò è importante se vogliamo interpretare correttamente la frase di Papa Giovanni Paolo II: «La teoria dell’evoluzione è più di un’ipotesi». Quando il Papa disse questo, aveva i suoi buoni motivi. Ma nello stesso tempo è anche vero che la teoria dell’evoluzione non è ancora una teoria completa, scientificamente verificabile.
  Come terza cosa vorrei accennare ai salti di cui ha già parlato anche il cardinale Schönborn. Non basta la somma di piccoli passi. Ci sono dei «salti». La domanda sul loro significato va ulteriormente approfondita.
 
Come quarta cosa è interessante che i mutanti positivi siano solo pochi e che il corridoio, in cui si poteva svolgere lo sviluppo, è stretto. Questo corridoio è stato aperto e attraversato. Le scienze naturali stesse e la teoria dell’evoluzione possono rispondere in modo sorprendente a molte cose, ma nei quattro punti menzionati rimangono ancora aperte questioni rilevanti.
  Prima che giunga alla mia conclusione, vorrei dire qualcosa, cui ha già accennato anche il cardinale Schönborn: non solo alcuni testi scientifico-popolari, ma anche scientifici sull’evoluzione affermano di frequente che la «natura» o l’«evoluzione» avrebbe fatto questo o quello. Qui ci si domanda: chi è propriamente la «natura» o l’«evoluzione» come soggetto? Infatti non esiste! Quando si dice che la natura fa questo o quello, ciò può essere solo un tentativo di raggruppare una serie di eventi in un soggetto che però non esiste come tale. A me pare evidente che questo espediente verbale – forse inevitabile – racchiuda in sé domande di un certo peso.
 
Riassumendo potrei dire: le scienze naturali hanno schiuso grandi dimensioni della ragione che finora non erano state aperte, e ci hanno trasmesso così delle nuove conoscenze. Ma nella gioia per la grandezza della loro scoperta esse tendono a toglierci dimensioni della ragione di cui continuiamo ad avere bisogno. I loro risultati sollevano delle domande che vanno oltre la competenza del loro canone metodologico e alle quali in esso non è possibile dare una risposta. Tuttavia, sono domande che la ragione deve porre e che non possono essere lasciate solo al sentimento religioso. Bisogna considerarle come domande ragionevoli e trovare anche dei modi ragionevoli di trattarle.
  Sono le grandi domande fondamentali della filosofia che ci si presentano in forma nuova: la domanda sull’origine e sul futuro dell’uomo e del mondo. Inoltre, di recente, mi sono reso conto di due cose, che hanno illustrato anche le tre relazioni che si sono succedute
: c’è da un lato una razionalità della stessa materia. Si può leggerla.
  Essa ha una matematica in sé, è essa stessa ragionevole, anche se nel lungo cammino dell’evoluzione c’è l’irrazionale, il caotico e il distruttivo; ma la materia come tale è leggibile
.
 
D’altro lato, a me pare che anche il processo come un tutto abbia una razionalità. Nonostante il suo errare e percorrere strade sbagliate lungo lo stretto corridoio, nella scelta delle poche mutazioni positive e nello sfruttamento della poca probabilità, il processo stesso è qualcosa di razionale. Questa doppia razionalità che si rende di nuovo accessibile corrispondendo alla nostra ragione porta inevitabilmente a una domanda che esorbita dalla scienza, ma che comunque è una domanda della ragione: da dove viene questa razionalità? C’è una razionalità originaria che si rispecchia in queste due zone e dimensioni della razionalità? Le scienze naturali non possono e non devono rispondere direttamente, ma noi dobbiamo riconoscere la domanda come ragionevole e osare credere alla ragione creatrice e affidarci a essa.
  Da una parte c’è la razionalità della materia, che apre una finestra sul Creator Spiritus. A questo non dobbiamo rinunciare. È la fede biblica nella creazione che ci ha indicato la via a una civiltà della ragione, nelle cui possibilità c’è anche naturalmente quella di annientarsi nuovamente. Questa è una dimensione che deve rimanere e che io definisco anche una dimensione di contatto fra il greco e il biblico, che dovettero ambedue fondersi in una interna ragione e in una interna necessità.
  D’altro lato, tuttavia, noi dobbiamo anche vedere i limiti.
 
Naturalmente, nella natura c’è la razionalità, ma essa non ci permette di avere una visione totale del piano di Dio. Quindi nella natura permangono la contingenza e l’enigma dell’orribile, un po’ come lo descrive Reinhold Schneider dopo una visita al Museo di scienze naturali di Vienna. (Anch’io una volta ho visitato con mio fratello questo museo, ed eravamo sgomenti di fronte a tante cose orribili in natura.) Nonostante la razionalità, che c’è, noi possiamo constatare una componente di orrore, che non è più risolvibile filosoficamente. Qui la filosofia reclama qualcosa di ulteriore e la fede ci mostra il Logos, che è la ragione creatrice e che in modo incredibile poté farsi carne, morire e risuscitare. In questo modo ci si rivela un volto del Logos del tutto diverso da quello che noi possiamo presagire e cercare a tentoni partendo da una ricostruzione dei fondamenti della natura. Anche le due parti dell’anima greca vi alludono: da una parte la grande filosofia e dall’altra la tragedia, che in ultima analisi rimane senza risposta.

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