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venerdì 17 febbraio 2012

macciocchi


Perché il cristianesimo non diventi spiritualismo
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Napoleoni. Lui nell'ostia c'è o non c'è? Questo è il punto.
La Valle. Si;ma non c'e in questo modo fisicistico a cui si e voluto ridurre.
 Napoleoni.Si, c'e in modo fisico.
 La Valle. C'è, come c'e qui tra noi...
Napoleoni. No...
La Valle: E come no: ti sembra più importante la presenza di Cristo nell'ostia che la presenza di Cristo in te e in me in questo momento? Non è così, Claudio.
Napoleoni. Perché se no il cristianesimo diventa uno spiritualismo.
La Valle.No, diventa precisamente la fondazione dell'immagine e della somiglianza di Dio, diventa l'andare al Padre senza mediazioni che non sia  la sua; diventa questa liberazione in atto, diventa il ritorno al Genesi, diventa la restaurazione precisamente nella condizione del giardino.
Napoleoni. Si, ma l'uomo per arrivare a questo ha bisogno di condizioni che non possono essere concepite solo come condizioni spirituali.
La Valle. Certo, certo, nella natura. ..
Napoleoni. Ma la natura vuol dire il corpo.
La Valle. Il corpo, la storia, certo.
Napoleoni. Ma questo vuol dire... io credo che il punto centrale del cristianesimo sia l’incarnazione. Questo era il Figlio di Dio.
Claudio Napoleoni(il più famoso economista della sinistra, prima di morire riapprodò alla fede) da : Conversazione con il deputato Raniero La Valle



Postato da: giacabi a 19:04 | link | commenti
perle, barcellona, cristianesimo, macciocchi

mercoledì, 18 aprile 2007

Macciocchi,
da Mao a Wojtyla
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È morta una delle intellettuali più vivaci del ’900. Dopo l’incontro con Giovanni Paolo II la rivisitazione del femminismo
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Amava definirsi «eretica» e sempre rifiutava l’omologazione dei media e dell’opinione pubblica dominante. Dopo la Resistenza, il ’68 e l’impegno politico. Nell’87 rimase colpita dal Papa polacco che le disse: «Credo nel genio delle donne»
Di Marina Corradi
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Nella mia vita ho più volte cambiato nazionalità: mi sono sentita cinese nella Pechino in rivolta contro il dominio di Mosca, spagnola a Madrid dove finii nelle prigioni di Franco, argentina a Buenos Aires con le madri dei desaparecidos, berlinese attraversando avanti e indietro quel Muro, al cui crollo, da dissidente, ho dedicato tante energie». Così si raccontava in una conferenza nel ’96 a Amsterdam Maria Antonietta Macciocchi, morta domenica a Roma all’età di 84 anni. E in quell’essere "appartenuta" alle storie di tanti paesi c’era una sintesi della sua biografia: una intellettuale che ha traversato il Novecento con una passione che l’ha messa spesso in aperta rottura con i suoi stessi compagni di strada. «Eretica», amava definirsi lei non senza fierezza, e nella sua vita non mancano gli elementi per darle ragione. Nata nel ’22 a Isola del Liri, in provincia di Frosinone, partecipa giovanissima alla Resistenza. Nel ’42 aderisce al Partito comunista, con cui è deputato nel ’68. Direttore di Noi donne, corrispondente de l’Unità da Parigi, entra in dissenso con il partito, che lascia nel ’77. Aderisce al Partito radicale, col quale è rieletta a Roma e a Strasburgo. Poi passa alla Sinistra Indipendente. Docente di Sociologia politica alla Sorbona, contribuisce dal Parlamento europeo alla abolizione della pena di morte in Francia. Mitterrand la insignisce della Legion d’onore per meriti culturali. Intanto pubblica numerosi saggi fra cui Lettere dall’interno del Pci e Dalla Cina.
Ma la sua passione di intellettuale di sinistra risente fortemente di un incontro con Giovanni Paolo II. E’ il 1987, la Macciocchi sta finendo il suo La donna con la valigia, viaggio nell’Europa ancora divisa dal Muro. Chiede di incontrare il Papa per inserirne la testimonianza nel libro. Era stata ricevuta da Mao, da De Gaulle, da Ho Chi Mihn e da Khomeini, ma Wojtyla la colpì come nessuno. Raccontò: «Dall’intensità del gesto irradiava una sorta di forza interiore, una piccola aura metafi sica gli faceva corona attorno al viso. Per me è un grande onore incontrarla, farfugliai. E di colpo fui esplicita, sincera, sorprendendo me stessa per quelle frasi che pronunciai: vengo da lontani lidi, quelli del marxismo-leninismo».
La conversazione a Castelgandolfo fu lunga. «Mi predisse, quasi, che l’Europa si sarebbe presto riunita: era l’estate del 1987. Poi parlò delle donne, della necessità di una autentica emancipazione della donna, e di certa scienza che si serve delle donne come business per il più scatenato affarismo». La passione del Papa colpisce la Macciocchi, femminista ma cosciente di quello che lei stessa definisce, in quegli anni Ottanta, «l’estuario di un femminismo a vele flosce». Quando esce La donna con la valigia, molti amici la accusano scandalizzati di filopapismo. Paris match scrisse incredulo: «Ma lei non ricorda di essere stata per noi il simbolo più avanzato della sinistra femminile?». Lei risponde cercando di spiegare di sentirsi «antistrategica» rispetto ai media imperanti. E c’era spesso, nell’opera della Macciocchi, il gusto di scavalcare le comode e acquisite verità delle ideologie dominanti. Puntuale rispuntava l’istinto di guardare la realtà scavalcando le risposte più facili e condivise, e una avversione a quella che definiva «la misteriosa regia della stampa omologata» come a certo sventolato laicismo, che chiamava «laicismo bigotto».
L’anima da «eretica» non mancò di prendere voce anche nella critica ad alcuni miti del femminismo. Riguardo al rapporto fra liberazione della donna e comunismo disse che «l’utopia universalista astratta della liberazione della donna sotto i regimi comunisti è stata una beffa ancora più drammatica di quella contro la classe operaia». Ma anche nelle pieghe del ’68 - momento storico che aveva vissuto a Parigi, e che l’aveva entusiasmata per la sua ansia antiautoritaria - la dissidente cronica Macciocchi ammette che le donne hanno ritrovato «misoginia, corruzione e mercimonio del loro corpo e del loro voto». Nè è più tenera con il facile luogo comune della "solidarietà fra le donne": «Le donne di potere sono dure, implacabili, crudeli e ciniche». Sull’aborto, lei pure fedele alla legge 194 afferma che «sarebbe tutto da rivedere: il rapporto tra donna e maternità è stato avvilito, e l’egoismo del singolo prevale sull’arricchimento della donna stessa e della società».
Un’intellettuale di traverso alla logica del facile consenso. Editorialista di Le Monde, El Pais e Corriere, negli ultimi anni scriveva su Avvenire. Certamente
quell’incontro del 1987 con il Papa - cui poi ne seguirono altri - lasciò un segno profondo. Ricordava sempre come Giovanni Paolo II le avesse detto: «Credo nel genio delle donne». «Queste parole - confessò - rivolte a una donna ritornata da tutto e anche da se stessa, furono così sorprendenti per il mio spirito che non si cancellarono più». E quando uscì la lettera apostolica Mulieris Dignitatem ne fu conquistata, tanto da scrivere il volume Le donne secondo Wojtyla. Ventinove chiavi di lettura della Mulieris Dignitatem. Attraverso la lettera di Giovanni Paolo II la intellettuale comunista, la femminista militante affermava di avere riscoperto nel Vangelo «un rapporto di tenerezza, di connivenza fra Gesù e le donne», contro la misoginia di cui il cristianesimo è tradizionalmente accusato dal pensiero femminista. Questo le attirò molte critiche ma lei, come al solito, non cercò di mediare: «L’originalità del pensiero di questo Papa verso le donne è una linea maestra dritta come una spada», scrive. E questa volta non si ravvede, morendo così in aria di eresia. Fine del lungo viaggio di una donna nel Novecento, una donna - per usare quella sua felice espressione - «ritornata da tutto, anche da se stessa»

Postato da: giacabi a 19:41 | link | commenti
comunismo, cristianesimo, macciocchi

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