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sabato 11 febbraio 2012

felicità


La felicità
***
In qual modo dunque si cerca la felicità? Attraverso il ricordo, quasi che avendola dimenticata mi ricordi della dimenticanza; o per una naturale tendenza a conoscerla come una cosa ignota, non mai conosciuta? Non è proprio la felicità che tutti vogliono, che nessuno, nessuno non vuole? Come l'hanno conosciuta per desiderarla tanto? Dove l'hanno vista per amarla tanto? E non so come, ma in una qualche misura noi l'abbiamo. Se l'uomo non la conoscesse in un modo qualsiasi, non avrebbe il desiderio della felicità, ed è invece certissimo che la vuole. Essa è dunque conosciuta da tutti, e tutti, se si potessero interrogare con un termine comune se vogliono essere felici, tutti risponderebbero affermativamente senza ombra di esitazione. Ciò non potrebbe accadere se la cosa significata da quella parola non fosse conservata nella memoria.
Sant'Agostino, da Confessioni, libro X, cap.XX
 
grazie a:Le mie foto

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felicità, agostino

lunedì, 13 settembre 2010

La felicità reale
È straordinario e ricco di insegnamenti il destino storico del genio. Questi martiri prescelti  da Dio, condannati a distruggere in nome del movimento e della ricostruzione, si trovano in una contraddittoria situazione di equilibrio instabile tra l’aspirazione alla felicità e la convinzione che essa, come realtà o condizione concreta, non esiste. La felicità, infatti, è un concetto astratto, morale, e la felicità reale, la felicità felice, consiste, com’è noto, nell’aspirazione a quella felicità che per l’uomo non può essere che assoluta: quell’assoluto di cui siamo assetati.
Andrej Tarkovskij


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felicità, tarkovskij

lunedì, 16 agosto 2010


***
«“E che vantaggio avrà [l’essere umano] dal venire in possesso delle cose buone?”. “A questo – dissi io – mi è più facile fornirti una risposta: sarà felice”. “Infatti – disse–, è appunto per il possesso delle cose buone che sono felici quelli che sono felici, e non c’è più bisogno di fare questa ulteriore domanda: Chi vuole essere felice, a che scopo vuole essere felice? Perché la risposta ha ormai raggiunto il suo fine”. “Dici il vero”, risposi. “Questa volontà e questo amore credi che siano una cosa comune a tutti gli uomini, e che tutti vogliano possedere? O come dici?”. “Proprio così – dissi –, che sia una cosa comune a tutti”»
Platone dal :Dialogo

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platone, felicità

lunedì, 01 febbraio 2010

La gioia
 ***


Un cuore gioioso è il normale risultato
di un cuore che arde d'amore.
La gioia non è semplicemente una questione di temperamento,
è sempre difficile mantenersi gioiosi:
una ragione di più per dover cercare di attingere
alla gioia e farla crescere nei nostri cuori.

La gioia è preghiera; la gioia è forza; la gioia è amore.
E più dona chi dona con gioia.

Ai bimbi e ai poveri, a tutti coloro che soffrono e sono soli,
donate loro sempre un gaio sorriso;
donate loro non solo le vostre premure, ma anche il vostro cuore.
Può darsi che non si sia in grado di donare molto,
però possiamo sempre donare la gioia
che scaturisce da un cuore colmo d'amore.
Se nel vostro lavoro incontrate difficoltà e le accettate con gioia,
con un largo sorriso, in ciò, al pari di molte altre cose,
vedrete le vostre opere buone.
E il modo migliore per dimostrare la vostra gratitudine
consiste nell'accettare ogni cosa con gioia.

Se sarete colmi di gioia, la gioia risplenderà nei vostri occhi
e nel vostro aspetto, nella vostra conversazione e nel vostro appagamento.
Non sarete in grado di nasconderla poiché la gioia trabocca.

La gioia è assai contagiosa.
Cercate, perciò, di essere sempre
traboccanti di gioia dovunque andiate.
Madre Teresa di Calcutta


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felicità, madre teresa

sabato, 23 gennaio 2010

L'ottimismo cristiano
***
 

un ottimismo profondo di fronte all'esistenza e alla storia al quale il cristiano perviene in forza della coscienza della resurrezione di Cristo
Don Giussani
***
 "Spesso ho preferito chiamarmi ottimista per evitare la troppo evidente bestemmia del pessimismo. Ma tutto l'ottimismo dell'epoca e' stato falso e scoraggiante, per questa ragione: che ha sempre cercato di provare che noi siamo fatti per il mondo.
L'ottimismo cristiano invece e' basato sul fatto che noi non siamo fatti per il mondo."
Gilbert Keith Chesterton
***

 “Chi ai nostri tempi può ancora coltivare senza
preoccupazioni la musica e l’amicizia, suonare e stare allegro?
Sicuramente non l’uomo “etico”, ma solamente il cristiano.
 Dietrich Bonhoeffer  Così scriveva dal carcere nazista

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felicità, bonhoeffer, giussani, chesterton

giovedì, 03 settembre 2009

Chi è felice
***

"Felice chi ama Te, l'amico in Te, il nemico per Te. L'unico a non perdere mai un essere caro è colui che ha tutti cari in Chi non è mai perduto. E chi è costui, se non il Dio nostro, il Dio che creò il cielo e la terra e li colma, perché colmandoli li ha fatti?"

sant'Agostino
grazie a: Annina


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amicizia, felicità, agostino

mercoledì, 14 gennaio 2009

Il bisogno di felicità
***

La natura non ci ha solamente dato il desiderio della felicità, ma il bisogno; vero bisogno, come quel di cibarsi. Perché chi non possiede la felicità, è infelice, come chi non ha di che cibarsi, patisce di fame.
Giacomo Leopardi da: Zibaldone



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felicità, leopardi

domenica, 23 novembre 2008

La giovinezza
***
La giovinezza non è un periodo della vita,
essa è uno stato dello spirito, un effetto della libertà,
una qualità dell’immaginazione, un’intensità emotiva,
una vittoria del coraggio sulla timidezza,
del gusto dell’avventura sull’amore del conforto.
Non si diventa vecchi per aver vissuto
un certo numero di anni;
si diventa vecchi perché si è abbandonato il nostro ideale.
Gli anni aggrinziscono la pelle,
la rinuncia al nostro ideale aggrinzisce l’anima.
Le preoccupazioni, le incertezze, i timori, i dispiaceri
sono i nemici che lentamente ci fanno piegare verso terra
e diventare polvere prima della morte.
Giovane è colui che si stupisce e si meraviglia,
che si domanda come un ragazzo insaziabile:’E dopo?’,
che sfida gli avvenimenti e trova la gioia al gioco della vita.
Voi siete così giovani come la vostra fiducia per voi stessi,
così vecchi come il vostro scoramento.
Voi resterete giovani fino a quando resterete ricettivi.
Ricettivi di ciò che è bello, buono e grande,
ricettivi ai messaggi della natura, dell’uomo e dell’infinito.
E se un giorno il vostro cuore
dovesse esser mosso dal pessimismo
e corroso dal cinismo
possa Dio avere pietà della vostra anima di vecchi.
Generale Mac Arthur ai Cadetti di West Point – 1945

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felicità

venerdì, 17 ottobre 2008

L’inferno
                   ***
 Per rispondere dovevo ricondurre anche quel particolare che mi si opponeva all'ultimo destino dell'uomo, all'ultima idea dell'uomo. L'ultima idea dell'uomo è che l'uomo è una libertà, cioè qualcosa fatto per la felicità: e, paradossalmente, l'inferno nasce di qui. Senza inferno non ci sarebbe libertà, senza possibilità dell'inferno non ci sarebbe libertà. Perché? Perché la libertà implica la possibilità di dire di no, e dire di no è l'inferno: l'inferno è un grande no. Perciò l'inferno, paradossalmente, diventa la parola che indica di più la dignità dell'uomo. Non perché sia bello l'inferno, ma perché  - come ho già detto -afferma l'uomo come libertà, che vuol dire, nella sua traduzione positiva, che non può esser mia una felicità a cui non abbia detto di sì io. Se non dico sì, la felicità che raggiungessi non sarebbe mia. Per essere mia devo sceglierla, devo volerla, deve essere oggetto della mia libertà.
Luigi Giussani "Si può vivere così?"    


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libertà, felicità, giussani

lunedì, 29 settembre 2008

La gioia cristiana
***
| Perché se ci sono molti santi che non amano danzare,
ce ne sono molti altri che hanno avuto bisogno di danzare,
tanto erano felici di vivere:
Santa Teresa con le sue nacchere,
San Giovanni della Croce con un Bambino Gesù tra le braccia,
e san Francesco, davanti al papa.
Se noi fossimo contenti di te, Signore,
non potremmo resistere
a questo bisogno di danzare che irrompe nel mondo,
e indovineremmo facilmente
quale danza ti piace farci danzare
facendo i passi che la tua Provvidenza ha segnato.
Perché io penso che tu forse ne abbia abbastanza
della gente che, sempre, parla di servirti col piglio da
condottiero,
di conoscerti con aria da professore,
di raggiungerti con regole sportive,
di amarti come si ama in un matrimonio invecchiato.
Un giorno in cui avevi un po' voglia d'altro
hai inventato san Francesco,
e ne hai fatto il tuo giullare.
Lascia che noi inventiamo qualcosa
per essere gente allegra che danza la propria vita con te”.

Madeleine Delbrêl

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felicità, delbrel

sabato, 27 settembre 2008

La caratteristica del cristiano
***
«Fate che chiunque venga a voi se ne vada sentendosi meglio e più felice. Tutti devono vedere la bontà del vostro viso, nei vostri occhi, nel vostro sorriso. La gioia traspare dagli occhi, si manifesta quando parliamo e camminiamo. Non puo' essere racchiusa dentro di noi. Trabocca. La gioia è molto contagiosa»
 (M. Teresa di Calcutta).

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felicità, madre teresa

mercoledì, 17 settembre 2008

Per essere felice
***
“Non può vivere felice chi guarda esclusivamente a se stesso, chi volge ogni attenzione ai propri interessi: è importante vivere per un altro, se vuoi vivere per te stesso.”
Seneca Lettere morali a Lucilio

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seneca, felicità

mercoledì, 10 settembre 2008

La felicità
***
 "Non confondo il sogno e la felicità. La felicità è nel cuore! Tocca a ciascun rispondervi nel segreto della sua vita".
Jean Guitton.





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felicità, guitton

domenica, 07 settembre 2008

La felicità
***
“Stamattina una mia amica, che è una brava insegnante, come le antiche insegnanti che hanno creato il movimento, mi ha segnalato questa frase che Giacomo Leopardi scrisse a un amico francese in una lettera del 1823: «Se la felicità non esiste, cos'è dunque la vita? ». Noi accettiamo la vita perché tendiamo alla felicità. È bellissima questa espressione di Leopardi: è come una sintesi espressiva di tutto il nostro pensiero contenuto in Cara beltà o in Le mie letture. Che poi ha determinato una sensibilità maggiore anche verso la musica. Perché il primo anno al Berchet, oltre a citare Leopardi, portavo in classe i dischi di Beethoven (la Settima, il Concerto per violino e orchestra, ecc.), di Chopin... li facevo ascoltare e li spiegavo.
Per la felicità. «Se la felicità non esiste, cos'è dunque la vita?».
Accettiamo la vita perché tendiamo alla felicità. Stamattina sono rimasto impressionato, perché Leopardi scrisse questa lettera all'epoca dell'inno Alla sua donna (che era il mio pezzo forte fin dalla prima liceo per descrivere quale fosse l'esigenza umana e il destino dell'uomo): perciò essa compie la descrizione della grande ricerca che era il «dubbio» di Leopardi. È un suo culmine questa espressione, com'è un suo culmine l'inno Alla sua donna. Giulio Augusto Levi, almeno fino a qualche tempo fa il più grande critico leopardiano, afferma, nel suo libro su Leopardi, che l'inno Alla sua donna è la chiave di volta di tutta la sua poesia. È come un viaggio, quello di Leopardi, che ha avuto una approssimazione, una vicinanza alla soluzione: quando è stato lì lì per rispondere, la realtà, vale a dire l'influsso della mentalità dominante, lo ha «fregato». Ha ceduto perché non aveva compagnia. «Non è bene che l'uomo sia solo: facciamogli un aiuto simile a lui». Così Dio fece la donna. Questa è la motivazione che la Bibbia dà dell'origine della nostra situazione di uomini.”
 
Don Giussani Tracce N. 5 > maggio 1998

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amicizia, felicità, giussani

giovedì, 08 maggio 2008

La benefica follia del riso
***

 La più semplice verità sull'uomo e' che egli e' un essere veramente strano: strano quasi nel senso che è straniero a questa terra ... solo, fra tutti gli animali, e' scosso dalla benefica follia del riso;
quasi avesse afferrato qualche segreto di una più vera forma
dell'universo e lo volesse celare all'universo stesso.
 Questo fu il mio primo problema, quello di indurre gli uomini a capire la meraviglia e lo splendore dell’essere vivi. Chesterton da: L’uomo eterno

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felicità, chesterton


La misura di ogni felicita' e' la riconoscenza
 ***

 La misura di ogni felicita' e' la riconoscenza. Tutte le mie convinzioni sono rappresentate da un indovinello che mi colpì fin da bambino, L'indovinello dice: che disse il primo ranocchio? La risposta e' questa: "Signore come mi fai saltare bene". In succinto c'è tutto quello che sto dicendo io. Dio fa saltare il ranocchio e il ranocchio e' contento di saltellare.”


Chesterton Ortodossia

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felicità, chesterton


La gioia di essere cristiano
***

 "La gioia, che fu piccola appariscenza del pagano, è il gigantesco segreto del cristiano. Il pathos [di Gesù] fu naturale, quasi casuale. Gli stoici antichi e moderni ebbero l‘orgoglio di nascondere le loro lacrime. Egli non nascose mai le Sue lacrime. Egli le mostrò chiaramente sul Suo viso aperto ad ogni quotidiano spettacolo come quando Egli vide da lontano la Sua nativa città. Ma Egli nascose qualche cosa. I solenni superuomini, i diplomatici imperiali sono fieri di trattenere la loro collera. Egli non trattenne mai la sua collera. Egli rovesciò i banchi delle mercanzie per i gradini del Tempio e chiese agli uomini come sperassero di sfuggire alla dannazione dell’inferno. Pure Egli trattenne qualche cosa. Lo dico con riverenza: c’era in questa irrompente personalità un lato che si potrebbe dire di riserbo: c’era qualche cosa che egli nascose a tutti gli uomini quando andò a pregare sulla montagna: qualche cosa che egli coprì costantemente con un brusco silenzio o con un impetuoso isolamento. Era qualche cosa di troppo grande perché Dio lo mostrasse a noi quando Egli camminava sulla terra; ed io qualche volta ho immaginato che fosse la Sua allegrezza.”

Chesterton da: Ortodossia

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felicità, chesterton


La gioia di essere cristiano
***

 Chi ai nostri tempi può ancora coltivare senza preoccupazioni la musica e l’amicizia,   e stare allegro?
Sicuramente non l’uomo “etico”, ma solamente il cristiano”.
Dietrich Bonhoeffer dal carcere nazista in cui
si trovava recluso in attesa del martirio


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felicità, bonhoeffer

venerdì, 02 maggio 2008


 Brillare veramente...
 ***
Signore, facci ricordare
che il Tuo primo miracolo,
alle nozze di Cana,
lo facesti per aiutare
alcuni uomini a fare festa.

Facci ricordare
che chi ama gli uomini,
ama anche la loro gioia,
perché senza gioia
non si può vivere...

Fammi comprendere, Signore,
che il Paradiso è nascosto
dentro di noi.

Ecco, ora è qui,
nascosto dentro di me.
Se voglio, domani stesso,
comincerà a brillare veramente
per me
e durerà tutta la vita
.
Fedor Michajlovic Dostoevskij


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dostoevskij, felicità

sabato, 26 aprile 2008

La suprema felicità
***
La suprema felicità, nella vita, è la convinzione di essere amati per quello che siamo, o meglio ancora, nonostante quello che siamo.
Victor Hugo,

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felicità

mercoledì, 02 aprile 2008

***

Ciò che mi ostacola può difficilmente chiamarsi realtà; è paura, paura della felicità, un’inclinazione e un ordine a torturarmi per una meta più elevata. La voce interiore mi conduce nel buio, la realtà invece mi porterebbe da te. Non c’è posto per alcun compromesso, e anche se ci provassimo, ne saremmo entrambi distrutti.
Franz Kafka Da Lettere


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felicità, kafka

domenica, 24 febbraio 2008

Film. A PIEDI VERSO L'ALASKA IN CERCA DELLA FELICITA'
***

 
Un film di Sean Penn racconta la storia tragica e vera di un ragazzo
che, dopo la laurea, abbandona la famiglia e si mette in viaggio per
«trovare» se stesso


Luca Doninelli

Il Giornale martedì 29 gennaio 2008

Vado al cinema da solo, oggi - saranno vent'anni che non lo faccio -
perché Into the Wild di Sean Penn mi attira al di là e nonostante le recensioni, le stelline o i quadratini sui giornali, i commenti cosìcompostamente «culturali» che lo accompagnano. Disturbano come sempre la mitologia («mito americano», «mito della vita selvaggia», «mito della forza e del coraggio fisico» ecc.), che è un modo come un altro di non confrontarsi con niente.
Sean Penn, che per certi è solo un De Niro mal riuscito, è in realtà
il più anticulturale degli attori e dei cineasti, all'opposto del suo
presunto modello. È per questo che mi piace.Into the wild racconta la storia tragica e vera - tratta dal romanzo di Jon Krakauer Nelle terre estreme (Corbaccio, pagg. 267, euro 16.60)
- di Chris McCandless, studente modello e lettore vorace, che dopo la
laurea decide di abbandonare la famiglia - che odia - per cercare un
rapporto solitario e totalizzante con la natura.
La sua preferenza per autori come Jack London, Lev Tolstoj e Henry
David Thoreau è un segno preciso, e già preoccupante, della sua
chiarezza d'idee - troppo chiare, quelle idee, come se un guasto
d'origine facesse crescere troppo la pianta per poi impedirle di
maturare.
Chris, che si ribattezza Alex Supertramp («supervagabondo»), ha in
mente una destinazione finale dei suoi viaggi: l'Alaska. Prima, però,
vuole prepararsi all'impresa, vincere le paure ataviche - quella
dell'acqua, per esempio -, fortificarsi nel fisico, e al tempo stesso
far perdere le proprie tracce, non soltanto ai genitori, ma alla
società intera.

I suoi scrittori di riferimento, sia pure in modi diversi, hanno un
punto in comune: l'opposizione tra natura e società. E devono perciò
tutti e tre qualcosa a Rousseau.
La società - di cui gli sgangherati
genitori di Chris sono la concrezione estrema e maligna - ha un solo scopo:
quello di creare risposte finte alle domande dell'uomo.
Perciò l'uomo, se vuole sapere veramente chi è, deve allontanarsi dalla società e rifugiarsi nella natura.
L'Alaska è il luogo destinato di Chris perché lì, forse, è ancora
possibile una fuga.
La società ha invaso la natura, perfino il Grand
Canyon è regolato come la City di Manhattan. Gli uomini buoni
finiscono in galera, oppure vivono di ricordi. La società li taglia
fuori come tanti rami secchi.

Chris ha la possibilità di vivere con alcune persone buone, ma non accetta di condividere la loro sorte di sconfitti. Ha ventitré anni, e splende in lui una giovinezza che non ammette sconfitte, una giovinezza vittoriosa proprio perché giovinezza.

Inizia così lo splendido fallimento della sua spedizione in Alaska.
Nemmeno l'amore di una bella ragazza hippy lo ferma. Né l'amore né tantomeno il sesso rispondono infatti alla domanda, all'incessante «I want!, I want!» che urla dentro, come scriveva Saul Bellow. E allora non ci si può fermare, non si può amare, non si può procreare per non dare inizio a nuove catene di mostruosità e di mostri.

A dispetto di tutte le notizie orribili che apprendiamo sul loro
conto, i genitori di Chris ci appaiono attraverso l'occhio del
regista, che li guarda con pietà.
I venti secondi in cui il padre
(William Hurt), uscito disperato di casa, cammina furiosamente fino
alla strada per poi sedersi lì, nel mezzo, sono forse la cosa più
bella del film. Lì, forse, questo sciocco borghese comincia a capire
la vera tragedia di suo figlio. La capisce perché la scopre dentro di
sé.

Thoreau, London, Tolstoj, il buon selvaggio, la fuga dalla società, il contatto diretto con la natura sono tutte menzogne, tutti (al più) pretesti, chiacchiere giustificative per dare un'apparenza discorsiva, dialettica, etica a ciò che non conosce parola né discorso né morale, a questa malattia cieca per la quale un individuo, perlopiù un giovane, comincia a vedere il proprio futuro come un imbuto sempre più stretto, e la vita come la lenta esecuzione di una condanna a morte.

La fuga di Chris ha questo di particolare, che è come tutte le altre:
come quelli che muoiono per droga.
Succede alzandosi una mattina, oppure assistendo per strada a un
fatterello in apparenza insignificante che fa da detonatore per una
bomba nascosta in noi chissà da quanto tempo.

Ma altre volte l'inizio si trova prima ancora, al tempo delle sciocche lacrime notturne infantili, o delle prime congetture su «cosa farò da grande».

La colpa non è della società né dei genitori. C'è chi, più avveduto, si tiene adistanza da una voragine che c'è, dentro la vita, e chi non riesce a
evitarla.

Questa voragine non si spiega. Esiste, e basta. È quello scandalo di
cui tutta la storia dell'umanità ha parlato.
Qual è l'origine del
male? Perché non esisterà mai un mondo perfetto? Perché il bene che vogliamo fare ci si corrompe tra le mani? Imagine, cantava John Lennon. Poveretto. Chiamatela società, chiamatela capitalismo, chiamatela semplicemente peccato originale, che è la definizione meno ipocrita e più concreta. È quella cosa lì.

Chris pensa di poter dominare la natura dell'Alaska. Ha un fucile, è
fisicamente fortissimo, ma come si fa a non sapere che in certi
periodi dell'anno gli animali sembrano scomparire, e che in quei
periodi un fucile non serve a niente?
La sua Alaska immaginaria va in frantumi sotto i colpi di quella reale, di cui gli manca la chiave di lettura: uccide un alce ma i vermi e le mosche glielo portano via, poi, in preda alla fame, scambia una patata velenosa per una commestibile.

Il vero si rivela, alla fine, e come sempre non porta soltanto dolore.
La fine di Chris è quasi una guarigione.

Come Ivan Ilic' del racconto

di Tolstoj muore gridando «non c'è più la morte», così Chris prima della fine fa in tempo ad annotare queste parole
: «Non esiste felicità se non è condivisa». La sua non è la morte di un testardo malato, ma di un uomo sano.

Il Novecento e l'Ottocento si allontanano da noi, ma non abbastanza da toglierci di dosso una delle loro maledizioni: quella di essersi vergognati della verità e della realtà (ivi inclusa quella del male) al punto da sostituirle con un discorso pieno (psicologia, sociologia) di comprensione e di dubbio, da una strategia di addomesticamento.
La sorte di Chris appare come una specie di drammatica salvezza da tutta questa menzogna. Alla fine, almeno l'io si salva. Il male dei secoli è sconfitto.



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felicità, senso religioso

mercoledì, 13 febbraio 2008

Per essere felici
***
Per essere felici bisognerebbe vivere. Ma vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste e nulla più -
Oscar Wilde


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wilde, felicità

mercoledì, 26 dicembre 2007

Chi ama gli uomini ama anche la loro gioia
***
Signore, facci ricordare che il tuo primo miracolo lo facesti per aiutare alcune persone a far festa, alle nozze di Cana. Facci ricordare che chi ama gli uomini ama anche la loro gioia, che senza gioia non  si può vivere, che tutto ciò che è vero e bello è sempre pieno della tua misericordia infinita.

Fëdor Dostoevskij


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dostoevskij, felicità

venerdì, 30 novembre 2007

Senza gioia non si può vivere

***

Signore, facci ricordare che il tuo primo miracolo lo facesti per aiutare alcune persone a far festa, alle nozze di Cana. Facci ricordare che chi ama gli uomini ama anche la loro gioia, che senza gioia non si può vivere, che tutto ciò che è vero e bello è sempre pieno della tua misericordia infinita.
Fëdor Dostoevskij


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dostoevskij, felicità

lunedì, 22 ottobre 2007

La suprema felicità
                     ***
La suprema felicità, nella vita, è la convinzione di essere amati per quello che siamo, o meglio ancora, nonostante quello che siamo.
Victor Hugo                                                                                                a P.


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felicità

domenica, 21 ottobre 2007

Lo splendore della felicità

***



Quando si è visto una volta sola
lo splendore della felicità
sul viso di una persona
che si ama,

si sa che per un uomo
non ci può essere
altra vocazione
che suscitare questa luce
sui visi che lo circondano
Albert Camus


Postato da: giacabi a 15:52 | link | commenti
felicità, camus

lunedì, 15 ottobre 2007


La gioia
***

Ed ecco, appunto sull'albeggiare, pochi momenti dopo che Lucia s'era addormentata, ecco che, stando così immoto a sedere, sentì arrivarsi all'orecchio come un'onda di suono non bene espresso, ma che pure aveva non so che d'allegro. Stette attento, e riconobbe uno scampanare a festa lontano; e dopo qualche momento, sentì anche l'eco del monte, che ogni tanto ripeteva languidamente il concento, e si confondeva con esso. Di lì a poco, sente un altro scampanìo più vicino, anche quello a festa; poi un altro.
«Che allegria c'è? cos' hanno di bello tutti costoro?» Saltò fuori da quel covile di pruni; e vestitosi a mezzo, corse a aprire una finestra, e guardò. Le montagne eran mezze velate di nebbia; il cielo, piuttosto che nuvoloso, era tutto una nuvola cenerognola; ma, al chiarore che pure andava a poco a poco crescendo, si distingueva, nella strada in fondo alla valle, gente che passava, altra che usciva dalle case, e s'avviava, tutti dalla stessa parte, verso lo sbocco, a destra del castello, tutti col vestito delle feste, e con un'alacrità straordinaria.
«Che diavolo hanno costoro? che c'è d'allegro in questo maledetto paese? dove va tutta quella canaglia? ». E data una voce a un bravo fidato che dormiva in una stanza accanto, gli domandò qual fosse la cagione di quel movimento. Quello, che ne sapeva quanto lui, rispose che anderebbe subito a informarsene. Il signore rimase appoggiato alla finestra, tutto intento al mobile spettacolo. Erano uomini, donne, fanciulli, a brigate, a coppie, soli; uno, raggiungendo chi gli era avanti, s'accompagnava con lui; un altro, uscendo di casa, s'univa col primo che rintoppasse; e andavano insieme, come amici a un viaggio convenuto. Gli atti indicavano manifestamente una fretta e una gioia comune; e quel rimbombo non accordato ma consentaneo delle varie campane, quali più, quali meno vicine, pareva, per dir così, la voce di que' gesti, e il supplimento delle parole che non potevano arrivar lassù. Guardava, guardava; e gli cresceva in cuore una più che curiosità di saper cosa mai potesse comunicare un trasporto uguale a tanta gente diversa.
Alessandro Manzoni Da “I Promessi Sposi” – Cap. 21


Postato da: giacabi a 21:34 | link | commenti
felicità, manzoni

sabato, 13 ottobre 2007

La felicità
***
La felicità ha la sua fonte nel cuore, non nel possesso, ma nella scoperta del senso dell’esistenza e nella comunione con l’Assoluto.
Jean Danielou

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