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Chi ha Dio come centro,
ha l'universo intero come circonferenza.
(E. Fromm)
Chi ha Dio come centro,
ha l'universo intero come circonferenza.
Postato da: giacabi a 14:42 |
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fromm
Gli idoli
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Purtroppo la storia dell’umanità fino al tempo presente è soprattutto la storia dell’adorazione degli idoli, dai primitivi idoli d’argilla e di legno, fino ai moderni idoli dello Stato, del capo, della produzione e del consumo, santificati dalle benedizioni di un Dio idolizzato. ***
(E. Fromm).
Postato da: giacabi a 22:33 |
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fromm
Amare l’altro
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«Amare è servire. Quando mi pongo di fronte ad una persona, posso considerarla da due punti di vista. Posso tener conta della sua realtà, di ciò che è. Ma posso anche fare attenzione prevalentemente a ciò che può diventare. In ogni persona, per quanto mediocre possa essere, esiste un "io" profondo che chiede urgentemente di essere realizzato. Amare
una persona significa mettersi a servizio di questo "io" per aiutarlo
a realizzarsi. Amare vuol dire chiamare l'altro all'esistenza, farlo
essere di più. Ma chi sa quali sono i limiti dell'altro?
Per amare bisogna allora dare credito all'altro. Guardarlo con speranza.
Il linguaggio dell'amore non è la dimostrazione, ma la fede.
Chi non ha il senso del mistero, dell'avventura, del rischio, non può amare».
(E. Fromm)
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Postato da: giacabi a 14:07 |
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fromm
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Il compito principale nella vita di un uomo è di dare alla luce se stesso
Erik Fromm
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Postato da: giacabi a 08:29 |
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fromm
L’uomo cibernetico
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“Per il carattere mercantile, corrispondente all’uomo nuovo, tutto viene trasformato in merce; non solo le cose, dunque, ma la persona stessa, la sua energia fisica, le sue capacità, la sua conoscenza, le sue opinioni, i suoi sentimenti,persino i suoi sorrisi. Questo è un fenomeno storicamente nuovo, perché è il prodotto di un capitalismo completamente sviluppato incentrato sul mercato delle merci, della forza lavoro, della personalità – e sul principio di ricavare il profitto attraverso uno scambio favorevole…
L’uomo cibernetico è talmente alienato che sperimenta il proprio corpo soltanto come uno strumento per conseguire il successo…
Egli ha operato un cambiamento molto drastico, allontanando il suo interesse dalla vita, dalla natura, dalle persone, dalle
idee, in breve da ciò che è vivo, trasformando tutta la sua vita in cose, compreso se stesso e le manifestazioni delle sue facoltà umane di ragionare, vedere, sentire, gustare, amare.
La sessualità diventa una capacità tecnica; i sentimenti sono appiattiti e talvolta sostituiti col sentimentalismo; alla
gioia, espressione di un’intensa vitalità, subentra il divertimento,
l’eccitazione, e tutta la capacità d’amore e di tenerezza
Il mondo si trasforma in un insieme di prodotti artificiali, senza vita: dal cibo sintetico agli organi artificiali,
l’uomo nella sua totalità diventa parte del meccanismo complessivo che egli controlla e dal quale viene simultaneamente
controllato. Non ha un piano, un obiettivo nella vita, tranne fare quello che la logica della tecnica lo determina a fare.
Costruire robot è una delle maggiori aspirazioni della sua mente tecnica, e certi specialisti assicurano che sarà
quasi impossibile distinguere i robot dagli esseri viventi. Un risultato che non sembrerà così sorprendente quando sarà
quasi impossibile distinguere l’uomo dai robot.
Il mondo della vita è diventato un mondo di non-vita; le persone sono diventate non-persone. Un mondo di morte. La morte non è più rappresentata simbolicamente da feci e cadaveri maleodoranti; ora i suoi simboli sono
macchine linde, scintillanti: gli uomini non sono più attratti da gabinetti fetidi, ma da strutture di vetro e alluminio.
La realtà che si nasconde sotto questa facciata asettica diventa sempre più visibile.
In
nome del progresso, l’uomo sta trasformando il mondo in luogo fetido e
velenoso (e questa è tutt’altro che un’immagine simbolica); sta
inquinando l’aria, l’acqua, il suolo, gli animali… e se stesso; al punto
che è legittimo domandarsi se, fra un centinaio d’anni, sarà ancora
possibile vivere sulla terra. Egli conosce la verità, ma coloro che detengono il potere continuano a perseguire il progresso tecnico, pronti a sacrificare la vita sull’altare del loro idolo…
I
fenomeni che scatenano tanta indignazione - tossicomania, crimine,
decadimento culturale e spirituale, disprezzo per gli autentici valori
etici – sono tutti in relazione all’attrazione crescente esercitata da morte e lerciume.
Come si può pretendere che i giovani, i poveri e i senza-speranza non subiscano il fascino della rovina, quando questo
viene incoraggiato da coloro che dirigono il corso della società moderna?”
E. FROMM, Anatomia della distruttività umana (1973), trad. it. Mondadori, Milano 1975,
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Postato da: giacabi a 20:46 |
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fromm
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“ Una delle più intense forme di felicità umana è il godimento condiviso. Nulla unisce maggiormente l’individuo senza limitare affatto la sua personalità,
quanto il condividere l’ammirazione e l’amore per una persona, avere
una idea comune, godere assieme un brano musicale, un dipinto, un
simbolo,partecipare a un rituale, persino condividere il dolore. L’esperienza della compartecipazione rende e mantiene vivo il rapporto tra due individui e costituisce il fondamento di tutti i grandi movimenti religiosi, politici e teologici”
Heric Fromm – Avere o Essere
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Postato da: giacabi a 22:15 |
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amicizia, fromm
Il cattolico
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Chi ha Dio come centro,
ha l'universo intero come circonferenza.
(E. Fromm)
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Postato da: giacabi a 13:56 |
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cristianesimo, fromm
Siamo diventati automi
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“Nel corso della storia moderna, l’autorità della Chiesa è stata sostituita da quella dello stato, quella dello stato dall’autorità della coscienza, e nel nostro tempo quest’ultima è stata sostituita dall’autorità anonima del senso comune e dell’opinione pubblica quali strumenti di conformismo. Essendoci
liberati dalle vecchie forme palesi di autorità, non ci rendiamo conto
di essere caduti preda di un nuovo genere di autorità. Siamo diventati automi che vivono nell’illusione di essere individui autonomi.”
Erich Fromm: Fuga dalla libertà, Mondadori, Milano 1994, p. 199).
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Postato da: giacabi a 12:11 |
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fromm
L’amore
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"Amare significa affidarsi all'altro senza garanzia, darsi completamente, nella speranza che il nostro amore produca amore nell'altro. L'amore é un atto di fede, e chiunque abbia poca fede avrà anche poco amore. “
E. Fromm |
Postato da: giacabi a 14:41 |
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fromm
Gli idoli
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Purtroppo la storia dell’umanità fino al tempo presente è soprattutto la storia dell’adorazione degli idoli, dai primitivi idoli di argilla e di legno, fino ai moderni idoli dello Stato, del capo, della produzione e del consumo, santificati dalle benedizioni di un Dio idolizzato
E. Fromm
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Postato da: giacabi a 15:53 |
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fromm
Viviamo in un mondo di piaceri senza gioia
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“viviamo in un mondo di “piaceri senza gioia”.
Che cos’è il piacere? Benché la parola sia usata in diverse accezioni, la concezione più diffusa sembra essere quella di soddisfazione
di un desiderio che a tale scopo non richieda attività (nel senso di
vitalità). Un simile piacere può avere grande intensità: è quello che
deriva dal successo sociale, dal guadagno di denaro, dalla vincita di
una lotteria; è il convenzionale piacere sessuale, una bella mangiata,
la vittoria in una gara; ancora, lo stato di euforia prodotto
dall’alcool, dall’estasi, dalle droghe, dalle soddisfazioni del proprio
sadismo o del gusto di uccidere o di fare a pezzi ciò che è vivo.
Naturalmente,
per diventare ricchi o famosi gli individui devono darsi a una grande
attività nel senso di indaffaratezza, non però in quello della “nascita
interiore”. Una volta
raggiunto il proprio obiettivo, possono essere “elettrizzati”,
“profondamente soddisfatti”, provare la sensazione di aver raggiunto il
“culmine”. Ma quale culmine? Di
euforia , di appagamento, di esaltazione orgiastica,; non è però
escluso che vi siano pervenuti spinti da passioni che, per quanto umane,
sono tuttavia patologiche in quanto non comportano una soluzione
davvero adeguata al problema della condizione umana. Siffatte
passioni non portano ad una maggior crescita e a una maggior forza ma,
al contrario, a mutilazioni. I piaceri degli edonisti a oltranza, la
soddisfazione di sempre nuove cupidigie, i piaceri della società
attuale, danno origine a diversi gradi di euforia, ma non conducono alla
gioia. anzi, la mancanza di gioia rende necessaria la ricerca di
piaceri sempre nuovi, sempre più eccitanti.
Sotto questo profilo, la società moderna si trova nella stessa situazione degli ebrei di tremila anni parlando
al popolo di Israele a proposito di uno dei peggiori peccati in cui
incorrevano i suoi membri, Mosè così si esprimeva: “e perché non avrai
servito all’Eterno, al tuo Dio, con gioia e di buon cuore in mezzo
all’abbondanza di ogni cosa, servirai ai tuoi nemici che l’Eterno
manderà contro di te” (Dt 28, 47-48).
La gioia è concomitante dell’attività produttiva: non si tratta di un’
“esperienza culminante” che raggiunga improvvisamente l’apice e
improvvisamente i termini, ma piuttosto di un altipiano, di uno stato
emozionale che accompagna l’espressione produttiva delle proprie
essenziali facoltà umane. La gioia non è l’estasi infuocata di
un’istante, bensì lo splendore che aureola l’essere.
Piacere
ed eccitamento lasciano il posto alla tristezza una volta che sia
raggiunto il cosiddetto culmine; perché se l’eccitamento è stato
sperimentato, non per questo il recipiente è cresciuto. In altre parole,
non sono aumentati i poteri interiori dell’individuo,
il quale ha compiuto il tentativo di far breccia nella noia
dell’attività improduttiva, e per un istante è riuscito a conglobare
tutte le proprie energie, eccezion fatta, tuttavia, per la ragione e
l’amore; ha
tentato di divenire un superuomo, senza neppure essere umano; in
apparenza, è riuscito ad ottenere un momentaneo trionfo, seguito però da
una profonda tristezza: dentro di lui, nulla è cambiato. Il detto “dopo
il coito ogni animale è triste” (post coitum omne animal triste)
riflette appunto questa situazione relativamente al sesso senza amore,
il quale è una “esperienza culminante” di intensa eccitazione, e quindi
elettrizzante e piacevole, ma necessariamente seguita dalla delusione. La gioia nel sesso può essere sperimentata solo qualora l’intimità fisica sia accompagnata dall’intimità amorosa.
Come
è facile arguire, la gioia non può non avere un ruolo di primaria
importanza in quei sistemi religiosi e filosofici che vedono nell’essere
se rifiuta il piacere, concepisce la condizione del Nirvana quale uno
stato di gioia, come risulta dalle relazioni e dai dipinti che
illustrano la morte del Buddha. l’obiettivo dell’esistenza. il
buddhismo,
L’Antico
testamento e la successiva traduzione ebraica, mentre mettono in
guardia dai piaceri che derivano dalla soddisfazione della bramosia,
vedono nella gioia lo stato d’animo che accompagna l’essere. I
salmi si concludono con un gruppo di quindici composizioni che
costituiscono un grande inno alla gioia, e i salmi più intensi si
iniziano con paura e tristezza e terminano con gioia e felicità.
Il sabato è la giornata di gioia, e nei Tempi Messianici la gioia
costituirà lo stato d’animo diffuso. La letteratura profetica è piena di
espressioni di gioia, evidenti come i passi seguenti: “Allora la
vergine si rallegrerà nella danza, i giovani gioiranno insieme ai
vecchi; io muterò il loro lutto in gioia, li consolerò, li rallegrerò
liberandoli dal dolore” (Geremia, 31, 13); “voi attingerete con gioia
l’acqua dalle fonti della salvezza” (Isaia, 12, 3); Dio definisce
Gerusalemme “la città della mia gioia” (Geremia, 49, 25).
Lo stesso atteggiamento è reperibile nel Talmud[1]: “la gioia di un mitzvah (il compimento di un dovere religioso) è l’unico modo per ottenere lo spirito santo” (Berakoth,
Il
movimento hassidico, il cui motto “servi Dio con gioia” è un versetto
ripreso dai Salmi, diede origine a una forma di vita la cui gioia
costituiva uno degli elementi fondamentali; tristezza e depressione
erano considerati segni di terrore spirituale, se non manifesto peccato.
In
ambito cristiano, i Vangeli esercitano un ruolo centrale alla letizia e
alla gioia. nel Nuovo Testamento, la gioia è il frutto della rinuncia
all’avere, mentre la tristezza è lo stato d’animo di colui che si
aggrappa ai possessi (si veda per esempio Matteo,
13, 44 e 19, 22). In molti dei detti di Gesù, la gioia appare come un
elemento concomitante della vita condotta secondo la modalità
dell’essere. Nel
suo ultimo discorso agli apostoli, il Cristo descrive la gioia nella
forma più alta: “Queste cose vi ho detto, affinché la mia gioia dimori
in voi e la vostra gioia sia piena” (Giovanni, 15, 11).”
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Postato da: giacabi a 15:07 |
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fromm
La felicità dell'uomo moderno
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La felicità dell'uomo moderno: guardare le vetrine e comprare tutto quello che può permettersi, in contanti o a rate.
E. FROMM
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Postato da: giacabi a 08:58 |
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fromm
Cultura secolarizzata
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« La nostra cultura è forse la prima cultura
completamente secolarizzata della storia umana. Noi non ci preoccupiamo
del significato della vita, abbiamo messo da parte ogni consapevolezza
e preoccupazione per i problemi fondamentali dell'esistenza. Partiamo
dalla convinzione che non ci sia altro fine che quello di investire la vita con successo e di tirare avanti senza gravi smacchi.
La
maggior parte di noi crede in Dio perché da per scontato che Dio
esista. Gli altri non ci credono perché danno per scontato che non
esista...
Di fatto, che un uomo della nostra cultura creda o no in Dio, fa ben poca differenza, sia dal punto di vista psicologico che da quello veramente religioso. In entrambi i casi egli non si cura né di Dio né della
risposta al problema della sua propria esistenza»
Eric Fromm
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Postato da: giacabi a 22:30 |
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nichilismo, fromm
L’uomo è per natura religioso
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«In senso lato non c'è uomo che non abbia bisogni religiosi; ma in pratica tali bisogni si manifestano nei modi più disparati. Si possono venerare o adorare animali, alberi, idoli d'oro o di pietra, un Dio invisibile, un santo o un capo diabolico; e ancora gli antenati, la nazione, la classe, il partito, il denaro, il successo. Da tali forme di religione può nascere distruzione o amore, tirannia o fratellanza; la forza della ragione può venirne accresciuta o paralizzata. Chi le pratica può essere cosciente di avere una religione..., oppure può essere convinto di non avere alcuna religione, e ritenere che la propria devozione a certi fini mondani come il potere, il denaro, il successo, non sia altro che uno spiccato interesse per ciò che è praticoe utile.
Importa dunque domandarsi, non già se un uomo è religioso o no,
ma qual è la sua religione: se è una religione che favorisce lo svolgimento dell'uomo, o che lo paralizza...
«Che il bisogno di orientamento e di devozione, e insomma il bisogno
religioso, sia connaturale all'uomo, sembra ampiamente confermato
dalla costante presenza della religione in ogni fase della storia umana.
...Lo psicanalista è in grado di produrre un'altra prova che la religione
in senso lato è davvero radicata nelle condizioni stesse dell'esistenza
umana. Osservando e interpretando i pensieri e i sentimenti del paziente
— che è poi il suo laboratorio — lo psicanalista s'accorge che, quando
si mette a studiare le nevrosi, ciò che egli studia è in realtà la religione.
Il primo a riconoscere il nesso che esiste tra questa e quelle fu naturalmente
Freud; il quale però vedeva nella religione una nevrosi infantile collettiva di cui è vittima l'umanità, mentre i termini di questa definizione
si possono capovolgere, interpretando la nevrosi come una forma
privata di religione, o più esattamente come un regresso a forme religiose
primitive che possono essere in contrasto con gli schemi riconosciuti
del pensiero religioso...
Incapace di "lasciarsi vivere" senza troppo preoccuparsi delle sue in
sufficienze, il soggetto non s'accontenta di mangiare e bere, di dormire,
di fare all'amore e di lavorare. In fondo, se così avvenisse, avremmo
la prova che l'atteggiamento religioso non è parte intrinseca della natu
umana. Ma così non avviene. Chi non riesce a coordinare le proprie
energie al servizio della parte più alta di sé, le canalizza verso mète più
basse; se non riesce a costruirsi un'immagine, almeno approssimativa
mente
esatta del mondo e della propria parte in seno ad esso, se ne
fabbricherà una affatto illusoria, e ci resterà aggrappato con la stessa
tenacia con cui una persona religiosa resta fedele ai suoi dogmi. In
verità "non di solo pane vive l'uomo". In
questo non c'è scelta: benché ciascuno possa poi scegliere una forma di
religione o di filosofia più o meno elevata o meschina, benefica o
nefasta».'
Eric From
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Postato da: giacabi a 21:27 |
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fromm
L’uomo nuovo
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E’ innegabile che l’era industriale non sia riuscita a esaudire
La funzione della nuova società è di incoraggiare il sorgere di un uomo nuovo.
Amore
e rispetto per la vita in tutte le sue manifestazioni, con la
consapevolezza che non le cose, il potere e tutto ciò che è morto, bensì
la vita e tutto quanto perviene alla sua crescita hanno carattere sacro […].
Far
propria una libertà che non sia arbitrarietà, ma equivalga alla
possibilità di essere se stessi, intendendo con questo non già un
coacervo di desideri e brame di possesso, bensì una struttura dal
delicato equilibrio che a ogni istante si trova alla scelta tra crescita
o declino, vita o morte.
Eric Fromm, Avere o essere, Milano, 1977
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Postato da: giacabi a 19:35 |
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persona, fromm
Il conformismo
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"La maggior parte della gente non si rende nemmeno conto del proprio bisogno di conformismo. Vive nell’illusione di seguire le proprie idee ed inclinazioni, di essere individualista, di aver raggiunto da sé le proprie convinzioni; e si dà il fatto che le sue idee siano le stesse della maggioranza. Il consenso generale serve come riprova della correttezza delle proprie idee…"
(E. Fromm).
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Postato da: giacabi a 14:58 |
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massa, fromm
LA PERDITA DELL’IO
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« Costruendo
la nuova macchina dell'industria, l'uomo fu così assorbito dal nuovo
compito che questo divenne la mèta preminente della sua vita. Le
sue energie, che una volta erano dedicate alla ricerca di Dio e alla
salvezza eterna, furono ora dirette verso il dominio della natura e
verso sempre crescenti comodità materiali. Egli
cessò di usare la produzione come mezzo per una vita migliore, ma ne
fece invece un fine in se stesso, un fine cui era subordinata la vita. Nel
processo di una sempre maggiore divisione e meccanizzazione del lavoro e
nelle sempre maggiori dimensioni degli agglomerati sociali l'uomo
stesso diventò una parte della macchina piuttosto che il padrone.
Scoprì che lui stesso era una merce, come un investimento. Suo fine diventò aver successo, cioè vendersi sul mercato il più vantaggiosamente possibile. Il suo valore come persona sta nella sua possibilità di vendersi e non nelle sue qualità umane di amore e di ragione o nelle sue capacità artistiche. La
felicità si identifica col consumo di merci più nuove e migliori, con
la passiva ricezione di musica, cinema, svago, sesso, liquori e
sigarette.
Non
avendo un senso dell'io se non quello datogli dal conformismo con la
maggioranza, egli si sente insicuro, ansioso e dipende dall'approvazione
altrui. È
alienato da sé, adora i prodotti delle sue stesse manie i capi che si è
dato, come se essi fossero sopra di lui invece che fatti da lui. È
in un certo senso ritornato indietro a dov'era prima della grande
rivoluzione umana iniziata nel secondo millennio prima di Cristo»."
E. FROMM, Psicanalisi della società contemporanea, Ed. di Comunità, Milano 1976,
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Postato da: giacabi a 14:41 |
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nichilismo, consumismo, fromm, non senso
Senza Cristo
la vita non ha significato
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Le nazioni occidentali «stanno
sviluppandosi in società manageriali i cui abitanti, ben nutriti e ben
vestiti, vedono soddisfarsi i propri desideri e non hanno desideri che
non possano essere soddisfatti, automi che seguono senza essere forzati,
che sono guidati senza capi, che fabbricano macchine che si comportano
come uomini e producono uomini che si comportano come macchine; uomini
la cui ragione decade mentre aumenta l'intelligenza, creando così la
situazione di dotare l'uomo dei più grandi poteri materiali senza la
sapienza per usarli. Questa alienazione e automazione portano a pazzia sempre crescente.
La vita non ha significato, non c'è gioia, né fede, né realtà. Ognuno è "felice": solamente, non sente, non ragiona, non ama.
Nel diciannovesimo secolo il problema era: Dio è morto; nel ventesimo secolo è questo: è morto l'uomo. Nel diciannovesimo secolo inumanità voleva dire crudeltà; nel ventesimo vuoi dire alienazione schizoide.
Il pericolo del passato era che gli uomini diventassero schiavi. Il pericolo del futuro è che possano diventare robot. È vero che i robot non si ribellano. Ma, data
la natura dell'uomo, essi diventano "Golem" che distruggeranno se
stessi e il loro mondo perché non possono più tollerare la noia di una vita priva di significato».
5 E. FROMM, Psicanalisi della società contemporanea,
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Postato da: giacabi a 08:10 |
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gesù, fromm, non senso
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Società manageriali i cui
abitanti, ben nutriti, ben vestiti, vedono soddisfatti i loro desideri e
non hanno desideri che non possano esser soddisfatti, automi che seguono senza esser forzati, che sono guidati senza capi, che fabbricano
macchine che si comportano come uomini e producono uomini che si
comportano come macchine; uomini la cui ragione decade mentre aumenta la
loro intelligenza creando così la situazione di dotare l'uomo dei più grandi poteri materiali senza la sapienza per usarli.
Questa alienazione e automatizzazione portano a pazzia sempre crescente. La vita non ha significato, non c'è gioia, né fede, né realtà. Ognuno è "felice”, solamente... non sente, non ragiona, non ama. Nel diciannovesimo secolo il problema era: "Dio è morto"; nel ventesimo secolo è questo: "è morto l'uomo" Nel diciannovesimo secolo inumanità voleva dire crudeltà; nel ventesimo secolo vuol dire autoalienazione schizoide. Il pericolo del passato era che gli uomini diventassero schiavi. Il pericolo del futuro è che gli uomini possano diventare robot. È vero che i robot non si ribellano. Ma, data la natura dell'uomo, i robot non possono vivere e restar sani, essi diventano "Golem" che distruggeranno sé stessi e il loro mondo perché non possono più tollerare la noia di una vita priva di significato. ERICH FROMM |
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