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lunedì 13 febbraio 2012

ideologia2


L'Ideologia
 L'ideologia non è l'ingenua accettazione del visibile (cioè del reale), ma la sua intelligente cancellazione.
(Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, Ed. Di Comunità,


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arendt, ideologia

domenica, 13 maggio 2007

Berdiaev
 e l'anima nera della democrazia
***
Tempi num.51 del 15/12/2005
Dalla cronaca al pensiero



di Negri Luigi

Il carissimo amico prof. Adriano Dell'Asta, redattore della coraggiosa rivista La Nuova Europa mi ha fatto avere un inedito di Berdjaev del 1923 sulla democrazia. Attenti bene: nel 1923 era già in atto il grande terrore stalinista, che aveva dilatato e dilagato quello leninista. Ci sono geni (e Berdjaev è uno di questi) che hanno la straordinaria capacità di "leggere il presente" nel suo riferimento fondamentale e di intuirne profeticamente gli sviluppi. Mi limito a una brevissima selezione di questo testo che non esito a definire straordinario. «Per la prima volta nella nostra epoca la questione della democrazia è diventata una questione inquietante sul piano religioso. La democrazia significa l'autodivinizzazione umana e la negazione della fonte divina del potere. Il popolo basta a se stesso. A fondamento della democrazia non è stata posta la volontà di innalzare la vita, il desiderio della qualità e del valore. Voi avete creduto alla democrazia perché avete perso la fede nella giustizia e nella verità. Per voi giustizia e verità sono quello che vuole e dice il popolo».
Noi conosciamo un volto della democrazia che è anch'esso reale e costituisce l'ideale della convivenza sociale. è l'ethos del dialogo, del confronto che indica e sostiene le regole fondamentali per la vita della società civile, soprattutto per quanto riguarda il rapporto fra la istituzione statuale e le forme di autorealizzazione della società. Per tanto la democrazia vive delle "differenze": antropologiche, culturali, religiose, che si impegna a difendere e a promuovere.
Ma Berdjaev ci insegna che c'è anche un'anima nera della democrazia, che ha perseguitato, corrotto e negato la democrazia reale. La democrazia moderna e contemporanea ha preteso di nascere da una procedura meccanica, quasi tecnologica, non indifferente alle differenze ma negatrice delle differenze. Certo che la democrazia dice l'autodivinizzazione dell'uomo e ne celebra in modo irreversibile il suo potere individuale e sociale.
La democrazia moderna e contemporanea ha avuto il volto del totalitarismo, negatore della libertà e della dignità della persona, del suo impeto creativo. Ha reso prive di contenuto parole come il sacrificio dell'impegno, la vergogna del proprio peccato, l'amore gratuito dell'uomo per la donna e per i figli, la gioia della dedizione, la speranza dell'immortalità.
Berdjaev ci aiuta ad essere intelligenti oggi. Anche nel nostro paese, dietro la parola democrazia sta la dialettica fra teismo ed antiteismo, fra laicità e laicismo, fra pluralismo e totalitarismo. Siamo gli ultimi eredi di un tempo che ha tragicamente sperimentato la realtà delle parole di Berdjaev. Noi cristiani sappiamo di avere nel cuore un amore profondo per l'uomo e per la sua libertà. Sappiamo che dobbiamo lavorare, giorno dopo giorno, perché la laicità prevalga sul laicismo, il senso religioso di don Giussani sul razionalismo, il pluralismo sulla mentalità monoculturale ed omologante. Dobbiamo lavorare perché la cultura vinca definitivamente la tentazione della ideologia. Questo impegno significa per noi presenza e missione. Cioè offerta della nostra vita resa nuova dalla fede a tutti coloro che, nel profondo della vita, desiderano la Vita.
La fede che rende ogni giorno più umana la nostra esistenza ci mette accanto ad ogni uomo con il desiderio che finalmente si riapra il dialogo fra il suo cuore e l'avvenimento di Gesù Cristo
.
* Vescovo San Marino-Montefeltro


Postato da: giacabi a 22:44 | link | commenti
ideologia, berdiaev

giovedì, 18 gennaio 2007


L’ideologia
Gli uomini dei tempi nuovi, a partire dall'epoca del Rinascimento, si sono ammalati sempre più di Fede nel sistema, sostituendo erroneamente il senso della realtà con formule astratte che non hanno più la funzione di essere simboli della realtà, ma diventano un surrogato di essa. Così l'umanità si è immersa nell'illusionismo, nella perdita del contatto con il mondo e nel vuoto, il che inevitabilmente ha portato alla noia, allo sconforto, allo scetticismo corrodente, alla mancanza del buon senso. Uno schema, in quanto schema, per se stesso, se non è controllato dalla viva percezione del mondo, non può neanche essere seriamente valutato: qualunque schema può essere bello, cioè strutturato bene in se stesso. Ma la visione del mondo non è il gioco degli scacchi, non è costruire schemi a vuoto, senza avere il sostegno dell'esperienza e senza tendere risolutamente alla vita. Per quanto ingegnosamente possa essere strutturato in se stesso, senza queste basi e senza questo scopo ogni schema è privo di valore. Ecco perché credo che sia assolutamente necessario accumulare da giovani una concreta percezione del mondo, e darle forma solo a un'età più matura.
 P.A. Florenskij, Non dimenticatemi,


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ideologia, florenskij

sabato, 30 dicembre 2006

Totalitarismo: fabbricare la verità
***
Se la filosofia occidentale ha sempre sostenuto che la realtà è verità - in quanto ciò è ovviamente il fondamento ontologico della adaequatio rei et intellectus- il totalitarismo ne ha tratto la conseguenza che noi possiamo fabbricare la verità nella misura in cui fabbrichiamo la realtà; che non dobbiamo attendere fino a quando la realtà si rivelerà e ci mostrerà il suo vero volto, ma che possiamo creare una realtà le cui strutture ci saranno note sin dal principio poiché essa è integralmente un nostro prodotto. In altre parole, alla base di ogni trasformazione totalitaria dell'ideologia vi è in realtà la convinzione che essa diventerà vera, che lo sia o meno. In virtù di questa relazione totalitaria con la realtà, il concetto stesso di verità ha perso di senso.

Hannah Arendt  da Antologia
 Antologia. Pensiero, azione e critica nell'epoca dei totalitarismi

Postato da: giacabi a 08:44 | link | commenti
arendt, ideologia

giovedì, 12 ottobre 2006

da:http://www.pepeonline.it/

E nacque la massa,

la morte del popolo

Giovanna Jacob
La notte in cui l’Italia ha vinto i campionati mondiali di calcio tutta la penisola ha fatto festa. Il giorno successivo una folla oceanica si è riunita al Circo Massimo in Roma per accogliere come eroi i calciatori di ritorno dalla Germania. In quel tripudio di canti e balli, fra lo sventolio dei tricolori, sembrava materializzarsi, per un attimo, l’idea stessa di popolo. Negli ultimi anni abbiamo visto come un qualunque evento di piazza - che sia una manifestazione sindacale o una notte bianca - attiri sempre migliaia di persone in fuga dalla solitudine. Anche se non ne hanno coscienza, è un popolo cui appartenere che queste persone cercano. Ma lo cercano nel posto sbagliato.
Nel diciannovesimo e nel ventesimo secolo tutti invocavano il “popolo”: i nazionalisti, i comunisti, i nazisti. Ma invece di costruire dei popoli essi hanno radunato delle masse.
Prima la massa ideologica...
La massa è l’illusione del popolo. La differenza fra il popolo e la massa è che nel popolo si è fratelli anche se non ci si conosce, nella massa invece si è estranei anche se ci si chiama fratelli. Le ideologie infatti parlano sempre di fratellanza. Le ideologie sono sostanzialmente dei surrogati delle religioni, le manifestazioni di piazza sono le loro sante messe. Alzando le mani all’unisono (destre o sinistre non fa differenza) e gridando all’unisono gli stessi slogan, gli individui si sentono parte di un unico corpo collettivo. L’estraneità incolmabile che li separa gli uni dagli altri nella vita quotidiana sembra magicamente annullata per tutta la durata della manifestazione. La manifestazione è in effetti una momentanea sospensione del quotidiano, un surrogato della festa. Le manifestazioni sindacali che si tengono ogni primo maggio a piazza san Giovanni in Roma sono una fusione fra il vecchio raduno ideologico e la festa in discoteca, dove non è più l’ideologia ma il divertimento ad avvicinare illusoriamente gli estranei. La festa travestita da manifestazione (non a caso i no-global la chiamano ”festa di protesta”) ha gli stessi caratteri degli antichi riti dionisiaci. Gli adepti di Dioniso si procuravano uno stato di eccitazione sfrenata bevendo vino mescolato alla canapa. L’ideologia ha gli stessi effetti stupefacenti del vino mescolato alla canapa.

... che funziona solo se c’è l’invenzione di un nemico
Nel pieno dell’eccitazione collettiva gli adepti di Dioniso sbranavano animali e uomini (cos? almeno dicono gli storici antichi). Nel pieno dell’eccitazione collettiva gli adepti del culto ideologico invocano la distruzione di un “nemico da abbattere”. I nazionalisti invocano la guerra permanente contro le altre nazioni, i comunisti invocano l’estinzione della classe borghese, nazisti invocano la soppressione delle razze inferiori.
Nella visione ideologica il “nemico da abbattere” è allo stesso tempo il nemico dell’ideologia e il responsabile unico di tutto il male del mondo. Il Cristianesimo invece afferma che il male è nel cuore di ciascun uomo. Prima del peccato originale l’uomo era innocente e la natura era al suo servizio. Gli alberi del giardino dell’Eden erano prodighi di ogni ben di Dio. Dopo il peccato originale l’uomo è incapace di fare tutto il bene che vuole e la natura è una matrigna prodiga di catastrofi e avara di beni. La storia dell’umanità è la storia della violenza della natura sull’uomo e dell’uomo sull’uomo. In questa guerra l’unica a vincere è la morte. “Me misero, chi mi salverà da questo corpo votato alla morte?” urlava san Paolo. Ebbene il Salvatore è venuto.
Il Vangelo è l’annuncio di Dio che si fa uomo per salvare l’uomo. Il Cristianesimo è la più ottimista delle religioni.
Se dunque il cristianesimo afferma che tutti gli uomini sono inclini al male, le ideologie invece affermano che tutto il male del mondo è opera soltanto di una ristretta classe di individui, i quali sarebbero appunto i “nemici da abbattere
”. Nei confronti di questi nemici gli adepti delle ideologie provano più invidia che odio. In effetti il nucleo segreto di tutte le ideologie è l’invidia. Il marxismo giustifica l’invidia dei poveri per i ricchi affermando che i ricchi, per il solo fatto di essere ricchi, rubano ai poveri. Analogamente la propaganda nazista presentava i tedeschi come i poveri e gli ebrei come i ricchi borghesi che rubano ai poveri. Analogamente la propaganda islamista afferma che i paesi arabi sono derubati dal ricco e invidiato Occidente. In effetti i comunisti, i nazisti e gli islamisti nutrono la medesima invidia distruttiva per le “demoplutocrazie” occidentali. Ovviamente, ci fosse bisogno di dirlo, non è vero che le “demoplutocrazie” occidentali derubano il resto del mondo. L’80% delle ricchezze mondiali l’Occidente non le consuma (come dicono i no-global per giustificare i kamikaze) bensì le produce. Ma ovviamente gli adepti delle ideologie questo non lo sanno. Che siano i capitalisti, gli ebrei o gli occidentali, essi immaginano i “nemici da abbattere” come una minoranza di ricchi e potenti che organizzano l’infelicità universale.
Manzoni aveva intuito il potere di seduzione delle ideologie già alla metà del diciannovesimo secolo. Nei Promessi Sposi la folla di Milano si convince che per far cessare la carestia basti assaltare i forni, dove si ritiene che i fornai nascondano la farina per farla aumentare di prezzo. Analogamente gli adepti delle ideologie credono che per trasformare la terra in un paradiso basti fare fuori i “nemici da abbattere”. In effetti abbattere dei nemici qualsiasi è molto più facile che non affrontare le vere cause del male che corrompe la realtà intera e il cuore di ogni uomo. La lotta contro i “nemici da abbattere” è la scusa per non stare di fronte alla realtà con tutte le sue contraddizioni. In effetti il vero “nemico da abbattere” dell’ideologia è la realtà stessa. Le masse ideologiche vogliono distruggere la realtà per sostituirla col sogno della società perfetta. Ma quando si sostituisce alla realtà, il sogno della società perfetta diventa l’incubo del totalitarismo. Tralasciando le differenze fra il totalitarismo di destra e quello di sinistra, entrambi hanno prodotto soltanto distruzione e morte. Così dalla metà del ventesimo secolo le fallimentari ideologie non sono più riuscite a reggere la concorrenza di una ideologia oggi definitivamente vittoriosa: l’edonismo. Il cristianesimo afferma che il paradiso non è in questo mondo e che per seguire Cristo fino al paradiso bisogna trasportare la propria croce con umile rassegnazione. Più che Dio, l’ideologia utopica e quella edonista rifiutano la croce e il vero uomo e vero Dio inchiodato ad essa. L’ideologia utopica vuole trasportare il paradiso dal cielo alla terra, l’deologia edonista rimpiazza il paradiso che l’ideologia non sa produrre con il piacere immediato. Per il resto Dio può rimanere come consolante ipotesi postuma sia nella prospettiva utopica che in quella edonistica.

Poi la massa edonista...
Le vecchie ideologie promettevano la soddisfazione di un desiderio di felicità che, seppure era privato di ogni richiamo alla trascendenza, era riconosciuto come infinito. L’ideale della società perfetta era l’ideale della felicità perfetta. In un proclama dei brigatisti rossi, sicuramente i più coerenti fra i marxisti, si legge ad esempio: “Auspichiamo l’avvento di un’era basata su un lavoro scientifico politicamente motivato e immediatamente collegato alla produzione di felicità per tutti” (Il giornale, 30\10\03.
L’ideologia edonista invece rinnega l’infinità del desiderio. L’uomo edonista non desidera la felicità perfetta ma la vita comoda. Per scaricare le residue pulsioni religiose egli usa come valvola di sfogo il New Age. Per anestetizzare la morsa di un desiderio che ostinatamente non si appaga del piacere immediato egli usa la droga. Negli ultimi trenta anni il mercato della droga nei paesi occidentali si è poco meno che decuplicato. In effetti
il Sessantotto, l’ultima rivoluzione della modernità, ha segnato il passaggio dall’utopia all’edonismo, dal comunismo al consumismo, dall’ideale all’edonistica assenza di ideali.
In termini freudiani il Sessantotto ha sostituito il principio di realtà col principio di piacere. Il principio di realtà è tipico dell’età adulta, il principio di piacere è tipico dell’infanzia. L’adulto adatta i suoi desideri alla realtà mentre il bambino piccolo è convinto che sia la realtà ad adattarsi ai suoi desideri. L’adulto sa ad esempio che non può comprare nulla senza pagarlo e che non può pagarlo se non guadagna e che non può gudagnare se non lavora. Il bambino invece per avere ciò che desidera deve soltanto chiederlo alla mamma. Se poi la mamma non vuole accontentarlo, egli deve solo fare i capricci finché la mamma, esasperata, non cede alle sue richieste. Ebbene i figli del Sessantotto credono di avere diritto a tutto quello che desiderano per il solo fatto di desiderarlo.

... che crea i cittadini bambini
Nel momento in cui rinuncia all’infinito, il desiderio scade al rango di capriccio infantile. Nella prospettiva edonistica lo Stato non deve essere più un padre autoritario o totalitario (nazista o comunista) ma una mamma che soddisfa prontamente tutte le richieste dei cittadini-bambini. Se prima allo Stato si chiedeva di organizzare la felicità perfetta, adesso allo Stato si chiede di organizzare soltanto “un po’ di felicità” (per riprendere l’espressione di Romano Prodi) ovvero la vita comoda dalla culla alla tomba. Se lo Stato totalitario i “nemici da abbattere” li epurava direttamente invece lo Stato assistenziale si limita a punirli a suon di leggi sempre più liberticide e di tasse sempre più esorbitanti. Negli ultimi anni i cittadini-bambini considerano “nemici da abbattere” soprattutto i datori di lavoro, discendenti post-moderni dei vecchi “capitalisti sfruttatori del proletariato”. In effetti sia in Italia che in Francia si chiedono allo Stato, insistentemente, leggi contro il “precariato”. E se la mamma-Stato queste leggi non le fa i bambini vanno in piazza a rompere i giocattoli finché la mamma non li accontenta. “Mamma cattiva, mamma cattiva!”, sembravano urlare “les enfants de la patrie” che nel cuore di Parigi hanno giocato a rifare il Sessantotto nel 2006. E il 10 Aprile, stanca dei loro capricci, la “mamma” li ha accontentati rimuovendo la legge che consentiva ai datori di lavoro di licenziare senza giusta causa i giovani inferiori ai ventisei anni. Accecati dall’ideologia, “les enfants de la patrie” ignorano che questa legge avrebbe contribuito a risolvere il problema della crescente disoccupazione in Francia. Ma questo è un altro discorso.

Il bisogno di un ritorno al “popolo”
Durante la Prima guerra mondiale è stata distrutta la cattedrale di Reims. Questa distruzione segna, simbolicamente, l’inizio del secolo breve. Tutte le ideologie novecentesche vogliono distruggere il passato in nome delle sorti magnifiche e progressive dell’umanità liberata da Dio. Ma dopo avere distrutto il passato, il presente e la realtà intera, le ideologie non sono in grado di costruire nulla. Quindi ad un certo punto la violenza degli adepti dell’ideologia diventa fine a se stessa. Durante l’occupazione della Sorbona gli studenti hanno apportato danni alle cose per un minimo di circa seicento mila euro (L’espresso, 30 marzo 2006). Similmente l’11 marzo 2006 i militanti dell’estrema sinistra hanno distrutto automobili e vetrine lungo corso Buenos Aires a Milano. Da Seattle a Genova i no-global assumono dei comportamenti sempre meno distinguibili da quelli dei tifosi che, prima e dopo le partite, si scontrano con i tifosi avversi e con la polizia. Essi assumono comportamenti violenti non tanto per dare una visibilità mediatica a delle rivendicazioni che si fanno sempre più fumose ma per sfogare i loro istinti distruttivi come davanti ad un videogame. Essi distruggono per il semplice gusto di distruggere, la loro violenza è più edonistica che ideologica. Le ideologie cedono definitivamente il passo al nichilismo dionisiaco di Nietzsche. Infatti l’edonismo e il consumismo, figli naturali dell’ideologia, fanno rima con nichilismo. Dopo avere esaurito tutte le fonti del piacere, all’edonista non resta che il piacere dello sballo. Dopo avere consumato tutte le merci, il consumista consuma la sua mente. “Allargare la coscienza”, come si diceva nel Sessantotto, significa distruggerla. Dopo avere distrutto la realtà l’uomo moderno distrugge se stesso. L’Occidente intero si suicida per overdose (il consumo di droga nei paesi occidentali ha ormai proporzioni apocalittiche).
Il Novecento è iniziato con la distruzione della cattedrale costruita dal popolo del Medioevo. Nel Novecento le ideologie hanno aggregato masse, nel Medioevo il cristianesimo ha formato il popolo d’Europa. In che cosa si differenzia il popolo dalla massa? Nella massa la fratellanza è solo apparente, nel popolo la fratellanza è reale. La massa distrugge, il popolo costruisce. La distruzione è fuga dalla realtà, la costruzione, al contrario, è amore alla realtà.

Il popolo cristiano del Medioevo non ha mai pensato di distruggere la realtà per sostituirla con un sogno qualunque ma ha lavorato per migliorare la realtà. Ha bonificato terreni selvaggi, ha inventato nuove tecniche di produzione, ha cominciato ad investigare la natura per sfruttarne i segreti. Non ha seppellito nell’oblio la cultura latina e greca ma ne ha sviluppato tutti gli accenti di verità. I grattacieli costruiti a lode e gloria dell’umanità liberata da Dio sono effimeri (il cemento armato è estramamente deperibile); le cattedrali del Medioevo sfuggite alla voluttà distruttrice delle masse moderne sono ancora in piedi dopo quasi mille anni. I popoli dell’Europa medievale si sentivano parte di un’unica Chiesa. In effetti la Chiesa è il popolo per eccellenza. Il diciannovesimo secolo ha sostituito i popoli raccolti in nell’unico popolo di Cristo (dove tale unità esaltava l’identità di ognuno di essi) con le masse ideologizzate. I popoli sono amici fra loro, le masse ideologizzate invece sono nemiche fra loro. I popoli cristiani erano uniti contro un nemico esterno (l’Islam combattuto in Terra Santa, a Lepanto e a Vienna), le masse ideologizzate invece si sono massacrate fra di loro nel corso di due guerre mondiali. Spianando così la strada al nemico esterno di sempre.
Il ventesimo secolo ha rimpiazzato l’universalismo della Chiesa con l’internazionalismo del partito comunista. La forza di un partito è il numero dei suoi aderenti; la forza della Chiesa è l’intensità con cui il singolo porta dentro se stesso, se così si può dire, la Chiesa intera. Si può essere in due ed essere Chiesa. La civiltà occidentale emise i suoi primi vagiti nelle piccole oasi di lavoro e di preghiera che, alla caduta dell’impero romano, piccoli gruppi di monaci costruivano in mezzo a deserti di barbarie. Similmente, oggi l’infima minoranza cristiana è chiamata a distogliere la nostra civiltà malata dai suoi propositi suicidi.




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massa, ideologia

sabato, 16 settembre 2006

LE IDEOLOGIE
 Tutte le ideologie, poco o tanto, in primo luogo eliminano il passato e in secondo luogo violentano il presente, e questo è il segno chiaro della loro menzogna, è la negatività che si rende palese. Per l'ideologia d'oggi qual è il significato del passato? Negativo. Qual è il significato del presente? Negativo. Ma se il passato può essere dimenticato, il presente è presente, e allora lo si distrugge: invece di costruire.
Invece la verità guarda il passato e tira fuori dal passato il suo contributo alla costruzione, interpreta il passato, è una vera anamnesis, fa risorgere il passato nella figura che sta nascendo, che sta partorendo; e il presente è la doglia del parto.    
Don Giussani

tratto da:Che cosa abbiamo pensato, detto e fatto di più?



 jesus


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ideologia, giussani

venerdì, 28 luglio 2006

L'IDEOLOGIA
Questo brano tratto da: Rivoluzione e Contro-Rivoluzione dello storico cattolico Plinio Corrêa de Oliveira aiuta a  comprendere di più la realtà in cui viviamo : 
 ......1. LA RIVOLUZIONE NEGA IL PECCATO E LA REDENZIONE
        La Rivoluzione, come abbiamo visto, è figlia del peccato. Ma, se lo riconoscesse, si toglierebbe la maschera e si ribellerebbe contro la sua stessa causa.
        Si spiega, così, perché la Rivoluzione tenda non solo a passare sotto silenzio la radice di peccato dalla quale è sbocciata, ma a negare la nozione stessa del peccato. Negazione radicale, che include tanto la colpa originale quanto quella attuale e che si realizza principalmente:
        l Attraverso sistemi filosofici o giuridici che negano la validità e l’esistenza di qualsiasi legge morale o le danno i fondamenti vani e ridicoli del laicismo.
        l Attraverso mille procedimenti propagandistici che creano nelle moltitudini una condizione spirituale in cui, senza affermare direttamente che la morale non esiste, si fa astrazione da essa e in cui tutta la venerazione dovuta alla virtù è tributata a idoli come l’oro, il lavoro, l’efficienza, il successo, la sicurezza, la salute, la bellezza fisica, la forza muscolare, il godimento dei sensi, e così via.
        La Rivoluzione sta distruggendo nell’uomo contemporaneo la nozione stessa di peccato, la distinzione stessa fra il bene e il male. E, ipso facto, essa nega la Redenzione di Nostro Signore Gesù Cristo, che, senza il peccato, diventa incomprensibile e perde qualsiasi relazione logica con la storia e con la vita.
         2. ESEMPLIFICAZIONE STORICA: NEGAZIONE DEL PECCATO NEL LIBERALISMO E NEL SOCIALISMO
        In ognuna delle sue tappe la Rivoluzione ha cercato di sottovalutare e di negare radicalmente il peccato.
         
        A. La concezione immacolata dell’individuo
        Nella fase liberale e individualista la Rivoluzione ha insegnato che l’uomo è dotato d’una ragione infallibile, d’una volontà ferma e di passioni senza sregolatezze. Da ciò una concezione dell’ordine umano in cui l’individuo, considerato un essere perfetto, era tutto e lo Stato nulla o quasi nulla, un male necessario... forse provvisoriamente necessario. Fu il periodo in cui si pensava che la causa unica di tutti gli errori e di tutti i crimini fosse l’ignoranza. Aprire scuole voleva dire chiudere prigioni. Il dogma di base di queste illusioni fu la concezione immacolata dell’individuo.
        La grande arma del liberale per difendersi dalle possibili prepotenze dello Stato e per impedire la formazione di gruppi di potere che gli togliessero la direzione della cosa pubblica, era costituita dalle libertà politiche e dal suffragio universale.
         B. La concezione immacolata delle masse e dello Stato
        Già nel secolo scorso l’erroneità di questa concezione era diventata evidente, almeno in parte. Ma la Rivoluzione non indietreggiò. Invece di riconoscere il suo errore, lo sostituì con un altro. Fu la concezione immacolata delle masse e dello Stato. Gl’individui sono propensi all’egoismo e possono sbagliare. Ma le masse pensano sempre in modo giusto e non si lasciano mai trascinare dalle passioni. Il loro mezzo d’azione non soggetto a errore è lo Stato. Il loro mezzo d’espressione infallibile è il suffragio universale, dal quale derivano i parlamenti impregnati di pensiero socialista; o la volontà forte d’un dittatore carismatico, che guida sempre le masse alla realizzazione della loro volontà
        3. LA REDENZIONE MEDIANTE LA SCIENZA E LA TECNICA: L’UTOPIA RIVOLUZIONARIA
        Comunque, riponendo tutta la sua fiducia nell’individuo isolatamente considerato, nelle masse o nello Stato, la Rivoluzione confida nell’uomo. Reso autosufficiente mediante la scienza e la tecnica, l’uomo può risolvere tutti i propri problemi, eliminare il dolore, la povertà, l’ignoranza, l’insicurezza, insomma tutto quanto diciamo essere conseguenza del peccato originale o attuale.
        Un mondo nel cui seno le patrie unificate in una Repubblica Universale siano soltanto espressioni geografiche; un mondo senza disuguaglianze né sociali né economiche, diretto mediante la scienza e la tecnica, la propaganda e la psicologia, alla realizzazione, senza il soprannaturale, della felicità definitiva dell’uomo: ecco l’utopia verso la quale la Rivoluzione ci sta avviando.
        In tale mondo la Redenzione di Nostro Signore Gesù Cristo è del tutto inutile. Infatti l’uomo avrà superato il male con la scienza e avrà trasformato la terra in un “cielo” tecnicamente perfetto. E con il prolungamento indefinito della vita nutrirà la speranza di vincere un giorno la morte.
        Capitolo XII Carattere pacifista e antimilitarista della Rivoluzione
         
        Quanto abbiamo esposto nel capitolo precedente ci fa comprendere facilmente il carattere pacifista, e quindi antimilitarista, della Rivoluzione.
         
        1. LA SCIENZA ABOLIRÀ LE GUERRE, LE FORZE ARMATE E LA POLIZIA
        Nel paradiso tecnico della Rivoluzione la pace deve essere perpetua.
        Infatti la scienza dimostra che la guerra è un male. E la tecnica riesce a evitare tutte le cause di guerra.
        Da ciò una fondamentale incompatibilità fra la Rivoluzione e le forze armate, che dovranno essere completamente abolite. Nella Repubblica Universale vi sarà soltanto una polizia, finché i progressi della scienza e della tecnica non giungeranno a eliminare il crimine.
ideologia


Postato da: giacabi a 18:59 | link | commenti
ideologia, correa

martedì, 25 luglio 2006

L’INIZIO DEL PROCESSO DELLA DECADENZA
CRISTIANA  E  DELL’UMANITÀ
da: Rivoluzione e Contro-Rivoluzione di Plinio Corrêa de Oliveira
Nel secolo XIV si può cominciare a osservare, nell’Europa cristiana, una trasformazione di mentalità che nel corso del secolo XV diventa sempre più chiara. Il desiderio dei piaceri terreni si va trasformando in bramosia. I divertimenti diventano sempre più frequenti e più sontuosi. Gli uomini se ne curano sempre più. Negli abiti, nei modi, nel linguaggio, nella letteratura e nell’arte, l’anelito crescente a una vita piena dei diletti della fantasia e dei sensi va producendo progressive manifestazioni di sensualità e di mollezza. Si verifica un lento deperimento della serietà e dell’austerità dei tempi antichi. Tutto tende al gaio, al grazioso, al frivolo. I cuori si distaccano a poco a poco dall’amore al sacrificio, dalla vera devozione alla Croce e dalle aspirazioni alla santità e alla vita eterna. La Cavalleria, in altri tempi una delle più alte espressioni dell’austerità cristiana, diventa amorosa e sentimentale, la letteratura d’amore invade tutti i paesi, gli eccessi del lusso e la conseguente avidità di guadagni si estendono a tutte le classi sociali. Questo clima morale, penetrando nelle sfere intellettuali, produsse chiare manifestazioni di orgoglio, come per esempio il gusto per le dispute pompose e vuote, per i ragionamenti sofistici e inconsistenti, per le esibizioni fatue di erudizione, ed elogiò oltre misura vecchie tendenze filosofiche, delle quali la Scolastica aveva trionfato, e che ormai, essendosi rilassato l’antico zelo per l’integrità della fede, rinascevano sotto nuove forme. L’assolutismo dei legisti, che si pavoneggiavano nella conoscenza vanitosa del diritto romano, trovò in prìncipi ambiziosi un’eco favorevole. E di pari passo si andò estinguendo nei grandi e nei piccoli la fibra d’altri tempi per contenere il potere regale nei legittimi limiti vigenti al tempo di san Luigi di Francia e di san Ferdinando di CastigliaQuesto nuovo stato d’animo conteneva un desiderio possente, sebbene più o meno inconfessato, d’un ordine di cose fondamentalmente diverso da quello che era giunto al suo apogeo nei secoli XII e XIII.  L’ammirazione esagerata, e non di rado delirante, per il mondo antico, servì da mezzo d’espressione a questo desiderio. Cercando molte volte di non urtare frontalmente la vecchia tradizione medioevale, l’Umanesimo e il Rinascimento tesero a relegare in secondo piano la Chiesa, il soprannaturale ed i valori morali della religione. Il tipo umano, ispirato ai moralisti pagani, che quei movimenti introdussero come ideale in Europa, e la cultura e la civiltà coerenti con questo tipo umano, erano soltanto i legittimi precursori dell’uomo avido di guadagni, sensuale, laico e pragmatista dei nostri giorni, della cultura e della civiltà materialistiche in cui ci andiamo immergendo sempre più. Gli sforzi per un Rinascimento cristiano non giunsero a distruggere nel loro germe i fattori dai quali derivò il lento trionfo del neopaganesimo.  In alcune parti d’Europa esso si sviluppò senza portare all’apostasia formale. Notevoli resistenze gli si opposero. E anche quando s’insediava nelle anime, non osava chiedere loro — almeno all’inizio — una rottura formale con la fede.Ma in altri paesi attaccò apertamente la Chiesa. L’orgoglio e la sensualità, nel cui soddisfacimento consiste il piacere della vita pagana, suscitarono il protestantesimo. L’orgoglio diede origine allo spirito di dubbio, al libero esame, all’interpretazione naturalistica della Scrittura. Produsse la rivolta contro l’autorità ecclesiastica, espressa in tutte le sette con la negazione del carattere monarchico della Chiesa universale, cioè con la rivolta contro il papato. Alcune, più radicali, negarono anche quella che si potrebbe chiamare l’alta aristocrazia della Chiesa, ossia i vescovi, suoi prìncipi. Altre ancora negarono lo stesso sacerdozio gerarchico, riducendolo a una semplice delegazione da parte del popolo, unico vero detentore del potere sacerdotale. Sul piano morale, il trionfo della sensualità nel protestantesimo si affermò con la soppressione del celibato ecclesiastico e con l’introduzione del divorzio.
La gaia decadenza
 

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illuminismo, ideologia, correa

venerdì, 21 luglio 2006

Ancora sul libro: “La cacciata di Cristo”
di Rosa Alberoni
Parti di  un intervista rilasciata a www.radiomaria.it
…..Sorbi – Perché forse lei professoressa individua l’Occidente come terra del declino. Perché forse c’è un omicida che lei probabiilmente individua in Cartesio e Russeau. Perché questi due “omicidi”?
Alberoni – Questi sono gli antenati degli Anticristo, perché Cartesio ha rovesciato tutto: prima l’essere umano era al centro, cioè, “io esisto”… Ma è così, lo si capisce anche con il buon senso, chiunque di noi lo capisce. Noi prima esistiamo, siamo concepiti, veniamo al mondo, nasciamo, poi, quando arriviamo davvero a pensare, a saper ragionare?
A vent’anni? Mentre Cartesio, cosa ha fatto? Ha rovesciato. Ha messo prima c’è il pensiero. Al centro c’è il pensiero, perché dici: “Io penso, dunque esisto”… no, in realtà io esisto prima e quindi vengo da… sono stato creato da Dio, e solo dopo penso. Capisce la conseguenza? È uno spostamento. È una sorta di rivoluzione copernicana veramente!Quindi, mettendo al centro il pensiero, Cartesio ha fatto questa equazione. Rousseau nelle sue opere non parla di nessuna divinità. Non c’è Dio, non ci sono neanche gli dei pagani del passato. Non c’è nessun dio. L’uomo è sulla terra, appartiene alla terra. È una sorte di animale. Il selvaggio è un animale che non ha coscienza morale di nessun tipo.
Gironzola nel bosco, si accoppia a caso… cioè, segue le pulsioni, segue l’istinto. Capisce? È stata una cosa… non so perché non se ne sono accorti. Io me ne sono accorta di Rousseau, però e stato Giovanni Paolo II che mi ha illuminato,
con Cartesio, con due righe. E io li ho trovato la chiave, mi si è aperta una via luminosa… e dico: “Ecco perché è accaduto tutto ciò!”. Nel senso che poi Rousseau è stato applicato alla lettera da Robespierre. Quindi senza Dio… non a caso il tempio della dea Ragione, quindi al pensiero. Ecco perché torna Cartesio. Cristo non c’era. Ecco perché c’è stata la ghigliottina, c’è stato un grande mattatoio. Quindi là dove si caccia Cristo si possono distruggere gli esseri umani. Ma questo poi si è ripetuto anche col comunismo. La stessa cosa, perché il totalitarismo comunista, basato su Rousseau, ha scartato Cristo, ha scartato Dio. Non c’è Dio, non c’era nessun dio, c’era solo la materia! Si era figli della terra. E quando non c’è la fede, quando non c’è Cristo, al centro dell’esistenza ci sono gli stati totalitari. E il comunismo ha potuto fare quei cento milioni di morti e passa, per questo motivo. La stessa cosa ha fatto Hitler. Cristo non c’era, anche se non l’ha detto apertamente. Ma noi sappiamo qual’era il suo progetto… parlava di razza. Quindi ancora – come vede la terra. Radicati alla terra. La razza, il sangue e la terra… e noi sappiamo cosa ha fatto Hitler, gli abominevoli campi di sterminio coi quali tentò di sterminare il popolo ebraico. Capisce? Cristo, Dio, diventa una zanzara… si può uccidere l’uomo senza nessuno scrupolo…
…….Sorbi - Ecco, mi scusi, professoressa, è proprio per questo suo ragionamento, sia filosofico che sociologico che ritengo che questo libro sia molto utile per gli insegnanti che vogliono smascherare questi due soggetti dell’ “omicidio”dell’identità cristiana in Europa.
Alberoni – In realtà i personaggi sono quattro, perché bisogna aggiungere anche Carlo Marx e Hitler
Sorbi-   Ecco, ecco. Senta, proprio su questa attualità della coscienza morale lei ha approfondisce – specialmente nelle ultime parti del libro – questa enorme realtà dello scientismo. Ecco, ci faccia capire bene perché lei ne vede – oltre all’aspetto di grande utilità – anche una minaccia?
Alberoni – Bisogna spiegare agli ascoltatori che la scienza è un prodotto dell’uomo, e dev’essere al servizio dell’uomo. Lo e sempre stato. La scienza è un valore! Quando parliamo di scientismo diciamo questo, che ci sono alcuni scienziati – non tutti – alcuni, che rinnegano Dio, e che si vogliono mettere al posto di Dio. Vogliono tentare di creare loro l’uomo. Questa è la cosa aberrante, se ci pensiamo, perché vogliono andare a toccare la matrice umana.
Tant’è vero che alcuni politici, movimenti, gente comune, che difendono gli animali, c’è chi non vuole che si usino i topi per gli esperimenti… e io ho sempre detto, ma cosa vuole, che usino i bambini? Ma certo che si deve usare il topo, e non i bambini! E invece questi signori non hanno nessuno scrupolo di usare l’embrione – e tutti siamo stati embrione– per mettere in atto i loro esperimenti, magari capaci un domani di produrre mostri, mentre difendono gli animali.
Questa per me è una cosa che mi fa tremare il cuore. Mi trema il cuore alla sola idea. Tant’è vero che se poi andiamo a vedere cosa è capitato negli stati totalitari dove l’aborto è stato ammesso subito, possiamo osservare come nell’Unione Sovietica la legge sull’aborto è entrate in vigore nel 1920. Quindi, tra gli scientisti e gli abortisti, noi vediamo che su lpianeta abbiamo sterminato più noi, in modo subdolo, tanti esseri umani, con l’aborto, quanto ne abbia fatto la guerra.
Capisce? Le due guerre mondiali. E anche i morti a causa del comunismo, anche in Cina. È una cosa subdola. Noi, e qui aveva ragione Giovanni Paolo II, come ha ragione Papa Ratzinger adesso, che è una minaccia così subdola… e  chi pretende, chi vuole la libertà di cercare, di poter usare gli embrioni, pretende dallo Stato una cosa assurda. C’è la licenza di uccidere… Ma non si può dare questo! Non si può fare! Qui ci dobbiamo ribellare, perché in modo nascosto si uccide così, tranquillamente, e non si paga presso. Poi si parla dell’orrore della prima o della seconda guerra mondiale… Certo che sono degli orrori! Sono dei mostri che abbiamo prodotto. Pero non ci facciamo belli. Nell’epoca di guerra, quanti bambini abbiamo sterminato?

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