Scritti di San Massimiliano Kolbe
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"La
causa di una caduta è la fiducia nelle proprie forze, mentre la verità è
che noi, da noi stessi, siamo nulla e nulla siamo in grado di fare;
senza di Lei, Mediatrice delle grazie, non ci si preserva dal cadere. [2]"
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Ai suoi scrittori collaboratori lui raccomandava: “Combattere il male secondo lo spirito della Milizia Mariana significa combattere
con l’amore nei confronti di tutti gli esseri umani, compresi i meno
buoni. Significa dar rilievo al bene, in modo tale da renderlo
irresistibile, invece di diffondere il male attraverso la sua
descrizione. Quando si presenta l’occasione di attirare l’attenzione
della società o dell’autorità su qualche misfatto, bisogna farlo con
amore verso la persona in causa, e con delicatezza. Non si deve
esagerare o entrare nei particolari di tali misfatti più di quanto sia
necessario per apportarvi un rimedio”.
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Tu
ami, con sentimenti di riconoscenza, i tuoi genitori, che ti hanno dato
la vita e la formazione, ma sai bene che anch'essi hanno avuto dei
genitori e così via. Tuttavia, nessuno dei tuoi antenati è riuscito ad
ideare le tue membra, nessuno di essi ha tracciato il primo progetto,
nessuno ha composto gli atomi della materia in modo tale che formassero
un occhio in grado di vedere, un orecchio in grado di ascoltare, una
mano in grado di lavorare.Eppure queste membra servono a te proprio per questi scopi. Ovunque tu scorga una struttura finalizzata ad uno scopo, affermi giustamente che è stata la mano di un uomo, guidata dall'intelligenza, a compiere quell'opera, ad esempio una casa, un treno, un aereo o altro. Eppure un occhio umano è assai più perfetto del migliore aereo. Chi lo ha composto? Non un uomo. Chi, dunque? Questa causa, ed è la prima causa, non prodotta da nessuno, noi la chiamiamo Dio... Tale causa è Dio: perfezione senza limiti, sconfinata, eterna. È la prima causa dell'universo»
(Scritti Kolbe, 1270)
’essenza dell’amore scambievole non consiste nel fatto che nessuno ci rechi dispiaceri - il che è impossibile tra gli uomini - ma che impariamo a perdonarci l’un l’altro in modo sempre più perfetto, immediatamente e completamente. Allora reciteremo con grande fiducia l’invocazione contenuta nel “Padre Nostro”: « e rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo a i nostri debitori»[ Mt 6, 12]. Sarebbe un vero guaio se non avessimo nulla o ben poco da perdonare agli altri.
(SK 935)
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La religione dell’amore
L’odio divide, separa e distrugge, mentre al contrario l’amore unisce, dà pace ed edifica. Nulla di strano, quindi, che solo l’amore riesca a rendere sempre gli uomini perfetti.Perciò, solamente quella religione che insegna l’amore di Dio e del prossimo può perfezionare gli uomini.
La religione di Gesù Cristo è realmente questa religione dell’amore, dell’amore perfetto , e ciò è evidente nelle sante parole di Gesù Cristo.
Uno degli apostoli, s. Giovanni, che fu testimone oculare della passione e della morte in croce di Gesù, ci ha lasciato la descrizione delle dolci istruzioni che Egli diede agli apostoli durante l’ultima cena. San Giovanni non solo partecipò a quell’ultima cena, ma, essendo il discepolo prediletto, stava accanto a Gesù e potè comprendere nel modo migliore il significato delle parole di Cristo. Prendiamo alcuni passi del Vangelo scritto dallo stesso Giovanni: «Figlioli, ancora per poco sono con voi…Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri» (Gv 13, 33-34).
«Come il Padre mi ha amato, così anch'io ho amato voi; dimorate nel mio amore. Se osservate i miei comandamenti, dimorerete nel mio amore; come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e dimoro nel suo amore. Vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia completa.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi. Nessuno ha amore più grande di quello di dar la sua vita per i suoi amici. Voi siete miei amici, se fate le cose che io vi comando. Io non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo signore; ma vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto conoscere tutte le cose che ho udite dal Padre mio. Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri» (Gv 15,9 – 17).
Al termine della cena, Gesù rivolse al padre suo celeste una preghiera, alla fine della quale pronunciò le seguenti parole : « Come tu hai mandato me nel mondo, anch'io ho mandato loro nel mondo. Per loro io santifico me stesso, affinché anch'essi siano santificati nella verità.
Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola: che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch'essi siano in noi: affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. Io ho dato loro la gloria che tu hai data a me, affinché siano uno come noi siamo uno; io in loro e tu in me; affinché siano perfetti nell'unità, e affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato, e che li ami come hai amato me. Padre, io voglio che dove sono io, siano con me anche quelli che tu mi hai dati, affinché vedano la mia gloria che tu mi hai data; poiché mi hai amato prima della fondazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato; e io ho fatto loro conoscere il tuo nome, e lo farò conoscere, affinché l'amore del quale tu mi hai amato sia in loro, e io in loro»(Gv 17, 18-26).
Risulta evidente, quindi, che Gesù desiderava vivamente che un amore sincero regnasse tra gli uomini.
Gli apostoli compresero bene il desiderio di Gesù a questo proposito. E per questo San Pietro scrive in una sua lettera:« Soprattutto conservate tra voi una grande carità, perché la carità copre una moltitudine di peccati (1 Pt 4,8).
Nella sua prima lettera San Giovanni scrive così:« Noi abbiamo conosciuto l'amore che Dio ha per noi, e vi abbiamo creduto. Dio è amore; e chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui».(1 Gv 4,16)
È lecito affermare che se questa religione si diffondesse nel mondo intero, esso diventerebbe un paradiso.
(SK 1205)
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L'autentica umiltà consiste nel...- evitare, fuggire gli onori,
- nascondere le grazie divine,
- umiliare se stessi, esaltare DIO come conviene
(SK 987)
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La
preghiera è un mezzo sconosciuto, e, tuttavia il più efficace per
ristabilire la pace nelle anime, per dare ad esse la felicità, poiché
serve per avvicinarle all'amore di DIO. La preghiera fa rinascere il
mondo. La preghiera è la condizione indispensabile per la rigenerazione e
la vita di ogni anima. Preghiamo bene, preghiamo molto, sia con le labbra che con il pensiero e sperimenteremoin noi stessi come l'Immacolata prenderà sempre più possesso della nostra anima, come la nostra appartenenza a Lei si approfondirà sempre più sotto ogni aspetto, come le nostre colpe svaniranno e i nostri difetti si indeboliranno, come soavemente e potentemente ci avvicineremo sempre più a Dio.
(SK 903)
La Verità centrale del cristianesimo
Visitando
recentemente “Mugenzai no sono”, (la città dell’Immacolata giapponese)
una persona mi fece molte domande e alla fine mi disse così: «Dunque,
lei reverendo, crede nella risurrezione di Gesù, non è vero?». La
domanda è del tutto naturale. La
risurrezione di Gesù è la prova e l’argomento più importante della
veracità della sua religione. Se Gesù non fosse risorto, la sua missione
si sarebbe conclusa con un fiasco. Eppure, durante la sua vita Egli
aveva preannunciato la propria risurrezione. Lo narra s. Matteo, uno dei
dodici discepoli che vissero costantemente con Lui e ascoltarono
attentamente le parole che uscivano dalla Sua bocca…. Anche S. Giovanni,
che visse fino all’anno 90 0 95 dopo Cristo, così narra nel suo scritto
gli avvenimenti successivi all’uccisione di Cristo in croce e al suo
seppellimento.
(SK 1195)
Nei libri del Nuovo Testamento, noi leggiamo che Gesù Cristo aveva promesso, per dimostrare l’autenticità della propria dottrina, che sarebbe stato crocifisso e dopo tre giorni sarebbe risorto. Ed avvenne proprio così, tanto che i suoi discepoli non esitarono affatto a subire la morte per confermare tale verità. Ciò che egli ha insegnato, dunque, deve essere la verità.
(SK 1270)
(SK 1195)
Nei libri del Nuovo Testamento, noi leggiamo che Gesù Cristo aveva promesso, per dimostrare l’autenticità della propria dottrina, che sarebbe stato crocifisso e dopo tre giorni sarebbe risorto. Ed avvenne proprio così, tanto che i suoi discepoli non esitarono affatto a subire la morte per confermare tale verità. Ciò che egli ha insegnato, dunque, deve essere la verità.
(SK 1270)
La Resurrezione di Gesù è un fatto storico incontestabile
Benché
siano già passati diciannove secoli, noi oggi siamo in possesso di
documenti relativi all'autenticità della risurrezione di Cristo,
tramandataci dai Suoi contemporanei. Gli autori di tali documenti, vale a
dire due tra i testimoni della risurrezione, Matteo e Giovanni, vissero
con Cristo dall'inizio alla fine della Sua vita pubblica e furono Suoi
diretti discepoli, che accolsero il Suo insegnamento direttamente da
Lui. Oltre a questi
due discepoli di Cristo, vi è pure Marco, discepolo del principe degli
apostoli, s. Pietro, compagno del suo ministero apostolico: egli scrisse
fedelmente ciò che aveva sentito da s. Pietro. Ve n'è ancora un altro,
LUCA, compagno di s. Paolo. Paolo, a sua volta, aveva ricevuto
l'insegnamento direttamente dai dodici apostoli; inoltre egli stesso
aveva visto Gesù dopo la risurrezione e si era convertito: da
persecutore della sua religione era diventato un suo fervente
divulgatore. (SK 1195)
grazie a: Missionarie dell'Immacolata Padre Kolbe
Postato da: giacabi a 08:24 |
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kolbe
La forza creativa
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"L’odio non è una forza creativa: lo è solo l’amore"
san Massimiliano Kolbe
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Postato da: giacabi a 10:54 |
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kolbe
S. Massimiliano Kolbe
S. Massimiliano Kolbe
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Tratto dal libro: RITRATTI DI SANTI di Antonio Sicari ed. Jaca Book
Oggi siamo di fronte a un volto luminoso, davanti al quale tutti, anche i non credenti, si inchinano volentieri e di cui tutti parlano con venerazione; S. Massimiliano Kolbe. Il fatto che egli abbia offerto la sua vita ad Auschwitz, riscattando con la sua carità e il suo martirio la dignità dell'uomo oppresso, basta ad attirargli tutte le simpatie.
Ma
noi vogliamo piuttosto imparare a comprendere quel suo gesto così
decisivo sullo sfondo di tutta la sua esistenza: la sua vocazione, gli
ideali coltivati, l'infaticabile operosità, la " ostinata "
missionarietà, perfino ciò che a qualcuno potrebbe sembrare "
eccessivamente integrista ", e che esprime invece la integralità della
sua fede. Per non correre il rischio di staccare artificialmente la sua
morte dalla sua vita.
P. Massimiliano Kolbe fu figlio del suo tempo e della sua terra: nacque nel
Dal 1912 al 1919 studia filosofia e teologia a Roma. Laurea in filosofia nel 1915 e laurea in teologia nel 1919. Si interessa di fisica e di matematica e giunge fino a progettare nuovi tipi di aerei ed altre apparecchiature.
A
Roma assiste a una processione di anticlericali-massoni che vanno a
celebrare Giordano Bruno inalberando uno stendardo nero su cui Lucifero
schiaccia S. Michele Arcangelo. In piazza S. Pietro vengono distribuiti
volantini in cui si dice che " Satana deve regnare in Vaticano e il Papa
dovrà fargli da servo ".
Il giovane Massimiliano ha una concezione cavalleresca della vita, al modo degli antichi cavalieri medioevali: ma la sua dama è
Si convince che è iniziata " l'Era dell'immacolata " quella in cui Maria dovrà, come dice
Scrive:
"Bisogna seminare questa verità nel cuore di tutti gli uomini che vivono e vivranno fino alla fine dei tempi e curarne l'incremento ed i frutti di santificazione; bisogna introdurre l'Immacolata nei cuori de gli uomini affinché Ella innalzi in essi il trono del Figlio suo e li trascini alla conoscenza di Lui e li infiammi d'amore verso il Sacratissimo Cuore di Gesù ".
Da parte sua ha una devozione totale e gentile: chiama
"
Cercare la conversione dei peccatori, degli eretici, degli scismatici,
dei giudei ecc. e soprattutto dei massoni (parola sottolineata due
volte); e soprattutto la santificazione di tutti sotto il Patrocinio e
con la mediazione della Beata Maria Vergine ".
Accennavo
all'accusa di integrismo che oggi P. Kolbe si tirerebbe addosso da
parte di molti cristiani benpensanti e schifiltosi. Infatti
Eccola:
"
Con l'aiuto di Dio dobbiamo fare in modo che i fedeli Cavalieri
dell'immacolata si trovino dappertutto, ma specialmente nei posti più
importanti come:
a) l'educazione della gioventù (professori di istituti scientifici, maestri, società sportive);
b)
la direzione dell'opinione delle masse (riviste, quotidiani, la loro
direzione e diffusione, biblioteche pubbliche, biblioteche circolanti,
conferenze, proiezioni cinematografiche);
c) le belle arti: scultura, pittura, musica, teatro.
I
militi dell'immacolata divengano in ogni campo i primi pionieri e guide
nelle scienze (scienze naturali, storia, letteratura, medicina,
diritto, scienze esatte ecc.).
Sotto
il nostro influsso e sotto la protezione dell'Immacolata sorgano, si
sviluppino i complessi industriali, commerciali, le banche.
In una parola
La realizzazione di questo progetto? Semplicemente incredibile per le possibilità di un uomo.
Nel 1927 inizia a costruire dal nulla un'intera città a circa
In pochi anni ecco descritta la prima realizzazione:
Un
complesso-editoria (che comprendeva): la redazione, la biblioteca, la
tipoteca, il laboratorio dei linotipisti, la zincografia con i gabinetti
fotografici, le tipografie..., ed ancora i vari reparti della
legatoria, dei depositi e delle spedizioni.
L'ala
sinistra... comprendeva, in fabbricati distinti, la cappella,
l'abitazione dei religiosi, il postulandato, il noviziato, la direzione
generale, l'infermeria e, alquanto distanziata, la grande centrale
elettrica. E poi, sparsi un po' dovunque, le officine dei fabbri e dei
meccanici, i laboratori per i falegnami, per i calzolai, per i sarti,
nonché le grandi rimesse per i muratori e il corpo dei pompieri.
Ma
non è ancora finito: c'erano il parco macchine, la piccola stazione
ferroviaria con il binario di raccordo con quella pubblica e statale;
previsto anche l'aeroporto con quattro velivoli e un progetto di
stazione radio trasmittente.
Dovunque grossi tronchi d'albero, depositi di legname, tubi e materiale edilizio di vario genere ".
La capacità di Massimiliano Kolbe di trascinare gli altri dietro questo suo ideale cavalleresco è data da queste cifre: dopo
una decina di anni o poco più a Niepokalanow vivono 762 religiosi: 13
sacerdoti, 18 chierici, 527 religiosi conversi, 122 giovani aspiranti
sacerdoti, 82 giovani aspiranti religiosi conversi.
Quando Massimiliano Kolbe, tornando sacerdote da Roma, aveva rimesso piede in Polonia
I frati di Massimiliano sono capaci di tutto: dall'organizzare
il corpo dei pompieri a prendere il brevetto di pilota, a studiare per
diventare direttore d'orchestra in modo da poter curare personalmente la
registrazione di dischi, a imparare i sistemi di regia cinematografica.
P.
Massimiliano Kolbe che fonda, e dirige per i primi anni, questa enorme
comunità, e ne resta sempre l'animatore, è descritto così:
"
Era tenace, ostinato, implacabile... Era un calcolatore nato: calcolava
e raffrontava senza posa, valutava, fissava, combinava bilanci e
preventivi. Se ne intendeva di tutto: di motori, di biciclette, di
linotype, di radio; conosceva quello che costava poco e quello che
costava molto; sapeva dove, come e quando era opportuno comperare… Non
c'era sistema di comunicazione troppo veloce per lui, il veicolo del
missionario, diceva spesso, dovrebbe essere l'aereo ultimissimo modello
".
La vita dell'intera comunità, invece, da P. Massimiliano Kolbe è descritta e spiegata con queste parole:
"
La nostra comunità ha un tono di vita un pochino eroico, quale è e deve
essere Niepokalanow se veramente vuole conseguire lo scopo che si
prefigge, vale a dire non solo di difendere la fede, di contribuire alla
salvezza delle anime, ma con
ardito attacco, non badando affatto a se stessi, conquistare
all'immacolata un anima dopo l'altra, un avamposto dopo l'altro,
inalberare il suo vessillo sulle case editoriali dei quotidiani, sulla
stampa periodica e non periodica, sulle agenzie di stampa, sulle antenne
radiofoniche, sugli istituti artistici e letterari, sui teatri, sulle
sale cinematografiche, sui parlamenti, sui senati, in una parola
dappertutto sulla terra; inoltre vigilare affinché nessuno mai riesca a
rimuovere quei vessilli.
Allora cadrà ogni forma di socialismo,
di comunismo, di eresie, gli ateismi, la massoneria e tutte le altre
simili stupidaggini che provengono dal peccato... Così io mi immagino
Niepokalanow ".
In questa nuova " città " sì stampano otto riviste per parecchie centinaia di migliaia di copie. (La maggiore tra esse, " Il cavaliere dell'Immacolata ", tocca in quegli anni il milione di copie. P. Massimiliano prevede traduzioni in italiano, inglese, francese, spagnolo e latino).
Lui vi abiterà pochissimi anni. Già nel 1930 è in Giappone dove
fonda dal nulla una città analoga e la chiama " Il giardino dell'immacolata ".
Un autore che è critico verso l'opera di Kolbe scrive:
"
Mirava né più ne meno che a conquistare il mondo. Per questo andò a
convertire i 'pagani' in Giappone; per questo ampliava incessantemente
le sue editrici, fondava monasteri, sognava piani per estendere a tutto
il mondo
Tutte
queste opere, concepite su scala gigantesca, le creò quasi dal nulla.
Senza un soldo in tasca, questuando incessantemente col proverbiale saio
rappezzato. Era un fenomeno di energia e di talento organizzativo.
Intraprendeva ogni iniziativa letteralmente con le proprie mani.
Mescolava la calce e portava i mattoni nel cantiere, lavorava alla cassa
di composizione in tipografia. A Nagasaki intraprese l'edizione della
versione locale de 'Il Cavaliere dell’Immacolata' senza sapere una
parola di giapponese...".
E durante l'edificazione della filiale giapponese " dormiva in una soffitta coprendosi col cappotto ".
La sua Milizia dell'Immacolata, nel 1939, contava 800.000 iscritti.
" Noi, diceva P. Kolbe, abbracceremo il mondo intero" e aveva piani che riguardavano l'india e il mondo arabo.
Nel
1932, quando costruiva Niepokalanow decise che fosse piccolo un solo
ambiente: il cimitero, perché diceva: " prevedo che le ossa dei miei
frati saranno disperse in tutto il mondo ".
Qual era dunque il suo ideale? Eccolo:
"
Bisogna inondare la terra con un diluvio di stampa cristiana e mariana,
in ogni lingua, in ogni luogo, per affogare nei gorghi della verità
ogni manifestazione di errore che ha trovato nella stampa la più potente
alleata; fasciare il mondo di carta scritta con parole dì vita per
ridare al mondo la gioia di vivere ".
La teologia di P. Kolbe era radicale e senza mezzi termini. Ecco come la sintetizza un suo biografo:
"
Si ostinò a credere, a dire, a scrivere che la verità è una sola,
quindi un solo Dio, un solo Salvatore, una sola Chiesa; gli uomini,
tutti gli uomini, di conseguenza, sono chiamati ad aderire ad un solo
Dio, ad un solo Salvatore, ad una sola Chiesa.
A
quell'ideale consacrò e immolò la sua vita di missionario della penna,
come amava definirsi". Questo fu l'uomo su cui si abbatté la furia
nazista. Sapeva ciò che gli aspettava. Aveva tanti amici che lo
avvertivano di tutto.
Fu arrestato una prima volta assieme ad alcuni suoi frati.. Li confortava con queste parole: " coraggio, andiamo in missione ".
in un primo tempo là Città dell'Immacolata fu adibita a ospedale con un
ufficio della Croce Rossa. Pian piano si riempiva di rifugiati e di
scampati, accolse 2000 espulsi dalla Polonia e alcune centinaia di
ebrei. I tedeschi cominciarono a considerarla come un campo di
concentramento.
Liberato
una prima volta, P. Kolbe riorganizzò la città per la sopravvivenza di
tutti i rifugiati organizzando infermeria farmacia, ospedale, cucine,
panetteria, orto e altri laboratori. il 17 febbraio 1941 viene arrestato
per la seconda volta. Dice: " Vado a servire l'immacolata in un altro campo di lavoro ". Il nuovo campo di lavoro è quello di Auschwitz.
Tutta l'energia di questo uomo fisicamente fragilissimo (malato di
tisi, con un solo polmone) è ora messa a confronto con la sofferenza più
atroce. Una sofferenza che lo colpisce sistematicamente, come gli altri
e più degli altri, perché appartiene al gruppo dei preti, quello che
per odio e maltrattamenti è accomunato agli ebrei.
Quando
lo vogliono portare all'ospedale del campo, se ne ha la forza, indica
sempre qualcun altro che, a suo parere, ha più bisogno di lui: " io
posso aspettare. Piuttosto quello lì... ".
Quando
lo mettono a trasportare cadaveri, spesso orrendamente mutilati, e ad
accatastarli per l'incenerimento, lo sentono mormorare pian piano: "
Santa Maria prega per noi " e poi: " Et Verbum caro factum est " (Il
Verbo si è fatto carne).
Nelle
baracche qualcuno la notte striscia verso di lui in preda all'orrore e
si sente dire lentamente, pacatamente, come un balsamo: " l'odio non è forza creativa; solo l'amore è forza creativa ".
Oppure
parla, dell'immacolata: " Ella è la vera consolatrice degli afflitti.
Ascolta tutti, ascolta tutti! ". Gli ammalati lo chiamano: " il nostro
piccolo padre ".
Poi
venne quel giorno in cui un detenuto del blocco 14 riuscì a Fuggire.
Padre Kolbe era stato assegnato a quel blocco solo da pochi giorni. Per
tre ore tutti i blocchi vennero tenuti sull'attenti. Alle 9, per la
misera cena, le file vengono rotte. Il blocco 14 dovette stare immobile
mentre il loro cibo veniva versato in un canale.
Il
giorno dopo, il blocco rimase tutto il giorno allineato immobile, sulla
piazza: guardati, percossi, digiuni, sotto il sole di luglio: distrutti
dalla fame, dal caldo, dall'immobilità, dall'attesa terribile. Chi
cadeva veniva gettato in un mucchio ai bordi del campo. Quando gli altri
blocchi tornarono dal lavoro si procedette alla decimazione: per un
prigioniero fuggito dieci condannati a morte nel bunker della fame.
Un condannato al pensiero della moglie e dei figli grida. A un tratto
il miracolo. P. Massimiliano esce dalla fila, si offre in cambio di
quell'uomo che nemmeno conosce. Lo scambio viene accettato. Il miracolo
per intercessione di P. Kolbe, Dio lo compie in quell'istante.
Dobbiamo
veramente ricostruire ciò che avvenne. Non molti poterono udire. Ma
tutti ricordano un particolare... Kolbe uscì dalla fila e si diresse
diritto, " a passo svelto " verso il Lagerfuehrer Fritsch, allibito che
un prigioniero osasse tanto.
Per il Lagerfuehrer Fritsch i prigionieri erano solo dei numeri.
La cosa più incredibile, il primo miracolo di Kolbe e attraverso Kolbe fu il fatto che il sacrificio venisse accettato.
Lo
scambio, con la sua affermazione di scelta e di libertà e di
solidarietà, era tutto ciò contro cui il campo di concentramento era
costruito. Il campo di concentramento doveva
essere la dimostrazione che " l'etica della fratellanza umana " era solo
vigliaccheria. Che la vera etica era la razza, e le razze inferiori non
erano " umane ". Il principio umanitario secondo l'ideologia nazista
era una menzogna giudeo-cristiana. Nel campo dì
concentramento si dimostrava che l'umano è ciò che di più esterno c'è
nell'uomo, una maschera che può essere levata a volontà.
" I campi di concentramento costituivano un frammento del dibattito filosofico definitivo " (Szczepanski).
Che
Fritsch accogliesse il sacrificio di Kolbe e soprattutto accogliesse lo
scambio (avrebbe dovuto almeno decidere la morte di ambedue) e quindi
il valore e l'efficacia del dono, fu qualcosa di incredibile. Era infatti un gesto che dava valore umano al morire, che rendeva il morire non più soggezione alla forza ma offerta volontaria.
Per Fritsch o fu un lampo di novità o fu la totale cecità di chi non
credeva più che quella gente avesse alcun significato storico. Di fatto
non c'era nessuna speranza umana che quel gesto oltrepassasse i confini
del campo di concentramento.
Né P. Kolbe poteva umanamente pensare a una qualsiasi eco storica del suo gesto. Ma
P. Kolbe riuscì a dimostrare fisicamente che quel campo era un
Calvario. E non mi riferisco a una immagine simbolica. Mi riferisco a
una Messa.
Da
quel giorno, da quella accettazione, il campo possedette un luogo
sacro. Nel blocco della morte i condannati vennero gettati nudi, al
buio, in attesa di morire per fame. Non venne dato loro più nulla,
nemmeno una goccia d'acqua. La lunga agonia era scandita dalle preghiere
e dagli inni sacri che P. Kolhe recitava ad alta voce. E dalle celle
vicine gli altri condannati gli rispondevano.
La
fama di ciò che avveniva si sparse anche negli altri campi di
concentramento. Ogni mattina il bunker della fame veniva ispezionato.
Quando
le celle si aprivano quegli infelici piangevano e chiedevano del pane;
chi si avvicinava veniva colpito e ributtato violentemente sul cemento.
P.
Kolbe non chiedeva nulla non si lamentava, restava in fondo seduto,
appoggiato alla parete. Gli stessi soldati lo guardavano con rispetto. Poi i condannati cominciarono a morire; dopo
due settimane erano vivi solamente in quattro con P. Kolbe. Per
costringerli a morire, il 14 agosto, venne fatta loro una iniezione di
acido fenico al braccio sinistro. Era la vigilia di una delle feste
mariane che Massimiliano amava di più: l'Assunta, a cui cantava sempre
volentieri quella lauda popolare che dice: " Andrò a vederla, un dì! ".
"
Quando aprii la porta di ferro, è il suo carceriere che racconta, non
viveva più; ma mi si presentava come se fosse vivo. Ancora appoggiato al
muro. La faccia era raggiante in modo insolito. Gli occhi largamente
aperti e concentrati in un punto. Tutta la figura come in estasi. Non lo
dimenticherò mai ".
Giovanni Paolo Il, predicando ad Auschwitz, ha detto:
"
In questo luogo che fu costruito per la negazione della fede, della
fede in Dio e della fede nell'uomo, e per calpestare radicalmente non
soltanto l'amore ma tutti i segni della dignità umana, dell'umanità,
quell'uomo (il P. Kolbe) ha riportato la vittoria mediante l'amore e la
fede".
P.
Kolbe ha dimostrato, in forza della sua fede, che l'uomo può creare
abissi di dolore ma non può evitare che essi siano inabitati dal
Crocifisso e dal mistero del Suo amore sofferente, che si riattualizza,
che autonomamente e con forza inarrestabile decide di farsi " presene ".
Fu soprattutto per questa decisione di Cristo che Fritsch, contro se
stesso, dovette " accettare " lo scambio.
Due
sono gli insegnamenti che ci restano contemplando il volto di P. Kolbe:
uno torna dal suo martirio alla sua vita, l'altro va dalla sua vita al
suo martirio.
Nel
primo insegnamento P. Kolbe ci dice che rispondere alla disumanità con
l'offerta e il sacrificio di sé non è la risposta di chi non sa fare
altro, di chi si rassegna e cede all'oppressore, di chi attende tutto
dall'al-di-là e perciò può subire.
P.
Kolbe ha dato la vita, accettando di morire, dopo che aveva spese tutte
le sue energie per la costruzione di un mondo diverso, di un mondo
nuovo, di un centuplo quaggiù. Il martirio non fu una fuga devota. Fu la
pienezza della sua energia vitale.
Nel
secondo insegnamento P. Kolbe ci dice che la stoffa di cui sono fatti i
martiri non è quella di chi nella sua vita si è divertito col
pluralismo e con l'irenismo ad ogni costo, anche se li chiama " dialogo "
ed " ecumenismo ".
Esiste
certamente un modo giusto di considerare questi valori (che è il modo
della carità, non della perdita di identità), ma tante volte essi sono
soltanto usati per preservarsi, per non dovere " dare la vita ".
P.
Kolbe definiva la fede con una nettezza impressionante, e con
altrettanta decisione la propagandava e la voleva incarnare in tutti gli
spazi della vita culturale e sociale; e seppe avere tanta carità da
essere il primo " martire della carità ". Proprio con questo titolo, mai
utilizzato prima, è stato canonizzato da Giovanni Paolo lI
Ma
chi, in nome di una pretesa carità cristiana, annacqua la fede e la
rende culturalmente inincidente e irrilevante nella storia è sicuro
d'avere proprio quella carità che abilita a dare la vita?
Questa
è la domanda seria che discrimina tutti gli atteggiamenti dei cristiani
e li giudica. La fede e la carità esigono, ambedue, forza e decisione, e
crescono assieme con lo stesso coraggio.
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