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mercoledì 1 febbraio 2012

giussani4

La realtà lascia un segno
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«La realtà, passando davanti agli occhi, non è come se passasse davanti agli occhi di un morto o ad uno specchio inerte; passa davanti a degli occhi vivi, perché ci lascia un segno, shocka la nostra coscienza», lascia sempre «un’impronta di paura o di speranza».
 «La conoscenza implica un’affezione, implica un contraccolpo che si chiama affezione, affectus. Il nostro io è touchée»
don Giussani


Postato da: giacabi a 23:07 | link | commenti
reale, giussani


L’uomo si sviluppa con l’altro
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L’uomo si sviluppa per rapporto, per contatto con l’altro. L’altro tanto è originariamente necessario perché l’uomo esista, altrettanto è necessario perché l’uomo si avveri, si inveri, diventi sempre più se stesso
don Giussani da: quaderni di tracce aprile 2006

Postato da: giacabi a 22:54 | link | commenti
giussani

lunedì, 14 settembre 2009

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Ringrazio immensamente tutti coloro che in queste ore pregano per mia figlia, Caterina, 24 anni, che si trova in coma all’ospedale di Firenze per un inspiegabile arresto cardiaco.

C’è una cosa importantissima e preziosissima che si può fare: pregare! Far celebrare messe e recitare rosari per la sua guarigione  è, in questo momento, la speranza più grande. Noi e gli amici lo stiamo facendo instancabilmente, anche con la recita della preghiera per ottenere l’intercessione di don Giussani (ve la copio qua sotto).

Io e tutta le mia famiglia ve ne siamo grati.

Che Dio vi benedica.

Antonio Socci

Signore Gesù, tu che ci hai donato don Giussani come padre e ci hai insegnato, attraverso di lui, la gioia di riconoscere la nostra esistenza come offerta a te gradita, concedici per sua intercessione la grazia della guarigione di Caterina. Te lo chiediamo per la sua glorificazione e per la nostra consolazione. Amen.


Postato da: giacabi a 17:16 | link | commenti
socci, giussani

domenica, 13 settembre 2009
 Le cose si usano, le persone si amano
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Evidentemente non si può trattare di una persona come si tratta di una cosa. La cosa io la prendo per la mia utilità, la sfrutto. Ma una persona, un essere cioè che ha lo spirito, come tale non può essere sottomesso direttamente che a Dio, non può quindi essere sottomesso alla utilità di un altro. Se qualcuno si avvicina per “sfruttarci” secondo la sua utilità, noi lo sentiamo con ripugnanza, con antipatia, con ribellione: noi lo qualifichiamo col titolo più anti-umano che ci sia, col titolo cioè di “egoista”. Allora con le persone cosa bisogna fare? Ecco: le cose si prendono, alle persone ci si dona. Cioè, in conclusione, le cose si usano, le persone si amano.

Don Giussani: Realtà e giovinezza:la sfida pag. 126

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giussani

venerdì, 11 settembre 2009
L’indissolubilità del matrimonio
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Novecentonovantanove su mille al mondo fanno così: seguono e aderiscono a ciò che li attira perché li attira, come li attira nel presente, alle circostanze come si presentano; dopo un po' sono soffocati, e non possono non ammettere come principio fondamentale della convivenza la separabilità.
Il problema della indissolubilità del matrimonio è l'accento significativo di qualsiasi compagnia umana: è impossibile che resista.
Se resiste è per interesse di potere politico, economico; perché la soddisfazione come tale è così scadente che decade subito. Sembra non decadere fino a quando non l'hai ancora; quando l'hai decade.
Allora come si fa ad avere, senza che decada, qualcosa da cui veramente Dio ci fa attirare ? Quando più la presenza dell'altro desta in te la passione per il suo destino, cioè diventa vero amore; l’amicizia, cioè lo scambievole amore, è la legge della obbedienza.
L. Giussani, da “Si può vivere così?” di pag. 170-171

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giussani

sabato, 08 agosto 2009
L’uomo è se stesso quando è insieme
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« Vieni ancora domani, eh! Perchè domani cercherò di dirtelo meglio, e dopodomani cercherò di dirtelo meglio, e poi, insomma, tutti i giorni dobbiamo dircelo, perchè così ce lo diciamo meglio, e dopo tanti tanti e tanti giorni, diventa come una cosa fluente, come guardarsi negli occhi e ci si capisce; si capisce anche come si fa, viene voglia di farlo, viene proprio la voglia di farlo. E uno non è più solo, è finalmente se stesso, perchè l'uomo è se stesso quando è insieme. E, infatti, l'io dell'uomo è destinato ad essere insieme a tutto ciò che c'è, al Mistero dell'Essere"
Don Giussani (Si può vivere così?)

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amicizia, giussani

martedì, 28 luglio 2009
Così il cristianesimo è diventato Parola, parole
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«Noi cristiani nel clima moderno siamo stati staccati non dalle formule cristiane, direttamente, non dai riti cristiani, direttamente, non dalle
leggi del decalogo cristiano, direttamente. Siamo stati staccati dal fondamento umano, dal senso religioso [dal nostro umano]. Abbiamo una
fede che non è più religiosità. Abbiamo una fede che non risponde più
come dovrebbe al sentimento religioso; abbiamo una fede cioè non consapevole, una fede non più intelligente di sé. Diceva un mio vecchio
autore, Reinhold Niebuhr: “Nulla è tanto incredibile come la risposta
ad un problema che non si pone”. Cristo è la risposta al problema, alla sete e alla fame che l’uomo ha della verità, della felicità, della bellezza e dell’amore, della giustizia, del significato ultimo. Se questo non  è vivido in noi, se questa esigenza non è educata in noi, che ci sta a fare Cristo? Cioè, che ci sta a fare la Messa, la confessione, le preghiere, il catechismo, la Chiesa, preti e Papa? Sono trattati ancora con un certo rispetto a seconda delle aree di vita del mondo, sono conservati per un certo periodo di tempo per forza d’inerzia ma non sono più risposte ad una domanda, perciò non hanno più lunga sopravvivenza [una data di scadenza, appunto]. [...] Così il cristianesimo è diventato Parola, parole».
L. Giussani, «La coscienza religiosa nell’uomo moderno», Centro Culturale “Jacques Maritain”, pro manuscripto, Chieti 1986, p. 15.

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cristianesimo, giussani

domenica, 26 luglio 2009
Che cosa vuol dire meditazione?
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Vuol dire presa di coscienza di una verità in modo tale che essa si dispieghi davanti agli occhi, così che tu possa penetrarla; che non sia cioè una carta inchiodata sul muro, sul muro dei tuoi occhi, cioè sul muro del tuo cuore, ma siano delle parole vive dentro le quali tu possa penetrare.
Noi possiamo penetrare soltanto le parole vive, cioè le parole che ci dicono coloro che con noi vivono, partecipano alla nostra vita.
Luigi Giussani, in “Si può vivere così” ed. Rizzoli

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giussani

martedì, 21 luglio 2009
La vacanza
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«Quello che uno vuole lo si capisce da come utilizza il suo tempo libero. Quello che una persona - giovane o adulto - veramente vuole lo capisco non dal lavoro, dallo studio, cioè da ciò che è obbligato a fare, dalle convenienze o dalle necessita sociali, ma da come usa il suo tempo libero. Se un ragazzo o una persona matura disperde il tempo libero, non ama la vita: è sciocco. La vacanza, infatti, è il classico tempo in cui quasi tutti diventano sciocchi. Al contrario, la vacanza è il tempo più nobile dell'anno, perché è il momento in cui uno si impegna come vuole col valore che riconosce prevalente nella sua vita oppure non si impegna affatto con niente e allora, appunto, è sciocco. »
 Luigi Giussani - Tracce luglio 2000

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giussani

mercoledì, 08 luglio 2009
L’uomo vede la bontà
 più che non veda il viso
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I poveri, tutti figli della Beata Madre Teresa di Calcutta.
Un fraticello cantava: « Iddio vede la bontà più che non veda il viso». Così anche l’uomo. L’uomo vede la bontà più che non veda il viso, perché è più reale, è più consequenziale e tangibile, è più imponente  la bontà che non la quadratura solida o tenue della façade, della facciata.
L. Giussani, da “Si può vivere così?” pag. 106

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madre teresa, giussani

lunedì, 06 luglio 2009
Cristo se non è contemporaneo non opera su di noi
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Che Dio sia diventato uomo per aiutare gli uomini a ridiventare uomini non è semplicemente un fatto di 2000 anni fa. E’ cominciato 2000 anni fa, ponendo l’inizio di una memoria che riempie il presente: riempie il presente rendendo presente il passato. Vale a dire, è incominciato 2000 anni fa, ma è un avvenimento che accade e mi investe ora, è un problema di oggi. Si chiama avvenimento l’immettersi dentro l’esperienza di un fattore nuovo: Cristo è il fattore nuovo entrato nella storia 2000 anni fa, Cristo è il fattore nuovo che entra nella mia giornata oggi, mi rende capace di camminare verso il destino, mi permette di ridiventare uomo oggi. Oggi, perché devo essere uomo oggi. Come diceva Kierkegaard, l’ideale non può che essere contemporaneo:L’unico rapporto che si può creare con la grandezza (cioè con Cristo, Dio fatto uomo) è la contemporaneità”. Non si può essere in rapporto con Cristo se non ora. Se non è contemporaneo non opera su di noi. L’avvenimento di duemila anni fa è un avvenimento che continua. E’ un inizio di ogni giorno e di ogni ora, è qualcosa di nuovo che incontri ora, altrimenti non è stato vero neanche allora. Soltanto che non ha la forma di un bell’uomo, come facilmente ci adagiamo ad immaginare – un bell’uomo che incontriamo per la strada, cui si può star seduti vicino, e guardarlo e sentirlo parlare ed esser commossi di quel che dice, che ci tocca l’occhio cieco e ci fa vedere. No! Ha un’altra forma, come l’uomo che nasce bambino, e poi si sviluppa, e il suo faccino grazioso s’ingrandisce e si modifica in ogni sua parte. Così, il modo con cui Egli è presente ora, il modo con cui l’avvenimento di Cristo diventa presente ora, è l’introdursi nella nostra vita di una presenza umana diversa.
Gesù Cristo, quell’uomo di 2000 anni fa, si cela, diventa presente, sotto la tenda, sotto l’aspetto di una umanità diversa. L’incontro, l’impatto, è con una umanità diversa, che ci sorprende perché corrisponde alle esigenze strutturali del cuore più di qualsiasi modalità del nostro pensiero o della nostra fantasia: non ce l’aspettavamo, non ce lo saremmo mai sognato, era impossibile, non è reperibile altrove. La diversità umana in cui Cristo diventa presente sta propriamente in ciò: nella maggior corrispondenza, nell’impensabile e impensata corrispondenza maggiore di questa umanità in cui ci imbattiamo, alle esigenze del cuore – alle esigenze della ragione. Quest’imbattersi della persona in una diversità umana è qualcosa di semplicissimo, di assolutamente elementare, che viene prima di tutto, prima di ogni catechesi, riflessione e sviluppo: è qualcosa che non ha bisogno di essere spiegato, ma solo di esser visto, intercettato, che suscita uno stupore, desta una emozione, costituisce un richiamo, muove a seguire, in forza della sua corrispondenza all’attesa strutturale del cuore. L’imbattersi in una presenza di umanità diversa viene prima e non solo all’inizio, ma in ogni momento che segue l’inizio: un anno o vent’anni dopo.
mons. Luigi Giussani Appunti da una conversazione di con alcuni universitari di Milano  Febbraio 1993

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chiesa, gesù, giussani

domenica, 05 luglio 2009
Ogni creatura è buona
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« Omnis creatura bona (…) è la frase più grande di tutta la storia del pensiero umano; perché tutta la storia del pensiero umano divide ciò che è bene da ciò che è male, mentre il Cristianesimo dice: male non è niente, non c’è nessuna creatura cattiva; la cattiveria sta nell’atto di scelta di ciò che è in contraddizione con il tuo destino. Male è solo nell’atto di scelta della libertà; perciò il fattore di peccato è l’uomo, è la libertà dell’uomo; ma anche questa è travolta  dominata da qualcosa d’altro: dal fatto che il destino ti riprende e ti richiama, e ti dà l’energia per riprenderti e richiamarti. Questa energia per riprenderti e richiamarti è venuto a dartela Lui direttamente: è la comunità in cui vivi dentro la Chiesa, a cui appartieni; ti fa appartenere ad una comunità in cui Lui ti aiuta così. La comunità è ciò a cui si appartiene: è più del padre, della madre e della famiglia".
L. Giussani, da “Si può vivere così?” di pag. 97-98

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chiesa, giussani

L’amicizia
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« L’amicizia è un rovesciare la propria esistenza nella vita dell’altro»
Luigi Giussani da "Si può vivere così"pag 100  ed.Rizzoli

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amicizia, giussani

sabato, 04 luglio 2009
Gius contro il «gulag» della modernità
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«Un uomo colto, un europeo dei nostri giorni può credere, credere proprio, alla divinità del figlio di Dio, Gesù Cristo?». Forse nessuno più di Dostoevskij ne I fratelli Karamazov ha posto in modo sintetico e perentorio la sfida davanti alla quale si trova il cristianesimo nella modernità. Don Giussani ha avuto il coraggio di misurarsi con questa sfida storica, radicalizzandola, se possibile. Infatti, scommette tutto sulla capacità della sua proposta educativa di generare un tipo di soggetto cristiano per cui «anche se andassero via tutti – tutti! –, chi ha questa dimensione di coscienza personale (che la fede genera) non può fare altro che ricominciare le cose da solo».

È la stessa, identica, scommessa che lo stesso Gesù non ebbe paura di correre coi suoi. Che cosa avrebbe fatto Gesù nell’ipotetico caso che, davanti alla sfida: «Anche voi volete andarvene?», tutti i discepoli l’avessero abbandonato? Nessuno ha alcun dubbio: avrebbe ricominciato da solo. Che cosa può consentire una tale capacità di ripresa, nelle attuali circostanze storiche? Possiamo incominciare a intravedere la risposta, se cerchiamo di immedesimarci con Gesù: che cosa l’avrebbe potuto fare ripartire da capo? È evidente che Lui non si sarebbe potuto appoggiare su una logica di gruppo, dal momento che, nella nostra ipotesi, era rimasto da solo. Per potere affrontare questa sfida occorre passare «
da una logica di gruppo a una dimensione di coscienza personale». Gesù sarebbe stato costretto a poggiare tutto sul contenuto dalla sua autocoscienza, della sua appartenenza al Padre.

«Qual è il contenuto di questa dimensione di coscienza personale? La definizione dell’io è "appartenenza". L’appartenenza definisce ciò che sono; come l’essere figli è definito dall’appartenenza al padre e alla madre; e non è schiavitù, perché tale appartenenza non è estrinseca. Dire che l’io è rapporto con l’Infinito vuole dire che l’essenza dell’io, nel senso stretto della parola, è appartenenza a un Altro». Così don Giussani indica che quello che potrebbe far ripartire da capo ciascuno è la stessa cosa per cui Gesù ha cominciato: la coscienza della sua appartenenza al Padre. Non è, dunque, una capacità nostra, una energia propria, una nostra bravura, ma è l’esito d’una appartenenza. In questo modo don Giussani non fa altro che identificare lo scopo ultimo dell’opera salvifica di Cristo. Infatti Lui è diventato uomo, è morto e risorto, perché mediante il dono dello Spirito potessimo vivere con la coscienza di figli, come "figli nel Figlio".

Prendere consapevolezza del nostro essere figli, cioè della nostra appartenenza al Padre, è il compito di ogni educazione cristiana, che ha la verifica della sua verità nella capacità dell’io – così educato – di ricominciare da capo, se tutti se ne andassero. Questo chiarisce la strada che ognuno di noi deve cercare di percorrere: che la vita diventi un cammino che ci renda sempre più certi e consapevoli della nostra appartenenza. Ma acquistare questa consapevolezza è possibile soltanto se essa è verificata nelle circostanze della vita: «L’impatto con le circostanze, il rapporto con la realtà, non è nient’altro che l’avvenimento della vita come vocazione, in cui il "soggetto" è l’appartenenza a ciò che ci è accaduto – Cristo dentro la fragilità effimera della comunità –, mentre il contenuto "oggettivo", su cui questo soggetto è chiamato ad agire, è l’incontro con quel complesso di circostanze finalizzate che si chiamano appunto "vocazione", perché Dio non fa nulla per caso. Il complesso di circostanze sollecita il soggetto e questo agisce secondo l’origine totalizzante che ha dentro, secondo quel principio formale, quel principio determinante, che è stato l’incontro».

Raggiungere questa coscienza è una lotta che chiede a ciascuno di noi la disponibilità alla conversione, vale a dire a vivere secondo un’altra mentalità. La ragione è evidente. Questa posizione entra in contrasto con l’atteggiamento diffuso in questo preciso momento storico, in cui siamo chiamati a vivere la fede, e ci penetra molto più di quanto pensiamo: «L’uomo moderno ha creduto di evitare tutto dicendo: "L’uomo appartiene a se stesso", che è la più grande menzogna, perché prima non c’era, perciò va contro l’evidenza più chiara.

"L’uomo appartiene a se stesso" vuole dire: l’uomo diventa possesso del potere, appartiene al potere, cioè appartiene ad altri uomini che lo determinano». Le conseguenze di questa scelta adesso sono più documentabili di quando furono dette queste parole, a metà degli anni Ottanta: «
Amici miei, siamo in un’epoca di una pericolosità sterminata. Siamo in un’epoca in cui le catene non sono portate ai piedi, ma alla motilità delle prime origini del nostro io e della nostra vita. L’Occidente sta, non lentamente, ma violentemente spingendo tutta la realtà umana, anche nostra, verso il "gulag" di un asservimento mentale e psicologico inaudito: la perdita dell’umano, di cui Teilhard de Chardin segnalava già il sintomo più impressionante, che è la perdita del gusto del vivere»
Julián Carrón

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giussani, carron

domenica, 14 giugno 2009
Il richiamo al fatto cristiano
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«Il richiamo al fatto cristiano non può più fondarsi su una storia, una tradizione:essa non dà più motivi sufficienti per una vera adesione. Il motivo di un'adesione al cristianesimo non può essere che l'incontro con un annuncio, con un messaggio nuovo. L'annuncio non è tanto una teoria senza carica di messaggio. L'annuncio non è una teoria che viene comunicata ,ma un modo di presenza che contiene un messaggio».
don Giussani

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giussani

giovedì, 11 giugno 2009
Amare qualcuno
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Lo sai, mettersi ad amare qualcuno, è un’impresa. Bisogna avere un'energia, una generosità, un accecamento... C’è perfino un momento, al principio, in cui bisogna saltare un precipizio: se si riflette non lo si fa. Io so che non salterò mai più.”
Jean-Paul Sartre da: La nausea

Infatti, a mio avviso, solo due tipi di uomini salvano interamente la statura dell’essere umano: l’anarchico e l’autenticamente religioso.La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito: l’anarchico è l’affermazione di sé all’infinito e l’uomo autenticamente religioso è l’accettazione dell’infinito come significato di sé.
(….) Ho intuito ciò con chiarezza molti anni fa quando un ragazzo è venuto a confessarsi da me spinto dalla madre: Egli in realtà non aveva fede. abbiamo cominciato a discutere e, a un certo punto, di fronte alla valanga dei miei ragionamenti, ridendo mi dice: “Guardi, tutto ciò che lei si affatica ad espormi non vale quanto sto per dirle. Lei non può negare che la vera statura dell’uomo è quella del Capaneo dantesco, questo gigante incatenato da Dio all’inferno, ma che  a Dio grida:’Io non posso  liberarmi da queste catene perché tu i inchiodi qui. Non puoi però impedirmi di bestemmiarti, e io ti bestemmio’ (cfr Dante, Inferno, canto XIV, vv 43-72). questa è la statura vera dell’uomo”.
Dopo qualche secondo di impaccio ho detto con calma: “Ma non è più grande ancora amare l’infinito?”.Il ragazzo se n’è andato. Dopo quattro mesi è tornato a dirmi che da due settimane frequentava i sacramenti perché era stato “roso come un tarlo” per tutta l’estate da quella mia frase. quel giovane sarebbe morto di lì a poco in un incidente automobilistico.
Realmente l’anarchia costituisce la tentazione più affascinante, ma è tanto affascinante quanto menzognera. E la forza di tale menzogna sta appunto nel suo fascino, che induce a dimenticare che l’uomo prima non c’era e poi muore. E’ pertanto pura violenza ciò che può fargli dire: “Io mi affermo contro tutto e contro tutti”
E’ molto più grande e vero amare l’infinito, cioè abbracciare la realtà e l’essere, piuttosto che affermare sé stessi di fronte a qualsiasi realtà. “
Don Giussani da: “Il senso religioso”

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sartre, giussani

domenica, 07 giugno 2009
MATRIMONIO E VERGINITÀ
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      Alla stupita reazione dei discepoli sulla natura originale del matrimonio, che prima abbiamo visto, Gesù oppone una frase che può apparire ancora più enigmatica: «Egli rispose loro: "Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quanti è stato concesso. Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca "» .
In queste parole Gesù aggiunge una nuova categoria di eunuchi a quelle già note, vale a dire coloro che si fanno eunuchi per il regno dei cieli. Ovviamente si tratta della libera scelta di rinunciare a sposarsi che fanno coloro ai quali è stato concesso di riconoscere il valore unico del regno dei cieli. Commentando questo brano, Giovanni Paolo II ha avuto modo di esprimersi come segue: «nella chiamata alla continenza "per il Regno dei cieli ", prima gli stessi Discepoli e poi tutta la viva Tradizione scopriranno presto quell'amore che si riferisce a Cristo stesso come Sposo della Chiesa e Sposo delle anime, alle quali egli ha donato se stesso sino alla fine, nel mistero della sua Pasqua e dell’Eucaristia. In tal modo, la continenza "per il Regno dei cieli", la scelta della verginità o del celibato per tutta la vita, è divenuta nell' esperienza dei discepoli e dei seguaci di Cristo un atto di risposta particolare all' amore dello Sposo Divino e perciò ha acquisito il significato di un atto di amore sponsale, cioè di una donazione sponsale di sé, alfine di ricambiare in modo speciale l'amore sponsale del Redentore; una donazione di sé, intesa come rinuncia, ma fatta soprattutto per amore».
      Alla luce di questo si capisce cos'è la verginità: il nuovo rapporto assolutamente gratuito che Cristo ha introdotto nella storia. La verginità è vivere le cose secondo la loro verità. E come è entrata nel mondo la verginità? È entrata nel mondo come imitazione di Cristo, cioè come imitazione di vivere di un uomo che era Dio. Nessun altra ragione può sostenere una cosa così grande come la verginità nel vivere l'esistenza, se non l'immedesimazione con la modalità attraverso cui Cristo possedeva la realtà, cioè secondo la volontà del Padre.
      La persona di Gesù è un bene talmente grande e prezioso che Egli è l'unico che corrisponde pienamente alla sete di felicità dell'uomo. Proprio questa corrispondenza unica, che la Sua persona costituisce per chi Lo incontra, rende possibile un rapporto col reale assolutamente gratuito. Per questo chi abbraccia la verginità può essere libero per non sposarsi.
      Come coloro che sono chiamati alla verginità contribuiscono al regno di Dio? I chiamati alla verginità sono stati scelti perchè «gridino davanti a tutti, in ogni istante -tutta la loro vita e fatta per questo -che Cristo e l'unica cosa per cui valga la pena vivere, che Cristo è l'unica cosa per cui valga la pena che il mondo esista. [...] Questo è il valore oggettivo della vocazione: la forma della loro vita gioca nel mondo per Cristo, lotta nel mondo per Cristo. La forma stessa della loro  vita! [...] È una vita che come forma grida: "Gesù è tutto ". Gridano questo davanti a tutti, a tutti coloro che li vedono, a tutti coloro che in loro  si imbattono, a tutti coloro che li sentono, a tutti coloro che li guardano».
     La vocazione alla verginità è strettamente collegata alla vocazione al matrimonio. Rispondendo alla chiamata i vergini gridano agli sposati la verità del loro amore. Seguiamo ancora Giovanni Paolo II: «Alla luce delle parole di Cristo, come pure alla luce di tutta l'autentica tradizione cristiana, è possibile dedurre che tale rinuncia è ad un tempo una particolare forma di affermazione di quel valore, da cui la persona non sposata si astiene coerentemente, seguendo il consiglio evangelico. Ciò può sembrare un paradosso. É noto, tuttavia, che il paradosso accompagna numerosi enunciati del Vangelo, e spesso quelli più eloquenti e profondi. Accettando un tale significato della chiamata alla continenza "per Regno dei cieli ", traiamo una conclusione carretta, sostenendo che la realizzazione di questa chiamata serve anche -e in modo particolare -alla conferma del significato sponsale del corpo umano nella sua mascolinità e femminilità. La rinuncia al matrimonio per il regno di Dio mette in evidenza al tempo stesso quel significato in tutta la sua verità interiore e in tutta la sua personale bellezza. Si può dire che questa rinuncia da parte delle singole persone, uomini- e donne, sia in un certo senso indispensabile, affinché lo stesso significato sponsale del corpo sia più facilmente riconosciuto in tutto l'ethos della vita umana e soprattutto nell' ethos della vita coniugale e familiare» .
      La verginità è  l’autentica speranza per gli sposati; è la radice della possibilità di vivere il matrimonio senza pretesa e senza inganni: «In forza di questa testimonianza, la verginità tiene viva nella Chiesa la coscienza del mistero del matrimonio e lo difende da ogni riduzione e da ogni impoverimento».
      «Per questo la verginità è la virtù cristiana ideale di qualsiasi rapporto, anche del rapporto tra un uomo e una donna sposati. E, infatti, il culmine del loro rapporto, il momento culminante del  loro rapporto è la dove si sacrificano, non la dove esprimono il loro possesso. Perchè, per il peccato originale, di fatto, l'afferrare fa scivolare. È come se uno desidera una cosa e corre verso questa cosa e, quando è lì vicino, corre talmente che vi spacca il naso contro: scivola, incespica. È  per questo che noi diciamo che la verginità è un possesso con un distacco dentro». Il possesso vero che sperimentiamo è un possesso con un distacco dentro.

Don Carron   da : L'esperienza della famiglia.
Una bellezza da conquistare di nuovo»
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famiglia, giussani

mercoledì, 03 giugno 2009
  L’amicizia
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L’amicizia è una compagnia guidata al destino.
Bisogna cercare questa amicizia.
L’amicizia non è la possibilità di sfogarsi vicendevolmente.
L’amicizia è possedere in comune qualcosa di grande.
L’amicizia è tanto più grande
quanto più è grande ciò che si possiede in comune.
Perciò la più grande amicizia è possedere in comune il destino.
Una compagnia guidata al destino.
don Luigi Giussani
AUDIO

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amicizia, giussani

domenica, 31 maggio 2009
La contemporaneità di Cristo oggi
è questo fatto di umanità diversa
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«Qual è la prima caratteristica della fede in Cristo? Per Andrea e Giovanni qual è la prima caratteristica della fede che hanno avuto in Gesù?
[...] La prima caratteristica è un fatto! Qual è la prima caratteristica della conoscenza? È l’impatto della coscienza con una realtà».
Il fatto che continua a sfidare ciascuno di noi è il punto di partenza per cui ancora ritorniamo qui quest’anno: il presentimento di una corrispondenza che non possiamo toglierci di dosso, perché è l’imbattersi in una diversità umana:
«L’avvenimento di Cristo diventa presente “ora” in un fenomeno di umanità diversa: un uomo vi si imbatte e vi sorprende un presentimento nuovo di vita [...]. Quest’imbattersi della persona in una diversità umana è qualcosa di semplicissimo, di assolutamente elementare, che viene prima di tutto, di ogni catechesi, riflessione e sviluppo: è qualcosa che non ha bisogno di essere spiegato, ma solo di essere visto, intercettato, che suscita uno stupore, desta una emozione, costituisce un richiamo, muove a seguire, in forza della sua corrispondenza all’attesa strutturale del cuore»
Senza questa contemporaneità della Sua presenza nel fenomeno di una umanità diversa, non sarebbe possibile la fede cristiana. E la contemporaneità
di Cristo oggi è questo fatto di umanità diversa che tanti di voi mi testimoniate –, fatto che sfida la mia ragione e la mia libertà.
Don Carron «DALLA FEDE IL METODO»
Esercizi della Fraternità di Comunione e Liberazione maggio 09

 

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cristianesimo, giussani, carron

domenica, 10 maggio 2009
Lamento-letizia-tenerezza
  ***
 
 
 
L’alternativa, nella misura in cui una certezza e l’abbandono non ci sono, è il lamento. Ma non è il lamento che straccia il cuore del bambino che soffre, è il lamento che ingombra il cuore e l’orecchio di chi sente, rende pesante la vita di tutti quelli che ci circondano e la nostra vita resta una condanna anche per gli altri, una vita-lamento che non conosce la letizia e, tanto meno, la gioia E come non conosce la letizia, io credo che, tra tutti i sentimenti, ciò che non conosce chi si lamenta, chi imposta la vita come lamento, e la tenerezza. Nei rapporti manca profondamente la tenerezza. Possono innamorarsi fin quando vogliono, ma manca la tenerezza. C'e un fremito che può sembrare tenerezza, ma che non sia tenerezza e reso noto dal fatto che prima di tutto e provvisorio e, in secondo luogo, e egoista, e egocentrico.
Questo binomio di letizia e tenerezza -perche solo il cuore lieto può essere tenero nel rapporto; la tenerezza e una sensibilità verso la gioia dell'altro, una sensibilità tesa ad augurare ed affermare la gioia dell'altro -, questo c'e soltanto in chi s'appoggia, accetta, e bambino di fronte a Cristo, come gli apostoli...”
Luigi Giussani da "Si può vivere così"pag 221  ed.Rizzoli
 

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giussani

lunedì, 13 aprile 2009
Chopin prelude n.15 - "la goccia" –
 guida all'ascolto di don Giussani
***
  

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giussani

domenica, 12 aprile 2009
L’Amicizia
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“Giussani e Habukawa sono agli antipodi geografici, culturali, linguistici, religiosi. Come fanno a essere così amici? «Ogni giorno i due pregano l'uno per l'altro» racconta Yagi. «La preghiera per la felicità non è solo per sé, ma anche per gli altri. Ogni giorno il professore prega per la figura di Kobo Daishi (il fondatore del buddismo Shingon; ndr) e per la figura di Maria».
Yagi ci spiega che prima di partire per l'Italia hanno cercato di presentare ai loro confratelli motivi e scopi del loro viaggio. Interviene Keitai Kavanishi: «Sono commosso. L'amicizia con voi rende più profondo il mio buddismo. Durante la partecipazione alla messa, c'è stata l'esperienza della gioia. E della malinconia. Possiamo sentire malinconia solo quando incontriamo qualcosa di vero».
Ninkay Ikegami: «Quando noi ci apriamo agli altri non ci sono guerre, perché troviamo i punti in comune. Così ha inizio il mondo ideale». Shinkay Uenomyo: «Ogni volta che parto dal Giappone avverto il problema della distanza che mi separa dagli altri a causa della lingua. Ma dopo questo incontro ho capito che è possibile comunicare, perché abbiamo lo stesso cuore. Bisogna lavorare per costruire il mondo ideale». È quasi una litania questa del "mondo ideale". Anzi è una giaculatoria, una preghiera, un rosario come quello che ci regalano alla fine delle serata insieme ai petali di loto, offerta e preghiera al Mistero.
Tre donne, tre piccole discrete e intense donne siedono intorno a noi e ascoltano. Si sono conosciute in viaggio; vengono, infatti, da città diverse del Giappone, benché abbiano in comune due uomini del Monte Koya. Dice Mieko Kawanishi: «Mi hanno colpito gli incontri al monastero della Cascinazza e con i Memores Domini. Segni di un cuore grande e puro. E della pace. Ringrazio per la vostra grande ospitalità umana, per la vostra musica sacra che tocca il cuore. Il vostro canto ci fa sentire con voi, uniti nel cuore». Kanae Ikegami, che per qualche giorno ha sofferto di uno strano senso di soggezione e timore: «Andavo da Giussani ed ero nervosa. Appena l'ho visto ho sentito che era un amico. Prima non capivo proprio niente di questo strano legame tra i nostri monaci e voi. Adesso so che siamo amici».
La nostra interprete, Wakako Saito, è in Italia da sei anni, inviata dal professore Habukawa a studiare la teologia cristiana e ad approfondire la conoscenza del movimento. Studia in università Cattolica e vuole dire anche lei qualcosa intorno a questa esperienza di buddisti che camminano in compagnia di cristiani: «È solo un'intuizione la mia, la sensazione che su questa scena di teatro che stiamo calcando insieme sta calando il sipario del primo atto. Non so cosa succederà nel secondo atto, ma so che sarà qualcosa di importante, di grande».
È venuto finalmente il turno di Shoken Habukawa, e il momento di rispondere a quella domanda rimasta in sospeso: suo padre e don Giussani, come fanno a essere così amici? «Mio padre mi diceva: "Vedi figlio mio, quando noi diciamo che è difficile comunicare con uomini di altri continenti a causa delle differenze linguistiche, culturali e religiose, in realtà diciamo cose superficiali. Se guardiamo un fiore nel campo, se lo guardiamo veramente, c'è uno stupore che nasce e che viene prima di ogni lingua e di ogni cultura. Ecco, voglio dire che il rapporto nasce da un dato che abbiamo in comune e che ci incute stupore, e quindi devozione. È per questo che siamo amici"».
Da:  http://tracce.it/   07/1996

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amicizia, stupore, giussani

martedì, 07 aprile 2009
E dopo c'è la grande grazia della gloria di Dio
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« Per sperare bisogna aver ricevuto una grande grazia.» La grande grazia rappresenta, rassicura un presente nel quale è innestato uno strano seme per cui nel domani fiorisce la speranza. «Fiorisce la speranza del giorno che non muore». Anche perché, amica mia, hai interesse per quel che ti capiterà stasera, ma dopo, stasera se ne va e c'è domani sera, poi se ne va e c'è dopodomani sera, poi se ne vanno e hai cinquant'anni, poi se ne vanno e hai settant'anni, poi se ne vanno e hai novantotto anni.., ti assicuro che rarissimamente si arriva a novantotto anni, per la maggior parte della gente non si arriva neanche a ottantotto anni e dopo c'è la grande grazia della gloria di Dio, la grande grazia della fine.»
 Luigi Giussani da "Si può vivere così"pag 185  ed.Rizzoli


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giussani

sabato, 04 aprile 2009
 Lo sguardo che il Signore
 porta sulle cose
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 In una casa, angoli di spazzatura non rimossi sono un peccato: è il pendant dell'osservazione sul fatto che nella casa tutto deve essere a posto, ordinato. L'offerta a Dio, il dedicarsi a Dio implica anche la sedia che deve andare al suo posto. Uno usa la sedia e la lascia fuori posto, perché? A dire il vero, per temperamento mi era abituale già in seminario. In seminario questo lo si diceva ed era abbastanza seguito; al Gruppo Adulto si dice e non e molto seguito, neanche nelle case delle donne, che dovrebbero avere più finezza per queste cose. Insomma, come si fa a voler bene a una persona e lasciarle attorno lo squallore? Non si può. "Ciò che si deve insinuare nel cuore, insistentemente fino a farla diventare una tendenza abituale, e veramente una applicazione dello sguardo che il Signore porta sulle cose, con l'esigenza luminosa di ordine, di equilibrio, di discrezione, di fedeltà, di verità, altrimenti non è un'opera; perciò, uno va fuori di casa - senza che lo dica a se stesso - contento, perché finalmente e libero, va in un posto dove è più libero. Il che vuol dire che, quando è in casa, non è libero; anche in casa non si adegua e non rende la sua vita organica alla bellezza e all'ordine, come la compagnia vocazionale, e tipicamente la nostra compagnia vocazionale, il nostro suggerimento carismatico, insiste; cominciando dal pezzo di carta che uno raccoglie lungo i grandi porticati di Venegono, credendosi solo, mentre c'è dietro un professore che viene e gli dice: "Bravo". Quel professore era don Gaetano Corti e l'individuo ero io in prima liceo".
(Luigi Giussani - Pag.110-111 "Vivendo nella carne")

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giussani

martedì, 31 marzo 2009
L’Amicizia
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"...e piango, piango come un bambino: il Signore Gesù ci ha messo al mondo per la felicità, perchè tanta gente si fabbrica un'effimera illusione che li porterà all'eterna infelicita?

Io vorrei essere presente per poterti vedere e vedere la tua gioia: perchè non c'è gioia più grande di quella di vedere la gioia dell'amico caro

Ci credi vero? Io non sono fine come te: ma nell'amore per i miei fratelli uomini (figuriamoci poi gli amici) non posso rimanerti indietro: noi non siamo forse al mondo per amore di Lui e per la felicità degli uomini?
Com'è bello che Gesù ci abbia messi insieme per questa missione!

Tu puoi sapere quanto desidererei di strapparti dal cuore l'angoscia che ti opprime, di rubartela e tenerla per me.

Perchè l'amicizia è una tal cosa che lascia irrequieti al pensiero di essere diversi dall'amico: bisogna essere il più possibile uguali, identici: uniti ed impastati insieme, aderenti l'uno all'altro così come la luce aderisce ai contorni delle cose: e se Lui è in Croce tutto l'orgoglio mio deve consistere nel sentirmi come Lui.

Perchè la gioia più grande della via dell'uomo è quella di sentire Gesù Cristo vivo e palpitante nelle carni del proprio pensiero e del proprio cuore. Il resto è veloce illusione o sterco.

Vivi quindi il più intensamente possibile, direi il più veementemente possibile questi mesi preziosi, lascia libero, sfrenato corpo, alle meditazioni, alle idee, che ti pulluleranno e scaturiranno dal misterioso e sconosciuto fondo dell'anima, e solo tieni fermamente e fiduciosamente una riserva: venerazione leale per i tuoi superiori e per i loro principi: perchè il nuovo non può con prudenza giudicare fuori combattimento, sui due piedi, ciò che fu prima di lui e che - se non altro - ha almeno il merito di non averne impedito la nascita, se non ne fu magari il genitore.

Io ho ancora la febbre ma mi pare che il Signore lo si possa amare ugualmente. E non è l'unica cosa da fare? Ti prego di non rispondere puntualmente alle mie lettere: non che non lo desideri, ma mi pare che la puntualità nel rispondere, se diventa una preoccupazione, è cosa che relaziona due estranei, non due amici. Tienti sempre libero: anche di non scrivermi più: io sono così contento di voler bene, "io", e di ricordare "io" gli amici.

Non pretendo nulla. Se non che mi interesso di te. Per forza. E' Lui che fa incontrare e crea le circostanze della vita.

Guardala in faccia la Realtà, Lui: Gesù Signore.

Ti parlo come se ti tenessi la testa appoggiata sulla spalla.

Bisognerebbe che anche tu fossi qui: adesso piango. E' malinconico che dobbiamo "rinunciare" a delle cose che non sono "nulla". Il desiderio è solo di Lui."

(Luigi Giussani - Lettere di fede e di amicizia, ad Angelo Majo, ed. San Paolo)

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amicizia, giussani

domenica, 29 marzo 2009
VOLANTONE  DI  PASQUA
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La redenzione ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche il presente più faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino. La presenza di Cristo non è soltanto una realtà attesa,  ma una vera presenza.
Benedetto XVI

Noi diciamo quello che dovrebbe essere  o quello che non va e non  "si parte dall'affermazione che Cristo ha vinto".  Che  Cristo ha vinto, che Cristo è risorto, significa che il senso della mia vita e del mondo è presente, è già presente, e il tempo è l'operazione profonda e misteriosa del suo manifestarsi.
Luigi Giussani

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benedettoxvi, giussani, cl

giovedì, 26 marzo 2009
 Il sogno e l' ideale
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Il sogno è dato dal fatto che le esigenze del cuore hanno talmente sete di essere esaudite che, dimenticando la grande presenza tendono a darsi, a immaginare la forma che le esaudirà......
-le esigenze del cuore sono esigenze di felicità;
 -senza la fede, questa certezza di felicità non può essere ragionevole, ma acquista la forma, una forma che le da il cuore stesso, prendendo pretesto da qualche presenza che non è ancora la grande Presenza (l'uomo per la donna, il bambino per la madre, i soldi per chi ama i soldi, l'esito politico per chi fa politica) e questo si chiama sogno; il cuore dell'uomo è tentato dal sogno;
-invece, il cuore dell'uomo è fatto per la felicità. Se riconosce la grande Presenza, se vive la certezza nella grande Presenza, capisce che è dalla grande Presenza che può venire la ragione della certezza che i suoi desideri si attuino; perciò domanda con l'aiuto della grande Presenza di raggiungerli così come essa vi ha dato forma eterna: questa forma si chiama ideale. Cioè, la speranza si traduce in desiderio di sogno o  in desiderio ideale.
Luigi Giussani da "Si può vivere così"pag 193  ed.Rizzoli
La Promessa
           
Johnny lavora in fabbrica,
Billy lavora in città,
Terry lavora in una rock’ n’ roll band
in cerca del sound da un milione di dollari.
Io ho trovato un lavoretto giù a Darlington
ma certe sere non ci vado,
certe sere vado al drive-in,
qualche volta resto a casa.

Ho seguito quel sogno
proprio come fanno i ragazzi sullo schermo
e ho guidato una Challenger giù per la Statale 9
tra vie senza uscita e posti malfamati
e quando la promessa è stata infranta,
dei miei sogni ho riscosso le briciole.

Beh, mi ero costruito quella Challenger da solo,
ma avevo bisogno di soldi e così l’ho venduta.
Vivevo con un segreto che avrei dovuto tenere per me,
ma una notte mi sono ubriacato e l’ho rivelato.
Per tutta la vita ho combattuto una battaglia
che nessun uomo può vincere.
Ogni giorno diventa sempre più difficile
far vivere il sogno in cui credo.

Thunder Road,
oh piccola, avevi così ragione...
Thunder Road,
qualcosa muore sull’autostrada stanotte.

Ho vinto una bella somma, una volta, e me la sono spassata,
ma in qualche modo ne ho pagato il duro prezzo.
Dentro mi sentivo come se mi stessi sobbarcando
le anime spezzate di tutti gli sconfitti.
Quando la promessa è infranta continui a vivere
ma qualcosa nel profondo ti è stato rubato;
quando la verità viene rivelata e non fa alcuna differenza,
qualcosa nel tuo cuore si raffredda.
Ho seguito quel sogno
fino alle pianure del sud-ovest
che vanno a morire in locali da due soldi,
e quando la promessa si è spezzata
ero così lontano da casa:
dormivo nel sedile posteriore di una macchina a noleggio

Postato da: giacabi a 08:25 | link | commenti
canti, giussani

mercoledì, 25 marzo 2009
La vita che è in te decide
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“Richard: Anche tu, quand'eri ragazza, eri convinta di sapere più di tuo padre e tua madre, vero? Scommetto che sotto sotto tu lo pensavi, vecchia.
Mamma Henry:
Niente affatto. Pensavo invece che avrei conosciuto più cose, perché i miei erano nati schiavi ed io ero nata libera.
Richard:
E hai conosciuto più cose?
Mamma Henry:
Ho conosciuto quello che dovevo conoscere: aver cura del marito ed allevare i figli nel timor di Dio.
Richard:
Lo sai che non credo in Dio, nonna.
Mamma Henry:
Tu non sai quello che dici. Non è possibile che tu non credi in Dio. Non sei tu a decidere.
Richard:
E chi altro decide?
Mamma Henry: La vita. La vita che è in te decide. Lei sa da dove viene e crede in Dio. “
brano di dialogo di un "blues" di Baldwin
Da: Don Giussani :Il Senso religioso,ed. Rizzoli

Postato da: giacabi a 19:36 | link | commenti
giussani

domenica, 22 marzo 2009
CERTEZZA SUL FUTURO
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 Allora, prima di tutto una definizione.
 Se la fede è riconoscere una Presenza certa, se la fede è riconoscere una Presenza con certezza, la speranza è riconoscere una certezza per il futuro che nasce da questa Presenza.
La fede è riconoscere una Presenza certa, come fu quella di Monsignor Manfredini che, quando è entrato a Bologna, nuovo Arcivescovo, ha incominciato il suo discorso con queste parole: «Cristo qui ed ora. Noi dobbiamo servire Cristo, qui ed ora; Cristo presente qui ed ora». Se la fede è riconoscere una Presenza certa, la speranza è riconoscere con certezza un futuro che nasce da questa fede;
 la fede è riconoscere una Presenza con certezza, su questa certezza nasce la certezza per un futuro.
Riconoscere il contenuto di una Presenza che è incominciata duemila anni fa, riconoscerla presente adesso, come si chiama? Memoria, perciò la speranza ha un nesso radicale con la parola memoria, così che senza memoria non ci può essere speranza.
Speriamo di arrivare all'ottantaquattresimo piano così da battere le altre costruzioni vigenti prima di arrivare ai centodieci piani delle Twins di New York. La speranza di arrivare all'ottantaquattresimo piano è basata sulla certezza degli ottantatre precedenti. Tu puoi sperare di arrivare al centocinquantesimo piano se sei certo di farne centoquarantanove prima. La speranza nasce dal contenuto della fede che è ricordato nella memoria, perciò la speranza nasce dalla memoria, cioè dalla coscienza di una Presenza che comincia nel passato, di un «già fatto» nel passato; perciò la speranza è ciò in cui il passato si compie finalmente.
La certezza del futuro è basata su una cosa presente che riconosci con certezza; la certezza di un presente ti rende certo di un futuro. Per essere certo del futuro, devi essere allora certo di un precedente al futuro, di qualcosa che precede il futuro. La speranza come certezza in una cosa futura poggia su tutto il passato cristiano, poggia su tutta la memoria cristiana, poggia su tutta la certezza di quella Presenza che è incominciata duemila anni fa ed è arrivata fino a te. La certezza della presenza di Cristo è la certezza di una cosa che è incominciata duemila anni fa, perciò non si può far memoria di Cristo come Presenza senza in qualche modo interessarti, meravigliarti, stupirti, vantarti, inorgoglirti, essere contento di tutto ciò che è accaduto in questi duemila anni. La Chiesa che hai davanti adesso, nella quale credi, è la Chiesa che eredita duemila anni di storia.
Luigi Giussani  da :"Si può vivere così?" 

Postato da: giacabi a 09:05 | link | commenti
speranza, giussani

domenica, 15 marzo 2009
Cristo:
Il Signore della storia
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 “Tu sei innamoratissimo della tua ragazza. Ma, dimmi, in ultima analisi, di che cosa è lei fatta? Di qualcos’Altro, come te. Non c’è nulla di più evidente, in questo momento, chiunque tu sia. E chi te l’ha fatta incontrare? Il Signore della storia, Colui che ha in mano tutti i fili del tempo e dello spazio, che è lo stesso di cui, ultimamente, lei è fatta: Cristo. E chi te la manterrà domani? Chi non te la farà scomparire? Lui. Te la fa incontrare Lui, te la rende compagna eterna, per sempre, Lui. Allora, verso Cristo non può non venirti un’onda di tenerezza ancora più grande della tenerezza che hai verso questa ragazza. La realtà, nella sua verità è segno di “qualcosa d’altro”, è segno di Cristo, “consistenza di tutte le cose”. Tutti noi siamo chiamati a investire e vivere secondo la sua verità, cioè come segno di Cristo.”
don Giussani

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