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domenica 12 febbraio 2012

Gesù, 6


Signore, mio Dio
***
“Tu non puoi, –chiamare Cristo il Salvatore, senza chiamarlo Dio. Perché un uomo non ti può salvare”.
Wittgenstein  Movimenti del pensiero


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gesù, wittgenstein

giovedì, 15 novembre 2007

Grande Ferrara!
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Ferrara : io, ateo devoto, credo nella fede del Papa in Gesù

di Giuliano Ferrara - Agorà di Avvenire 14-11-2007
«La mia ragione mi dice così il suo limite. Se non lo riconoscessi sarei padrone della mia vita e della morte»
Se il Papa ha scritto un libro su Gesù ci deve essere un motivo. La Chiesa è già un libro vivente su Gesù, dipende da Gesù come il corpo dalla testa. La Chiesa segue Gesù, testimonia per lui e in lui attraverso la fede, le opere, la carità, i sacramenti e soprattutto la liturgia.
Tutto nella Chiesa si fonda sulla parola di Gesù annunciata nel Vangeli, che per la Chiesa sono i primi e definitivi libri in cui Gesù si trova e, in parte, enigmaticamente si nasconde. La Chiesa è la tipografia universale di Gesù, cura da sempre l’ortografia del racconto che lo riguarda, Gesù è la sua A e la sua Zeta. La Chiesa legge da due millenni anche i libri più antichi della fede ebraica, l’Antico Testamento, alla luce di quelli più recenti. Nella parola di Cristo Gesù e dei suoi apostoli, nelle Lettere e negli Atti, la Chiesa ritrova e riconosce come suo anche il patrimonio comune degli ebrei, il gran libro di Mosé, la sua legge, e i salmisti e i profeti e tutto il resto della Bibbia, tutto il resto di quei libri che diventano patrimonio comune di ebrei e cristiani. In apparenza, dunque, i libri su Gesù sono già stati scritti. Secondo la Chiesa, che sposa storia, teologia, filosofia e profezia, perfino le Sacre Scritture degli agiografi, che scrivevano secoli prima della nascita di Gesù di Nazaret, riguardano il suo avvento. E allora? Perché il Papa ha scritto un libro su Gesù?
La risposta la dà lui stesso in modo apparentemente molto semplice. Il Papa, che è un teologo e un filosofo e uno storico, ha voluto dare un contributo personale alla ricostruzione del volto del Signore. E il suo contributo è di una semplicità inaudita: il Papa Benedetto XVI, che con una doppia firma in quanto autore si qualifica anche come Joseph Ratzinger, non si limita a credere nel Gesù dei Vangeli, aggiunge qualcosa alla sua fede, aggiunge che la figura di Gesù Cristo è logica, è storicamente sensata e convincente, solo se esaminata e per così dire razionalmente argomentata alla luce dei Vangeli. Senza argomentazione razionale, senza ricorrere criticamente al metodo storico, Gesù diventa un’astrazione interiore, perde il contatto con il tempo, con la storia, con il creato, con l’umanità e con il suo ethos, con la vita e con il suo significato, diventa una figura evanescente separata dalla realtà dell’essere e dall’essere della realtà. Non si capirà mai che cosa volesse dire quando disse: «Io sono». Ma con il puro metodo storico si possono formulare solo ipotesi su Gesù, ipotesi che si contraddicono, che stanno irrimediabilmente nel passato. (…) A questo punto potreste obiettarmi: e tu che c’entri con il libro del Papa, se il libro del Papa è quello che tu dici? Come fai a entrare in un discorso sul Figlio del Dio vivente se non credi? E la mia risposta è questa. La mia ragione mi dice il suo limite. Se non lo riconoscessi sarei padrone della mia vita e della mia morte, sarei un nichilista. La mia ragione mi dice che sono un credente, sebbene non disponga di una fede personale e confessionale praticamente vissuta. Credo nel concetto matematico e fisico di infinito, che segna il mio limite e lo descrive. Credo che mio padre e mia madre non siano l’origine biologica del mio Dna ma un semplice e irrisolto mistero d’amore. Credo che l’altro, la persona umana o anche solo il suo progetto o anche solo il suo ricordo, sia titolare di diritti che sono al tempo stesso i miei doveri, e che questo ciclo della delicatezza e del rispetto tra le generazioni sia stato messo a punto, nella sua massima perfezione, dentro la civilizzazione cristiana del mondo. Credo che non tutto sia negoziabile e relativo. Ed è già un bel credere, ve lo assicuro.
In più credo nella fede degli altri, la rispetto e la amo, in un certo senso la desidero. L’inesistenza della mia fede non mi porta a considerare la fede, anche e soprattutto la fede dei semplici, dei piccoli, come una variante della superstizione o del fanatismo. Se poi la fede degli altri mi si presenta con il vigore e la passione razionale di un magnifico libro di teologia, se il sapere della fede e la fede nel sapere di un Papa mi insegnano qualcosa di prezioso che attraversa la storia ma non la esaurisce e in essa non si esaurisce, crescono a dismisura la mia inquietudine, la mia curiosità e la mia fiducia

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ferrara, gesù

lunedì, 12 novembre 2007

Vegliare
***
E’ necessario studiare da vicino la parola “vegliare”; bisogna studiarla perché il suo significato non è così evidente come si potrebbe credere a prima vista e perché la Scrittura la adopera con insistenza. Dobbiamo non soltanto credere, ma vegliare; non soltanto amare, ma vegliare; non soltanto obbedire, ma vegliare. Vegliare perché? Per questo grande evento: la venuta di Cristo.
Cos’è dunque vegliare?
Credo lo si possa spiegare così. Voi sapete cosa significa attendere un amico, attendere che arrivi e vederlo tardare? Sapete cosa significa essere in compagnia di gente che trovate sgradevole e desiderare che il tempo passi e scocchi l’ora in cui potrete riprendere la vostra libertà? Sapete cosa significa essere nell’ansia per una cosa che potrebbe accadere e non accade; o di essere nell’attesa di qualche evento importante che vi fa battere il cuore quando ve lo ricordano e al quale pensate fin dal momento in cui aprite gli occhi? Sapete cosa significa avere un amico lontano, attendere sue notizie e domandarvi giorno dopo giorno cosa stia facendo in quel momento e se stia bene? Sapete cosa significa vivere per qualcuno che è vicino a voi a tal punto che i vostri occhi seguono i suoi, che leggete nella sua anima, che vedete tutti i mutamenti della sua fisionomia, che prevedete i suoi desideri, che sorridete del suo sorriso e vi rattristate della sua tristezza, che siete abbattuti quando egli è preoccupato e che vi rallegrate per i suoi successi? Vegliare nell’attesa di Cristo è un sentimento di rassomiglianza a questo, per quel tanto che i sentimenti di questo mondo sono in grado di raffigurare quelli dell’altro mondo.
Veglia con Cristo chi non perde di vista il passato mentre sta guardando all’avvenire, e completando ciò che il suo Salvatore gli ha acquistato, non dimentica ciò che egli ha sofferto per lui. Veglia con Cristo chi fa memoria e rinnova ancora nella sua persona la croce e l’agonia di Cristo, e riveste con gioia questo mantello di afflizione che il Cristo ha portato quaggiù e ha lasciato dietro a sé quando è salito al cielo.
John Henry Newman

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gesù, newman

sabato, 10 novembre 2007

La decisione dell'esistenza

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La forma più bassa dello scandalo, umanamente parlando, è lasciare senza soluzione tutto il problema intorno a Cristo. La verità è che è stato completamente dimenticato l'imperativo cristiano: tu devi. Che il cristianesimo ti è stato annunciato significa che tu devi prendere posizione di fronte a Cristo. Egli, o il fatto che Egli esiste, o il fatto che sia esistito è la decisione di tutta l'esistenza.

 Kierkegaard   Diario


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gesù, kierkeergaard

domenica, 04 novembre 2007


Cristo:il Significato
 ***
"Si esamini l'ordine del mondo sotto questo aspetto e si veda se tutte le cose non concorrono alla conferma dei due punti fondamentali di questa religione: Gesù Cristo è l'oggetto di tutto e il centro a cui tutto tende. Chi conosce Lui, conosce la ragione di tutte le cose. Quelli che si smarriscono, si smarriscono solo per non avere visto una di queste due cose. Si può conoscere Dio, senza conoscere la propria miseria, e così pure la propria miseria senza Dio; ma non si può conoscere Gesù Cristo senza conoscere insieme e Dio e la propria miseria»
«La conoscenza di Dio senza quella della nostra miseria (causata dal peccato) fa nascere l'orgoglio. La conoscenza della nostra miseria senza quella di Dio produce la disperazione. La conoscenza di Gesù Cristo costituisce il punto di mezzo perché in lui noi troviamo Dio e la nostra miseria»
«Non soltanto non conosciamo Dio che per mezzo di Gesù Cristo, ma non conosciamo noi stessi che per mezzo di Gesù Cristo. Al di fuori di Gesù  Cristo non sappiamo che cosa sia né la nostra vita, né la nostra morte, né Dio, né noi stessi [...] non sappiamo e non vediamo che oscurità e confusione, nella natura di Dio e nella nostra propria»
PASCAL, Pensieri

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gesù, senso religioso

venerdì, 02 novembre 2007

TU CI SEI NECESSARIO, O CRISTO
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Tu ci sei necessario, Cristo, unico mediatore,
per entrare in comunione con Dio Padre
per diventare come te, unico Figlio,
suoi figli adottivi,
per essere rigenerati nello Spirito Santo.
Tu ci sei necessario, solo Verbo,
maestro delle verità recondite e indispensabili della vita,
per conoscere il nostro essere e il nostro destino,
e la via per conseguirlo.
Tu ci sei necessario, Redentore nostro,
per scoprire la nostra miseria morale e per guarirla;
per avere il concetto del bene e del male
e la speranza della santità;
per deplorare i nostri peccati
e averne il perdono.
Tu ci sei necessario,
fratello primogenito del genere umano,
per ritrovare le ragioni vere
della fraternità fra gli uomini,
i fondamenti della giustizia, i tesori della carità,
il bene sommo della pace.
Tu ci sei necessario, grande paziente dei nostri dolori,
per conoscere il senso della sofferenza
e dare ad essa un valore d'espiazione e di redenzione.
Tu ci sei necessario, o vincitore della morte,
per liberarci dalla disperazione e dalla negazione
e avere la certezza che non tradisce in eterno.
Tu ci sei necessario, Cristo, Signore, Dio con noi,
per imparare l'amore vero e camminare,
nella gioia e nella forza della tua carità,
sulla nostra via faticosa,
sino all'incontro finale
con te amato, con te atteso,
con te benedetto nei secoli. Amen.
Paolo VI


Postato da: giacabi a 16:15 | link | commenti
gesù, paolovi


TU CI AMI PER PRIMO, SIGNORE
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O Dio nostro Padre, tu ci hai amato per primo!
Signore, noi parliamo di Te
come se ci avessi amato per primo in passato, una sola volta.
Non è così: Tu ci ami per primo, sempre, tu ci ami continuamente,
giorno dopo giorno, per tuta la vita
.
Quando al mattino mi sveglio e innalzo a te il mio spirito,
Signore, Dio mio, tu sei il primo, tu mi ami sempre per primo
.
Soren Kierkegaard

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gesù, kierkeergaard

lunedì, 29 ottobre 2007

Gesù Cristo:
il Mistero incarnato
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"Ora la storia di Cristo è semplicemente un mito vero: un mito che agisce su di noi come gli altri (miti), ma con la tremenda differenza che questo è davvero avvenuto [...]. Cioè, le storie pagane sono Dio che esprime Se stesso attraverso la mente dei poeti, facendo uso delle immagini che vi  ha trovato, mentre il cristianesimo è Dio che esprime Se stesso attraverso quello che chiamiamo "realtà".
C. S. Lewis



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dio, mistero, gesù, lewis


La «lieta novella» dell'Avvento
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Il miracolo che preserva il mondo, la sfera delle faccende umane, dalla sua normale, «naturale» rovina è in definitiva il fatto della natalità, in cui è ontologicamente radicata la facoltà di agire. È, in altre parole, la nascita di nuovi uomini e il nuovo inizio, l'azione di cui essi sono capaci in virtù dell'esser nati. Solo la piena esperienza di questa facoltà può conferire alle cose umane la fede e la speranza, le due essenziali caratteristiche dell' esperienza umana che l'antichità greca ignorò completamente. E questa fede e speranza nel mondo che trova la sua più gloriosa ed efficace espressione nelle poche parole con i cui il vangelo annunciò la «lieta novella» dell'Avvento:
«Un bambino è nato fra noi».
Hannah Arendt   da: Vita activa


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cristianesimo, gesù, arendt, avvenimento

sabato, 27 ottobre 2007

l’incontro con Cristo
 ***





 

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gesù, testori


Lui
 ***
 «No, il paese non è
spopolato.Sono
 tutti nel bosco.
Tutti
alla battuta.
 Dicono
che solo ritorneranno
 a opera fatta.
 È un anno
più d'un anno, ormai.
Quello che ritroveranno
non se l'aspettano: lui,
che loro hanno ucciso,
qui più vivo e più incombente
(più spietato) che mai».
(G. Caproni, «Lui», in Il franco cacciatore, Garzanti,



 

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gesù, caproni

lunedì, 22 ottobre 2007

La via stessa è venuta a te
                     ***
Non ti è detto: sforzati di cercare la via per giungere alla verità e alla vita; non ti è stato detto questo. Pigro, alzati! La via stessa è venuta a te e ti ha scosso dal sonno; e se è riuscita a scuoterti, alzati e cammina!
Sant'Agostino

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gesù, agostino, avvenimento

domenica, 21 ottobre 2007

Tutto è per noi Cristo

***

Tutto è per noi Cristo.
Se desideri medicare le tue ferite,
egli è medico.
Se bruci di febbre,
egli è la sorgente ristoratrice.
Se sei oppresso dalla colpa,
egli è la giustizia.
Se hai bisogno di aiuto,
egli è la forza.
Se temi la morte,
egli è la vita.
Se desideri il cielo,
egli è la via.
Se fuggi le tenebre,
egli è la luce.
Se cerchi il cibo,
egli è il nutrimento.
 Gustate, dunque, e vedete
quanto è buono il Signore;
felice l'uomo che spera in lui
 (Sant'Ambrogio)


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preghiere, gesù

venerdì, 12 ottobre 2007

Dio è con noi!
 ***

Dio con noi! Non nell'azzurra volta, non al di là degli infiniti mondi, non nel fuoco violento ed in tempesta, non nell'oblio dei trascorsi tempi. Egli ora è qui! Fra i vani e tristi casi, nel fiume, che la vita ansiosa turba... Dio è con noi!
Vladimir Solov'ev


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chiesa, gesù, soloviev

giovedì, 11 ottobre 2007

La nascita interiore
 ***
           
Ma come potrà accadere questa nascita interiore?
Il giorno nel quale non sentirai una punta di amarezza e di gelosia dinanzi alla gioia del nemico o dell'amico, rallegrati perché è segno che quella nascita è prossima. Il giorno nel quale non sentirai una segreta onda di piacere dinanzi alla sventura e alla caduta altrui, consolati perché la nascita è vicina. Il giorno nel quale sentirai il bisogno di portare un po' di letizia a chi è triste e l'impulso di alleggerire il dolore o la miseria anche di una sola creatura, sii lieto perché l'arrivo di Dio è imminente. E se un giorno sarai percosso e perseguitato dalla sventura e perderai salute e forza, figli e amici e dovrai sopportare l'ottusità, la malignità e la gelidità dei vicini e dei lontani, ma nonostante tutto non ti abbandonerai a lamenti né a bestemmie e accetterai con animo sereno il tuo destino, esulta e trionfa perché il portento che pareva impossibile è avvenuto e il Salvatore è già nato nel tuo cuore. Non sei più solo, non sarai più solo. Il buio della tua notte fiammeggerà come se mille stelle chiomate giungessero da ogni punto del cielo a festeggiare l'incontro della tua breve giornata umana con la divina eternità.
Giovanni Papini.
   


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croce, gesù, papini

lunedì, 08 ottobre 2007

Cristo Verità viva incarnata
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«Se esaminiamo tutto il contenuto teoretico e morale della dottrina di Cristo nel Vangelo vediamo che l’unica cosa nuova specificamente diversa da tutte le altre religioni è l’insegnamento di Cristo su se stesso, la sua dichiarazione di essere la verità viva incarnata: “Io sono la via, la verità e la vita; chi crede in me avrà la vita eterna”. Perciò se cerchiamo il contenuto caratteristico del cristianesimo nell’insegnamento di Cristo dobbiamo riconoscere che questo contenuto si riduce anche qui a Cristo stesso»
 Vladimir Solov’ev

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verità, gesù, soloviev

domenica, 07 ottobre 2007

Cristo
***
E Cristo? Kafka chinò la fronte: " Questo è un abisso di luce. Bisogna chiudere gli occhi per non precipitare... ".
 Gustav Janouch (Colloqui con Kafka, p. 94).


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kafka, gesù

sabato, 06 ottobre 2007

L’essenza del cristianesimo  è Gesù di Nazaret
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il cristianesimo non è una teoria della Verità, o una interpretazione della vita. Esso è anche questo, ma non in questo consiste il suo nucleo essenziale. Questo è costituito da Gesù di Nazareth, dalla sua concreta esistenza, dalla sua opera, dal suo destino - cioè da una personalità storica. Una certa analogia di tale situazione avverte colui per il quale un uomo acquista un significato essenziale. Non «l'Umanità» o «l'umano» divengono in tal caso importanti, ma questa persona. Essa determina tutto il resto, e tanto più profondamente e universalmente quanto più intensa è la relazione. Ciò può avvenire in un modo cosi possente che tutto, mondo, destino, compito si attua attraverso la persona amata; essa è come contenuta in tutto, tutto la fa ricordare, a tutto essa dà un senso. Nell'esperienza di un grande amore tutto il mondo si raccoglie nel rapporto Io- Tu, e tutto ciò che accade diventa un avvenimento nel suo àmbito. L'elemento personale a cui in ultima analisi intende l'amore e che rappresenta ciò che di più alto c'è fra le realtà che il mondo abbraccia, penetra e determina ogni altra forma: spazio e paesaggio, pietre, alberi, animali... Tutto ciò è vero, ma ha una risonanza solo tra questo Io e questo Tu.
.
A misura che l'amore si fa più illuminato, sempre meno pretenderà che ciò che costituisce per lui il centro focale del mondo debba esserlo anche per altri. Una simile pretesa potrebbe essere sincera dal punto di vista lirico, ma per il resto sarebbe stolta. Nel cristianesimo le cose stanno altrimenti. Non è fatto dipendere dal presentarsi di un incontro d'amore che la persona unica di Gesù diventi per l'uomo la realtà religiosa decisiva, ma essa è tale incondizionatamente e per se stessa. E che essa sia afferrata come tale dal singolo uomo, non è una possibilità lasciata al libero accadere, come lo svegliarsi di un'inclinazione, che viene quando viene, ma è un'esigenza posta alla coscienza.
Il cristianesimo afferma che per l'incarnazione del Figlio di Dio,per la sua morte e la sua risurrezione, per il mistero della fede e della grazia, a tutta la creazione è richiesto di rinunciare alla sua – apparente - autonomia e di mettersi sotto la signoria di una persona concreta, cioè di Gesù Cristo, e di fare di ciò la propria norma decisiva. Dal punto di vista della logica questo è un paradosso, perché sembra mettere in pericolo la stessa realtà della persona. Ma anche il sentimento personale si ribella contro questo. Poiché l'accettare una legge generale che si è dimostrata giusta - sia essa una legge della natura o del pensiero o della moralità - non è difficile per la persona. Essa avverte che in tale legge essa continua ad essere se stessa; anzi, che il riconoscimento di siffatte leggi generali può tradursi senz'altro in un'azione personale. Ma all'esigenza di -riconoscere un'«altra» persona come legge suprema di tutta la sfera della vita religiosa e con ciò della propria esistenza - la persona contrasta con vivacità elementare, e si capisce che cosa può significare la richiesta di «rinunciare alla propria anima».
[...] Le considerazioni potrebbero venir sviluppate e approfondite ulteriormente, ma bastano per giustificare
la risposta che sola soddisfa alla domanda circa l'essenza del cristianesimo. Essa suona: non c'è una determinazione astratta di tale essenza. Non c'è alcuna dottrina, una struttura di valori morali, alcun atteggiamento religioso od ordine di vita, che possano venir separati dalla persona di Cristo, e dei quali poi si possa dire che siano l'essenza del cristianesimo. Il cristianesimo è Egli stesso; ciò che per mezzo suo perviene agli uomini, e la relazione che per mezzo suo l'uomo può avere con Dio. Un contenuto dottrinale è cristiano in quanto viene dalla sua bocca. L'esistenza è cristiana in quanto il suo movimento è determinato da Lui. In tutto ciò che voglia essere cristiano, Egli dev'essere compresente.
La persona di Gesù Cristo, nella sua unicità storica e nella sua gloria eterna, è di per sé la categoria che determina l'essere, l'agire e la teoria di ciò che è cristiano. Questo è un paradosso.
 RomanoGUARDINI (1885-1968) L’essenza del cristianesimo

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gesù, guardini


L'indicibile, si è fatto Gesù
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Non so pregare, non ho ancora imparato a pregare... alla mia età! Che cosa ho mai fatto di tutto questo tempo... La paura... La paura...
Forse la luce alla fine, in fondo al tunnel, come nel sogno che ho fatto, « un sogno archetipo », che tutti probabilmente facciamo... Anche tu, anche tu! Solo In scena.
Niente pubblico? Oppure un brutto pubblico di letterati... Ma no, non c'è nessuno. Soltanto il Cristo.
Cerchiamo dunque di essere pietosi. Dio inaccessibile. Ma, attraverso Gesù, accessibile. Per questo Lui l'indicibile, si è fatto Gesù, si è dato un nome: GESÙ. Forse io credo. Si, mi sembra di credere senza credere del tutto di credere.
E. Jonesco  da: La ricerca intermitente


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gesù, jonesco


Rimani con noi, perché il giorno declina...!
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«A chi di noi, dunque, la casa di Emmaus non è familiare? Chi non ha camminato su quella strada, una sera che tutto pareva perduto? Il Cristo era morto in noi. Ce l’avevano preso il mondo, i filosofi e gli scienziati, nostra passione. Non esisteva più nessun Gesù per noi sulla terra. Seguivamo una strada, e qualcuno ci veniva a lato. Eravamo soli e non soli. Era la sera. Ecco una porta aperta, l’oscurità d’una sala ove la fiamma del caminetto non rischiara che il suolo e fa tremolare delle ombre. O pane spezzato! O porzione del pane consumata malgrado tanta miseria! Rimani con noi, perché il giorno declina...! Il giorno declina, la vita finisce. L’infanzia sembra più lontana che il principio del mondo, e della giovinezza perduta non sentiamo più altro che l’ultimo mormorio degli alberi morti nel parco irriconoscibile...».           François Mauriac Vita di Gesù                                                           a P.

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venerdì, 05 ottobre 2007

O Cristo,tu solo sei la nostra Speranza
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" Questo mondo che ha voluto uccidere Dio ha invece l'ossessione di Dio. Egli è presente dovunque, persino nella sua tragica assenza, per gli uni come una angoscia, per gli altri come la sola speranza ".
Daniel Rops
a P.

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O Cristo,tu solo sei la nostra Speranza
***
La Natura non ci ha solamente dato il desiderio della felicità, ma il bisogno; vero bisogno come quel di cibarsi. Perché chi non possiede la felicità è infelice come chi non ha di che cibarsi, patisce la fame. Or questo bisogno ella ci ha dato senza la possibilità di soddisfarlo”.
G. Leopardi (Zibaldone, 1831)


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gesù, leopardi


O Cristo,tu solo sei la nostra Speranza
***
23 marzo 1950
“Non ci si uccide per amore di una donna. Ci si uccide perché un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, inermità, nulla
 17 agosto1950
 “E’ la prima volta che faccio il consuntivo di un anno non ancor finito. Nel mio mestiere dunque sono re. In dieci anni ho fatto tutto. Se penso alle esitazioni di allora. Nella mia vita sono più disperato e perduto di allora. Che cosa ho messo insieme? Niente. Ho ignorato per qualche anno le mie tare, ho vissuto come se non esistessero. Sono stato stoico. Era eroismo? No, non ho fatto fatica. E poi, al primo assalto dell’ “inquietudine angosciosa” [cioè di Constance Dowling, l’ultima amata], sono ricaduto nella sabbia mobile. Da marzo mi ci dibatto. Non importano i nomi. Sono altro che nomi di fortuna, nomi casuali – se non quelli, altri? Resta che ora so qual è il mio più alto trionfo – e a questo trionfo manca la carne, manca il sangue, manca la vita. Non ho più nulla da desiderare su questa terra, tranne quella cosa che quindici anni di fallimenti ormai escludono. Questo il consuntivo dell’anno non finito, che non finirò.
*llllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll
18 agosto 1950, l’ultima pagina del suo diario
 “ Tutto questo fa schifo. Non parole. Un gesto. Non scriverò più”.
«Scrivo: o Tu, abbi pietà. E poi?»
C. Pavese  Il mestiere di vivere,

a P.

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giovedì, 04 ottobre 2007

O Tu, il solo che amo
***
Io imploro la tua pietà, o Tu, il solo che amo, dal fondo dell'abisso oscuro ove il mio cuore è caduto. È un universo grigio, dall'orizzonte plumbeo, dove nella notte vagolano l'orrore e la bestemmia".

 C. Baudelaire

Postato da: giacabi a 14:51 | link | commenti
baudelaire, gesù

domenica, 30 settembre 2007

Cristo
***
Io non credo che Cristo sia figlio di Dio, perché non sono credente, almeno nella coscienza.
Ma credo che Cristo sia divino:
credo cioè che in lui l'umanità sia così alta,
rigorosa, ideale da andare al di là dei comuni termini dell'umanità.

Per questo dico 'poesia': strumento irrazionale
per esprimere questo mio sentimento irrazionale per Cristo
.
Pier Paolo Pasolini
 

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pasolini, gesù

giovedì, 27 settembre 2007

Cristo è la speranza
***




Baldassarre: Tu soffri, Bariona. Soffri e tuttavia è tuo dovere sperare. Tuo dovere d'uomo. È per te che Cristo. è disceso sulla terra. Per te più che per chiunque altro, perché soffri più di chiunque altro. L'Angelo non spera affatto perché egli gioisce della sua gioia e Dio gli ha dato già tutto in anticipo, e neanche il sasso spera perché vive stupidamente in un perpetuo presente. Ma quando Dio ha plasmato la natura dell'uomo egli ha fuso insieme la speranza e la preoccupazione. Perché, vedi,l'uomo è sempre molto di più di quanto è realmente. Tu vedi quest'uomo tutto appesantito dalla sua carne, piantato al suo posto sui suoi grandi piedi e dici, mentre stendi la mano per toccarlo: egli è lì. Ma questo non è vero: ovunque un uomo si trovi, Bariona, egli è sempre altrove. Altrove, al di là delle vette viola che tu vedi ora a Gerusalemme, o domani a Roma al di là di questo giorno gelido.
E tutti coloro che ti circondano non sono più qui da un bel po' di tempo: sono a Betlemme, in una stalla, intorno al piccolo corpo caldo di un bambino. E tutto questo futuro di cui l'uomo si riempie, tutte le vette, tutti gli orizzonti viola, tutte le città meravigliose che egli abita senza mai averci messo piede, tutto questo è la speranza. È la speranza. Guarda di fronte a te i prigionieri che vivono nel fango e nel freddo. Sai che cosa vedresti se potessi seguire le loro anime? Vedresti le colline e i dolci meandri di un fiume e le vigne e il sole del Sud, le loro vigne e il loro sole. Essi stanno laggiù. E le vigne dorate di settembre sono la speranza per un prigioniero infreddolito e coperto di pidocchi. La speranza è il meglio di loro stessi. E tu vorresti privarli delle loro vigne e dei loro campi e dello splendore delle colline lontane, vorresti lasciare loro solo il fango, le pulci e le rutabaghe, vorresti dare loro il presente attonito delle bestie.
Perché la tua disperazione è questa: ruminare il momento che passa, guardare tra i tuoi piedi con occhio stupido e pieno di rancore, strappare la tua età dal futuro e rinchiuderla in un cerchio intorno al presente. Ma allora non sarai più un uomo, Bariona, sarai soltanto una pietra dura e nera sulla strada. Sulla strada passano le carovane, e la pietra rimane sola e fissa come un cippo al confine, nel suo risentimento. Bariona: Fai discorsi strampalati, vecchio. Baldassarre:
Bariona, è vero che siamo molto vecchi e molto saggi e che conosciamo tutto il male della terra. Perciò, quando abbiamo visto questa stella nel cielo, i nostri cuori hanno fatto un balzo di gioia come se fossero cuori di bambini e noi stessi come bambini ci siamo incamminati perché vogliamo compiere il nostro dovere di uomini, che è quello di sperare. Colui che perde la speranza, Bariona, sarà cacciato dal suo villaggio, sarà maledetto e i sassi sulla sua strada saranno più duri ed i rovi più spinosi e il fardello che porta più pesante e tutte le sventure si abbatteranno su di lui come api irritate. Ognuno si farà beffe di lui e gli inveirà contro gridando: dagli! dagli! Ma per chi spera, tutto è un sorriso e il mondo gli si presenta come un dono. Allora voialtri, vedete un po' se dovete restare qui o decidervi a seguire.
 Jean Paul SARTRE  Bariona o il figlio del tuono
Natale 1940



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speranza, sartre, gesù

domenica, 23 settembre 2007

Gesù è esistito
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L'esistenza storica di Cristo, la realtà del suo carattere, come ce lo conservano i Vangeli, non si può seriamente mettere in dubbio. È impossibile che qualcuno potesse inventare un carattere simile, e questa figura pienamente storica è la figura di un uomo perfetto, un uomo che poteva dire: Sono nato da Dio e inviato da Lui, e già prima della creazione del mondo ero tutt'uno con Dio. È la stessa ragione che c'induce a credere a questa testimonianza, perché l'apparizione storica di Cristo come dell'Uomo-Dio è legata indissolubilmente a tutta l'evoluzione del mondo: se la si nega, viene a cadere tutto il significato e la finalità del mondo stesso.                            VLADIMIR SOLOVIEV

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gesù, soloviev


Gesù tra la bellezza e il dolore
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Joseph Ratzinger (La Repubblica, 10 marzo 2004)

Ogni anno, nella liturgia delle ore del tempo di Quaresima, torna a colpirmi un paradosso che s'incontra nei vespri del lunedì della seconda settimana del Salterio. Qui, una accanto all'altra, rincorrono due antifone – una per il tempo di Quaresima, l'altra per la settimana Santa – che introducono il salmo 44, offrendone però una chiave interpretativa del tutto contrapposta.

E' il salmo che descrive le nozze del re, la sua bellezza, le sue virtù, la sua missione, e poi si trasforma in un'esaltazione della sposa. "
Tu sei il più bello tra i figli dell'uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia". La Chiesa, ovviamente, legge questo salmo come espressione poetica/profetica del rapporto sponsale di Cristo con la sua Chiesa. Riconoscere Cristo come il più bello tra gli uomini; la grazia diffusa sulle sue labbra significa l'intima bellezza della sua parola, significa la gloria del suo annuncio
.

Non è dunque la bellezza esteriore del Redentore a essere glorificata: ciò che si manifesta in lui è invece la bellezza della Verità, la bellezza stessa di Dio che ci attira e nel contempo ci procura la ferita dell'Amore, l'eros (la "sacra Passione") che ci fa correre, assieme alla Chiesa e nella Chiesa/Sposa, incontro all'Amore che ci chiama. Ma il lunedì della Settimana santa la Chiesa cambia l'antifona, invitandoci a leggere il medesimo salmo alla luce di Isaia 53,2: "Non ha bellezza né apparenza; l'abbiamo veduto: un volto sfigurato dal dolore
".

Come si conciliano le due visioni?
Il "più bello" tra i figli degli uomini è tanto misero d'aspetto che nemmeno lo si vuole vedere. Pilato lo mostra alla folla: Ecce homo! Cerca di suscitare un po' di pietà verso quell'essere maltrattato e percosso orami privo di ogni esteriore bellezza. Riferendosi al contenuto dei due testi citati, Agostino parla di
"due trombe" che suonano in contrasto tra loro, eppure i loro suoni provengono da un medesimo soffio, dal medesimo Spirito. Nel paradosso egli vede contrapposizione, ma non contraddizione. Unico è infatti lo Spirito che suscita la Scrittura, traendone però differenti note e ponendoci proprio in questo modo di fronte alla perfezione della Bellezza e della Verità in sé.

Chi crede in Dio, nel Dio che proprio nelle sembianze alterate del Crocifisso si manifestato come amore "sino alla fine" (Gv 13,1), sa che la bellezza è verità e che la verità è bellezza, ma nel Cristo sofferente apprende anche che la bellezza della verità include offesa, dolore e persino l'oscuro mistero della morte. Bellezza e verità possono rinvenirsi soltanto nell'accettazione del dolore, e non nel suo rifiuto.

Di recente, da molte parti è stato detto che dopo Auschwitz non sarebbe più possibile fare poesia né tanto meno parlare di un Dio di bontà. Dove si era nascosto Dio quando funzionavano i forni crematori? Una simile contestazione – per la quale del resto di davano motivi sufficienti, assai prima di Auschwitz, in tutte le atrocità della storia – significa, in ogni caso, che un concetto assolutamente armonioso del bello non è sufficiente, non essendo in grado di reggere il confronto con la gravità della messa in discussione di Dio, della Verità, della Bellezza. Né può bastare il socratico dio Apollo, considerato da Platone il garante dell'imperturbabile bellezza "veramente divina".

Non resta dunque che tornare alle "due trombe" della Bibbia da cui avevamo preso le mosse, cioè al paradosso di Cristo, del quale si può dire "
Tu sei il più bello tra i figli dell'uomo …", ma anche "Non ha bellezza né apparenza…un volto sfigurato dal dolore". Nella passione di Cristo, l'estetica greca – ammirevole per il suo presunto contatto con il divino, che tuttavia rimane indicibile – non viene recuperata, ma è del tutto superata. L'esperienza del bello riceve una nuova profondità, un nuovo realismo. Colui che è la "Bellezza in sé" si è lasciato percuotere sul volto, coprire di sputi, incoronare di spine: la sacra Sindone di Torino ci racconta tutto in maniera toccante. Ma proprio in quel volto sfigurato appare l'autentica, estrema Bellezza dell'Amore che ama "sino alla fine", mostrandosi così più forte di ogni menzogna e violenza. Soltanto chi sa cogliere questa bellezza comprende che proprio la verità, e non la menzogna, è l'estrema "affermazione" del mondo. E' semplicemente un trucco astuto della menzogna quello di presentarsi come "unica verità", quasi che al di fuori e al di là di essa non ne esista alcun'altra.

Soltanto l'icona del Crocifisso è capace di liberarci da quest'inganno, oggi così prepotente. Ma ad un condizione: che assieme a Lui ci lasciamo ferire, fidandoci di quell'Amore che non esita a svestirsi della bellezza esteriore, per annunciare proprio in questo modo la Verità della Bellezza.


La menzogna conosce anche un altro stratagemma: la bellezza ingannevole e falsa, quella bellezza che abbaglia e imprigiona gli uomini in se stessi, impedendo loro di aprirsi all'estasi che indirizza verso l'alto. Una bellezza che non risveglia nostalgia dell'indicibile, la disponibilità all'offerta, all'abbandono di sé; che alimenta invece la brama e la volontà di dominio, di possesso, di piacere. E' di questo genere di bellezza che parla la Genesi: Eva vide che il frutto dell'albero era "buono da mangiare e seducente per gli occhi…" (Gn 3,6). La bellezza, così come la donna la sperimenta, risveglia in lei il desiderio del possesso, la fa ripiegare su sé stessa
.

Con notevole frequenza amo citare Dostoevskij: " La bellezza ti salverà". Ma il più delle volte si dimentica che il grande autore russo pensa alla bellezza redentivi di Cristo
. Occorre imparare a "vedere" Cristo. Non basta conoscerlo semplicemente a parole; bisogna lasciarsi colpire dal dardo della sua bellezza paradossale: così avviene la vera conoscenza, attraverso l'incontro personale con la Bellezza della verità che salva.

Postato da: giacabi a 08:30 | link | commenti
bellezza, gesù, benedettoxvi

sabato, 22 settembre 2007

Ai piedi di Cristo
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M'ha ferito, mio Dio, il tuo amore infinito,
e la ferita in me a lungo vibra ancora.
M'ha, ferito, mio Dio, il tuo amore infinito.

Il timore di te m'ha colpito, o Signore,
e quella piaga ardente ancora in me risuona.
Il timore di te m'ha colpito, O Signore.

Ho compreso, mio Dio, che tutto è poca cosa,
e in me la tua divina gloria si è installata.
Ho compreso, mio Dio, che tutto è poca cosa.

Nell'onda del tuo Vino anneghi la mia anima,
riposi la mia vita sulla tua Mensa sacra,
nell'onda del tuo Vino anneghi la mia anima.

Ecco il mio sangue che non ho versato,
e la mia carne indegna di dolore,
ecco il mio sangue che non ho versato.

Ecco la fronte piena di vergogna,
perché vi ponga i tuoi piedi adorabili,
ecco la fronte piena di vergogna.

Ecco le mani a cui il lavoro è ignoto,
per gli ardenti carboni e i rari incensi,
ecco le mani a cui il lavoro è ignoto.

Ecco il mio cuore che ha battuto invano,
per straziarsi alle spine del Calvario,
ecco il mio cuore che ha battuto invano.

Ecco i miei piedi, frivoli viandanti,
per correre al richiamo della grazia,
ecco i miei piedi, frivoli viandanti.

E la mia voce, aspra e insincera,
per l'espiazione della Penitenza,
e la mia voce, aspra e insincera.

Ecco i miei occhi, luci dell'errore,
per spegnersi nel pianto e la preghiera,
ecco i miei occhi, luci dell'errore.

Ahimè, o Dio d'offerta e di perdono,
non ha fondo in me l'ingratitudine.
Ahimè, o Dio d'offerta e di perdono.

Dio di terrore e Dio di santità,
nero è l'abisso della mia vergogna,
Dio di terrore e Dio di santità.

Dio di pace, di speranza e di gioia,
le mie paure e ogni mia ignoranza,
Dio di pace, di speranza e di gioia.

Tu conosci di me tutto, ogni cosa,
e sai la nuda povertà che è in me,
Tu conosci di me tutto, ogni cosa,

ma quel che ho, mio Dio, lo dono a te
.
 VERLAlNE PAUL (1844-1896)

Postato da: giacabi a 22:58 | link | commenti
verlaine, gesù


Gesù Cristo
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Sotto questo punto di vista, il Nuovo Testamento può essere considerato come un tentativo di rispondere in anticipo a tutti i Caini del mondo, mitigando la figura di Dio, e suscitando un intercessore tra lui e l'uomo. Cristo è venuto a risolvere due problemi principali, il male e la morte, che sono appunto i problemi degli uomini in rivolta. La sua soluzione è consistita innanzi tutto nell'assumerli in sé. Anche il dio uomo soffre, con pazienza. Né male né morte gli sono più assolutamente imputabili, poiché è straziato e muore. La notte del Golgotha ha tanta importanza nella storia degli uomini soltanto perché in quelle tenebre la divinità, abbandonando ostensibilmente i suoi privilegi tradizionali, ha vissuto fino in fondo, disperazione compresa, l'angoscia della morte. Si spiega così il e il dubbio tremendo di Cristo in agonia. L'agonia sarebbe lieve se fosse sostenuta dall'eterna speranza. Per essere uomo, il dio deve disperare.
Albert Camus  L’uomo in rivolta

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