Il desiderio
***
Sebbene
è spento nel mondo il grande e il bello e il vivo, non ne è spenta in
noi l’inclinazione. Se è tolto l’ottenere, non è tolto nè possibile a
togliere il desiderare. Non è spento nei giovani l’ardore che li porta a
procacciarsi una vita, e a sdegnare la nullità e la monotonia. Ma
tolti gli oggetti ai quali anticamente si era rivolto questo ardore,
vedete a che cosa li debba portare e li porti effettivamente. L’ardor
giovanile, cosa naturalissima, universale, importantissima, una volta
entrava grandemente nella considerazione degli
uomini di stato. Questa materia vivissima e di sommo peso, ora non
entra più nella bilancia dei politici e dei reggitori, ma è considerata
appunto come non esistente. Frattanto ella esiste ed opera senza
direzione nessuna, senza provvidenza, senza esser posta a frutto (opera
perchè quantunque tutte le istituzioni tendano a distruggerla, la
natura non si distrugge, e la natura in un vigor primo freschissimo e
sommo com’è in quell’età) e laddove anticamente era una materia
impiegata e ordinata alle grandi utilità pubbliche, ora questa materia
così naturale, e inestinguibile, divenuta estranea alla macchina e
nociva, circola e serpeggia e divora sordamente come un fuoco elettrico,
che non si può sopire nè impiegare in bene nè impedire che non iscoppi
in temporali in tremuoti ec.***
Leopardi (1. Agosto 1820.).
grazie a:http://pannacioccolata.splinder.com
Postato da: giacabi a 20:51 |
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desiderio, leopardi
Il cuore
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Fabrice Hadjadj, 28 agosto 2010, Meeting di Rimini
Postato da: giacabi a 16:54 |
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desiderio, hadjadj fabrice
Cos'è la nostalgia?
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martedì 26 luglio 2011
Nostalgia è una parola che deriva dal greco ed è composta da due elementi. Il primo è il suffisso algìa, che indica un dolore, una sofferenza. La parte che precede il suffisso descrive la causa di quel dolore.
In
ambito genericamente medico il percorso è lineare: per esempio,
sciatalgia vuol dire che a far soffrire è il nervo sciatico. Nel nostro
caso è un po’ diverso; la prima parte della parola - nostos - non è ciò che fa soffrire; anzi è la sua mancanza che provoca il dolore. Nostos significa
ritorno; quindi la nostalgia è quella sofferenza, meglio sarebbe dire
struggimento, che si prova aspettando un ritorno.
Ma
ritorno di chi o di che cosa? Originariamente - e la parola è stata
ideata proprio in questo contesto - la nostalgia riguarda il desiderio
acuto e inguaribile che hanno l’esiliato, il pellegrino, chi per
svariate ragioni si trova lontano dalla propria casa e dalla propria
terra di farvi ritorno. È un ritorno che riguarda il futuro.
Altri
ritorni si volgono invece al passato; è nostalgia il desiderio di
tornare agli anni della spensierata giovinezza, di rivivere l’inizio di
un amore quando esso aveva tutta la sua intensità e purezza, di riandare
ai primi passi di un’amicizia non ancora macchiata da incomprensioni o
tradimenti.
A
livello non più personale ma sociale, si può accennare al grande mito
del ritorno all’età dell’oro, che ha caratterizzato numerose culture; di
fronte a un presente troppo complesso e duro, gli uomini hanno
immaginato, con infinite sfaccettature, una mitica società primitiva del
tutto esente dai dolori e dalle criticità dell’esperienza presente e a
quell’età dell’oro, ormai sfumata nelle nebbie di un passato
lontanissimo, hanno rivolto il loro nostalgico sguardo.
La
nostalgia può anche riguardare il ritorno di qualcuno diverso dal
soggetto che la prova. È una forma di nostalgia quella del bambino che
attende con ansia che la mamma venga a riprenderlo all’asilo, quella
dell’adolescente che sbircia fuori dalla finestra in attesa che lei
passi di fronte a casa sua, quella di chi desidera che un caro amico
torni da un lungo viaggio.
In
questo caso, il movente della nostalgia non è più l’assenza incolmabile
di un passato che non può tornare, bensì quella infinitamente più dolce
di una presenza che c’è, anche se è lontana e quindi deve tornare.
È
evidente che, quanto più forte è il legame che ci lega alla persona
attesa, tanto maggiore è la forza della nostalgia. In sommo grado,
quindi, la nostalgia è di colui il cui ritorno e più di ogni altro
desiderato e desiderabile, Dio.
Ma
da dove dovrebbe mai tornare Dio? Egli, dice il vecchio, catechismo, «è
in cielo, in terra e in ogni luogo» e quindi il suo ritorno è per forza
molto diverso da quello di un amico che vive lontano e molto diversa
sarà la nostalgia che ne deriva. Se Dio è la consistenza ultima e
profonda - tenax vigor dice un inno - di tutte le cose e il
significato di ogni avvenimento, il suo tornare non può che essere il
manifestarsi chiaro di questo.
La
nostalgia è dunque paradossalmente del ritorno di uno che non se n’è
mai andato. L’amico lontano era già tornato e io non lo sapevo o non me
n’ero accorto perché guardavo altrove. E ora che so che è qui ho ancora
più nostalgia perché vorrei sapere tutto di lui e dirgli tutto di me.
© Riproduzione riservata.
Postato da: giacabi a 11:02 |
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perle, desiderio
Professore, c’è un «calo del desiderio»?
«Distinguerei
tra grandi e piccoli desideri. Questi ultimi sono quelli di chi
desidera che le giornate siano piene di ricchezza, di luce e di fortuna; ad essere in crisi, oggi, mi sembra il grande desiderio.
Esso è vivo solo quando è attraversato da un’indomita aspirazione
all’infinito, che sopravvive anche quando i piccoli desideri della vita
quotidiana vengono infranti, si cancellano, non si realizzano. La grande
crisi di oggi è il venir meno del desiderio di Dio, così che il futuro è
soltanto quello delle piccole, diuturne aspirazioni, le quali finiscono
purtroppo per rappresentare il solo orizzonte di vita al quale oggi
siamo portati un po’ tutti. Ecco, il tema del Censis andava forse
disarticolato in questi due aspetti».
Secondo lei c’è oggi il rischio di confondere una crisi antropologica con una patologia?
«Se distinguiamo i piccoli, effimeri, precari, temporanei e insignificanti desideri dai grandi desideri, i desideri che danno un senso alla vita vivono solo in chi sia persona, consapevole del fatto che il significato dell’esistenza si realizza solo se noi entriamo in comunione - e non appena in comunicazione - con gli altri, in un dialogo virtualmente senza fine. Con gli altri e ultimamente con Dio, che è il fondamento di ogni desiderio reale».
Chi attenta all’integrità del nostro desiderio?
«Il nichilismo è quel veleno che si esprime, anche quotidianamente, nel contesto della ricerca di beni, di occasioni, di orizzonti che non hanno però l’afflato l’espansione la grandezza e la nobiltà dei grandi desideri. Se questi vanno in crisi, è ovvio che anche i piccoli desideri si manifestino nella loro inconsistenza. Da questo contraccolpo può scaturire la depressione».
Secondo lei c’è oggi il rischio di confondere una crisi antropologica con una patologia?
«Se distinguiamo i piccoli, effimeri, precari, temporanei e insignificanti desideri dai grandi desideri, i desideri che danno un senso alla vita vivono solo in chi sia persona, consapevole del fatto che il significato dell’esistenza si realizza solo se noi entriamo in comunione - e non appena in comunicazione - con gli altri, in un dialogo virtualmente senza fine. Con gli altri e ultimamente con Dio, che è il fondamento di ogni desiderio reale».
Chi attenta all’integrità del nostro desiderio?
«Il nichilismo è quel veleno che si esprime, anche quotidianamente, nel contesto della ricerca di beni, di occasioni, di orizzonti che non hanno però l’afflato l’espansione la grandezza e la nobiltà dei grandi desideri. Se questi vanno in crisi, è ovvio che anche i piccoli desideri si manifestino nella loro inconsistenza. Da questo contraccolpo può scaturire la depressione».
(Intervista a E.Borgna, psichiatra)
Postato da: giacabi a 13:55 |
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desiderio
IL DESIDERIO
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Se la verità è amore che si manifesta, la bellezza è amore che si realizza.
Quando Dante entra in Paradiso, sente e vede cose che provocano questa
reazione: “La novità del suono e ‘l grande lume / di lor cagion
m’accesero un disio / mai non sentito di cotanto acume”. Sperimenta un
desiderio mai provato prima di allora, causato da cosa?
La novità della bellezza percepita. Senza bellezza spariscono il bene e
la verità. Il bene perde desiderabilità e la verità non ha più forza
persuasiva. Già lo diceva Leopardi:
“Ma con l’esperienza, (il giovane) trovandosi sempre in mezzo ad
eccessive piccolezze, malvagità, sciocchezze, bruttezze ecc. A poco a
poco si abitua a stimare quei piccoli pregi che prima disprezzava, a
contentarsi del poco, a rinunziare alla speranza dell’ottimo o del
buono, e a lasciar l’abitudine di misurar gli uomini e le cose con se
stesso”. La sfida è trovare la bellezza nascosta nel quotidiano,
trasformando in versi la prosa dell’ordinario».
(D’Avenia, insegnante e scrittore)
Postato da: giacabi a 13:49 |
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desiderio, leopardi
Il più alto desiderio
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«Che il più alto desiderio,***
e quel che fa la grandezza dell’uomo, sia il desiderio all’infinito,
il desiderio che nulla ferma o addormenta, poiché nulla
di finito può soddisfarlo, ciò costituisce un pensiero
propriamente cristiano, per il fatto che il desiderio
all’infinito ha per verità il desiderio dell’infinito,
il desiderio di Dio stesso.
Un tale pensiero si oppone radicalmente a tutta la saggezza greca antica, per la quale un desiderio senza limite sarebbe il segno della dismisura e della follia, il cammino sicuro verso l’infelicitào la disperazione».
J.-L. Chrétien, La Joie spacieuse, Les Éditions de Minuit, Paris 2007, p. 196.
Postato da: giacabi a 21:12 |
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dio, desiderio, senso religioso
IL DESIDERIO
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"Non c'è anima tanto debole che non sia in grado di acquisire un potere assoluto sulle passioni. Entrambi viviamo qualcosa di veramente terribile, il desiderio dell'assoluto, del sublime, del perfetto. E' per questo che lui svolazza da persona a persona ed è ancora per questo che io non mi concedo a nessuno."
Vatel, Gerard Depardieu e la Crema Chantilly
Postato da: giacabi a 19:37 |
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desiderio
CENSIS/ Franco Loi: il desiderio in noi non si spegne, me lo ha insegnato un operaio
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INT.
Franco Loi
giovedì 16 dicembre 2010
«Ha
ragione don Giussani a parlare di appiattimento del desiderio. È il
male della nostra epoca. Ma nessuna crisi farà smettere il nostro
spirito di desiderare, perché è il rapporto col mistero che dà uno
spessore indistruttibile al nostro desiderio. Però dobbiamo saperlo».
Franco Loi, poeta e scrittore, parla con il sussidiario del volantino di Cl. «Nessuna crisi farà smettere il nostro spirito di desiderare»
C’è una crisi del desiderio, dice il Censis. È così?
Dipende.
Cosa vuol dire crisi del desiderio? È possibile non desiderare più? Chi
lo dice non sa che cos’è l’uomo. Ci sono tanti desideri: di stare bene,
dei soldi, di una donna, della fama, del sapere. Non sono gli unici.
Julián
Carrón, parlando di recente ad una platea di imprenditori, ha iniziato
con una citazione della scrittrice americana Flannery O’Connor: «se la vita ci soddisfacesse, fare letteratura non avrebbe alcun senso».
È vero. È lo stesso per tutto quello che l’uomo fa. Non
siamo soddisfatti perché al nostro vero desiderio non bastano i beni
limitati e materiali. Il desiderio che non è mai sazio è il desiderio di
Dio. Non è più questione di pensiero, ma di un anelito alla perfezione
che prende tutto il nostro essere.
Lei è un poeta. Cosa vuol dire per lei questo desiderio?
Il
raziocinio, come ha detto bene Hölderlin, si ferma di fronte
all’assoluto. Nessuno può dare una spiegazione razionale del mistero. Ma
nell’arte l’assoluto non è più solo un’immagine mentale: lo sento con
tutto me stesso come esistente. Allora è il rapporto col mistero che dà
una fisionomia, uno spessore indistruttibile al nostro desiderio.
«Nell’appiattimento
del desiderio - ha detto Luigi Giussani - ha origine lo smarrimento dei
giovani e il cinismo degli adulti; e nella astenia generale
l’alternativa qual è? Un volontarismo senza respiro e senza orizzonte,
senza genialità e senza spazio, e un moralismo d’appoggio allo Stato
come ultima fonte di consistenza per il flusso umano». È d’accordo?
Ecco,
vede cosa dice? “Nell’appiattimento del desiderio”. Dire che ci viene a
mancare il desiderio, è troppo, è teorico, astratto. Ma l’appiattimento
del desiderio, sì. È l’abbassamento del desiderio a tutto ciò che è
materiale. È questo che dice Giussani. E ha ragione, perché la maggior
parte della gente non sa cosa desidera. Desiderano le cose, ma il
desiderio di felicità è ben oltre. Cos’è la felicità? C’è gente che è
ricca, sta bene, ha tutto, e piange. Perché? Quando muore sua madre,
anche Berlusconi piange. Ma chi crede sa che non si muore.
È il benessere che ha «appiattito» il nostro desiderio di infinito?
Certamente
è anche questo. Quando io ero ragazzo e si arrivava al fondo della
questione, tutti - cattolici e comunisti, ma soprattutto i contadini e
gli operai - dicevano: non c’è più religione! Non
c’entra la fede, ma il fatto che il desiderio di infinito che è in noi è
stato tradito. Chi ha affinato lo sguardo e ha una coscienza sveglia,
capisce che l’uomo non è solo corpo, e ha dentro desideri così profondi
che parlano di una realtà che non finisce. Ma chi non ha l’abitudine di
guardarsi dentro, di farsi una sua opinione delle cose, è destinato ad
essere dominato dall’esterno.
Chi o che cosa può ridestare il desiderio? È questo - si dice nel volantino - il problema culturale della nostra epoca...
Lo
possono fare uomini che hanno rivolto il proprio desiderio allo
spirito, persone che desiderano Dio più di ogni altra cosa. Erano così
don Giussani, don Milani, madre Teresa, san Francesco. La Chiesa non li
ha accolti sempre bene. Oggi uno come san
Francesco lo chiuderebbero in manicomio. Ma non parlo di un vago
spiritualismo: il desiderio di persone così è lo stesso che muove anche
la cultura.
Cos’è secondo lei la cultura?
L’ho
imparato da un operaio, che una volta mi disse: io amo il mio lavoro,
perché mentre lavoro se sto attento imparo qualcosa del ferro e qualcosa
di me. Avere cultura vuol dire scoprire che noi non siamo solo corpo ma
anche qualcos’altro, e questo qualcos’altro è quello che io, qualunque
cosa faccia, voglio scoprire sempre di più.
La bellezza può ridestare il nostro desiderio?
È una strada. Ma è come per il desiderio: quale bellezza? Noi
desideriamo profondamente una bellezza che ci porti alla verità.
Cerchiamo la bellezza dell’essere, completo, intero, non quella della
forma esteriore; non la bellezza estetizzante, ma la luce che brilla
dentro gli uomini. E infatti noi guardiamo sempre una persona negli
occhi, perché è da lì che capiamo chi è... Abita dentro, la bellezza,
non fuori.
Postato da: giacabi a 22:01 |
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desiderio, loi
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“Nella semplicità del cuore, ti offro tutto lietamente, Signore”
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“La volontà di Dio, qualunque essa sia: questa è la mia gioia, la mia felicità, la mia pace.”
BEATA M.GABRIELLA SAGHEDDU
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Postato da: giacabi a 06:39 |
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perle, desiderio, santi, cristianesimo
Il desiderio
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165|Il sentimento della nullità di tutte le cose, la insufficienza di tutti i piaceri a riempierci l'animo, e la tendenza nostra verso un infinito che non comprendiamo, forse proviene da una cagione semplicissima, e più materiale che spirituale. L'anima umana (e così tutti gli esseri viventi) desidera sempre essenzialmente, e mira unicamente, benché sotto mille aspetti, al piacere, ossia alla felicità, che considerandola bene, è tutt'uno col piacere.
Questo desiderio e questa tendenza non ha limiti, perch'è ingenita o
congenita coll'esistenza, e perciò non può aver fine in questo o quel
piacere che non può essere infinito, ma solamente termina colla vita. E
non ha limiti 1. né per durata, 2. né per estensione. Quindi non ci può
essere nessun piacere che uguagli 1. né la sua durata, perché nessun
piacere è eterno, 2. né la sua estensione, perché nessun piacere è
immenso, ma la natura delle cose porta che tutto esista limitatamente e tutto abbia confini, e sia circoscritto.
Il detto desiderio del piacere non ha limiti per durata, perché, come
ho detto non finisce se non coll'esistenza, e quindi l'uomo non
esisterebbe se non provasse questo desiderio. Non ha limiti per
estensione perch'è sostanziale in noi, non come desiderio di uno o più
piaceri, ma come desiderio del piacere. Ora
una tal natura porta con se materialmente l'infinità, perché ogni
piacere è circoscritto, ma non il piacere la cui estensione è
indeterminata, e l'anima amando sostanzialmente il piacere,
abbraccia tutta l'estensione immaginabile di questo sentimento, senza
poterla neppur concepire, perché non si può formare idea chiara di una
cosa ch'ella desidera illimitata. Veniamo alle conseguenze. Se tu desideri un cavallo, ti pare di desiderarlo come cavallo, e come un tal
piacere, ma in fatti lo desideri come piacere astratto e illimitato.
Quando giungi a possedere il cavallo, |166|trovi un piacere
necessariamente circoscritto, e senti un vuoto nell'anima, perché quel
desiderio che tu avevi effettivamente, non resta pago. Se anche fosse
possibile che restasse pago per estensione, non potrebbe per durata,
perché la natura delle cose porta ancora che niente sia eterno. E posto
che quella material cagione che ti ha dato un tal piacere una
volta, ti resti sempre (p.e. tu hai desiderato la ricchezza, l'hai
ottenuta, e per sempre), resterebbe materialmente, ma non più come
cagione neppure di un tal piacere, perché questa è un'altra proprietà
delle cose, che tutto si logori, e tutte le impressioni appoco a poco
svaniscano, e che l'assuefazione, come toglie il dolore, così spenga il
piacere. Aggiungete che quando anche un piacere provato una volta ti
durasse tutta la vita, non perciò l'animo sarebbe pago, perché
il suo desiderio è anche infinito per estensione, così che quel tal
piacere quando uguagliasse la durata di questo desiderio, non potendo
uguagliarne l'estensione, il desiderio resterebbe sempre, o di piaceri
sempre nuovi, come accade in fatti, o di un piacere che riempiesse tutta
l'anima. Quindi potrete facilmente concepire come il piacere sia
cosa vanissima sempre, del che ci facciamo tanta maraviglia, come se ciò
venisse da una sua natura particolare, quando il dolore la noia ec. non
hanno questa qualità. Il
fatto è che quando l'anima desidera una cosa piacevole, desidera la
soddisfazione di un suo desiderio infinito, desidera veramente il piacere, e non un tal piacere;
G. Leopardi da Lo Zibaldone 12...23 Lug.1820
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Postato da: giacabi a 20:56 |
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desiderio, leopardi
Il desiderio
***
<< Qualcuno sostiene che etimologicamente la parola desiderio venga da de-sidera: de è il complemento di argomento in latino, che introduce l'argomento di cui si parla, sidera sono le stelle. La parola desiderio vuol dire "tutto ciò che muove" - perchè anche il desiderio di questo bicchiere d'acqua è un desiderio - tutti i tuoi desideri (la donna, il bene, i soldi, la macchina, il mangiare, il bere, il dormire, lo star bene) tu
non lo sai, ma sono in realtà movimenti verso le stelle, sono la
dimostrazione, il mostrarsi dell'unico vero desiderio che ti muove, che è
quello di un destino buono di una vita buona, vera, giusta, bella:
della felicità. Il desiderio di questo bicchiere d'acqua ha
scritto nella parola desiderio che c'entrano le stelle. Questa è l'idea
che ha il medievale, è l'idea che ha l'uomo religioso.
Che tutti i nostri desideri, e, perciò, tutti i nostri movimenti, i moti del cuore, quello che vi dico questa sera, quello che ti attrae della tua donna, i tuoi figli, tutto, tutto si muove perchè desidera tornare all'Essere, a Dio. >>
(tratto da "Alla ricerca dell'io perduto - Conversazioni sull'Inferno" di Franco Nembrini)
grazie a : http://sofijeja.spaces.live.com/blog/ |
Postato da: giacabi a 14:19 |
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desiderio, nembrini
Il desiderio dell’uomo
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“visto all'origine l'essere umano assomiglia a una ferita che non può rinchiudersi”
Maria Zambrano
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Postato da: giacabi a 08:23 |
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desiderio, zambrano
La dittatura del desiderio
***
“Il mondo nuovo si annuncia così, con la dittatura del desiderio, la sua trasformazione in diritto, con l’intrusività onnipotente della tecnica,
che forgia la cultura e impone la sua falsa coscienza o ideologia, e
parole come terapia, autodeterminazione della donna, diritto a un figlio
sano, decostruzione della famiglia e del matrimonio trionfano senza
antidoti, senza discussione vera, senza esame razionale. Chi vuole
verificare il mondo nuovo, illuminarne i significati, commisurarli alla
realtà finita dell’umanità o all’infinità del divino, nel caso dei
credenti, è considerato oscurantista. La devozione moderna trionfa
dovunque, senza il limite del confronto razionale, e tende a farsi
dottrina, conformismo di massa”
G. Ferrara su “Il Foglio”, 17.01 .2005
“Questa
concentrazione di nuovi poteri si giustifica da sé in nome dei diritti,
che sono l'assoluto contenuto nell'estremo relativismo: un diritto
stabilito da una maggioranza è di per sé giusto, basta a se stesso. Chi
lo contesta è un cattivo teologo, un prete reazionario, uno strano
animale laico e miscredente infervorato dal fanatismo delle guerre
culturali. Tutta gente da evitare. In fondo, ci spiegano, si tratta di
minoranze, di comportamenti e autorizzazioni che riguardano pochi, se
proprio volete potete continuare a vivere all'antica, non si sa per
quanto tempo, anche nel mondo nuovo. Non c'è ideologia, ci spiegano, non
c'è attacco alla tradizione ed emancipazione dalla natura, ma
eguaglianza di diritti emancipata dal criterio del giusto e
dell'ingiusto, del buono e del cattivo: criteri vecchi, inservibili,
bandiere abusate dell'assolutismo morale che il mondo liberale respinge a
buon diritto. Anche gli antibiotici ci emancipano dalla natura. Dunque:
che volete? I diritti di morte e di vita del mondo nuovo sono come la
penicillina.
Tutte le cose qui elencate, e molte altre che lascio inesplorate, si vogliono fare, dunque si possono fare; si possono fare, dunque si vogliono fare. Per
la prima volta, da laico, formulo una preghiera, ma ho già le labbra
secche e so che non sarà esaudita: Benedetto XVI, aiutaci tu. "
G. Ferrara su “Il Foglio”, 25.04.2005
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Postato da: giacabi a 07:42 |
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ferrara, desiderio
La forma della risposta al desiderio dell'uomo è Cristo stesso
***
“Questa forma non è, come tante volte noi pensiamo, una nostra immagine, un prodotto della nostra immaginazione. Al contrario: «Questa forma non è nient' altro che la grande Presenza stessa» (p. 195). Lo possiamo capire bene tra di noi: non è il regalo che una persona mi fa a costituire la pienezza di quella esigenza di felicità. Quello che mi rende felice è la persona stessa, non i regali che mi fa! «La contemplazione dei tuoi beni e certamente per noi un dolce ristoro -scrive Guglielmo di Saint-Thierry -, ma non ci sazia perfettamente senza la tua presenza» (La contemplazione di Dio, »Fabbri, Milano 1997, p. 65).
Sperare, perciò, non significa sperare "qualcosa" da Dio, ma Dio stesso. Per il fatto che la nostra natura e desiderio dell'Infinito, e Dio stesso l'unico in grado di riempire il desiderio.
Lo dice bene sant' Agostino: «Sia il Signore Dio tuo la tua speranza; non sperare qualcosa dal Signore Dio tuo, ma lo stesso tuo Signore sia la tua speranza. Molti [. ..] da Dio sperano qualcosa al di fuori di Lui; ma tu cerca lo stesso tuo Dio; [...] dimenticando le altre cose ricordati di Lui; lasciando indietro tutto, protenditi verso di Lui. [. ..] Egli sarà il tuo amore» (Enarrationes in Psalmos, 39, 7-8).
La
forma della risposta al desiderio dell'uomo è Cristo stesso. Cristo è
l'unica speranza di compimento della nostra affettività. Egli solo, Egli
solo è capace di esaudire, di soddisfare veramente l'affettività.
Null'altro e in grado di soddisfarci realmente. Perciò la speranza- è il compimento dell'affezione:
Egli solo e in grado di soddisfare, di compiere veramente l'affezione.
Per questo tutti gli uomini ardono dal desiderio; ma quanto è difficile
trovare uno che dica: «Di te ha sete l'anima mia» (Sal63,2)!
Cristo,
la Presenza riconosciuta dalla fede, è l'unico fondamento ragionevole
della speranza. Senza di Lui la vita dell'uomo e priva di un fondamento
su cui poggiare.
Invece e proprio cosi, perche -come conferma san Tommaso -«la vita dell'uomo consiste nell'affetto che principalmente lo sostiene e nel quale trova la sua più grande soddisfazione» (San Tommaso d'Aquino, Secunda secundae, in Summa Theologiae, q. 179, art. 1). La soddisfazione è nell'affezione a Cristo, la soddisfazione è Cristo.”
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Postato da: giacabi a 14:49 |
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desiderio, agostino, carron
Il desiderio del cuore
***
La poesia
Nella mia mente è sopita una poesia
che esprimerà la mia anima intera.
La sento vaga come il suono e il vento
eppure scolpita in piena chiarezza.
Non ha strofa, verso né parola.
Non è neppure come la sogno.
E’ un mero sentimento, indefinito,
una felice bruma intorno al pensiero.
Giorno e notte nel mio mistero
la sogno, la leggo e riprovo a sillabarla,
e sempre la parola precisa è sul bordo di me stesso
come per librarsi nella sua vaga compiutezza.
So che non sarà mai scritta.
So che non so che cosa sia.
Ma sono contento di sognarla,
e una falsa felicità, benché falsa, è felicità.
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Postato da: giacabi a 21:54 |
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desiderio
L’insaziabile desiderio
***
"Da ragazza, se mi piaceva un fiore, avrei voluto addirittura mangiarmelo. Ero troppo sensuale, vorrei dire troppo possessiva: provavo un desiderio fisico per le cose che mi piacevano, le volevo avere.
E' per questo che sentivo sempre quel doloroso insaziabile desiderio, quella nostalgia per un qualcosa che mi appariva irraggiungibile"..
Etty Hillesum, morta ad Auschwitz nel 1943
grazie ad: annina
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Postato da: giacabi a 18:39 |
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desiderio
Il desiderio e la realtà
***
“I nostri desideri han l'ali del falco, la realtà i monconi della tartuca”
Prezzolini
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Postato da: giacabi a 09:12 |
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desiderio, reale
L’uomo desidera l’infinito
***
|Il
sentimento della nullità di tutte le cose, la insufficienza di tutti i
piaceri a riempierci l'animo, e la tendenza nostra verso un infinito che
non comprendiamo, forse proviene da una cagione semplicissima, e più
materiale che spirituale. L'anima
umana (e così tutti gli esseri viventi) desidera sempre essenzialmente,
e mira unicamente, benché sotto mille aspetti, al piacere, ossia alla
felicità, che considerandola bene, è tutt'uno col piacere. Questo
desiderio e questa tendenza non ha limiti, perch'è ingenita o congenita
coll'esistenza, e perciò non può aver fine in questo o quel piacere che
non può essere infinito, ma solamente termina colla vita. E non ha
limiti 1. né per durata, 2. né per estensione. Quindi non ci può essere
nessun piacere che uguagli 1. né la sua durata, perché nessun piacere è
eterno, 2. né la sua estensione, perché nessun piacere è immenso, ma la
natura delle cose porta che tutto esista limitatamente e tutto abbia
confini, e sia circoscritto. Il
detto desiderio del piacere non ha limiti per durata, perché, come ho
detto non finisce se non coll'esistenza, e quindi l'uomo non esisterebbe
se non provasse questo desiderio. Non ha limiti per estensione perch'è
sostanziale in noi, non come desiderio di uno o più piaceri, ma come
desiderio del piacere. Ora una tal natura porta con se
materialmente l'infinità, perché ogni piacere è circoscritto, ma non il
piacere la cui estensione è indeterminata, e l'anima amando
sostanzialmente il piacere, abbraccia tutta l'estensione
immaginabile di questo sentimento, senza poterla neppur concepire,
perché non si può formare idea chiara di una cosa ch'ella desidera
illimitata. Veniamo alle conseguenze. Se tu desideri un cavallo, ti pare di desiderarlo come cavallo, e come un tal
piacere, ma in fatti lo desideri come piacere astratto e illimitato.
Quando giungi a possedere il cavallo, |166|trovi un piacere
necessariamente circoscritto, e senti un vuoto nell'anima, perché quel
desiderio che tu avevi effettivamente, non resta pago. Se anche fosse
possibile che restasse pago per estensione, non potrebbe per durata,
perché la natura delle cose porta ancora che niente sia eterno. E posto
che quella material cagione che ti ha dato un tal piacere una
volta, ti resti sempre (p.e. tu hai desiderato la ricchezza, l'hai
ottenuta, e per sempre), resterebbe materialmente, ma non più come
cagione neppure di un tal piacere, perché questa è un'altra proprietà
delle cose, che tutto si logori, e tutte le impressioni appoco a poco
svaniscano, e che l'assuefazione, come toglie il dolore, così spenga il
piacere. Aggiungete che quando anche un piacere provato una volta ti
durasse tutta la vita, non perciò l'animo sarebbe pago, perché il suo
desiderio è anche infinito per estensione, così che quel tal piacere
quando uguagliasse la durata di questo desiderio, non potendo
uguagliarne l'estensione, il desiderio resterebbe sempre, o di piaceri
sempre nuovi, come accade in fatti, o di un piacere che riempiesse tutta
l'anima. Quindi potrete facilmente concepire come il piacere sia cosa
vanissima sempre, del che ci facciamo tanta maraviglia, come se ciò
venisse da una sua natura particolare, quando il dolore la noia ec. non
hanno questa qualità. Il fatto è che quando l'anima desidera una cosa piacevole, desidera la soddisfazione di un suo desiderio infinito, desidera veramente il
piacere, e non un tal piacere; ora nel fatto trovando un piacere
particolare, e non astratto, e che comprenda tutta l'estensione del
piacere, ne segue che il suo desiderio non essendo soddisfatto di gran
lunga, il piacere appena è piacere, perché non si tratta di una piccola
ma di una somma |167|inferiorità al desiderio e oltracciò alla speranza.
E
perciò tutti i piaceri debbono esser misti di dispiacere, come
proviamo, perché l'anima nell'ottenerli cerca avidamente quello che non
può trovare, cioè una infinità di piacere, ossia la soddisfazione di un
desiderio illimitato..”
Leopardi Carta 165,1[12...23 Lug.1820]
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Postato da: giacabi a 22:50 |
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desiderio, leopardi
Il Desiderio
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” Tu sai cosa desideri, ma Dio solo sa che cosa ti giova”
S. Agostino
Il Signore opererà per noi meraviglie che sorpasseranno infinitamente i nostri immensi desideri
S. Teresina di Lisieux
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Postato da: giacabi a 18:00 |
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desiderio, agostino, steresina
Il desiderio
***
La
vita di un buon cristiano è tutta un santo desiderio. Ma se una cosa è
oggetto di desiderio, ancora non la si vede, e tuttavia tu, attraverso
il desiderio, ti dilati,
cosicché potrai essere riempito quando giungerai alla visione.
Ammettiamo che tu debba riempire un grosso sacco e sai che è molto
voluminoso quello che ti sarà dato; ti preoccupi di allargare il sacco o
l'otre o qualsiasi altro tipo di recipiente, più che puoi; sai quanto
hai da metterci dentro e vedi che è piccolo; allargandolo lo rendi più
capace. Allo stesso modo Dio
con l'attesa allarga il nostro desiderio, col desiderio allarga l'animo
e dilatandolo lo rende più capace. Viviamo dunque, o fratelli, di
desiderio, poiché dobbiamo essere riempiti. Ammirate l'apostolo Paolo che dilata le capacità della sua anima, per poter accogliere ciò che avverrà. Egli dice infatti: Non che io abbia già raggiunto il fine o che io sia perfetto; non penso di avere già raggiunto la perfezione, o fratelli (Fil 3, 12-13). Ma allora che cosa fai, o Paolo, in questa vita, se non hai raggiunto la soddisfazione del tuo desiderio? Una
sola cosa, inseguire con tutta l'anima la palma della vocazione
celeste, dimentico di ciò che mi sta dietro, proteso invece a ciò che mi
sta davanti (Fil 3, 13-14). Ha
dunque affermato di essere proteso in avanti e di tendere al fine con
tutto se stesso. Comprendeva bene di essere ancora incapace di
accogliere ciò che occhio umano non vide, né orecchio intese, né
fantasia immaginò. In questo consiste la nostra vita: esercitarci
col desiderio. Saremo tanto più vivificati da questo desiderio santo,
quanto più allontaneremo i nostri desideri dall'amore del mondo. Già l'abbiamo detto più volte: il
recipiente da riempire deve essere svuotato. Tu devi essere riempito di
bene: liberati dunque dal male. Supponi che Dio ti voglia riempire di
miele: se sei pieno di aceto, dove metterai il miele? Bisogna gettar via
il contenuto del vaso, anzi bisogna addirittura pulire il vaso, pulirlo
faticosamente coi detersivi, perché si presenti atto ad accogliere
questa realtà misteriosa. La chiameremo impropriamente oro, la chiameremo vino. Qualunque cosa diciamo intorno a questa realtà inesprimibile, qualunque cosa ci sforziamo di dire, è racchiuso in questo nome: Dio.
Trattato sulla prima lettera di Giovanni
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Postato da: giacabi a 14:27 |
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desiderio, agostino
Ciò che muove l’uomo è il desiderio
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Dove va il cuore, va il piede.
Proverbio dell’Afghanistan |
Postato da: giacabi a 20:50 |
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desiderio
Il desiderio
***
Il desiderio è come la scintilla
con cui si accende il motore.
Tutte le mosse umane nascono
da questo fenomeno, da
questo dinamismo costitutivo dell’uomo.
E allora si mette a cercare il pane e
l’acqua, si mette a cercare il lavoro,
si mette a cercare una poltrona
più comoda e un alloggio
più decente, si interessa a
come mai taluni hanno e altri
non hanno, si interessa
a come mai certi sono trattati
in un modo e lui no,
proprio in forza dell’ingrandirsi,
del dilatarsi, del maturarsi
di questi stimoli che ha
dentro e che la Bibbia chiama
globalmente “cuore”, e che io
chiamerei anche “ragione”. E non
c’è ragione senza, in qualche modo,
un destato affetto.
Il desiderio, per natura, spalanca
l’uomo sulla realtà per imparare
la mossa, per imparare dove si
deve costruire.
Non esiste la possibilità di costruire
sul domani. Esiste solo
la possibilità di costruire sul
desiderio presente (…). E’ caratteristica
dell’utopia costruire
sul domani attraverso
un’analisi e un’impostazione
che, se non segue il desiderio
naturale, segue il preconcetto
proposto dall’ideologia al potere”.
Luigi Giussani,“L’io. il potere, le opere”
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Postato da: giacabi a 14:18 |
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desiderio, giussani
L’uomo:desiderio di infinito
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" Tutto è o può essere contento di se stesso, eccetto l’uomo, il che mostra che la sua esistenza non si limita a questo mondo, come quella dell’ altre cose. "
(G. Leopardi Zibaldone
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Postato da: giacabi a 17:12 |
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desiderio, leopardi, senso religioso
La filosofia
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“La filosofia è propriamente nostalgia: il desiderio di tornare a casa”
Novalis
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Postato da: giacabi a 09:16 |
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desiderio, novalis
Il cuore
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Non è l'intelletto che ci deve guidare, ma il cuore…E' solo per mezzo del cuore che si può intendere il segreto dell'infinito. Andrej Tarkovskij |
Postato da: giacabi a 20:53 |
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desiderio, tarkovskij
Desiderio
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È proprio dell'amore essere impaziente. Si deve desiderare la gloria di Dio e soffrire terribilmente per la sua infinita mancanza.
Leon Bloy
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Postato da: giacabi a 20:25 |
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desiderio, bloy
Desiderio di significato
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Questa
vita appare insopportabile, un'altra irraggiungibile. Non ci si
vergogna più di voler morire; si chiede di essere portati dalla vecchia
cella, che si odia, in una nuova, che presto si imparerà a odiare.
(Franz Kafka, Aforismi di Zürau, n. 13, Adelphi, Milano 2004, )
Tu invece seduto alla finestra desideri e immagini il messaggio mentre scende la sera.
Franz Kafka, Un messaggio imperiale |
Postato da: giacabi a 07:54 |
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desiderio, kafka
Il desiderio
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Il desiderio mi brucia, il desiderio di cose belle
che ho viste e non vissute. Il desiderio mi brucia ed impera ardente e solo nel mio cuore e nel mio cervello. Desidero tante cose che ho visto in trasparenza di musica fiori e profumi, di luci e di brusii strani che avvicinano l'anima alla poesia. Che è questa voce? E' il mio violino che canta e questa vertigine insolita? E' quella che provo quando La vedo. Cesare Pavese, Poesie |
Postato da: giacabi a 15:24 |
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desiderio, pavese
L'impossibile
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Questo mondo così come è fatto non è sopportabile. Gli uomini muoiono e non sono felici. Allora diamo una possibilità all'impossibile, qualcosa che forse sia demente ma che non sia di questo mondo.
Albert Camus, Caligola |
Postato da: giacabi a 08:30 |
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desiderio, camus
L’uomo è ciò che desidera
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«Quando
mi veniva voglia di capire qualcuno o me stesso, prendevo in esame non
le azioni, nelle quali tutto è convenzione, bensì i desideri. Dimmi cosa
vuoi e ti dirò chi sei».
Cechov
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