Gesù Cristo,
è la Verità fatta Persona
***
«Con acuta conoscenza della realtà umana, sant'Agostino ha messo in evidenza come l'uomo
si muova spontaneamente, e non per costrizione, quando si trova in
relazione con ciò che lo attrae e suscita in lui desiderio. Domandandosi, allora, che cosa possa ultimamente muovere l'uomo nell'intimo, il santo Vescovo esclama: « Che
cosa desidera l'anima più ardentemente della verità? » (2). Ogni uomo,
infatti, porta in sé l'insopprimibile desiderio della verità, ultima e
definitiva. Per questo, il Signore Gesù, « via, verità e vita » (Gv
14,6), si rivolge al cuore anelante dell'uomo, che si sente pellegrino e
assetato, al cuore che sospira verso la fonte della vita, al cuore
mendicante della Verità. Gesù
Cristo, infatti, è la Verità fatta Persona, che attira a sé il mondo. «
Gesù è la stella polare della libertà umana: senza di Lui essa perde il
suo orientamento, poiché senza la conoscenza della verità la libertà si
snatura, si isola e si riduce a sterile arbitrio. Con Lui, la libertà si ritrova ».
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Postato da: giacabi a 17:51 |
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verità , gesù, benedettoxvi
Lo scandalo di Cristo
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Dio è lo scandalo. Lo è stato ai suoi tempi e lo sarebbe oggi.
Il Cristo, se tornasse, sarebbe lo scandalo che attraverso un segno concreto, una presenza misteriosa, toglie i mortali dalla loro falsa sicurezza. E' il Dio che distrugge la buona coscienza, acquisita a poco prezzo, al riparo della quale vivono o piuttosto vegetano i benpensanti, i borghesi, in una falsa idea di sé stessi. |
Postato da: giacabi a 14:55 |
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pasolini, gesù
Croce
***
Dal vangelo di oggi
Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo Luca 14,25-33. |
Postato da: giacabi a 17:42 |
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croce, gesù
Signore, non è così facile sfuggirTi
***
« Signore, non è così facile sfuggirTi
e s'egli non viene a Te attraverso ciò che è chiaro,
giunga a Te per quello che è oscuro;
e se non viene a Te attraverso ciò che è diretto,
giunga a Te per quello che è indiretto,
e attraverso ciò che è semplice;
Attraverso ciò che è in lui numeroso, e laborioso e confuso
E se desidera il male,
sia un male tale che possa essere compatibile solo col bene,
E se desidera il disordine,
un tal disordine che implichi la scossa
e il crollo delle muraglie che gli sbarravano la salvezza,
Questo dico a lui e a codesta moltitudine ch'è con lui che egli coinvolge oscuramente.
Poiché egli è di quelli che possono salvarsi
solo salvando tutta la massa che prende a loro forma dietro di loro.
E già Tu gli avevi insegnato il desiderio
ma egli non sa ancora nulla di ciò che è essere desiderato».
P. Claudel La scarpina di raso
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Postato da: giacabi a 21:20 |
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preghiere, gesù, claudel
Cristo
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L'uomo che vuole comprendere se stesso fino in fondo deve, con la sua inquietudine e incertezza, con la sua debolezza e peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo.
Noi
crediamo in Cristo morto e risorto, in Cristo presente qui ed ora che
solo può cambiare e cambia, trasfigurandoli l'uomo e il mondo.”
Giovanni Paolo II
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Postato da: giacabi a 17:50 |
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gesù, giovanni paoloii, senso religioso
Gesù
***
Lo abbiamo
lasciato passare diritto
davanti a noi
E solo
quand’è scomparso,
il deserto
ci è apparso chiaro.
Che fare […] Abbiamo
scosso le spalle.
Faremo,
ci siamo detti, senza
di lui.
Saremo,
magari, anche più forti
e liberi.
Come i morti.
Giorgio Caproni
(Determinazione, in Il franco cacciatore, 1973-1982
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Postato da: giacabi a 16:33 |
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gesù, caproni
GESU' CRISTO
***
Alessandro Bono..
Il suo grido di felicità era segnato da una vita che da lì a poco si
sarebbe conclusa. Era malato di AIDS e morì nel 1994 a soli trent'anni.
Lascia dietro di sè pochi pezzi ma tutti scritti con questa statura
umana fatta di cuore, desiderio, soddisfazione totale.
Perché faccio musica Dimmi cosa altro potrei Perché fumo troppo Sto bruciando tutti i sogni miei Gesù Cristo ritorna Perché qui abbiam bisogno di te Per favore ritorna Hanno sporcato tutto quello che c'è Passare il tempo qui Tra queste facce bianche d'infelicità Intorno ad un biliardo Perché depressi come in questa città Gesù Gesù. Gesù Cristo ritorna Perché qui abbiam bisogno di te Per favore ritorna Hanno sporcato tutto quello che c'è Dietro di me ci sei anche tu Io non ti vedo davanti a me In mezzo agli altri ancora tu Però ci credo E non si vive senza speranza Senza orizzonti non si vive Quindi torna se tu puoi Gesù Cristo ritorna Perché qui abbiam bisogno di te Per favore ritorna Hanno sporcato tutto quello che c'è Per non morire canto disperato E metto un grido che va E se lo puoi sentire Accendi tutte le luci in questa città Gesù Cristo ritorna Perché qui abbiam bisogno di te Per favore ritorna Hanno sporcato tutto quello che c'è Gesù Cristo ritorna Perché qui abbiam bisogno di te Per favore ritorna Hanno sporcato tutto quello che c'è Gesù Cristo ritorna Perché qui abbiam bisogno di te Per favore ritorna Hanno sporcato tutto quello che c'è |
Postato da: giacabi a 13:55 |
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gesù
Bisogna lasciarsi andare
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Non pensare al Niente. Non pensare che a inezie. Non pensare al Tutto. Pensare a tutto e a niente.
Pensare
a inezie da niente... e, se solo potessi, pensare che Dio mi pensa,
pensare sotto la protezione di Dio. Dio è? Esiste? Penso che non esiste,
ma che è. Oh, esiste attraverso Gesù. Sì, attraverso Gesù... Attraverso
Gesù è entrato nell'esistenza.
Queste non sono che parole, no... se... forse no... Se è e se esiste, che cosa farà di me, che cosa farà di Rodica, di Marie-France., di tutti noi che esistiamo come Gesù è esistito. Questo,
lo credo. Gesù è esistito. Se è esistito, anche il nostro Padre esiste,
o è. Mi ascolta. Bisogna lasciarsi andare. Bisogna che io abbia
fiducia. Tuttavia, tuttavia...
In
me, troppi vizi, troppi difetti, troppa vanità, troppo amor proprio,
troppo egoismo, troppo io, difatti è ancora su di me che scrivo, è a me
soprattutto che penso... Signore, fa... fa... che mi liberi di tanti
errori, inganni, viltà... stupidaggini... Vivo da molto tempo. Ho
perduto molto, molto tempo...
Se
Gesù esiste, Dio c'è. Siccome Gesù esiste, Suo padre dev'esserci. Come
dire ? Invece di andare verso Gesù,voglio che Gesù venga a me..Quasi
volessi forzare Dio.
Eugene Ionesco “La ricerca intermittente”ed.Guanda
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Postato da: giacabi a 17:13 |
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gesù, jonesco
Il tuo volto Signore
io cerco
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Sono solo un uomo, ho quindi bisogno di segni visibili...Capisco però che i segni possono essere soltanto umani. Desta dunque un uomo, in un posto qualsiasi della terra e permetti che guardandolo io possa ammirare te.
(Oscar Vladislas Milosz, "Veni Creator", in Poesie, Adelphi, Milano 1983, p.112)
"
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Postato da: giacabi a 14:53 |
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gesù, milosz
10. Dimensione umana del mistero della Redenzione
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L'uomo
non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere
incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato
l'amore, se non s'incontra con l'amore, se non lo sperimenta e non lo
fa proprio, se non vi partecipa vivamente. E perciò appunto Cristo
Redentore - come è stato già detto - rivela pienamente l'uomo all'uomo
stesso. Questa è - se così è lecito esprimersi - la dimensione umana del mistero della Redenzione. In questa dimensione l'uomo ritrova la grandezza, la dignità e il valore propri della sua umanità. Nel
mistero della Redenzione l'uomo diviene nuovamente «espresso» e, in
qualche modo, è nuovamente creato. Egli è nuovamente creato! «Non
c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più
uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù»64. L'uomo che vuol comprendere se stesso fino in fondo - non soltanto secondo immediati, parziali, spesso superficiali, e perfino apparenti criteri e misure del proprio essere - deve,
con la sua inquietudine e incertezza ed anche con la sua debolezza e
peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo. Egli deve,
per così dire, entrare in Lui con tutto se stesso, deve «appropriarsi»
ed assimilare tutta la realtà dell'Incarnazione e della Redenzione per
ritrovare se stesso. Se in lui si attua questo profondo processo, allora egli produce frutti non soltanto di adorazione di Dio, ma anche di profonda meraviglia di se stesso. Quale valore deve avere l'uomo davanti agli occhi del Creatore se «ha meritato di avere un tanto nobile e grande Redentore»65, se «Dio ha dato il suo Figlio», affinché egli, l'uomo, «non muoia, ma abbia la vita eterna»66.
In
realtà, quel profondo stupore riguardo al valore ed alla dignità
dell'uomo si chiama Vangelo, cioè la Buona Novella. Si chiama anche
Cristianesimo.
Questo stupore giustifica la missione della Chiesa nel mondo, anche, e
forse di più ancora, «nel mondo contemporaneo». Questo stupore, ed
insieme persuasione e certezza, che nella sua profonda radice è la
certezza della fede, ma che in modo nascosto e misterioso vivifica ogni
aspetto dell'umanesimo autentico, è strettamente collegato a Cristo.
Esso determina anche il suo posto, il suo - se così si può dire -
particolare diritto di cittadinanza nella storia dell'uomo e
dell'umanità. La
Chiesa, che non cessa di contemplare l'insieme del mistero di Cristo,
sa con tutta la certezza della fede, che la Redenzione, avvenuta per
mezzo della croce, ha ridato definitivamente all'uomo la dignità ed il
senso della sua esistenza nel mondo,
senso che egli aveva in misura notevole perduto a causa del peccato. E
perciò la Redenzione si è compiuta nel mistero pasquale, che attraverso
la croce e la morte conduce alla risurrezione.
Il
compito fondamentale della Chiesa di tutte le epoche e, in modo
particolare, della nostra, è di dirigere lo sguardo dell'uomo, di
indirizzare la coscienza e l'esperienza di tutta l'umanità verso il
mistero di Cristo,
di aiutare tutti gli uomini ad avere familiarità con la profondità
della Redenzione, che avviene in Cristo Gesù. Contemporaneamente, si
tocca anche la più profonda sfera dell'uomo, la sfera - intendiamo - dei
cuori umani, delle coscienze umane e delle vicende umane.
IOANNES PAULUS PP. II REDEMPTOR HOMINIS
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Postato da: giacabi a 17:12 |
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chiesa, cristianesimo, gesù, giovanni paoloii
L’uomo attende Cristo
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«Non
mi piace la vostra giustizia fredda e nell'occhio dei vostri giudici
riluce sempre per me il boia con la sua spada gelida. Dite: dove si trova la giustizia che è amore e ha occhi per vedere? Inventatemi, dunque, l'amore che porta su di sé non solo tutte le pene, ma anche tutte le colpe».
F. W. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Adelphi
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Postato da: giacabi a 14:51 |
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nietzsche, gesù, senso religioso
Il Significato
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Idiota e lurido Kant,
se Dio non c'è tutto è permesso. Solo la carità è rispettabile. Cristo e Dostojevski, tutto il resto sono balle.
Cesare Pavese da "il mestiere di vivere"
Diario 1935-1950
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Postato da: giacabi a 06:28 |
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dio, pavese, gesù
IL POSITIVO
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"Si racconta che un giorno Gesù, riconosciuto come profeta dai musulmani, passeggiava coi discepoli. Passano davanti a un cane morto e i discepoli sottolineano il puzzo insopportabile. Gesù, con grande calma, dice all'incirca questo: "Ma avete visto come sono bianchi i suoi denti? Sono stupendi". E il testo spiega poi che Gesù ha detto ciò per far vedere che a proposito di una cosa o di una persona, si devono sottolineare solo gli aspetti positivi. È un elemento molto presente nel patrimonio culturale arabo-musulmano”.
padre Lagarde, insignito dall'Unesco del Premio per la cultura araba
da: avvenire 30-09-2005
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Postato da: giacabi a 23:17 |
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gesù
Grazie Gesù
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Gesù ti abbiamo fissato in una croce, inchiodandoTi piedi e mani, per impedirTi di venirci incontro e abbracciarci; ma Tu sei risorto e sei rimasto in mezzo a noi tramite il tuo Corpo che è la Chiesa.
Giacabi
Gauguin Il Cristo giallo
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Postato da: giacabi a 06:15 |
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croce, gesù
Fa splendere il Tuo volto
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Guardando Lui si riceve sempre più la somiglianza di Colui nel quale uno fissa lo sguardo, fissando lo sguardo su Lui diventiamo come Lui”
M. Luzi
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Postato da: giacabi a 16:07 |
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bellezza, gesù
L’Avvenimento
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Una sola cosa bella deve entusiasmare l'uomo per tutta la vita, è vero; ma lo splendore di questo incontro deve illuminare tutto il resto..
. Franz Schubert
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Postato da: giacabi a 21:10 |
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chiesa, bellezza, gesù
Desiderio di Infinito
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«Uomini che hanno in sé un desiderio così possente che supera la loro natura, ed essi bramano e desiderano più di quanto all'uomo sia consono aspirare, questi uomini sono stati colpiti dallo Sposo stesso;
Egli stesso ha inviato ai loro occhi un raggio ardente della sua
bellezza. L'ampiezza della ferita rivela già quale sia lo strale e
l'intensità del desiderio lascia intuire Chi sia colui che ha scoccato
il dardo» .
N.Kabasillas
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Postato da: giacabi a 14:50 |
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gesù
Si chiama Gesù
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Postato da: giacabi a 22:25 |
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gesù
Senza Cristo
la vita non ha significato
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Le nazioni occidentali «stanno
sviluppandosi in società manageriali i cui abitanti, ben nutriti e ben
vestiti, vedono soddisfarsi i propri desideri e non hanno desideri che
non possano essere soddisfatti, automi che seguono senza essere forzati,
che sono guidati senza capi, che fabbricano macchine che si comportano
come uomini e producono uomini che si comportano come macchine; uomini
la cui ragione decade mentre aumenta l'intelligenza, creando così la
situazione di dotare l'uomo dei più grandi poteri materiali senza la
sapienza per usarli. Questa alienazione e automazione portano a pazzia sempre crescente.
La vita non ha significato, non c'è gioia, né fede, né realtà. Ognuno è "felice": solamente, non sente, non ragiona, non ama.
Nel diciannovesimo secolo il problema era: Dio è morto; nel ventesimo secolo è questo: è morto l'uomo. Nel diciannovesimo secolo inumanità voleva dire crudeltà; nel ventesimo vuoi dire alienazione schizoide.
Il pericolo del passato era che gli uomini diventassero schiavi. Il pericolo del futuro è che possano diventare robot. È vero che i robot non si ribellano. Ma, data
la natura dell'uomo, essi diventano "Golem" che distruggeranno se
stessi e il loro mondo perché non possono più tollerare la noia di una vita priva di significato».
5 E. FROMM, Psicanalisi della società contemporanea,
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Postato da: giacabi a 08:10 |
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gesù, fromm, non senso
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Postato da: giacabi a 10:47 |
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gesù, negri
Cristo Luce del mondo
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"A voi, negatori di Dio e del Cristo, non è mai venuto in mente che tutto sarebbe fango e peccato nel mondo, senza Cristo? "
Dostoievski
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Postato da: giacabi a 06:43 |
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bellezza, dostoevskij, gesù
sulla fede e Cristo
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sulla fede, Kafka risponde:
"a Chi la possiede non la può definire, e quando uno non la possiede la
sua definizione è aggravata dalla mancanza di grazia. Il credente
quindi non può e il miscredente non dovrebbe parlare ". E Cristo? Kafka chinò la fronte: " Questo è un abisso di luce. Bisogna chiudere gli occhi per non precipitare... ".
(Janouch, Colloqui con Kafka).
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Postato da: giacabi a 22:04 |
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fede, kafka, gesù
Gli esseri umani sono anfibi –
mezzo spirito e mezzo animale
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Mio caro Malacoda
dunque
tu "nutri grandi speranze che la fase religiosa del tuo paziente stia
morendo"?Io sono sempre stato dell'opinione che la suola di tirocinio
fosse bell'e spacciata da quando Ciriatto Sannuto vi fu messo a capo, e
ora ne sono sicuro. Non v'è mai stato nessuno che t'ha detto qualcosa
sulla legge dell'Ondulazione?
Gli
esseri umani sono anfibi - mezzo spirito e mezzo animale. ( la
risoluzione del Nemico di produrre un ibrido talmente ributtante fi una
delle cose che decisero Nostro Padre a ritirargli il suo appoggio). Come spiriti essi appartengono al mondo dell'eternità, ma come animali sono abitatori del tempo. Ciò
significa che, mentre il loro spirito può essere diretto verso un
oggetto eterno, il loro corpo, le passioni e l'immaginazione sono in
continuo divenire, poiché essere nel tempo significa mutare. Perciò
la cosa che più li avvicina alla costanza è l'ondulazione - cioè il
ripetuto ritorno a un livello dal quale ripetutamente si allontanano,
una serie di depressioni e elevazioni. (...)
Per
decidere il miglior uso che ne puoi fare, devi chiederti qual è l'uso
che desidera farne il Nemico, e poi agire all'opposto. Ora, può essere
per te una sorpresa venire a sapere che nei suoi sforzi di impossessarsi
per sempre di un'anima, Egli si basa sulle depressioni ancor più che
sulle elevazioni. Alcuni dei suoi speciali favoriti sono passati
attraversi depressioni più lunghe e più profonde di qualsiasi altro. la
ragione è questa. Per noi un essere umano è innanzitutto cibo: nostro
scopo è l'assorbimento della sua volontà nella nostra, l'aumento, a sue
spese, della nostra area di egoismo. Ma l'obbedienza
che il Nemico chiede all'uomo è cosa del tutto diversa. Bisogna
guardare in faccia al fatto che tutto quel parlare intorno al Suo amore
per gli uomini, e intorno al Suo servizio come perfetta libertà, non
è(come si vorrebbe allegramente credere) pura propaganda, ma terribile
verità. Egli vuole proprio riempire l'universo di una quantità di
nauseanti piccole imitazioni di Se stesso - creature la cui vita, in
miniatura, sarà qualitativamente come la Sua, non perchè Egli li
assorbirà, ma perchè la loro volontà si conformeranno liberamente alla
Sua.Noi vogliamo mandrie che finiranno per diventare cibo; Egli vuole servi che diverranno infine, figliuoli. Noi vogliamo assorbire, Egli vuole concedere in abbondanza. Noi siamo vuoti e vorremmo riempirci; Egli possiede la pienezza e trabocca. La nostra guerra ha come scopo un mondo nel quale Nostro Padre Laggiù abbia attratto a sé tutti gli altri esseri; il Nemico vuole un mondo pieno di esseri uniti a Lui, ma sempre distinti.
(...)
Tuo affezionatissimo Zio
C.S. LEWIS - LE LETTERE DI BERLICCHE
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Postato da: giacabi a 07:11 |
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chiesa, dio, gesù, lewis
Quello che il cuore cerca
***
Dostoevskij ha conosciuto il Vangelo durante il periodo di prigionia in Siberia
così scrive:
«In questi momenti ho composto in me una professione di fede in cui tutto è chiaro e sacro. Eccola: credere
che non c'è nulla di più bello, di più profondo, di più simpatico, di
più ragionevole, di più coraggioso, né di più perfetto del Cristo... e
non solo che non c'è nulla, io me lo dico con un amore geloso, ma che
nulla ci può essere.
Più ancora: se qualcuno mi avesse provato che il Cristo è al di fuori
della verità... avrei preferito restare col Cristo piuttosto che con la
verità».
Dostoevskij
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Postato da: giacabi a 13:55 |
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dostoevskij, gesù, senso religioso
DALLO ZEN A GESÙ
Famiglia Cristiana n° 49 - dicembre 2006
***
LA CONVERSIONE DI MASTERBEE, ARTISTA E MAESTRO DI MEDITAZIONE
Viaggio
alle sorgenti delle grandi religioni orientali. Per approdare alla
Chiesa attraverso l’amicizia con padre Raniero Cantalamessa.
«Ritorna là da dove sei venuto e vi troverai quello che stai cercando».
Queste parole, che un maestro indù rivolse un giorno a Masterbee (come
egli stesso ricorda nella sua autobiografia spirituale, Mendicante di
luce, edita da san Paolo), sono la sintesi dei viaggi e degli incontri
compiuti “dal Tibet al Gange” da questo affermato artista, nato 66 anni
fa nella Svizzera tedesca, che aveva cercato l’illuminazione nel
buddhismo, nello yoga e nello zen.
E che oggi, con questo suo libro-testimonianza, scritto su invito di
padre Raniero Cantalamessa, non rinnega quel passato ma lo usa come un
formidabile trampolino di lancio per un ritorno a Cristo, a quel Gesù
amato e invocato fin dall’infanzia.
Per
conoscere Masterbee siamo andati a trovarlo nella sua casa-eremo dove
vive con la moglie Kicka, cantante e scultrice. Entriamo. La luce è
filtrata da tende colorate. Alle pareti i suoi quadri del periodo della
ricerca interiore (insight) si alternano alle sculture di Kicka e a
bellissime icone di Cristo e di Maria (neoiconografia). La voce di
Masterbee e il suo sguardo chiaro e penetrante esprimono la gioia di chi
ha trovato la fonte: nella preghiera, nella Messa quotidiana,
nell’amore per gli ammalati per cui prega con Kicka ogni giorno.
– Maestro, qual è la cosa più importante nella vita?
«L’incarnazione di Cristo è il più grandioso avvenimento di tutta la storia dell'umanità. Cristo ha rinnovato la materia trasformando il mondo e riportando l’intero cosmo all'origine della sua causa primordiale: il Padre. Solo oggi siamo in grado di essere aperti verso tutte le tradizioni religiose autentiche. Infatti, grazie alla comprensione che tutta la materia nella sua essenza è energia, possiamo giungere all’intuizione profonda dell’unità indivisibile della creazione, senza perdere la nostra autentica tradizione religiosa».
– Cosa ha rappresentato per lei la pubblicazione di questo libro?
«Si tratta del racconto di tutta la mia ricerca interiore dell’Assoluto, durata decenni. Abbiamo ricevuto già molte testimonianze che dimostrano come questo libro abbia la capacità di toccare il cuore dei lettori».
– Lei ha scritto “Mendicante di luce” su invito di padre Cantalamessa: che cosa rappresenta la vostra amicizia?
«Padre Cantalamessa rappresenta la persona più importante della nostra conversione a Cristo. Egli, con la dovuta prudenza, da vero padre spirituale ha intuito l’autenticità della nostra esperienza. La nostra è un’amicizia profonda. All’inizio non ero disponibile a raccontare la mia vita; ma poi ho accettato, per obbedienza e, soprattutto, per amore verso di lui, di Cristo e della Chiesa».
– Cosa ha significato la lettura di stralci della sua autobiografia davanti a Benedetto XVI?
«Sono stato sorpreso e meravigliato nello stesso tempo. Mi ha colpito l’effetto positivo e come sia stato accolto dal Santo Padre e dai cardinali».
– Cosa cercavano le persone che si rivolgevano a lei come maestro zen, e cosa cerca oggi chi la contatta?
«Cercavano la via dell’illuminazione interiore e oggi ancora mi cercano per trovare la via del cuore, attraverso la preghiera di Gesù, che ho imparato da uno staretz ortodosso e che pratichiamo al posto della meditazione del profondo. Cerchiamo di aiutare le persone a ritrovare le loro radici religiose, a riscoprire la perenne novità del Risorto».
– L’incontro con il cristianesimo le ha fatto rinunciare alla bellezza incontrata nelle altre tradizioni religiose?
«La bellezza delle altre tradizioni non è scomparsa dalla mia coscienza, ma quelle esperienze, pure importanti, non sono state in grado di trasmettermi la Luce che ho incontrato in Cristo. Ogni autentica tradizione è ispirata da Dio nel suo imperscrutabile disegno divino. Le tradizioni religiose sono il più grande dono di Dio, senza di esse la vita perderebbe significato».
–
Se nei sacramenti c’è la presenza di Dio e si tocca il vertice
dell'incontro con Lui, quale valore hanno le pratiche di meditazione?
«Le pratiche di meditazione orientali per noi sono limitate. La ricerca del sé è solo una tappa del nostro percorso verso l’assoluto. La preghiera di Gesù della tradizione ortodossa sostituisce la meditazione buddista e induista. Con la sola ricerca del sé interiore l’uomo non può salvarsi. La salvezza deve venire dall’alto e si è perfettamente realizzata con la venuta di Cristo. Abbiamo nei sacramenti il culmine della trascendenza: in essi riceviamo e sperimentiamo l’amore di Dio».
– Come è cambiata la sua arte dopo la conversione, e qual è il ruolo dell’attività artistica nella sua vita spirituale?
«Il contenuto della nostra arte è sempre stato la ricerca interiore e dell’Assoluto. Dopo la conversione a Cristo, la nostra arte è stata profondamente segnata. Kicka nella musica ha creato nuove composizioni e nelle arti plastiche realizza un transfert dalla sofferenza umana in quella divina e luminosa di Cristo. Da parte mia esprimo l’inesprimibile attraverso la serie delle Ultime cene e la nuova iconografia cristologica. L’arte per noi è preghiera e comunicazione con la trascendenza. Sentiamo nel cuore la chiamata a testimoniare la grande luce di Cristo nel mondo con l’arte che abbiamo ricevuto in dono».
– Nel suo libro lei racconta dei rischi delle pratiche medianiche e magiche: ce ne vuole parlare?
«Le pratiche medianiche e la magia fanno perdere l’anima. Personalmente ho sperimentato la devastante forza che queste forze esercitano sulla psiche e sull’anima. La magia è diabolica e vuole sostituirsi a Dio, col pretesto di aiutare l’uomo lo cattura con false promesse e lo lega alle potenze delle tenebre. A chi ha avuto a che fare con la magia consiglio di rivolgersi alla Chiesa, che sola è in grado di liberare l’anima».
– Cosa ha significato la compagnia di sua moglie nella sua ricerca, e come vede oggi il rapporto uomo-donna?
«Mia moglie è stata messa sul mio cammino da Dio, la sua presenza ha agevolato la mia ricerca della trascendenza. Viviamo in profonda comunione spirituale. Il rapporto tra l’uomo e la donna è il più grande dono di Dio. Ma occorre mettere da parte il nostro io negativo e sostituirlo con il dono dell’amore. Se Cristo è al centro, la coppia raggiunge la più alta gioia spirituale. Per l’uomo d’oggi la sfida del matrimonio è la più interessante, ma anche la più difficile. La coppia che chiede aiuto nella preghiera e nei sacramenti è sicura. L’indissolubilità non è un’utopia, ma uno dei più grandi doni e verità che Cristo ha lasciato alla sua Chiesa».
– Nelle difficoltà tra islam e cristianesimo quale via d’uscita vede?
«Il dialogo, la stima reciproca, l’amore, la sincerità, la chiarezza e la fermezza, come insegnano Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Sono fiducioso e convinto che le relazioni tra islam e cristianesimo troveranno il loro giusto equilibrio».
– Lei è partito come “mendicante di luce” e ora che è stato investito dalla Luce di Cristo cosa cerca ancora?
«Non cerco altro che la grazia di rimanere nella Sua luce e misericordia».
Ci
congediamo. Masterbee e Kicka stanno chini sulla porta a mani giunte.
Kicka mi spiega: «Stiamo salutando la tua anima e la Trinità che la
inabita».
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Postato da: giacabi a 21:04 |
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gesù, senso religioso
Gesù Cristo
è «la misura di tutte le cose umane»
Soltanto
il cristianesimo è in grado di assumere completamente su di sé e
riconoscere fino in fondo le infermità della nostra epoca mostrando dove
sia veramente il male e quale sia la via per giungere alla guarigione.
Il cristianesimo non sfugge dal mondo, come frequentemente si pensa, ma
entra nel mondo in un modo particolare, assume su di sé i mali del
mondo mostrandone la reale profondità e il loro vero significato. Il
cristianesimo accetta l'uomo, qualsiasi uomo, indipendentemente dalla
sua casta e dalle doti intellettuali, ma anche senza farsi illusioni su
di lui. Il
cristianesimo considera l'uomo caduto, mendace prima ancora che la sua
falsità diventi falsità ideologica, prima ancora che la sua caduta
diventi caduta «storica», ma il cristianesimo sa liberare in lui l'uomo
autentico e inserirlo in una storia autentica.
Ciò
significa che il cristianesimo riporta l'uomo a quella autenticità che è
racchiusa in Dio incarnato, a quella storia che è stata vissuta e
«misurata» sull'uomo dal Dio incarnato, Gesù Cristo. Gesù
Cristo è «la misura di tutte le cose umane» e su questa misura anche
oggi l'uomo può essere riconosciuto e compreso come uomo.
Cristo è il criterio di tutte le decisioni spirituali morali, volitive e
storiche che si possono anche oggi presentare all'uomo, qualsiasi uomo
egli possa essere, scienziato o operaio, qualsiasi cosa egli faccia, sia
che combatta in guerra o badi ai bambini, in qualsiasi luogo egli si
trovi, nel lager o nel cosmo.
(A. Kolosov, Utopia e speranza, in «Rinascita cristiana nell'URSS»)
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Postato da: giacabi a 19:37 |
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cristianesimo, gesù
Cristo
l'ideale della Bellezza
Lettera a V.A.Alekseev
Pietroburgo, 7 giugno 1876
Egregio
Signore, La prego di scusarmi se rispondo soltanto oggi alla Sua
lettera del 3 giugno, ma sono stato malato per un attacco di epilessia.
Lei
mi rivolge una domanda molto ardua in quanto esigerebbe una risposta
lunga. La sostanza della cosa, di per sé, è chiara. Nella tentazione di
Cristo da parte del diavolo sono proposte tre colossali idee di portata
universale; sono trascorsi ormai diciotto secoli e non c'è nulla di più
difficile, e cioè di più profondo, di queste idee, e tuttora non si
riesce a risolvere le questioni in esse poste.
"Le
pietre e i pani" significa l'attuale questione sociale, cioè
l'ambiente. Questa non è una profezia, questo è sempre stato così. "Come
ci si può rivolgere a dei poveri derelitti, che la fame e l'oppressione
hanno ridotto a una condizione piuttosto di animali che non di uomini,
come ci si può rivolgere a degli affamati predicando l'astensione dal
peccato, la mansuetudine e la continenza? Non sarebbe meglio anzitutto
dar loro da mangiare? Ciò sarebbe più umano. Anche davanti a Te sono
venuti a predicare, ma Tu sei il Figlio di Dio, Tu eri atteso da tutto
il mondo con impazienza; agisci dunque come chi è superiore a tutti per
l'intelletto e la giustizia. Da' dunque loro un'organizzazione sociale
tale che non manchino mai il pane e l'ordine, e solo allora chiedi loro
di rinunciare al peccato. Se anche allora peccheranno, ebbene, vorrà
dire che sono degl'ingrati, ma ora essi peccano per colpa della fame, ed
è un peccato pretendere da loro che non pecchino.
"Tu
sei Figlio di Dio, e dunque Tu puoi tutto. Vedi qui intorno queste
pietre: è sufficiente che Tu lo ordini e queste pietre si trasformeranno
in pani."
"Ma
anzitutto ordina che la terra dia i suoi frutti senza fatica, insegna
agli uomini una scienza o un ordine sociale tali che la loro vita sia
per sempre assicurata. È forse possibile che Tu non sappia che i vizi e
le sventure più gravi dell'uomo sono provocate dalla fame, dal freddo,
dalla miseria e dalla spietata lotta per l'esistenza?"
Ecco la prima questione che lo spirito maligno propose a Cristo. Lei sarà d'accordo sul fatto che è difficile risolverla. Il
socialismo attuale, sia in Europa che da noi, vuole eliminare
completamente Cristo e si adopera anzitutto per il pane, si affida alla
scienza e sostiene che la causa di tutte le sciagure umane è una
soltanto: la miseria, la lotta per l'esistenza, "l'ambiente che divora
l'uomo".
Ma Cristo a ciò ha risposto: "Non di solo pane vive l'uomo", proclamando la verità sull'origine anche spirituale dell'uomo. L'idea del diavolo poteva andar bene soltanto per un uomo-animale, ma Cristo
sapeva che l'uomo non può vivere di solo pane. Infatti, se non
esistesse più la vita spirituale, e cioè l'ideale della Bellezza, l'uomo
cadrebbe in preda all'angoscia, morirebbe, impazzirebbe, si ucciderebbe
o si affiderebbe a fantasie pagane. E siccome Cristo recava in Se stesso e nella Sua Parola l'ideale della Bellezza;
avendolo nelle loro anime, tutti diventeranno fratelli l'uno
dell'altro, e allora, naturalmente, lavorando l'uno per l'altro, saranno
anche ricchi. Se invece si desse loro del pane, può darsi che essi
diventino nemici l'uno dell'altro solo per la noia.
Ma
se si desse all'uomo sia l'ideale della Bellezza che il Pane insieme?
In tal caso verrà tolto all'uomo il lavoro, la personalità, il
sacrificio dei propri beni a favore del prossimo, insomma gli verrà
tolta tutta la vita, ogni ideale di vita. E quindi è meglio proclamare
soltanto l'ideale spirituale.
La
prova del fatto che, in questo breve passo del Vangelo, la questione
riguardava proprio questa idea, e non semplicemente il fatto che Cristo
aveva fame e che il diavolo gli consigliava di prendere delle pietre e
ordinar loro di trasformarsi in pane, la prova di ciò sta nel fatto che
Cristo rispose rivelando il segreto della natura: "Non di solo pane (e
cioè come gli animali) vive l'uomo".
Se
si fosse trattato soltanto di placare la fame di Cristo, perché si
sarebbe dovuto portare il discorso sulla natura spirituale dell'uomo in
generale? E sarebbe stato anche inutile, giacchè anche senza il
consiglio del diavolo Egli avrebbe già potuto da prima procurarsi del
pane se avesse voluto. A proposito: Lei ha certo presenti le teorie di
Darwin e di altri sull'origine dell'uomo dalla scimmia. Ebbene, senza
formulare nessuna teoria, Cristo dichiara esplicitamente che nell'uomo,
oltre alla dimensione animale, c'è anche quella spirituale. E quindi
qualunque sia l'origine dell'uomo (nella Bibbia non è affatto spiegato
in che modo Iddio lo formò dal fango, lo prese dalla terra), è
un fatto che Dio gl'ispirò il soffio della vita (ma è terribile che
l'uomo, attraverso il peccato, possa nuovamente trasformarsi in animale).
Il Suo devoto servitore F.Dostoevskij
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Postato da: giacabi a 15:06 |
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dostoevskij, gesù
PENSIERI DI UNO INNAMORATO DI CRISTO
CHE HA LA “MALEDETTA SLA”
( La malattia di Welby)
Per sapere chi è Carlo Marongiu: http://www.vigilfuoco.net/pensieri/index.html
Alcuni pensieri tratti dal libro:
***
"La
sofferenza maggiore in questa malattia è data dall'immobilità. Non è
piacevole essere costretto a chiedere sempre per ogni minima esigenza.
Quanta
pazienza per sopportare una mosca che passeggia nelle ciglia o una
zanzara che effettua un prelievo indesiderato e che non posso scacciare,
perché la mano non si muove di un millimetro.
Una
delle cose più fastidiose è il prurito: quante volte ho immaginato di
poter strofinare smodatamente la schiena sullo spigolo di un muro ruvido
e non posso nemmeno soffermarmi troppo su questa condizione di
immobilità, perché il cervello comincia a girare in senso contrario. I
momenti peggiori sono quelli notturni durante i quali sento veramente la
solitudine. Allora con la fantasia faccio una capatina a Lourdes,
giusto il tempo di recitare una preghiera davanti alla grotta. Oppure
arriva il pianto liberatorio e con esso il bruciore causato dalle
lacrime che impastano gli occhi e che non posso asciugare. «Quanto si
soffre Signore!».
La
sofferenza, questo grande mistero che nessuna mente umana riuscirà mai a
penetrare. Solo la fede ci aiuta a comprendere e a darle un senso.
D’altronde se Gesù ha scelto questo mezzo per salvare l’umanità, un
motivo deve pur essere."
***
"Ho passato undici mesi a guardare il soffitto della rianimazione e quattro mesi a guardare la cucina della mia casa. Adesso
che ho trovato davanti alla porta il mio ideale posto di osservazione
non voglio rinunciare a guardare la gente che passa nella strada. Mi
piace guardare gli alberi mossi dal vento, il cielo azzurro e le nuvole
che si affacciano proprio di fronte a me. Mi immagino in strada
completamente fradicio e penso che deve essere bellissimo buscarsi una
broncopolmonite in quel modo.!
***
"Chissà
che quella felicità che tutti cerchiamo non stia paradossalmente
proprio laddove nessuno l'aspetta e cioè nell'accettazione e nell'
offerta a Dio della sofferenza, qualunque essa sia. Quella felicità che
devono provare non solo quelli che portano la croce, ma anche coloro che
più da vicino la sostengono."
***
"Lo spaventapasseri è immobile, non respira e non parla. Nessuno si sogna di salutarlo o di chiedergli qualcosa.
Ho
già detto che questa malattia è maledetta perché distrugge tutto. Per
questo continuo a sentirmi uno spaventapasseri, una cosa, un peso.
Devo
sopportare tutto, perché un malato è già fastidioso di per sé,
figurarsi quando si lamenta. In fondo siamo in tanti a comportarci allo
stesso modo con Dio.
Non pensiamo mai di chiedergli qualcosa, neanche quando abbiamo bisogno e facciamo come se non esistesse.
Quando andiamo nella sua casa non ci prepariamo all'incontro e siamo sempre talmente distratti che ci dimentichiamo persino di salutarlo.
Penso che anche Dio, più di una volta deve sentirsi uno spaventa passeri."
***
“Io so bene che a Lui piace tanto vedersi offrire sofferenze, ma so anche che ricambia dando cento volte quello che riceve.”
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Postato da: giacabi a 20:39 |
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gesù, welby, marongiu
Giacomo card. Biffi
Una singolare, emozionante
e affascinante ricerca
sulla figura di Gesù Cristo
Una esplorazione emozionante
Il
mondo interiore dell’uomo è sempre un mistero, che non si riesce mai a
penetrare del tutto. Tanto più ci è difficile accostarci alla ricchezza
dell’animo di Cristo e addentrarci nella sua realtà psicologica.
È
una ricerca singolare, problematica, emozionante, ma anche fascinosa e
ineludibile. Va intrapresa con umiltà e consapevolezza sempre vigile di
quanto siano inadeguate le nostre possibilità conoscitive.
Siamo
però incoraggiati nel compito dall’aiuto decisivo offertoci dagli
evangeli, che del nostro Salvatore ci rivelano - generosamente - sia
pure attraverso testimonianze sparse, occasionali, spesso indirette - i
pensieri, la mentalità, gli affetti, i sentimenti, il temperamento, lo
stile espressivo e comportamentale.
Una grande chiarezza di idee
Ciò
che primariamente colpisce nel magistero di Gesù è la straordinaria
chiarezza di idee. Tutto è lucida-mente enunciato senza ambiguità o
tentennamenti. Le esitazioni, il rifugio nel soggettivismo, le formule
dubitative («forse», «secondo me», «mi parrebbe»), così frequenti nel
nostro dire, non si incontrano mai nei suoi discorsi, dai quali sono
lontanissimi i vezzi, le civetterie, l’apparente arrendevolezza del
«pensiero debole».
Gesù
manifesta anzi una sicurezza che sarebbe persino irritante, se non
fossimo contestualmente conquistati dall’oggettiva elevatezza e
luminosità del suo insegnamento.
Pur
nella grande varietà degli argomenti toccanti, non c’è frammentazione o
incoerenza nella visione di Cristo. Tutto è raccolto e unificato
attorno a due temi fondamentali sempre ricorrenti: quello del «Padre»
(un padre che sta all’origine di qualsivoglia esistenza) e quello del
«Regno», traguardo di ogni tensione delle creature e del loro
peregrinare nella storia.
L’attenzione alla concreta realtà umana
In
lui però non c’è nulla né del pensatore distratto, così assorto nelle
sue alte elucubrazioni da non accorgersi nemmeno più delle piccole cose,
né del superuomo che disdegna di lasciarsi impigliare negli accadimenti
senza rilevanza e senza gloria. Al contrario: Gesù si dimostra un
osservatore attento - anzi interessato e compiaciuto - della realtà
«feriale» nella quale siamo tutti immersi.
Dai suoi detti e dalle sue parabole occhieggiano numerose le normali scenette della vita di allora e di sempre: il bimbo che fa i capricci per avere qualcosa da mangiare, i ragazzi che giocano nelle piazze avvalendosi delle filastrocche tradizionali (Lc 7, 32: «Sono simili a quei bambini che stando in piazza gridano gli uni agli altri: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto”»), il vicino scocciatore che ti disturba perfino di notte e non ti dà pace finché non l’accontenti, la donna che non si rassegna a non trovare la moneta rotolata sotto i mobili, la partoriente che soffre ma poi dimentica i dolori patiti nella gioia di contemplare il piccolo nato da lei, i servi che si danno alla bella vita nell’assenza del padrone, l’amministratore disonesto e furbo, il trambusto di una festa di nozze, i banchieri che offrono un interesse sul capitale, il ladro che scassina la casa senza mandare preavvisi, il viandante che incappa nei rapinatori, i braccianti disoccupati che in piazza aspettano la buona occasione, la casalinga che impasta la farina e poi la lascia lievitare. Eccetera.
Chi
parla così è evidentemente uno che non si è chiuso e arroccato in se
stesso, ma è capace di guardarsi attorno e partecipa con simpatia alla
quotidiana commedia umana.
Le
cose più umili vengono utilizzate nei suoi paragoni: i bicchieri e i
piatti da lavare, la lucerna e il lucerniere, il sale da usare in
cucina, il bicchiere d’acqua fresca, il vino vecchio che è più buono, il
vestito rattoppato, la pagliuzza e la trave, la cruna degli aghi, i
danni provocati dalle tarme e dalla ruggine, gli effimeri fiori del
campo, le prime foglie del fico, l’arbusto di senape, il seme che cade
in terreni diversamente accoglienti e produttivi, la rete dei pescatori
che raccoglie al tempo stesso pesci commestibili e pesci da buttare, la
pecora che si allontana dal gregge e si perde. E anche questo è un
elenco che si potrebbe molto allungare.
Quanto
s’è detto dovrebbe bastare a persuaderci che Gesù non ha somiglianza
alcuna con l’ideologo che - tutto preso dalle sue grandiose teorie - non
riesce più a vedere e a prendere in considerazione le vicissitudini
spicciole della gente comune.
E
proprio questa sua sensibilità per le piccole cose concrete e l’arte
sua inimitabile di incastonarle nei ragionamenti più alti gli consentono
di parlare a tutti, anche ai semplici, delle verità più sublimi con la
mediazione di un linguaggio limpido e originale; un linguaggio che ci
appare ben diverso da quello di molti pensatori professionisti e di non pochi attori della scena politica.
Una volontà forte
Alla
solarità della sua intelligenza e all’efficacia del suo dire fa
riscontro una volontà senza fiacchezza, in grado di operare rapidamente
scelte operative e di attenersi ai propositi stabiliti senza alcuna
titubanza. Ha una missione che ha cordialmente sposato, e non se ne
lascia distogliere.
Talvolta
questa fermezza trapela perfino dall’atteggiamento esteriore. I
circostanti ne sono impressionati, e la narrazione evangelica si sente
in dovere di registrarlo: «Si diresse decisamente verso Gerusalemme» (Lc 9,
51). Il testo originale è anche più significativo: to prosopwn
’esterisen tou poreuesqai ’eiV ’Ierrousalem («irrigidì il suo volto per
andare alla volta di Gerusalemme»).
Egli
è un capo che, in certi momenti, andando davanti a tutti sul cammino
che si è prefissato, irradia tanta risolutezza da incutere in chi lo
segue meraviglia, soggezione, inquietudine: «Mentre erano in viaggio per
salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti a loro ed essi erano
stupiti, e gli andavano dietro pieni di timore» (Mc 10, 32).
Libertà di fronte ai parenti e agli oppositori
Gesù si dimostra sempre un uomo sovranamente libero. Nessuno riesce a distoglierlo dai suoi intenti.
È libero di fronte a quelli del suo «clan», i quali, dopo averlo preso per matto (cfr Mc 3, 21), poi si imma-ginano di poter ricavare qualche vantaggio dal suo successo e dalla sua notorietà e cercano di riprendere i rapporti (cfr Mc 3, 31-34).
È
libero di fronte ai capi del suo popolo e ai suoi avversari, che
cercano di ostacolarlo nel suo ministero, e ai quali risponde
seccamente: «Il Padre mio lavora sempre e anch’io lavoro» (Gv 5,17).
Egli riconosce e rispetta l’autorità, ma non ha timori reverenziali nei confronti delle persone che ne sono investite. Basti pensare alle invettive rivolte ai farisei e agli scribi (cfr Mt 23, 32). Ai sadducei, che ricoprivano le più alte cariche sacerdotali, non esita a manifestare il suo dissenso nei termini più decisi: «Voi vi ingannate, poiché non conoscete né le Scritture né la potenza di Dio» (Mt 22, 29). Col tetrarca di Galilea, Erode, non fa proprio complimenti: «Andate a dire a quella volpe...» (cfr Lc 13, 32). Del resto, la sua franchezza è esplicitamente riconosciuta anche da quelli che gli sono ostili, come i farisei e gli erodiani che una volta così gli si rivolgono: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non ti curi di nessuno; infatti non guardi in faccia agli uomini, ma secondo verità insegni la via di Dio» (Mc 12, 14).
Libertà dagli amici
Si
mantiene libero - cosa che è senza dubbio più difficile - anche dalle
attenzioni affettuose degli amici quando contrastano con la sua
missione.
Il
caso più tipico e clamoroso è quello di Pietro. A Cesarea di Filippo
l’apostolo si vede elogiato per la sua ispirata professione di fede con
espressioni di ineguagliabile esaltazione. Subito dopo, però, quando si
permette di distogliere il suo Maestro dalla «via della croce», viene
investito da parole durissime: «Pietro lo trasse in disparte e cominciò a
protestare dicendo: “Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà
mai!”. Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: “Lungi da me, satana! Tu mi
sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”» (Mt 16, 21-23).
In
un’ora di crisi, quando egli viene abbandonato da molti discepoli che
non sanno accettare il discorso sulla sua «carne» e sul suo «sangue»
proposti come cibo e bevanda, non cede di un punto, non attenua le sue
affermazioni spigolose per amore del dialogo e di una «comunione senza
verità»: «Gesù disse ai Dodici: “Volete andarvene anche voi?”» (cfr Gv 6, 67). Che è una delle frasi più drammatiche e meno obliabili pronunciate dal Salvatore.
Libertà dai giudizi altrui
Gesù
è libero perfino dalla «apparenza della virtù»; vale a dire, non lo
preoccupano affatto i giudizi malevoli e manifestamente infondati, che
la gente può formulare su di lui. Egli va avanti per la sua strada,
anche a prezzo del deterioramento della sua buona fama: «È venuto il
Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco un mangione e un
beone, amico dei pubblicani e dei peccatori”» (Mt 11, 19).
Si direbbe che ritenga valido anche per sé l’ammonimento che rivolge agli altri: «Guai a voi quando tutti gli uomini diranno bene di voi» (cfr Lc 6, 26).
La sensibilità dell’ animo
Capita
spesso che uno spirito assolutamente autonomo ed emancipato risulti poi
anche arido, indifferente ai mali altrui, scarsamente sensibile.
Non è il caso di Gesù: in lui la sovrana libertà, che s’è vista, si disposa a una forte emotività e a una estesa gamma di sentimenti.
Per
esempio, di fronte alla strumentalizzazione «teologica» della sventura,
non sa frenare la collera, come si vede nell’episodio dell’uomo dalla
mano rattrappita che gli viene collocato davanti proprio perché egli lo
guarisca in sabato e così lo si possa accusare (cfr Mc
3, 1-6). Allora chiama il poveretto nel mezzo, al cospetto di tutti e,
dice il testo originale, gira sui presenti lo sguardo con rabbia (met'
’orgeV,) rattristato (sullupoumenoV), per la durezza del loro cuore.
La compassione
Con
molta più frequenza gli evangelisti annotano la sua compassione verso
tutte le miserie umane. Lo fanno adoperando costantemente un verbo che
nella sua etimologia evoca una commozione anche fisica splagkuixesqai («sentir compassione»), da splagkna («viscere»).
È uno stato d’animo che prende il Salvatore all’udire il lamento accorato dei due ciechi di Gerico (Mt 20, 34: «Gesù si commosse»); al vedere l’angoscia di una madre che segue il funerale del suo unico figlio giovinetto (Lc 7, 13: «Vedutala il Signore ne ebbe compassione e le disse: “Non piangere!”»); nel rendersi conto che c’è una folla affamata (Mc
8, 1: «Sento compassione di questa folla, perché già da tre giorni mi
stanno dietro e non hanno da mangiare»); nel contemplare un’umanità
dispersa e smarrita (Mc 6, 34: «Vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore»).
L’ amicizia
Gesù ha molto vivo il senso dell’amicizia con tutte le sue diverse gradazioni di intensità.
Suoi «amici» egli chiama gli apostoli (cfr Gv 15, 5). Ed è un’amicizia attenta e premurosa, tanto che si preoccupa del loro eccessivo affaticamento: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’» (Mc 6, 31). Tra i Dodici si sente più intimo di Pietro, Giacomo e Giovanni, e li vuole vicini sia nell’ora splendente della Trasfigurazione (cfr Mc 9, 28) sia in quella penosissima del Getsemani (cfr Mc 14, 32-42). Al solo Giovanni è stata attribuita la qualifica: «il discepolo che Gesù amava» (cfr Gv 13, 23; 19, 5; 20, 2; 21, 7.20).
Al
di fuori della cerchia apostolica è testimoniato il grande affetto da
lui nutrito per i componenti della famiglia di Betania: «Gesù voleva
molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro» (Gv 11,5).
I bambini e le donne
Era
nota l’amabilità di Gesù verso i bambini: «Gli presentavano i
bambini...perché li accarezzasse, ma i discepoli li sgridavano. Gesù, al
vedere questo, s’indignò (letteralmente: “non lo poté sopportare”
«’hganakthsen») e disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me e non
glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio”. E
prendendoli fra le braccia e ponendo le mani sopra di loro li
benediceva» (Mc 10, 13-16).
Manifesta molta gentilezza d’animo verso le donne e più di una volta interviene a loro difesa.
Salva dalla lapidazione la sconosciuta sorpresa in adulterio (cfr Gv 8, 1-11), loda, contro i pensieri maligni del padrone di casa, la peccatrice che durante un banchetto offertogli da un fariseo aveva osato venire a profumarlo e a bagnarlo con le sue lacrime (cfr Lc 7, 36-50); ribatte seccamente a Giuda e agli altri commensali che criticavano Maria, la sorella di Lazzaro, per il suo gesto inatteso e la sua prodigalità: «Lasciatela stare! Perché le date fastidio? Ella ha compiuto verso di me un’opera buona...» (cfr Mc 14, 6).
Il pianto e la gioia
Sono
eccezionali in Gesù la solidità psicologica e il dominio di sé. È
tranquillo e impavido nel bel mezzo di una tempesta che rischia di
rovesciargli la barca (cfr Mc 4,
35-41), così come con impressionante forza d’animo affronta e quasi
ipnotizza la folla inferocita di Nazareth che si propone di ucciderlo:
«Tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono
fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la
loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. Ma egli,
passando in mezzo a loro, se ne andò» (Lc 4, 28-30).
Non
è però un imperturbabile gentleman della società vittoriana, che si fa
un punto d’onore di non lasciar trapelare all’esterno le proprie
emozioni. Al contrario, Gesù non ha alcun ritegno a mostrarsi sconvolto,
come per esempio davanti alle lacrime di Maria, la sorella di Lazzaro:
«Quando la vide piangere... si commosse profondamente»; anzi «si turbò»,
precisa l’evangelista (cfr Gv
11, 33). E al pensiero della morte dell’amico, «scoppiò in pianto»
anche lui, tanto che i presenti commentano: «Vedi come l’amava» (cfr Gv 11, 35-36).
Contemplando
dall’alto Gerusalemme, alla prospettiva della sua distruzione non sa
frenare le lacrime: «Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su
di essa, dicendo: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la
via della pace”» (cfr Lc 10, 42-42).
Ma
sa anche entusiasmarsi, lasciandosi contagiare dalla gioia dei
discepoli, felici di aver portato a termine la loro prima esperienza di
evangelizzazione: «I settantadue tornarono pieni di gioia... In quello
stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: “Io ti rendo
lode, Padre, Signore del cielo e della terra”» (cfr Lc 10, 17-21).
Gesù
era dunque un uomo che sapeva piangere e sapeva stare allegro. Che
sapesse piangere è esplicitamente documentato, come s’è visto; che
sapesse anche stare lietamente in compagnia, lo si deduce se non altro
dal piacere con cui i pubblicani - che erano di solito gaudenti e
bontemponi - l’accoglievano alla loro mensa.
Quando
aveva di fronte della gente affaticata ed esausta, provvedeva
fattivamente a sostenerla. Ma certo non doveva avere l’abitudine di
rovinare la serenità e la giocondità di un convito con riflessioni
troppo malinconiche o con richiami intempestivi alla fame nel mondo.
Attenendosi
appunto all’esempio del Signore, san Paolo enuncerà per i cristiani la
regola aurea di comportamento: «Rallegratevi con quelli che sono nella
gioia, piangete con quelli che sono nel pianto» (Rm 12, 15).
La « ebraicità » di Gesù
Tanta
pienezza di umanità potrebbe indurre a ritenerlo un soggetto così
superiore e ideale da trascendere ogni catalogazione antropologica e
ogni specificazione etnica e culturale: quasi un apolide senza
appartenenza e senza nessi. Ma non saremmo nel giusto.
Egli
ragiona, parla, agisce da autentico figlio d’Israele. La sua
«ebraicità» è fuori discussione. Chi non la cogliesse, non potrebbe dire
di aver raggiunto la sua effettiva verità: ne risulterebbe un identikit
di Cristo alterato e improbabile.
La
mentalità, la concezione generale, il linguaggio del Nazareno sono
quelli tipici del suo popolo. Sulle sue labbra le citazioni bibliche
tornano spontanee e frequenti. I nomi più noti e più cari ai suoi
connazionali - Abramo, Mosè, Davide, Salomone, Isaia, Giona - infiorano
con naturalezza i suoi discorsi.
Egli padroneggia la dialettica peculiare dei rabbini e se ne avvale nelle sue dispute, come quando riduce al silenzio scribi e farisei partendo dalla loro stessa interpretazione del salmo 110 (cfr Mc 12, 35-37; Mt 22, 41-46).
Lo stile semitico
Lo
stile dei suoi discorsi è quello dei testi letterari semitici. Perciò
le sue frasi sono spesso scandite sullo schema (usuale nella poesia
ebraica) del «parallelismo», nelle sue variazioni. Citiamo solo qualche
esempio.
Parallelismo semplice
«Il discepolo non è da più del maestro / né un servo da più del suo padrone» (Mt 10, 24). «Il calice che io bevo voi lo berrete, / e il battesimo che io ricevo voi lo riceverete» (Mc 10, 39).
Parallelismo antitetico.
«Ogni
albero buono produce frutti buoni / e ogni albero cattivo produce
frutti cattivi; / un albero buono non può produrre frutti cattivi / né
un albero cattivo produrre frutti buoni» (Mt 7, 17-18).
Parallelismo strofico.
«Chiunque
ascolta queste mie parole e le mette in pratica, / è simile a un uomo
saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. / Cadde la pioggia,
strariparono i fiumi, soffiarono i venti / e si abbatterono su quella
casa / ed essa non cadde / perché era fondata sulla roccia. / Chiunque
ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, / è simile a un
uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. / Cadde la
pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti / e si abbatterono su
quella casa / ed essa cadde, / e la sua rovina fu grande» (Mt 7, 24-27).
Il « cuore »
Anche
il cuore di Gesù è un cuore di ebreo. Egli ama in modo particolarmente
intenso e privilegiato la sua terra e il suo popolo: alla sua terra e al
suo popolo egli si sente primariamente inviato: «Non sono stato inviato
che alle pecore perdute della casa d’Israele» (Mt
15, 24). Alla sua terra e al suo popolo è destinata la prima
provvisoria missione degli apostoli, che ricevono a questo proposito
istruzioni limitative precise: «Non andate fra i pagani e non entrate
nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute
della casa d’Israele» (Mt 10, 5-6).
E abbiamo già visto come il pensiero della futura fine della città di Davide lo commuove fino alle lacrime (cfr Lc 10, 41-42).
Un « integrato »
Egli
è un israelita osservante, che onora tutte le tradizioni legittime
della nazione. Ogni sabato frequenta, come tutti, la sinagoga. Celebra
ogni anno
Ogni
tanto c’è qualcuno che si compiace di annoverare Gesù tra i
rivoluzionari politici o gli agitatori sociali; ma le testimonianze ci
persuadono piuttosto del contrario. A volerlo denominare con il
vocabolario della moderna ideologia eversiva, si dovrebbe piuttosto
qualificarlo un «integrato».
Rispetta
ogni ordinamento, persino la prescrizione che attribuiva ai sacerdoti
la funzione di autorità sanitaria nell’accertamento della guarigione dei
lebbrosi: «Andate a presentarvi ai sacerdoti» (cfr Lc
17, 14). E non intende affatto sostituirsi a chi è preposto
all’amministrazione della giustizia ordinaria: «Uno della folla gli
disse: “Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità”. Ma
egli rispose: “O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di
voi?”» (Lc 12. 13-14).
La
sua «integrazione» è così attesa e totale, che evita di lasciarsi
coinvolgere nella contestazione della presenza romana sul suolo
giudaico; e anzi riconosce, almeno praticamente, il diritto
dell’invasore di imporre la propria moneta e di riscuotere un tributo
(cfr Mc 12, 13-17).
Il problema finanziario
Diversamente
da ciò che talvolta è stato affermato, Gesù da buon ebreo non demonizza
il denaro. Lo rispetta e si preoccupa anzi di dare alla sua attività
una realistica base finanziaria.
La sua piccola comunità ha un cassiere regolarmente designato (cfr Gv 12, 6; 13. 29), e si appoggia a una specie di
«istituto per il sostentamento del clero»: «C’erano con lui i Dodici e
alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità:
Maria di Magdala, dalla quale erano usciti sette demoni, Giovanna,
moglie di Cusa amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che li
assistevano con i loro beni» (Lc 8, 1-3).
La « ricompensa nei cieli »
Gesù
dimostra la «ebraicità» della sua «forma mentis» persino trattando
della vita dello spirito e del rapporto con il Creatore vindice di ogni
giustizia.
Egli
non si dimentica mai di prospettare il «guadagno» (sia pure un guadagno
ultraterreno) come incitamento al bene agire: «Grande è la vostra
ricompensa nei cieli» (cfr Mt 5, 2; Lc
6, 23). Si preoccupa di informarci che il Dio vivo e vero non è un
seguace dell’etica kantiana; e dunque non ritiene che il disinteresse
sia la connotazione essenziale e necessaria della bontà morale di un
comportamento: «Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà»
(cfr Mt 6, 4.6.17).
Tratto da: L'OSSERVATORE ROMANO 19 novembre 1999
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Postato da: giacabi a 18:52 |
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gesù, biffi
Questo “non avere Cristo”
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L’alba meridionale da Poesia in forma di rosa
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in ogni mio intuire. Ed è volgare/
Mai fui così volgare come in questa ansia,/ questo “non avere Cristo” una faccia/
che sia strumento di un lavoro non tutto/
sperduto nel puro intuire in solitudine,/ amore con se stessi senza altro interesse / che l’amore,…»
Pier Paolo Pasolini
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