Il cuore dell’uomo
batte per l’Infinito
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E
non è forse vero che le vostre amicizie più durevoli sono nate nel
momento in cui finalmente avete incontrato un altro essere umano che
aveva almeno qualche sentore (sebbene vago e incerto anche nei migliori
amici) di quel qualcosa che desiderate fin dalla nascita e che cercate
sempre di trovare, di vedere e di sentire, sotto il flusso di altri
desideri e in tutti i temporanei silenzi tra le altre passioni più
forti, notte e giorno, anno dopo anno, dall'infanzia alla vecchiaia? Non
l'avete mai posseduto. Tutte le cose che hanno mai posseduto
profondamente la vostra anima ne sono state solo degli indizi - barlumi
allettanti, promesse mai completamente realizzate, echi che si
spegnevano subito appena vi arrivavano alle orecchie. Ma se
questa cosa dovesse veramente manifestarsi - se mai dovesse sentirsi
un'eco che non si spegnesse subito ma si espandesse nel suono stesso -
voi lo sapreste. Al di là di ogni possibilità di dubbio direste: "Ecco finalmente quella cosa per cui sono stato creato". Non possiamo parlarne gli uni con gli altri. E'
la firma segreta di ogni anima, l'incomunicabile e implacabile bisogno,
la cosa che desideravamo prima di incontrare le nostre mogli, i nostri
amici o prima di scegliere il nostro lavoro, e che desidereremo ancora
sul nostro letto di morte, quando la mente non riconoscerà più né moglie
né amico né lavoro. Mentre noi esistiamo, questa cosa esiste. Se la
perdiamo, perdiamo tutto.
C.S. Lewis, da Il cielo
a P.
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Postato da: giacabi a 12:09 |
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dio, bellezza, lewis, senso religioso
Gesù Cristo:
il Mistero incarnato
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"Ora la storia di Cristo è semplicemente un mito vero: un mito che agisce su di noi come gli altri (miti), ma con la tremenda differenza che questo è davvero avvenuto
[...]. Cioè, le storie pagane sono Dio che esprime Se stesso attraverso
la mente dei poeti, facendo uso delle immagini che vi ha trovato, mentre il cristianesimo è Dio che esprime Se stesso attraverso quello che chiamiamo "realtà".
C. S. Lewis
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Postato da: giacabi a 11:28 |
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dio, mistero, gesù, lewis
La Bellezza
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« Noi non ci accontentiamo di vedere la bellezza, anche se sa il Cielo che gran dono sia questo. Noi vogliamo qualcos’altro che è difficile esprimere a parole – vogliamo sentirci uniti alla bellezza che vediamo, trapassarla, riceverla dentro di noi, immergerci in essa, diventarne parte».
C.S. Lewis, Il brindisi di Berlicche e altri scritti, Jaca Book |
Postato da: giacabi a 18:53 |
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bellezza, lewis
Il senso religioso
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"È questo che vuoi? È questo?". Infine mi ero chiesto se quello che volevo era la gioia stessa; e, etichettandola come "esperienza estetica", mi era parso di poter rispondere di sì. Ma anche quella risposta era crollata. Inesorabile, la gioia proclamava: "Tu vuoi - e io stessa ne sono la voglia - qualcos'altro, fuori di te, non in te o in un tuo stato d'animo". Ancora non chiedevo: "Chi è il desiderato?", ma solo "Che cos'è?". Ma questo mi spingeva già nel territorio dello stupore, perché capivo in questo modo come nella più profonda solitudine vi sia una strada che porta diritto fuori di noi, un commercio con qualcosa, che rifiutando di identificarsi
con un qualsiasi oggetto dei sensi o con qualsiasi esigenza biologica o
sociale, o con una qualsiasi cosa di immaginario, o con un qualsiasi
stato d'animo, si proclama puramente oggettivo. Molto più oggettivo dei corpi, perché non è, al pari di essi, rivestito dai sensi; la nuda alterità, anonima (benché la nostra immaginazione l'accolga con centinaia di immagini), ignota, indefinita, desiderata».
C. S. Lewis, Sorpreso dalla gioia,
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Postato da: giacabi a 06:28 |
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lewis, senso religioso
Staccarlo da lui stesso,
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Come preliminare allo staccarlo dal Nemico dovevi staccarlo da lui stesso, e avevi già fatto un poco di progresso su questa linea. Ora, tutto è disfatto.
Naturalmente, so benissimo che anche il Nemico vuole distaccare gli uomini da se stessi, ma in modo diverso. Ricorda
sempre che a Lui que¡ piccoli vermi piacciono veramente, e che pone un
assurdo valore assoluto sulla distinzione di ciascuno di loro. Quando
dice che debbono perdere il loro io, intende solamente dire che debbono
abbandonare la volontà propria; una volta fatto ciò, in realtà dà loro
indietro tutta la loro personalità, e si vanta (sinceramente, ho paura) che se saranno completamente suoi saranno più che mai se stessi. Quindi, mentre gode nel vederli sacrificare perfino le loro innocenti volontà a Lui, odia di vederli allontanare dalla loro natura per qualsiasi altra ragione.E noi invece dovremmo sempre incoraggiarli a farlo. Le
più profonde simpatie e i più profondi impulsi di qualsiasi uomo sono
la materia prima, il punto di partenza, del quale il Nemico lo ha
fornito. Allontanarlo da essi è sempre un punto di
guadagno; perfino in cose indifferenti è sempre desiderabile sostituire
le misure del mondo, o della convenzione, o della moda, al posto di ciò
che veramente piace o dispiace a un essere umano."
C.S. Lewis
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Postato da: giacabi a 14:22 |
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persona, lewis
La perdita dell’io
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"Come preliminare allo staccarlo dal Nemico dovevi staccarlo da lui stesso, e avevi già fatto un poco di progresso su questa linea. Ora, tutto è disfatto"
LEWIS, C. S., Le lettere di Berlicche, Mondadori,
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Postato da: giacabi a 21:50 |
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persona, lewis
Il senso religioso
«Quello che mi piace dell'esperienza [che è vivere qualsiasi cosa paragonandola col cuore] è che si tratta di una cosa così onesta. Potete fare un mucchio di svolte sbagliate [non bisogna spaventarsi]; ma tenete gli occhi aperti e non vi sarà permesso di spingervi troppo lontano prima che appaia il cartello giusto. Potete aver ingannato voi stessi, ma l'esperienza non sta cercando di ingannarvi. L'universo risponde il vero quando lo interrogate onestamente» C.S.Lewis Sorpreso dalla gioia
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Postato da: giacabi a 05:58 |
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lewis, senso religioso
La Conversione
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Postato da: giacabi a 08:02 |
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lewis
Gli esseri umani sono anfibi –
mezzo spirito e mezzo animale
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Mio caro Malacoda
dunque
tu "nutri grandi speranze che la fase religiosa del tuo paziente stia
morendo"?Io sono sempre stato dell'opinione che la suola di tirocinio
fosse bell'e spacciata da quando Ciriatto Sannuto vi fu messo a capo, e
ora ne sono sicuro. Non v'è mai stato nessuno che t'ha detto qualcosa
sulla legge dell'Ondulazione?
Gli
esseri umani sono anfibi - mezzo spirito e mezzo animale. ( la
risoluzione del Nemico di produrre un ibrido talmente ributtante fi una
delle cose che decisero Nostro Padre a ritirargli il suo appoggio). Come spiriti essi appartengono al mondo dell'eternità, ma come animali sono abitatori del tempo. Ciò
significa che, mentre il loro spirito può essere diretto verso un
oggetto eterno, il loro corpo, le passioni e l'immaginazione sono in
continuo divenire, poiché essere nel tempo significa mutare. Perciò
la cosa che più li avvicina alla costanza è l'ondulazione - cioè il
ripetuto ritorno a un livello dal quale ripetutamente si allontanano,
una serie di depressioni e elevazioni. (...)
Per
decidere il miglior uso che ne puoi fare, devi chiederti qual è l'uso
che desidera farne il Nemico, e poi agire all'opposto. Ora, può essere
per te una sorpresa venire a sapere che nei suoi sforzi di impossessarsi
per sempre di un'anima, Egli si basa sulle depressioni ancor più che
sulle elevazioni. Alcuni dei suoi speciali favoriti sono passati
attraversi depressioni più lunghe e più profonde di qualsiasi altro. la
ragione è questa. Per noi un essere umano è innanzitutto cibo: nostro
scopo è l'assorbimento della sua volontà nella nostra, l'aumento, a sue
spese, della nostra area di egoismo. Ma l'obbedienza
che il Nemico chiede all'uomo è cosa del tutto diversa. Bisogna
guardare in faccia al fatto che tutto quel parlare intorno al Suo amore
per gli uomini, e intorno al Suo servizio come perfetta libertà, non
è(come si vorrebbe allegramente credere) pura propaganda, ma terribile
verità. Egli vuole proprio riempire l'universo di una quantità di
nauseanti piccole imitazioni di Se stesso - creature la cui vita, in
miniatura, sarà qualitativamente come la Sua, non perchè Egli li
assorbirà, ma perchè la loro volontà si conformeranno liberamente alla
Sua.Noi vogliamo mandrie che finiranno per diventare cibo; Egli vuole servi che diverranno infine, figliuoli. Noi vogliamo assorbire, Egli vuole concedere in abbondanza. Noi siamo vuoti e vorremmo riempirci; Egli possiede la pienezza e trabocca. La nostra guerra ha come scopo un mondo nel quale Nostro Padre Laggiù abbia attratto a sé tutti gli altri esseri; il Nemico vuole un mondo pieno di esseri uniti a Lui, ma sempre distinti.
(...)
Tuo affezionatissimo Zio
C.S. LEWIS - LE LETTERE DI BERLICCHE
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Postato da: giacabi a 07:11 |
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chiesa, dio, gesù, lewis
L’Amicizia
Da “I quattro amori”
di C.S. Lewis
L’amicizia è – ma non in senso peggiorativo – il meno naturale degli affetti naturali, il meno istintivo, organico, biologico, gregario e indispensabile... Quando due persone diventano amiche significa che esse si sono allontanate, insieme, dal gregge. Senza l’eros nessuno di noi sarebbe stato generato, e senza l’affetto nessuno di noi avrebbe ricevuto un’educazione; al contrario si può vivere e riprodursi anche senza l’amicizia... Questa qualità, per così dire “innaturale”, dell’amicizia costituisce un’ottima spiegazione al fatto che essa fu esaltata in epoca antica e medievale, ma è tenuta in poca considerazione ai giorni nostri. L’ideale che permeava di sé quelle età era d’impronta ascetica, volto a una rinuncia del mondo... Unica tra tutti gli affetti, essa sembra innalzare l’uomo a livello degli dei, o degli angeli... Niente è più lontano dall’amicizia di una passione amorosa. Gli innamorati si interrogano continuamente sul loro amore; gli amici non parlano quasi mai della loro amicizia. Gli innamorati stanno quasi tutto il tempo, fianco a fianco, assorti in qualche interesse comune. Ma soprattutto, l’eros (finché dura) lega necessariamente due sole persone. Il due invece, lungi dall’essere il numero distintivo dell’amicizia, non è nemmeno il più congeniale a questo tipo di legame... In ciascuno dei miei amici c’è qualcosa che solo un altro amico sa mettere pienamente in luce... Da ciò consegue che l’amicizia è il meno geloso degli affetti. Due amici sono ben lieti che a loro se ne unisca un terzo, e tre, che a loro se ne unisca un quarto, a patto che il nuovo venuto abbia le carte in regola per essere un vero amico. Essi potranno dire, allora, come le anime beate di Dante: “Ecco che crescerà li nostri amori”, poiché in questo amore “condividere non significa perdere”... In questo senso, l’amicizia rivela una piacevole “vicinanza per somiglianza” con lo stesso Paradiso, dove proprio la moltitudine dei beati (il cui numero sfugge a qualunque calcolo umano) accresce il godimento che ciascuno ha di Dio. Ogni anima, infatti, Lo vede in maniera personale, e comunica poi questa visione unica a tutte le altre. Questo è il motivo per cui, come dice un autore antico, i Serafini, nella visione di Isaia, cantano vicendevolmente: “Santo, Santo, Santo” (Is 6,3). Più divideremo tra noi il pane celeste, più ne avremo per cibarcene... L’amicizia nasce dal semplice cameratismo quando due o più compagni scoprono di avere un’idea, un interesse o anche soltanto un gusto, che gli altri non condividono e che, fino a quel momento, ciascuno di loro considerava un suo esclusivo tesoro (fardello). La frase con cui di solito comincia un’amicizia è qualcosa del genere: “Come? Anche tu? Credevo di essere l’unico...”. Il marchio della perfetta amicizia non è il fatto di essere pronti a prestare aiuto nel momento del bisogno (anche se questo si verificherà puntualmente), ma il fatto che, una volta dato questo aiuto, nulla cambia. Si è trattato di una deviazione, di un’anomalia, di una fastidiosa perdita di tempo, rispetto a quei pochi momenti – sempre troppo fugaci – in cui si può stare insieme... L’amicizia, come l’eros, non è mai inquisitrice. Si diventa amici di una persona senza sapere, né preoccuparsi, se egli sia sposato o meno, o di come si guadagni da vivere. Tali “questioni pratiche”, “affari di secondaria importanza” non hanno nulla a che vedere con la domanda fondamentale: “Vedi la stessa verità?”... Questa è la regalità dell’amicizia: in essa ci incontriamo come sovrani di stati indipendenti, fuori del nostro paese, sul terreno neutrale, svincolati dal nostro contesto... Da ciò deriva il carattere squisitamente arbitrario e l’irresponsabilità di questo affetto. Non ho il dovere di essere amico verso nessuno, e nessuno ha il dovere di esserlo nei miei confronti... L’amicizia è superflua, come la filosofia, l’arte, l’universo (Dio infatti non aveva bisogno di creare). |
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