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venerdì 17 febbraio 2012

maria


La Madre
***
La Madre,
quella che come me
mangiò la terra del manicomio credendola pastura divina,
quella che si legò ai piedi del figlio
per essere trascinata con lui sulla croce e ne venne sciolta
perché continuasse a vivere nel suo dolore.
Potevano uccidere anche Maria,
ma Maria venne lasciata libera di vedere
la disfatta di tutto il suo grande pensiero.
Ed ecco che Dio dalla croce guarda la madre,
ed è la prima volta che così crocifisso
non la può stringere al cuore,
perché Maria spesso si rifugiava in quelle braccia possenti,
e lui la baciava sui capelli e la chiamava «giovane»
e la considerava ragazza.
Maria, figlia di Gesù
Maria non invecchiò mai,
rimase col tempo della croce
nei suoi lunghi capelli
che le coprivano il volto.
«lo credo, madre,
che qualsiasi senso del cuore
sia dentro il tuo sguardo.

Come Figlio di Dio sono un bambino felice,
come Gesù sono colui che camminerà con te
sulle acque dell’incredulità.
Io, madre, ho visto il tuo seno pieno d’obbedienza
e bianco come il tuo pensiero.
E io so che l’amore di Dio è impalpabile
come le ali di una farfalla.
Io ho creduto, madre, al tuo volto,
ma ho anche creduto al Padre.
Non potrebbe ingiuriarti nessuno
al di fuori di quella voce
che ti ha percossa come un nubifragio:
l’addio del messaggero celeste.»
«Quante lacrime, madre, su quella tua
visitazione.
È stato un lavacro per tutti i peccati degli uomini,
e solo Giuseppe ha creduto che il tuo mantello
contenesse tanto dolore.
Non ti ha mai levato di dosso quel mantello di luce,
Maria,
con cui Dio ti ha coperta
per non far vedere
che le tue spalle tremavano d’amore.
Ma io, Maria, credo in te,
e credendo in te
credo in Lui.»

Alda Merini, Poema della croce (Frassinelli, 2004)

Postato da: giacabi a 17:06 | link | commenti
merini, maria

venerdì, 03 giugno 2011

Grossman
e la Madonna democratica
di Raffaello
***

Nel libro dal titolo bellissimo, Il bene sia con voi!, pubblicato ora in Italia da Adelphi Vasilij Grossman racconta un episodio emozionante (i libro è del 1961). Nella primavera del 1955 il governo russo aveva deciso di esporre in pubblico al museo Puskin, prima di restituirle, le opere che erano state portate via da Dresda dopo la fine della guerra. I capolavori della pinacoteca tedesca infatti si erano salvati dalle bombe americane perché portati in caveau svizzero e da lì, dopo al fine della guerra, erano stati presi da una delle potenze vincitrici e portati nella capitale sovietica. Quel 30 maggio 1955 Grossman si era messo in fila con migliaia di altri moscoviti per ammirare quei capolavori, prima del ritorno alla Gemaldegalerie di Dresda. Ma viene catturato, oserei dire travolto, dall’impatto con la Madonna Sistina di Raffaello. Ha la sensazione di esser davanti all’opera davvero immortale, capace di colpire il suo cuore come nessun’altra; ma, aggiunge, capace di colpire il cuore di tutti «vecchiette in miseria, imperatori, studenti, miliardari d’Oltreoceano, papi, principi russi». Grossman va anche oltre: «Anzi, se anche l’uomo dovesse estinguersi, gli esseri che prenderanno il suo posto sulla terra – lupi, ratti, orsi o rondini che siano – verranno sulle loro zampe o con le loro ali ad ammirare la Madonna di Raffaello…» .
Come motiva Grossman questa sua folgorazione? Le pagine, travolte dall’emozione, vanno lette tutte.a Ma in questo immagnifico convergere del mondo creato davanti alla Madonna Sistina c’è il cuore della sua intuizione. «La bellezza della Madonna è saldamente legata alla vita terrena. È democratica, umana; è la bellezza di tante, tantissime persone – gialli con gli occhi a mandorl, gobbi con il naso lungo, neri con i capelli crespi e la labbra tumide. È universale. La Madonna è anima e specchio dell’uomo e chiunque la guardi coglie in lei l’umano: è l’immagine del cuore materno, per questo la sua bellezza è intrecciata, fusa in eterno con la bellezza che si cela – profonda e indistruttibile – ovunque nasca e cresca la vita – nella cantine, nei solai, nei palazzi e nelle topaie».
Post scriptum: La Madonna Sistina è una di quelle immagini troppo viste sulle quali colpevolmente si sorvola. La pagina di Grossman costringe a un salutare “affondo”. E l’immagine stretta sul volto del Bambino e di Maria ha in effetti qualcosa di potentemente caritatevole e magnetico allo stesso tempo. Il loro sguardo sembra posarsi sul nostro tempo ma avere come orizzonte un punto, assolutamente struggente, che va oltre il tempo. Uno sguardo umano e calmo. Ma come non intercettarne anche un fremito di inquietudine, quasi fossimo alla febbrile vigilia del giorno finale? Notate quel vento solare che scuote l’aria…


Postato da: giacabi a 15:27 | link | commenti
maria, grossman

lunedì, 21 marzo 2011

 “Magnificat, Un incontro con Maria”


Quando il cielo baciò la terra nacque Maria.
Che vuol dire la semplice,
la buona, la colma di grazia.
Maria è il respiro dell’anima,
è l’ultimo soffio dell’uomo.
Maria discende in noi,
è come l’acqua che si diffonde
in tutte le membra e le anima,
e da carne inerte che siamo noi
diventiamo viva potenza.


Sei la povertà e la ricchezza,
il sogno e la contraddizione,
la volontà di Dio e la volontà dell’uomo,
che tu educhi alla contemplazione.
Il dolore è la tua casa, è la casa del mondo,
eppure tu sei la regina degli angeli,
la regina nostra, la regina di tutti i tempi.


Maria,
ci sono dei venti
che ardono e gemono in noi,
e dividono le nostre intime parti
in tanti flagelli
e ci rompono le ossa
e sono le tentazioni,
i progetti sbagliati,
le orme indisciplinate,
i feretri dei morti
che secondo noi non hanno resurrezione.
Quanto è immodesto l’uomo
che pensa che l’inverno congeli tutto
E non spera nella primavera.
L’uomo beve il proprio odio
come un buon vino,
e più odia e più si sente ebbro
più abbandona
le rive della tua giovinezza.


Alda Merini

Alcuni passi tratti dal libro “Magnificat, Un incontro con Maria”


Postato da: giacabi a 20:55 | link | commenti
merini, maria

sabato, 04 dicembre 2010

Spavento di Maria
***
Una voce come la Tua
che entra nel cuore di una vergine
e lo spaventa,
una voce di carne e di anima,
una voce che non si vede,
un figlio promesso a me,
tu ancella che non conosci l'amore,
un figlio mio e dell'albero,
un figlio mio e del prato,
un figlio mio e dell'acqua,
un figlio solo:
il Tuo.
Come non posso spaventarmi 
e fuggire lontano
se non fosse per quell'ala di uomo
che mi è sembrata un angelo?
Ma in realtà, mio Dio,
chi era?
Uno che si raccomanda,
uno che mi dice di tacere,
uno che non tace,
uno che dice un mistero
e lo divulga a tutti.
Io sola, povera fanciulla ebrea
che devo credere e ne ho paura, Signore,
perché la fede è una mano
che ti prende le viscere,
la fede è una mano 
che ti fa partorire.
[tratto da: Alda Merini, Magnificat. Un incontro con Maria, Frassinelli 2002, pp. 22-23]

Postato da: giacabi a 16:44 | link | commenti
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sabato, 14 agosto 2010

STORIA/                                                                                            da www.sussidiario.it

Quella Madonna tanto cercata, ma anche perseguitata, nel cuore della Polonia

venerdì 13 agosto 2010
Uno dei santuari tradizionalmente legati ai pellegrinaggi mariani è quello di Jasna Góra a Czestochowa, fondato verso la fine del XIV secolo dai monaci di san Paolo Eremita, chiamati in Polonia dall’Ungheria dal principe Ladislao di Opole
Già dalla seconda metà del XVI secolo Jasna Góra è una meta privilegiata, e tra i suoi visitatori troviamo rappresentanti di tutti i ceti sociali, che rendono questo luogo il simbolo dell’identità e dell’unità della nazione.
«Quest’antica effigie - disse Giovanni Paolo II -, che porta su di sé i segni di elementi del cristianesimo d’Oriente e d’Occidente, è un simbolo dell’unione di questi due mondi, delle ricchezze e delle culture che mediante il Battesimo si sono incontrati e uniti in Cristo […]. Il santuario ha svolto pure il ruolo della difesa della fede, della cultura e della conservazione dell’identità nazionale particolarmente durante il lungo periodo della spartizione della Polonia […]. Negli anni dell’ateizzazione organizzata e sistematica, Jasna Góra divenne […] punto di riferimento per la rigenerazione sociale».
Nel Novecento, durante la Seconda guerra mondiale, parte della fortezza viene occupata dalle truppe naziste che proibiscono i pellegrinaggi. È proprio di quegli anni il ricordo della visita compiuta da Guareschi: «Mi arresto perplesso sull’entrata, poi riprendo ad avanzare, e mi sembra d’essermi sfilato dal mio corpo coperto di stracci e d’averlo lasciato lì sulla porta, tanto mi sento leggero […]. Si leva un canto dalla folla, e pare la voce stessa della Polonia: un dolore dignitoso di gente usa da secoli a essere schiacciata e a risorgere. Di gente che viene uccisa sempre e che non muore mai» (Diario clandestino, settembre ‘43).
Altri scrittori e poeti sono stati ispirati dal santuario, come il nobel Milosz: «Maria purissima, benedici colei che nella misericordia non crede. / Che la Tua luminosa mano spossata possa lenire ogni sua tristezza. / Sotto la Tua protezione sia più lieve il pianto».
Durante l’epoca comunista, i pellegrinaggi continuano nonostante le campagne antireligiose: nell’agosto 1956 sono quasi un milione i fedeli presenti al santuario a rinnovare i voti di affidamento a Maria. Come secoli prima, a Jasna Góra arrivano studenti, contadini, rappresentanti del mondo della cultura, ai quali si aggiungono, dal settembre ‘83, gli operai grazie al primo loro pellegrinaggio voluto da padre Popieluszko.
Le autorità statali, non potendo concretamente proibire i pellegrinaggi, cercano in tutti i modi di ostacolarli e contenerne la portata: limitano la circolazione dei mezzi pubblici, sopprimono i treni, controllano i pellegrini che si spostano con i mezzi propri e con i torpedoni di associazioni e circoli. Non di rado la polizia pattuglia le strade e ritira pretestuosamente le patenti, mentre vengono avviati lavori stradali straordinari. I pellegrini che riescono ad arrivare sono sorvegliati, e le targhe dei loro veicoli fotografate e schedate.
La propaganda comunista cerca di distogliere l’attenzione dei fedeli organizzando cineforum e rimpinzando i palinsesti televisivi con film imperdibili, proponendo grandi manifestazioni culturali e ricreative, allestendo lungo il percorso chioschetti per la vendita di alcolici e altre merci normalmente introvabili. In questo modo da un lato si vuol trasformare il pellegrinaggio in occasione da paese dei balocchi, dall’altro si intende screditare lo stesso gesto religioso e i pellegrini agli occhi dell’opinione pubblica.
Ciononostante l’afflusso di fedeli a Jasna Gora è inarrestabile e… variopinto: nell’estate del ‘71 al pellegrinaggio da Varsavia si uniscono 300 hippies che, secondo i rapporti della polizia, di sera si riuniscono a discutere animatamente sull’esistenza di Dio e sul senso della vita; gli agenti sono scandalizzati perché dai conventi le suore escono a portare a questi giovani cibo e bevande, e i contadini mettono loro a disposizione i campi per piantare le tende.
Oltre ad azioni ordinarie di disturbo e controllo, la polizia compie atti vandalici sia contro i pellegrini, sia contro chi li ospita: ogni tipo di spazzatura viene disseminato nei campi per convincere la popolazione locale che non si tratta di iniziative di carattere religioso, e per infondere un senso di avversione tra i sacerdoti delle parrocchie coinvolte.
Nel 1978, durante il 267° pellegrinaggio da Varsavia, agenti del Ministero degli interni avviano un intervento su ampia scala: rubano zaini e altri oggetti, rovinano i sacchi a pelo, lasciano qua e là materiale pornografico, bucano le gomme delle auto e intossicano pozzi e fontane. L’Istituto polacco per la memoria nazionale conserva la nota spese per l’azione di disturbo prevista contro i pellegrini partiti da Radom: nei primi giorni di agosto un sottufficiale spende 658 zloty per acquistare 200 preservativi, due scatole di colore alla nitro, 30 assorbenti femminili, 5 bottiglie di vino, carta igienica, pennelli e strutto.
A ciò si aggiungono «35 bottiglie per la birra con relativi tappi, brandelli di giornali sporchi, mezzo litro di sangue animale con cui imbrattare gli assorbenti, avanzi di cibo e qualche barattolo di conserva». Lo stesso sottufficiale propone di cospargere un intero tratto di strada con i semi delle rose canine, la cui parte interna ha proprietà pruriginose…
Nemmeno dopo l’elezione di Giovanni Paolo II si allenta la presa: nell’82 Grzegorz Piotrowski, che sarà tra gli assassini di padre Popieluszko, riceve l’ordine di incendiare un fienile il cui proprietario aveva ospitato i pellegrini, tenta di violentargli la figlia e di intossicare il pozzo.

Postato da: giacabi a 10:21 | link | commenti
comunismo, maria

sabato, 05 giugno 2010

Vassili Grossman: La Madonna Sistina.
È in questo modo che l’uomo va incontro al suo destino

 



La Madonna Sistina
di Vassili Grossman
tradotto a cura della nostra redazione dalla versione francese di Sophie Benech, edita da Editions Interférences, Parigi, 2002



Dopo aver schiacciato e annientato l’esercito della Germania fascista, le vittoriose truppe sovietiche hanno portato a Mosca alcuni quadri del museo di Dresda. Questi quadri sono stati conservati sotto chiave per quasi dieci anni.
Nella primavera del 1955, il governo sovietico ha deciso di rimandare i quadri a Dresda. Prima di rispedirli in Germania, si è deciso di mostrarli al pubblico per novanta giorni.
E fu così che i
l 30 maggio 1955, di buon’ora in una fredda mattina, dopo aver risalito la via Volkhonka lungo i cordoni con cui la milizia moscovita convogliava le migliaia di persone che volevano vedere i quadri dei grandi maestri, sono entrato nel museo Puskin, sono salito al primo piano e mi sono avvicinato alla Madonna Sistina.
Fin dal primo sguardo c'è una cosa che si impone, immediatamente, prima di tutto: è immortale. Ho compreso allora che prima di aver visto la Madonna Sistina avevo usato con leggerezza una parola dal potere terribile, la parola “immortalità”, ho capito che avevo confuso con l’immortalità la potente vita di alcune, particolarmente sublimi, opere umane. E pieno di venerazione per Rembrandt, per Beethoven e Tolstoji, ho capito che fra tutte le creazioni di pennello, bulino o penna che avevano stupito il mio cuore e il mio spirito, solo questo quadro di Raffaello non sarebbe morto, finché non fossero scomparsi gli uomini. E che forse, fossero scomparsi loro, le altre creature che ne avessero preso il loro posto sulla faccia della terra, lupi, ratti, orsi o rondini, si sarebbero precipitati a quattro zampe o a colpi d’ala per venire a vedere la Madonna…
Dodici generazioni hanno guardato questo quadro, un quinto dell’umanità vissuta sulla terra a partire dall’inizio dei tempi storici fino ai giorni nostri.
È stato guardato da vecchi mendicanti e da imperatori d’Europa, da studenti, da miliardari venuti da oltre gli oceani, da papi e da principi russi, è stato guardato da vergini pure e da prostitute, da colonnelli di stato maggiore, da ladri, da geni, da tessitori, da piloti di aeri da guerra e da istitutori, è stato guardato dai buoni e dai cattivi.

Da quando questo quadro esiste, sono stati fondati imperi europei e coloniali e sono crollati, è sorto il popolo americano, le fabbriche di Pittsburgh e di Detroit, ci sono state rivoluzioni, e la struttura sociale del mondo è stata trasformata… Da allora, l’umanità ha lasciato alle sue spalle le superstizioni degli alchimisti, i telai dei tessitori; i bastimenti a vela e le diligenze, i moschetti e le alabarde; è entrata nel secolo dei motori elettrici e delle turbine, il secolo dei reattori atomici e delle reazioni termonucleari.Da allora, Galileo ha scritto i sui Discorsi formulando la conoscenza dell’universo, Newton ha scritto i Principia, Einstein Sull’elettrodinamica dei corpi in movimento. Da allora, Rembrandt, Goethe, Beethoven, Dostoevskij e Tolstojhanno reso più profonda la nostra anima e più bella la vita.
Ho visto una giovane madre tenere un bambino fra le sue braccia. Come posso rendere la grazia squisita d’un melo, esile e delicato, che abbia appena dato la sua prima mela, piena e bianca; la grazia d’un uccellino coi suoi pulcini appena nati, o di una cerbiatta appena diventata madre… La maternità e la grazia di una ragazzina, quasi ancora bambina.
Questa grazia, dopo aver visto la Madonna Sistina, non si può più dire che sia ineffabile o che sia misteriosa.
Nella sua Madonna Raffaello ha svelato il mistero della maternità e della sua bellezza. Ma non è da questo che dipende l’inesauribile vitalità del suo quadro. Dipende invece dal fatto che il corpo e il volto di questa giovane donna sono la sua anima, ed è questa la ragione per cui la Madonna è così bella. C’è in questa rappresentazione visiva dell’anima materna qualcosa di inaccessibile alla consapevolezza umana.

Noi sappiamo che le reazioni termonucleari trasformano la materia in una quantità di energia potentissima, ma non sappiamo rappresentarci il processo inverso, come cioè avvenga che l’energia si trasformi in materia; e qui, ecco la forza dello spirito, la maternità, cristallizzata e trasmutata in un’umile Madonna.
La sua bellezza è strettamente connessa alla vita su questa terra. Lei è democratica, umana; lei è inerente alla massa degli esseri umani – quelli dalla pelle gialla, gli strabici, i gobbi dai lunghi nasi pallidi, i neri dai capelli ricci e dalle grosse labbra – lei è universale. Lei è l’anima e lo specchio dell’umano, e tutti quelli che la guardano vedono in lei l’umano: lei è l’immagine dell’anima materna, ed è per questo che la sua bellezza è mista in modo inestricabile, si confonde con la bellezza nascosta, indistruttibile e profonda della vita che nasce all’essere – nelle cantine, nei granai, nei palazzi e nei bassifondi.
A me pare che questa Madonna sia l’espressione più atea possibile della vita, dell’umano senza alcuna partecipazione del divino.
C’erano istanti in cui mi è parso che esprimesse non solo l’umano, ma anche qualcosa di inerente alla vita terrestre nel suo senso più ampio, il mondo animale là dove negli occhi scuri della giumenta, della mucca o della cagna che nutrono i loro piccoli si può vedere, o indovinare, l’ombra prodigiosa della Madonna.
E più terrestre ancora mia pare sia il bambino che tiene fra le braccia. Il suo viso sembra più adulto di quello di sua madre. Uno sguardo che è ad un tempo triste e serio, si dirige ad un tempo diritto davanti a sé e dentro di sé, uno sguardo capace di conoscere, di vedere il destino.

I loro volti sono tranquilli e tristi. Forse vedono il Golgota, la via di polvere e sassi che vi conduce, e la croce, mostruosa, tozza e pesante, di legno grezzo, che è destinata ad appoggiarsi a questa piccola spalla che per ora non sente altro che il calore del seno materno…
Ed ecco che il cuore si serra, ma non è per l’angoscia, e non è per il dolore. È afferrato da un sentimento nuovo, mai provato prima. È umano, eppure è nuovo, questo sentimento è come se emergesse dalle salate e amare profondità oceaniche, ed è talmente insolito che la sua novità fa venire il batticuore.
È ancora una volta una caratteristica unica di questo quadro.
Suscita qualcosa di nuovo, come se ai sette colori dello spettro se ne aggiungesse un ottavo, ancora sconosciuto alla vista.
Perché non c’è paura sul viso della madre, e perché le sue dita non si intrecciano intorno al corpo di suo figlio con una forza tale da impedire che la morte le disserri; perché non vuole sottrarlo al suo destino?
Lei offre suo figlio al destino, non cerca di nasconderlo.
E il bambino non nasconde la faccia nel seno della madre. Anzi, è sul punto di strapparsi alla sua stretta per andare incontro al suo destino sui suoi piccoli piedi nudi.
Come spiegarlo, e come comprenderlo?
Sono un’unica cosa, e sono distinti. Vedono, sentono e pensano insieme, si fondono l’uno nell’altra, ma tutto indica che si separeranno, che l’essenza della loro comunione, della loro fusione è che si separeranno.
Succede che in certi momenti difficili siano proprio i bambini a sorprendere gli adulti con il loro buon senso, la loro tranquillità, la loro arrendevolezza. Di queste qualità bambini cristiani hanno dato prova nel corso di carestie, figli di negozianti e di artigiani ebrei durante i pogrom di Kichinev, figli di minatori, quando l’urlo della sirena annuncia che c'è stata un’esplosione sotterranea.
Ciò che nell’uomo vi è di umano, va incontro al suo destino, e in ogni epoca questo destino è particolare, è diverso da quello dell’epoca precedente. Ciò che accomuna questi diversi destini è il fatto di essere tutti ugualmente difficili…
Ma ciò che nell’uomo vi è di umano, ha continuato ad essere anche quando lo si inchiodava alla croce, anche quando lo si torturava in prigione.
Continua a vivere, questo qualcosa, nelle cave di pietra, nel freddo a meno cinquanta gradi, sui cantieri da macello della taiga, nelle trincee allagate di Przemysl e di Verdun. Continua a vivere nell’esistenza monotona dei servi, nella miseria delle lavandaie e delle donne di servizio, nella vana lotta condotta contro il bisogno, fino all’esaurimento, nella fatica senza gioia degli operai in fabbrica.

La Madonna con suo figlio fra le braccia, è ciò che c’è di umano nell’uomo, e sta in questo la sua immortalità.
Guardando la Madonna Sistina, la nostra epoca prende coscienza del proprio destino. Ogni epoca ha guardato questa donna con suo figlio nelle braccia, e fra uomini di generazioni diverse, di popoli, razze e tempi diversi, nasce una fraternità di una tenerezza commovente e dolorosa. L’uomo prende coscienza di se stesso, della sua croce, e comprende improvvisamente il meraviglioso legame che unisce tutte le epoche, il legame fra ciò che vive ora, e ciò che è stato, e tutto ciò che sarà.


II
Più tardi, mentre camminavo per la strada stupefatto e sconvolto dalla potenza di queste impressioni senza precedenti, non feci neppure il tentativo di sgarbugliare quel che sentivo e quel che pensavo.
Non potevo paragonare quest’emozione né con i giorni di lacrime e di felicità che avevo conosciuto a quindici anni leggendo Guerra e pace, né a quel che avevo provato in momenti particolarmente bui e difficili della mia vita ascoltando la musica di Beethoven.
E allora compresi che le visione di questa giovane madre con il suo bambino nelle braccia non mi riconduceva né a un libo né alla musica, ma a Treblinka…
“Questi pini, questa sabbia, questi vecchi tronchi, sono stati guardati da milioni di occhi umani dalle inferriate dai vagoni che si avvicinavano lentamente al marciapiedi… Entriamo nel campo, i nostri piedi calpestano la terra di Trblinka…. Il ticchettio dei grani che cadono e il suono dei baccelli che si aprono si fondono in una melodia triste e tranquilla. Ed è come se montando dalle profondità della terra, delle campanelle mandassero un rintocco a morto, udibile appena, triste, ampio, pieno di pace… Ecco delle camicie appartenute ai morti, semidecomposte, delle scarpe, ingranaggi di orologi, dei coltellini, delle scarpine da bambino con pompon rossi, sottovesti di pizzo, asciugamani con ricami ucraini, dei vasi, dei bidoni, delle tazze da bambino in plastica, lettere da bambino scritte a matita, dei quadretti con delle poesie,…
“Continuiamo ad avanzare su questa terra senza fondo, terra di vertigine, sulla terra di Treblinka, e improvvisamente ci arrestiamo. Sono capigliature bionde e ricce, è rame ondulato, sono capelli di ragazza, fini, leggeri, pieni di fascino, calpestati a terra, e accanto ci sono altri riccioli biondi, e più oltre, sulla sabbia chiara, delle folte trecce nere, e poi ancora, e ancora…
“E i baccelli di lupino risuonano, i grani tamburellano. Come se veramente dalle profondità della terra venisse un rintocco funebre d’innumerevoli piccole campanelle.
“Si ha l’impressione che il cuore si bloccherà, stretto dalla desolazione, da un dolore, da un’angoscia tali che un essere umano mai potrà sopportare…”
[1]
Mi è sorto nell’animo il ricordo di Treblinka, e di primo acchito non ho capito…
Era lei che calcava coi suoi piedi nudi e leggeri la terra fremente di Treblinka, camminando dal luogo dove svuotavano i vagoni fino alla camera a gas. L’ho riconosciuta per l’espressione del volto e degli occhi. Ho visto suo figlio, e l’ho riconosciuto per la sua strana espressione, senza niente di infantile. Era questa l’espressione delle madri e dei bambini quando sul fondo verde scuro dei pini vedevano il muro bianco della camera a gas di Treblinka, è così che erano le loro anime.
Quante volte avevo visto come attraverso una nebbia questa gente scendere dai treni, ma non li vedevo con chiarezza, a volte i loro volti parevano sfigurati da un orrore senza nome e tutto veniva coperto da un terribile gridare, a volte lo sfinimento fisico e morale, la disperazione velavano i loro volti di un’indifferenza ottusa e cocciuta, a volte un sorriso folle e incosciente si cristallizzava sui volti di quelli che scendevano dal vagone e si avviavano verso la camera a gas.
Ed ecco che ora io potevo vedere la verità di quei volti, Raffaello li aveva disegnati quattro secoli prima: è in questo modo che l’uomo va incontro al suo destino.
La cappella Sistina, le camere a gas di Treblinka…

Ai giorni nostri una giovane madre mette al mondo un figlio. È terribile portare un bambino stretto al cuore ed ascoltare nello stesso tempo l’abbaiare di un popolo che saluta Adolf Hitler. La madre guarda il volto di suo figlio appena nato e sente nello stesso tempo gli scricchiolii, lo stridore di vetri infranti, il muggito delle sirene, il branco di lupi che canta la marcia di Horst Wessel nelle vie di Berlino. Ed ecco il rumore sordo dell’ascia della Moabita.
La madre allatta il suo bambino al seno mentre in centinaia di migliaia costruiscono muri e tendono filo spinato, erigono baracche… In uffici tranquilli si mettono a punto le camere a gas, le automobili omicide, i forni crematori…
È giunto il tempo dei lupi, il tempo del fascismo. In questo tempo gli uomini vivono come fossero lupi, e i lupi vivono come fossero uomini.
In questo tempo una giovane madre ha messo al mondo il suo bambino e l’ha fatto crescere. E Hitler, il pittore, è davanti a lei nell’edificio del museo di Dresda per decidere del suo destino. Ma il padrone d’Europa non può sostenerne lo sguardo, non può incrociare lo sguardo di suo figlio, perché loro sono esseri umani.
La loro forza umana trionfa della sua violenza: la Madonna avanza coi suoi piedi nudi e leggeri verso la camera a gas, è lei ad aver portato suo figlio sulla terra vertiginosa di Treblinka.
Il fascismo tedesco è stato annientato, la guerra ha mietuto decine di milioni di vittime, città enormi sono state trasformate in cumoli di rovine.
Nella primavera del 1945, la Madonna ha visto il cielo del nord. È venuta da noi in visita, pur non essendo invitata, ma non come una straniera di passaggio, perché era accompagnata da soldati e da autisti, su strade sfondate dalla guerra, e perciò lei fa parte della nostra vita, è a noi contemporanea.
Tutto qui da noi le è familiare, la nostra neve, il fango freddo del’autunno, la gamella ammaccata del soldato con la sua minestra così poco densa, e la cipolla ammuffita che accompagna la crosta di pane nero.
Lei ha camminato con noi, ha viaggiato per un mese e mezzo su di un treno sferragliante, ha spidocchiato i capelli sporchi e dolci del suo bambino.
Eccola avanzare a piedi nudi con il suo bambino, e venir caricata su di un vagone. Quanta strada l’aspetta, da Oboiane, vicino a Kursk, dalle terre nere di Voronez verso la taiga, verso le paludi boscose dall’altra parte degli Urali, verso le sabbie del Kazakistan?
Dov’è tuo padre? In quale cratere scavato da un obice è morto? O in quale drappello spedito a lavorare sui cantieri della taiga? O in quale baracca di dissenterici? Vania, mio piccolo Vania, perché il tuo volto è così triste? Dietro te e tua madre, il destino ha chiuso e inchiodato le finestre della tua casa natale ormai deserta. Che lungo viaggio vi attende mai? Arriverete fino in fondo? O forse morirete di sfinimento in qualche luogo ai bordi della strada, in una stazione ferroviaria, in fondo a una foresta, sulla riva paludosa di un piccolo fiume dall’altra parte degli Urali?
Certo, è proprio lei. L’ho vista nel 1930 alla stazione di Konotop in Ucraina, si era avvicinata al vagone dell’espresso, era scura per le sofferenze, e alzando i suoi splendidi occhi aveva detto, senza parlare, solo muovendo le labbra: “del pane…”
Ho visto suo figlio, aveva già trent’anni, era calzato di scalcagnati scarponi militari, di quelli che si lasciano ai piedi anche dei morti tanto sono inutilizzabili, vestito di una giacca imbottita che da uno squarcio lasciava vedere la sua spalla di un biancore latteo, mentre camminava su un sentiero di palude, con una nuvola d’insetti sospesa sopra la testa, e lui non riusciva a cacciare il nembo palpitante di miliardi d’insetti perché le sue mani reggevano sulla sua spalla un tronco umido e pesante. Ha sollevato la testa che teneva abbassata e ho visto il suo volto, la sua barba riccia e chiara che gli divorava il volto, le sue labbra semiaperte, ho visto i suoi occhi e li ho immediatamente riconosciuti: erano quelli gli occhi che mi guardavano dal quadro di Raffaello.
L’abbiamo incontrata nel 1937
[2]
: era lei che in piedi nella sua stanza stringeva fra le braccia suo figlio per l’ultima volta, gli diceva addio e gli divorava il volto con gli occhi, e poi scendeva le scale deserte del palazzo che si era ammutolito… Un sigillo di cera veniva posto sulla porta della sua camera, una macchina ufficiale l’attendeva di sotto. .. Che strano, sgomentosilenzio in quest’ora grigia e cinerea del primo mattino, e come si erano ammutoliti tutti quei palazzi…
Ed ecco che dalla penombra dell’alba sorge il suo nuovo presente: il convoglio, la prigione di transito, le sentinelle sulle torrette di legno, il fil di ferro spinato, il lavoro notturno nelle officine, e delle brande di legno, sempre queste brande…
Con un passo lento ed elastico, calzando degli stivaletti di capretto dal tacco basso, Stalin si è avvicinato al quadro e ha lungamente guardato, molto a lungo, i volti della madre e del figlio, accarezzandosi i baffi grigi.
Forse l’ha riconosciuta? L’aveva incontrata all’epoca della sua deportazione in Siberia, a Novoiudinsk, a Turukan, a Kureika, l’aveva incontrata sui treni, nelle prigioni di transito… Ha mai pensato a lei quando è diventato potente?
Ma noi uomini, noi l’abbiamo riconosciuta, abbiamo riconosciuto suo figlio: lei è noi, il loro destino siamo noi, loro sono ciò che vi è di umano nell’uomo. E se in futuro la Madonna sarà condotta in Cina o in Sudan, ovunque gli uomini la riconosceranno, come l’abbiamo riconosciuta noi oggi.
La forza miracolosa e serena di questo quadro sta anche nel fatto che ci parla della gioia di essere una creatura vivente su questa terra.
Il mondo intero, tutta l’immensità dell’universo, non è altro che materia inanimata, rassegnata nella sua schiavitù: solo la vita è il miracolo della libertà.
Questo quadro ci dice quanto la vita si a preziosa e magnifica, e che non c’è forza al mondo capace di costringerla a trasformarsi in qualcosa che, pur somigliandole esteriormente, non sia più la vita.

La forza della vita, la forza di ciò che vi è di umano nell’uomo è una forza immensa, e la violenza più estrema e più assoluta non può soggiogare questa forza, perché può solamente ucciderla. È per questo che il volto della madre e del figlio sono tanto sereni: sono invincibili. In questi tempi di ferro, la morte della vita non coincide con la sua sconfitta.
Ed eccoci davanti a lei, noi, giovani e vecchi che viviamo in Russia. In un’epoca di angoscia… Le ferite non sono ancora cicatrizzate, le rovine sono ancora nere di fango, non sono ancora stati innalzati i monumenti ai caduti sulle fosse comuni di milioni di soldati, figli e fratelli nostri. I pioppi e i ciliegi selvatici calcinati, morti, si drizzano ancora nelle campagne arse vive, tristi erbacce crescono sui corpi dei vecchi, delle madri, e delle bimbe bruciati nei villaggi che hanno resistito. La terra si scuote e freme ancora nei fossati sul fondo dei quali riposano i corpi dei bambini ebrei uccisi con le loro madri. I singhiozzi delle vedove risuonano ancora di notte in innumerevoli case russe, bielorusse, ucraine. La Madonna ha attraversato tutto questo con noi, perché lei è noi, suo figlio siamo noi.
E si ha paura e vergogna, si ha dolore: perché la vita è stata tanto orribile? Non sarà per colpa mia o per colpa nostra? Perché noi siamo rimasti in vita? Che domanda terribile, penosa, e i morti sono gli unici che possono porla ai vivi. Ma i morti tacciono, e non fanno domande.
A volte, il silenzio del dopoguerra è interrotto da un’esplosione, e una nebbia radioattiva si diffonde nel cielo.
La terra sulla quale viviamo tutti ha trasalito: le armi termonucleari prendono il posto della bomba atomica.
E presto ci congederemo dalla Madonna.
Lei ha vissuto la nostra vita, con noi. E giudicateci dunque, noi, tutti gli uomini, con la Madonna e suo figlio. Noi fra poco ce ne andremo i nostri capelli essendo già bianchi. Ma lei, questa giovane madre, lei andrà incontro al suo destino portando suo figlio fra le braccia e con un’altra generazione di uomini vedrà una luce potente e accecante: la prima esplosione di una bomba superpotente all’idrogeno, con cui si annuncia l’inizio di una nuova guerra, totale.
Cosa possiamo dire noi, gli uomini dell’epoca del fascismo, davanti al tribunale del passato e del futuro? Non abbiamo alcuna giustificazione.
E diremo: non c’è mai stato un tempo duro come il nostro, eppure non abbiamo lasciato che morisse ciò che di umano c’è nell’uomo.
Guardando partire la Madonna Sistina, noi conserviamo la fede che la vita e la libertà sono una cosa sola, e che non c’è niente al di sopra di ciò che di umano c’è nell’uomo.
Ed è questo che vivrà in eterno, e vincerà.

[1]Tratto da « L’inferno di Treblinka» di V. Grossman, in Anni di guerra. Qui se ne trova online una trascrizione della traduzione in francese.
[2]L’anno delle purghe staliniane, detto anche l’anno del Grande Terrore
redazione del Centro Culturale della Svizzera Italiana


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bellezza, maria, grossman

domenica, 10 gennaio 2010

"Eccomi"
 ***
http://digilander.libero.it/mariaoggi/Annunciazione%20Beato%20Angelico%20a.jpg

Hai udito, Vergine, che concepirai e partorirai un figlio; hai udito che questo avverrà non per opera di un uomo, ma per opera dello Spirito santo. L'angelo aspetta la risposta; deve fare ritorno a Dio che l'ha inviato. Aspettiamo, o Signora, una parola di compassione anche noi, noi oppressi miseramente da una sentenza di dannazione. Ecco che ti viene offerto il prezzo della nostra salvezza: se tu acconsenti, saremo subito liberati. Noi tutti fummo creati nel Verbo eterno di Dio, ma ora siamo soggetti alla morte: per la tua breve risposta dobbiamo essere rinnovati e richiamati in vita.

Te ne supplica in pianto, Vergine pia, Adamo esule dal paradiso con la sua misera discendenza; te ne supplicano Abramo e David; te ne supplicano insistentemente i santi patriarchi che sono i tuoi antenati, i quali abitano anch'essi nella regione tenebrosa della morte. Tutto il mondo è in attesa, prostrato alle tue ginocchia: dalla tua bocca dipende la consolazione dei miseri, la redenzione dei prigionieri, la liberazione dei condannati, la salvezza di tutti i figli di Adamo, di tutto il genere umano.

O Vergine, da' presto la risposta. Rispondi sollecitamente all'angelo, anzi, attraverso l'angelo, al Signore. Rispondi la tua parola e accogli la Parola divina, emetti la parola che passa e ricevi la Parola eterna. Perché tardi? perché temi? Credi all'opera del Signore, da' il tuo assenso ad essa, accoglila. Nella tua umiltà prendi audacia, nella tua verecondia prendi coraggio. In nessun modo devi ora, nella tua semplicità verginale, dimenticare la prudenza; ma in questa sola cosa, o Vergine prudente, non devi temere la presunzione. Perché, se nel silenzio è gradita la modestia, ora è piuttosto necessaria la pietà nella parola.

Apri, Vergine beata, il cuore alla fede, le labbra all'assenso, il grembo al Creatore. Ecco che colui al quale è volto il desiderio di tutte le genti batte fuori alla porta. Non sia, che mentre tu sei titubante, egli passi oltre e tu debba, dolente, ricominciare a cercare colui che ami. Levati su, corri, apri! Levati con la fede, corri con la devozione, apri con il tuo assenso.
"
Eccomi", dice, "sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1, 38).
san Bernardo, abate Dalle Omelie sulla Madonna, Om. 4, 8-9; Opera omnia, ed. Cisterc. 4, 1966, 53-54

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maria, sbernardo

martedì, 05 gennaio 2010

San Miniato
 ***

Vedi, ho salito il fianco della montagna
Su a questa santa casa di Dio,
Dove una volta veniva quell'Angelo-Dipintore,
Che vide i cieli spalancati,
E pose in trono sulla luna crescente
La virginale bianca Regina di Grazia
Maria! potess'io sol vedere il tuo volto
Morte più non potrebbe giungere troppo presto.
O coronata da Dio con spine e dolore!
Madre di Cristo ! O mistica sposa
Il mio cuore è stanco di questa vita,
E' troppo triste per cantare ancora.
O coronata da Dio con amore e fiamma !
O coronata da Cristo santo !
O ascolta prima che il sole scruti
E sveli la mia colpa e la vergogna).
Oscar Wilde

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wilde, maria

venerdì, 09 ottobre 2009

Preghiera alla Madonna
***

Mia Signora, tu sola sei
la consolazione c
he Dio mi ha donato,
la guida
del mio pellegrinaggio,
la forza della mia debolezza,
la ricchezza della mia miseria,
la guarigione delle mie ferite,
il sollievo dei miei dolori,
la liberazione dalle mie catene,
la speranza della mia salvezza:
esaudisci le mie suppliche,
abbi pietà dei miei sospiri,
tu che sei la mia regina,
il rifugio, l’aiuto, la vita,
la speranza e la mia forza
(
S. Germano

Continuiamo a pregare la Madonna per  Caterina la figlia di Antonio Socci

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preghiere, maria

mercoledì, 06 maggio 2009

     Meditazioni sulla Salve Regina

                          ***

di Massimo Camisasca 06/05/2009


Salve Regina
Salve Regina
La preghiera inizia con un indirizzo di saluto, come l’Ave Maria. Mentre l’angelo non aveva bisogno di catturare la benevolenza di Maria, noi sì. Perciò lui dice: “Ave Maria”, noi: “Ave Regina”. È una comprensibilissima ricerca di benevolenza. E poi Maria è contenta di sentirsi chiamare Regina, perché tutto ciò le ricorda la regalità di suo Figlio.
Quando ascolto le litanie lauretane musicate da Mozart, mi par di sentire in quel “Regina”, che è un’esplosione ferma e dolcissima assieme, supplicante, le voci degli uomini e delle donne che ricorrono a Lei, perché lei può tutto. La sua regalità le deriva dalla regalità del Figlio, che ora siede alla destra di Dio.
La regalità di Maria è celebrata nel bellissimo mosaico di Santa Maria in Trastevere. Gesù incorona e abbraccia Maria. Siedono l’uno accanto all’altra sullo stesso trono. Maria partecipa della regalità di Gesù. Nello stesso tempo è una madre, ha il cuore segnato dalla compassione per i suoi figli, che è la stessa compassione che ha avuto per suo Figlio. Vuole che i suoi figli partecipino della stessa gloria che avvolge suo Figlio
.
 
madre di misericordia
Poi la invochiamo come madre. È il nome più importante da collocare accanto a Maria, più importante ancora di quello di Vergine, di Immacolata, di Regina, di Assunta. Tutto ciò è in vista o in ragione della sua divina maternità.
Madre di Dio, per questo è madre di misericordia. Dio è misericordia e ha mandato suo Figlio per rivelarlo a tutto il mondo, a tutti gli uomini. Ella dunque è la madre di Colui che è misericordia (“Il nome della misericordia è Gesù”, ha scritto Giovanni Paolo II nella Dives in misericordia), è Lei che ci ottiene il perdono dei peccati e le grazie necessarie
.
 
vita, dolcezza, speranza nostra
Dobbiamo pensare a Maria come madre di Gesù, come colei che ci ha donato e ci dona continuamente Gesù.
Ella è dunque la vita perché ha portato in grembo Colui che è la vita e lo ha donato a tutti noi. È la dolcezza perché Gesù è la dolcezza: “Iesu dulcis memoria… sed super mel et omnia… nihil cogitatur dulcius”.
E poi è la speranza perché porta a noi Colui che è la speranza. Giussani ha commentato stupendamente: tu sei la certezza della nostra speranza. “Il tuo amore per noi e per tuo Figlio ci rende certi che ci donerai sempre tuo Figlio e sempre ci strapperai al male.”

 
A te ricorriamo, esuli, figli di Eva
A te sospiriamo, gementi e piangenti in questa valle di lacrime

La sguardo della preghiera da Maria si rivolge ora agli uomini, a noi. E ci considera sotto due aspetti: figli di Eva ed esuli. Figli di Eva, cioè segnati dal peccato originale e quindi dai peccati. Siamo segnati da mille ferite, deboli, fiaccati, disorientati, come “pecore senza pastore”, lontani dal vero e dal bene, lontani dalla patria e perciò esuli. Il nostro male diventa grido, sospiro, invocazione. I nostri sospiri si mescolano alle lacrime e ai gemiti. Quanto è realistico questo passaggio della preghiera!
Valle di lacrime, così è chiamato questo mondo, questa vita, quasi un nome geografico e assieme spirituale. Bisogne-rebbe tradurre: valle delle lacrime, valle segnata dalle lacri-me. Le lacrime sono la caratteristica più emergente di questa vita: lacrime di angoscia, di paura, lacrime di chi è lasciato, maltrattato, deriso, colpito, violentato, lacrime di chi non ha più nessuno, di chi ha fame, di chi ha freddo, di chi ha subito ingiustizia. Le lacrime diventano invocazione di liberazione, di riscatto.
Si entra così nella realtà delle beatitudini: “Beati voi che piangete”.

 
Su dunque, avvocata nostra, rivolgi a noi i tuoi occhi pieni di misericordia
La preghiera si rivolge poi a Maria chiamandola: avvocata. Anche lo Spirito Santo è chiamato avvocato nel vangelo di Giovanni. Avvocato di Gesù presso il Padre, nostro avvocato presso il Padre. Così Maria. Ella interviene in nostro favore per stornare, per allontanare da noi la giusta ira del Padre. Come in ogni buona famiglia, la mamma supplica il padre di non essere troppo duro con i figli. Tira fuori dal padre quel lato misericordioso che egli ha già dentro di sé, ma che l’affetto della madre per i figli fa risaltare.
Da queste parole si vede quanto Dante avesse meditato la Salve Regina.
Gli occhi di Maria, rivolti prima verso il Padre a supplicarlo, si rivolgono ora verso di noi, per darci la certezza dell’assistenza, del perdono, dell’affetto.
Come in Dante, è un triangolo di affetti al cui centro stanno gli occhi e il cuore di Maria
.
 
Mostraci, dopo questo esilio, Gesù, frutto benedetto del tuo ventre,
O clemente, o pia, o dolce vergine Maria
.
C’è un punto a cui tende tutta la preghiera, come una freccia scoccata verso il suo obiettivo: mostrarci Gesù. La Salve Regina è come una invocazione a Maria affinché ci mostri Gesù. Maria da sempre è vista dal popolo come colei che porta a Gesù, che indica Gesù, che rivela Gesù.
Come lo ha generato un tempo, frutto benedetto del suo ventre, così ora lo genera in chi lo domanda, per farci uscire dal nostro esilio.
 nell'immagine: Marko Rupnik, La Madre di Dio, Chiesa della Nostra Signora e Martiri Canadesi, Roma

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maria, camisasca

martedì, 09 dicembre 2008

La Vergine a mezzogiorno
 ***
   “Madre di Gesù Cristo, io non vengo a pregare:
non ho nulla da offrire.
Vengo solo, oggi, a guardarti.
Guardarti e piangere di gioia,
sapendo che io sono tuo figlio
e che tu sei qui vicina a me.
Essere insieme a Te, Maria, qui dove sei tu.
Non dire nulla, cantare,
solo perché il cuore è troppo pieno.
Perché sei bella, sei immacolata,
la donna restituita alla Grazia.
Sei la creatura nella sua prima felicità,
cosi come è uscita da Dio
nel mattino del suo originale splendore.
Ineffabilmente intatta,
perché tu sei la Madre di Gesù Cristo,
che è la verità tra le tue braccia,
la sola speranza, il solo frutto.
Perché tu sei la Donna,
l'Eden dell'antica tenerezza dimenticata
il cui sguardo va diritto al cuore
e fa sgorgare lacrime accumulate.
Semplicemente perché tu esisti,
o Madre di Gesù Cristo,
sii ringraziata”
(Paul Claudel).

grazie ad: anna vercors

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mercoledì, 05 novembre 2008

  
***

La vedevo alta sul mare.
Altissima. Bella. All’infinito bella
più d’ogni altra stella.
Bianchissima, mi perforava
l’occhio e la mente, viva
come la punta di un ago.
Ne ignoravo il nome.
Il mare mi suggeriva Maria.
Era ormai la mia
sola stella. Nel vago
della notte, io disperso
mi sorprendevo a pregare.
Era la stella del mare. Era…
Giorgio Caproni

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maria, caproni

lunedì, 13 ottobre 2008

L Ave Maria
 ***
“In quei terribili anni di isolamento, i più duri della mia vita – ha ricordato spesso il Prelato vietnamita -, vedevo solo due guardie che avevano l'ordine di non rivolgermi parola. Mi sentivo abbandonato da tutti e ho provato la stessa sofferenza di Gesù, solo sulla Croce. Ho pensato ai miei parrocchiani, ai fedeli, ai sacerdoti, ai religiosi, ai seminaristi che erano fuori, anche loro abbandonati e nella sofferenza, molti uccisi. In quell'abisso della mia debolezza, fisica e mentale, ho ricevuto la Grazia della Madonna. Non potevo più celebrare, ma ho recitato centinaia di volte l'Ave Maria, e la Madonna mi ha dato la forza di essere unito a Gesù inchiodato sulla Croce: ho sentito come Gesù abbia potuto salvare l'Umanità, lì, solo sulla Croce, nell'immobilità assoluta.
Le guardie poco a poco mi capirono. Diventammo amici. Mi aiutarono. Mi permisero di tagliare un pezzo di legno in forma di Croce. Lo nascosi nel sapone. Mi tagliai un pezzo piccolo piccolo di filo elettrico. Mi prestarono due piccole tenaglie. Mi aiutarono a lavorarlo. Questa Croce che porto è fatta con il legno della prigione e quel filo elettrico! Questa Croce è una continua chiamata: amare sempre! Perdonare sempre! Vivere il presente per l'evangelizzazione! Ogni minuto deve essere per l'amore verso Dio".
Servo di Dio Cardinale François Xavier Nguyen Van Thuan


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martedì, 07 ottobre 2008

La battaglia di Lepanto

***


La battaglia di Lepanto del 1571


Le ragioni storiche dello scontro


Dopo che il 31 maggio 1453 Maometto II aveva conquistato la città di Costantinopoli e con essa il millenario Impero cristiano d'Oriente, i turchi ottomani ritenevano imminente il giorno del loro dominio universale. Nel 1521 si erano impadroniti di Belgrado; nel 1526 avevano conquistato l'Ungheria ed erano arrivati fino alle porte di Vienna.  

In Italia avevano invaso e saccheggiato tutte le coste del meridione. Tripoli era già stata tolta agli spagnoli, l'isola di Chio ai genovesi, Rodi ai cavalieri che la possedevano e la stessa isola di Malta, nuova sede dei cavalieri,sarebbe caduta nelle mani turche se Jean de La Valette, Gran Maestro dell'Ordine non l'avesse difesa e salvata con eroico valore.

Nel febbraio 1570 era giunto a Venezia un ambasciatore turco con un ultimatum della Sublime Porta: o la cessione al sultano dell'isola di Cipro o la guerra. Venezia aveva rifiutato con sdegno. Ma dopo undici mesi di assedio il 1 agosto 1571, nell'isola di Cipro era caduta la città di Famagosta. Il patto di resa garantiva la vita ai difensori superstiti, ma quando il comandante turco era penetrato a Famagosta aveva fatto scorticare vivo il comandante della piazza cristiana Marcantonio Bragadin. Il corpo era stato squartato, la pelle di Bragadin era stata quindi riempita di paglia, rivestita con la sua uniforme e trascinata per la città.




Il terrore regnava nel Mediterraneo, l'antico Mare nostrum. La sorte dei cristiani di Cipro era quella che l'Islam sembrava preparare ai cristiani di tutta Europa. Sulla cattedra di Pietro sedeva un teologo domenicano, Michele Ghislieri, salito al pontificato all'inizio del 1566 con il nome di Pio V. Egli valutò la gravità del pericolo e comprese che solo una guerra preventiva avrebbe salvato l'Occidente. Con parole gravi e commosse esortò le potenze cristiane ad unirsi contro gli aggressori e di questa difesa della cristianià fece l'asse del suo breve pontificato.



Non tutti, però, risposero all'appello. L'espansione dei turchi si sviluppava anche grazie alla complicità decisiva di paesi cristiani, come la Francia che in nome della realpolitik, oggi diremmo dei suoi interessi geopolitici, incoraggiava e finanziava i turchi per indebolire il suo tradizionale nemico: la casa imperiale d'Austria. Tuttavia grazie alle preghiere e alle insistenze del pontefice, il 25 luglio del 1570, la Spagna, Venezia e il Papa conclusero l'alleanza contro i turchi. Subito dopo aderirono il duca di Savoia, la Repubblica di Genova e quella di Lucca, il granduca di Toscana, i duchi di Mantova, Parma, Urbino, Ferrara, l'Ordine sovrano di Malta. Si trattava di una prefigurazione dell'unità italiana su basi cristiane, la prima coalizione politica e militare italiana nella storia.




Alla testa della Lega Cristiana fu posto un giovane di 25 anni: don Giovanni d'Austria, figlio naturale di Carlo V e dunque fratellastro del re di Spagna Filippo II. La flotta pontificia, costituita grazie all'aiuto decisivo dei cavalieri di Santo Stefano, era comandata da Marcantonio Colonna, duca di Paliano, a cui il Papa affidò la bandiera della Chiesa. La Santa Lega fu ufficialmente proclamata a Roma nella basilica di San Pietro. Lasciata Messina, dove si era concentrata alla fine di agosto, dopo venti giorni di navigazione con rotta verso levante, la flotta cristiana attaccò il nemico alle undici di mattina di quella domenica 7 ottobre dell'anno 1571.




Lo svolgimento della battaglia



All'alba del 7 ottobre 1571 una gigantesca flotta ottomana, la più numerosa mai schierata nel Mediterraneo, avanzava lentamente, con il vento di scirocco in poppa. Circa 270 galee e una quantità indescrivibile di legni minori formavano un semicerchio, una enorme e minacciosa mezzaluna che occupava tutte le acque che dalle coste montagnose dell'Albania, a nord, arrivano alle secche della Morea, a sud. Al centro della mezzaluna che avanzava, sulla nave ammiraglia, chiamata la Sultana, sventolava uno stendardo verde, venuto dalla Mecca, che recava ricamato in oro per 28.900 volte il nome di Allah.



Di fronte, in formazione a croce, era schierata la flotta cristiana, sulla cui ammiraglia, comandata da don Giovanni d'Austria, garriva un enorme stendardo blu con la raffigurazione del Cristo in Croce. La battaglia durò cinque ore e si decise al centro dello schieramento, dove le navi ammiraglie si speronarono l'un l'altra formando un campo di battaglia galleggiante in cui si susseguirono attacchi e contrattacchi finchè il reggimento scelto degli archibugieri di Sardegna riuscì a sferrare l'attacco decisivo. Alì Pascià fu colpito a morte e sulla Sultana fu ammainata la Mezzaluna e issato il vessillo cristiano.



Si coprirono di valore tra gli altri i Colonna e gli Orsini, sette della stessa famiglia, il conte Francesco di Savoia che cadde in battaglia, il ventitreenne Alessandro Farnese, destinato a divenire uno dei maggiori condottieri del secolo, Giulio Carafa che, preso prigioniero si liberò e si impadronì del brigantino nemico, ed i veneziani tutti che pagarono il maggior tributo di sangue. 

Il provveditore veneziano Agostino Barbarigo che comandava l'ala sinistra dello schieramento cristiano, si batté, fino a che non gli mancarono le forze, con una freccia infitta nell'occhio sinistro.Sulla sua ammiraglia, Sebastiano Venier, combatté a capo scoperto e in pantofole perché, risponde a chi gliene chiede il motivo, fanno migliore presa sulla coperta. Ha settantacinque anni e imbraccia la balestra, aiutato da un marinaio per il caricamento dell'arma, un'operazione che era ormai superiore alle sue forze. Sopraffatto dal numero viene soccorso dalle galee di Giovanni Loredan e Caterino Malipiero, che trovano la morte nella lotta.

Al termine della battaglia la Lega aveva perso più di 7.000 uomini, di cui 4.800 veneziani, 2.000 spagnoli, 800 pontifici, e circa 20.000 feriti; i turchi, contarono più di 25.000 perdite e 3.000 prigionieri. Il nome di Lepanto era entrato nella storia. Per la prima volta dopo un secolo il Mediterraneo tornò libero. A partire da questo giorno iniziò il declino dell'impero ottomano.



Nel pomeriggio del 7 ottobre, Pio V che aveva moltiplicato le preghiere a Colei che sempre aveva soccorso i cristiani nelle ore drammatiche della cristianità, stava esaminando i conti con alcuni prelati. D'improvviso fu visto levarsi, avvicinarsi alla finestra fissando lo sguardo come estatico e poi, ritornando verso i prelati esclamare: "Non occupiamoci più di affari, ma andiamo a ringraziare Iddio. La flotta cristiana ha ottenuto vittoria".  

Il Pontefice attribuì il trionfo di Lepanto all'intercessione della Vergine e volle che nelle Litanie lauretane si aggiungesse l'invocazione Auxilium christianorum. Anche il Senato Veneziano che non era composto da donnicciole, ma da uomini fieri e rotti a sfidare i più gravi pericoli in mare e in terra, volle attribuire alla Santissima Vergine il merito principale della vittoria e sul quadro fatto dipingere nella sala delle sue adunanze fece scrivere queste parole: Non virtus, non arma, non duces, sed Maria Rosarii, victores nos fecit (non il valore, non le armi, non i condottieri, ma la Madonna del Rosario ci ha fatto vincitori).



testo tratto dal sito http://www.lepanto.org/batta.php3

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maria

lunedì, 06 ottobre 2008

Consacriamoci a Maria
***
Il pensiero di Maria non parta dalla tua mente.
Il nome di Maria non abbandoni il tuo labbro.
L'Amore di Maria non si spenga nel tuo cuore.
Seguendo Maria non ti perderai.
Appoggiandoti a Maria non cadrai.
Sperando in Maria non temerai.
Ascoltando Maria non sbaglierai.
Vivendo con Maria ti salverai.

Ecco la nona beatitudine:
Beati quelli che si sono consacrati Maria:
i loro nomi sono scritti nel libro della vita.

(San Bonaventura da Bagnoregio)


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maria


L'ultimo ricorso
***
grazie a: cuoredipizza.

«La Madonna mi ha salvato dalla disperazione. Era il pericolo più grave: le persone come noi hanno sempre fede e carità quanto è necessario. Ma è la speranza che può mancare…
Per diciotto mesi non ho potuto dire il Padre Nostro… Non potevo dire: "Sia fatta la tua volontà". Non potevo proprio. Comprendete? Non si trattava di dire le preghiere in un modo qualsiasi. Si trattava di dire con verità quello che dicevo
. E non potevo dire con verità: "Sia fatta la tua volontà".
Allora ho pregato Maria. Le preghiere a Maria sono le preghiere di riserva... Non ce n'è una in tutta la liturgia, una, capite, una che il peggiore dei peccatori non possa dire con verità. Nel meccanismo della salvezza, l'Ave Maria è l'ultimo soccorso. Con essa non si può essere perduti. »
Charles Péguy, Lettera del 1909


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maria, peguy

domenica, 14 settembre 2008

Lourdes
Era un «feudo» di Maria già prima delle apparizioni
***
RELIGIONE Sin dai tempi di Carlo Magno una tradizione dimenticata ricollega la grotta a un santuario della Madonna
Il prossimo 8 dicembre si aprirà a Lourdes l' anno giubilare per la ricorrenza, l' 11 febbraio del 2008, dei 150 anni dalla prima delle 18 apparizioni a santa Bernadette Soubirous. Grandi celebrazioni sono in programma. A un secolo e mezzo dagli umilissimi inizi, quello ai piedi dei Pirenei è ancora il santuario cattolico più frequentato del mondo e la sua attrazione è in forte crescita. Un santuario dove gli italiani sono spesso più numerosi dei francesi e per raggiungere il quale, con malati al seguito, sono nate da noi organizzazioni solide e attivissime come l' Unitalsi e l' Oftal. Tuttavia, è singolare: tra gli oltre cinque milioni annui di pellegrini, forse nessuno sospetta perché il Cielo, in cui ovviamente credono, abbia deciso di far sorgere proprio qui questo straordinario luogo di devozione mariana. Questo posto fu, in qualche modo, predestinato? Ci fu, insomma, una «Lourdes prima di Lourdes»? C' è, qui, una storia enigmatica che è stata riscoperta di recente grazie al reprint di un libro del 1928. Storia tanto dimenticata, che persino il vescovo di Tarbes e Lourdes - come scopersi una sera in cui ero suo ospite nel delizioso, liberty Chalet Episcopal nei pressi della Grotta - persino, dunque, monsignor Jacques Perrier la conosceva solo per sentito dire e sospettava si trattasse di tradizioni leggendarie. In realtà non è cosi, la documentazione storica è completa ed è conservata negli archivi, disponibile per chiunque. Solo gli inizi della millenaria vicenda non sono suffragati da testi scritti, anche se si basano su una solida tradizione, che solo in seguito fu fissata sulle pergamene. Questi inizi, dunque, raccontano di Carlo Magno che, ritornando dalla Spagna dove aveva affrontato i mori, pose l' assedio al monte su cui sorgeva la fortezza saracena di Mirambel, l' antico nome di Lourdes. L' emiro che la teneva, Mirat, aveva giurato ad Allah che non avrebbe mai ceduto ad alcun uomo. Ridotto però allo stremo, accolse con sollievo il vescovo che seguiva re Carlo, che gli propose di rispettare il giuramento pur arrendendosi: non ad un uomo, bensì a una Donna. Questa era Nostra Signora di Le Puy, nel Massiccio Centrale, il maggior santuario delle Gallie, al quale accorrevano pellegrini da tutta l' Europa. Poiché Maria è veneratissima anche dai fedeli del Corano, Mirat accettò e, seguito dai suoi dignitari, cavalcò sino a Le Puy. I saraceni portavano legati alle lance mazzi di fiori raccolti nel prato davanti al castello. Nel prato, cioè (lo anticipiamo) dove sorgerà poi l' Esplanade per le processioni con le fiaccole dei pellegrini di Lourdes. I fiori dell' emiro furono deposti sull' altare della Vergine, in segno di vassallaggio. Sin qui ci si basa su una tradizione, per quanto tanto attestata da avere lasciato il suo segno persino sullo stemma della città. Ma, a partire dal 1062, documenti inoppugnabili dicono che i conti del luogo donarono alla Signora di Le Puy non soltanto Lourdes - che già le apparteneva dai tempi carolingi - ma l' intera regione, la Bigorre, impegnandosi al pagamento di un «censo» annuale al capitolo del grande santuario del Massiccio Centrale. Quando il territorio di Lourdes passò ai re di Francia, questi rinnovarono l' impegno e lo rispettarono sino a quando la rivoluzione decapitò Luigi XVI e devastò Le Puy, giungendo sino a bruciare in piazza, tra le spazzature, la veneratissima Vergine. Per secoli, un giorno e una notte ogni anno, sul castello di Lourdes era stata ammainata la bandiera reale e aveva sventolato lo stendardo mariano, a confermare che quello era fief et domaine, feudo e dominio, della Madonna venerata a Le Puy. Alla restaurazione, nel 1815, i Borboni riaprirono quel santuario e gli riconobbero gli antichi diritti sulla cittadina pirenaica. Nel 1829, per l' ultima volta, una delegazione partiva da Lourdes e, come segno di vassallaggio, portava sull' altare di Le Puy, come da usanza millenaria, i fiori raccolti davanti al castello. Fu, dicevamo, l' ultima volta, perché l' anno dopo i Borboni erano cacciati da Luigi Filippo, il re scettico e volterriano che aboliva tutti gli impegni con la Chiesa assunti nei secoli dalla monarchia francese. Lo Stato, dunque, spezzava il legame tra Le Puy e Lourdes che esisteva forse da Carlo Magno, certamente dal 1062. E, qui, giungiamo all' evento singolare e, per i credenti, forse non casuale: stando all' antico diritto feudale, la potestà del signore di un luogo si estingueva dopo trent' anni di mancato adempimento degli obblighi previsti dall' atto di sottomissione. L' ultimo omaggio portato dalla «vassalla» Lourdes a Le Puy e l' ultimo tributo pagato dalla monarchia francese risalivano al 1829: dunque, i «diritti» di Maria sulla città pirenaica sarebbero caduti in prescrizione nel 1859. Ebbene, all' ultimo tempo utile, cioè nel 1858, un anno prima dell' estinzione, la Signora appariva a Massabielle, la collina che fronteggia il castello sul quale per secoli aveva sventolato la sua bandiera, tra i prati dove da sempre si raccoglievano i fiori per lei, ed ordinava «ai sacerdoti» (parole testuali) di «costruire lì una cappella», esortando tutti a venirvi «in processione», come per omaggio a una regina. Il patto, dunque, era rinnovato, i grandiosi santuari elevati dopo le apparizioni avrebbero sostituito, quasi nuovo palazzo reale, la fortezza, che incombe proprio di fronte. La statua di Le Puy era stata bruciata, ma un' altra l' avrebbe sostituita in un luogo appartenuto da sempre alla Madonna. Se questi sono i fatti, è comprensibile che gli scettici sospettino una sorta di «congiura clericale», con le apparizioni come sceneggiata per seguire un copione. In realtà, è certo che non è così: nel confronto secolare, spesso durissimo, tra cattolici e laici sulla verità di Lourdes, mai alcuno fece riferimento a queste coincidenze storiche. Nessun prete vi accennò per confermare i credenti, nessun libre penseur le tirò in ballo per confermare il suo dubbio. Erano cose dimenticate e dormivano negli archivi. Bisognerà attendere quel libro del 1928 che, lo dicevo, è ora ristampato e che fu scritto da Emile Bréjon, giurista e medievista, specialista di diritto feudale. Proprio in base alle sue conoscenze, Bréjon fu il primo a ricomporre i pezzi di un puzzle che sembra confermare l' enigma che aleggia sulle rive del Gave. * * * Bernadette e la Signora Dall' 11 febbraio al 16 luglio 1858, furono 18 le apparizioni di una signora vestita di bianco alla contadina quattordicenne Bernadette Soubirous in una grotta presso Lourdes. Il 25 marzo la signora disse di essere l' Immacolata Concezione
Messori Vittorio
(12 luglio 2007) - Corriere della Sera



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maria

venerdì, 15 agosto 2008

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Tiziano, Assunzione


Nell'Ascensione il Signore, con la sua Resurrezione, è diventato il dominatore del mondo e perciò c'è uno tra noi che salverà tutto quello che siamo, che è così potente da salvare la nostra vita, da conservarla tutta, per ridarcela tutta perdonandoci i nostri peccati. La dimostrazione di questo è il mistero dell'Assunzione, in cui ha preso l'umanità della Madonna e non l'ha lasciata in balia della morte, neanche un momento.
Con il mistero dell'Assunzione il Signore dice: «Vedete, io non vi farò perdere niente di quello che vi ho dato, di quello che avete usato, di quello che avete gustato, persino di quello che avete usato male, se voi sarete umili di fronte a me. Beati i poveri di spirito, cioè: se voi riconoscete che tutto è grazia, che tutto è misericordia, perché i vostri criteri sono niente, il mio criterio è tutto». La Madonna già sta a quel livello ultimo, profondo dell'Essere da cui tutti gli esseri traggono consistenza, vita e destino. Per questo è stata assunta al cielo, là dove sta il mistero di Dio: perché fosse per noi madre quotidiana dell'avvenimento.
La glorificazione del corpo della Madonna indica l'ideale della moralità cristiana, la valorizzazione di ogni momento, il valore di ogni istante. Perciò è la valorizzazione della vita, della nostra esistenza, della vita del corpo del mondo, è l'esaltazione della materia vissuta dall'anima, vissuta dalla coscienza che è rapporto con Dio, è la valorizzazione della nostra vita terrena, non perché fortunata per particolari circostanze, ma perché attraverso ogni cosa più piccola si veicola il nostro rapporto con l'Infinito, con il mistero di Dio.
Don Gius, da Il santo Rosario
Grazie a:AnninaVisualizza Windows Live Spaces 

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maria, giussani


Ave  Maria
prega per noi!
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 “Oh Madonna, tu sei la sicurezza della nostra speranza!”. Questa è la frase più importante per tutta la storia della Chiesa; in essa si esaurisce tutto il cristianesimo”.
don Giussani
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Ho detto che dobbiamo chiedere alla Madonna che ci liberi dal male, e che il male qui fra noi si chiama economicismo totalitario, culto dissennato dei propri interessi, edonismo che brucia il presente e il futuro delle nuove generazioni, spesso abbandonate ai margini della società in assenza di proposte adeguate che vengano dalla famiglia e dalle altre istituzioni educative, compresa qualche volta la chiesa. Ho chiesto che Maria ci aiuti ad attraversare la crisi terribile che attanaglia le famiglie, soprattutto quelle giovani, che dissolvono i matrimoni per pseudoragioni di carattere consumistico. Ma abbiamo la serena certezza che confidando nella Madonna potremo attraversare anche questo momento difficile. "
Mons.Luigi Negri vescovo di S. Marino per leggere tutto l'articolo clicca qui

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maria, negri, giussani

domenica, 08 giugno 2008

Omelia del card. Angelo Bagnasco
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XXX Pellegrinaggio - Lo stadio di Macerata
S.E. Card. Angelo Bagnasco
Arcivescovo Metropolita di Genova
Presidente della Conferenza Episcopale Italiana

OMELIA ALLA SANTA MESSA INIZIALE
DEL XXX PELLEGRINAGGIO DA MACERATA A LORETO
Macerata, 7 Giugno 2008
"Vieni e seguimi: una storia di mendicanza"
Carissimi Amici!
Trent'anni di pellegrinaggio da Macerata a Loreto: grazia e responsabilità! Ho la gioia di essere qui con voi per vivere la Divina Eucaristia, cuore della nostra fede, tesoro che racchiude tutto il bene della Chiesa. Cosa saremmo senza l'Eucaristia, Cristo vivo e vero, Sacrificio di salvezza, Pane di vita eterna, grembo vivo che continuamente ci restituisce alla vita? Saremmo orfani, condannati alla solitudine, e - come afferma F. Nietzsche - la morte sarebbe la nostra "cupa compagna di viaggio" (La gaia scienza, 4, 278).
Siamo qui per ringraziare Gesù per il dono straordinario della fede, per la grazia della Chiesa, una compagnia che non verrà mai meno perché Dio è fedele. La fedeltà di Dio è tale che Egli stesso si pone in cammino alla ricerca dell'uomo, dell'uomo smarrito perché ingannato da una libertà sregolata che molto promette e tutto toglie. Che lo rapina della sua dignità.
È in nome di questa fedeltà che Dio si fa mendicante, alla ricerca dell'umanità ferita e umiliata dalla menzogna e dalla divisione. È in nome di questa fedeltà che il Dio della luce si fa Mistero presente nella storia: Mistero luminoso, perché l'uomo lo possa scorgere se ha il cuore aperto; ma sempre Mistero, perché la risposta umana sia possibile ogni giorno nella libertà e nel rischio della vita. Non finiremo mai, cari amici, di cadere in ginocchio colpiti dallo stupore del Dio fedele; non finiremo mai di vivere in adorazione avvolti dalla meraviglia del Dio-con-noi.
Non è forse questo Mistero che si è mosso per primo verso Matteo, "seduto al banco delle imposte"? Non è forse Lui che passa per vederlo, per incontrare il suo sguardo di uomo ricco, affermato, sazio, ma segretamente infelice e in attesa di incontrare la novità che lo riscatti dalla pasciuta mediocrità dei suoi giorni? Quel mendicante improvviso ma atteso gli va incontro, e si fa parola decisa e quanto mai decisiva, semplicissima: "Seguimi". E la vita di Matteo cambia per sempre: "Ed egli si alzò e lo seguì". Anche Matteo si fa mendicante: la sua mendicanza è il discepolato dietro al Maestro, improvvisamente apparso come la ragione vera non solo del mondo, ma del suo cuore, della sua piccola ma unica storia; apparso come la luce nel suo grigiore, la grandezza nelle sue meschinità.
È qui descritta anche la nostra vicenda. Questa vicenda ha un inizio diverso e personale per ciascuno: dobbiamo non perderne la memoria per rinnovarne la grazia. Dobbiamo temere non la dimenticanza che segue alla morte, ma l'oblio della grazia, perché questo spegne la vita, la possibilità di vivere nella freschezza di ogni momento. Non dimentichiamo: la dimenticanza è figlia dell'abitudine al dono, al miracolo, per cui anche il Cielo appare scontato e banale. Per questo dobbiamo rinnovare ogni giorno l'ascolto di quell'invito - "seguimi" - che Gesù ha pronunciato su noi: un invito breve e delicato come un alito di vento, ma sconvolgente come un turbine.
Carissimi Amici!Ma come risentire quella voce che - all'improvviso o progressivamente - ci ha cambiato la strada? È necessario rientrare in noi stessi e cercare il silenzio, per lasciar risuonare la parola dell'amore sapendo che la "sua venuta è sicura come l'aurora". È necessaria la preghiera, l'adorazione eucaristica, come ha raccomandato il Santo Padre a Verona. E pregare è semplice! Qualcuno ha scritto che "pregare è pensare al senso della vita" (L. Wittgenstein). Ma ancor meglio dice Santa Teresa di Gesù Bambino: "Per me la preghiera è uno slancio del cuore, un semplice sguardo gettato verso il cielo, un grido di gratitudine e di amore nella prova come nella gioia".
Riascoltare la voce del grande Mendicante che si rivolge a noi ogni giorno e ci invita a seguirlo! Si può ascoltare nella buona solitudine, ma si può anche ascoltare insieme, in quella grande compagnia che è la Chiesa, così come accadrà questa notte. Insieme, nel cammino verso Loreto, il vostro cuore si allargherà diventando una cosa sola come attorno a questo altare; l'attenzione di ciascuno sarà sorretta dall'attenzione dei fratelli, e così sarà per la vostra preghiera; il desiderio di riascoltare quel "vieni e seguimi" diventerà più grande e più convinto, e così la capacità di ascoltarlo e di rispondervi generosamente, come fece Matteo, sarà più forte e tenace. È questo il Pellegrinaggio: esso esprime in modo commovente la nostra condizione: "L'uomo è un mendicante di Dio", scrive sant'Agostino (Sermones, 56). La mendicanza di Cristo è scelta per amore; la mendicanza degli uomini è necessità dell'essere, ma, strada facendo, diventa necessità e scelta del cuore. Sia sempre più così!

Che la Santa Vergine ci introduca sempre meglio nel mistero del Dio fatto Uomo; ci accompagni nel mistero della Chiesa, Corpo di Cristo, Maestra e Madre. Ci doni, sull'esempio dell'Apostolo Matteo, di alzarci anche noi ogni giorno, di scuoterci dalle nostre pigrizie, dalle insidie dell' egoismo che intristisce l'anima. Ci doni di rimanere pellegrini in questa attraversata nel tempo, pellegrini non soli, solerti e operosi, capaci di guardare il mondo con gli occhi di Cristo per amarlo un poco con il suo stesso cuore. Capaci di offrire a tutti la testimonianza del Vangelo, come Benedetto XVI ha invitato i giovani di Genova: "Annunciate Cristo, speranza del mondo (...) State uniti, ma non rinchiusi. Siate umili, ma non pavidi. Siate semplici, ma non ingenui. Siate pensosi, ma non complicati. Entrate in dialogo con tutti, ma siate voi stessi. Restate in comunione con i vostri Pastori: sono ministri del Vangelo, della divina Eucaristia, del perdono di Dio. Sono vostri padri e amici".

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maria

domenica, 01 giugno 2008

Maria e l'uomo protagonista del tempo
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Partecipando durante molti anni alla liturgia della settimana santa guidata da don Giussani, mi sono accorto che la sua preoccupazione centrale, che è il centro della sua pedagogia, era aiutarci ad entrare nello sguardo di Maria, nel cuore di Maria, nella posizione che ella aveva davanti a suo figlio. La Madonna è stata sempre vista da don Giussani come colei che, più di ogni altra creatura, ha incarnato la posizione giusta di fronte al Mistero fatto carne, davanti a Gesù.
Durante questo tempo pasquale, questa primavera, siamo chiamati a risorgere, a rinascere.
Ogni mattina siamo invitati a uscire dal nulla, rappresentato dalla notte, dal buio, e ad entrare nella vita. Ogni giorno siamo chiamati a uscire dalla debolezza, dalla cattiveria, dalla confusione, e a entrare nella carità. Per quanto smarriti, la nostra dimenticanza non è mai totale. C’è sempre in noi la possibilità di essere riagganciati dalla grazia. Possiamo trovare un amico che ci richiami alla vita, che ci afferri nel profondo. Innanzitutto, possiamo trovare Maria.
La figura della Madonna è stata ricordata da don Giussani come colei che si oppone al nulla, al demonio. Se noi cominciamo la giornata pensando a lei, invocandola, entriamo in una strada che ci fa vivere con sicurezza, e ci restituisce la passione dell’umano, ci rende «ogni giorno capaci di incantevole carità».
Maria è colei che ci apre alla positività dell’essere perché ella è la positività dell’essere, perché il suo “sì” ha permesso l’incarnazione, la sconfitta del nulla, di tutto ciò che è negazione, menzogna, esclusione. E ha invece portato nel mondo la vita, l’affermazione, la bellezza, la gioia. Riandando continuamente a lei, possiamo entrare in questa positività, possiamo farci guidare da lei verso uno sguardo sulle cose, sugli altri, su noi stessi, che sia veramente costruttivo, in definitiva nella carità.

La tradizione orientale vede Maria come colei che tiene in mano il bambino e insegna la strada. Anche
don Giussani ha visto Maria come colei che ci conduce, che ci insegna la via. In una meditazione, durante un pellegrinaggio organizzato dalle Suore della Neve, ha detto: «La Madonna è il tipo dell’uomo camminatore verso il suo destino, di questo protagonista del tempo».
La vediamo camminare verso la casa di Elisabetta e Zaccaria, la vediamo andare in mezzo alla folla per ascoltare suo figlio, in fondo, dove nessuno la vede. La vediamo camminare dietro la croce.
Ci insegna la povertà dello spirito, la disponibilità al disegno di Dio.
In ogni momento della vita siamo chiamati ad uscire dal nostro disegno per entrare in quello di Dio. Dio in realtà non vuole destabilizzarci: non ci priva delle nostre certezze per lasciarci nell’insicurezza. Al contrario, sa che le nostre misure, le nostre sicurezze, sono insufficienti, che solo lui è la roccia. Possiamo entrare veramente in una posizione giusta se entriamo nel suo disegno. Come per Maria anche per noi questo è l’avvenimento della fede, che ci fa riconoscere quello che Dio compie come la realtà più amica per il nostro pellegrinaggio sulla terra.
don Massimo Camisasca (da Fraternità e Missione, maggio 2008. )

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maria, camisasca

domenica, 27 aprile 2008

Attirami a Te
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Madre amatissima, ecco la mia preghiera: chiedo a Gesù di attirarmi nelle fiamme del suo amore, di unirmi così strettamente a Lui, che Egli viva ed agisca in me. Sento che quanto più il fuoco dell’amore infiammerà il mio cuore, quanto più dirò: «Attirami», tanto più le anime che si avvicineranno a me (povero piccolo rottame di ferro inutile, se mi allontanassi dalla fornace divina) correranno anch’esse velocemente all’effluvio dei profumi del loro Amato, perché un’anima infiammata di amore non può restare inattiva; senza dubbio come santa Maddalena lei se ne sta ai piedi di Gesù, ascolta la sua parola dolce e infiammata. Sembrando non dar niente, dà molto di più di Marta che si agita per molte cose e vorrebbe che la sorella l’imitasse. Non sono sicuramente i lavori di Marta che Gesù biasima: a questi lavori la sua Madre divina si è umilmente sottomessa per tutta la sua vita poiché doveva preparare i pasti per la Santa Famiglia. È solo l’inquietudine della sua ardente ospite che Egli vorrebbe correggere.
 Santa Teresa di Lisieux

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preghiere, maria, steresina

lunedì, 14 aprile 2008

VOTARE " PER MARIA..
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Vi parrà bizzarro, ma l’evento più interessante di questa campagna elettorale, per me, è accaduto domenica scorsa a Milano al Palasharp. Sebbene fossero presenti 25 mila persone nessuno ne ha dato notizia. In apparenza non c’entra con le elezioni, ma, come vedremo, non è così.

Quell’immensa folla è arrivata lì senza alcuna campagna pubblicitaria. Dalle 8.30 del mattino fino alle ore 21 hanno pregato, meditato, adorato, ascoltato testimonianze con il carismatico padre Jozo Zovko, che era parroco di...

 Seguire le sue tracce nella storia e nella cronaca è sorprendente…
Vi parrà bizzarro, ma l’evento più interessante di questa campagna elettorale, per me, è accaduto domenica scorsa a Milano al Palasharp. Sebbene fossero presenti 25 mila persone nessuno ne ha dato notizia. In apparenza non c’entra con le elezioni, ma, come vedremo, non è così. Quell’immensa folla è arrivata lì senza alcuna campagna pubblicitaria. Dalle 8.30 del mattino fino alle ore 21 hanno pregato, meditato, adorato, ascoltato testimonianze con il carismatico padre Jozo Zovko, che era parroco di Medjugorje all’inizio delle apparizioni della Madonna in quell’ormai celebre villaggio, nel giugno 1981 (il francescano fu poi arrestato dalla polizia comunista, torturato e detenuto per quasi due anni). All’incontro – organizzato da “Mir I Dobro”, l’associazione di volontariato (nata a Varese) – erano presenti anche due dei sei veggenti: Ivan Dragicevic e Jakov Colo. Il primo ha ancora oggi le apparizioni quotidiane e puntualmente alle ore 18 la Madonna è arrivata, in un silenzio impressionante, nell’emozione generale. E’ rimasta circa 10 minuti a pregare con i presenti, specialmente sugli ammalati e sui sacerdoti. Poi, tramite Ivan, ha lasciato a tutti un messaggio: “Una madre prega per i suoi figli e io ho pregato mio Figlio per voi” Particolarmente toccante è stata la testimonianza di Silvia, una ragazza di 19 anni, che era gravemente malata (una paraplegia alle gambe). Andando in pellegrinaggio a Medjugorje a un certo punto, sulla collina delle apparizioni, è svenuta e si è poi risvegliata con un forte pianto e con tremore, scoprendosi guarita:” Sono guarita! Cammino!” Sono fatti eccezionali, ma nient’affatto isolati. Padre Jozo nella sua meditazione ha invitato a seguire gli insegnamenti del Santo Padre anche per quando riguarda la tutela della famiglia (in vista delle prossime elezioni ha fatto una speciale “preghiera per l’Italia”). E ha citato Tony Blair, l’ex premier britannico, recentemente convertitosi al cattolicesimo. Si dà il caso infatti che Medjugorje c’entri (anche) con questa conversione. Non solo perché la moglie, cattolica da sempre, segue le apparizioni da tempo. Padre Jozo lo ha incontrato qualche anno fa. In Inghilterra c’è un vero sommovimento medjugorjano che ha al centro un personaggio molto influente, Robert Hutley, convertitosi a Medjugorje con la moglie. Questo è il terreno su cui è fiorita la conversione di Blair. Proprio il 4 aprile scorso la “Repubblica” ha lanciato in prima pagina una conferenza dell’ex premier su “Fede e globalizzazione” tenuta il 3 aprile nella cattedrale di Westminster davanti a circa 1.600 persone. Blair ha sottolineato l’importanza della religione per il destino dell’umanità. E ha messo in guardia dal laicismo. Infine ha riferito di aver dato vita alla “Fondazione Tony Blair per la Fede” (Tony Blair Faith Foundation). E’ immaginabile una cosa del genere per i leader politici italiani? Peraltro Blair – come ha rivelato The Guardian – è in corsa per diventare il Presidente dell’Unione europea (carica istituita l’anno scorso a Lisbona). Anche di un’altra (controversa) conversione hanno recentemente parlato i giornali, quella dell’ultimo leader dell’Urss Mikhail Gorbacev sorpreso in preghiera nella basilica di Assisi. Pure lui ha avuto a che fare con Medjugorje. Ho già raccontato su queste colonne come è accaduto che, nell’ottobre 1987, il presidente Reagan si sia messo in contatto con la veggente Marija Pavlovic, due mesi prima della firma del Trattato di Washington con l’Urss, il primo per l’eliminazione delle armi nucleari che mise fine allo scontro sugli euromissili e fu preludio al crollo incruento dell’Urss. Ho riferito l’entusiasmo e la commozione di Reagan che si sentì spronato a proseguire sulla via del disarmo. Addirittura, con la moglie Nancy, decise di fare le preghiere e il digiuno chiesti dalla Madonna “Reagan volle che, fra i documenti da portare con sé ai colloqui con Gorbacev, ci fosse pure la mia lettera” racconta Marija. “So che lui ne parlò a Gorbacev e poi hanno firmato tutto. In seguito mi è arrivata una busta con la foto del presidente e il suo ringraziamento, scritto di suo pugno. E anche Gorbacev ha voluto quella mia lettera”. La Madonna di Medjugorje deve averlo illuminato, se lo stesso Gorbacev nella storica visita in Vaticano del 1° dicembre 1989, nello studio privato di Giovanni Paolo II, si inginocchiò davanti a lui chiedendo perdono per i crimini del comunismo (il papa lo abbracciò). La clamorosa notizia fu rivelata la prima volta da suor Lucia, la veggente di Fatima e confermata da lei anche dopo la smentita dalla Sala stampa vaticana, il 2 marzo 1998. Pochi mesi fa ha confermato la notizia addirittura il Segretario di Stato vaticano, cardinal Bertone, in un suo libro. Nel mondo cattolico si diffonde la sensazione – esplicitata quattro mesi fa a Lourdes dal cardinale Ivan Dias - che in questa generazione la Madonna protegga in modo speciale la Chiesa e il mondo. E’ evidente proprio dalle sue apparizioni e dal grande pontificato mariano di Giovanni Paolo II. Nei prossimi giorni Benedetto XVI andrà negli Stati Uniti. Parlare al popolo americano è un evento storico, come quando san Pietro venne a Roma, la capitale dell’Impero. Ma anche qui la strada di papa Ratzinger è stata preparata. Non solo dal predecessore. La presenza silenziosa e misteriosa di Maria lo ha preceduto già dentro la Casa Bianca dove il Papa incontrerà il presidente Bush. Infatti, racconta Marija Pavlovic, a margine della vicenda del 1987, “seppi che il Presidente Reagan aveva personalmente fatto comprare una statuina della Madonna, facendola portare alla Casa Bianca”. Era l’immagine della Madonna di Fatima. E di nuovo nulla appare casuale. Non solo per il legame fra Medjugorje e Fatima, ma anche per una notizia che è venuta alla luce solo di recente. E che riguarda proprio la Casa Bianca e Fatima. Siamo nel 1959. Papa Giovanni XXIII legge il testo del “terzo segreto di Fatima” che per volere della Madonna doveva essere reso pubblico nel 1960. Contiene, come scopriremo nel 2000, il preannuncio di una immane catastrofe planetaria e di una grande prova per la Chiesa. Papa Roncalli decide di segretarlo. L’11 ottobre 1962 apre il Concilio Vaticano II irridendo i “profeti di sventura” e affermando: “non siamo alla fine del mondo”. Anzi esaltò il “nuovo ordine di rapporti” mondiali che “volgono inaspettatamente” al meglio. Esattamente quattro giorni dopo il mondo precipita sull’orlo di una guerra nucleare mai vista. Il 14 ottobre infatti un aereo americano fotografa 162 testate nucleari sovietiche nell’isola di Cuba puntate sugli Stati Uniti. Il 15 le foto sono sul tavolo del presidente Kennedy che deve decidere cosa fare. Decise – anche su accorato invito del Papa - di non invadere e alla fine di trattare. Qualcuno dal Vaticano aveva fatto pervenire alla Casa Bianca una descrizione dello scenario apocalittico tracciato dalla Madonna a Fatima (ora si capisce perché doveva essere svelato nel 1960). In una recentissima intervista Robert McNamara, segretario alla Difesa di Kennedy, ha riferito, con un moto di orrore, che nel 1992 “noi venimmo a sapere per la prima volta da ex ufficiali sovietici che loro erano pronti alla guerra nucleare nel caso di un’invasione americana di Cuba”. Il mondo dunque fu salvato dalla decisione di Kennedy di non invadere. Sarà un caso, ma Kennedy fu il primo (e unico) presidente americano di fede cattolica. Quindi più di chiunque altro era sensibile a un messaggio che arrivava dalla Santa Sede e dalla Madonna di Fatima. Fu provvidenziale che proprio in quel momento gli Stati Uniti avessero un presidente cattolico. Kennedy, era nato nel maggio 1917 (quando iniziarono le apparizioni di Fatima) ed ebbe la “nomination” per la Casa Bianca nel 1960: il 13 luglio. Lo stesso giorno in cui – anni prima – la Madonna consegnò ai tre pastorelli il Segreto. L’ennesimo caso?

 Antonio Socci

Da “Libero”, 12 aprile 2008

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maria, socci

sabato, 05 aprile 2008

  Maria, stella della speranza
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49. Con un inno dell'VIII/IX secolo, quindi da più di mille anni, la Chiesa saluta Maria, la Madre di Dio, come « stella del mare »: Ave Maris Stella  La vita umana è un cammino. Verso quale meta? Come ne troviamo la strada? La vita è come un viaggio sul mare della storia, spesso oscuro ed in burrasca, un viaggio nel quale scrutiamo gli astri che ci indicano la rotta. Le vere stelle della nostra vita sono le persone che hanno saputo vivere rettamente. Esse sono luci di speranza. Certo, Gesù Cristo è la luce per antonomasia, il sole sorto sopra tutte le tenebre della storia. Ma per giungere fino a Lui abbiamo bisogno anche di luci vicinedi persone che donano luce traendola dalla sua luce ed offrono così orientamento per la nostra traversata. E quale persona potrebbe più di Maria essere per noi stella di speranza – lei che con il suo « sì » aprì a Dio stesso la porta del nostro mondo; lei che diventò la vivente Arca dell'Alleanza, in cui Dio si fece carne, divenne uno di noi, piantò la sua tenda in mezzo a noi (cfr Gv 1,14)?

BENEDETTO XVI  SPE SALVI              Ave Maris Stella - Edward Grieg
Ave Maris Stella                         Ave, stella del mare
Latino
Ave maris stella,
Mater Dei alma
Atque semper virgo
Felix caeli porta
Sumens illud ave
Gabrielis ore
Funda nos in pace
Mutans Evae nomen
Solve vincla reis
Profer lumen caecis
Mala nostra pelle
Bona cuncta posce
Monstra te esse matrem
Sumat per te preces
Qui pro nobis natus
Tulit esse tuus
Virgo singularis
Inter omnes mitis
Nos culpis solutos
Mites fac et castos
Vitam praesta puram
Iter para tutum
Ut videntes Jesum
Semper collaetemur
Sit laus Deo Patri
Summo Christo decus
Spiritui sancto
Honor, tribus unus
Amen.

Italiano
Ave, stella del mare
Eccelsa madre di Dio
E sempre Vergine,
Felice porta del cielo
Accogliendo quell'"Ave"
dalla bocca di Gabriele,
donaci la pace,
mutando il nome di Eva.

Sciogli i vincoli per i rei,
dà luce ai ciechi,
scaccia i nostri mali,
dacci ogni bene.

Mostrati Madre di tutti,
offri la nostra preghiera,
Cristo l'accolga benigno,
lui che si è fatto tuo Figlio.

Vergine santa fra tutte,
dolce regina del cielo,
rendi innocenti i tuoi figli,
umili e puri di cuore.

Donaci giorni di pace,
veglia sul nostro cammino,
fà che vediamo il tuo Figlio,
pieni di gioia nel cielo.

Lode all'altissimo Padre,
gloria al Cristo Signore,
salga allo Spirito Santo,
l'inno di fede e d'amore.
Amen.



Postato da: giacabi a 07:23 | link | commenti (1)
speranza, maria, benedettoxvi

giovedì, 27 marzo 2008



«Respice stellam, voca Maria»
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Chiunque tu sia, che nel flusso di questo tempo ti accorgi che, più che camminare sulla terra, stai come ondeggiando tra burrasche e tempeste, non distogliere gli occhi dallo splendore di questa stella, se non vuoi essere sopraffatto dalla burrasca! Se si alzano i venti delle tentazioni, se cozzi contro gli scogli delle tribolazioni, guarda la stella, invoca Maria. Se sei sbattuto dalle onde della superbia, dell'ambizione, della calunnia, della gelosia, guarda la stella, invoca Maria. Se l'ira o l'avarizia, o le lusinghe della carne hanno scosso la navicella del tuo animo, guarda Maria. Se turbato dalla enormità dei peccati, se confuso per l'indegnità della coscienza, se atterrito dalla paura del giudizio, cominci ad essere inghiottito dal baratro della tristezza e dall'abisso della disperazione, pensa a Maria. Nei pericoli, nelle angosce, nei dubbi, pensa a Maria, implora Maria. Non si allontani dalla tua bocca, non si allontani dal tuo cuore, e per ottenere l'aiuto della sua preghiera, non dimenticare l'esempio della sua vita. Seguendo lei non puoi smarrirti, pregando lei non puoi disperare, pensando a lei non puoi sbagliare. Se lei ti sorregge non cadi, se lei ti protegge non cedi alla paura, se lei ti guida non ti logori, se lei ti è propizia raggiungi la meta.
Bernardo di Chiaravalle

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maria, sbernardo

lunedì, 10 marzo 2008

«Quella cosa ha la forma di una fanciulla»
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Così Bernadette indica al commissario Jacomet ciò che vede alla grotta di Massabielle. Cronaca dei diciotto incontri
di Giovanni Ricciardi
 da. www.30giorni.it
      Centocinquant’anni fa, nel 1858, la Vergine Maria è apparsa per diciotto volte nella grotta di Massabielle, poco distante dalla cittadina di Lourdes, alla quattordicenne Bernadette Soubirous, in un arco di tempo che va dall’11 febbraio fino alla sera del 16 luglio. Questi brevi cenni alla cronaca di quelle giornate (soprattutto come aiuto per riviverle nella preghiera), rievocano i fatti principali e alcune delle parole e delle testimonianze riportate in quei giorni dalla stessa Bernadette.
     

Una raffigurazione dell’apparizione della Madonna a Bernadette

      11 febbraio
      giovedì: prima apparizione
      Bernadette esce di casa con la sorella Toinette e l’amica Jeanne Baloum per raccogliere un po’ di legna nei terreni comunali vicino al fiume Gave. Non riuscendo ad attraversare il fiume senza bagnarsi i piedi, comincia a togliersi le calze, quando, per citare le sue parole, «udii un rumore come se ci fosse stato un colpo di vento». Si volta, ma i pioppi dietro di lei non si muovono. «Allora», racconta, «continuai a togliermi le scarpe». Di nuovo un colpo di vento. Stavolta guarda in direzione della grotta, che s’illumina, e in questa luce appare a Bernadette una figura bianca che sorride. «Aveva un vestito bianco, un velo anch’esso bianco, una cintura azzurra e una rosa gialla su ogni piede. Anche la corona del suo rosario era gialla. Restai sorpresa. Credetti di sbagliarmi. Mi stropicciai gli occhi e guardai nuovamente. Vedevo sempre la stessa signora. Misi la mano in tasca e presi la corona. Volevo fare il segno della croce, ma non riuscii a portare la mano alla fronte. Essa mi cadeva. Allora fui presa da grande spavento e la mano mi tremava. Ma non me ne andai. La signora prese la corona che aveva al braccio e fece il segno della croce; anche io allora cercai di farlo e ci riuscii. Non appena feci il segno di croce, il gran timore che mi aveva preso scomparve. M’inginocchiai e recitai la mia corona insieme alla bella signora. La visione faceva scorrere i grani del suo rosario, senza muovere le labbra. Al termine del rosario mi fece cenno di avvicinarmi, ma io non osai. Allora la bella signora scomparve improvvisamente».
      Sulla strada del ritorno Bernadette parlò alla sorella e all’amica di ciò che aveva visto facendosi promettere di non rivelarlo a nessuno, ma Toinette si confidò con i genitori che, la sera, interrogarono Bernadette e le proibirono di recarsi nuovamente alla grotta. Dopo questa prima apparizione, avvenuta appunto intorno a mezzogiorno, tutte le altre si verificarono al mattino tranne la quattordicesima e la diciottesima che avvennero di sera.
     
      domenica: seconda apparizione
      È la domenica che precede il Mercoledì delle Ceneri. Racconta Bernadette: «Sono tornata alla grotta per la seconda volta la domenica seguente. Me lo ricordo bene perché mi sentivo spinta da una forza interiore. Mia madre mi aveva proibito di andarvi. Dopo la messa solenne, insieme con le altre due compagne, andammo nuovamente a chiedere alla mamma di mandarmi alla grotta. Lei non voleva assolutamente. Temeva che io cadessi nell’acqua e che non tornassi in tempo per i Vespri. Io le promisi di sì. Allora mi permise di andarvi. Prima di partire mi recai alla parrocchia con una bottiglietta per prendere un po’ d’acqua benedetta. Giunte sul posto, ciascuna prese la propria corona e ci inginocchiammo per recitare il rosario. Avevo appena terminato la prima decina del rosario che vidi apparire la medesima signora. Subito cominciai a gettarle l’acqua benedetta dicendole di restare, caso mai venisse da parte di Dio, altrimenti di andarsene. E mi affrettavo a gettarle l’acqua. Ella mi sorrideva e chinava la testa».
      Bernadette è rapita in estasi, le compagne non riescono a smuoverla e fuggono spaventate a chiedere aiuto. Il mugnaio Nicolau, con la sua energia, riuscirà a stento a staccarla da lì. La voce comincia a circolare. La madre è preoccupata e rinnova il divieto di tornare alla grotta.
     
      18 febbraio
      giovedì: terza apparizione
      La ricca signora Milhet, spinta dalla curiosità, strappa alla madre il permesso di condurre di nuovo la fanciulla a Massabielle, e dà ordine a Bernadette di chiedere il nome alla figura che le appare, mettendole in mano carta, penna e calamaio: «Volete avere la bontà di scrivere il vostro nome?». Bernadette udrà così per la prima volta la voce di quella signora, che risponde: «Non è necessario». E con sorprendente gentilezza chiede a Bernadette: «Volete avere la bontà di venire qui per quindici giorni?». Bernadette racconta: «Io le risposi di sì. Inoltre, aggiunse di non promettermi la felicità in questo mondo ma nell’altro. Son tornata alla grotta per quindici giorni. La visione mi è comparsa tutti i giorni, a eccezione di un lunedì e di un venerdì».
     
      19 febbraio
      venerdì: quarta apparizione
      L’apparizione dura un quarto d’ora. Bernadette ha in mano il cero che le ha dato la madrina, Bernarde Castérot, con cui è giunta alla grotta insieme a una decina di persone. La bella signora si limita a sorriderle in silenzio e Bernadette le risponde a gesti: «Salutava con le mani e la testa» racconta l’amica Josèphe Barinque: «Era un piacere vederla, come se tutta la vita non avesse fatto altro che imparare a fare quei saluti. Non sapevo fare altro che guardarla».
     
      20 febbraio
      sabato: quinta apparizione
      Quando Bernadette inizia il rosario in attesa che le appaia la bianca signora, ci sono intorno a lei trenta persone. Anche in quel giorno, 20 febbraio, la visione dura un quarto d’ora. Durante tutto l’incontro le palpebre di Bernadette «non si abbassano, nemmeno quando inchina la testa per i saluti» racconta Rosine Cazenave.
     
      21 febbraio
      domenica: sesta apparizione
      Anche questa volta, prima domenica di Quaresima, niente parole, solo gesti e sorrisi. Nel pomeriggio Bernadette è interrogata dal commissario Jacomet, convinto che la storia sia una montatura. È qui che comincia a usare il termine Aquerò – che nel dialetto di Lourdes vuol dire Quella cosa – per riferirsi a ciò che vede: «Allora, Bernadette, vai tutti i giorni a Massabielle?». «Sì, Signore». «E ci vedi qualcosa di bello?». «Sì, signore». «E allora, Bernadette, tu vedi la santa Vergine?». «Io non dico che ho visto la santa Vergine». «Ah, bene. Tu non hai visto niente». «Sì. Qualcosa ho visto». «Allora, cos’hai visto?». «Qualcosa di bianco». «Qualcosa o qualcuno?». «Aquerò / Quella cosa ha la forma di una fanciulla». «E non ti ha detto: sono la santa Vergine?». «Aquerò non me l’ha detto».
     
      23 febbraio
      martedì: settima apparizione
      Obbedendo alle intimidazioni del commissario, il padre di Bernadette le proibisce di tornare il lunedì alla grotta. Lei sul momento obbedisce, ma al pomeriggio una forza irresistibile la sospinge di nuovo a Massabielle. L’apparizione, però, non si verifica. Il giorno dopo, i genitori ritirano il divieto e stavolta l’apparizione dura un’ora, davanti a una folla di centocinquanta persone. Durante l’estasi, Elénoire Pérand, che un anno dopo entrerà tra le suore di san Vincenzo de’ Paoli, punge Bernadette con una spilla. La ragazza non ha alcuna reazione al dolore. Aquerò le insegna una preghiera soltanto per lei, che da allora Bernadette reciterà ogni giorno per tutta la sua vita, e le confida tre segreti, che Bernadette disse riguardare solo lei.
     
      14 febbraio

La grotta di Lourdes in una foto del 1914

      24 febbraio
      mercoledì: ottava apparizione
      In questa giornata la bella signora per la prima volta ha un messaggio per tutti: «Oggi Aquerò ha pronunciato una nuova parola: Penitenza! Ha aggiunto: “Pregherete Dio per la conversione dei peccatori”. E io ho risposto: “Sì”. Mi ha chiesto se ciò mi era di fastidio. Le ho risposto di no. Poi mi ha pregato di salire in ginocchio verso il fondo della grotta e di baciare la terra in segno di penitenza per i peccatori».
     
      25 febbraio
      giovedì: nona apparizione
      Risale a questo giorno l’origine della sorgente d’acqua situata nel fondo della grotta e che oggi alimenta le piscine e le fontane di Lourdes.
     
Davanti a cinquecento persone, Bernadette comincia a percorrere in ginocchio la leggera salita che conduce al fondo della grotta, baciando la terra. Seguendo le indicazioni di Aquerò , scava una piccola buca con le mani e dopo aver gettato via l’acqua per tre volte perché era sporca la quarta volta riesce a berla.
     
      27 febbraio
      sabato: decima apparizione
      Questa volta Quella cosa si limita a sorridere. Bernadette torna a compiere i gesti di due giorni prima: avanza baciando la terra, risale verso il fondo della grotta e beve di nuovo l’acqua che sgorga dalla terra.
     
      28 febbraio
      domenica: undicesima apparizione
      Un ufficiale mandato a controllare la situazione registra la presenza di 1.100 persone durante l’apparizione, che si svolge nelle stesse modalità del giorno precedente. Nel pomeriggio Antonie Clarens interroga Bernadette sugli “strani” esercizi che Aquerò le chiede di compiere: «La visione me l’ha ordinato per penitenza», risponde, «innanzitutto per me e poi per gli altri». Clarens domanda: «Vi è stata fatta qualche comunicazione… o affidata qualche missione?». «No, non ancora». A sera alcuni scalpellini di Lourdes vanno alla grotta e scavano nel punto in cui Bernadette si chinava per bere. Da quel momento l’acqua comincia a sgorgare copiosa e limpida.
     
      1° marzo
      lunedì: dodicesima apparizione
      Davanti a 1.500 persone, Bernadette ripete gli stessi gesti di penitenza. Antoine Dézirat, giovane sacerdote, assiste da vicino: «Bernadette, sgranando il suo rosario, muoveva appena le labbra, ma dal suo atteggiamento, dai tratti del viso, si vedeva che la sua anima era rapita. Il sorriso superava ogni espressione… Solo Bernadette vedeva l’apparizione, ma tutti avevano come la sensazione della sua presenza… credevo di essere nell’anticamera del Paradiso». Più tardi, Catherine Latapie, una giovane donna incinta con una mano paralizzata, si sente spinta verso la grotta, immerge la mano nell’acqua della sorgente e guarisce all’improvviso dalla sua infermità. Sarà il primo miracolo riconosciuto dalla Chiesa e attribuito a Nostra Signora di Lourdes.
     
      2 marzo
      martedì: tredicesima apparizione
      Ecco come Bernadette ricorda i fatti di quel giorno: «Mi disse di andare a dire ai sacerdoti di costruire colà una cappella. Mi recai dal signor parroco per riferirglielo».
      Il messaggio è accolto con freddezza. Il parroco Peyramale è incerto. Bernadette insiste perché si costruisca «una cappella, anche piccolissima». «Ebbene», risponde Peyramale, «prima dica il suo nome e faccia fiorire il roseto della grotta, poi le faremo la cappella, che non sarà piccolissima. Sarà grandissima».
     
      3 marzo
      mercoledì: quattordicesima apparizione
      Al mattino, Aquerò non appare. Lo farà la sera, alle ore 21, spiegando così il motivo del “ritardo”: «Non mi avete vista stamane, perché c’erano persone venute per osservare il contegno che avreste avuto al mio cospetto, le quali non erano degne». Bernadette chiede ad Aquerò il suo nome, ma lei non risponde, limitandosi a sorridere.
     
      4 marzo
      giovedì: quindicesima apparizione
      È l’ultimo dei quindici giorni. L’apparizione si ripete alla presenza di una folla enorme che attende un segno chiaro per tutti, ma resta delusa. Al termine del rosario recitato alla presenza di Aquerò, Bernadette si interrompe per due volte prima di completare uno di quei segni di croce che stupivano i presenti per la loro bellezza e semplicità. La cugina Jeanne Védère le chiede: «Perché hai ricominciato tre volte a farlo?». «Aquerò non l’aveva ancora fatto. Non potevo far arrivare la mano fino alla fronte». «Perché eri a volte lieta, a volte triste?». «Io sono triste quando Aquerò è triste, e sorrido quando sorride».
     

La grotta di Lourdes oggi

      25 marzo
      giovedì: sedicesima apparizione
      Una forza interiore spinge Bernadette a tornare a Massabielle. Aquerò è di nuovo là e Bernadette ripete la domanda che il parroco le ha suggerito: «Signorina, vorreste avere la bontà di dirmi chi siete, per favore?». Aquerò continua a sorridere in silenzio, ma Bernadette questa volta insiste. Allora, alzando gli occhi al cielo e unendo le braccia all’altezza del petto le risponde: «Que soy era Immaculada Councepciou / Io sono l’Immacolata Concezione». Bernadette non capisce il senso di quelle parole. Per tutta la strada dalla grotta alla casa del parroco non fa che ripeterle ad alta voce per paura di dimenticarle. Il parroco rimane di sasso. «Una signora non può portare quel nome! Ti sbagli, sai cosa vuol dire?». Bernadette si limita a ripetere quelle sillabe così come l’ha udite. Peyramale sa che la fanciulla, nella sua ignoranza, non può essersi inventata una definizione dogmatica. E la commozione comincia a crescere anche in lui.
     
      7 aprile
      mercoledì: diciassettesima apparizione
      Quest’apparizione è legata al cosiddetto “miracolo del cero”. La fiamma del cero che Bernadette tiene fra le mani durante la visione per un quarto d’ora lambisce le palme delle mani di Bernadette senza bruciarla. Il dottor Dozous, osservando il fenomeno, abbandona il suo scetticismo e si converte. In quest’occasione la santa Vergine rinnova la richiesta di far costruire una cappella in quel luogo.
     
      16 luglio
      venerdì: diciottesima apparizione
      Al tramonto del sole, Bernadette è di nuovo sospinta verso la grotta. La santa Vergine è lì, come la prima volta, per un incontro silenzioso, l’ultimo qui sulla terra. «Che cosa ti ha detto?», le chiedono le amiche: «Niente». Le basta averla vista. E conclude: «Non l’avevo mai vista così bella».

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maria, bonhoeffer

domenica, 02 marzo 2008

Pio XII scrisse: «Ho visto il sole roteare come a Fatima»    
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Retroscena di un miracolo
Pio XII scrisse: «Ho visto il sole roteare come a Fatima»

di Andrea Tornielli
su il Giornale, 28 febbraio 2008
Ritrovato nell'archivio di famiglia un appunto manoscritto, inedito, nel quale Papa Pacelli descrive con stile asciutto e notarile il "miracolo del sole". Un episodio del quale fino ad oggi si era parlato solo attraverso testimonianze indirette.

«Ho visto» il miracolo del sole, «questa è la pura verità». Nel 1950, poco prima di proclamare il dogma dell’Assunta, Pio XII mentre passeggiava nei giardini vaticani assistette più volte allo stesso fenomeno verificatosi nel 1917 al termine delle apparizioni di Fatima e lo considerò una conferma celeste di quanto stava per compiere. Una circostanza fino ad oggi nota solo grazie alla testimonianza indiretta del cardinale Federico Tedeschini che ne parlò durante un’omelia. Ora dall’Archivio privato Pacelli, conservato dalla famiglia del Pontefice, riemerge un documento eccezionale e inedito su quella visione: un appunto manoscritto dello stesso Pio XII, vergato a matita sul retro di un foglio nell’ultimo periodo della sua vita, nel quale in prima persona il Papa racconta ciò che gli è accaduto. L’appunto sarà esposto il prossimo novembre nella mostra vaticana dedicata a Papa Pacelli nel cinquantesimo della morte. Il resoconto è asciutto, quasi notarile, senza alcun cedimento al sensazionalismo.

«Era il 30 ottobre 1950», antivigilia del giorno della solenne definizione dell’assunzione, spiega Pio XII. Il Papa stava dunque per proclamare dogma di fede l’assunzione corporea in cielo della Madonna al momento della morte, e lo faceva dopo aver consultato l’episcopato mondiale, unanimemente concorde: soltanto sei risposte su 1.181 manifestavano qualche riserva. Verso le quattro di quel pomeriggio faceva «la consueta passeggiata nei giardini vaticani, leggendo e studiando». Pacelli ricorda che, mentre saliva dal piazzale della Madonna di Lourdes «verso la sommità della collina, nel viale di destra che costeggia il muraglione di cinta», sollevò gli occhi dai fogli. «
Fui colpito da un fenomeno, mai fino allora da me veduto. Il sole, che era ancora abbastanza alto, appariva come un globo opaco giallognolo, circondato tutto intorno da un cerchio luminoso», che però non impediva in alcun modo di fissare lo sguardo «senza riceverne la minima molestia. Una leggerissima nuvoletta trovavasi davanti». «Il globo opaco - continua Pio XII nell’appunto inedito - si muoveva all’esterno leggermente, sia girando, sia spostandosi da sinistra a destra e viceversa. Ma nell'interno del globo si vedevano con tutta chiarezza e senza interruzione fortissimi movimenti». Il Papa attesta di aver assistito allo stesso fenomeno il giorno seguente, 31 ottobre, e il 1° novembre, giorno della definizione del dogma dell’Assunta, quindi di nuovo l’8 novembre. Poi non più». Ricorda pure di aver cercato «varie volte» negli altri giorni, alla stessa ora e in condizioni atmosferiche simili, «di guardare il sole per vedere se appariva il medesimo fenomeno, ma invano; non potei fissare nemmeno per un istante, rimaneva subito la vista abbagliata».

Nei giorni seguenti Pio XII riferisce il fatto «a pochi intimi e a un piccolo gruppo di Cardinali (forse quattro o cinque), fra i quali era il Cardinal Tedeschini». Quest’ultimo, nell’ottobre dell’anno seguente, 1951, si deve recare a Fatima per chiudere le celebrazioni dell’Anno Santo. Prima di partire viene ricevuto in udienza e chiede al Papa di poter citare la visione nell’omelia. «Gli risposi: "Lascia stare, non è il caso". Ma egli insistette - continua Pio XII nel manoscritto - sostenendo l’opportunità di tale annuncio, ed io allora gli spiegai alcuni particolari dell’avvenimento». «Questa è, in brevi e semplici termini - conclude Papa Pacelli - la pura verità». «Pio XII era persuasissimo della realtà del fenomeno straordinario, cui aveva assistito ben quattro volte», ha dichiarato suor Pascalina Lehnert, la religiosa governante dell’appartamento papale.

Il cosiddetto «miracolo del sole» si era già verificato il 13 ottobre 1917 a Fatima, al termine delle apparizioni ai tre pastorelli. Così lo raccontò nella sua cronaca M. Avelino di Almeida, giornalista laico e non credente, inviato del quotidiano O Seculo e testimone oculare: «E si assiste allora ad uno spettacolo unico ed incredibile allo stesso tempo per chi non ne è stato testimone... Si vede l’immensa folla voltarsi verso il sole sgombro di nuvole, in pieno giorno. Il sole ricorda un disco d’argento sbiadito ed è possibile guardarlo in faccia senza subire il minimo disagio. Non scotta, non acceca. Si direbbe un’eclisse». Pio XII era molto legato a Fatima: la prima apparizione ai tre pastorelli era infatti avvenuta il 13 maggio 1917, lo stesso giorno in cui Pacelli veniva consacrato arcivescovo nella cappella Sistina. È attestato che Pio XII e l’unica sopravvissuta dei tre veggenti, suor Lucia Dos Santos, rimarranno sempre in contatto, e il Pontefice, nell’ultimo anno della sua vita, conserverà il testo del Terzo segreto di Fatima nel suo appartamento. «Varie volte - ha dichiarato la marchesa Olga Nicolis di Robilant Alves Pereira de Melo testimoniando al processo di beatificazione di Pacelli, «trasmisi messaggi del Santo Padre per Suor Lucia e di questa per lui, ma siccome promisi di mai rivelare nulla a chicchessia, non mi sento autorizzata a farlo adesso».

Il testo integrale dell'appunto (riprodotto a p. 21 de il Giornale di oggi, 28 febbraio 2008, scritto a matita su un foglio riutilizzato, in calce del quale il Papa aveva cominciato a scrivere a macchina le parole Maria ... Maria)

«Era il 30 ottobre 1950, antivigilia del giorno, da tutto il mondo cattolico atteso con tanta ansia, della solenne definizione dell’assunzione in cielo di Maria Santissima. Verso le ore 4 pom. facevo la consueta passeggiata nei giardini vaticani, leggendo e studiando, come di solito, varie carte di ufficio. Salivo dal piazzale della Madonna di Lourdes verso la sommità della collina, nel viale di destra che costeggia il muraglione di cinta. A un certo momento, avendo sollevato gli occhi dai fogli che avevo in mano, fui colpito da un fenomeno, ma fino allora da me veduto. Il sole, che era ancora abbastanza alto, appariva come un globo opaco giallognolo, circondato tutto intorno da un cerchio luminoso, che però non impediva in alcun modo di fissare attentamente il sole, senza riceverne la minima molestia. Una leggerissima nuvoletta trovavasi davanti. Il globo opaco si muoveva all’esterno leggermente, sia girando, sia spostandosi da sinistra a destra e viceversa. Ma nell’interno del globo si vedevano con tutta chiarezza e senza interruzione fortissimi movimenti.

Lo stesso fenomeno si ripeté il giorno seguente, 31 ottobre, e il 1° novembre, giorno della definizione; e poi di nuovo l’8 novembre, ottava della stessa solennità. Quindi non più. Varie volte cercai negli altri giorni, alla stessa ora e in condizioni atmosferiche uguali o assai simili, si guardare il sole per vedere se appariva il medesimo fenomeno, ma invano; non potei fissare nemmeno per un istante, rimaneva subito la vista abbagliata.

Nei giorni seguenti manifestai il fatto a pochi intimi e a un piccolo gruppo di Cardinali (forse quattro o cinque), fra i quali era il Cardinal Tedeschini. Quando questi, prima della sua partenza per la sua missione di Fatima, venne a visitarmi, mi espresse il suo proposito di parlarne nella sua Omelia. Gli risposi: "Lascia stare, non è il caso". Ma egli insistette sostenendo l’opportunità, di tale annuncio, ed io allora gli spiegai alcuni particolari dell’avvenimento. Questa è, in brevi e semplici termini, la pura verità».


Nella foto: il miracolo del sole, il 13 ottobre 1917 a Fatima (a sinistra) e papa Pio XII (a destra).

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miracolo, maria

mercoledì, 06 febbraio 2008

L’Annunciazione
***

I figli:
Madre, cos’hai
sotto il tuo occhio?
Cosa nascondi
nel riso stanco?
Domeniche antiche,
fresche di cielo,
antichi maggi
rossi negli occhi
delle tue amiche,
antichi incensi...
Ora, al tuo letto,
tremiamo per te,
madre, fanciulla,
per le domeniche,
gli incensi, i maggi.
Tu eri tanto
bella e innocente...
Madre... chi eri
quand’eri giovane?
E Lui, chi era?
Madre, che muoia...
Ah, sia fanciulla
sempre la vita
nella severa
tua vita fanciulla...


L’ angelo:
Non senti i figli?
O lodoletta
canta in un’alba
di eterno amore...

Maria:
Angelo, il grembo
sarà candore.
Pei figli vergini
io sarò vergine.
P.P. Pasolini

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pasolini, maria


Voglio amare ormai solo Maria
***
Voglio amare ormai solo Maria.
 Sono, gli altri, amori di precetto.
Ma benché necessari, mia madre soltanto
 Può accenderli nei cuori che l’amarono.
Solo per Lei ho cari i miei nemici,
 Per Lei ho promesso questo sacrificio,
 E la mitezza di cuore e lo zelo al servizio,
 Fu Lei a concederli, a me che la pregavo.
E poi ch’ero debole ancora e malvagio, vili le mie mani
Gli occhi abbacinati dalle strade,
Ella mi chinò gli occhi, mi giunse le mani
 E m’insegnò le parole che sanno adorare.
Per Lei ho voluto queste mestizie,
Per Lei il mio cuore è nelle Cinque Piaghe,
D’ogni mio sforzo buono verso croci e tormenti,
 Poi che La invocavo, Ella mi cinse i fianchi.
Voglio ormai pensare solo a mia madre Maria,
 Sede della Saggezza, fonte di ogni perdono,
 E Madre anche di Francia, poi che da Lei attendiamo
Incrollabilmente l’onore della patria.
«Maria Immacolata, amore essenziale,
 Logica della fede cordiale e vivace,
 Amando voi, ogni bontà non è forse possibile,
 Amando voi, Soglia del cielo, unico amore?

Paul Verlaine da: Sagesse


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verlaine, maria


Ah, santa Vergine, abbiate pietà
***
«Ah, Vergine santa, santa Vergine, abbiate pietà delle anime che si trascinano tanto pietosamente quando non sono più attaccate alle vostre vesti. Abbiate pietà delle anime indolenzite per le quali ogni sforzo è una sofferenza. Abbiate pietà delle anime che nulla riesce a sgravare e che sono afflitte da tutto! Abbiate pietà delle anime senza tetto e senza focolare, delle anime vagabonde, incapaci di trovarsi insieme. Abbiate pietà delle anime deboli e affrante. Abbiate pietà di tutte le anime come la mia. Abbiate pietà di me!

 Joris Karl Huysmans -  1848- muore nel 1907, a Parigi, per un cancro alla gola, dopo essersi fatto benedettino





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maria

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