LA SETE DEL CUORE UMANO
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1. “Signore, gli disse la donna, dammi di quest’acqua perché non abbia sete” (Gv 4, 15). La
domanda della Samaritana a Gesù esprime, nel suo significato più
profondo, il bisogno incolmabile e il desiderio inesauribile dell’uomo.
Infatti ogni
uomo degno di questo nome si accorge inevitabilmente di una incapacità
congenita di rispondere a quel desiderio di verità, di bene e di
bellezza che scaturisce dal profondo del suo essere. Man mano che
si inoltra nella vita, egli si scopre, proprio come la Samaritana,
incapace di spegnere la sete di pienezza che porta dentro di sé.
Da oggi, fino a Natale, le riflessioni di questo incontro settimanale saranno sul tema dell’anelito dell’uomo alla Redenzione. L’uomo
ha bisogno di un Altro; vive, lo sappia o meno, in attesa di un Altro,
che redima questa sua innata incapacità a saziare le sue attese e le sue
speranze.
Ma come potrà incontrarsi con lui? Condizione
indispensabile per questo incontro risolutivo è che l’uomo prenda
coscienza della sete esistenziale che lo affligge e della sua radicale
impotenza a spegnerne l’arsura. La via per giungere a tale presa di coscienza è, per l’uomo di oggi come per quello di tutti i tempi, la riflessione sulla propria esperienza. Lo aveva intuito già la saggezza antica. Chi non ricorda la scritta che campeggiava bene in vista sul tempio di Apollo a Delfi? Essa diceva appunto: “Uomo, conosci te stesso”.
Questo imperativo, espresso in modi e forme diverse anche in più
antiche aree di civiltà, ha attraversato la storia e si ripropone con la
medesima urgenza anche all’uomo contemporaneo.
Il
Vangelo di Giovanni in taluni episodi salienti documenta assai bene
come Gesù stesso, nel proporsi quale Inviato del Padre. abbia fatto leva
su questa capacità che l’uomo possiede di capire il suo mistero riflettendo sulla propria esperienza. Basti pensare al citato incontro con la Samaritana, ma anche a quelli con Nicodemo, con l’adultera o il cieco nato.
2. Ma come
definirla questa esperienza umana profonda che indica all’uomo la
strada dell’autentica comprensione di sé? Essa è il paragone continuo
tra l’io e il suo destino. La vera esperienza umana avviene solo in quella genuina apertura alla realtà che consente alla persona, intesa come essere singolare e consapevole, carico di potenzialità e di bisogni, capace di aspirazioni e di desideri, di conoscersi nella verità del suo essere.
E
quali sono le caratteristiche di una simile esperienza, grazie alla
quale l’uomo può affrontare con decisione e serietà il compito del
“conosci te stesso”, senza perdersi lungo il cammino di tale ricerca?
Due sono le condizioni fondamentali che egli dovrà rispettare.
Dovrà
anzitutto essere appassionato a quel complesso di esigenze, bisogni e
desideri che caratterizzano il suo io. In secondo luogo dovrà aprirsi ad
un incontro oggettivo con tutta la realtà.
San
Paolo non cessa di richiamare ai cristiani queste fondamentali
caratteristiche di ogni esperienza umana quando sottolinea con vigore:
“Tutto è vostro, ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio” (1 Cor 3,
23), oppure quando invita i cristiani di Tessalonica a “vagliare
ogni cosa e trattenere ciò che è buono” (1 Ts 5, 21). In questo
continuo paragone col reale alla ricerca di ciò che corrisponda o meno
al proprio destino, l’uomo fa l’esperienza elementare della verità,
quella che dagli Scolastici e da san Tommaso è stata definita in modo
mirabile come “adeguazione dell’intelletto alla realtà” (San Tommaso, De Veritate, q. 1 a. 1 corpus).
3. Se per
essere vera l’esperienza deve essere integrale e aprire l’uomo alla
totalità, si capisce bene dove stia per l’uomo il rischio dell’errore:
egli dovrà guardarsi da ogni parzializzazione. Dovrà vincere la tentazione di ridurre l’esperienza, ad esempio, a mere questioni sociologiche o ad elementi esclusivamente psicologici. Così come dovrà temere di scambiare per esperienza schemi e “pregiudizi” che l’ambiente in cui normalmente vive e opera gli propone: pregiudizi
tanto più frequenti e rischiosi oggi perché ammantati dal mito della
scienza o dalla presunta completezza dell’ideologia.
Come
è difficile per l’uomo di oggi approdare alla sicura spiaggia della
genuina esperienza di sé, quella nella quale gli si può adombrare il
vero senso del suo destino! egli è continuamente
insidiato dal rischio di cedere a quegli errori di prospettiva che,
facendogli dimenticare la sua natura di “essere” fatto ad immagine di
Dio, lo lasciano poi nella più desolante delle disperazioni o, che è
ancora peggio, nel più inattaccabile cinismo.
Alla
luce di queste riflessioni quanto appare liberante la frase pronunciata
dalla Samaritana: “Signore . . . dammi di quest’acqua perché non abbia
più sete . . .”! Veramente essa vale per ogni uomo, anzi a ben vedere è
una profonda discrezione della sua stessa natura.
Infatti l’uomo
che affronta seriamente se stesso e osserva con occhio chiaro la sua
esperienza secondo i criteri che abbiamo esposti, si scopre più o meno
consapevolmente come un essere a un tempo carico di bisogni, cui non sa
trovare risposta, e attraversato da un desiderio, da una sete di
realizzazione di sé, che non è capace, da solo, di appagare.
L’uomo
si scopre così collocato dalla sua stessa natura nell’atteggiamento di
attesa di un Altro che completi la sua mancanza. Un’inquietudine pervade
in ogni momento la sua esistenza,
come suggerisce Agostino all’inizio delle sue Confessioni (I, 1): “Ci
hai fatti per te, o Signore, ed è inquieto il nostro cuore finché non
riposa in te”. L’uomo, prendendo sul serio la sua umanità, percepisce di essere in una situazione di impotenza strutturale!
Cristo
è Colui che lo salva. Egli solo può toglierlo da questa situazione di
stallo, colmando la sete esistenziale che lo tormenta.
GIOVANNI PAOLO II
UDIENZA GENERALE Mercoledì, 12 ottobre 1983
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Postato da: giacabi a 09:49 |
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giovanni paoloii, senso religioso
TERREMOTO/
Che senso ha?
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martedì 7 aprile 2009
«Oh!
Noi non vogliamo dire di più davanti ai lutti e alle rovine dalle
dimensioni tragiche, che sembrano superare ogni misura e rifiutare ogni
conforto. Vogliamo comprendere e raccogliere in silenzio riverente il
grido ineffabile di questa acerbissima pena. Ma una parola non possiamo
tacere per i cuori forti, per gli animi buoni: niente disperazione!
Niente cecità del fato! La
nostra incapacità a dare una spiegazione, che rientri negli schemi
abituali della nostra breve e miope logica, non annulla la nostra
superiore fiducia nella misteriosa, ma sempre provvida e paterna
presenza della bontà divina, che sa risolvere a nostro vantaggio anche
le più gravi e incomprensibili sciagure. La Madonna rimetta col suo
fiat, la pazienza, la speranza e anche l’Alleluia pasquale sulle nostre
labbra e nei nostri cuori». Sono parole di Paolo VI, pronunciate il 9 maggio 1976, pochi giorni dopo il devastante terremoto del Friuli.
Che altro aggiungere? Forse solo ciò che lo stesso Papa Montini disse in quella stessa occasione, che cioè in questo «male che ci colpisce» possiamo intravvedere qualche barlume: «Il
primo bene è la solidarietà; il dolore si fa comunitario, e nel nostro
abituale disinteresse, e nelle nostre contese egoiste ci fa sperimentare
uno sconosciuto amore. Ci sentiamo fratelli, diventiamo cristiani,
comprendiamo gli altri, esprimiamo finalmente l’amore disinteressato,
solidale e sociale. E poi impariamo a “vincere il male nel bene”, cioè a
far scaturire energie positive di bene dalla stessa sventura che ci
affligge».
Due giorni dopo il terremoto in Irpinia del 1980, Giovanni Paolo II si è recato personalmente sul posto. Anche lui attonito di fronte alla tragedia: «Ecco
i sentimenti, le espressioni che mi vengono dal cuore. Come vedete,
vengono con difficoltà, perché la commozione è maggiore della
possibilità di parlare e di formulare bene le idee». Ma anche lui carico di speranza:
«Io vengo, carissimi fratelli e sorelle, per dirvi che siamo vicino a
voi per darvi un segno di quella speranza, che per l’uomo deve essere
l’altro uomo. Per l’uomo sofferente, l’uomo sano; per un ferito, un
medico, un assistente, un infermiere; per un cristiano, un sacerdote.
Così un uomo per un altro uomo. E quando soffrono tanti uomini ci vogliono tanti uomini, molti uomini, per essere accanto a quelli che soffrono. Non posso portarvi niente più di questa presenza; ma con questa presenza si esprime tutto». Con essa, infatti, «si
realizza la presenza di Cristo. E, con la presenza di Cristo, il mondo
anche stigmatizzato dalla croce porta in sé la speranza della
risurrezione».
E,
in questa speranza, la tenacia concreta di tutto l’aiuto operativo che
si può dare. E a proposito di aiuto operativo che si può dare vi
segnaliamo l’iniziativa di solidarietà del Banco Alimentare.
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Postato da: giacabi a 22:21 |
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giovanni paoloii, paolovi
Preghiera per la famiglia!
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Dio, dal quale proviene ogni paternità in cielo e in terra, Padre, che sei Amore e Vita, fa
che ogni famiglia umana sulla terra diventi, mediante il tuo Figlio,
Gesù Cristo, "nato da Donna", e mediante lo Spirito Santo, sorgente di
divina carità, un vero santuario della vita e dell'amore per le
generazioni che sempre si rinnovano.
Fa'
che la tua grazia guidi i pensieri e le pene dei coniugi verso il bene
delle loro famiglie e di tutte le famiglie del mondo.
Fa'
che le giovani generazioni trovino nella famiglia un forte sostegno per
la loro umanità e la loro crescita nella verità e nell'amore.
Fa'
che l'amore, rafforzato dalla grazia del sacramento del matrimonio, si
dimostri più forte di ogni debolezza e di ogni crisi, attraverso le
quali, a volte, passano le nostre famiglie.
Fa'
infine, te lo chiediamo per intercessione della Sacra Famiglia di
Nazareth, che la Chiesa in mezzo a tutte le nazioni della terra possa
compiere fruttuosamente la sua missione nella famiglia e mediante la
famiglia.
Tu che sei la Vita, la Verità e l'Amore, nell'unità del Figlio e dello Spirito Santo. Amen
Joannes Paulus PPII
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Postato da: giacabi a 08:52 |
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famiglia, preghiere, giovanni paoloii
La povertà di spirito
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“La
vita si gioca tutta nella grande alternativa che quell'Uomo ha posto
per tutti i tempi, fino all'ultimo: "Qual vantaggio avrà l'uomo se
guadagnerà il mondo intero e poi perderà se stesso? O che darà l'uomo in
cambio di sé?". Per coloro che incontravano Gesù lungo le strade
polverose della Palestina, così come per noi che ne sentiamo l'annuncio
duemila anni dopo, l'alternativa ha come forma l'atteggiamento descritto
in due opere poetiche di Karol Wojtyla: "Io
t'invoco e Ti cerco, Uomo - in cui /la storia umana può trovare il suo
Corpo. /Mi muovo incontro a Te, non dico "Vieni" /semplicemente dico:
"Sii"" (Pietra di luce).
L'altro brano descrive la figura opposta a Cristo, al povero di
spirito; questa è l'immagine del rivoluzionario o, se vogliamo, del fariseo evangelico: "Il
peggio è che vogliono convincervi che tutto ciò che avete non vi spetta
di diritto, ma vi è dato per grazia. Non state ad aspettare la carità!
La carità vi umilia. Voi non ne avete bisogno. Dovete capire che tutto
vi appartiene assolutamente.
Niente per grazia. Volevo dimostrarvi che si pensa a voi. Si lotta per i vostri diritti. Occorre soltanto la vostra ira" (Fratello del nostro Dio).
Quello
indicato dal Papa è veramente l'aut-aut culturale radicale per il quale
passa la sottile lama della libertà, la quale, nel suo livello
crepuscolare, esprime una posizione di fronte al reale - di apertura
originale o di chiusura preconcetta -, che le permette di percepire
l'accento del Vero nella presenza e nell'annuncio di Cristo o di
rimanere sorda e ribelle agli echi delle Sue parole.
Sotto questo aspetto è impressionante per me un brano di Kafka: "Non sono solo perché ho ricevuto una lettera d'amore, eppure sono solo perché non ho risposto con amore". Questa è la descrizione della situazione dell'uomo contemporaneo verso Dio, cioè verso Cristo. Per rispondere con amore occorre povertà di spirito; Per
rispondere con amore occorre povertà di spirito; la pagina più
emblematica, da questo punto di vista, è nel Santo Evangelo: "E, detto
questo, gridò a gran voce: "Lazzaro, vieni fuori!". Il morto uscì, con i
piedi e le mani avvolti di bende, e il volto coperto da un sudario.
Gesù disse loro: "Scioglietelo e lasciatelo andare". Molti dei giudei
che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto,
credettero in Lui. Ma alcuni andarono dai farisei e riferirono loro quel che Gesù aveva fatto.
Allora i farisei dicevano: "Che facciamo? Se lo lasciamo fare così,
tutti crederanno in Lui"… Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo"
(Gv 11,43ss). Qui
sta il dramma della libertà. Anche noi non possiamo evitare
l'alternativa tale e quale, perché il segno e l'accento della Sua verità
giungono anche al nostro cuore e alla nostra coscienza, qui e ora,
attraverso la testimonianza viva di uomini che nella loro carne Lo
riconoscono.”
Don Giussani da: Il Giornale del Pellegrino, n.1, 24 dicembre 1999
grazie a: http://www.sensoreligioso.it/
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Postato da: giacabi a 10:32 |
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kafka, giussani, giovanni paoloii
Il Natale è la festa dell’uomo
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“Natale è la festa dell’uomo. Nasce l’Uomo. Uno dei miliardi di uomini che sono nati, nascono e nasceranno sulla terra. L’uomo,
un elemento componente della grande statistica... L’uomo, oggetto del
calcolo, considerato sotto la categoria della quantità; uno fra
miliardi. E nello stesso tempo, uno, unico e irrepetibile. Se
noi celebriamo così solennemente la Nascita di Gesù, lo facciamo per
testimoniare che ogni uomo è qualcuno, unico e irrepetibile. Se le
nostre statistiche umane, le catalogazioni umane, gli umani sistemi
politici, economici e sociali, le semplici umane possibilità non
riescono ad assicurare all’uomo che egli possa nascere, esistere ed
operare come unico e irrepetibile, allora tutto ciò glielo assicura
Iddio. Per
Lui e di fronte a Lui, l’uomo è sempre unico e irrepetibile; qualcuno
eternamente ideato ed eternamente prescelto; qualcuno chiamato e
denominato con il proprio nome” Giovanni Paolo II, Radiomessaggio natalizio, 25 dicembre 1978
grazie a : www.culturacattolica.it/
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Postato da: giacabi a 08:54 |
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natale, giovanni paoloii
La fede
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“È la fede che provoca la ragione a uscire da ogni isolamento e a rischiare volentieri per tutto ciò che è bello, buono e vero. La fede si fa così avvocato convinto e convincente della ragione”.
dall’enciclica Fides et ratio di Giovanni Paolo II
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Postato da: giacabi a 07:06 |
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fede, giovanni paoloii
L'orefice
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"L'orefice
guardò la vera, la soppesò a lungo sul palmo e mi fissò negli occhi. E
poi decifrò la data scritta dentro la fede. Mi guardò nuovamente negli
occhi e la pose sulla bilancia... poi disse: "Questa fede non ha peso,
la lancetta sta sempre sullo zero e non posso ricavarne nemmeno un
milligrammo d'oro. Suo marito dev'essere vivo -in tal caso nessuna delle due fedi ha peso da sola -pesano solo tutte e due insieme. La mia bilancia d'orefice ha questa particolarità che non pesa il metallo in sè, ma tutto l'essere umano e il suo destino."L'amore non è un'avventura.
Prende sapore da un uomo intero. Ha il suo peso specifico. E' il peso
di tutto il tuo destino. Non può durare un solo momento. L'eternità
dell'uomo passa attraverso l'amore. Ecco perchè si ritrova nella
dimensione di Dio - solo Lui è l'Eternità.
da “La Bottega dell’Orefice” di Karol Wojtyla – 1960 |
Postato da: giacabi a 08:20 |
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giovanni paoloii
La tenerezza
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“La tenerezza è l’arte di sentire l’uomo tutto intero, tutta la sua anima, tutti i moti del suo sentire, pensando sempre al suo vero bene”.
Giovanni Paolo II
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Postato da: giacabi a 12:44 |
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giovanni paoloii
Amore e libertà
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Postato da: giacabi a 15:52 |
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libertà , giovanni paoloii
L’uomo ricerca la verità
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” “L’uomo, per natura, ricerca la verità. Questa ricerca non è destinata solo
alla conquista di verità parziali, fattuali o scientifiche; egli non cerca
soltanto il vero bene per ognuna delle sue decisioni. La sua ricerca tende
verso una verità ulteriore che sia in grado di spiegare il senso della vita; è
perciò una ricerca che non può che trovare esito se non nell’Assoluto”.
Papa Giovanni Paolo II nella Fides et ratio.
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Postato da: giacabi a 21:32 |
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verità , giovanni paoloii
Sull'evoluzione
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“Una fede rettamente compresa nella creazione e un’evoluzione rettamente intesa non sono in contraddizione:
l’evoluzione suppone la creazione, anzi la creazione alla luce
dell’evoluzione produce un arricchimento che si estende nel tempo come
creazione continua”.
Giovanni Paolo II 1985
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Postato da: giacabi a 12:33 |
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giovanni paoloii
Postato da: giacabi a 18:35 |
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gesù, giovanni paoloii
Un vero padre,
trasparenza dell'unico Padre celeste rivelato dal buon pastore Gesù
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“Voglio
ricordare in proposito un piccolo episodio di cui sono venuto a
conoscenza. Un giorno due preti giovani, francesi, passavano per piazza
san Pietro per andare all'udienza privata dal Santo Padre.
Un barbone li ferma e chiede loro: "Dove andate?". Alla risposta "dal Santo Padre" egli aggiunge: "Posso mandare un messaggio al Papa? Ditegli che qui c'è un prete rinnegato: io". I due giovani preti, giunti in presenza del Papa, glielo hanno riferito. Il Papa invece di dimostrare la sua tristezza, la sua scontentezza per questo, ha subito detto ai due preti di andare a cercare il barbone e portarlo da lui. Essi lo hanno cercato, ma era sparito, era andato altrove, e cercare un barbone nella città di Roma non è certo facile. Lo hanno cercato per molti giorni e alla fine lo hanno trovato. Si sono presentati alla guardia svizzera per salire dal Papa. Naturalmente in mancanza di un biglietto di autorizzazione, i gendarmi hanno fatto difficoltà, fin quando una telefonata del segretario del Santo Padre ha autorizzato la visita. Quel barbone tutto sporco, ricoperto di cenci, è andato dal Santo Padre così, nello stato in cui era. Appena il Papa l'ha visto e ha sentito che i due giovani francesi lo presentavano come un prete, si è inginocchiato e gli ha detto: "Padre, tu hai la facoltà per farlo, io desidero confessarmi". I due giovani preti, sconvolti, sono usciti. Solo Dio conosce il dialogo che si è svolto tra il Papa e quel prete barbone. Così agisce un padre!
Noi diciamo che questo Papa è grande perché ha viaggiato tanto, più che se fosse andato sulla Luna. Ma è grande soprattutto per il suo amore di padre, ha fatto riscoprire la sua identità a quel rinnegato, gli ha ricordato che il sigillo dell'ordinazione era ancora dentro di lui. Dunque è un vero padre, trasparenza dell'unico Padre celeste rivelato dal buon pastore Gesù.
Card. F.X.N. Van Thuan da: Gioia di essere con Cristo padri e pastori
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Postato da: giacabi a 09:47 |
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giovanni paoloii, van thuan
Fanciulli
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Crescono improvvisamente dall’amore
E poi di colpo Adulti Tenendosi per mano Vagano nella grande folla Cuori catturati come uccelli Profili sbiaditi nel crepuscolo So che nei loro cuori Pulsa l’intera umanità Tenendosi per mano Siedono zitti sulla riva Un tronco d’albero Terra al chiaro di luna Triangolo che arde Nel sussurro incompiuto Non si è ancora levata la nebbia Il cuore dei fanciulli in alto Sopra il fiume Sarà sempre così? Mi domando Quando si alzeranno di qui e andranno via O altrimenti Una coppa di luce Inclinata tra le piante In ognuna rivela un fondo ancora ignoto Quello che in voi ebbe inizio Saprete non guastarlo? Separerete sempre Il bene dal male? Karol Wojtyla a P. ed A. |
Postato da: giacabi a 18:15 |
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giovanni paoloii
Il cristianesimo
è l'«avvenimento» di un incontro
“2.
Riandando con la memoria alla vita e alle opere della Fraternità e del
movimento, il primo aspetto che colpisce è l'impegno posto nel mettersi
in ascolto dei bisogni dell'uomo di oggi. L'uomo
non smette mai di cercare: quando è segnato dal dramma della violenza,
della solitudine e dell'insignificanza, come quando vive nella serenità e
nella gioia, egli continua a cercare. L'unica risposta che può
appagarlo acquietando questa sua ricerca gli viene dall'incontro con
Colui che è alla sorgente del suo essere e del suo operare.
Il movimento, pertanto, ha voluto e vuole indicare non una strada, ma la strada per arrivare alla soluzione di questo dramma esistenziale. La strada, quante volte Ella lo ha affermato, è Cristo. Egli è la Via, la Verità e la Vita, che raggiunge la persona nella quotidianità della sua esistenza. La scoperta di questa strada avviene normalmente grazie alla mediazione di altri esseri umani. Segnati mediante il dono della fede dall'incontro con il Redentore, i credenti sono chiamati a diventare eco dell'avvenimento di Cristo, a diventare essi stessi «avvenimento». Il cristianesimo, prima di essere un insieme di dottrine o una regola per la salvezza, è pertanto l'«avvenimento» di un incontro. E' questa l'intuizione e l'esperienza che Ella ha trasmesso in questi anni a tante persone che hanno aderito al movimento. Comunione e Liberazione, più che ad offrire cose nuove, mira a far riscoprire la Tradizione e la storia della Chiesa, per riesprimerla in modi capaci di parlare e di interpellare gli uomini del nostro tempo. Nel Messaggio ai partecipanti al Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali e nuove comunità, il 27 maggio 1998, ho scritto che l'originalità del carisma di ogni movimento "non pretende, né lo potrebbe, di aggiungere alcunché alla ricchezza del depositum fidei, custodito dalla Chiesa con appassionata fedeltà" (n. 4). Tale originalità, tuttavia, "costituisce un sostegno potente, un richiamo suggestivo e convincente a vivere appieno, con intelligenza e creatività, l'esperienza cristiana. Sta in ciò il presupposto per trovare risposte adeguate alle sfide e alle urgenze dei tempi e delle circostanze storiche sempre diverse". 3
Giovanni Paolo II Lettera a don Giussani per il ventesimo anniversario della Fraternità di Cl, 11 febbraio 2002
.
Occorre ritornare a Cristo, Verbo di Dio incarnato per la salvezza
dell'umanità. Gesù di Nazaret, che ha vissuto l'esperienza umana come
nessun altro avrebbe potuto, si pone quale traguardo di ogni aspirazione
umana. Solo in Lui l'uomo può giungere a conoscere pienamente se
stesso. La fede appare in tal modo come un'autentica avventura della conoscenza, non essendo un discorso astratto, né un vago sentimento religioso, ma un incontro personale con Cristo, che dà nuovo senso alla vita. L'opera educativa che, nell'ambito delle vostre attività e comunità, tanti genitori e insegnanti hanno cercato di svolgere, è consistita proprio nell'accompagnare fratelli, figli, amici, a scoprire dentro gli affetti, il lavoro, le più differenti vocazioni, la voce che porta ciascuno all'incontro definitivo con il Verbo fatto carne. Soltanto nel Figlio unigenito del Padre l'uomo può trovare piena e definitiva risposta alle sue attese intime e fondamentali. Questo dialogo permanente con Cristo, alimentato dalla preghiera personale e liturgica, è stimolo per un'attiva presenza sociale, come testimonia la storia del movimento e della Fraternità di Comunione e Liberazione. La vostra è, in effetti, storia anche di opere di cultura, di carità, di formazione e, nel rispetto della distinzione tra le finalità della società civile e della Chiesa, è storia anche di impegno nel campo politico, un ambito per sua natura ricco di contrapposizioni, in cui arduo risulta talora servire fedelmente la causa del bene comune.” |
Postato da: giacabi a 19:47 |
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cristianesimo, avvenimento, giovanni paoloii
La bellezza
apre l’animo al mistero
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«Il titolo dell’incontro di quest’anno – “Il sentimento delle cose, la contemplazione della bellezza” – presenta una tematica molto interessante. Cristo ha detto: “Io sono la verità” (cfr. Gv 14,6) e chi lo ha incontrato sulle strade della Palestina ha visto in Lui anche “il più bello tra i figli dell’uomo” (Sal
44,3). La singolare coincidenza tra verità e bellezza, che si realizza
nel Verbo fatto uomo, si ripropone spesso nelle rappresentazioni
dell’arte cristiana suscitando, anche nella nostra epoca, il desiderio
di poterla ritrovare nelle odierne composizioni. In effetti, in
questo nostro tempo, il pensiero tende spesso a sostenere che la verità
sarebbe estranea, come tale, al mondo dell’arte. La bellezza, poi,
riguarderebbe soltanto il sentimento e rappresenterebbe una dolce
evasione dalle ferree leggi che governano il mondo. Ma è proprio così?
La
natura, le cose, le persone, a ben vedere, sono capaci di stupirci per
la loro bellezza. Come non vedere, ad esempio, in un tramonto di
montagna, nell’immensità del mare, nei lineamenti di un volto qualcosa
che ci attrae e, nello stesso tempo, ci invita ad approfondire la
conoscenza della realtà che ci circonda? Tale
constatazione spinse il pensiero greco a sostenere che la filosofia
nasce dalla meraviglia, mai disgiunta dal fascino della bellezza. Anche
ciò che esula dal mondo sensibile possiede una sua intima bellezza, che
colpisce lo spirito e lo apre all’ammirazione. Si pensi alla potenza
d’attrazione spirituale esercitata da un atto di giustizia, da un gesto
di perdono, dal sacrificio per un grande ideale vissuto con letizia e
generosità.
Nel
bello traspare il vero, che attrae a sé attraverso il fascino
inconfondibile che emana dai grandi valori. Sentimento e ragione si
trovano così ad essere radicalmente uniti da un appello rivolto alla
persona tutta intera. La
realtà, con la sua bellezza, fa sperimentare l’inizio del compimento e
quasi ci sussurra: “Tu non sarai infelice; la domanda del tuo cuore si
realizzerà, anzi già si realizza”.
Talora
la bellezza può sedurre e corrompere, ma questa degenerazione, come
ricorda il Vangelo, rappresenta un amaro frutto d’una scelta non buona
che nasce nel cuore della persona, perché “non c’è nulla fuori dell’uomo
che, entrando in lui, possa contaminarlo” (Mc
7,15). In questo caso, lo sguardo dell’uomo si ferma a ciò che appare
e, negando il richiamo ad andare oltre, richiamo presente in ogni cosa
bella, ne nega il valore di segno e ne pretende il possesso cancellando
così nel tempo ogni traccia di bellezza.
A questa amara esperienza si riferisce sant’Agostino nelle Confessioni quando riconosce: “Mi
gettavo sulle cose belle che hai creato. Mi tenevano lontano da Te le
tue creature, che non esisterebbero se non fossero in Te” (X, 27, 38). Il Vescovo di Ippona ricorda, però, che fu proprio la bellezza a liberarlo da questa angustia: “Mi
hai chiamato, hai gridato, e hai vinto la mia sordità. Hai mandato
bagliori, hai brillato, e hai dissipato la mia cecità. Hai diffuso la
tua fragranza, io l’ho respirata, e ora anelo a te” (ivi).
Il fulgore della bellezza contemplata apre l’animo al mistero di Dio. Già il Libro della Sapienza
rimproverava coloro che “dai beni visibili non hanno saputo riconoscere
Colui che è” (13, 1), giacché dall’ammirazione della loro bellezza
avrebbero dovuto risalire all’Autore (cfr. 1,3, 3).
Infatti “dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si
conosce l’Autore” (13, 5). La bellezza possiede una sua forza pedagogica
nell’introdurre efficacemente alla conoscenza della verità. In
definitiva, essa conduce a Cristo che è la Verità. Quando infatti
l’amore e la ricerca della bellezza scaturiscono da uno sguardo di fede,
si riesce a penetrare più a fondo le cose e a entrare in contatto con
Colui che è la fonte d’ogni cosa bella.
L’arte
cristiana, nelle sue migliori espressioni, costituisce una splendida
conferma di questa intuizione, presentandosi come un omaggio della
bellezza trasfigurata, resa eterna dallo sguardo della fede.»
MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
AL XXIII MEETING PER L’AMICIZIA FRA I POPOLI
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Postato da: giacabi a 15:19 |
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bellezza, giovanni paoloii
Il rimedio dell'uomo moderno:
Cristo, Redentore dell’uomo, Centro del cosmo e della storia.
***.
“ La Chiesa e l’Europa.
Sono due realtà intimamente legate nel loro essere e nel loro destino.
Hanno fatto insieme un percorso di secoli e rimangono marcate dalla
stessa storia. L’Europa è
stata battezzata dal cristianesimo; e le nazioni europee, nella loro
diversità, hanno dato corpo all’esistenza cristiana. Nel
loro incontro si sono mutuamente arricchite di valori che non solo sono
divenuti l’anima della civiltà europea, ma anche patrimonio dell’intera
umanità. Se nel corso di crisi successive la cultura europea
ha cercato di prendere le sue distanze dalla fede e dalla Chiesa, ciò
che allora è stato proclamato come una volontà di emancipazione e di
autonomia, in realtà era una crisi interiore alla stessa coscienza
europea, messa alla prova e tentata nella sua identità profonda, nelle
sue scelte fondamentali e nel suo destino storico.
L’Europa
non potrebbe abbandonare il cristianesimo come un compagno di viaggio
diventatole estraneo, così come un uomo non può abbandonare le sue
ragioni di vivere e di sperare senza cadere in una crisi drammatica.
È
per questo che le trasformazioni della coscienza europea spinte fin
alle più radicali negazioni dell’eredità cristiana rimangono pienamente
comprensibili solo in riferimento essenziale al cristianesimo. Le
crisi dell’uomo europeo sono le crisi dell’uomo cristiano. Le crisi
della cultura europea sono le crisi della cultura cristiana.
È estremamente significativo esaminare la metamorfosi subìta dallo spirito europeo in quest’ultimo secolo. L’Europa
è oggi attraversata da correnti, ideologie, ambizioni che si vorrebbero
estranee alla fede, quand’anche non direttamente opposte al
cristianesimo. Ma è interessante rilevare come, partendo da sistemi e da
scelte che intendevano assolutizzare l’uomo e le sue conquiste terrene,
si è arrivati oggi a mettere in discussione precisamente l’uomo stesso,
la sua dignità ed i suoi valori intrinseci, le sue certezze eterne e la
sua sete di assoluto. Dove sono oggi i solenni proclami di un certo
scientismo che prometteva di dischiudere all’uomo spazi indefiniti di
progresso e di benessere? Dove sono le speranze che l’uomo, proclamata
la morte di Dio, si sarebbe finalmente collocato al posto di Dio nel
mondo e nella storia, avviando un’era nuova in cui avrebbe vinto da solo
tutti i propri mali?
Le
tragiche vicende di questo secolo, che hanno insanguinato il suolo
d’Europa in spaventosi conflitti fratricidi; l’ascesa di regimi
autoritari e totalitari, che hanno negato e negano la libertà e i
diritti fondamentali dell’uomo; i dubbi e le riserve che pesano su un
progresso che, mentre manipola i beni dell’universo per accrescere
l’opulenza ed il benessere, non solo intacca l’“habitat” dell’uomo, ma
costruisce anche tremendi ordigni di distruzione; l’epilogo fatale delle
correnti filosofico-culturali e dei movimenti di liberazione chiusi
alla trascendenza: tutto questo ha finito per disincantare l’uomo
europeo, spingendolo verso lo scetticismo, il relativismo, se non anche
facendolo piombare nel nichilismo, nella insignificatezza e
nell’angoscia esistenziale.
Questa contraddizione e questo sbocco drammatico e imprevisto sembrano paradossali e difficili da spiegare. Certuni
diranno che si tratta di una crisi di crescita, legata alla natura
dell’uomo essenzialmente caratterizzata dalla finitezza e dalla
storicità della sua condizione. Ma il dramma sembra racchiudere un
significato più recondito, che spetta a voi di svelare pienamente,
dandone l’interpretazione spirituale alla luce di una teologia della
storia che vede l’uomo in un dialogo di libertà con Dio e con il suo
progetto salvifico.
4.
In questa luce, il cristianesimo può scoprire nell’avventura dello
spirito europeo le tentazioni, le infedeltà ed i rischi che sono propri
dell’uomo nel suo rapporto essenziale con Dio in Cristo. Ancor più
profondamente, possiamo affermare che queste prove, queste tentazioni e
questo esito del dramma europeo non solo interpellano il Cristianesimo e
la Chiesa dal di fuori come una difficoltà o un ostacolo esterno da
superare nell’opera di evangelizzazione, ma in un senso vero sono interiori al Cristianesimo e alla Chiesa. L’ateismo
europeo è una sfida che si comprende nell’orizzonte di una coscienza
cristiana; è più una ribellione a Dio e una infedeltà a Dio che una
semplice negazione di Dio. Il secolarismo, che l’Europa ha diffuso nel
mondo col pericolo di inaridire rigogliose culture dei popoli di altri
continenti, si è alimentato e si alimenta alla concezione biblica della
creazione e del rapporto uomo-cosmo.
L’impresa
scientifico-tecnica di assoggettare il mondo non sta forse nella linea
biblica del compito che Dio ha affidato all’uomo? E la volontà di potere
e di possedere non è la tentazione dell’uomo e del popolo sotto il
segno dell’alleanza con Dio?
Potremmo continuare nella nostra analisi. E scopriremo, forse non senza meraviglia, che la crisi e la tentazione dell’uomo europeo e dell’Europa sono crisi e tentazioni del Cristianesimo e della Chiesa in Europa.
Ma
se è vero che le difficoltà e gli ostacoli all’evangelizzazione in
Europa trovano appiglio nella stessa Chiesa e nello stesso
Cristianesimo, i rimedi e le soluzioni andranno cercati all’interno della Chiesa e del Cristianesimo, e cioè nella verità e nella grazia di Cristo, Redentore dell’uomo, Centro del cosmo e della storia.
La Chiesa stessa deve allora auto-evangelizzarsi per rispondere alle sfide dell’uomo d’oggi.
Se l’ateismo è una tentazione della fede, sarà con l’approfondimento e la purificazione della fede che esso sarà vinto.
Se
il secolarismo chiama in causa la concezione dell’uomo nel mondo e
l’utilizzazione dell’universo, l’evangelizzazione dovrà riproporre
quella teologia e spiritualità cosmica che, fondata biblicamente e
presente nella liturgia, ha ricevuto illuminanti prospettive dal
Concilio Vaticano II (cf. Gaudium et Spes, 37).
Se
la rivoluzione industriale, nata in Europa, ha dato origine a un tipo
di economia, a rapporti sociali e a movimenti che sembrano opporsi alla
Chiesa e ostacolare l’evangelizzazione, sarà vivendo, annunciando e
incarnando il Vangelo della giustizia, della fraternità e del lavoro,
che restituiremo al mondo del lavoro un mondo umano e cristiano.
Potremo
continuare ad applicare questi concetti a realtà così importanti, come
la famiglia, la gioventù, le zone di povertà e i “nuovi poveri” in
Europa, le minoranze etniche e religiose, i rapporti tra Europa e Terzo
Mondo.
Far
appello alla fede e alla santità della Chiesa per rispondere a questi
problemi e a queste sfide non è una volontà di conquista o di
restaurazione, ma è il cammino obbligato che va fino in fondo alle sfide
e ai problemi.
La
Chiesa, per rispondere alla sua missione oggi in Europa deve aver
coscienza che, lungi dall’essere estranea all’uomo europeo o tanto meno
sentirsi inutile e impotente a risolvere le crisi e i problemi
dell’Europa, porta invece in se stessa i rimedi alle difficoltà e la
speranza del domani.
E
sarà con l’essere fedele fino in fondo a Cristo e divenendo sempre più,
con la santità di vita e con le virtù evangeliche, trasparenza di
Cristo, che la Chiesa entrerà nell’animo e nel cuore dell’Europa.
5.
La nostra responsabilità e la nostra missione nei riguardi dell’Europa
sono quindi ben grandi, così come grande è la speranza di cui siamo
portatori.
Le
nostre comunità, evangelizzate nella prima ora della storia della
Chiesa, hanno ricevuto talenti preziosi da amministrare. Non possiamo
certo, come gli operai della parabola evangelica, vantare meriti nei
confronti delle Chiese novelle degli altri continenti. Dobbiamo anzi,
con sincera umiltà, chiedere perdono delle nostre infedeltà, delle
nostre divisioni e delle malattie che abbiamo diffuso nel mondo.
Ma, insieme, dobbiamo intraprendere, con rinnovata convinzione, la missione che Dio oggi ci affida in ordine all’Europa.
Noi non abbiamo ricette economiche né programmi politici da proporre. Ma abbiamo un Messaggio e una Buona Novella da annunciare.
Dipenderà
anche da noi se l’Europa si rinchiuderà nelle sue piccole ambizioni
terrestri, nei suoi egoismi e soccomberà all’angoscia e
all’insignificatezza, rinunciando alla sua vocazione e al suo ruolo
storico, oppure ritroverà la sua anima nella civiltà della vita,
dell’amore e della speranza.”
GIOVANNI PAOLO II AI PARTECIPANTI AL V SIMPOSIO DEL CONSIGLIO DELLE CONFERENZE EPISCOPALI D'EUROPA
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Postato da: giacabi a 07:34 |
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nichilismo, illuminismo, ideologia, giovanni paoloii
La fedeltà a Cristo
***
“Fra
tanti titoli attribuiti alla Vergine durante i secoli dall’amore
filiale dei cristiani, ve ne è uno di significato molto profondo:
Vergine fedele, la “Virgo fidelis”! Che significato ha questa fedeltà di Maria? Quali sono le dimensioni di questa fedeltà?
La prima dimensione si chiama ricerca. Maria fu fedele anzitutto quando, con amore, si mise a cercare il senso profondo del disegno di Dio in lei e per il mondo. “Quomodo fiet?” (Come avverrà questo?), chiedeva Maria all’Angelo dell’Annunciazione. Già nell’Antico Testamento il
senso di questa ricerca si traduce in una espressione di rara bellezza e
di straordinario contenuto spirituale: “cercare il volto del Signore”. Non ci sarà fedeltà se non ci sarà nella radice questa ardente, paziente e generosa ricerca; se non si troverà nel cuore dell’uomo una domanda, per la quale solo Dio offre risposta, dico meglio, per la quale solo Dio è la risposta.
GIOVANNI PAOLO II Città del Messico, 26 gennaio 1979
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Postato da: giacabi a 12:20 |
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fede, giovanni paoloii
Dedicata a don Benzi
***
Un personaggio si trova di fronte ad un quadro di Cristo Ecce homo e dice:
Sei tuttavia terribilmente diverso da Colui che sei.
Ti sei affaticato molto per ognuno di loro. Ti sei stancato mortalmente. Ti hanno distrutto totalmente. Ciò si chiama Carità
Eppure sei rimasto bello,
Il più bello dei figli dell’uomo. Una bellezza simile non si è mai ripetuta. O, come difficile è questa bellezza, come difficile! Tale bellezza si chiama Carità.
K. Wojtyla Fratello del nostro Dio.
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Postato da: giacabi a 16:16 |
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giovanni paoloii
Ode per il Papa
Giovanni Paolo II
di Czeslaw Milosz
***
siamo attratti da te. E così, grazie all’esempio delle nostre vite, liberi dall’ansia del futuro, ci sentiamo davvero più forti. Alle nostre spalle il secolo è rigato dalle orme di tiranni mostruosi con il crollo di stati avvoltoi. Sapevi, oh se sapevi, che sarebbe accaduto. Hai irradiato speranza con Cristo, signore e padrone della storia Nessuno poteva intuire la forza celata nel novizio di Warowice. Ti attendevano le accorate parole dei poeti che rinunciano agli ori del mondo. Sapevano, oh se sapevano: non quei potenti avvolti nel manto regale ma tu, soltanto tu avresti finalmente detto, urbi et orbi, la novella dell’ordine celato dentro l’infinita disarmonia del mondo. Sei il Pastore nato dopo il crollo degli dei. La città ovattata di nebbia trasuda i dorati riflessi del Vitello. La folla indifesa corre al sacrificio dei propri figli sugli scudi insanguinati di Moloch. Paura, intorno, e un gemito strisciante. Chi vuole la fede, non sempre la ottiene. Poi, nella trasparenza del mattino, il suono d’una campana, e s’irradia il tuo dissenso. La gente non sa, non comprende. I giovani di paesi senza fede si pigiano in piazza, attendono l’antica Novella, si gettano ai piedi del Vicario che copre con infinito amore l’intero gregge degli uomini. Sei con noi e sempre lo sarai. Ci accompagni quando si alza forte la voce del caos sulla nostra esistenza, quando la verità si rinchiude in chiesa e soltanto chi ha dubbi resta fedele. Quel tuo viso che s’alza sulle nostre case ricorda che un uomo può tutto, quando vuole. Ricorda l’aspetto radioso della santità. |
Postato da: giacabi a 15:57 |
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giovanni paoloii, milosz
Cristo
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L'uomo che vuole comprendere se stesso fino in fondo deve, con la sua inquietudine e incertezza, con la sua debolezza e peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo.
Noi
crediamo in Cristo morto e risorto, in Cristo presente qui ed ora che
solo può cambiare e cambia, trasfigurandoli l'uomo e il mondo.”
Giovanni Paolo II
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Postato da: giacabi a 17:50 |
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gesù, giovanni paoloii, senso religioso
10. Dimensione umana del mistero della Redenzione
***
L'uomo
non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere
incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato
l'amore, se non s'incontra con l'amore, se non lo sperimenta e non lo
fa proprio, se non vi partecipa vivamente. E perciò appunto Cristo
Redentore - come è stato già detto - rivela pienamente l'uomo all'uomo
stesso. Questa è - se così è lecito esprimersi - la dimensione umana del mistero della Redenzione. In questa dimensione l'uomo ritrova la grandezza, la dignità e il valore propri della sua umanità. Nel
mistero della Redenzione l'uomo diviene nuovamente «espresso» e, in
qualche modo, è nuovamente creato. Egli è nuovamente creato! «Non
c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più
uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù»64. L'uomo che vuol comprendere se stesso fino in fondo - non soltanto secondo immediati, parziali, spesso superficiali, e perfino apparenti criteri e misure del proprio essere - deve,
con la sua inquietudine e incertezza ed anche con la sua debolezza e
peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo. Egli deve,
per così dire, entrare in Lui con tutto se stesso, deve «appropriarsi»
ed assimilare tutta la realtà dell'Incarnazione e della Redenzione per
ritrovare se stesso. Se in lui si attua questo profondo processo, allora egli produce frutti non soltanto di adorazione di Dio, ma anche di profonda meraviglia di se stesso. Quale valore deve avere l'uomo davanti agli occhi del Creatore se «ha meritato di avere un tanto nobile e grande Redentore»65, se «Dio ha dato il suo Figlio», affinché egli, l'uomo, «non muoia, ma abbia la vita eterna»66.
In
realtà, quel profondo stupore riguardo al valore ed alla dignità
dell'uomo si chiama Vangelo, cioè la Buona Novella. Si chiama anche
Cristianesimo.
Questo stupore giustifica la missione della Chiesa nel mondo, anche, e
forse di più ancora, «nel mondo contemporaneo». Questo stupore, ed
insieme persuasione e certezza, che nella sua profonda radice è la
certezza della fede, ma che in modo nascosto e misterioso vivifica ogni
aspetto dell'umanesimo autentico, è strettamente collegato a Cristo.
Esso determina anche il suo posto, il suo - se così si può dire -
particolare diritto di cittadinanza nella storia dell'uomo e
dell'umanità. La
Chiesa, che non cessa di contemplare l'insieme del mistero di Cristo,
sa con tutta la certezza della fede, che la Redenzione, avvenuta per
mezzo della croce, ha ridato definitivamente all'uomo la dignità ed il
senso della sua esistenza nel mondo,
senso che egli aveva in misura notevole perduto a causa del peccato. E
perciò la Redenzione si è compiuta nel mistero pasquale, che attraverso
la croce e la morte conduce alla risurrezione.
Il
compito fondamentale della Chiesa di tutte le epoche e, in modo
particolare, della nostra, è di dirigere lo sguardo dell'uomo, di
indirizzare la coscienza e l'esperienza di tutta l'umanità verso il
mistero di Cristo,
di aiutare tutti gli uomini ad avere familiarità con la profondità
della Redenzione, che avviene in Cristo Gesù. Contemporaneamente, si
tocca anche la più profonda sfera dell'uomo, la sfera - intendiamo - dei
cuori umani, delle coscienze umane e delle vicende umane.
IOANNES PAULUS PP. II REDEMPTOR HOMINIS
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Postato da: giacabi a 17:12 |
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chiesa, cristianesimo, gesù, giovanni paoloii
LA FAMIGLIA :
IL SACRARIO DELLA VITA
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Tratto da: DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO IIAL CORPO DIPLOMATICOACCREDITATO PRESSO LA SANTA SEDE
Lunedì, 10 gennaio 2005
“5. La prima sfida è la sfida della vita. La
vita è il primo dono che Dio ci ha fatto, è la prima ricchezza di cui
l’uomo può godere. La Chiesa annunzia “il Vangelo della Vita”. E lo
Stato ha come suo compito primario proprio la tutela e la promozione
della vita umana.
La
sfida della vita si va facendo in questi ultimi anni sempre più vasta e
più cruciale. Essa si è venuta concentrando in particolare sull’inizio della vita umana,
quando l’uomo è più debole e deve essere più protetto. Concezioni
opposte si confrontano sui temi dell’aborto, della procreazione
assistita, dell’impiego di cellule staminali embrionali umane a scopi
scientifici, della clonazione. La posizione della Chiesa, suffragata
dalla ragione e dalla scienza, è chiara: l’embrione umano è soggetto
identico all’uomo nascituro e all’uomo nato che se ne sviluppa. Nulla
pertanto è eticamente ammissibile che ne violi l’integrità e la dignità.
Ed anche una ricerca scientifica che degradi l’embrione a strumento di
laboratorio non è degna dell’uomo. La ricerca scientifica in campo
genetico va bensì incoraggiata e promossa, ma, come ogni altra attività
umana, non può mai essere esente da imperativi morali; essa può del
resto svilupparsi con promettenti prospettive di successo nel campo
delle cellule staminali adulte.
La sfida della vita ha luogo al contempo in quello che è propriamente il sacrario della vita: la famiglia.
Essa è oggi sovente minacciata da fattori sociali e culturali che fanno
pressione su di essa rendendone difficile la stabilità; ma in alcuni
Paesi essa è minacciata anche da una legislazione, che ne intacca –
talvolta anche direttamente – la struttura naturale, la quale è e può
essere esclusivamente quella di una unione tra un uomo e una donna
fondata sul matrimonio. Non si lasci che la famiglia, fonte
feconda della vita e presupposto primordiale ed imprescindibile della
felicità individuale degli sposi, della formazione dei figli, e del
benessere sociale, anzi della stessa prosperità materiale della nazione,
venga minata da
leggi dettate da una visione restrittiva ed innaturale dell’uomo.
Prevalga un sentire giusto e alto e puro dell’amore umano, che nella
famiglia trova un sua espressione veramente fondamentale ed esemplare.”
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Postato da: giacabi a 16:47 |
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famiglia, giovanni paoloii
27 decembrie: S Åžtefan
AI GIOVANI
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La felicità che cercate
ha il volto di Cristo
....In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità;
è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate;
è Lui la bellezza che tanto vi attrae;
è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso;
è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita;
è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare.
E'
Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa
di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi
inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e
perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più
umana e fraterna.
Carissimi giovani, in questi nobili compiti non siete soli. Con voi ci sono le vostre famiglie, ci sono le vostre comunità, ci sono i vostri sacerdoti ed educatori,
ci sono tanti di voi che nel nascondimento non si stancano di amare
Cristo e di credere in Lui. Nella lotta contro il peccato non siete
soli: tanti come voi lottano e con la grazia del Signore vincono!
6. Cari amici, vedo in voi le "sentinelle del mattino" (cfr Is 21,11-12) in quest'alba del terzo millennio. Nel corso del secolo che muore, giovani
come voi venivano convocati in adunate oceaniche per imparare ad
odiare, venivano mandati a combattere gli uni contro gli altri. I diversi
messianismi secolarizzati, che hanno tentato di sostituire la speranza
cristiana, si sono poi rivelati veri e propri inferni. Oggi siete qui convenuti per affermare che nel nuovo secolo voi non vi presterete ad essere strumenti di violenza e distruzione; difenderete la pace, pagando anche di persona se necessario. Voi non vi
rassegnerete ad un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame,
restano analfabeti, mancano di lavoro. Voi difenderete la vita in ogni
momento del suo sviluppo terreno, vi sforzerete con ogni vostra energia
di rendere questa terra sempre più abitabile per tutti.
Cari
giovani del secolo che inizia, dicendo «sì» a Cristo, voi dite «sì» ad
ogni vostro più nobile ideale. Io prego perché Egli regni nei vostri
cuori e nell'umanità del nuovo secolo e millennio. Non abbiate paura di
affidarvi a Lui. Egli vi guiderà, vi darà la forza di seguirlo ogni
giorno e in ogni situazione.
Maria Santissima,
A tutti ed a ciascuno offro con affetto la mia Benedizione.
Giovanni Paolo II Tor Vergata, sabato 19 agosto 2000
XV GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ
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Postato da: giacabi a 15:01 |
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giovanni paoloii
BAMBINO GESÙ
Asciuga, Bambino Gesù, le lacrime dei fanciulli!
accarezza il malato e l'anziano! Spingi gli uomini a deporre le armi e a stringersi in un universale abbraccio di pace! Invita i popoli, misericordioso Gesù, ad abbattere i muri creati dalla miseria e dalla disoccupazione, dall'ignoranza e dall'indifferenza, dalla discriminazione e dall'intolleranza. Sei Tu, Divino Bambino di Betlemme, che ci salvi liberandoci dal peccato. Sei Tu il vero e unico Salvatore, che l'umanità spesso cerca a tentoni. Dio della Pace, dono di pace all'intera umanità, vieni a vivere nel cuore di ogni uomo e di ogni famiglia. Sii Tu la nostra pace e la nostra gioia! Amen. Giovanni Paolo II |
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