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martedì 14 febbraio 2012

kierkeergaard2


Mio
***

<< “Mio” non significa ciò che possiedo,ma ciò cui appartengo>>
S. Kierkegaard, Diario del seduttore, Newton Compton Roma

 


Postato da: giacabi a 15:08 | link | commenti
kierkeergaard

giovedì, 25 gennaio 2007



LA COSCIENZA ANGOSCIATA

«È una cosa eccellente, l'unica necessaria e chiarificante, questa che dice Lutero: "Tutta la dottrina (della Redenzione, e in fondo tutto il cristianesimo) deve essere messa in rapporto alla lotta della coscienza angosciata. Elimina la coscienza angosciata, e tu puoi anche chiudere le chiese e farne delle sale da ballo". La coscienza angosciata capisce il cristianesimo, come un animale affamato; se gli metti davanti un pezzo di pane o una pietra, capisce che l'uno è da mangiare e l'altra no; a questo modo la coscienza angosciata capisce il cristianesimo».
Kierkegaard

 




Postato da: giacabi a 19:19 | link | commenti (1)
senso religioso, kierkeergaard

lunedì, 11 settembre 2006

kierkeergaard “Discorso Edificante”1844
(traduzione italiana inedita)

Aver bisogno di Dio
è la suprema perfezione dell’essere umano



Aver bisogno di Dio è la suprema perfezione dell’essere umano. Una circostanza, a tutti nota, sembra ricordare a ciascuno, almeno incidentalmente, che sia così, che l’aver bisogno di Dio sia una perfezione. Che cos’è un essere umano? È solo un ulteriore ornamento nell’ordine della creazione; oppure non ha alcun potere, non è capace di nulla da solo? E qual è allora questo potere, che cos’è la cosa suprema che può volere? Come suona la risposta a questa domanda, quando nel domandare l’audacia della giovinezza si unisce alla forza della virilità, quando questa magnifica unione è pronta a sacrificare tutto per compiere qualcosa di grande, quando l’ardente afferma infervorato: «Anche se nessuno al mondo c’è riuscito prima, io ci riuscirò; seppure milioni tralignarono dimenticando il compito, io combatterò - ma qual è la cosa suprema?». Ebbene, non vogliamo defraudare la cosa suprema del suo prezzo, non nascondiamo che è stata raggiunta di rado nel mondo, perché la cosa suprema è: che un essere umano si convinca fino in fondo di non essere capace di nulla da solo, assolutamente di nulla.
Certo, quando l’essere umano si volge all’esterno, sembra essere capace delle cose più sorprendenti, che gli darebbero ben altra soddisfazione, che sarebbero circondate da ammirazione e giubilo.
Invece, quella rara elevazione non serve all’ammirazione, non tenta l’essere umano carnale, al contrario essa condanna l’ammiratore come persona stolta che non conosce ciò che ammira, invitandola a tornarsene a casa; oppure come anima ingannatrice, invitandola a tornare in se stessa. Osservato dall’esterno, l’essere umano è la più magnifica delle creature, ma la sua gloria è però solo esterna e per l’esterno: con la sua freccia, l’occhio non mira forse all’esterno, ogni volta che la passione e il piacere tendono l’arco, la sua mano non è volta all’esterno, il suo braccio non è proteso, la sua ingegnosità non è conquistatrice?
Ma se non vuol essere un attrezzo di guerra al servizio di inesplicati istinti, sì, al servizio del mondo, perché il mondo stesso, oggetto della sua brama, desta l’istinto; se non vuol essere come uno strumento a corda nelle mani di oscuri stati d’animo o, meglio, nelle mani del mondo, perché il movimento della sua anima dipende da come il mondo tocca le sue corde; se non vuole essere come uno specchio con cui fissa il mondo o, meglio, in cui il mondo si specchia; se non vuole tutto questo, se, prima che l’occhio miri a qualcosa per conquistarlo, vuole acchiappare l’occhio, così che gli appartenga, e non lui all’occhio; se afferra la mano, prima che questa afferri qualcosa all’esterno, così che gli appartenga, e non lui alla mano, se vuole tutto ciò così seriamente da non temere di cavarsi l’occhio, di tagliarsi la mano, di chiudere le finestre dei sensi, se fosse necessario - sì, allora tutto è cambiato, il potere e la gloria gli sono tolti. Non combatte con il mondo, ma con se stesso.
Guardalo adesso, la sua figura possente è cinta da un’altra figura, e si tengono abbracciati così strettamente, parimenti agili e forti si serrano l’un l’altro, così che la lotta non può neppure iniziare, perché l’altra figura nello stesso istante lo sopraffarebbe; ma l’altra figura è lui stesso. Così non può fare assolutamente nulla; perfino la persona più debole, che non fosse provata da questa contesa, sarebbe capace di molto di più. E questa contesa non è solo spossante, ma anche tremenda (se però non è lui stesso che, seguendo una propria trovata, si è avventurato in essa, ché, se è così, non è messo alla prova nella contesa di cui parliamo), quando la vita, grazie alla guida di Dio, getta un essere umano in essa per rafforzarlo in questa nullificazione che non conosce raggiro, che non permette fuga, che non produce autoinganno (quasi che in altre circostanze sarebbe capace di fare di più); infatti, quando la persona lotta con se stessa le circostanze non influiscono sull’esito. Questa è la nullificazione di un essere umano, e la nullificazione è la verità di esso. Egli non deve riuscire a fuggire da questa conoscenza; ché egli stesso è il proprio testimone, il proprio accusatore, il proprio giudice, egli è l’unico capace di confortare se stesso, giacché comprende l’indigenza della nullificazione, è l’unico incapace di conforto, poiché è egli stesso lo strumento della nullificazione. Cogliere questa nullificazione è la cosa suprema di cui è capace un essere umano, vegliare su questa comprensione - perché è un bene affidatogli, ossia confidatogli da Dio dei cieli come il segreto della verità - è la cosa suprema e più difficile di cui un essere umano è capace; ché l’inganno e la falsificazione sono presto fatti, così che egli stesso divenga qualcosa, a spese della verità.
Questa è la cosa suprema e più difficile che un essere umano può, ma che dico?, neanche questo può un essere umano, può al massimo voler comprendere che questo incendio secco non fa che consumare, finché il fuoco dell’amore di Dio accende la fiamma in ciò che l’incendio secco non poteva consumare. Pertanto l’essere umano è una creatura indifesa; ogni altra comprensione, con cui esso comprenda di poter aiutare se stesso, è solo una mancata comprensione, seppure agli occhi del mondo sia ritenuta coraggio: il coraggio di restare in una mancata comprensione, cioè, il coraggio di non comprendere la verità.


-munch-l

kierkeergaard

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