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sabato 11 febbraio 2012

Finkielkraut,


L'ora dei feelings

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Noi viviamo all'ora dei feelings: non esistono più né verità né menzogne, né stereotipi né invenzioni, né bellezza né bruttezza, ma una tavolozza infinita di piaceri, differenti ed uguali».
(Alain Finkielkraut, La sconfitta del pensiero, Lucarini, Roma 1989, p.108)

Postato da: giacabi a 17:57 | link | commenti
finkielkraut

giovedì, 04 agosto 2011

Essere insegnanti
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Essere insegnanti non è solo un mezzo, è uno scopo, è una liberazione, è un'apertura, è la felicità del divenire altro, è, come lo richiama l'etimologia della parola scuola, la forma suprema del piacere. Lo abbiamo dimenticato. Qui, in questa dimenticanza, più ancora che nell'incapacità di offrire ai nostri bambini un avvenire privo di angosce, sta – mi sembra – il nostro fallimento più grave. Poiché, a differenza di un'economia mondializzata, questa incapacità ci è interamente imputabile.
(Alain Finkielkraut, La querelle de l'école, Stock/Panama, 2007, pag. 221))
                                                                                       

Postato da: giacabi a 14:19 | link | commenti
educazione, finkielkraut

domenica, 11 ottobre 2009

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Essere insegnati non è solo un mezzo, è uno scopo, è una liberazione, è un'apertura, è la felicità del divenire altro, è, come lo richiama l'etimologia della parola scuola, la forma suprema del piacere. Lo abbiamo dimenticato. Qui, in questa dimenticanza, più ancora che nell'incapacità di offrire ai nostri bambini un avvenire privo di angosce, sta – mi sembra – il nostro fallimento più grave. Poiché, a differenza di un'economia mondializzata, questa incapacità ci è interamente imputabile.
Alain Finkielkraut, La querelle de l'école, Stock/Panama, 2007, pag. 221)

Postato da: giacabi a 07:26 | link | commenti
educazione, finkielkraut

venerdì, 21 agosto 2009

L’oscurantismo del progresso
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“se oggi c’è un oscurantismo che imperversa in Europa, è precisamente l’oscurantismo del progresso. La posizione di questi scienziati, biologi e ginecologi procede da una confusione fra dominio e libertà. Più si domina, più si è liberi, ci ha insegnato l’Illuminismo. Ma oggi il nostro compito è proprio quello di rimettere in discussione questa lezione”  
 (Alain Finkielkraut)

Postato da: giacabi a 12:39 | link | commenti
illuminismo, finkielkraut

martedì, 21 ottobre 2008

L’etica è un avvenimento
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"L'etica non è un bene sovrano nè un dato immediato della coscienza, non è la legge imposta da Dio nè la manifestazione in ciascun uomo della sua autonomia: l'etica è anzitutto un avvenimento.
Bisogna che qualcosa avvenga all'io, perchè questo cessi di essere una "forza che va" e si desti dallo scrupolo. Questo colpo di scena è l'incontro con l'altro uomo o, più precisamente, la rivelazione del volto."
Finkielkraut
     

Postato da: giacabi a 15:05 | link | commenti
finkielkraut

domenica, 20 aprile 2008

Cristo salvatore dell’uomo
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§  “Oggi è ancora peggio Lo zombie è diventato l’utile idiota del fanatico. Il fanatismo detta legge e lo zombie traduce dicendo che non si sarebbe mai dovuto offendere il fanatico. L’occidente è talmente obnubilato dalla sensibilità democratica dalla passione dell’identico, che noi tutti, considerandoci tutti uguali, rifiutiamo come blasfema qualsiasi differenza. Così evitiamo di porci le vere domande del discorso di Ratisbona, e cioè se l’islam può essere portatore di violenza. Se si può dire che nella tradizione coranica agire in modo irrazionale sia contrario alla natura di Dio. Se il Dio del Corano è talmente trascendente da poterci domandare qualsiasi cosa. Diamo risalto al fatto religioso, ma a condizione di credere che le religioni sono tutte intercambiabili, buddismo, confucianesimo, islamismo e cristianesimo siano su un piano diparità          
             Finkielkraut da il foglio del 16 settembre 2006


Postato da: giacabi a 12:31 | link | commenti
finkielkraut

venerdì, 14 dicembre 2007

La vita è un dono
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Nel suo libro su Charles Péguy lei ha riabilitato la categoria
di avvenimento come una forma di conoscenza della realtà.
E nei suoi scritti è tornato varie volte sul concetto di gratitudine,
e sul suo contrario, l’ingratitudine, come un altro binomio
molto importante per capire la dinamica dei tempi
moderni, e la loro ideologia. La gratitudine e l’ingratitudine
come stati dell’anima che rendono possibile o che rendono
impossibile un rapporto vero con la realtà. In cosa possiamo
cercare la speranza?

Ciò che anima l’uomo moderno è un desiderio - che ha una sua
grandezza - di controllo totale della realtà. Esso si esprime attraversoil “principio di ragione”, la speranza di una coincidenza
tra reale e razionale. Non bisogna criticare troppo in fretta
questo movimento, se fossimo radicalmente antimoderni sarebbe
anche questa – se volete – una forma di ingratitudine.
Questo desiderio, che si esprime ad esempio nella formula
“scientia propter potentiam”, la scienza per il potere, aveva come
finalità un miglioramento delle condizioni degli uomini. È
la figura di Prometeo, il non rassegnarsi più. Il comfort di cui
godiamo oggi, anche se non è universale, l’allungamento della
vita, di tutto ciò noi siamo appunto debitori al movimento moderno.
Dunque, alla base della modernità c’è una sorta di risentimento contro il mondo così come è donato, un risentimento nei confronti del dato. E noi dobbiamo riconoscere unacerta gratitudine anche nei confronti di questo risentimento.
Però oggi la nostra situazione è che noi rischiamo di vivere in
mezzo ai nostri prodotti. Si dice per esempio di un contadino,
di un allevatore, che è un “produttore” di suini, un “produttore”
di mucche: è evidentemente la ricaduta nel linguaggio di un
potere demiurgico, che è moltiplicato dalle nuove tecnologie.
Allo stesso modo stiamo diventando sempre più capaci di “fabbricare”,di “produrre” i bambini. Hannah Arendt ha fatto della
nascita il paradigma ontologico dell’evento. Ella ricorda, in
questo straniamento della condizione dell’uomo moderno, la
formula biblica “un bambino per noi è nato”, dandone una sorta
di traduzione secolare, laica: il bambino è un miracolo. Oggi
però avvertiamo che l’utopia ipermoderna sta avendo di gran
lunga la meglio sui miracoli. L’uomo è destinato a vivere in
mezzo ai propri prodotti, oppure non dobbiamo giustamente
prendere il partito del dato? Credo che dobbiamo sentirci invitati a questo tipo di conversione, che l’ambientalismo in qualche modo cerca di dire, e di cui la poesia ha sempre parlato. La poesia è sempre rendimento di grazie, un essere riconoscenti.
La poesia ha sempre mantenuto un sottile filo, una voce impalpabile in mezzo a tanti nostri exploit tecnologici. Questa voce dovremmo essere capaci di intenderla prima che sia troppo tardi.
Alain Finkielkraut Milano, 20 gennaio 2003




Postato da: giacabi a 14:10 | link | commenti
vita, finkielkraut

mercoledì, 10 ottobre 2007

Avvenimento
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«Un avvenimento è qualcosa che irrompe dall'esterno. Un qualcosa di imprevisto. È questo il metodo supremo della conoscenza. Bisogna ridare all'avvenimento la sua dimensione ontologica di nuovo inizio. È una irruzione di nuovo, che rompe gli ingranaggi, che mette in moto un processo»
Alain Finkielkraut  da 30 giorni giugno 1992
 a P.

Postato da: giacabi a 08:23 | link | commenti
finkielkraut, avvenimento

venerdì, 07 settembre 2007

Il moderno e il sopravvissuto
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 Qualche settimana prima di licenziare senza preavviso ( il super-Io moderno, Barthes nota nel suo diario: "Vedo la morte dell'essere caro, me ne dispero..." L'essere caro è la madre agonizzante. E c'è un legame tra questa disperazione e quel licenziamento. Barthes ha smesso di proclamarsi moderno, e di fare la spola tra i suoi criteri e i suoi gusti, quando ha visto morire la madre. "Di colpo non essere moderno mi è diventato indifferente".
Il diverso atteggiamento in lui non nasce da una riflessione dottrinale, ma da un semplice avvenimento. Un avvenimento intimo ed infimo rispetto ai valori non solo artistici ma politici che sono in gioco nella sua adesione alla modernità. E' un lutto privato ad aver spinto Barthes a denunciare la sua immagine pubblica. E' un dispiacere che non è nemmeno un dispiacere d'amore, un dolore spaventoso, ma iscritto a tal punto nell'ordine delle cose che egli sembra quasi scusarsi di provarlo, ad aver prevalso sulle precauzioni di Barthes e il suo conformismo. Perché?
Perché il lutto lo ha trasformato in un sopravvissuto, e perché non si può essere contemporaneamente un sopravvissuto e un moderno integrale. Perché il semplice fatto di sopravvivere alle persone contiene una smentita alla rappresentazione del tempo veicolata dall'idea stessa di moderno. Il Moderno è l'uomo al quale il passato pesa. Il sopravvissuto è l'uomo al quale il passato manca. Il Moderno vede nel presente un campo da battaglia tra la vita e la morte, tra un passato soffocante ed un futuro liberatore, Il sopravvissuto, invece, per il solo fatto di amare un morto, vede rompersi lo slancio verso il futuro. Il Moderno è contento di superare il passato, mentre il sopravvissuto, e per quello stesso motivo è inconsolabile. Il passato, infatti, per lui non è mortifero, ma mortale; non è oppressivo, ma precario.
Alain Finkielkraut

 

Postato da: giacabi a 14:37 | link | commenti
finkielkraut

domenica, 10 settembre 2006

Citazione dal grande Alain Finkielkraut ("L'imparfait du présent", mai tradotto in italiano
 I SINISTROIDI INTELLETUALI
.
«E' schiumando di rabbia contro il fascismo in piena ascesa che l'arte contemporanea fa man bassa delle istituzioni culturali. Non c'è nessuna fessura nella corazza dei fortunati del mondo post-sessantottino. Hanno lo stereotipo sulfureo, il cliché ribelle, l'opinione sopra le righe e più buona coscienza ancora che i notabili del museo di Bouville descritti da Sartre ne "La Nausea". Perché essi occupano tutti i posti: quello, vantaggioso, del Maestro, e quello, prestigioso, del Maledetto. Vivono come una sfida eroica all'ordine delle cose la loro adesione piena di sollecitudine alla norma del giorno. Il dogma, sono loro; la bestemmia pure. E per darsi arie da emarginati insultano urlando i loro rari avversari. In breve, coniugano senza vergogna l'euforia del potere con l'ebbrezza della sovversione. Stronzi».

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