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lunedì 13 febbraio 2012

ideologia


Difendete il vostro io
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Lottate, ragionate col vostro cevello, ricordate che ciascuno è qualcuno, un individuo prezioso, responsabile artefice di se stesso, difendetelo il vostro io, nocciolo di ogni libertà, la libertà è un dovere, prima che un diritto è un dovere..

[Un uomo, Oriana Fallaci]
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Ogni rivoluzione contiene in sé i germi di ciò che ha abbattuto e col tempo si dimostra il proseguimento di ciò che ha abbattuto. Da ogni rivoluzione nasce o rinasce un impero. Guarda quella francese, l'esempio che ha avvelenato il mondo con le sue bugie Liberté-Egalité-Fraternité. Fiumi di sangue e di sogni, mari di atrocità e di chimere, e poi?
***
Il grande malanno del nostro tempo si chiama ideologia e i portatori del suo contagio sono gli intellettuali stupidi.
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Molti intellettuali credono che essere intellettuali significhi enunciare ideologie, o elaborarle, manipolarle, e poi sposarle per interpretare la vita secondo formule e verità assolute. Questo senza curarsi della realtà, dell'uomo, di loro stessi, cioè senza voler ammettere che essi stessi non sono fatti solo di cervello: hanno anche un cuore o qualcosa che assomiglia a un cuore, e un intestino e uno sfintere, quindi sentimenti e bisogni estranei all'intelligenza, non controllabili dall'intelligenza. Questi intellettuali non sono intelligenti, sono stupidi, e in ultima analisi non sono neanche intellettuali ma sacerdoti di una ideologia.
Oriana Fallaci

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fallaci, ideologia

sabato, 27 novembre 2010

Prima di Augias, Odifreddi e Dawkins...
Di Francesco Agnoli (del 26/11/2010 @ 16:43:36, in Storia del Novecento, linkato 207 volte)
Siamo agli inizi del Novecento, e un giovane maestro incomincia la sua carriera politica di passioni rapide e cangianti, e di inenarrabili odi. Suo padre, Alessandro, è un ruvido uomo di sinistra che vede nel socialismo “la scienza e l’excelsior che illumina il mondo”, “il libero amore che subentra al contratto legale”.
Scrive: “o preti, non è lontano il tempo in cui cesserete di essere inutili e falsi apostoli di una religione bugiarda e in cui, lasciando al passato la menzogna e l’oscurantismo, abbraccerete la verità e la ragione, e getterete la tonaca alla fiamma purificatrice del progresso”.
Anche il figlio di Alessandro è un amante del socialismo, del progresso, della “ragione”, contro l’oscurantismo dei credenti. Egli, nei suoi viaggi lontano dalla patria romagnola, arriva a Trento nel 1908, chiamato dal partito socialista locale, e subito viene onorato come grande oratore, “versato soprattutto in anticlericalismo”. Qui, nella città del Concilio, scaglia i suoi strali contro l’ “idra clericale”, in nome della “Redenzione umana”. Non crede in Dio, ma nell’avvenire dell’umanità, radioso e splendente.
Occorre solo eliminare i nemici, gli avversari, coloro che si oppongono al trionfo del bene, all’ “internazionalismo”, all’ “anti-religiosismo”, all’ “affratellamento dei popoli”. Questi nemici sono la Chiesa, il militarismo, il “morbus sacer” del nazionalismo, l’ “Austria guerrafondaia”, guidata da un sovrano ridicolmente cattolico, e i militaristi germanici.
Declama, a testa alta: “I milioni che dovrebbero destinarsi al popolo, a sollevare il popolo, sono invece inghiottiti dall’esercito. Il militarismo! Ecco la mostruosa piovra dai mille viscidi tentacoli che succhiano senza tregua il sangue e le migliori energie del popolo”. Per il giovane rivoluzionario a succhiare il sangue del popolo italiano c’è anche la Chiesa, “grande cadavere”, “lupa cruenta”, “covo di intolleranza”, e i suoi preti, “pipistrelli”, “sanguisughe”,pallide ombre del medioevo”, “sudici cani rognosi”, che vogliono mantenere il popolo nell’ignoranza.
Le vicende di Galilei e di Giordano Bruno, scrive sempre con vigore il nostro giornalista, sono lì a dimostrare chi sono i nemici della ragione e del progresso. Eppure, prosegue, oggi Marx ci ha finalmente aperto gli occhi, ci ha rivelato che Dio non esiste, e con lui Darwin, che ha dato un grosso colpo alle teorie della Bibbia, tanto che “nessun altra dottrina ha avuto portata maggiore di quella del grande naturalista inglese”.
Mentre scrive, il giovane rivoluzionario si concede qualche scappatella, con donne che poi abbandona senza tanti scrupoli. “E’ vero che a Losanna – scrive - ebbi relazione con una divorziata, ma così per la carne, non per l’anima”. E mentre frequenta svariate signore, e percorre i corridoi dei bordelli, scrive articoli intitolati “Meno figli, meno schiavi!” e definisce l’amore “una grandissima cosa: ma non è poi solo e non è tutto. E’ un mezzo per conservare la specie”, un artificio della natura solo per mantenere se stessa, come ogni buona dottrina materialista insegna.
Queste esperienze e queste convinzioni, non gli impediscono di spiegare ai suoi lettori che i sacerdoti sono sempre degli sporcaccioni, e come loro le suore. Esse, in particolare, sono il bersaglio preferito della pubblicistica socialista, cui il nostro appartiene: si racconta che nei “reclusori” le suore abbiano sempre tresche orrende con le detenute, e che siano delle crudeli violentatrici.
Nel romanzo Orkinzia, degli stessi anni, le “suore infami” fanno violenza “su fanciullette ignude, incatenate, con le braccia dietro la schiena”. I preti, poi, sono orride creature che passano “ributtanti malattie veneree” ai bambini, come “porci in veste talare che pullulano ogni giorno nelle cronache dei giornali come funghi schifosi ammorbanti l’umanità coi loro fetori”.
Per dimostrarlo il nostro racconta appena può, colorandoli il più possibile, gli atti immorali di qualche sacerdote, di qualche suora, di qualche catechista. “Lo so, aggiunge, che questo fa ciccare i ciarlatani neri, ma ne dovranno inghiottire molti altri di questi che sono per loro rospi vivi che guazzano nelle cloache massime e minime”.
La verità, continua infine il nostro, è “che certi voti di castità non possono essere mantenuti senza forzare la natura umana”, che, come si è già detto, è solo animalità ed istinto. Così i preti sono degli ipocriti, perché proclamano una morale disumana, ma la tradiscono di continuo: anche andando a caccia, e cioè “uccidendo tante piccole esistenze create da Dio, se dobbiamo por fede alla Genesi”, e violando il sacro “pacifismo”.
Oltre ad articoli di giornale, il nostro scrive anche un romanzo, “Claudia Particella, l’amante del cardinale”, infarcito di violenze e turpitudini, adattissimi alla polemica anticlericale, e prende le difese degli ebrei, ingiustamente “martoriati e suppliziati”, ovviamente dalla Chiesa.
Ma chi è questo socialista difensore della purezza, della pace, della tolleranza, di Marx e Darwin, della scienza e del progresso, i cui pregiudizi e le cui calunnie sono ancor oggi condivisi da non pochi giornalisti ed intellettuali alla moda, esattamente un secolo dopo?
Per chi non lo avesse riconosciuto, il suo nome è Benito Mussolini.

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ideologia, storia

venerdì, 26 febbraio 2010

L’uguaglianza delle ideologie
nazi-comuniste
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falce_martello_svastica_e_sangue
"Quando ci guardiamo in faccia l'un l'altro, noi guardiamo uno specchio. Questa è la tragedia dell'epoca. Forse che voi in noi non riconoscete voi stessi, la vostra volontà? Forse che per voi il mondo non è la vostra stessa volontà, qualcosa forse può farvi esitare o fermare? [...] Non c'è nessun abisso tra di noi! [...] siamo due ipostasi della stessa sostanza: uno Stato di partito"

 VASILIJ GROSSMAN  da: VITA E DESTINO – dialogo in cui il comandante Liss, un ufficiale delle SS responsabile del lager nazista, dice al vecchio bolscevico Mostovksoj, suo prigioniero



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comunismo, ideologia, storia

domenica, 23 agosto 2009

Amore e verginità nella trasgressiva

Etty Hillesum

Fonte: CulturaCattolica.it

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Etty Hillesum anno di nascita 1914. Fosse viva sarebbe bisnonna, eppure la sua inquietudine, le sue scelte estreme la rendono vicina, vicinissima a noi, ai nostri giovani. Ebrea, ma non praticante, figlia di madre russa, parlava il russo come una seconda lingua. Nel 1941, anno in cui inizia il suo Diario, vive ad Amsterdam, ma non con la famiglia. Etty abita al numero 6 di via Gabriel Metsustraat, con le finestre che davano su una delle piazze principali, il Museumplein, prospiciente al Rijksmuseum. La casa è di Han Wegerif, un uomo di 21 anni maggiore di lei con quattro figli, uno della stessa età di Etty. Da quest’uomo ebbe un figlio e abortì, ma proprio nel dramma di quei giorni, siamo all’inizio del 1941, mentre lo spazio per gli ebrei nella città si ridusse pesantemente, Etty incontra un ebreo tedesco, Jules Spyer.

Spyer, amico di Jung, aveva fondato la psicochirologia, una scienza che vuole studiare la psiche umana a partire dalla configurazione della mano, dalle sue linee. Un uomo particolare, certamente, di grande intuito e di grande intelligenza. Quest’uomo è cristiano. Etty, che piano piano ne rimane affascinata fino ad innamorarsene, lo scorge un giorno mentre prega. Lo vede, dalla fessura di una porta lasciata distrattamente socchiusa, in ginocchio, tutto raccolto nel suo Dio. Il suo Diario, quello vero, quello che racconta la sua anima straordinaria comincia da qui, da questo momento. Lo scrive lei stessa:
Com’è strana la mia storia – la storia della ragazza che non sapeva inginocchiarsi. O con una variante: della ragazza che aveva imparato a pregare. È il mio gesto più intimo, ancora più intimo dei gesti che ho per un uomo (Diario, 1941-1943)

Etty scopre che si può amare intensamente pregando. La sua affettività, prima vorace e disordinata, comincia ad essere incanalata dentro un’etica che non è semplicemente morale, ma è più profondamente reale compimento della persona. In questo modo tutta la sua carica affettiva rivela lo straordinario potenziale capace di produrre le più belle pagine sull’amore che possano essere date:
Per quanto possa sembrare paradossale: quando si punta troppo sull’unione fisica, quando s’investono tutte le proprie energie nel desiderio della persona amata, in fondo le si fa torto: perché allora non rimangono più forze per essere veramente con lei. Rileggerò sant’Agostino. È così austero e così ardente. E così appassionato, si abbandona così completamente nelle sue lettere d’amore a Dio. In fondo, quelle a Dio sono le uniche lettere d’amore che si dovrebbero scrivere. Sono presuntuosa a dire che possiedo troppo amore per darlo a una persona sola? Chissà se la gente imparerà che l’amore per la persona reca assai più felicità e buoni frutti che l’amore per il sesso, e che questo priva di linfe vitali la comunità degli uomini? (Diario, 9 ottobre 1942)

Etty, che pure aveva perso la sua verginità, scopre e vive l’amore verginale che non coincide con l’integrità fisica, ma nasce dalla purezza e dalla carica oblativa del cuore:
Perché non si potrebbe trasformare quell’amore che non si può scaricare sull’uno o sull’altro sesso in forza che torni a profitto della comunità degli uomini, e che forse si potrebbe anche chiamare amore? (Diario, 20 settembre 1942. Domenica sera)
Oh lasciar completamente libera una persona che si ama, lasciarla del tutto libera di fare la sua vita, è la cosa più difficile che ci sia (Diario, 4 luglio 1942. Sabato mattina).

Tornano alla mente alcune osservazioni di don Giussani fatte alle novizie (in Affezione e Dimora):
L’affettività va vissuta nella sua verità perché l’affettività, se non è veramente vera, non ti fa guardare l’altro secondo il suo destino (Affezione e Dimora. Quasi Tischreden, pag. 63).

Quanto più tu ami una presenza come segno della grande Presenza, tanto più, amando questa presenza, desideri e aspetti che si riveli la grande Presenza (Affezione e Dimora. Quasi Tischreden, pag. 47).

Insomma, amare l’altro per l’altro e non amarlo per sé. Amare l’altro per come vuole essere amato e non per soddisfare il proprio vuoto, questa è la grande lezione verginale della trasgressiva Etty Hillesum.


Al Meeting di Rimini 2009 vine rappresentato lo spettacolo «Etty Hillesum: Cercando un tetto a Dio»

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ideologia, hillesum etty

domenica, 08 marzo 2009

 La realtà non tradisce
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il
l'ideologia marxista ha  capovolto la realtà
Ma .."il mondo rotea il mondo cambia"  T.S.Eliot
l'  68
la realtà ha mostrato l'illusione dell'ideologia marxista
 
  pochi chilometri più in la è già caduto il primo blocco (a destra).
La gente è ancora incredula, ma comincia a capire che sta succedendo qualcosa di veramente grande.

 Adesso la realtà inizia a mostrare l'illusione del capitalismo


Postato da: giacabi a 09:43 | link | commenti (1)
reale, ideologia

domenica, 15 febbraio 2009

L'illusione
***
Il Che!
Ruotando l'immagine però...
Diventa Lenin!


"L'illusione è la gramigna più tenace della coscienza collettiva: la storia insegna, ma non ha scolari. "
Antonio Gramsci

da: http://www.illuweb.it/servizi/artisti.htm

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ideologia, gramsci

martedì, 30 dicembre 2008

***
 " Quando si crede che l'uomo può essere salvato dall'uomo, si è pronti per il comunismo o per il nazismo.
J. Roth

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comunismo, ideologia

domenica, 23 novembre 2008

L’ideologia
***
«L’ideologia è la costruzione teorico-pratica sviluppata su un preconcetto. Più precisamente è una costruzione teorico-pratica, basata su un aspetto della realtà, anche vero, ma preso in qualche modo unilateralmente e tendenzialmente assolutizzato per una filosofia o un progetto politico. L’ideologia è costruita su uno spunto che l’esperienza offre, così che l’esperienza stessa è presa come pretesto per una operazione determinata da preoccupazioni estranee o esorbitanti»
L. Giussani, Il senso religioso, Rizzoli, Milano 1997, p. 131..


Postato da: giacabi a 14:19 | link | commenti
ideologia, giussani

lunedì, 23 giugno 2008

L'utopia
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"L'utopia non è limitata da nessun obbligo di produrre risultati. La sua sola funzione è di consentire ai suoi adepti di condannare ciò che esiste in nome di ciò che non esiste." 
Jean-François Revel


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ideologia

domenica, 06 gennaio 2008

Il rimedio dell'uomo moderno:
   Cristo, Redentore dell’uomo,     Centro del cosmo e della storia.
***.
La Chiesa e l’Europa. Sono due realtà intimamente legate nel loro essere e nel loro destino. Hanno fatto insieme un percorso di secoli e rimangono marcate dalla stessa storia. L’Europa è stata battezzata dal cristianesimo; e le nazioni europee, nella loro diversità, hanno dato corpo all’esistenza cristiana. Nel loro incontro si sono mutuamente arricchite di valori che non solo sono divenuti l’anima della civiltà europea, ma anche patrimonio dell’intera umanità. Se nel corso di crisi successive la cultura europea ha cercato di prendere le sue distanze dalla fede e dalla Chiesa, ciò che allora è stato proclamato come una volontà di emancipazione e di autonomia, in realtà era una crisi interiore alla stessa coscienza europea, messa alla prova e tentata nella sua identità profonda, nelle sue scelte fondamentali e nel suo destino storico.
L’Europa non potrebbe abbandonare il cristianesimo come un compagno di viaggio diventatole estraneo, così come un uomo non può abbandonare le sue ragioni di vivere e di sperare senza cadere in una crisi drammatica.
È per questo che le trasformazioni della coscienza europea spinte fin alle più radicali negazioni dell’eredità cristiana rimangono pienamente comprensibili solo in riferimento essenziale al cristianesimo. Le crisi dell’uomo europeo sono le crisi dell’uomo cristiano. Le crisi della cultura europea sono le crisi della cultura cristiana.
È estremamente significativo esaminare la metamorfosi subìta dallo spirito europeo in quest’ultimo secolo. L’Europa è oggi attraversata da correnti, ideologie, ambizioni che si vorrebbero estranee alla fede, quand’anche non direttamente opposte al cristianesimo. Ma è interessante rilevare come, partendo da sistemi e da scelte che intendevano assolutizzare l’uomo e le sue conquiste terrene, si è arrivati oggi a mettere in discussione precisamente l’uomo stesso, la sua dignità ed i suoi valori intrinseci, le sue certezze eterne e la sua sete di assoluto. Dove sono oggi i solenni proclami di un certo scientismo che prometteva di dischiudere all’uomo spazi indefiniti di progresso e di benessere? Dove sono le speranze che l’uomo, proclamata la morte di Dio, si sarebbe finalmente collocato al posto di Dio nel mondo e nella storia, avviando un’era nuova in cui avrebbe vinto da solo tutti i propri mali?
Le tragiche vicende di questo secolo, che hanno insanguinato il suolo d’Europa in spaventosi conflitti fratricidi; l’ascesa di regimi autoritari e totalitari, che hanno negato e negano la libertà e i diritti fondamentali dell’uomo; i dubbi e le riserve che pesano su un progresso che, mentre manipola i beni dell’universo per accrescere l’opulenza ed il benessere, non solo intacca l’“habitat” dell’uomo, ma costruisce anche tremendi ordigni di distruzione; l’epilogo fatale delle correnti filosofico-culturali e dei movimenti di liberazione chiusi alla trascendenza: tutto questo ha finito per disincantare l’uomo europeo, spingendolo verso lo scetticismo, il relativismo, se non anche facendolo piombare nel nichilismo, nella insignificatezza e nell’angoscia esistenziale.
Questa contraddizione e questo sbocco drammatico e imprevisto sembrano paradossali e difficili da spiegare. Certuni diranno che si tratta di una crisi di crescita, legata alla natura dell’uomo essenzialmente caratterizzata dalla finitezza e dalla storicità della sua condizione. Ma il dramma sembra racchiudere un significato più recondito, che spetta a voi di svelare pienamente, dandone l’interpretazione spirituale alla luce di una teologia della storia che vede l’uomo in un dialogo di libertà con Dio e con il suo progetto salvifico.
4. In questa luce, il cristianesimo può scoprire nell’avventura dello spirito europeo le tentazioni, le infedeltà ed i rischi che sono propri dell’uomo nel suo rapporto essenziale con Dio in Cristo. Ancor più profondamente, possiamo affermare che queste prove, queste tentazioni e questo esito del dramma europeo non solo interpellano il Cristianesimo e la Chiesa dal di fuori come una difficoltà o un ostacolo esterno da superare nell’opera di evangelizzazione, ma in un senso vero sono interiori al Cristianesimo e alla Chiesa. L’ateismo europeo è una sfida che si comprende nell’orizzonte di una coscienza cristiana; è più una ribellione a Dio e una infedeltà a Dio che una semplice negazione di Dio. Il secolarismo, che l’Europa ha diffuso nel mondo col pericolo di inaridire rigogliose culture dei popoli di altri continenti, si è alimentato e si alimenta alla concezione biblica della creazione e del rapporto uomo-cosmo.
L’impresa scientifico-tecnica di assoggettare il mondo non sta forse nella linea biblica del compito che Dio ha affidato all’uomo? E la volontà di potere e di possedere non è la tentazione dell’uomo e del popolo sotto il segno dell’alleanza con Dio?
Potremmo continuare nella nostra analisi. E scopriremo, forse non senza meraviglia, che la crisi e la tentazione dell’uomo europeo e dell’Europa sono crisi e tentazioni del Cristianesimo e della Chiesa in Europa.
Ma se è vero che le difficoltà e gli ostacoli all’evangelizzazione in Europa trovano appiglio nella stessa Chiesa e nello stesso Cristianesimo, i rimedi e le soluzioni andranno cercati all’interno della Chiesa e del Cristianesimo, e cioè nella verità e nella grazia di Cristo, Redentore dell’uomo, Centro del cosmo e della storia.
La Chiesa stessa deve allora auto-evangelizzarsi per rispondere alle sfide dell’uomo d’oggi.
Se l’ateismo è una tentazione della fede, sarà con l’approfondimento e la purificazione della fede che esso sarà vinto.
Se il secolarismo chiama in causa la concezione dell’uomo nel mondo e l’utilizzazione dell’universo, l’evangelizzazione dovrà riproporre quella teologia e spiritualità cosmica che, fondata biblicamente e presente nella liturgia, ha ricevuto illuminanti prospettive dal Concilio Vaticano II (cf. Gaudium et Spes, 37).
Se la rivoluzione industriale, nata in Europa, ha dato origine a un tipo di economia, a rapporti sociali e a movimenti che sembrano opporsi alla Chiesa e ostacolare l’evangelizzazione, sarà vivendo, annunciando e incarnando il Vangelo della giustizia, della fraternità e del lavoro, che restituiremo al mondo del lavoro un mondo umano e cristiano.
Potremo continuare ad applicare questi concetti a realtà così importanti, come la famiglia, la gioventù, le zone di povertà e i “nuovi poveri” in Europa, le minoranze etniche e religiose, i rapporti tra Europa e Terzo Mondo.
Far appello alla fede e alla santità della Chiesa per rispondere a questi problemi e a queste sfide non è una volontà di conquista o di restaurazione, ma è il cammino obbligato che va fino in fondo alle sfide e ai problemi.
La Chiesa, per rispondere alla sua missione oggi in Europa deve aver coscienza che, lungi dall’essere estranea all’uomo europeo o tanto meno sentirsi inutile e impotente a risolvere le crisi e i problemi dell’Europa, porta invece in se stessa i rimedi alle difficoltà e la speranza del domani.
E sarà con l’essere fedele fino in fondo a Cristo e divenendo sempre più, con la santità di vita e con le virtù evangeliche, trasparenza di Cristo, che la Chiesa entrerà nell’animo e nel cuore dell’Europa.
5. La nostra responsabilità e la nostra missione nei riguardi dell’Europa sono quindi ben grandi, così come grande è la speranza di cui siamo portatori.
Le nostre comunità, evangelizzate nella prima ora della storia della Chiesa, hanno ricevuto talenti preziosi da amministrare. Non possiamo certo, come gli operai della parabola evangelica, vantare meriti nei confronti delle Chiese novelle degli altri continenti. Dobbiamo anzi, con sincera umiltà, chiedere perdono delle nostre infedeltà, delle nostre divisioni e delle malattie che abbiamo diffuso nel mondo.
Ma, insieme, dobbiamo intraprendere, con rinnovata convinzione, la missione che Dio oggi ci affida in ordine all’Europa.
Noi non abbiamo ricette economiche né programmi politici da proporre. Ma abbiamo un Messaggio e una Buona Novella da annunciare.
Dipenderà anche da noi se l’Europa si rinchiuderà nelle sue piccole ambizioni terrestri, nei suoi egoismi e soccomberà all’angoscia e all’insignificatezza, rinunciando alla sua vocazione e al suo ruolo storico, oppure ritroverà la sua anima nella civiltà della vita, dell’amore e della speranza.”
GIOVANNI PAOLO II AI PARTECIPANTI AL V SIMPOSIO DEL CONSIGLIO DELLE       CONFERENZE EPISCOPALI D'EUROPA

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nichilismo, illuminismo, ideologia, giovanni paoloii

mercoledì, 02 gennaio 2008

L’ideologia giustifica il male permettendo così il genocidio
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Nel corso della storia del movimento rivoluzionario russo elementi d’amore verso il popolo – presenti in molti intellettuali rivoluzionari russi la cui mitezza e disposizione alla sofferenza si direbbe non trovino l’eguale dai tempi del primo cristianesimo – si mescolarono ad elementi diametralmente opposti anch’essi presenti in molti rivoluzionari riformatori russi: il disprezzo e l’inflessibilità verso la sofferenza umana il culto del principio astratto la ferma volontà di sterminare non solo i nemici ma anche i compagni di causa se appena appena si fossero allontanati anche solo di uno scrupolo dalla interpretazione di quei princípi astratti. La settaria costanza nel perseguire lo scopo la pronta disposizione a soffocare la libertà oggi esistente per una libertà immaginaria a distruggere i princípi morali quotidiani per quelli a venire si manifestarono con evidenza nel carattere di Pestel’ come in quello di Bakunin e di Necaev cosí come in alcuni concetti ed azioni dei populisti.
No non solo l’amore non solamente la partecipazione all’altrui sofferenza spingevano uomini simili sulla strada della rivoluzione. Le scaturigini di quei caratteri si nascondono lontano ben lontano nelle viscere millenarie della Russia.
Caratteri simili esistevano già nei secoli precedenti ma il ventesimo secolo li ha spinti fuori dalle quinte sulla ribalta della vita.
Un carattere cosiffatto si comporta in mezzo all’umanità come il chirurgo nei reparti di una clinica. L’interesse che dimostra per i malati per i loro padri per le mogli le madri le sue burlette e le sue discussioni la sua lotta in favore dell’infanzia abbandonata e la sua sollecitudine verso gli operai giunti in età pensionabile – sono tutte cose da nulla sciocchezze esteriorità. L’animo suo sta nel bisturi.
L’essenza di uomini simili risiede nella loro fanatica fede nell’onnipotenza del bisturi. Quel bisturi è il grande teorico il leader filosofico del ventesimo secolo.




V. Grossman Tutto scorre... Adelphi Milano 1987 pagg. 185-186

Postato da: giacabi a 20:33 | link | commenti (9)
ideologia


L’ideologia giustifica il male permettendo così il genocidio
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Per fare del male l’uomo deve prima sentirlo come bene o come una legittima assennata azione. La natura dell’uomo è per fortuna tale che egli sente il bisogno di cercare una giustificazione delle proprie azioni.
Le giustificazioni di Macbeth erano fragili e il rimorso lo uccise. Ma anche Jago è un agnellino: la fantasia e le forze spirituali dei malvagi shakespeariani si limitavano a una decina di cadaveri: perché mancavano di ideologia.
L’ideologia! è lei che offre la giustificazione del male che cerchiamo e la duratura fermezza occorrente al malvagio. Occorre la teoria sociale che permetta di giustificarci di fronte a noi stessi e agli altri di ascoltare non rimproveri non maledizioni ma lodi e omaggi. Cosí gli inquisitori si facevano forti con il cristianesimo i conquistatori con la glorificazione della patria i colonizzatori con la civilizzazione i nazisti con la razza i giacobini (vecchi e nuovi) con l’uguaglianza la fraternità la felicità delle future generazioni.
Grazie all’ideologia è toccato al secolo XX sperimentare una malvagità esercitata su milioni. La malvagità è inconfutabile non può essere passata sotto silenzio né scansata: come oseremmo insistere che i malvagi non esistono? Chi annientava quei milioni? Senza malvagi non sarebbe esistito l’Arcipelago.




A. Solzenicyn Arcipelago Gulag Mondadori Milano 1974 vol. I pag. 185

Postato da: giacabi a 20:15 | link | commenti
ideologia, solzenicyn

sabato, 29 dicembre 2007

Ai cristiani “adulti”
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 « Non siete andati al mondo, ma vi siete arresi al mondo! Avete confuso il moderno con le mode, avete rinnegato il mistero in nome di una problematica psico-socio-culturale! Vi siete arresi alle ideologie, agli idoli di sempre! Alfine, siate pure dei buoni marxisti, ma lasciateci Gesù Cristo!».
Maurice Clavel     

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ideologia, clavel

giovedì, 27 dicembre 2007

L’errore della filosofia moderna sta nell’aver tolto una “r”
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Da      «Cogitor, ergo sum».  Karl Barth
      «Sono pensato (da Dio ) quindi  sono ». a
+  «Cogito, ergo sum».  Cartesio
          «Penso, quindi sono»


Postato da: giacabi a 09:17 | link | commenti (2)
illuminismo, ideologia

sabato, 22 dicembre 2007

L' epoca moderna
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«L' epoca moderna è, più che l'epoca della libertà di pensiero, quella del libero pensiero, non si può dire cioè che in essa si sia liberato il pensiero dell'uomo ma solo che in essa il pensiero si è liberato dell' uomo e cioè, ancora, che, con questo nuovo concetto di libertà, sono scomparsi il contenuto dell'esistenza e l'esistente stesso»
Nikolaj Berdjaev

Postato da: giacabi a 16:20 | link | commenti
laicismo, ideologia, berdiaev

lunedì, 17 dicembre 2007

 Non l’ideologia ma l’amore fa l’uomo
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"Io mi sento di nuovo un uomo, perché provo una grande passione, e la molteplicità in cui lo studio e la cultura moderna ci impigliano, e lo scetticismo con cui necessariamente siamo portati a criticare tutte le impressioni soggettive e oggettive, sono fatti apposta per renderci tutti piccoli e deboli e lamentosi e irresoluti. Ma l'amore non per l'uomo di Feuerbach, non per il metabolismo di Moleschott, non per il proletariato, bensì l'amore per l'amata, per te, fa dell'uomo nuovamente un uomo".
E' una frase di una lettera di Karl Marx alla moglie, datata 21 giugno 1856

Postato da: giacabi a 18:06 | link | commenti (2)
marx, ideologia

martedì, 27 novembre 2007

Il dio dell’illuminismo*
 ***

« Ma che Demone ottuso, che strano Mago avete dunque insediato nel vostro cielo,voi che oggi , osate definirlo deserto? E perché sotto un cielo vuoto cercate un mondo sensato e buono?»
Emmanuel  Lévinas

*  lager e gulag


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comunismo, illuminismo, ideologia, levinas

domenica, 04 novembre 2007


Il frutto dell’ideologia
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«La causa di questa terribile catastrofe è l'incarnarsi delle utopie socialiste dell'Illuminismo nel tessuto della vita contemporanea. L'uomo dell'Illuminismo respinse Dio con irrisione e si pose il suo posto. Si considerava detentore quasi divino delle verità assolute e ricettacolo della coscienza del mondo. Questa certezza lo spinse a istruire le masse e diventò sorgente di una colossale forza interiore, di quello slancio paternalistico che cercava di disperdere le tenebre dei pregiudizi clericali e nazionali con la luce sfolgorante della verità dell'unica ideologia scientifica. Dal momento però che questi pregiudizi erano radicati ontologicamente nella storia, benedetti dalla chiesa, avevano una profonda e reale vitalità, e quindi mal cedevano il passo all'azione illuminatrice; e l'illuminatore, desiderando essere padrone delle menti del popolo, creò efficienti strumenti di demagogia, rafforzati (perché fossero più convincenti) da uno sbalorditivo terrore. Il messianismo millenarista dell'ideologia tardo illuminista, prendendo il potere nelle proprie mani, cominciò a sacrificare all'idolo del radioso avvenire milioni di propri compatrioti. E mentre il mondo batteva le mani ai giganteschi sforzi illuministici, le popolazioni, irrigidite nella loro incapacità di accogliere la grande ideologia di salvezza, inzuppavano con il sangue le zone dell'Arcipelago.
Ma il volontarismo tardo illuminista non poté costringere uomini a edificare il loro mondo interiore secondo una sua immagine e non creò una nuova antropologia, ma offuscò la coscienza popolare in una atmosfera di sinistro terrore. La Russia cadde nel silenzio. Accanto a noi stanno generazioni mute. Esse attraversarono in silenzio la vita, portando con sé nella tomba il grido inespresso. E sopra il mondo avvolto nel terrore, come un fungo atomico si levò il fantasma nebbioso del socialismo.
E noi che viviamo all'ombra di tali tremendi avvenimenti ci apriamo un varco nel mondo degli spettri socialisti verso la realtà e la storia. Respingendo il conformismo, ci siamo decisi a misure estreme: l'abnegazione, salvare la nostra anima dall'autodissoluzione e dalla morte sotto le volte sante della Chiesa»

editoriale scritto da una comunità di giovani ortodossi russi convertitisi dall'ateismo ed arrestati prima che la loro rivista potesse essere divulgata.
Da: Russia Cristiana, n° 166


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comunismo, illuminismo, ideologia

giovedì, 11 ottobre 2007

L’ideologia
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Si è riusciti a far credere all'uomo che se vive è solo per grazia dei potenti. Pensi dunque a bere il caffè e a dare la caccia alle farfalle: chi ama la res publica avrà la mano mozzata.
Milosz Czeslaw


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ideologia, milosz


«IL GRANDE DITTATORE» DI CHARLIE CHAPLIN
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Noi tutti vogliamo aiutarci vicendevolmente. Gli esseri umani sono fatti così. Vogliamo vivere della reciproca felicità, ma non della reciproca infelicità. Non vogliamo odiarci e disprezzarci. Al mondo c'è posto per tutti. E la buona terra è ricca e in grado di provvedere a tutti.
La vita può essere libera e bella, ma noi abbiamo smarrito la strada: la cupidigia ha avvelenato l'animo degli uomini, ha chiuso il mondo dietro una barricata di odio, ci ha fatto marciare, col passo dell'oca, verso l'infelicità e lo spargimento di sangue. Abbiamo aumentato la velocità, ma ci siamo chiusi dentro. Le macchine che danno l'abbondanza ci hanno lasciato nel bisogno. La nostra sapienza ci ha resi cinici; l'intelligenza duri e spietati. Pensiamo troppo e sentiamo troppo poco. Più che di macchine abbiamo bisogno di umanità. Più che d'intelligenza abbiamo bisogno di dolcezza e di bontà. Senza queste doti la vita sarà violenta e tutto andrà perduto.
L'aereo e la radio ci hanno avvicinati. E' l'intima natura di queste cose a invocare la bontà dell'uomo, a invocare la fratellanza universale, l'unità di tutti noi. Anche ora la mia voce raggiunge milioni di persone in ogni parte del mondo, milioni di uomini, donne e bambini disperati, vittime di un sistema che costringe l'uomo a torturare e imprigionare gli innocenti. A quanti possono udirmi io dico: non disperate. L'infelicità che ci ha colpito non è che un effetto dell'ingordigia umana: l'amarezza di coloro che temono la via del progresso umano. L'odio degli uomini passerà, i dittatori moriranno e il potere che hanno strappato al mondo ritornerà al popolo. E finché gli uomini non saranno morti la libertà non perirà mai.
Soldati! Non consegnatevi a questi bruti, che vi disprezzano, che vi riducono in schiavitù, che irreggimentano la vostra vita, vi dicono quello che dovete fare, quello che dovete pensare e sentire! Che vi istruiscono, vi tengono a dieta, vi trattano come bestie e si servono di voi come carne da cannone. Non datevi a questi uomini inumani: uomini-macchine con una macchina al posto del cervello e una macchina al posto del cuore! Voi non siete delle macchine! Siete degli uomini! Con in cuore l'amore per l'umanità! Non odiate! Solo chi non è amato odia! Chi non è amato e chi non ha rinnegato la sua condizione umana! (sic)
Soldati! Non combattete per la schiavitù! Battetevi per la libertà! Nel Vangelo di san Luca è scritto che il regno di Dio è nell'uomo: non in un uomo o in un gruppo di uomini ma in tutti gli uomini! In voi! Voi, il popolo, avete il potere di rendere questa vita libera e bella, di rendere questa vita una magnifica avventura. E allora, in nome della democrazia, usiamo questo potere, uniamoci tutti. Battiamoci per un mondo nuovo, un mondo buono che dia agli uomini la possibilità di lavorare, che dia alla gioventù un futuro e alla vecchiaia una sicurezza.
Promettendo queste cose i bruti sono saliti al potere. Ma essi mentono! Non mantengono questa promessa. Né lo faranno mai! I dittatori liberano se stessi ma riducono il popolo in schiavitù. Battiamoci per liberare il mondo, per abbattere le barriere nazionali, per eliminare l'ingordigia, l'odio e l'intolleranza. Battiamoci per un mondo ragionevole, un mondo in cui la scienza e il progresso conducano alla felicità di tutti. Soldati uniamoci in nome della democrazia!
Hannah, mi senti? Ovunque tu sia, alza gli occhi! Alza gli occhi, Hannah! Le nubi si disperdono! E torna il sole! Usciamo dalle tenebre alla luce! Entriamo in un mondo nuovo, un mondo più buono, dove gli uomini saranno superiori alla loro ingordigia, al loro odio e alla loro brutalità. Alza gli occhi, Hannah! L'anima dell'uomo ha messo le ali e finalmente egli comincia a volare. Vola nell'arcobaleno, nella luce della speranza. Alza gli occhi, Hannah! Alza gli occhi! »
(da C. Chaplin, La mia autobiografia, Milano 1977, pp. 424-25).





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mercoledì, 10 ottobre 2007

Le ideologie
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«Le ideologie ritengono che una sola idea basti a spiegare ogni cosa nello svolgimento della premessa, e che nessuna esperienza [cioè nessun avvenimento] possa insegnare alcunché dato che tutto è compreso in questo processo coerente di deduzione logica»
 Hannah Arendt  da Il pensiero secondo Pagine scelte  Rizzoli

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sabato, 22 settembre 2007

La menzogna
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La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. E una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. E una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l'incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l'erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.
Gilbert Keith Chesterton
 

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domenica, 26 agosto 2007

L’uomo dio
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In questa scarsa scrupolosità nella scelta dei mezzi, in questo eroico "tutto è permesso" (predetto da Dostoevskij in "Delitto e castigo" e nei "Demoni") si manifesta nel grado piú alto la natura umano-divina dell’eroismo intellettualoide, la sua insita autodivinizzazione, il suo porsi al posto di Dio, al posto della Provvidenza, non solo negli scopi e nei piani ma anche nelle vie e nei mezzi di realizzazione. Io realizzo la mia idea e per essa mi libero dai legami della morale usuale, io mi permetto d’esercitare il mio diritto non solo sulla proprietà ma anche sulla vita e la morte degli altri, se ciò è necessario per la mia idea. In ogni massimalista si nasconde un piccolo Napoleone, socialista o anarchico. L’amoralismo, o secondo l’antica espressione il nihilismo, è la necessaria conseguenza dell’autodivinizzazione; qui sta in agguato il pericolo dell’autodistruzione, lo attende il fallimento inevitabile. Le amare delusioni da molti provate durante la rivoluzione, le scene indimenticabili di arbitrio, le espropriazioni, il terrore in massa, non s’è manifestato a caso, ma è stato invece uno scoprirsi delle potenze spirituali che necessariamente si calano nella psicologia dell’autodivinizzazione.
S. Bulgakov, L’eroe laico e l’asceta - in: AA. VV., La svolta. Vechi, L’intelligencija russa tra il 1905 e il 17, Jaka Book, Milano, 1970.

 

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venerdì, 27 luglio 2007

Il risultato della ideologia
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 Descrivo ciò che verrà, l’avvento del nichilismo.  Posso descriverlo ora perché si produce ora qualcosa di necessario…Questo futuro parla già con cento segni, questo destino si annuncia dappertutto; tutte le orecchie sono già ritte per questa musica del futuro. Tuttavia la nostra cultura europea si muove già da gran tempo con una tensione torturante che cresce di decennio in decennio, come si avviasse verso una catastrofe: inquieta, violenta, precipitosa, come un fiume che vuole sfociare, ma che non si rammenta più, che ha paura di rammentare”.
Nietzsche, 1887  

 

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mercoledì, 25 luglio 2007

L’IDEOLOGIA
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"Quando il cielo
si svuota di Dio,
 la terra
si popola di idoli"
Karl Barth

 

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ideologia

martedì, 24 luglio 2007

L’IDEOLOGIA
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“Noi siamo gli uomini peggiori di tutti i tempi perché non sappiamo cosa sia la verità. Di tutto noi conosciamo la menzogna, ma non sappiamo cosa sia la verità”
Andrè Malraux

 

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martedì, 17 luglio 2007

La menzogna
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 ...tutti i fatti possono essere cambiati e tutte le menzogne rese vere. [...] La realtà [...] è diventata un agglomerato di eventi in continuo mutamento e di slogan in cui una cosa può essere vera oggi e falsa domani. [...] Ciò in cui ci si imbatte non è tanto l'indottrinamento, quanto l'incapacità o l'indisponibilità a distinguere  tra fatti e opinioni.

(Hannah Arendt, Archivio Arendt – 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003,

 

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sabato, 14 luglio 2007

La Rivoluzione Francese

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intervista a Pierre CHAUNU:
Come l'89 c'è solo Hitler
tratto da Il Sabato, 29.4.1989, n. 17, p. 72-76
Di Antonio Socci
"Un'aula della Sorbona, a Parigi. Fuori un tiepido gennaio. Dentro comincia la prima lezione dell'anno 1989. Sulla cattedra è il professor Pierre Chaunu, una delle autorità per la storia moderna, membro dell'Institut de France, con una sessantina di titoli al suo attivo.
Esordisce in tono sarcastico: "Dunque questa è la prima lezione dell'anno: voi sapete che cadono nell'89 una quantità di anniversari importanti". E snocciola una filza di eventi storici, scientifici, economici, ma neanche una parola sulla Grande Commemorazione, quella che infiamma la Francia da otto anni: "Ho dimenticato qualcosa?" chiede beffardo il professor Chaunu, "no, non mi sembra ci sia altro di importante da ricordare". È stato il Grande Guastafeste del bicentenario della Rivoluzione. Brillante, corrosivo, preparatissimo, ha appena dato alle stampe un libro di fuoco, La révolution declassée, dove fa a pezzi il mito della Rivoluzione dell'89 e soprattutto il conformismo degli intellettuali di corte e la retorica di regime di questo bicentenario. I suoi stessi avversari non osano contestarlo: persino Max Gallo, obtorto collo, lo ha definito "un ottimo storico". Ed è praticamente invulnerabile, non essendo né cattolico, né reazionario (è infatti protestante e liberale). C'è una lunga tradizione liberale di critica aspra alla Rivoluzione, che comincia addirittura a fine Settecento con l'inglese Edmund Burke. Ma Chaunu si è spinto oltre. Ha guidato le ricerche di alcuni giovani e brillanti storici francesi fra documenti e dossier finora rimossi dalla storiografia ufficiale, e ne sono venuti fuori libri esplosivi, sconvolgenti, come quelli di Reynald Secher sul genocidio della Vandea.
Incontriamo Chaunu nella sua casa di Caen.

- Professore, il suo libro è uscito in Francia a marzo, già da alcuni anni lei si è ribellato al coro degli intellettuali e alle ingiunzioni del potere politico, contestando la legittimità di queste celebrazioni. Perché?
- È una mascherata indecente, un'operazione politica che sfrutta le stupidaggini che la scuola di Stato insegna sulla Rivoluzione. Pensi alle bétises del ministro della Cultura Lang: "L'89 segna il passaggio dalle tenebre alla luce". Ma quale luce? Stiamo commemorando la rivoluzione della menzogna, del furto e del crimine. Ma trovo scioccante soprattutto che, alle soglie del '92, anche tutto il resto d'Europa festeggi un periodo dove noi ci siamo comportati da aggressori verso tutti i nostri vicini, saccheggiando mezza Europa e provocando milioni di morti. Cosa c'è da festeggiare? Eppure qua in Francia ogni giorno una celebrazione, il 3 aprile, il 5, il 10. È grottesco.

- Ma è stato comunque un evento che ha cambiato la storia.
- Certo, come la peste nera del 1348, ma nessuno la festeggia. Ad un giornalista tedesco ho chiesto: perché voi tedeschi non festeggiate la nascita di Hitler? Quello è sobbalzato sulla sedia. Ma non è forse la stessa cosa?

- Dica la verità, lei è diventato reazionario. Ce l'ha con la modernità?
- Io sono liberale, con una certa simpatia per l'illuminismo tedesco e inglese. Ma proprio questa è la grande menzogna che pare impossibile poter estirpare: tu sei contro la Rivoluzione, dunque tu sei contro la modernità, sei per la lampada a petrolio e per la carrozza a cavalli. Al contrario. Io sono contro la Rivoluzione francese proprio perché sono per la modernità, per la penicillina, per il vaccino contro il vaiolo. Perché non festeggiamo Jenner che con la sua scoperta, dal '700 a oggi, ha salvato più di un miliardo di vite umane? Questo è il progresso. La Rivoluzione ha semmai bloccato il cammino verso la modernità; ha distrutto in pochi anni gran parte di ciò che era stato fatto in mille anni. E la Francia, che fino al 1788 era al primo posto in Europa, dalla Rivoluzione non si è più sollevata.

- Ma lei lo può dimostrare?
- Guardi, circa trent'anni fa ho contribuito a fondare la storia economica quantitativa, e oggi, con i modelli econometrici, chiunque può arrivare a queste conclusioni. Sono fatti e cifre. Tutte le curve di crescita del mio Paese si bloccano alla Rivoluzione. Era un Paese di 28 milioni di abitanti, il più sviluppato, creativo, evoluto, con un trend da primato: la Rivoluzione, insieme alle devastazioni sull'apparato produttivo, ha scavato un abisso di due milioni di morti, un crollo di generazioni che ha accompagnato il crollo economico. Nella produzione media pro-capite, Francia e Inghilterra, i due Paesi più sviluppati del mondo, avevano rispettivamente, nel 1780, un indice 110 e 100. Ebbene nel 1815 la Francia era precipitata a 60, contro 100 dell'Inghilterra, che da allora non ha avuto più concorrenti. È stato il prezzo della Rivoluzione.

- Ce ne spieghi almeno un motivo.
- Attorno al '93 - e per un decennio - la Francia ha cominciato a vivere al 78 per cento del prelievo sul capitale e per il 22 per cento sulle tasse e le rendite, che non venivano reinvestite, ma consumate, bruciate e rubate per arricchire la Nomenklatura. È stata una dilapidazione spaventosa, un impoverimento storico. Quando Chateaubriand è tornato in Francia, nel 1800, ha avuto un'intuizione fulminante: "è strano: da quando sono partito non hanno più pitturato persiane e porte". Quando le finestre sono sverniciate e le latrine non funzionano può star certo che c'è stata una rivoluzione.

- Ma comunque la Rivoluzione ha spalancato il pensiero umano.
- Oh, santo cielo! Ma è stata una colossale distruzione di intelligenze e di ricchezze. Se lei taglia la testa a Lavoisier, il fondatore della chimica moderna, a 37 anni, il costo per l'umanità è enorme. Moltiplichi quel caso per cento. Come finì tutta l'élite scientifica e intellettuale? Quelli che non sono emigrati sono stati massacrati. Una perdita gigantesca. Sarebbe questa la conquista della civiltà? Il 43 per cento dei francesi, nel 1788, sapeva firmare, sapeva scrivere. Dopo la Rivoluzione si crolla al 39 per cento, perché si erano sottratti i beni alla Chiesa (che per secoli aveva educato il popolo) e si erano distribuiti alla Nomenklatura.

- E le chiese trasformate in porcili e i tesori d'arte devastati.
- È vero: fecero a pezzi le statue di Notre Dame, distrussero Cluny, e quasi tutte le chiese romaniche e gotiche... Le ripeto: furto, menzogna e crimine, questa è la vera trilogia della Rivoluzione, che ha messo a ferro e fuoco l'Europa. I francesi sono persuasi che la democrazia sia nata nell'89 e che l'umanità abbia imitato loro. È pazzesco! In realtà la sola rivoluzione da festeggiare sarebbe quella inglese del 1668: da lì è venuto il sistema rappresentativo e il governo parlamentare, lo Stato liberale che tutta Europa ha imitato.

- Ma qualcosa di buono ci sarà pur stato: per esempio la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino.
- Quello fu l'inganno più perverso. Le due Costituzioni più democratiche che siano mai state fatte sono quella sovietica di Stalin del 1936 e quella dei ghigliottinatori francesi del 1793. I loro frutti furono orrendi. Al contrario, il Paese che ha fondato la libertà, l'Inghilterra, non ha mai avuto Costituzioni. Delle Dichiarazioni io me ne infischio! E d'altra parte libertà, fraternità e uguaglianza non esistono che davanti a Dio. Le dirò che il miglior giudizio sulla Dichiarazione dei diritti dell'uomo lo formulò Fustelle de Coulange, il più grande storico francese dell'800 e mio predecessore all'Accademia di scienze morali e politiche. Egli disse: questi principi hanno mille anni, semmai la Dichiarazione li formula in modo un po' astratto. Ma una cosa nuova c'è: hanno spacciato dei principi antichi per una scoperta loro e l'hanno usata come un'arma contro il passato. Questo è perverso.

- La conseguenza politica della Filosofia dei Lumi, no?
- No. L'Illuminismo c'è stato in tutta Europa. Kant non era certo da meno di Voltaire. Ma la Rivoluzione c'è stata solo qui da noi. Non si può certo credere che i francesi fossero gli unici a pensare, in Europa. Dunque non c'è un nesso storico. È una menzogna anche parlare di fatalità storica, inevitabile. La persecuzione contro la Chiesa e il progetto di sradicare il cristianesimo dalla Francia ebbe come sua prima causa degli interessi finanziari, non questioni metafisiche.

- Ci spieghi, professore.
- Nel XVII secolo tutti gli Stati europei hanno istituzioni rappresentative. La Francia però, a poco a poco, le lasciò cadere in desuetudine. Per questo divenne una sorta di paradiso fiscale, perché - è noto - non si possono aumentare le imposte senza istituzioni rappresentative. Un esempio: la pressione fiscale fra 1670 e 1780 in Francia rimane ad un indice 100, mentre in Inghilterra sale da 70 a 200, in proporzione. La Francia si trova così ad avere uno Stato moderno, un moderno esercito, 450mila uomini, una potenza di prim'ordine, ma con risorse finanziarie vicino alla bancarotta perché per poterle mantenere come l'Inghilterra dovrebbe aumentare le tasse del 100 per cento.

- Dunque viene chiamata ad affrontare la questione la rappresentanza del popolo, gli Stati generali.
- Sì, i rappresentanti eletti però sono la più colossale assemblea di dementi che la storia abbia mai visto. Irresponsabili. Sfrenati solo nelle pretese, perché nessuno voleva farsi carico dei sacrifici (basti pensare che fra i deputati del Terzo stato c'erano un banchiere, 30 imprenditori e 622 avvocati senza causa). Non capiscono nulla di economia, hanno chiaro solo che a pagare devono essere gli altri. Così cominciano a vedere cosa possono confiscare: prima sopprimono la decima alla Chiesa, che nessuno nel popolo chiedeva di sopprimere perché significava sopprimere i finanziamenti per le scuole e gli ospedali. Si confiscano i beni del clero, donati alla Chiesa nel corso dei secoli, che ammontavano però solo al 7-8 per cento delle terre. Si comincia a diffondere l'idea che la Chiesa nasconda i suoi tesori, si confiscano i beni delle Abbazie.

- E l'operazione si dà pure una maschera ideologica.
- Certo. Si impone la Costituzione civile del clero, perché senza modificare e manomettere la struttura della Chiesa non avrebbero potuto rubare. I beni della Chiesa, che da secoli mantenevano scuole e ospedali, vengono accaparrati da una masnada di 80mila famiglie di ladri, nobili e borghesi, destra e sinistra: è per questo che tuttora la Rivoluzione in Francia è intoccabile! Perché fu una Grande Ruberia a vantaggio della classe dirigente. Il furto ha bisogno della menzogna e della persecuzione perché non era facile imporre ai preti e al popolo il sopruso. Per questo si impose il giuramento ai preti e chi non giurò fu massacrato. La Rivoluzione è stata una guerra di religione.

- E in Vandea cos'è accaduto?
- Il popolo si ribellò per difendere la sua fede. Il Direttorio voleva imporre la coscrizione militare obbligatoria (è una loro invenzione perché fino ad allora solo i nobili andavano a far la guerra e per il tributo del sangue erano esonerati dalle tasse). Nello stesso giorno chiudono tutte le loro chiese. I contadini vandeani si sono ribellati: allora tanto vale morire per difendere la nostra libertà. Hanno imposto ai nobili, assai refrattari, di mettersi al comando dell'esercito cattolico di Vandea e sono andati al massacro, perché sproporzionata era la loro preparazione al confronto di quella dell'esercito di Clébert. Così la Vandea è stata schiacciata senza pietà. Ma vorrei ricordare che
sotto le insegne del Sacro Cuore combatterono anche dei battaglioni dei paesi protestanti della Vandea. Cattolici, protestanti ed ebrei affrontarono insieme la ghigliottina, per esempio a Montpellier, per difendere la libertà.

- Ma in Vandea non finisce così.
- Questo è il capitolo più orrendo.
Nel dicembre 1793 il governo rivoluzionario dà ordine di sterminare la popolazione delle 778 parrocchie: "Bisogna massacrare le donne perché non riproducano e i bambini perché sarebbero i futuri briganti". Questo scrissero. Firmato dal ministro della Guerra del tempo Lazare Carnot. Il generale Clébert si è rifiutato di eseguire quell'ordine: "Ma per chi mi prendete? Io sono un soldato non un macellaio". Allora hanno mandato Turreau, un cretino, alcolizzato, con un'armata di vigliacchi.

- Fu il massacro?
- Nove mesi dopo il generale Hoche, nominato comandante, arrivò in Vandea. Restò inorridito. Scrisse una lettera memorabile e ammirabile al governo della Convenzione: "Non ho mai visto nulla di così atroce. Avete disonorato la Repubblica! Avete disonorato la Rivoluzione! Io porto alla vostra conoscenza che a partire da oggi farò fucilare tutti quelli che obbediranno ai vostri ordini...". Cosa aveva visto? 250.000 massacrati su una popolazione di 600.000 abitanti, paesi e città rase al suolo e bruciate, donne e bambini orrendamente straziati. A Evreux e a Les Mains si ghigliottinavano a decine colpevoli solo di essere nati a Fontaine au Campte. Questo fu il genocidio vandeano. È questo che festeggiamo?

- Fece scandalo, nel 1983, quando lei, per la prima volta, usò la parola genocidio, imputando la Rivoluzione. Perché?
- I fatti parlano. Nessuno ha saputo negarli. E nulla può giustificare un simile orrore. Ma prima di me, nel 1894, fu un rivoluzionario socialista, Babeuf, che denunciò "il popolicidio della Vandea" (in un libro introvabile che noi abbiamo fatto ristampare). Non c'è differenza alcuna fra ciò che ha fatto il governo rivoluzionario in Vandea e ciò che ha fatto Hitler. Anzi una c'è. Hitler era scaltro e non dette mai per scritto l'ordine di eliminazione degli ebrei. Questi dell'89, oltreché assassini, erano anche stupidi e dettero l'ordine per scritto e lo pubblicarono perfino su Le Moniteur.

- Certe persecuzioni hanno rinsaldato la fede del popolo. Ma questa francese sembra aver cancellato la cristianità.
- Sì, è così. Per 15 anni fu resa impossibile la trasmissione della fede. Un'intera generazione. Pensi che Michelet fu battezzato a 20 anni e Victor Hugo non ha mai saputo se era stato battezzato o no. Le chiese chiuse. I preti uccisi o costretti a spretarsi e sposarsi o deportati e esiliati. Francamente io non capisco come oggi i cattolici possano inneggiare alla Rivoluzione, Altra cosa è il perdono e altra solidarizzare con i carnefici, rinnegando le vittime e i martiri. Penso che la Chiesa tema, parlando male della Rivoluzione, di sembrare antimoderna, di opporsi alla modernità. lo credo che sia il contrario. E sono orgoglioso che sia stato un Paese protestante come l'Inghilterra a dare asilo ai preti cattolici perseguitati. Infatti non c'è libertà più fondamentale della libertà religiosa."
Antonio Socci

 

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giovedì, 12 luglio 2007

La morte di Dio
 è la morte dell’uomo
***
 «Ci si è definitivamente liberati dell'eredità
morale dei secoli cristiani con le loro immense risorse di pietà e di sacrificio e i sistemi sociali hanno assunto connotati materialistici sempre più compiuti. In ultima analisi, si può dire che l'Occidente abbia sì difeso con successo e perfino con larghezza, i diritti dell'uomo, ma che nell'uomo si sia intanto completamente spenta la coscienza della sua responsabilità davanti a Dio e alla società. Durante questi ultimi decenni l'egoismo legalistico della filosofia occidentale ha prevalso definitivamente e il mondo si trova in un'acuta crisi spirituale e in un vicolo cieco politico. E tutti i successi tecnici, cosmo compreso, del tanto celebrato Progresso non sono in grado di riscattare la miseria morale nella quale è piombato il XX secolo».
Solgenitsin riabilitato dall'Unione degli Scrittori di Mosca, «Avvenire», 6 luglio 1989.

 

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La morte di Dio
 è la morte dell’uomo
***
Alla fine del diciannovesimo secolo  Nietzsche ha proclamato: Dio è morto. Ciò significa che si deve aspettare il regno dell'uomo... far risplendere la condizione dell'uomo con dei mezzi umani.
Ma che cosa si è fatto finora? Alla tensione verso Dio avrebbe dovuto seguire la tensione dell'uomo verso se stesso, verso il proprio superamento.
Al contrario è un appiattimento che ci tocca constatare: una vita borghese sdraiata nella comodità e nel piacere, un'arte di acquietamento, chiusa nella natura, non più di creazione e di conquista. La morte dell'uomo ha seguito quella di Dio»."

1 A. MALRAUX, Conferenza all'UNESCO, Revue Fontaine 1947, in «Études», VI, 1949,

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