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lunedì 13 febbraio 2012

Guitton


La corrispondenza
***
Io non posso comprendere se non quello che risponde a qualche cosa di me stesso.
(Guitton)

Postato da: giacabi a 15:07 | link | commenti
guitton

lunedì, 04 luglio 2011

Perché è difficile credere?
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Perché c’è una differenza tra credere e vedere. Per esempio questa lampada davanti a noi, io la vedo, sono in rapporto con essa in modo tale che non ho alcun dubbio sulla sua esistenza. Credere è completamente diverso. All’atto semplicissimo di vedere con gli occhi si sostituisce un atto ben più complesso che richiede assai più grande forza morale, intelligenza e virtù, e che si chiama fede. Credere non è vedere, non è sapere, è agire al buio e non nella luce (L’infinito in fondo al cuore).
  Jean Guitton

Postato da: giacabi a 16:38 | link | commenti
fede, guitton

mercoledì, 02 marzo 2011


Il cuore
***
"Nello stesso tempo in cui io raccolgo i concetti e li_dispongo in ordine, c'è in me una facoltà che è come l'occhio del mio occhio, l'orecchio del mio orecchio, lo spirito del mio spirito.
Non so come chiamarla. Indichiamola,se vuoi con una parola vaga, cuore , la facoltà che, mediante i concetti, unisce misteriosamente la realtà intima che è in me con la realtà intima che si cela nelle cose.Questa azione in profondità é la vera conoscenza".


(J. Guitton , L'assurdo e il mistero,Rusconi, Milano I996)

Postato da: giacabi a 20:06 | link | commenti
senso religioso, guitton

martedì, 22 settembre 2009

 Gesù
***
  Goethe afferma. “Gesù rimarrà sempre un  problema per chi pensa”; Pascal dice: Gesù rimarrà sempre un mistero per chi crede”. Esiste dunque il “problema-mistero” di Gesù che si compenetrano.
Io ho esaminato, in logica pura, pensando il pro e il contro, le possibili soluzioni allo scopo di rendere la scelta di ciascuno più lucida e più libera. Ma mentre l’intelligenza sviscera  il problema e pone l’alternativa,il cuore ha già scelto. Pro o contro. Il cuore degli uni si chiude perché è tutto assurdo; il cuore degli altri s’apre, perché tutto è sublime. Io ho risolto favorevolmente. Smetto di esercitare lo spirito critico e medito sulla Persona piena di mistero tratteggiata dai quattro Vangeli
Jean Guitton, l’Evangelo nella mia vita


Postato da: giacabi a 17:20 | link | commenti
gesù, guitton

mercoledì, 03 giugno 2009

  L’amicizia
 ***
«L’amicizia è completa solo quando non è semplicemente una somiglianza che si coltiva, una fiducia che si pratica, ma uno sforzo comune e reciproco per innalzarsi, per purificarsi, per superarsi. Allora, l’amicizia esprime non solo la sua dolcezza ma anche la sua forza, che è necessaria perché arrivi alla sua pienezza. A questa altezza, a questa profondità, l’amicizia non teme alcun attacco; né la lontananza, né il tempo possono alterarla».
Jean Guitton

Postato da: giacabi a 20:31 | link | commenti
amicizia, guitton

domenica, 24 maggio 2009

  Ragionatore e ragionevole
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,
La distinzione dei due aggettivi ragionatore e ragionevole basterebbe a indicarci la divergenza. "Ragionatore" è anche colui che fa uso errato della ragione, e che, o per una debolezza del pensiero, o per una falsa sottigliezza, o  per vendicarsi di una smentita, o per mettere in scacco l'esperienza o l'evidenza, sostituisce alla verità, con il gioco del ragionamento, la parvenza della ragione. AI contrario "ragionevole" designa colui che sottomette la propria ragione all'esperienza, e in particolare chi, nell'ordine della condotta e della morale, non cerca tanto di costruire un sistema per giustificarsi, quanta piuttosto di trovare la misura della verità, proporzionata alla condizione umana.
Si potrebbe dire che il ragionatore è colui che sottomette la ragione al suo desiderio; si può anche dire che nel ragionatore la ragione prende se stessa per fine: ama se più che non ami la verità alla quale pretende però di essere vincolata essenzialmente. E come se civettasse con se stessa.
Nella persona ragionevole, invece, la ragione non si conosce, non ha coscienza di esercitarsi. É completamente presa dalla preoccupazione di rettificarsi: per questo nel "ragionatore" la ragione fa molto uso del ragionamento, mentre nel "ragionevole" il ragionamento è sottomesso a una specie di istinto di realtà che non può sempre fornire le proprie prove, dato che il ragionamento non interviene che come mezzo di esposizione e di controllo.
Jean Guitton
da:L’arte nuova di pensare ed.San Paolo

Postato da: giacabi a 17:37 | link | commenti
ragione, guitton

sabato, 23 maggio 2009

  L’amore
***
Si deve intendere per amore quella tendenza che ci spinge a donarci a un altro diverso da noi, a godere della sua felicità e del suo bene, a immaginare, come dice Descartes, un « tutto di cui noi siamo soltanto una parte mentre la cosa amata ne e l'altra »? O si deve al contrario intendere, come si sarebbe portati a credere leggendo i romanzi d'appendice o vivendo in mezzo alla gente della strada, che amore sia l'inclinazione propria dell'istinto vitale?
E, senza andare sul terreno del sesso, si deve chiamare amore quell'impulso che ci porta a godere degli esseri o, al contrario, quello che ci spinge a sacrificarci per essi?
Gli antichi teologi avevano risposto a questo problema distinguendo due amori, e utilizzando quindi due parole: parole conosciutissime e che hanno finito per passare nell'u-so corrente.
C'e anzitutto l'amore di concupiscenza, cioè l'amore che prende per fine il proprio interesse, che cerca il godimento più che la gioia; e quando si applica non a una cosa ma a una persona, non ama veramente l'altro, ma ama se stesso attraverso la relazione con l'altro. Questa deviazione dell'amore non e mai così percettibile come quando l'essere amato parla ai nostri sensi, e per questo la parola concupiscenza ha finito per designare di preferire l'appetito sregolato dei beni sensibili. Ma questa maniera di amare per se, può ritrovarsi in tutti i generi di attaccamento, e può alterare i più nobili affetti. Cosi, una madre può amare la figlia per le gioie che questa le procura, per la compagnia che le tiene, e perciò si opporrà ad ogni sua sistemazione. La concupiscenza si e insediata nell'amore materno e al posto suo. Un credente può amare Dio per se e non per Iddio, per godere egoisticamente del suo trionfo visibile, per averlo protettore nelle proprie imprese e vendicatore; e se questi beni vengono a mancare, per esempio in tempo di persecuzione o di desolazione interiore, allora cesserà di credere in Dio. Perche amava il bene proprio sotto il nome di Dio.
Amare per benevolenza, diceva Leibniz, è godere della felicità altrui. E quindi fissare il proprio centro nella felicità. di un altro. L'amore, in questo senso, è generosità. É dono. Siamo sul cammino di quella che si chiama carità.
Ma colui che si ama nel primo senso e di quell'amore detto amor proprio, può dire veramente che si ama? E qui il tragico della nostra condizione. L'impulso che ci induce ad appagare noi stessi, se fosse spinto al mondo, ci trascinerebbe alla rovina.
,                                                                                                                                                                            
Jean Guitton
da:L’arte nuova di pensare ed.San Paolo

Postato da: giacabi a 07:20 | link | commenti
guitton

sabato, 03 gennaio 2009

La materia è fatta di vuoto!
***

G.B. -Fermiamoci su un fatto così sconcertante: il paradosso di una moltitudine di elementi che alla fine si risolvono nel vuoto, nell'inafferrabile. Per capire, supponiamo di voler contare tutti gli atomi contenuti in un granello di sale. E supponiamo anche di essere sufficientemente veloci da poterne contare un miliardo al secondo. Malgrado questa notevole prestazione, ci vorrebbero più di cinquanta secoli per effettuare il censimento completo della popolazione di atomi contenuti in questo minuscolo granello di sale. Vediamo un'altra immagine: se ogni atomo del nostro granello di sale fosse grande come la capocchia di uno spillo, l'insieme degli atomi che lo compongono ricoprirebbe tutta l'Europa di uno strato uniforme dello spessore di venti centimetri.   …….
J.B. -Tuttavia, un vuoto immenso regna tra le particelle elementari. Se rappresento il protone di un nucleo d'ossigeno con una capocchia di spillo qui sul tavolo davanti a me, allora l'elettrone che gli gravita intorno descrive una circonferenza che passa dall'Olanda, la Germania e la Spagna. È questa la ragione per cui se tutti gli atomi che compongono il mio corpo dovessero avvicinarsi fino a toccarsi, voi non mi vedreste più. Nessuno d'altra parte potrebbe vedermi a occhio nudo: misurerei solo qualche millesimo di millimetro, come una polvere finissima.
Jean Guitton, Grichka Bogdanov - Igor Bogdanov
da:Dio e la scienza ed. Bompiani


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guitton, scienza - articoli

venerdì, 19 dicembre 2008

Il cristianesimo sia tentato di trascurare l’essenziale
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Io temo che il cristianesimo sia tentato di trascurare l’essenziale, di voltarsi verso il mondo, verso il successo collettivo, verso la quantità e non verso la qualità pura. Ma ricordo ciò che mi diceva Bergson: la qualità è la quantità del domani!
J. Guitton

Postato da: giacabi a 14:43 | link | commenti
guitton

domenica, 23 novembre 2008

Ragionevole
***
Ragionatore è anche colui che fa uso della ragione a torto, e che o per una
debolezza del pensiero o per una falsa sottigliezza, o per vendicarsi di una
smentita, o per mettere in sacco l’esperienza o l’evidenza, sostituisce alla
verità, con il gioco del ragionamento, l’apparenza della ragione.
Al contrario, il ragionevole designa l’essere che sottomette la ragione
all’esperienza, e in particolare colui che, nell’ordine della condotta e della
morale, non cerca affatto di costruirsi un sistema per giustificarsi, quanto
piuttosto di trovare la misura della verità, proporzionata alla condizione
umana.”
Guitton, Arte nuova di pensare, Roma, 1970”

Postato da: giacabi a 08:47 | link | commenti
ragione, guitton

sabato, 08 novembre 2008

Siamo stati creati dal niente
***
Jean Guitton…….. Riavvogendo, immagine dopo immagine, il grande film cosmico, finiremo per scoprire l'istante preciso in cui l'intero universo aveva la misura di una capocchia di spillo. Immagino che sia a questo istante che bisogna far risalire gli inizi della sua storia.
Igor Bogdanov. -Gli astrofisici prendono come punto di partenza i primi miliardesimi di secondo che sono seguiti alla creazione. Eccoci dunque a 10-43 secondi dopo l'esplosione originaria. A questa età incredibilmente piccola, l'intero universo, con tutto quello che conterrà più tardi, le galassie, i pianeti, la Terra con i suoi alberi, i suoi fiori e la famosa chiave, tutto questo è contenuto in una sfera di una piccolezza inimmaginabile: 10-33 centimetri, ossia alcuni miliardi di miliardi di miliardi di volte più piccola del nucleo di un atomo.
Grichka Bogdanov -Tanto per fare un paragone, il diametro del nucleo di un atomo e "soltanto" di 10-13 centimetri.
Igor Bogdanov -La densitò e il calore di questo universo originario raggiungono grandezze che la mente umana non può cogliere: una temperatura folle di 1032 gradi cioè uno seguito da 32 zeri Siamo qui di fronte al "muro della temperatura", una frontiera di calore estremo al di la della quale la fisica che conosciamo crolla. A questa temperatura, l'energia dell'universo nascente e mostruosa; quanto alia "materia" -se e possibile dare un senso a questa parola -essa e costituita da un "brodo" di particelle primitive, lontane antenate dei quark, che interagiscono continuamente tra loro. Non c'e ancora differenza alcuna tra queste particelle primarie che interagiscono tutte nella stesso modo: in questo stadia le quattro interazioni fondamentali (gravitazione, forza elettromagnetica, forza forte e forza debole) so no ancora indifferenziate, confuse in una sola forza universale.
Grichka Bogdanov -Tutto cio in un universo che è molti miliardi di volte più piccolo della capocchia di uno spillo.

Jean Guitton,Grichka Bogdanov-Igor Bogdanov Dio e la scienza ed. Bompiani

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guitton

mercoledì, 24 settembre 2008

L’amicizia
 ***
 «L’amicizia è completa solo quando non è semplicemente una somiglianza che si coltiva, una fiducia che si pratica, ma uno sforzo comune e reciproco per innalzarsi, per purificarsi, per superarsi. Allora, l’amicizia esprime non solo la sua dolcezza ma anche la sua forza, che è necessaria perché arrivi alla sua pienezza. A questa altezza, a questa profondità, l’amicizia non teme alcun attacco; né la lontananza, né il tempo possono alterarla».
Jean Guitton


Postato da: giacabi a 19:49 | link | commenti
amicizia, guitton

mercoledì, 10 settembre 2008

La felicità
***
 "Non confondo il sogno e la felicità. La felicità è nel cuore! Tocca a ciascun rispondervi nel segreto della sua vita".
Jean Guitton.





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felicità, guitton

venerdì, 20 giugno 2008

L’educazione
***
Bisogna insegnare agli adolescenti l'arte di ammirare: in ciò consiste, a mio parere, uno dei segreti dell'educazione.
Jean Guitton


Postato da: giacabi a 18:13 | link | commenti
educazione, stupore, guitton

sabato, 03 maggio 2008

Insegnami ad usare bene il tempo 
***
Dio mio,
insegnami ad usare bene il tempo che tu mi dai
e ad impiegarlo bene, senza sciuparne.

Insegnami a prevedere senza tormentarmi,
insegnami a trarre profitto dagli errori passati,
senza lasciarmi prendere dagli scrupoli.


Insegnami ad immaginare l'avvenire
senza disperarmi che non possa essere
quale io l'immagino
.

Insegnami a piangere sulle mie colpe
senza cadere nell'inquietudine.


Insegnami ad agire senza fretta,
e ad affrettarmi senza precipitazione.


Insegnami ad unire la fretta alla lentezza,
la serenità al fervore, lo zelo alla pace.

Aiutami quando comincio,
perché è proprio allora che io sono debole.

Veglia sulla mia attenzione quando lavoro,
e soprattutto riempi Tu i vuoti delle mie opere.

Fa' che io ami il tempo       
che tanto assomiglia alla Tua grazia
perchè esso porta tutte le opere alla loro fine
e alla loro perfezione

senza che noi abbiamo l'impressione
di parteciparvi in qualche modo
.
Jean Guitton                                  a M.

Postato da: giacabi a 14:05 | link | commenti
guitton

domenica, 09 dicembre 2007

Gesù
***

«C'è ai giorni nostri un essere, una idea, una esistenza,
che sia veramente capace di permettere agli uomini di unificarsi, di progredire, qualunque sia il loro livello, di riparare in un istante le loro perdite? Mi pare che la storia di Gesù, illuminata da quella delle epoche che l'hanno preceduta e dei venti secoli che l'hanno seguita, permettadi rispondere a questa interrogazione. Perché noi abbiamo fatto quasi tutte le esperienze, abbiamo esaurito tutte le negazioni: e non c'è altro nome che possa essere pronunziato per dare all'uomo del secoloXX la speranza e la gioia».
Jean Guitton

Postato da: giacabi a 18:42 | link | commenti
gesù, guitton

domenica, 02 dicembre 2007

Cristo speranza e gioia dell’uomo
***
 :
 «C'è ai giorni nostri un essere, una idea, una esistenza, che sia veramente capace di permettere agli uomini di unificarsi, di progredire, qualunque sia il loro livello, di riparare in un istante le loro perdite? Mi pare che la storia di Gesù, illuminata da quella delle epoche che l'hanno preceduta e dei venti secoli che l'hanno seguita, permetta di rispondere a questa interrogazione. Perché noi abbiamo fatto
quasi tutte le esperienze, abbiamo esaurito tutte le negazioni: e non c'è altro nome che possa essere pronunziato per dare all'uomo del secolo XX la speranza e la gioia».
J. GUITTON, Gesù, Marietti, Torino 1964, p. 30


                                                    

Postato da: giacabi a 20:03 | link | commenti
gesù, guitton


Dio: è un problema della ragione
***
 «L'errore moderno, consiste
nel credere che questo "problema di Dio" riguardi la sola fede, il sentimento
o la scommessa. In realtà è un problema proposto alla ragione»

Jean Guitton

 

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dio, guitton

mercoledì, 10 ottobre 2007

Ragionevole
***
«”Ragionevole”designa colui che sottomette la propria ragione all’esperienza»
JEAN GUITTON  


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ragione, esperienza, guitton

martedì, 17 aprile 2007

Intervista a Jean Guitton
La fede
di Marino Parodi
***
Questo lungo colloquio con Jean Guitton si è svolto nella sua abitazione, un appartamento modesto sia come dimensioni che come arredamento, nel bellissimo quartiere parigino dell'Opera. Un contrasto, la splendida modestia del luogo, che rispecchiava la personalità di uno dei maggiori filosofi del Novecento: un intellettuale che non aveva nulla da spartire con la maggioranza dei suoi colleghi, oggi tanto alla moda, così attenti a far mostra di sé e dei loro talenti. Pochi mesi prima della sua morte, al tempo di questo colloquio, Guitton appariva minuto, gentilissimo e vivacissimo nonostante i suoi novantasette anni; la sua voce un po' malferma non gli impediva di esprimere le sue doti di gran conversatore. Il 21 marzo del 1999, la sua avventura terrena si è conclusa all'ospedale parigino di Val de Grâce, in tutta serenità. Quanti gli sono stati vicini nel momento del grande passaggio, dichiarano che non ha mostrato il benché minimo timore. «Interprete del pensiero cattolico con spirito ecumenico» (partecipò, come laico, al Concilio Vaticano II), è stato l'ultimo dei rinascimentali, capace di navigare con grande naturalezza nei mari più disparati: filosofia, teologia, psicologia, letteratura e scienze. Il suo modo di stare nel mondo, quel suo dialogare a volte prolisso con tutti e su tutto, gli era servito a dimostrare i limiti della nostra coscienza e l'onnipotenza di Dio. Volendo schematicamente riassumere la chiave di volta del suo pensiero, possiamo dire che essa consiste nel tentativo di penetrare il mistero che permea l'esistenza umana, il mistero del cosmo. Alla luce di una fede cristiana tanto viva quanto problematica, salda finché si vuole ma determinata a rendere ragione di se stessa.

Professor Guitton, poiché la fede cristiana e cattolica, e più precisamente il rapporto tra questa e la ragione, costituisce la chiave di volta della sua opera, vuole dirci qual è l'impressione di fondo che le fa la Chiesa alla vigilia del Terzo millennio?
L'intera cultura occidentale è basata sul cristianesimo e l'Occidente vive oggi una profonda crisi, a tutti i livelli. Inevitabile, dunque, che di tale crisi risenta pure la Chiesa cattolica. La quale si trova appunto ad affrontare la crisi più grave della sua storia, pur tenendo presente che qualsiasi Concilio è sempre stato seguito da un certo periodo di assestamento. La Chiesa ha ricevuto il dono straordinario della verità, malgrado colpe, infedeltà ed errori accumulati nel corso dei secoli, col compito di rivelarla all'uomo. Chi altri, infatti, può insegnare la verità affidatale da Gesù Cristo? Perché Giovanni Paolo II è e resta l'uomo più popolare del mondo, malgrado la secolarizzazione dilagante? La ragione sta proprio nel fascino della verità, che egli incarna. Va tenuto presente che il Papa si rivolge a tre categorie di persone, sparse lungo l'intero globo: gli uomini di buona volontà che non si riconoscono nel cristianesimo, i cristiani di tutte le confessioni e, ovviamente, i cattolici. Il Papa costituisce un caso - unico nella storia - di uomo capace di parlare a tutta l'umanità.

Il suo pensiero ha anticipato il Concilio, nel quale lei, unico laico, fu invitato a prendere la parola. Tuttavia non è mai stato tenero verso le deviazioni postconciliari. Qual è stata secondo lei la più grave?
Premesso che credo fermamente nell'opportunità di un Concilio Vaticano III, che affronti importanti problemi tuttora insoluti (quali il pluralismo teologico, l'ordinazione delle donne, le varie differenze liturgiche), ritengo che la deviazione maggiore consista nell'aver privilegiato la prospettiva orizzontale, ovvero il rapporto uomo-uomo, rispetto a quella verticale, ovvero il rapporto uomo-Dio. Da decenni non si parla che dell'uomo, dei diritti dell'uomo e così via. E i doveri? E Dio? Anche la Chiesa postconciliare è stata troppo accondiscendente rispetto a questo andazzo.

Tuttavia, è dall'epoca di Costantino che la Chiesa pare trascinarsi dietro un grande equivoco: Gesù Cristo ha detto «il mio Regno non è di questo mondo», lasciando così chiaramente intendere che la dimensione politica, quella del potere temporale non lo interessava, eppure la Chiesa non si è certo disinteressata di questa sfera...
Effettivamente, non si può fare a meno di constatare obiettivamente che troppo spesso la Chiesa ha ceduto alla tentazione di esercitare un vero e proprio potere politico, il che non rientrava nelle intenzioni di Cristo. È una realtà difficile da ammettersi per me che, in quanto cattolico, sono portato a difendere la Chiesa, ma è una realtà.

E pensare che l'evangelico rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio voleva indicare una netta distinzione tra la sfera divina e spirituale e quella terrena, umana.
Certamente: in fondo con ciò il cristianesimo ha fondato la laicità moderna, ovvero la separazione tra le due sfere. Rendendo così un immenso servigio all'umanità, chiarendo una volta per tutte quella situazione confusa che fino ad allora regnava nei rapporti tra religione e politica. Ciò, si noti, nonostante la Chiesa stessa spesso non abbia tenuto fede a questi principi. Si noti ancora che la violazione di questo principio porta sistematicamente alla guerra. Ora, ogni progresso storico, se lo vogliamo duraturo, deve fare ritorno a questo principio fondatore della civiltà occidentale e cristiana. Seguire il più possibile il messaggio di Cristo: ecco il vero messaggio del progresso.

Resta tuttavia una domanda d'importanza tutt'altro che secondaria; a quale livello deve giocarsi l'impegno della Chiesa, l'evangelizzazione oggi?
Penso che questo impegno debba giocarsi a tutti i livelli, che la Chiesa debba nuotare in tutte le correnti, seguendo il corso della corrente o andando contro corrente a seconda dei casi, per testimoniare lo spirituale e al tempo stesso influenzare il temporale. La Chiesa deve insomma impegnarsi in tutti i campi: proprio in ciò consiste l'eroismo della sua missione. La Chiesa deve, in definitiva, saldare cieli e terra. Universale vuol dire proprio questo in fondo.

Il discorso sull'impegno spirituale e temporale della Chiesa ci porta ad affrontare un problema da lei studiato a fondo: ovvero il significato del passo del Vangelo di Matteo in cui Gesù afferma rivolto a Pietro: «Ciò che legherai sulla terra sarà legato anche in Cielo e ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto anche in Cielo». Qual è l'autentico significato da attribuire a queste parole a suo avviso?
Effettivamente si tratta di un passo sul quale ho riflettuto a lungo e a fondo anche in considerazione del fatto che la sua interpretazione è da sempre al centro di accese discussioni tra cattolici e protestanti. Si tratta di chiarire se il discorso di Gesù si riferisca soltanto alla prima generazione cristiana o se invece si estenda ai cristiani di ogni epoca. I protestanti scelgono la prima ipotesi, i cattolici la seconda. Ora, a mio avviso, seppure a malincuore, poiché sono pur sempre un cattolico, devo riconoscere che, obiettivamente, in questo caso hanno ragione i protestanti.

Per restare ancora su problemi d'interpretazione del Vangelo, qual è a suo avviso il giusto significato da attribuire all'episodio di Marta e Maria?
Com'è noto, si tratta di un punto-chiave, sul quale i Vangeli tornano spesso, ovvero la differenza tra vita attiva e vita contemplativa. Gesù fa notare a Marta che essa si perde in tante faccende inutili, mentre sua sorella Maria ha scelto la parte migliore, cioè la contemplazione. Ciò dimostra, e mi pare il punto essenziale, che Gesù indica nella contemplazione il piano che permette di accedere al cuore di Dio. Distinguendo due concezioni diverse di amore, Gesù traccia quindi una differenza gerarchica tra azione e contemplazione. L'azione in se stessa non vale a nulla. Al di là del capitolo-chiave della mistica cristiana, qui abbozzato da Gesù, egli delinea una concezione assolutamente altruista dell'azione. Azione che è buona, in quanto fa bene a colui che dà come a colui che riceve. Agire equivale quindi ad amare, in quanto ogni azione rivolta unicamente verso se stessa non serve a nulla. La fede resta comunque al di là delle opere, l'azione è per Gesù uno spiraglio che si apre sulla vita contemplativa.

Lei ha appena accennato alla mistica, punto sul quale torneremo ancora. Già adesso vorrei comunque soffermarmi brevemente sul punto, citando quanto lei ha recentemente scritto in Ultima Verba: «Ho potuto assistere al Concilio per l'intera durata. Bene, posso obiettivamente affermare di non avere mai assistito all'approfondimento di un solo problema autenticamente religioso, nel senso mistico del termine». Vuol chiarire il suo pensiero al riguardo?
Confermo questo pensiero: trascurando la mistica, ovvero il filo diretto del divino, la Chiesa è venuta meno a una della missioni fondamentali, quella di far incontrare l'uomo a Dio, appunto. La mistica è inoltre un'insostituibile espressione del bello. Essa è inseparabile dalla religione e svolge una funzione insostituibile. La storia della Chiesa di ieri, pensiamo soltanto a San Francesco, esattamente come quella di oggi, basterà citare Madre Teresa e Suor Emmanuelle, è ricca di personaggi che sono, appunto, al tempo stesso monumenti di amore verso il prossimo e grandi mistici. Allontanandosi dalla mistica, la Chiesa ha inevitabilmente perduto la propria identità.

Osservavamo prima che le catastrofiche previsioni che volevano la sparizione della religione sono state clamorosamente smentite, tuttavia il mondo occidentale sembra lontano anni luce dalla prospettiva cattolica della certezza della verità.
Riconosco che tra la posizione autenticamente cattolica, secondo la quale il dono della fede coincide col trovarsi in sintonia con la verità, rispetto alla quale tutte le altre non rappresentano che frammenti, da un lato; e il relativismo oggi imperante, dall'altro, vi è un contrasto abissale. Del resto, non mancano cattolici disposti ad adattare tale posizione assoluta al relativismo di moda, rendendo così possibili vie di mezzo. A questi credenti così concilianti vorrei peraltro far notare che quasi tutti i filosofi non cristiani, come i solisti greci, o non pienamente cristiani, come Benedetto Croce, sarebbero stati ben felici di incontrare la verità cristiana nella sua pienezza.

Verità che per lei, a livello assoluto, si incontra solo nella Chiesa cattolica: al di là delle sue aperture, in questo senso Jean Guitton è un «intelligentista». Tuttavia è proprio la Chiesa cattolica ad aver imboccato, sin dai tempi del Concilio e in termini sempre più decisi, la strada dell'ecumenismo... Nessuna contraddizione tra ecumenismo e integralismo?
No, perché l'ecumenismo presuppone il dialogo tra la nostra Chiesa da un lato e i non cattolici dall'altro. Ora, se i non cattolici fossero già convertiti, non vi sarebbero più differenze e non vi sarebbe nemmeno più bisogno di dialogo. Posso affermarlo con piena consapevolezza in quanto io sono sempre stato orientato verso l'ecumenismo, già in anni in cui la Chiesa ne era ben lontana. Ho sempre ammirato sia ortodossi che protestanti e tra gli uni come tra gli altri ho sempre contato numerosi amici.

Infatti lei è arrivato a scrivere che, dopo aver trascorso anni e anni della sua vita a cercare di convertire i protestanti, oggi si chiede se non siano stati loro a convertire lei.
Già. Comunque, non bisogna confondere integralismo con intolleranza: la fede cattolica è un dono che non presuppone alcun merito.

Lei ha conosciuto bene e da vicino tutti i Papi che si sono avvicendati sul trono di Pietro, a partire da Pio XII. È risaputo che Jean Guitton è stato il maggior amico di Paolo VI...
Papa Montini mi diceva spesso che io lo conoscevo meglio di suo fratello. La nostra amicizia è durata ventisette anni e io andavo spesso a trovarlo, specialmente a Castelgandolfo. A mio parere, Paolo VI è stato il più grande Papa del Novecento nonché uno dei più grandi dell'intera cristianità, benché ciascun Papa sia grande a modo suo e benché ciascun Papa del Novecento sia stato così sui generis da non potersi paragonare a nessun altro. La grandezza maggiore di Paolo VI consiste a mio avviso nella sua santità.

Un Papa mistico per usare la sua terminologia. Sicché lei suddivide i Papi in mistici o più portati all'azione. Giovanni Paolo II è invece un Papa politico, secondo lei.
Sì, abbiamo visto tutti il ruolo determinante da lui giocato nei cambiamenti che si sono succeduti negli ultimi due decenni nello scenario mondiale, primo tra tutti la caduta del comunismo. Consideriamo inoltre lo slancio da lui impresso alla nuova evangelizzazione da lui voluta, nella quale egli si coinvolge sino in fondo in prima persona, viaggiando senza sosta in ogni angolo del globo. Trovo che, forse, la grandezza maggiore di questo Papa consista nel suo sforzo per portare il più possibile Cristo nel quotidiano, nella vita di ogni uomo. È ciò che fa, per esempio, parlando apertamente della sua salute o della sua vacanza, come un uomo qualsiasi.

Lei ha detto e scritto più di una volta di concordare in pieno con la famosa affermazione di André Malraux, secondo la quale il mondo del domani o sarà cattolico o non sarà. Ciò significa che Jean Guitton è ottimista circa il futuro del cristianesimo e della Chiesa?
Penso che alla fine la Chiesa trionferà, ma dovrà essere capace di presentare la fede come Dio comanda. Comunque, qui in Francia, come un po' in tutto l'Occidente, non manca qualche segnale positivo, sintomatico di un certo ritorno alla fede che parrebbe già iniziato: pensiamo alla riscoperta dei pellegrinaggi, al successo dei movimenti carismatici, per esempio.

Come si arriverà al trionfo della fede?
Secondo la mia intuizione, si verificherà qualcosa di catastrofico, unico nella storia dell'umanità. Si tratterà di una teofania, ovvero di una manifestazione del divino, quale mai più si è verificata dopo la venuta di Cristo. Ciò corrisponde a quanto lascia intravedere il lunghissimo e bimillenario fil rouge delle profezie che parte dall'Apocalisse e arriva sino ai giorni nostri. In questo contesto il posto fondamentale spetta a Fatima. Lì, nel 1917, la Madonna disse ai pastorelli: «Alla fine la Russia si convertirà... il Mio Cuore Immacolato trionferà». Lucia, l'anziana veggente di Fatima tuttora vivente, ha ripetuto queste parole per ben settant'anni e nessuno le credeva. Ora, tutti sanno che, in anni recenti, il comunismo è crollato repentinamente e la Russia sta massicciamente tornando alla fede. È appunto la fede che mi dà la certezza della vittoria finale del cristianesimo e della Chiesa, tuttavia i recentissimi e clamorosi eventi storici che ho appena citato dimostrano inequivocabilmente quanto ciò in cui credo sia legato all'esperienza concreta. Mi piace inoltre ricordare un episodio, verificatosi nel contesto di Fatima, che si presenta chiaramente come un'anticipazione della grandiosa manifestazione del divino che ci attende: il miracolo del sole, il quale, appunto nel corso dell'ultima apparizione di Fatima, davanti a centinaia di migliaia di persone, si mise a nuotare in cielo, tingendosi di svariati colori. Il prodigio fu constatato da parecchi scienziati e divenne fonte di numerose disquisizioni. Ciò detto, chiedersi come, dove e quando si manifesterà il divino significa chiedere troppo. Aggiungo inoltre che il «trionfo» della fede non è, a mio avviso, da intendersi in senso quantitativo, bensì qualitativo. Il Vangelo si domanda, infatti: «Quando il Figlio dell'uomo tornerà sulla terra, troverà ancora la fede?». Io penso che arriverà un giorno in cui tutto il mondo sarà evangelizzato. Noi occidentali pensiamo troppo all'Occidente, come se non esistesse altro. In fondo, l'evangelizzazione dell'Estremo Oriente è appena cominciata e quella dell'Africa sta procedendo a ritmi serrati.

Lei ha scritto più di una volta che, se è vero che la religione è arretrata in questo secolo - il dilagare della secolarizzazione nel mondo occidentale è sotto gli occhi di tutti - la religiosità ha dimostrato, negli ultimi decenni di questo secolo, di essere in continua crescita...
Sì, l'umanità del Duemila anela al divino, alla certezza della vita dopo la morte, al senso religioso dell'esistenza. Tutto ciò mi pare costituire un ottimo terreno per la nuova evangelizzazione.

Che pensa invece dell'avanzata dell'Islam?
Premesso che nutro la massima ammirazione nei confronti dei musulmani, per la profondità della loro fede e la loro capacità di affidarsi a Dio, non possiamo nasconderci che l'integralismo islamico costituisca un problema serio, proprio perché in questo caso ci troviamo di fronte all'intolleranza teorizzata e praticata. Nel secolo che bussa alle porte, la Chiesa si troverà ad affrontare la grande responsabilità di confrontarsi con l'integralismo musulmano. L'unica risposta che possiamo dare in quanto cristiani è quella di un'adesione totale alla propria fede, in uno spirito di amore radicale, di rifiuto totale di ogni forma di violenza, non esclusa la disponibilità al martirio se necessario, proprio come i cristiani dei primi secoli.

La Chiesa deve confrontarsi con un altro problema non da poco: il contrasto tra una morale percepita come sempre più rigida (anche da molti cattolici praticanti) e una morale corrente a dir poco elastica.
Io sono dell'idea che, benché non si possa certo liquidare un problema del genere con una formuletta qualsiasi, una via d'uscita esiste comunque, in prospettiva, benché tutt'altro che facile. Si tratta di conciliare la pastorale della coerenza, rispetto alla morale cristiana, con quella del soccorso. Per esempio, per quanto riguarda il problema dei divorziati risposati. Da un lato, la Chiesa non può avallare il divorzio, poiché contraddirebbe l'insegnamento di Gesù Cristo. D'altra parte, cacciando i fedeli che si trovano in tale situazione o facendoli sentire credenti di serie B, si finisce con l'allontanarli dalla Chiesa. Se invece, la Chiesa mantiene fermo il principio dell'indissolubilità del matrimonio e nello stesso tempo accoglie i fedeli divorziati e risposati nella massima misericordia, ecco che non verranno meno né l'amore per il prossimo né la fedeltà all'insegnamento di Cristo.

Torniamo al fatto che l'interesse per la spiritualità si va sempre più diffondendo. Lei ha osservato in più di un suo libro che la società postindustriale - come avevano previsto due grandi della spiritualità e del pensiero contemporaneo, per lei particolarmente significativi: Bergson e Teilhard de Chardin - crea nuovi spazi per la spiritualità...
Sì: per esempio, grazie al tempo libero e al lavoro a domicilio permessi dai progressi della tecnologia. Perché tali spazi non dovrebbero essere destinati anche alla meditazione e alla preghiera, per esempio?

Anche di preghiera, infatti, si avverte una grande esigenza. Oggi la gente sembra riscoprire un po' ovunque il contatto e il colloquio con Dio. Su quale aspetto della preghiera sarebbe a suo avviso particolarmente necessario concentrarsi?
È la preghiera in quanto contemplazione, in quanto adorazione, a dover esser riscoperta. Oggi soprattutto i giovani vedono la preghiera come domanda, e sin qui tutto bene; ma la preghiera è, non meno di questo, gioia di stare a tu per tu con Dio. La preghiera più elevata è la preghiera di glorificazione di Dio.

Lei trova comunque che ci sia stata un'evoluzione per quanto riguarda la preghiera, nel corso del secolo?
Certamente, soprattutto nei cristiani maggiormente consapevoli la preghiera si è fatta più personale, mentre la preghiera automatica, di un tempo, ha perso ovunque terreno. Si tratta ora di coinvolgere i giovani in questo rinnovamento, tenendo presente quanto dicevamo prima a proposito dell'adorazione. Senza mai dimenticare che la preghiera, come tutte le realtà spirituali, per diventare contagiosa deve attirare per il suo fascino. Guai a farne un'imposizione.

Qual è stata, per lei che ne ha conosciute tante, la figura più significativa del cristianesimo nel Ventesimo secolo?
Rispondo senza esitazione: padre Charles de Foucauld.

Nel suo recente libro Ultima Verba lei scrive che da ben novant'anni non ha smesso di riflettere sul problema di che cosa sia la natura. Da qualche tempo anche in Occidente si fa strada l'idea, già nota alla filosofia greca ma per lo più di marca orientale, dell'identificazione tra Dio e la natura. Lei che cosa pensa di questo orientamento, lo considera panteismo?
Si tratta di una questione d'importanza primaria. In definitiva, ogni problematica filosofica ruota intorno alla domanda se Dio sia distinto rispetto alla natura o meno. Come tutti sanno, il cristianesimo è per la distinzione: l'universo è una realtà distinta rispetto al suo creatore, cioè Dio. Si osservi che tale soluzione lascia per forza di cose una libertà assai maggiore all'uomo, in quanto gli resta un certo spazio per scegliere il proprio destino, sia pure entro certo limiti. Il panteismo approda inoltre a un esito singolare, quello di svuotare la preghiera di significato. Se siamo tutti Dio, che senso ha infatti pregare se stessi? Io credo invece che Dio sia proprio colui che pone in comunicazione l'uomo e la natura. Anzi, mi piace ravvisare nella natura proprio il dito che mostra Dio all'uomo, lungi dall'imporlo. In tal senso potremmo quasi dire che è la natura a fare l'uomo. Devo aggiungere che, più vado avanti negli anni e meglio comprendo il buddismo, pur non essendone un seguace. Esso riesce a integrare meglio l'uomo rispetto al suo ambiente naturale. Noi abbiamo capito ben poco della natura da questo punto di vista; l'abbiamo trattata alla stregua di una cosa e non di un principio vitale: un dono di Dio, e quindi come tale da rispettare.

Qual è la sua opinione a proposito dei movimenti ecologisti?
Penso che l'ecologia abbia senz'altro la sua ragione d'essere, al pari di tutti i movimenti che nascono in difesa di qualcosa. Non dimentichiamo inoltre che l'ecologia è nata come studio dei rapporti tra l'uomo e il suo ambiente. Per cui è assolutamente normale che, a seconda dell'uso o abuso della natura da parte dell'uomo, sorgano problemi. Ciò detto, aggiungerei che le scelte dei partiti ecologisti più di una volta si rivelano discutibili, principalmente per il fatto che nemmeno tali partiti si sono rivelati alieni da collusioni con gruppi di potere. Comunque, sono convinto che i problemi legati all'ecologia ricopriranno un ruolo di primo piano nel secolo-millennio ormai alle porte.

Come vede il problema ecologico, il problema del rapporto tra uomo e natura, alla luce del Vangelo?
Nella visione cristiana, il problema della natura pare abbastanza chiaro, i Vangeli sono innanzitutto la natura di un uomo. Essi raccontano infatti la storia di un essere, naturale, soprannaturale o miracoloso che sia poco importa, il quale interagisce con le forze della natura raggiungendo effetti assolutamente straordinari. Un uomo che cammina sulle acque, compie miracoli a tutto spiano, rende la vista ai ciechi, fa camminare i paralitici, resuscita i morti e, miracolo dei miracoli, resuscita se stesso a tre giorni dalla propria morte. Gesù sembra insomma letteralmente farsi beffa delle leggi di natura. Ora, i Vangeli insegnano appunto che è la morte carnale a segnare il punto di rottura tra l'uomo e la natura. Punto di rottura pienamente saldato e riconciliato da Gesù Cristo.

Ma torniamo al buddismo... Vuole?
Come accennavo, io mi sono dedicato allo studio sia del buddismo in sé, sia dei rapporti tra questa grande cultura e il cristianesimo. Mi pare di poter ravvisare una differenza di fondo tra il cristianesimo e il buddismo: il buddismo è una religione della terra, in cui tutto si concentra attorno a ciò che è possibile toccare con mano, mentre il cristianesimo è una religione del cielo, dove tutto si concentra sull'impercettibile, sull'immateriale, su ciò che non si tocca con mano. Il cristianesimo è insomma la religione dell'inaccessibile mentre per i buddisti, proprio in quanto uomo e natura sono un tutt'uno, la vita è molto più visibile, quindi più semplice.

Alcuni sintetizzano così la differenza di fondo tra la visione occidentale della vita e quella orientale: l'Occidente si chiede che cos'è la vita, l'Oriente invece, come vivere bene. Lei che ne pensa?
Certo tra Oriente e Occidente c'è una differenza abissale sul piano della concezione della vita. L'Occidente ha in fondo una vaga idea dell'esistenza di qualcosa al di fuori dell'uomo, mentre per l'Oriente, specialmente quello buddista, l'umanità si riassume in se stessa. Se vogliamo, l'atteggiamento orientale davanti alla vita è più pratico, quello occidentale più teorico.

Qual è stato per lei il momento più felice della sua vita.
I tempi del Concilio: tutto quel fermento, unitamente all'amicizia dimostratami da Paolo VI, mi riempirono di gioia.

Qual è l'impressione che le fa il mondo in cui si ritrova a vivere adesso?
È mia convinzione che siamo ormai giunti a un momento realmente cruciale della storia dell'umanità e tutto ciò al termine di un secolo diversissimo rispetto a tutti quelli che l'hanno preceduto. Un secolo continuamente soggetto a mutamenti così rapidi da rendere spesso ardito decifrarne la portata e il senso. Ora, la comprensione dell'attuale momento storico è resa ardua proprio dall'impossibilità di paragoni con la realtà che ci è nota. Penso che si possa considerare il secolo che sta per chiudersi, al tempo stesso come il trionfo del bene - pensiamo all'ampliamento della conoscenza, agli enormi progressi scientifici - e del male - ovvero al pessimo uso che di ciò si può fare: bombe atomiche, guerre di dimensioni mondiali. Tutto questo progresso finirà col porre l'umanità del Ventunesimo secolo dinanzi a un drammatico bivio: ne scaturiranno enormi spazi di libertà oppure la distruzione del mondo.

Come vede il futuro dell'Europa?
Mi pare di avere una visione relativamente chiara del nostro continente, che si estende da Brest a Vladivostok. Non si può parlare del futuro dell'Europa senza partire dai suoi fondamenti, ovvero dal cristianesimo. L'Europa è infatti nata con il cristianesimo. L'una è impensabile senza l'altro. Bisogna mettersi in testa una volta per tutte che l'Europa non avrà alcun futuro se prima di tutto non recupererà le sue origini. Pensiamo soltanto alla storia dell'arte, espressione indispensabile e diretta della forza di una cultura: che cosa sarebbe l'arte europea senza il cristianesimo? Scienza e tecnica sono importanti quanto si vuole, ma qualunque progresso al di fuori del solco originario è impensabile per l'Europa.

Nel suo saggio Le siècle qui s'annonce lei scrive: «La cultura generale, la quale nei secoli precedenti era stata il collante della nostra formazione, è stata abolita e ciò è drammatico...».
Sì, poiché in tutti i campi oggi s'impone una specializzazione spietata, col risultato che ciascuno finisce col coltivare il proprio orticello senza occuparsi di altro. Per cui, come dicevo, nel nuovo millennio ci troveremo per forza di cose di fronte a una drammatica alternativa: o assisteremo alla fine della civiltà, oppure recupereremo l'antica cultura.

Tuttavia non manca una potente arma contro la barbarie non è vero?
Certo che non manca: la fede cattolica, la quale è fede radicata nella persona umana, in Dio considerato appunto come persona: tutto ciò è incompatibile con la barbarie, la quale è invece delirio.

Torniamo per un momento alla crisi nella quale si dibatte l'Occidente. Crisi della Chiesa, come dicevamo, ma anche, come lei ha osservato in vari suoi scritti, della famiglia, delle istituzioni, della cultura. Qual è la via d'uscita che suggerisce?
Siamo bombardati dall'esteriorità: questo è il grave problema. Pensiamo soltanto alla dittatura della televisione e al culto dell'immagine, tanto per portare due esempi clamorosi. Penso che la via d'uscita consista quindi nel ritorno all'interiorità, dalla quale non può che scaturire la riscoperta della fede cristiana.

Lei accennava prima a un evento catastrofico, destinato a prodursi nel mondo prima della nuova teofania. Vorrei riallacciare il discorso a quanto lei afferma nel libro che ha scritto a quattro mani assieme a Francesca Pini, L'infinito in fondo al cuore (Mondadori): «Io credo che il Ventunesimo secolo sarà tragico in quanto l'umanità sarà obbligata a scegliere tra il bene assoluto (Dio e il cristianesimo) e il male (la bomba atomica, il nulla)... ».
L'umanità si trova attualmente a confrontarsi drammaticamente con pericoli enormi: terrorismo, bomba atomica, squilibri ecologici. E non mancano segnali che fanno temere addirittura la sparizione del genere umano. È insomma evidente che l'umanità si trova oggi a essere più minacciata di quanto sia mai stata in qualsiasi epoca precedente... Ieri, esisteva un fenomeno chiamato progresso, i singoli uomini cioè morivano, ma ciascuno trasmetteva a coloro che restavano la speranza del domani, alimentando così una fiamma che pareva non meno mortale dell'uomo singolo. Tuttavia dobbiamo sempre tenere presente che siamo vicini alla fine di un tempo e non già alla fine dei tempi. Tutto continuerà e ricomincerà sino al giorno in cui Dio si manifesterà ancora una volta, per porre fine a questo episodio che si chiama storia umana su questa terra per ricominciarla altrove.

Par di capire che lei crede alla vita su altri pianeti. È così?
Proprio così. Non vedo perché Dio avrebbe dovuto limitare il dono della vita intelligente a uno solo delle migliaia e migliaia di pianeti da lui creati. Io credo che la gioventù di oggi non abbia che una pallida idea dell'amore vero. Si tratta di un mistero da riscoprire e spero che, forse attorno al 2020, i miei libri aiuteranno i giovani a riscoprire questo mistero.

Poco fa parlavamo dei pericoli che minacciano l'umanità di oggi. Malgrado gli orrori di questo secolo (due guerre mondiali, campi di concentramento, gulag) l'umanità non sembra aver ancora imparato la lezione, e al filosofo non resta che riproporsi l'eterno problema del male. In quanto filosofo cristiano, Jean Guitton sa che tutto, anche il male, trova un suo senso nel disegno divino. È per esempio il caso della tragedia comunista.
In effetti penso che, guardando alla realtà dalla prospettiva divina, è stato in fin dei conti positivo che l'umanità abbia fatto esperienza di un regime ateo. Essa aveva già vissuto nei secoli passati l'esperienza di uno Stato cristiano e cattolico, pensiamo al regno di Francia e al Sacro Romano Impero. Ma il regime ateo, l'ateocrazia, era una realtà storica assolutamente inedita. È stato positivo dimostrare a tutti, senza ombra di dubbio, a quale immane disastro portasse l'ateismo assurto a sistema di governo.

Il crollo del comunismo ha portato con sé cambiamenti enormi nell'intero panorama mondiale.
Sì, ma grazie a Dio gli eccessi di ottimismo che accompagnarono la sua caduta si sono affievoliti. È vero che non mi stanco di ripetere di essere ottimista poiché sono realista (che cristiano sarei, se no?), ma proprio in virtù di tale realismo, l'ottimismo deve essere equilibrato. Aggiungo che in fondo le sconfitte sono più salutari delle vittorie, poiché stimolano a riflettere e a migliorare.

È in virtù di tale ottimismo che lei vede un sostanziale progresso da parte dell'umanità, da un punto di vista morale?
Sono meravigliato nel constatare che oggi non si parla più di morale, bensì di etica. Non che il cambiamento mi dispiaccia: il termine etico suona più religioso. Tuttavia, non credo che vi sia una differenza di fondo tra il bambino di oggi e quello del 1906. A mutare infatti non è l'essenza della natura umana, bensì il significato della vita morale. Ora, sarà proprio la vita morale del bambino del 2000 a essere più elevata e più profonda rispetto a quella dei bambini della mia generazione. Ciò proprio perché il progresso dell'umanità è tale innanzitutto da un punto di vista morale, appunto.

L'apertura mentale di Jean Guitton e il suo sforzo di valorizzare qualsiasi apporto della creatività umana non gli ha comunque impedito di assumere posizioni nette. Per esempio a proposito del pensiero di Sartre, che ha giocato un ruolo non da poco nella filosofia della seconda metà del secolo.
L'essere e il nulla è un libro la cui importanza è stata assai esagerata, direi esasperata. In realtà dice ben poco di nuovo e, quel che è peggio, è stato portatore di un messaggio assolutamente negativo, pieno di disprezzo per la vita, per l'uomo e per Dio, del quale ovviamente nega l'esistenza.

Quale filosofo, quale opera filosofica ha invece a suo avviso giocato il ruolo più significativo nel Novecento?
Direi Essere e tempo di Heidegger. È un'opera fondamentalmente mistica, al pari del suo autore: benché Heidegger non lo dichiari esplicitamente, è fortissimo l'anelito al divino... Non a caso vi sono buone speranze che, alla fine della sua vita, Heidegger sia arrivato alla fede, come molto lascia supporre.

Trovo estremamente efficace quanto lei racconta di aver spiegato a François Mitterrand, l'uomo politico nella cui eventuale conversione lei ha forse giocato un ruolo significativo, a proposito della radicale differenza tra la filosofia di Jean Guitton e quella nichilista di Sartre. Vuole riprendere il discorso?
Tra le numerose conversazioni che io ebbi con Mitterrand, a colpirmi di più fu quella in cui egli mi chiese di riassumergli il mio pensiero. Al che io gli spiegai quanto segue. Essere filosofo significa scegliere tra queste due possibilità: secondo la prima, il mondo è assurdo, per la seconda il mondo è invece un mistero. Sartre ha optato appunto per la prima e mi domando che cosa lo abbia trattenuto dal suicidarsi. Io ho invece scelto l'ipotesi che vede nel mondo un mistero. «Sta a lei scegliere a sua volta, signor presidente», conclusi.

Uno dei grandi obiettivi della sua ricerca filosofica è stato la riconciliazione tra scienza e fede, opposte tra loro, sin dall'inizio del Novecento, in una guerra senza esclusione di colpi. Oggi i rapporti sembrano assai mutati. Alla fine del secolo, lei si sente soddisfatto in tal senso?
Direi di sì. Le maggiori scoperte scientifiche più recenti - mi riferisco in particolare a quelle di Planck, di Einstein e di Costa de Beauregard - vanno piuttosto nel senso della fede. Pensiamo inoltre alla fisica quantistica, tanto per portare un esempio assai significativo, la quale ha dimostrato che non sono le particelle in quanto tali, bensì le loro incessanti interrelazioni a costituire l'ordine che regna nell'universo. Detto in altri termini, non vi è una sola parte dell'universo che non sia in stretto rapporto con tutte le altre. L'universo è insomma una sinfonia, in cui le varie note risuonano in un contesto di piena armonia e complementarietà.

Qual è a questo punto il salto che manca per arrivare al Dio cristiano?
Per arrivare al Dio cristiano di amore e a Gesù Cristo occorre la fede.

Il suo pensiero ha sempre avuto tra l'altro la particolarità di conciliare, sia pure attraverso sforzi non da poco, fedeltà alla Chiesa da un lato e una certa libertà di pensiero dall'altro. In fatto di scienza, tale apertura si vede in particolare in riferimento alla sua posizione circa l'opera di Freud, che pure fu nemico della religione. Lei dà della psicoanalisi freudiana una valutazione sostanzialmente positiva...
Pressoché sino agli albori del secolo, scienza e filosofia si sono sostanzialmente occupate della dimensione cosciente della mente umana. È solo con la psicoanalisi freudiana che si sono finalmente spalancate le porte delle regioni oscure della coscienza, dell'inconscio. Ora, io sono convinto dell'assoluta necessità di valorizzare qualsiasi strumento di conoscenza umana, ivi compresa appunto la psicoanalisi freudiana; d'altra parte, non vedo perché mai la Chiesa dovrebbe opporsi allo studio delle meraviglie della creazione, che sono poi le meraviglie di Dio. In passato ha commesso errori di questo genere, dei quali in seguito ha dovuto fare ammenda: pensiamo soltanto all'analisi dei sogni, rivelatasi utilissima sia ai fini della conoscenza della mente umana che a fini terapeutici. Senza nulla togliere alla grandezza di Freud uomo e scienziato, io preferisco comunque Jung, che trovo più profondo.

Tanto è vero che Jung ha della religione e della spiritualità una visione diametralmente opposta rispetto a Freud, estremamente positiva...
Certo, ma Jung è andato oltre, svelando come le profondità dell'animo umano portino in definitiva a riconoscere la profondità del divino in noi. Un divino che si rivela a noi, purché impariamo ad ascoltarlo.

Lei ne ha fatto esperienza diretta?
Penso di sì. Si tratta dell'esperienza di quello che viene comunemente chiamato Angelo Custode, ma anche delle varie percezioni della voce di Dio che in più occasioni, nel corso della mia vita, mi pare di aver percepito.

Tornando comunque a Freud, pare opportuno osservare che il padre della psicoanalisi fu uno dei principali scienziati a interessarsi ai fenomeni paranormali. Interesse da lei da sempre condiviso...
Seguendo l'esempio di Bergson, io faccio parte da parecchi decenni della Society for Physical Research, la Spr (la prestigiosa e centocinquantenaria istituzione londinese cui aderiscono emeriti scienziati di svariate discipline, creata con lo scopo di studiare scientificamente i fenomeni legati all'oltretomba, ndr). Questa scienza conoscerà con tutta probabilità un vero trionfo nel secolo che ormai è alle porte. La morte è in fondo soltanto la separazione dell'anima dal corpo e questa scienza, che già è in grado di fornirci qualche informazione in merito alla vita successiva all'esistenza terrena, saprà offrirci lumi sempre maggiori in materia, pur senza mai arrivare a svelarci la realtà tutta intera. Aggiungerò che non solo questa problematica mi ha sempre interessato a fondo, ma mia moglie era dotata di capacità medianiche. Il che mi ha aiutato a riflettere a fondo sulle potenti facoltà umane sinora ancora latenti e tutte da esplorare.

Torniamo a Bergson, un filosofo assai importante in questo secolo come nel precedente, il quale ha condiviso con lei un grande interesse per la scienza e per la riconciliazione tra questa e la religione. Si tratta di un filosofo che lei ha conosciuto molto bene e da vicino. A suo avviso, qual è in tal senso la lezione più importante che ci viene da Bergson?
La sua lezione più importante consiste nell'aver compreso come il rigore del metodo scientifico, idolo del Ventesimo secolo, vada finalizzato allo studio della vita morale e interiore. Bergson, il quale, analogamente a Simone Weil, approdò alla fede cattolica pur senza averlo mai dichiarato pubblicamente, fu in fondo un mistico: per tutta la durata della sua vita seguì consigli e ammaestramenti di una voce interiore. Bergson scrisse che nel cristianesimo avrebbe potuto anche esservi qualcosa di inventato, essere cioè almeno in parte frutto di miti, ma qualcosa come il Discorso della Montagna non avrebbe mai potuto essere inventato. Per Bergson la novità del cristianesimo consisteva nella sua essenza mistica, la quale raggiungeva il suo culmine appunto nel Discorso della Montagna.

Con tale prospettiva lei si trova peraltro in sintonia.
Appunto.

Non si può parlare di fede e scienza nel Ventesimo secolo senza perlomeno accennare a un'altra grande figura a lei ben nota: padre Teilhard de Chardin. Lei ha scritto, nel suo libro Chaque jour que Dieu fait: «Non oso dirlo, ma potremmo augurarci un futuro Teilhard-guittoniano, ovvero una sintesi tra le teorie di Teilhard, che è un genio, da un lato, e le idee di Guitton dall'altro, il quale non è un genio ma è dotato di un solido buon senso». Che cosa ha inteso dire con ciò?
Intendevo dire che sono sì per Teilhard de Chardin, a condizione di correggere le esagerazioni del suo pensiero, che tendono a uscire dal seminato rispetto alla fede cattolica. Benché nel Vangelo di San Giovanni leggiamo che Cristo afferma di essere l'Alfa e l'Omega, sino a Teilhard de Chardin Cristo è stato visto soltanto come alfa, ovvero come principio della storia umana e non come omega, ovvero come termine. La genialità di Teilhard consiste appunto nell'aver quindi collocato Cristo al centro del futuro ed è interessante notare che, con la teoria dell'evoluzione, la scienza gli ha sostanzialmente dato ragione. Teilhard ha così brillantemente risolto uno dei più gravi problemi del pensiero religioso: per il cristiano Cristo non può che essere al centro dell'universo e non già stretto entro i limiti di quel breve periodo storico che è la Rivelazione.

Per Teilhard de Chardin è assai importante un concetto-chiave della riflessione sull'evoluzione umana, quindi su Dio e la scienza: quello di progresso. Vuole spiegare come tale idea si sia sviluppata, in rapporto alla Chiesa, negli ultimi decenni?
È la nostra stessa epoca che ha visto una grande evoluzione della concezione del progresso. Bisogna tenere presente che, prima del Concilio Vaticano II, l'idea di progresso era vista con sospetto da parte della Chiesa perlomeno da qualche secolo. A motivo di tale diffidenza, venivano addotti disastri come quello di Hiroshima. Ci voleva un pontefice originale come Papa Giovanni XXIII per promuovere quell'aggiornamento che tanto doveva modificare il rapporto tra la Chiesa e il mondo. La Chiesa ha così gradualmente maturato una visione positiva del progresso. Anni dopo, doveva essere questa visione a giocare un ruolo determinante nella liberazione dei popoli dell'Est. È Dio che ha restituito ai popoli oppressi la libertà. Ecco che, oggi, per la Chiesa il progresso viene messo in relazione con l'affermazione e il futuro di Dio, mentre prima veniva piuttosto messo in relazione con la negazione di Dio.

Giovanni XXIII ha insomma introdotto una vera rivoluzione...
Senz'altro. Per secoli, prima di lui, stare con Dio significava per lo più essere reazionari, nel senso addirittura caricaturale del termine. Oggi, stare con Dio significa al contrario stare dalla parte del progresso.

Lei ha osservato parecchie volte che l'evoluzione della condizione femminile costituisce un capitolo chiave della storia del secolo che sta per chiudersi, in positivo.
Io sono cresciuto in un mondo in cui la vita della donna si svolgeva per lo più entro le pareti della casa. Il cambiamento della situazione è oggi sotto gli occhi di tutti e ci chiediamo ove tutto ciò ci porterà. Arriveremo, forse da qui a cento anni, all'idea della superiorità del sesso femminile su quello maschile (d'altra parte, ho sempre sostenuto che l'anima femminile sia più mistica di quella maschile). Ora, a pensarci bene, l'uomo non rischia nulla quando un bimbo viene al mondo, mentre la donna rischia la vita. Sono sorpreso e al tempo stesso felice di constatare quanti spazi la donna ha saputo conquistarsi in campi nei quali prima era assolutamente esclusa. Mi sembra che, per ragioni di natura religiosa, demografica e geopolitica al tempo stesso, il futuro sarà sempre più il regno della donna. L'uomo è stanco, ha commesso una serie sterminata di errori, causati principalmente dal suo invincibile orgoglio. D'altra parte, non mancano aree del mondo in cui l'evoluzione della donna è pressoché paralizzata: pensiamo per esempio ai Paesi islamici. Per amore di verità e di giustizia, occorre quindi prepararsi con gioia a questo trionfo della donna. Essere cristiani significa in fondo collocare la donna al centro di tutto. Senza Maria non vi sarebbe mai stato Vangelo. È ora che ce ne rendiamo tutti conto.

La sua visione della donna ci porta inevitabilmente a compiere una breve incursione nella sua biografa: lei ha scritto che la sua conoscenza della donna deriva dall'aver vissuto, per così dire, tutte e tre le possibilità del modello cattolico...
Io conosco infatti i vantaggi di aver vissuto i primi cinquant'anni della mia vita da celibe, a cinquant'anni mi sono sposato, con una donna straordinaria, per poi conoscere la vedovanza venticinque anni più tardi. Così ho avuto modo di conoscere la donna in tutte e tre le vesti. Inoltre, sono convinto che solo il matrimonio permetta di conoscere veramente a fondo la donna. Più scoprivo la donna e più me ne innamoravo, il che è tanto più sorprendente se si pensa che, all'epoca della mia infanzia e della mia educazione, nel mio ambiente, quello della borghesia francese, la donna veniva invece vista come una creatura diabolica.

La sua sconfinata ammirazione nei confronti della donna arriva a farle dire che se le fosse stato dato di scegliere, lei avrebbe scelto di nascere donna.
Sì: io credo assai più nella donna che nell'uomo. Ad affascinarmi così profondamente nella donna è soprattutto il suo mistero. Mistero che trae origine dal suo essere sintesi di componenti essenziali: madre, figlia, sposa e sorella. Se vi riflettiamo bene, questo ci conduce al mistero della Trinità. Io credo che vi sia uno stretto rapporto tra la donna e la Trinità poiché a mio avviso la Madonna è, per così dire, sposa del Padre Eterno.

Lei ha scritto al riguardo, nel già citato Infinito in fondo al cuore: «Io credo che Dio abbia bisogno di una sposa e che questa sia Maria». Lei collega il tema dell'evoluzione della condizione femminile alla devozione mariana. Su questo punto torneremo tra poco, ma prima vorrei chiederle, tra le tante donne da lei incontrate, quale l'ha colpita maggiormente, a parte sua moglie.
Il pensiero va subito a Marthe Robin (1902-1981, ndr), la grande mistica, con la quale ho vissuto per venticinque anni una profonda amicizia. Secondo il generale de Gaulle e il cardinale Danielou, è stata la figura più straordinaria dell'intero secolo. A farmela conoscere fu un amico, il dottor Couchoud, un medico che, da ateo che era, aveva trovato la fede proprio grazie all'incontro con Marthe. Questa donna, che per decenni si nutrì esclusivamente della particola consacrata che riceveva una sola volta la settimana, che frequentemente riviveva sul suo corpo la Passione di Cristo, benché paralizzata e quasi cieca - tutti fenomeni oggettivamente constatati svariate volte, anche da parte degli osservatori più scettici - dimostrava di conoscere vita, morte e miracoli di chiunque andasse a trovarla (erano migliaia e migliaia ogni anno, da tutto il mondo). Malgrado le sue condizioni fisiche, essa ha fondato nel mondo ben settantatre Foyers de Charité, nonché parecchie congregazioni, maschili e femminili. Anche dal punto di vista della missione Marthe Robin è stata e continua a essere - giacché nascono continuamente nuovi foyers in ogni parte del mondo - una delle figure più significative del secolo. Posso dire, in definitiva, che Marthe è stata la donna che maggiormente ha influenzato la mia vita. È stata inoltre la donna più donna che abbia mai incontrato, in quanto è stata la più ricca di amore.

Qualcun'altra l'ha particolarmente ispirato?
Innanzitutto Simone Weil, che pure non ho mai conosciuto di persona, benché mia contemporanea e collega e benché abitasse anche lei a Parigi, vicino a me. Ho sempre ammirato profondamente il suo genio, il suo straordinario coraggio, la profondità del suo pensiero, la sua follia. La pesantezza e la Grazia è un libro straordinario, dall'epoca di Pascal non si era più vista un'opera così sconvolgente. Mi ha inoltre profondamente colpito il suo arrivare alla fede cristiana, da ebrea che era, senza mai aderirvi apertamente. Per fare qualche altro nome di donne che mi hanno profondamente colpito, penso innanzitutto alle mie colleghe accademiche di Francia: Marguerite Yourcenar, Mme de Romilly, Mme Carrere d'Encausse.

Torniamo alla figura di Maria, da sempre al centro del suo studio e della sua riflessione. Come dicevamo, lei collega l'evoluzione della condizione femminile alla devozione mariana.
Se in Occidente la condizione femminile è migliore rispetto a tutte le altre culture, la ragione di fondo sta nel fatto che - tenendo presente che il cristianesimo è la base dell'Occidente, ripetiamolo ancora una volta - la Chiesa esalta la donna, tanto da aver divinizzato, appunto, una donna, Maria. Intendiamoci: non che siano mancate, anche nella storia dell'Occidente, fasi buie, anche molto lunghe, in tal senso. Tuttavia nel complesso, Chiesa e Occidente sono per l'esaltazione della donna. Pensiamo per esempio al Medio Evo, epoca fortemente cristiana e, non a caso, caratterizzata da grande creatività femminile. Le badesse medioevali godevano di un'autorità e di un prestigio superiori a quelli di qualunque uomo dell'epoca. Nell'Ave Maria noi diciamo: «tu sei benedetta tra (tutte) le donne». Io aggiungo che tutte le donne sono benedette in Maria. La Madonna può essere considerata in due maniere diverse. Da una parte, come una persona unica nel suo genere, come teologia, mistica e pensiero cattolico ci rivelano senza ombra di dubbio. D'altro lato, Maria è rappresentativa di tutto il genere femminile, tanto che possiamo dire che, in qualche modo, in Maria sono presenti tutte le donne, come in uno specchio. Maria è non solo la donna, ma anche l'essere umano più amato di tutti i tempi: la devozione mariana gode di ottima salute in tutto il mondo, è anzi in piena espansione. Maria è addirittura più amata di suo Figlio (il quale peraltro, essendo Dio e uomo al tempo stesso, non può considerarsi un essere meramente umano). Io credo fermissimamente nel potere di intercessione di Maria. Già abbiamo detto che il nuovo secolo sarà assai diverso da tutti quelli che l'hanno preceduto. Sarà un secolo che porrà nuovi problemi, rispetto ai quali le vecchie soluzioni non basteranno più. Bene, sarà proprio in Maria, la grande corredentrice, massima mediatrice tra il divino e l'umano, che l'umanità potrà trovare l'energia e la forza per affrontare il nuovo secolo.

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guitton

sabato, 09 dicembre 2006

FONTE:<> Jean Guitton edizioni Paoline
Henri Bergson:
<< I mistici veri
solo nella Chiesa Cattolica >>

Bergson riteneva che l'evoluzione, l'impulso della coscienza attraverso la materia, lo slancio vitale che dal basso saliva più in alto, tutto il processo evolutivo non culminava nell'uomo, nell'homo faber, ma in quello che chiamerei l'homo mysticus, l'uomo mistico. Al di là dell'homo faber, l'uomo costruttore di macchine, al di là dell'homo sapiens, l'uomo saggio, c'era un altro uomo non ancora nato, l'homo mysticus, rappresentato in quella specie di « foetus » intravisto nei grandi mistici cristiani. Dico « feto » perché si trattava di persone non ancora giunte al completo sviluppo del Cristo. Rappresentavano degli embrioni dell'avvenire, il vertice della evoluzione. Cosicché l'evoluzione, dalle amebe unicellulari, dalle piante più elementari, fino ai mammiferi e all'uomo, poteva ritenersi completa solo nei mistici…..Bergson mi ha aiutato a comprendere il senso del misticismo. L’ho sentito più volte ripetere che i protestanti non hanno prodotto mistici. Secondo lui Lutero e Calvino non furono veri mistici perché i mistici veri si trovano solo nella Chiesa Cattolica Romana! È un pensiero forte questo di Bergson. Si poteva pensare che si sarebbe orientato verso il protestantesimo liberale, o verso un certo « loisysmo », ma non fu così. Egli si avvicinò ai Carmelitani, ai mistici cattolici. Volle per sé una sepoltura cattolica, e sua figlia si fece cattolica. In Bergson c'è quindi questa singolare convinzione: il cristianesimo è legato al cattolicesimo, e non si può conoscere davvero il Cristo se non dall'interno della tradizione cattolica. In questo senso Bergson mi è stato di grande aiuto.
Gesù è il capo dei mistici, caput mysticorum: Bergson infatti pensava che a tutti i mistici manca sempre qualcosa. È chiaro, ognuno interpreta il suo tempo e il suo ambiente: per esempio S. Teresa vive in Spagna, un altro in diverso contesto, ciascuno nel suo ambiente. Nel Cristo invece Bergson vedeva il misticismo allo stato assoluto, universale.

Nel suo testamento scrisse:
 
                     Bergson ritratto da Blanche

«Le mie riflessioni mi hanno sempre più accostato al cattolicesimo, in cui scorgo il compimento perfetto del giudaismo. Io mi sarei convertito se non avessi assistito alla spaventosa ondata di antisemitismo che da qualche anno si sta rovesciando sul mondo Son voluto restare fra coloro che domani saranno i perseguitati. Tuttavia spero che un sacerdote cattolico, se il cardinale arcivescovo di Parigi lo autorizza, voglia venire a recitare le preghiere alle mie esequie. Qualora questa autorizzazione non venisse accordata, bisognerà rivolgersi a un rabbino, senza però nascondere ne a lui ne a chicchessia, la mia adesione morale al cattolicesimo»

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bergson, guitton

sabato, 11 novembre 2006

L'Amore
"C'è anzitutto l'amore di concupiscenza, cioè l'amore che prende per fine il proprio interesse, che cerca il godimento più che la gioia e quando si applica non a una cosa ma una persona, non ama veramente l'altro, ma ama se stesso attraverso la relazione con l'altro. Questa deviazione dell'amore non è mai così percettibile come quando l'essere amato parla ai nostri sensi, e per questo la parola concupiscenza ha finito per designare di preferire l'appetito sregolato dei beni sensibili. Ma questa maniera di amare per sé può ritrovarsi in tutti i generi di attaccamento, e può alterare i più nobili affetti. Così, una madre può amare la figlia per le gioie che questa le procura, per la compagnia che le tiene, e perciò si opporrà ad ogni sua sistemazione. La concupiscenza si è insediata nell'amore materno e al posto suo. [...] Amare per benevolenza, diceva Leibniz, è godere della felicità altrui. E' quindi fissare il proprio centro nella felicità di un altro. L'amore, in questo senso, è generosità. E' dono. Siamo sul cammino di quella che si chiama carità. Ma colui che si ama nel primo senso e di quell'amore detto amor proprio, può dire veramente che si ama?
JEAN GUITTON – ARTE NUOVA DI PENSARE



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guitton

lunedì, 28 agosto 2006

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UNA GRANDE MISTICA
Marthe Robin (1902-1981)
Da un’intervista  di Marino Parodi a Jean Guitton  

M.P.:   Lei ha scritto al riguardo, nel già citato Infinito in fondo al cuore: «Io credo che Dio abbia bisogno di una sposa e che questa sia Maria». Lei collega il tema dell'evoluzione della condizione femminile alla devozione mariana. Su questo punto torneremo tra poco, ma prima vorrei chiederle, tra le tante donne da lei incontrate, quale l'ha colpita maggiormente, a parte sua moglie
J. G.:  Il pensiero va subito a Marthe Robin (1902-1981, ndr), la grande mistica, con la quale ho vissuto per venticinque anni una profonda amicizia. Secondo il generale de Gaulle e il cardinale Danielou, è stata la figura più straordinaria dell'intero secolo. A farmela conoscere fu un amico, il dottor Couchoud, un medico che, da ateo che era, aveva trovato la fede proprio grazie all'incontro con Marthe. Questa donna, che per decenni si nutrì esclusivamente della particola consacrata che riceveva una sola volta la settimana, che frequentemente riviveva sul suo corpo la Passione di Cristo, benché paralizzata e quasi cieca - tutti fenomeni oggettivamente constatati svariate volte, anche da parte degli osservatori più scettici - dimostrava di conoscere vita, morte e miracoli di chiunque andasse a trovarla (erano migliaia e migliaia ogni anno, da tutto il mondo). Malgrado le sue condizioni fisiche, essa ha fondato nel mondo ben settantatre Foyers de Charité, nonché parecchie congregazioni, maschili e femminili. Anche dal punto di vista della missione Marthe Robin è stata e continua a essere - giacché nascono continuamente nuovi foyers in ogni parte del mondo - una delle figure più significative del secolo. Posso dire, in definitiva, che Marthe è stata la donna che maggiormente ha influenzato la mia vita. È stata inoltre la donna più donna che abbia mai incontrato, in quanto è stata la più ricca di amore. Jean Guitton  

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