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martedì 14 febbraio 2012

Keller


“L’essenziale è invisibile agli occhi
                          ***             Saint Exupery
Le cose più belle al mondo non possono essere viste o toccate: vanno sentite dentro al cuore.
Helen Keller divenuta cieca e sorda 19 mesi dopo la nascita




§   


Postato da: giacabi a 07:53 | link | commenti
bellezza, keller

sabato, 22 marzo 2008

La conoscenza del linguaggio porta all’amore
*** 
“Luce, datemi la luce” – era il grido inarticolato dell’anima mia, e proprio in quell’ora la luce dell’amore brillò su di me. Sentii dei
passi che si avvicinavano e tesi la mano credendo fosse la mamma. Qualcuno la strinse ed io fui sollevata e chiusa fra le braccia di colei che mi avrebbe svelato l’universo e, soprattutto, mi avrebbe amata.
La mattina dopo, la maestra mi portò nella sua stanza e mi regalò una bambola. Me la mandava una piccola cieca dell’Istituto Perkins ed era stata vestita da Laura Bridgman ma tutto questo lo seppi molto più tardi. Allora io giocai un po’ con la bambola mentre la signorina Sullivan scandiva sulla mia mano la parola “b a m b o l a”
Subito mi interessai al gioco delle sue dita cercando di imitarlo e quando finalmente riuscii a formare correttamente la parola mi gonfiai di orgoglio e di gioia infantile. Corsi giù dalla mamma e tenendola per mano formai le lettere della parola bambola. Non sapevo di compitare una parola, anzi non sapevo neppure che esistessero ma muovevo le dita, imitando i gesti come una scimmia... nei giorni seguenti imparai a compitare molte parole ... mi ci vollero parecchie settimane prima di arrivare a rendermi conto che ogni cosa aveva un nome ...
Un giorno mentre giocavo con la bambola nuova, la signorina mi mise in grembo anche la mia grossa bambola di stoffa e compitò “b a m b o l a“ e cercò di farmi capire che quella parola si riferiva a tutte e due.
Pochi giorni dopo avemmo uno scontro per le parole tazza e acqua. La signorina aveva cercato di imprimermi bene in mente che “t a z z a” é tazza e “a c q u a” é acqua ma io continuavo a confondere le due cose. Allora la signorina accantonò la questione per riprenderla al momento opportuno... ma i suoi reiterati tentativi mi irritarono al punto che scaraventai per terra la bambola nuova ... quando sentii ai miei piedi i pezzi della bambola fracassata, mi sentii sollevata e serena senza il minimo pentimento o rimorso per la mia violenza. Non volevo bene alla bambola: in quel mondo oscuro e silenzioso non c’era posto per i sentimenti e la tenerezza ... la signorina mi portò il cappello ed io capii che saremmo andate a godere il tepore del sole ... ci avviammo al sentiero che conduceva al pozzo ... qualcuno attingeva l’acqua e la maestra mise la mia mano sotto il getto, poi, mentre la corrente fresca mi scorreva sulla mano, scandì sull’altra la parola acqua, dapprima lentamente e poi sempre più presto ... io stavo lì immobile tutta intenta al movimento delle sue dita. All’improvviso ebbi la oscura percezione di qualcosa di dimenticato – un fremito per la ricomparsa di un pensiero sopito – e mi si svelò il mistero del linguaggio. Capii che “a c q u a” significava quella frescura meravigliosa che scorreva sulla mia mano. Le parole vivificatrici risvegliavano l’anima mia, la illuminavano, la allietavano, le donavano speranza. Le barriere c’erano ancora, è vero, ma col tempo sarebbero state abbattute. Mi allontanai dal pozzo tutta presa dall’ansia di imparare. Tutte le cose avevano un nome ed ogni nome faceva nascere un nuovo pensiero. Tornata a casa mi sembrava che ogni oggetto che toccavo vibrasse di nuova vita. Era perché io vedevo tutto con la strana vista che avevo appena ricevuta. Sulla porta d’ingresso mi ricordai della bambola che avevo rotta. Corsi al caminetto e raccolsi i pezzi, cercando inutilmente di metterli insieme. Allora i miei occhi si empirono di lacrime perché capii quel che avevo fatto e per la prima volta provai il pentimento e il dolore.
Quel giorno imparai tante parole nuove ... so che tra l’altro imparai: madre, padre, sorella, maestra, parole che fecero fiorire il mondo per me, come la verga di Aronne ...
Estate 1887 ... non facevo altro che esplorare ogni cosa con le mani e imparare il nome degli oggetti che toccavo: e più cose maneggiavo imparandone il nome e l’uso, più cresceva in me, lieto e fiducioso, il senso di fraternità con il resto del mondo ...
... la signorina Sullivan attraverso i campi che gli uomini stavano preparando per la semina, mi condusse agli argini del Tennessee. Là mentre eravamo sedute sull’erba intiepidita dal sole, mi impartì la prima lezione sulla bontà della natura.
Appresi allora che il sole e la pioggia fanno crescere dal suolo le piante, che rallegrano l’uomo con la loro bellezza e servono a nutrirlo. Imparai pure come vivono gli uccelli, che si fabbricano il nido sulle piante e come si procurano il cibo, dove si rifugiano gli scoiattoli, il cervo, il leone e tutti gli altri animali ... ma verso quell’epoca una nuova esperienza mi insegnò che la natura non é sempre clemente ... mi accorsi che il cielo era nero perché ogni calore era scomparso e dalla terra saliva uno strano odore che riconobbi per quello che precede il temporale. Una paura senza nome mi serrò il cuore, mi sentii completamente sola, tagliata fuori ... avevo imparato una nuova lezione e cioè che la natura “muove guerra aperta ai suoi figli e sotto le tenere carezze nasconde l’artiglio”... passò parecchio tempo prima che potessi arrampicarmi di nuovo su un albero. il solo pensiero mi riempiva di terrore. Fu l’incontro di una mimosa in fiore a vincere tutte le paure. ... una bella mattina di primavera ... avvertii nell’aria una
fragranza sottile meravigliosa ... che é, mi chiesi e un minuto dopo riconobbi l’odore della mimosa ... sembrava un albero del paradiso trapiantato sulla terra ... mi aprii il varco fino al grosso tronco ... cominciai a salire ... rimasi lassù sognando di essere una fata seduta su una nuvola rosa. Da allora tornai parecchie volte sul mio albero del paradiso a sognare fiabe fantasiose e luminose visioni.
Ormai possedevo la chiave del linguaggio e non vedevo l’ora di adoperarla. I bambini normali imparano a parlare senza uno sforzo particolare perché afferrano al volo le parole che escono dalle labbra altrui, ma il piccolo sordo le percepisce solo attraverso un processo lento e spesso penoso.
Quale che sia questo processo, il risultato è sempre meraviglioso.
Man mano che si procede nella conoscenza dei nomi delle cose, si supera, un passo dietro l’altro, la distanza sconfinata che separa il nostro balbettìo da un alato verso di Shakespeare.
Da principio avevo pochi problemi, le mie idee erano vaghe e il vocabolario inadeguato. Ma quando le mie cognizioni crebbero ed incominciai a conoscere molte parole, il mio campo di indagine si allargò. Tornavo più volte sullo stesso argomento cercando avidamente altre informazioni ... mi ricordo della mattina nella quale imparai il significato della parola “amore” ... avevo trovato un po’ di violette, le prime, nel giardino e le avevo portate alla maestra la quale cercò di darmi un bacio. Ma a quell’epoca io accettavo baci solo dalla mamma. Allora la signorina Sullivan mi circondò amorosamente le spalle con un braccio e mi compitò nella mano: Io amo Helen. Cosa vuol dire “amo”? Ella mi strinse a sé più vicina e disse: è qui. E mi toccò il cuore di cui avvertii i battiti per la prima volta. Le sue parole mi incuriosirono assai perché allora non capivo se non quello che potevo toccare con le mani ...
Pochi giorni dopo stavo infilando perle di differente grandezza in gruppi simmetrici, due grandi, tre piccole e così via ... facevo parecchi sbagli che la signorina correggeva ogni volta con gentilezza e pazienza. Alla fine mi accorsi di un errore molto evidente nella righe e per un istante mi concentrai sul mio lavoro cercando di pensare come disporre le perle. La signorina Sullivan mi toccò la fronte e compitò con precisione: Pensa !
In un attimo capii che quella parola era il nome del processo che si stava svolgendo nella mia testa. Fu quella la prima percezione cosciente di un’idea astratta ... tu non puoi toccare l’amore ma senti la dolcezza che diffonde in tutte le cose ... per la prima volta avvertivo la presenza di legami invisibili tra il mio spirito e quello degli altri.
Helen Keller  La storia della mia vita, ed. Paoline, Roma, 1981



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