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massoneria, benedettoxvi
Infiltrazioni massoniche nella Chiesa
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Di Francesco Agnoli (del 26/06/2010 @ 17:02:25, in Storia del Cristianesimo,
Il Corriere intervistava qualche giorno fa l’ex leader del PLI Valerio Zenone, che ricordava di essere stato cooptato nella setta perché avvocato, consigliere regionale, e per le sue conferenze a favore del divorzio.
In generale si può ritenere che massoni vi siano al centro, a destra e a sinistra, ma sembra appurato quali siano le loro posizioni morali: pro aborto, divorzio, eutanasia, scuola laica (su questo, evidentemente, una preferenza a sinistra è comprensibile)…
Sembra inoltre appurato, guardando alla storia, o alle recenti dichiarazioni del mazziniano Raffi o di Luigi Berlinguer, l’ex comunista Pd che ha fatto capire di preferire i massoni ai membri dell’Opus Dei, che tra massoneria e Chiesa vi sia, come vi è sempre stato, uno scontro forte.
Di qui l’articolo che segue, in cui si illustra un fatto: l’infiltrazione massonica nella gerarchia ecclesiastica.
Ci sono scandali che, guarda caso, nessuno vuol montare. Anche se potrebbero andare nella direzione voluta: l’attacco sistematico alla Chiesa. Si è scoperto, in questi giorni, che nel nuovo scandalo Ior è coinvolto nientemeno che un cerimoniere del papa, mons. Camaldo! Recitava la Stampa del 17 maggio: “Che Balducci abbia un conto corrente presso lo Ior, fu lui stesso a dirlo a un magistrato. Era qualche anno fa e lo interrogava il pm di Potenza, il giovane Henry John Woodcock, il quale, intercettando le telefonate del cerimoniere pontificio, monsignor Franco Camaldo (coinvolto nell’inchiesta sugli affari di Vittorio Emanuele di Savoia), fu incuriosito da un misterioso bonifico di Balducci al monsignore. Questa fu la spiegazione di Balducci: siccome monsignor Camaldo, suo fraterno amico, era stato truffato nel corso di una spericolata operazione immobiliare, ed era giù di morale, lui aveva deciso di aiutarlo con un prestito di 280 mila euro a fondo perduto. Camaldo diede una risposta ancora più sorprendente: aveva partecipato a una operazione per comprare a Marino, nei Castelli romani, la villa principesca che era appartenuta a Carlo Ponti e Sofia Loren per farne la sede di una associazione massonica, ma il tutto si era rivelato una truffa e perciò era ricorso a Balducci”.
Uno scandalo, dicevo, di questo tenore: “il potere del Vaticano”, per usare una espressione maligna assai diffusa, “si salda con quello, segreto, delle logge”! Invece niente: delle logge, ma guarda un po’, non interessa nulla a nessuno.
Tutti a dar botte alla Chiesa, allo Ior, e la notizia che l’omino Ior è in verità un massone (cioè, per dirla con Agostino, “nella Chiesa ma non della Chiesa”), passa inosservata. Perché ci sono poteri che è meglio non toccare? Eppure la news è assai interessante: perché ci riporta alle infiltrazioni della massoneria, pluri-scomunicata dalla Chiesa, nella Chiesa.
Infiltrazioni che datano da parecchi anni, se dobbiamo da credito ad una lista di prelati massoni comparsa su Panorama nel 1976 e poi ad un’altra, analoga ma più completa, pubblicata dal giornalista laico Mino Pecorelli, su Op del 12 settembre 1978.
Pecorelli, membro della P2, sarebbe morto poco dopo la pubblicazione della lista, presa molto sul serio in Vaticano, se è vero come è vero che Paolo VI e poi il cardinal Siri chiesero al generale dei Carabinieri Enrico Mino di indagare sulla veridicità dei suoi contenuti. Ma anche Mino morì, precipitando con il suo elicottero, in circostanze non limpidisssime, prima di poter raccontare i risultati delle sue indagini.
La suddetta lista finirà poi nelle mani di papa Luciani, che “aveva manifestato l’intenzione di mettere mano alla questione dello Ior e di fare chiarezza in merito alla lista dei presunti prelati iscritti alla massoneria” ( 30Giorni, 9.9.1993).
Ma anche Luciani sarebbe morto troppo presto… Quali i nomi della lista? Troppo, per elencarli tutti.
Ne bastino 3: Marcinkus, presidente dello Ior, De Bonis, anch’egli uomo Ior, già indagato da Di Pietro nel 1994, le cui prodezze sono state rivelate l’anno scorso dal giornalista Nuzzi, in “Vaticano spa”, e Annibale Bugnini, autore della riforma liturgica. nella foto
I primi due furono sempre coperti, nonostante i loro nomi e la lista fosse sulla bocca di tutti. Nonostante dopo Marcinkus, almeno, si sarebbe potuto stare attenti al suo uomo, De Bonis, sapendo poi le voci su di lui… Il terzo invece, a quanto racconta lui stesso nella sua autobiografia, fu alla fine allontanato, proprio per il sospetto di essersi affiliato alla massoneria, e spedito a fare il nunzio in Iran nel 1975!
Riassume così messainlatino.it: “Mons. Bugnini, nel suo libro La riforma liturgica, riferisce (pagg. 100-101) di avere bussato a molte porte per sapere quale fosse la ragione della sua disgrazia. Dice di aver saputo che un cardinale importante cui le riforme liturgiche erano invise (Gagnon, si presume) aveva fornito un dossier su di lui, e sulla sua massonicità al Papa. Sempre Bugnini riferisce di avere scritto al Papa, nell'ottobre 1975, per contestare le accuse nei suoi confronti di iscrizione alla massoneria ma - informa sempre l'interessato - il Papa nemmeno si peritò di rispondere. Dato lo stretto rapporto, anche di fiducia e confidenza, che vi era stato fino allora tra i due, questo è un ulteriore segno evidente, aggiungiamo, che il Papa si era convinto della veridicità delle accuse, al punto da non voler nemmeno ascoltare gli argomenti a discolpa”.
Viene poi riportato un articolo comparso su Italia Oggi del 24.7.2009 di Andrea Bevilacqua: “Sembra una cosa troppo lontana nel tempo per fare notizia. Ma non è così. Secondo quanto riporta l'ultimo numero della principale rivista cattolica in lingua inglese Inside the Vatican, Annibale Bugnini, il principale promotore all'interno della curia romana di quella riforma liturgica che nel post Concilio Vaticano II ha rivoluzionato in modo decisivo l'intero impianto liturgico della Chiesa, ovvero colui che anche a motivo delle sue idee in campo liturgico (ma non solo) venne mandato da Papa Paolo VI a terminare i propri giorni in Iran, era un massone. Una rivelazione, quella di Inside the Vatican che, se confermata, darebbe notevole spago a tutti coloro che, all'interno del Vaticano, ritengono i cambiamenti liturgici avvenuti nel pontificato montiniano come un'opera perversa.Un'opera, insomma, voluta contro la Tradizione della Chiesa. È il giornalista Robert Moynihan a raccontare la cosa su Inside the Vatican, spiegando di averla saputa da un monsignore anonimo indicatogli dal cardinale canadese, Edouard Gagnon, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia dal 1985 al 1990.
Che il monsignore sia anonimo è senz'altro un punto negativo per le tesi di Moynihan, ma quanto il monsignore dice getta comunque ombre, più che luci, su un momento della vita della Chiesa difficile. «Il monsignore è il depositario del mistero relativo all'affiliazione massonica di Bugnini», disse a Moynihan il cardinale Gagnon. E il giornalista si affrettò a incontrare l'anonimo presule per farsi raccontare ogni cosa. Non solo, Bugnini avrebbe avuto anche un codice di riferimento col quale veniva identificato: lo chiamavano «Buan». Perché, si chiede Inside the Vatican, Bugnini venne mandato in Iran da Paolo VI? La tesi è una. Pare che Montini, è anche quanto riferisce il monsignore anonimo, si fosse convinto del fatto che Bugnini appartenesse alla massoneria. Una valigetta di proprietà di Bugnini contenente alcune lettere indirizzategli dal Gran Maestro della Massoneria Italiana, infatti, convinse il Papa della cosa. Quando Bugnini era ancora a Roma, inoltre, fu il cardinale Gagnon a stendere una relazione molto dettagliata sulla massoneria. Gagnon stette per tre mesi impegnato a stendere la voluminosa relazione. Un dossier giudicato dalla stessa massoneria esplosivo: si facevano i nomi e le attività occulte di certi personaggi di curia. Tuttavia il dossier venne rubato fra il 31 maggio ed il primo giugno del 1974 dalla scrivania di monsignor Mester, un collaboratore di Gagnon. Il cardinale dovette riscriverlo interamente ma non riuscì mai a divulgare la cosa come avrebbe voluto. Pare che fu anche per questo motivo, per l'impossibilità di far arrivare il dossier sul tavolo del Papa, che decise di ritornare in Canada e lì finire i suoi giorni”.
Per comprendere ancora meglio la questione, si può citare un libro del giornalista Pinotti, “Fratelli d’Italia”. Pinotti è un assemblatore confuso di notizie: di Chiesa sa pochissimo, di massoneria pure, confonde però a chi conosce la materia, certe informazioni risultano preziose, specie se confermano molte altre fonti: "Il 12 settembre 1978 il settimanale OP diretto da Mino Pecorelli, giornalista iscritto alla P2 e poi assassinato, pubblicò in un articolo dal titolo La grande loggia vaticana un elenco di ben 121 nominativi di esponenti vaticani e di alti prelati indicati quali affiliati alla massoneria. Ha scritto Alfio Caruso (in la Stampa, 22 agosto 2006): «Una mano anonima aveva inserito l'articolo nella rassegna stampa sfogliata ogni mattina dal papa. Questi aveva subito chiesto al cardinale Felici se la lista potesse essere veritiera. Verosimile, era stata la risposta.
L'elenco faceva impressione: comprendeva Villot, monsignor Agostino Casaroli, ministro degli Esteri della Santa Sede, il cardinale Ugo Poletti, vicario di Roma, il cardinale Sebastiano Baggio, Marcinkus, monsignor Donato De Bonis, dello Ior, don Virginio Levi, vicedirettore dell'Osservatore Romano, padre Roberto Tucci, direttore della Radio Vaticana, monsignor Pasquale Macchi, segretario di Paolo VI. Con il disincanto tipico del vecchio habitué di Curia, Felici osservò che liste simili circolavano da sempre e che la prassi era di non prenderle in considerazione. D'altronde, aggiunse con un pizzico di malizia, Paolo VI aveva varato un comitato per cancellare la scomunica che da secoli veniva comminata ai massoni e il cardinale Villot ne era apparso entusiasta. Sentimento non condiviso da Luciani: per lui la massoneria incarnava il nemico di Roma. Pur intuendo che il suo amato Montini avesse aperto le porte delle mura leonine a una schiera di piduisti - Gelli, Ortolani, Sindona, Calvi - era contrarissimo a quell'insana commistione rivolta soltanto al profitto». (F. Pinotti, Fratelli d'Italia, cit., pp. 647-653)
Ebbene le notizie dateci da Pinotti sono in buona parte innegabili: si pensi al nome di Ortolani, membro eminente della P2: a Bologna, in cattedrale, vi è una statua dedicata a mons. Lercaro, tra i più assidui fautori della riforma liturgica di Bugnini, e della svolta post conciliare. La statua è stata donata da Ortolani!
Prendiamo Sindona e Calvi, i due oscuri trafficanti morti in circostanze misteriose. Giancarlo Galli, autorevole giornalista esperto in economia, già editorialista di Avvenire, nel suo “Finanza bianca” (2004) mette in luce gli stretti rapporti tra Pasquale Macchi, segretario di Paolo VI, e Marcinkus-De Bonis. Ebbene Galli non lo dice, ma i lettori lo sanno già: Macchi compare anch’egli, insieme ai due, nella lista di Pecorelli!
Il cerchio si chiude… Eppure, il lettore attento, il cattolico che conosce come va il mondo, non deve essere spinto da quanto raccontato, a disperare: che la Chiesa sia infiltrata dalla massoneria è un triste dato di fatto, legato alla peccaminosità umana, e al potere delle tenebre. Non erano riusciti anche i comunisti a infiltrare in Vaticano, piazzandolo accanto a Giovanni Paolo II, un agente dei servizi segreti con la tonaca?
E’ successo più volte: da una parte i nemici che entrano, per scardinare la porta, dall’altra qualcuno che cede alla tentazione del potere, come Giuda, e pur essendo uomo di Chiesa, tradisce. Nihil sub sole novi. Speriamo dunque in un po’ di pulizia, ormai necessaria, senza dimenticare che se solo entrassimo negli affari di qualsiasi grande banca laica, cioè laddove girano i soldi di Mammona, troveremmo molto di peggio di quello che è avvenuto allo Ior. Oggi sotto la guida di un uomo integerrimo e intelligente.
Quello che dunque è molto più grave è altro: che la massoneria possa aver influenzato la riforma liturgica, tramite Bugnini. Di seguito riporto buona parte di un articolo dell’ottimo vaticanista Sandro Magister:
"Tra il papa e il massone non c'è comunione Ieri guardinghe aperture e vescovi simpatizzanti... Ma ora con Giovanni Paolo II e col cardinale Ratzinger è un'altra musica … Perché non sempre è stata questa l'impressione. Nel 1978, l'ufficiale "Rivista massonica" salutò Paolo VI, morto quell'anno, come il primo papa «non nemico». Negli anni Sessanta e Settanta, sullo slancio del disgelo del Concilio Vaticano II, tra la Chiesa e la massoneria era stato un gran dialogare. E anche un gran sussurrare.
Si vociferava di cardinali e illustri prelati di curia segretamente affiliati alle logge. Circolavano copie delle loro presunte tessere. Ancor oggi, nel chiacchieratissimo pamphlet "Via col vento in Vaticano" uscito lo scorso febbraio per la penna di anonimi monsignori, un intero capitolo è dedicato al «fumo di Satana» delle infiltrazioni massoniche tra i magnati di curia. E di due il pamphlet fa nome e cognome. Il primo è Annibale Bugnini, il regista della riforma liturgica postconcicliare, finito nunzio in Iran una volta ultimata la sua opera di «distruzione del rito antico della messa» e ivi morto, secondo il libello, «di morte naturale procurata» dai suoi stessi caporioni di loggia. Il secondo è Sebastiano Baggio, influentissimo cardinale dell'era di papa Giovanni Battista Montini. Aveva il potere di nominare i vescovi in tutto il mondo «e quindi di promuovere le carriere dei suoi confratelli occulti».
E nei due conclavi del 1978 corse come papabile. Di certo, in quel ventennio d'oro del dialogo tra Chiesa e massoneria, erano massoni e cattolici conclamati i fratelli d'affari dello Ior, la banca vaticana, Michele Sindona e Roberto Calvi. Era massone e cattolico Umberto Ortolani, intimo factotum del cardinale progressista Giacomo Lercaro. Oggi il Grande Oriente li rinnega tutti: facevano parte, sostiene, d'un ramo degenere della massoneria, quello della loggia Propaganda 2 di Licio Gelli. Nella sua recente intervista, il gran maestro Raffi si fa vanto d'aver espulso dall'ordine, «per contiguità con Gelli», lo stesso gran maestro legittimo dell'epoca, Giordano Gamberini. Ma proprio Gamberini era l'uomo con cui la Chiesa s'era messa in quegli anni a dialogare in segreto. Lo stile degli incontri era un po' carbonaro. Al primo di quelli semiufficiali, l'11 aprile 1969, ad Ariccia nel convento del Divin Maestro, sedevano da una parte il gran maestro Gamberini, il suo aggiunto Roberto Ascarelli e lo storico Augusto Comba. E dall'altra il salesiano Vincenzo Miano, vicecapo del segretariato vaticano per i non credenti, il paolino Rosario Esposito e il gesuita della "Civiltà Cattolica" Giovanni Caprile.
Racconta oggi padre Esposito, l'unico di questi tre ancora in vita: «Per la cena a capotavola c'era il Gamberini, che intonò il Padre nostro, poi, stando tutti ancora in piedi, prese un pane, lo spezzò e lo offrì al padre Caprile dicendo: "Il massone spezza il pane col gesuita". Tutti ci scambiammo il medesimo rito, condividendo una gioiosa fraternità». Gli alfieri del dialogo si ammantavano dell'autorità di papa Giovanni XXIII, che da nunzio a Parigi aveva benedetto in segreto la doppia appartenenza alla massoneria e al cattolicissimo ordine di Malta di un barone suo amico, Yves Marsaudon. Poi c'era stato il Concilio Vaticano II, con la richiesta esplicita, sostenuta in aula dall'ultraprogressista vescovo di Cuernavaca, Sergio Mendez Arceo, di revocare la scomunica ai massoni. E poi erano cominciate le strette di mano pubbliche tra capi della massoneria e cardinaloni di peso: gli americani Richard Cushing, Terence Cooke, John Cody e John Joseph Krol, l'austriaco Franz König, l'olandese Bernard Alfrink, i francesi Maurice Feltin, Francois Marty e Roger Etchegaray, il cileno Raúl Silva Henriquez, i brasiliani Aloisio Lorscheider e Paulo Evaristo Arns, insomma quasi tutti i capifila dell'ala progressista conciliare. In Italia, agli incontri successivi a quello di Ariccia parteciparono i vescovi Dante Bernini, di Albano, e Alberto Ablondi, di Livorno. In Vaticano, a tirare le fila era il cardinale prefetto dell'ex Sant'Uffizio, il croato Franjo Seper. Dall'alto, Paolo VI tutto sapeva e benediceva.
Revocare la scomunica non era impresa facile. A partire dal primo documento di condanna della massoneria, quello di Clemente XII nel 1738, era stato tutto uno scoccare di fulmini. Padre Esposito ne ha inventariati più di tremila, con il culmine toccato dal codice di diritto canonico del 1917, che comminava la scomunica ipso facto a coloro che semplicemente «danno il nome alla setta massonica». Ma batti e ribatti, l'ora della riconciliazione sembrava vicina. Nel 1968, i vescovi della Scandinavia decisero di non chiedere più l'abiura ai massoni che si facevano cattolici. E nel 1974 il cardinale Seper, in una lettera al cardinale Krol resa pubblica da quest'ultimo, spiegò che la scomunica doveva essere intesa operante solo per quei cattolici iscritti alle massonerie «che veramente cospirano contro la Chiesa». Come dire mai, dissero in coro compunti i capi delle logge di tutti i paesi, compresi quelli di più accanita tradizione antiecclesiastica. Mancava solo che il nuovo codice di diritto canonico, in preparazione, sancisse la svolta pacificatrice. La Congregazione per la dottrina della fede aveva chiesto due volte un parere riservato ai vescovi.
E il gesuita Caprile, che ebbe accesso alle segretissime risposte, constatò che quasi tutti chiedevano la cancellazione della scomunica, qua e là con elogi persino entusiastici dello spirito massonico. Senonché nel 1978 divenne papa Karol Wojtyla. E di colpo calò il gelo. Il primo effetto lo si vide in Germania. Anche lì i dialoganti s'erano dati da fare, con fior di teologi come Herbert Vorgrimler e Stephanus Pfurtner. E la conferenza episcopale aveva messo all'opera nel 1974 una commissione per accertare la compatibilità tra la fede cristiana e l'appartenenza massonica. Ma a Monaco di Baviera era intanto diventato arcivescovo uno spirito rigido e risoluto, Joseph Ratzinger, che il nuovo papa avrebbe presto chiamato a Roma al posto di Seper, come suo prefetto di dottrina. E di punto in bianco i dialoganti si trovarono congedati, la questione la prese in mano il vescovo di Augsburg, Joseph Stimpfle, un vero mastino, e nel 1980 l'episcopato tedesco scrisse la parola fine ribadendo «l'opposizione fondamentale e insuperabile» tra la massoneria e la Chiesa. Ma la gelata più tremenda fu il nuovo codice di diritto canonico, promulgato il 25 gennaio 1983. Il nuovo canone 1374 così predica: «Chi dà il nome a una associazione che complotta contro la Chiesa sia punito con una giusta pena; chi poi tale associazione promuove o dirige sia punito con l'interdetto».
Sparita la parola massoneria, sparita la parola scomunica... Alt. Provvide il cardinale Ratzinger, con la controfirma del papa, a fugare le illusioni e a dare l'unica interpretazione autorizzata del canone. Il giorno stesso dell'entrata in vigore del nuovo codice, sentenziò inappellabilmente che: primo, la condanna della massoneria resta immutata; secondo, i cattolici che appartengono a una loggia sono in stato di peccato grave e non possono fare la comunione; terzo, non sono ammesse deroghe. Per i filomassoni di parte cattolica, i tempi si sono quindi fatti duri, sotto l'impero del binomio Wojtyla-Ratzinger, inflessibili nell'avversare ogni relativismo. Tenace ma sempre più solo, padre Esposito continua a sfornare i suoi libri e articoli e a tenere conferenze di loggia in loggia.
Ma l'editore deve andare a cercarselo sulla sponda laica: come Nardini, con cui ha pubblicato proprio quest'anno "Chiesa e massoneria. Un Dna comune", primo di una coppia di volumi sulle concordanze tra l'una e l'altra. Altri hanno ripiegato. Come il vescovo ieri di Crotone e oggi di Cosenza, Giuseppe Agostino, pezzo grosso della Cei, che negli anni del dialogo frequentava gli uomini di loggia ma nel 1996 mandò su tutte le furie l'allora gran maestro Gaito vietando ai massoni di far da padrini ai battesimi e alle cresime, al pari di mafiosi, criminali e usurai. Gaito se ne lamentò col quotidiano della Cei, "Avvenire". E questo lo ripagò rincarando la dose. Dipingendo la massoneria come «struttura iniziatica, gerarchica e segreta», con a capo «superiori invisibili», tesa a irretire e a macchinare, predicante all'esterno una vaga «religione dell'uomo», ma professante in segreto, ai gradi alti, «un umanesimo nichilista, in pratica un antiumanesimo dai cieli chiusi».
Anche "La Civiltà Cattolica" ha richiuso gli spiragli aperti anni fa da padre Caprile. Nel suo editoriale di metà giugno ha ammesso che «negli scorsi decenni la Chiesa ha permesso una non breve esperienza di dialogo tra studiosi cattolici e dignitari massonici». Ma per concludere che quel dialogo s'era rivelato un inganno. Perché il criterio con cui si muovono i capi massoni quando si rivolgono alla Chiesa è: «quello che è mio è mio, quello che è tuo è negoziabile». Criterio inaccettabile. La Chiesa ha verità assolute, che discendono da Dio e quindi non possono essere in alcun modo discusse. Raffi, il gran maestro in carica del Grande Oriente d'Italia, forte di 554 logge e di 13 mila iscritti molti dei quali, dice, cattolici, non si arrende: «Se la Chiesa ritiene di perseverare in questa posizione cercheremo di farle cambiare idea. Mi piacerebbe molto coinvolgere un cardinal Ersilio Tonini». Ma anche vescovi presunti candidati al dialogo gli danno delusioni. Da Ivrea, Luigi Bettazzi ha invitato la massoneria a tenere piuttosto un suo Concilio e a farsi trasparente. «Dovrei constatare che un suggerimento del genere arriva da un'istituzione piramidale e non certo democratica come la Chiesa», ha replicato gelido Raffi. Giubileo o no, davvero impensabile che facciano presto pace" (http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/7167
Postato da: giacabi a 18:57 |
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massoneria, agnoli
Maurice Caillet
di Pietro Piccinini
La formazione razionalista, le battaglie per il controllo demografico, poi l’iniziazione. Così un medico francese in cerca di Lumi si ritrovò immerso in una notte fatta di trame segrete, corruzione e occultismo. Dove tutto è tollerato, tranne la Chiesa. Confessioni di un ex Venerabile
Maurice Caillet è stato massone. Anzi, massonissimo. Per la precisione, è stato Maestro Venerabile di una delle più antiche e importanti logge del Grande Oriente di Francia. Di più: iniziato alla libera muratoria nel 1970 nel Tempio di Rennes, nei suoi quindici anni di fedele appartenenza il dottor Caillet, medico specializzato in chirurgia ginecologica e urologia, ateo razionalista quasi fin dentro il dna, è stato una specie di enfant prodige della massoneria, guadagnandosi il privilegio di accedere agli Alti Gradi del Rito Scozzese Antico Accettato (dei quali molti “fratelli” ignorano perfino l’esistenza), fino a raggiungere il diciottesimo, quello di Cavaliere Rosacroce. Da membro storico dell’Organizzazione per la Pianificazione Familiare, praticava la contraccezione artificiale e la sterilizzazione prima ancora che fossero legalizzate, e dal 1975, dopo aver visto andare in porto il piano massonico per l’introduzione in Francia di una legge sull’aborto, divenne il primo medico a esercitare le interruzioni di gravidanza in Bretagna. Nel frattempo, nel 1973, era anche diventato rappresentante locale del Partito socialista di François Mitterrand, perciò quando, nel 1981, quest’ultimo fu eletto presidente della Repubblica e nominò dodici ministri massoni, Caillet ebbe modo di valutare da vicino il conseguente boom di domande di iniziazione, molte delle quali provenivano naturalmente da politici in cerca di utili amicizie. Lo stesso Caillet, che pure era entrato nella massoneria immaginandola come «un luogo dove scambiarsi le idee all’insegna della laicità», in seguito non disdegnò di scambiarsi appoggi di carriera e favori giudiziari coi fratelli.
Tutto questo, completo di nomi e cognomi, Maurice Caillet lo ha scritto in un libro, Ero massone (Piemme), che da un paio di mesi è uscito anche in Italia. Peccato che pochi se ne siano accorti. Peccato perché tra quelle pagine ci sono cose che forse neanche Dan Brown avrebbe il cuore di attribuire alla più fanatica delle sue sette inventate. A parte l’armamentario classico di compassi e grembiuli, ci sono – raccontati nel dettaglio – formule e riti occulti con tende nere, teschi e bare. C’è (prima dell’iniziazione) l’ispezione dei Maestri in incognito a casa Caillet. Ci sono resoconti di riunioni segrete, mitologia, ideologia, corruzione e trame di potere. Ma soprattutto ci sono l’isolamento, il mobbing spietato e le minacce di morte di cui Caillet fu fatto oggetto a partire dal momento in cui, nel 1984, decise di comunicare ai “fratelli” la sua conversione al cattolicesimo. Sembra il romanzo di un incredibile complottone della massoneria intergalattica. Invece è la storia vera di Maurice Caillet. Che oggi vive in Spagna, sotto protezione.
Dottor Caillet, lei chiese di entrare nella massoneria da convinto ateo razionalista. E in genere è così che ci si immagina i massoni. Quella che lei racconta, però, è più che altro una strana forma di religione misterica ultrafideista. Che logica ha questo tuffo dai Lumi all’occulto?
C’è qualche cosa di incomprensibile anche per me nell’essere passato dal razionalismo e dallo scientismo all’accettazione di rituali di tipo animista fondati su una mitologia discutibile e a una vera e propria negazione della ragione. Il mio stesso raziocinio ne è rimasto chiaramente annebbiato. Anche altre persone più qualificate di me hanno ceduto alla seduzione delle “sirene” massoniche: curiosità, ricerca di saperi nascosti ai comuni mortali, ambizione di entrare nell’élite. Questa irrazionalità contrasta effettivamente con le filosofie cosiddette dei Lumi, che facevano l’apologia della ragione, spesso con disprezzo per la fede.
Molti princìpi della massoneria non sono altro che una specie di cristianesimo senza Cristo. La sua stessa conversione iniziò quando, durante una Messa a Lourdes, lei scoprì che quel «chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto» non era un motto massonico bensì la «parola del Signore Gesù».
Il mio ultimo libro, Ero massone, mostra bene, spero, che i princìpi massonici “Libertà, Uguaglianza, Fraternità” sono effettivamente scimmiottature degli insegnamenti di Gesù, perché deviati o proprio traditi nella pratica. Ma in quindici anni di massoneria io non mi sono mai preoccupato dell’origine di quei princìpi e non ne vedevo le contraddizioni, in particolare l’assenza di uguaglianza tra gli iniziati e i profani e perfino tra i massoni stessi, suddivisi in 33 gradi ben distinti.
Nella storia della sua conversione c’è anche «lo sguardo» del suo padre spirituale Yves Boucher. Possibile che in un monaco ci sia più “umanesimo” che in un libero muratore?
Senza alcun dubbio l’incontro con quel monaco benedettino ha rafforzato la mia conversione: prima in modo intuitivo, poi in modo più cosciente nel corso degli anni, ho avvertito la presenza dello Spirito Santo che animava quell’uomo autentico e distaccato dai beni di questo mondo, presenza che io non avevo mai percepito tra i miei “fratelli” massoni, guidati da ogni sorta di brama e di sofisma. Il suo buonsenso mi ha convinto che la fede non esclude la ragione, ma la eleva. Mi ha anche insegnato a lasciarmi trasformare dalla Grazia che dona la vera gioia.
Dopo la folgorazione a Lourdes le capitarono alcuni fatti inquietanti che lei attribuisce all’«azione del Maligno». Cosa c’entra il diavolo con la massoneria?
Per me è evidente che il Maligno ci tiene a mantenerci sotto la sua dipendenza attraverso l’influenza di false filosofie, il fascino di saperi sedicenti occulti e quella cultura di morte alla quale io ho contribuito con la pratica delle interruzioni di gravidanza. Questo ci svia da Gesù che è la verità e la vita.
Nel suo libro lei cita diversi cattolici affiliati alla massoneria che vivono questa “doppia appartenenza” come se non ci fosse alcun problema. Secondo lei nella Chiesa la massoneria è sottovalutata?
In Francia c’è sempre stata una tradizione di gallicanesimo, vale a dire di indipendenza nei confronti dell’autorità del magistero. È per questo che la prima condanna dell’appartenenza alla massoneria di Clemente XII (1738), poi le seguenti, non furono trascritte né applicate dai diversi regimi francesi, regno, impero o repubblica. Molti tra i massoni giustificano la loro doppia appartenenza col pretesto che il nuovo diritto canonico, uscito dal Vaticano II, non condanna esplicitamente l’adesione alla massoneria e fingono di ignorare la dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede del 26 novembre 1983, firmata da monsignor Ratzinger e approvata da Giovanni Paolo II, dunque senza alcun equivoco possibile. Per di più, alcuni cattolici un po’ ingenui si lasciano sedurre dai princìpi di tolleranza e di umanesimo esibiti dalla massoneria, per la quale in realtà l’antidogmatismo è un vero dogma.
E gli altri la sottovalutano? Sa che nel Partito democratico italiano è iniziato uno psicodramma quando è emerso che alcuni suoi esponenti sono massoni?
Non conosco la situazione in Italia, ma nei paesi anglofoni, così come in Francia, è normale per un uomo politico appartenere alla massoneria.
C’è chi entra in una qualche loggia «per progredire su una qualche via iniziatica o spirituale» e chi invece lo fa «per ampliare la rubrica dei contatti illustri». Dove si incrociano le due strade?
Quando ero Venerabile (o presidente) di loggia, avevo suddiviso i miei “fratelli” in tre categorie: un terzo di idealisti che sperano di migliorare l’uomo e la società (senza l’aiuto di Dio: si chiama pelagianesimo), un terzo di arrivisti che contano sulle loro nuove relazioni per migliorare la loro posizione sociale, un terzo di assistiti che hanno bisogno di una famiglia in cui sentirsi al sicuro, alla maniera dei clientes delle famiglie influenti ai tempi della società romana antica. Ma certamente non c’è una separazione ermetica fra queste tre categorie.
Ma la smania di potere può portare un massone a sostenere battaglie contrarie alle proprie convinzioni? Ha visto esempi di questo?
Assolutamente sì, e il migliore esempio che posso fare è quello dei parlamentari francesi di destra, membri della massoneria, che hanno votato nel 1974 a favore della legge Veil sulla liberalizzazione dell’aborto, mentre le loro convinzioni personali li spingevano a non farlo. Ma due Gran Maestri erano stati scelti come consiglieri del governo e avevano chiesto ai “fratelli” di sostenere quel progetto. La stessa Madame Veil rimase stupita di avere così pochi oppositori.
Lei scrive che l’edonismo massonico «ha portato a preparare e promuovere in Francia», oltre all’aborto, tutte le leggi che favoriscono la cosiddetta secolarizzazione, dal libertinaggio sessuale alla manipolazione degli embrioni. Quindi esiste veramente il famigerato complotto che decide l’agenda della politica e dell’opinione pubblica? E come funziona?
Per prima cosa la massoneria recluta sempre negli ambienti influenti e in particolare negli ambienti della politica e del giornalismo, dell’educazione pubblica e delle professioni liberali. Non si può veramente parlare di complotto, ma nel corso delle riunioni che si svolgono ogni quindici giorni si produce una “unificazione” delle idee, un consenso, che porta i “fratelli” a usare della loro influenza là dove si trovano, e in genere con grande discrezione.
Aborto, legalizzazione delle droghe, eutanasia, divorzio… Come mai il culto massonico della natura e dell’umanità finisce sempre per ritorcersi contro l’uomo?
Effettivamente tutto l’umanesimo che esclude Dio si ritorce contro l’uomo: è così che il comunismo, le cui intenzioni originali erano lodevoli, è sfociato in uno dei più grandi genocidi della storia.
Lei parla esplicitamente del «maschilismo della massoneria». Ma se la massoneria è maschilista, dovrebbe essere maschilista, per esempio, anche la legge sull’aborto. E come la mettiamo con la storia della “liberazione della donna”?
Non c’è tutta la contraddizione che si potrebbe credere tra il maschilismo delle obbedienze massoniche maschili e la cosiddetta liberazione della donna. Il punto che accomuna le due cose è la volontà di sbarazzarsi di tutti gli ostacoli alla possibilità per l’uomo di approfittare delle grazie femminili senza alcun vincolo. Le obbedienze femminili, minoritarie, hanno inseguito la libertà sfrenata senza valutare le conseguenze per la loro femminilità e la loro reale indipendenza.
Dice che non si può usare la parola “complotto”. Ma l’«universalismo massonico» di cui scrive nel libro, che addirittura «aspira al governo del mondo, progetto sostenuto in forma sotterranea da parecchie organizzazioni internazionali pilotate da massoni: Trilaterale, Bilderberg, B’nai B’rith» un po’ ci assomiglia. Cosa succede in quelle segrete stanze?
Benché sia chirurgo, i miei mezzi finanziari non mi hanno permesso di entrare negli arcani della massoneria internazionale politica e finanziaria, riservata ai grandi di questo mondo. Ma io so quel che si diceva all’interno delle logge su questo argomento. A proposito, Monsieur Zapatero, che credo sia massone, ha ricevuto pochi giorni fa i suoi amici del Bilderberg nei pressi di Barcellona.
Qualcuno vede spuntare grembiuli anche dietro le varie “campagne” contro il Papa e la Chiesa. Perché la massoneria dovrebbe odiare Benedetto XVI?
Per aver partecipato alla massoneria per quindici anni, posso testimoniare che per i massoni, i quali affermano continuamente la loro grande tolleranza, l’uomo da abbattere è il Papa, che si tratti di Pio XII, di Giovanni Paolo II o di Benedetto XVI. Mentre la famosa tolleranza è effettiva nei confronti delle Chiese protestanti e ortodosse (Chiese divise), come nei conforonti del giudaismo e dell’islam, l’ostilità contro la Chiesa cattolica riguarda il fatto che essa è centralizzata attorno al Santo Padre, il quale vigila sulla sana dottrina e sostiene in particolare la conciliabilità tra la fede e la ragione.
Sulla rivista cattolica L’homme nouveau lei ha invocato «una legge per la separazione dello Stato dalla massoneria». Era solo una battuta?
Certo, era ironico quel che ho scritto, e cioè che bisognava ottenere la separazione dello Stato francese dalla massoneria, così come la massoneria aveva ottenuto all’inizio del XX secolo la separazione della Chiesa e dello Stato. Io però lo penso sinceramente, pur non prevedendone la realizzazione prima di qualche decennio. Ma i tempi di Dio non sono i nostri… e io prego per la conversione dei massoni.
La formazione razionalista, le battaglie per il controllo demografico, poi l’iniziazione. Così un medico francese in cerca di Lumi si ritrovò immerso in una notte fatta di trame segrete, corruzione e occultismo. Dove tutto è tollerato, tranne la Chiesa. Confessioni di un ex Venerabile
Maurice Caillet è stato massone. Anzi, massonissimo. Per la precisione, è stato Maestro Venerabile di una delle più antiche e importanti logge del Grande Oriente di Francia. Di più: iniziato alla libera muratoria nel 1970 nel Tempio di Rennes, nei suoi quindici anni di fedele appartenenza il dottor Caillet, medico specializzato in chirurgia ginecologica e urologia, ateo razionalista quasi fin dentro il dna, è stato una specie di enfant prodige della massoneria, guadagnandosi il privilegio di accedere agli Alti Gradi del Rito Scozzese Antico Accettato (dei quali molti “fratelli” ignorano perfino l’esistenza), fino a raggiungere il diciottesimo, quello di Cavaliere Rosacroce. Da membro storico dell’Organizzazione per la Pianificazione Familiare, praticava la contraccezione artificiale e la sterilizzazione prima ancora che fossero legalizzate, e dal 1975, dopo aver visto andare in porto il piano massonico per l’introduzione in Francia di una legge sull’aborto, divenne il primo medico a esercitare le interruzioni di gravidanza in Bretagna. Nel frattempo, nel 1973, era anche diventato rappresentante locale del Partito socialista di François Mitterrand, perciò quando, nel 1981, quest’ultimo fu eletto presidente della Repubblica e nominò dodici ministri massoni, Caillet ebbe modo di valutare da vicino il conseguente boom di domande di iniziazione, molte delle quali provenivano naturalmente da politici in cerca di utili amicizie. Lo stesso Caillet, che pure era entrato nella massoneria immaginandola come «un luogo dove scambiarsi le idee all’insegna della laicità», in seguito non disdegnò di scambiarsi appoggi di carriera e favori giudiziari coi fratelli.
Tutto questo, completo di nomi e cognomi, Maurice Caillet lo ha scritto in un libro, Ero massone (Piemme), che da un paio di mesi è uscito anche in Italia. Peccato che pochi se ne siano accorti. Peccato perché tra quelle pagine ci sono cose che forse neanche Dan Brown avrebbe il cuore di attribuire alla più fanatica delle sue sette inventate. A parte l’armamentario classico di compassi e grembiuli, ci sono – raccontati nel dettaglio – formule e riti occulti con tende nere, teschi e bare. C’è (prima dell’iniziazione) l’ispezione dei Maestri in incognito a casa Caillet. Ci sono resoconti di riunioni segrete, mitologia, ideologia, corruzione e trame di potere. Ma soprattutto ci sono l’isolamento, il mobbing spietato e le minacce di morte di cui Caillet fu fatto oggetto a partire dal momento in cui, nel 1984, decise di comunicare ai “fratelli” la sua conversione al cattolicesimo. Sembra il romanzo di un incredibile complottone della massoneria intergalattica. Invece è la storia vera di Maurice Caillet. Che oggi vive in Spagna, sotto protezione.
Dottor Caillet, lei chiese di entrare nella massoneria da convinto ateo razionalista. E in genere è così che ci si immagina i massoni. Quella che lei racconta, però, è più che altro una strana forma di religione misterica ultrafideista. Che logica ha questo tuffo dai Lumi all’occulto?
C’è qualche cosa di incomprensibile anche per me nell’essere passato dal razionalismo e dallo scientismo all’accettazione di rituali di tipo animista fondati su una mitologia discutibile e a una vera e propria negazione della ragione. Il mio stesso raziocinio ne è rimasto chiaramente annebbiato. Anche altre persone più qualificate di me hanno ceduto alla seduzione delle “sirene” massoniche: curiosità, ricerca di saperi nascosti ai comuni mortali, ambizione di entrare nell’élite. Questa irrazionalità contrasta effettivamente con le filosofie cosiddette dei Lumi, che facevano l’apologia della ragione, spesso con disprezzo per la fede.
Molti princìpi della massoneria non sono altro che una specie di cristianesimo senza Cristo. La sua stessa conversione iniziò quando, durante una Messa a Lourdes, lei scoprì che quel «chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto» non era un motto massonico bensì la «parola del Signore Gesù».
Il mio ultimo libro, Ero massone, mostra bene, spero, che i princìpi massonici “Libertà, Uguaglianza, Fraternità” sono effettivamente scimmiottature degli insegnamenti di Gesù, perché deviati o proprio traditi nella pratica. Ma in quindici anni di massoneria io non mi sono mai preoccupato dell’origine di quei princìpi e non ne vedevo le contraddizioni, in particolare l’assenza di uguaglianza tra gli iniziati e i profani e perfino tra i massoni stessi, suddivisi in 33 gradi ben distinti.
Nella storia della sua conversione c’è anche «lo sguardo» del suo padre spirituale Yves Boucher. Possibile che in un monaco ci sia più “umanesimo” che in un libero muratore?
Senza alcun dubbio l’incontro con quel monaco benedettino ha rafforzato la mia conversione: prima in modo intuitivo, poi in modo più cosciente nel corso degli anni, ho avvertito la presenza dello Spirito Santo che animava quell’uomo autentico e distaccato dai beni di questo mondo, presenza che io non avevo mai percepito tra i miei “fratelli” massoni, guidati da ogni sorta di brama e di sofisma. Il suo buonsenso mi ha convinto che la fede non esclude la ragione, ma la eleva. Mi ha anche insegnato a lasciarmi trasformare dalla Grazia che dona la vera gioia.
Dopo la folgorazione a Lourdes le capitarono alcuni fatti inquietanti che lei attribuisce all’«azione del Maligno». Cosa c’entra il diavolo con la massoneria?
Per me è evidente che il Maligno ci tiene a mantenerci sotto la sua dipendenza attraverso l’influenza di false filosofie, il fascino di saperi sedicenti occulti e quella cultura di morte alla quale io ho contribuito con la pratica delle interruzioni di gravidanza. Questo ci svia da Gesù che è la verità e la vita.
Nel suo libro lei cita diversi cattolici affiliati alla massoneria che vivono questa “doppia appartenenza” come se non ci fosse alcun problema. Secondo lei nella Chiesa la massoneria è sottovalutata?
In Francia c’è sempre stata una tradizione di gallicanesimo, vale a dire di indipendenza nei confronti dell’autorità del magistero. È per questo che la prima condanna dell’appartenenza alla massoneria di Clemente XII (1738), poi le seguenti, non furono trascritte né applicate dai diversi regimi francesi, regno, impero o repubblica. Molti tra i massoni giustificano la loro doppia appartenenza col pretesto che il nuovo diritto canonico, uscito dal Vaticano II, non condanna esplicitamente l’adesione alla massoneria e fingono di ignorare la dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede del 26 novembre 1983, firmata da monsignor Ratzinger e approvata da Giovanni Paolo II, dunque senza alcun equivoco possibile. Per di più, alcuni cattolici un po’ ingenui si lasciano sedurre dai princìpi di tolleranza e di umanesimo esibiti dalla massoneria, per la quale in realtà l’antidogmatismo è un vero dogma.
E gli altri la sottovalutano? Sa che nel Partito democratico italiano è iniziato uno psicodramma quando è emerso che alcuni suoi esponenti sono massoni?
Non conosco la situazione in Italia, ma nei paesi anglofoni, così come in Francia, è normale per un uomo politico appartenere alla massoneria.
C’è chi entra in una qualche loggia «per progredire su una qualche via iniziatica o spirituale» e chi invece lo fa «per ampliare la rubrica dei contatti illustri». Dove si incrociano le due strade?
Quando ero Venerabile (o presidente) di loggia, avevo suddiviso i miei “fratelli” in tre categorie: un terzo di idealisti che sperano di migliorare l’uomo e la società (senza l’aiuto di Dio: si chiama pelagianesimo), un terzo di arrivisti che contano sulle loro nuove relazioni per migliorare la loro posizione sociale, un terzo di assistiti che hanno bisogno di una famiglia in cui sentirsi al sicuro, alla maniera dei clientes delle famiglie influenti ai tempi della società romana antica. Ma certamente non c’è una separazione ermetica fra queste tre categorie.
Ma la smania di potere può portare un massone a sostenere battaglie contrarie alle proprie convinzioni? Ha visto esempi di questo?
Assolutamente sì, e il migliore esempio che posso fare è quello dei parlamentari francesi di destra, membri della massoneria, che hanno votato nel 1974 a favore della legge Veil sulla liberalizzazione dell’aborto, mentre le loro convinzioni personali li spingevano a non farlo. Ma due Gran Maestri erano stati scelti come consiglieri del governo e avevano chiesto ai “fratelli” di sostenere quel progetto. La stessa Madame Veil rimase stupita di avere così pochi oppositori.
Lei scrive che l’edonismo massonico «ha portato a preparare e promuovere in Francia», oltre all’aborto, tutte le leggi che favoriscono la cosiddetta secolarizzazione, dal libertinaggio sessuale alla manipolazione degli embrioni. Quindi esiste veramente il famigerato complotto che decide l’agenda della politica e dell’opinione pubblica? E come funziona?
Per prima cosa la massoneria recluta sempre negli ambienti influenti e in particolare negli ambienti della politica e del giornalismo, dell’educazione pubblica e delle professioni liberali. Non si può veramente parlare di complotto, ma nel corso delle riunioni che si svolgono ogni quindici giorni si produce una “unificazione” delle idee, un consenso, che porta i “fratelli” a usare della loro influenza là dove si trovano, e in genere con grande discrezione.
Aborto, legalizzazione delle droghe, eutanasia, divorzio… Come mai il culto massonico della natura e dell’umanità finisce sempre per ritorcersi contro l’uomo?
Effettivamente tutto l’umanesimo che esclude Dio si ritorce contro l’uomo: è così che il comunismo, le cui intenzioni originali erano lodevoli, è sfociato in uno dei più grandi genocidi della storia.
Lei parla esplicitamente del «maschilismo della massoneria». Ma se la massoneria è maschilista, dovrebbe essere maschilista, per esempio, anche la legge sull’aborto. E come la mettiamo con la storia della “liberazione della donna”?
Non c’è tutta la contraddizione che si potrebbe credere tra il maschilismo delle obbedienze massoniche maschili e la cosiddetta liberazione della donna. Il punto che accomuna le due cose è la volontà di sbarazzarsi di tutti gli ostacoli alla possibilità per l’uomo di approfittare delle grazie femminili senza alcun vincolo. Le obbedienze femminili, minoritarie, hanno inseguito la libertà sfrenata senza valutare le conseguenze per la loro femminilità e la loro reale indipendenza.
Dice che non si può usare la parola “complotto”. Ma l’«universalismo massonico» di cui scrive nel libro, che addirittura «aspira al governo del mondo, progetto sostenuto in forma sotterranea da parecchie organizzazioni internazionali pilotate da massoni: Trilaterale, Bilderberg, B’nai B’rith» un po’ ci assomiglia. Cosa succede in quelle segrete stanze?
Benché sia chirurgo, i miei mezzi finanziari non mi hanno permesso di entrare negli arcani della massoneria internazionale politica e finanziaria, riservata ai grandi di questo mondo. Ma io so quel che si diceva all’interno delle logge su questo argomento. A proposito, Monsieur Zapatero, che credo sia massone, ha ricevuto pochi giorni fa i suoi amici del Bilderberg nei pressi di Barcellona.
Qualcuno vede spuntare grembiuli anche dietro le varie “campagne” contro il Papa e la Chiesa. Perché la massoneria dovrebbe odiare Benedetto XVI?
Per aver partecipato alla massoneria per quindici anni, posso testimoniare che per i massoni, i quali affermano continuamente la loro grande tolleranza, l’uomo da abbattere è il Papa, che si tratti di Pio XII, di Giovanni Paolo II o di Benedetto XVI. Mentre la famosa tolleranza è effettiva nei confronti delle Chiese protestanti e ortodosse (Chiese divise), come nei conforonti del giudaismo e dell’islam, l’ostilità contro la Chiesa cattolica riguarda il fatto che essa è centralizzata attorno al Santo Padre, il quale vigila sulla sana dottrina e sostiene in particolare la conciliabilità tra la fede e la ragione.
Sulla rivista cattolica L’homme nouveau lei ha invocato «una legge per la separazione dello Stato dalla massoneria». Era solo una battuta?
Certo, era ironico quel che ho scritto, e cioè che bisognava ottenere la separazione dello Stato francese dalla massoneria, così come la massoneria aveva ottenuto all’inizio del XX secolo la separazione della Chiesa e dello Stato. Io però lo penso sinceramente, pur non prevedendone la realizzazione prima di qualche decennio. Ma i tempi di Dio non sono i nostri… e io prego per la conversione dei massoni.
Postato da: giacabi a 08:16 |
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massoneria
IL CASO/ Ecco perché il Belgio massone
fa la guerra alla Chiesa
venerdì 2 luglio 2010
24
giugno 2010, una data destinata a lasciare il segno nei travagliati
rapporti tra la Santa Sede ed il Regno del Belgio. Quel giorno, mentre è
in corso una riunione della locale Conferenza Episcopale, una trentina
di poliziotti fanno irruzione nell’Arcivescovado di Malines-Bruxelles in
pieno stile sovietico. I Vescovi presenti vengono trattenuti per nove
ore in stato di fermo, previa perquisizione e sequestro dei rispettivi
telefoni cellulari. L’intento del blitz, disposto su ordine della
magistratura, è quello di rivenire documenti ritenuti utili ai fini di
un’indagine su casi di pedofilia. Vengono sequestrati tutti i 475
dossier oggetto di esame da parte di una Commissione indipendente
nominata dalla curia. Sarebbe stato sufficiente chiederne l’acquisizione
senza il plateale coup de theatre, ma evidentemente i magistrati hanno preferito la ribalta dei riflettori al buon senso.
Giudici e poliziotti, in realtà, puntavano in alto, cercando prove del coinvolgimento diretto di Sua Eminenza il Cardinal Godfried Danneels, la cui abitazione personale non è stata risparmiata dall’onta della perquisizione. Persino il computer del Cardinale è stato sequestrato e messo a disposizione della magistratura. L’ossessione spasmodica di rinvenire presunti dossier segreti ha portato i poliziotti a compiere persino un atto sacrilego. Armati di martelli pneumatici, sono scesi nella cripta della cattedrale di Saint Rombout a Mechelen, ed hanno aperto le tombe dei cardinali Jozef-Ernest Van Roey e Léon-Joseph Suenens, defunti Arcivescovi di Malines-Bruxelles.
La furia giacobina è rimasta però delusa, e la violazione dei sepolcri si è rivelata un’inutile profanazione, perché ciò che è stato rinvenuto nelle tombe divelte ha rivelato la stessa consistenza delle suggestive teorie di Dan Brown: un nulla assoluto. Resta la profonda amarezza di uno spregio che non ha precedenti né durante il regime comunista sovietico, né durante quello nazista. Qualcosa del genere si può forse rinvenire negli efferati episodi anticristiani della guerra civile spagnola. Non proprio un bel precedente per il “cattolico” Belgio.
Che
qualcosa di strano stesse accadendo in quel Paese, l’avevo intuito
quando il 3 aprile 2009 il Parlamento belga aveva formalmente approvato
una «condanna delle dichiarazioni inaccettabili del Papa in occasione
del suo viaggio in Africa», superando, quanto ad anticlericalismo, la
Spagna zapaterista e la laicissima Francia. Certo il Belgio non poteva,
ora, farsi sfuggire l’occasione della crociata antipedofila lanciata
contro la Santa Sede, per sferrare un attacco frontale alle istituzioni
cattoliche. Il motivo di questo fanatico accanimento ha una chiave di
lettura alquanto semplice. In Belgio esiste la più anticlericale e laicista delle massonerie del mondo.
Essere
massoni in quel Paese, tra l’altro, è requisito essenziale per accedere
e far carriera in magistratura ed in tutte le più alte cariche dello
Stato. Da più di centocinquant’anni l’opinione pubblica belga è
condizionata dalla pressione ideologica del “libero pensiero”,
soprattutto attraverso l’educazione. Due sono i
centri di cultura che formano la classe dirigente: l’Université Libre di
Bruxelles e la fiamminga Vrije Universiteit Brussel. Entrambe “libere”
come il pensiero che lì si insegna.
Ricordo
di aver letto di un dossier realizzato da Derk Jan Eppink e pubblicato
il 19 agosto 1999 dall’autorevole quotidiano di lingua fiamminga De
Standaard, da cui emergeva che tre
quarti dei ministri liberali e socialisti del governo federale
dell’epoca erano membri di una loggia. I socialisti, circa 10.000
“fratelli”, erano affiliati prevalentemente al Grande Oriente, mentre i
liberali, circa 4.000 frammassoni, facevano parte della Gran Loggia.
Liberi
muratori erano anche belgi del calibro di Karel Van Miert, ex
commissario europeo alla Concorrenza e Willy Claes, già segretario
generale della NATO. Quanto è accaduto lo scorso 24 giugno, in realtà,
non mi ha meravigliato più di tanto, se non per i metodi stalinisti
usati in quell’occasione e per la barbara profanazione di tombe. Non
bisogna dimenticare, infatti, l’offensiva anticlericale che il potere
massonico belga scatenò nel 1997 contro le associazioni religiose. Fu
addirittura istituita, allora, una commissione parlamentare d’inchiesta,
presieduta dal deputato socialista Serge Moureaux, per la lotta alle
«pratiques illegale des sectes et le danger qu’elles représentent pour
la société et pour les personnes, particulièrement les mineurs d’âge».
Il 28 aprile 1997 la commissione depositò il famigerato “rapporto anti sette”, il quale conteneva una lista di 189 «sectes dangereuses», nella quale venivano affiancati a movimenti dichiaratamente satanici, anche associazioni cattoliche quali l’Opus Dei e la Comunità di Sant’Egidio, considerate, appunto, sette pericolose. Tutto finì, poi, in una bolla di sapone, ma l’episodio costituì un sintomatico indizio del clima culturale. Laicismo ideologico ed anticlericalismo viscerale costituiscono il milieu della massoneria belga, al punto che essa ha ritenuto di mantenere rapporti internazionali quasi esclusivamente con il laicissimo Grande Oriente di Francia.
Il 28 aprile 1997 la commissione depositò il famigerato “rapporto anti sette”, il quale conteneva una lista di 189 «sectes dangereuses», nella quale venivano affiancati a movimenti dichiaratamente satanici, anche associazioni cattoliche quali l’Opus Dei e la Comunità di Sant’Egidio, considerate, appunto, sette pericolose. Tutto finì, poi, in una bolla di sapone, ma l’episodio costituì un sintomatico indizio del clima culturale. Laicismo ideologico ed anticlericalismo viscerale costituiscono il milieu della massoneria belga, al punto che essa ha ritenuto di mantenere rapporti internazionali quasi esclusivamente con il laicissimo Grande Oriente di Francia.
Non
è un caso, ad esempio, che la “comunione” con le massonerie
anglosassoni si sia rotta proprio perché queste ultime (che mantengono,
invece, un buon rapporto con le chiese protestanti) hanno contestato ai
“fratelli” belgi un anticlericalismo esasperato ed eccessivo.
Da questo quadro complessivo della situazione è forse possibile trarre
qualche elemento di valutazione in più rispetto a quanto è successo
all’Arcivescovado di Malines-Bruxelles dalle 10.30 alle 19.30 del 24
giugno 2010.
Postato da: giacabi a 17:29 |
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Padre Pio sepolto fra simboli massonici
Cari amici, molti di voi avranno letto stamane questa intervista e ne avranno sentito parlare a Radio Maria nell'ambito della sempre grandiosa rassegna stampa dello strepitoso Padre Livio. La riporto qui sotto aggiungendovi questa piccola chicca: guardate il nome di questa loggia massonica inglese...
di Andrea Tornielli
Padre Pio da Pietrelcina, il santo stimmatizzato che nel 1913 si lamentava per quei «disgraziati fratelli» che «corrispondono all’amore di Gesù col buttarsi a braccia aperte nell’infame setta della massoneria», sarebbe stato traslato e sepolto in una chiesa zeppa di simbologie massoniche: il nuovo santuario di San Giovanni Rotondo progettato da Renzo Piano. L’accusa non è nuova, già nel 2006 la rivista ultra-tradizionalista «Chiesa Viva» lanciò l’allarme con un polemico studio dell’ingegner Franco Adessa. Più cauto, ma ugualmente severo, anche il fascicolo «L’oltraggio a Padre Pio», pubblicato tre anni dopo da Angelo Maria Mischitelli, autore di vari libri storici sul santo del Gargano. Ora è destinato a far discutere il primo volume che tratta diffusamente l’argomento, Il mistero della Chiesa di San Pio (edizioni Settecolori, pp. 216, 15 euro), da oggi nelle librerie italiane.L’autore è Francesco Colafemmina, un giovane studioso, laureato in filologia classica, esperto di arte sacra e titolare del blog «Fides et Forma», tra i promotori di un appello a Benedetto XVI per il «ritorno ad un’arte sacra autenticamente cattolica». Colafemmina non è tradizionalista e dice di non condividere «l’approccio apocalittico» degli studi come quello di «Chiesa Viva», pur riconoscendogli il merito di «aver messo il dito su una piaga».
.
Davvero il nuovo santuario di Padre Pio contiene simboli massonici?
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«Dalla mia analisi sembrerebbe proprio di sì. Ad ogni modo, credo che l’aspetto più interessante sia valutare l’effetto che la vista di quel santuario fa sui fedeli, dato che la mia ricerca è nata dopo una visita che ho fatto da semplice devoto del santo».
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E quale effetto fa, secondo lei?
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«Sicuramente molti fedeli rimangono sconcertati dall’assenza di chiari segni cristiani, a partire dalla forma stessa del santuario, che è un Nautilus, una conchiglia fossile…».
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Ma la conchiglia non è un simbolo cristiano?
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«La conchiglia di San Giacomo sì, ma il Nautilus no. Quest’ultimo però ha un significato pregnante per la massoneria, dato che simboleggia il percorso iniziatico e la perfezione del Gadu, cioè il Grande Architetto dell’Universo, la “divinità” massonica».
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Faccia qualche altro esempio di queste presunte simbologie massoniche.
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«Nell’arazzo dell’Apocalisse di Rauschenberg, la Gerusalemme celeste è già scesa in terra mentre su di essa incombe il Drago a sette teste, che appare vincitore, e da nessuna parte c’è Cristo vittorioso. Nel portale di Mimmo Paladino c’è un capretto con le gambe spezzate che potrebbe indicare l’iniziato che è entrato in loggia, e ha una stella a cinque punte. L’altare di Arnaldo Pomodoro ha la forma di piramide rovesciata e nell’alchimia la piramide rovesciata indica il luogo in cui è custodita la pietra filosofale. Mentre nella formella del tabernacolo Cristo ha le mani rivolte verso il basso. Un chiaro segnale massonico che in questo caso simboleggia il materialismo della Chiesa».
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Non potrebbe trattarsi di coincidenze?
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«Anche se così fosse, il problema resta. Non si ha la sensazione di entrare in una chiesa. E per di più quel santuario è diventato un modello per la nuova arte sacra, concentrata più sulla notorietà dell’architetto che sull’aderenza allo spirito della liturgia e al messaggio evangelico».
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Ma chi ha curato il progetto artistico e gli arredi sacri?
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«Secondo quanto riportato nelle memorie di padre Gerardo Saldutto, Renzo Piano sin dal 1991 si era prefissato di fare di quell’area di San Giovanni Rotondo “un luogo magico” e “una chiesa aperta”. A scegliere gli artisti è stato un suo collaboratore, Mario Codognato. Lo stesso Codognato che nella famosa mostra “Barock” al museo Madre di Napoli, ha fatto esporre la donna crocifissa di Cattelan».
Cattelan e la sua "donna crocifissa"
Eppure il Vaticano ha supervisionato la realizzazione della chiesa…
«Sì, certo, il consulente liturgico è stato monsignor Crispino Valenziano, che fin dal 1994 aveva sancito la necessità di realizzare una chiesa senza inginocchiatoi e nella quale ci fosse sull’altare una croce assolutamente priva del crocifisso, richiamando a giustificazione di queste scelte presunte norme liturgiche post-conciliari».
Le panche senza inginocchiatoi volute da Crispino Valenziano
Perché le definisce presunte?
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«Perché non si trovano scritte da nessuna parte e oggi appaiono non in sintonia con il magistero liturgico di Papa Benedetto. Mi riesce perciò difficile capire la ragione per la quale ora si è deciso di traslare nella cripta di quel santuario il corpo di san Padre Pio…».
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Non era nell’ordine delle cose che il corpo venisse custodito lì?
«La decisione era già stata presa nel 2002. Ma vorrei ricordare che due anni fa venne pubblicamente smentita dai frati di San Giovanni Rotondo per non suscitare le ire del fedeli. Ora purtroppo è stata messa in atto».
pubblicato da Francesco Colafemmina
fidesetforma
da: http://www.tradizione.biz/forum/viewtopic.php?t=17864
Postato da: giacabi a 07:26 |
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massoneria, padre pio
Published on Tempi (http://www.tempi.it)
Simboli strani e cristiani smarriti
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di Valerio Pece
Secondo il filologo Colafemmina la nuova chiesa di San Giovanni Rotondo è piena di segni massonici. «Potrei anche sbagliarmi, ma chi controllava mentre si realizzava un’opera così ambigua?»
Laureato in Filologia classica, innamorato della cultura ellenica tanto da parlare correntemente il greco, a soli 29 anni Francesco Colafemmina è stato capace di trascinare nell’avventura dell’Appello al Papa per un’arte autenticamente cattolica mostri sacri come Nikos Salingaros e Martin Mosebach, oltre a illustri teologi, vaticanisti e docenti universitari. Da pochi giorni è uscito il suo nuovo libro, Il mistero della Chiesa di San Pio (ed. Settecolori) in cui il giovane filologo conclude un’indagine durata anni sulla chiesa progettata da Renzo Piano a San Giovanni Rotondo.
Dottor Colafemmina, nel sottotitolo del suo libro si legge: “Coincidenze e strategie esoteriche all’ombra del grande Santo di Pietrelcina”. Perché questa indagine?
Tutto è nato da un semplice viaggio a San Giovanni Rotondo. Da devoto di padre Pio, nel maggio 2007 mi recai lì per una visita al santo, ma una volta entrato nel nuovo tempio sono dovuto fuggire, letteralmente spaventato. Ricordo poi che sentii un profondo richiamo da parte di san Pio. La notte non dormii e il giorno seguente ripartii subito alla volta di San Giovanni Rotondo. È così che è iniziata la mia inchiesta, che tra l’altro ho sempre sottoposto in Vaticano. A monsignor Piacenza, della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, e a Josè Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione delle Cause dei Santi.
E cosa è emerso dalla sua inchiesta?
È affiorata pian piano la percezione di un chiaro programma. Quella chiesa con tutte le sue stravaganti opere d’arte doveva avere uno scopo diverso da quello che ci si attende da un luogo sacro. Così, nel corso della ricerca, non ho potuto fare a meno di imbattermi nella massoneria.
Cosa l’ha turbata in quella chiesa?
Innanzitutto va detto che chi entra in quel tempio prova un senso di straniamento, e ciò per l’assenza di connotati tipici di un luogo di culto. È proprio da qui che bisognerebbe partire, da questa impressione riscontrata da migliaia di fedeli, persone prive di pregiudizio ed esperienza nel riconoscere simbologie a-cristiane.
Proviamo a fare virtualmente il percorso del fedele che si appresta ad entrare nella nuova chiesa.
Anzitutto il viale che conduce al santuario non collega all’ingresso della chiesa, che è invece sul “retro” del santuario. Il fedele viene indotto ad entrare in chiesa in un modo nuovo, inusuale, a mo’ di “percorso di iniziazione”. Eccolo quindi dinanzi al portale: cosa rappresenta quel capretto con le gambe spezzate? Esiste nella simbologia cristiana? E quella stella a cinque punte? Sarebbe interessante saperlo.
Superato l’ingresso?
Chi entra viene accolto da due colonne sormontate da volti umani, misteriosi, colonne piene di simboli assolutamente inintellegibili. Il fedele cerca poi il tabernacolo ma non lo trova. Bisogna andare nella Cappella dell’Adorazione, uno spazio a forma di triangolo in cui non c’è altro che una stele di pietra nera, una sorta di totem dedicato ad un Dio oscuro, nascosto e senza volto. L’esatto contrario del Dio cristiano. Ciò che più rattrista, poi, sono le formelle del tabernacolo: che ci fa una colomba nella scena della moltiplicazione dei pani e dei pesci? Non ve n’è traccia nella scrittura. E il gatto (egizio) ai piedi del banchetto pasquale? E quel Cristo con una bandana al posto della corona di spine, e con le mani rivolte verso il basso? Ecco, nel libro tento di documentare il vero significato di questa e altra simbologia.
L’altare?
Anche questo ha una forma esoterica: è una piramide rovesciata con il culmine al di sotto dell’altare. Alzando lo sguardo non va meglio. C’è il grande arazzo di Robert Rauschenberg, l’esponente della Pop Art americana scomparso nel 2008. Colui che ha sbeffeggiato il cristianesimo in chiave demoniaca, nell’opera Monogram, in cui un caprone che rappresenterebbe il Cristo è intrappolato in uno pneumatico di automobile.
L’arazzo però rappresentata l’Apocalisse. O no?
Oppure una parodia dell’Apocalisse? Il protagonista dell’arazzo è indiscutibilmente il drago. Col suo Giudizio Michelangelo, per citare un esempio di immediata comprensione, non è stato certo equivoco: Cristo Giudice era bene al centro. Qui la stessa Vergine ha un ruolo marginale, il suo piede non schiaccia la bestia, sembra difendersi, certo non la sconfigge. Dov’è Cristo Vincitore? Dov’è l’Arcangelo Gabriele? Non ci sono. C’è solo il rendere onore ad un terrificante drago rosso a sette teste che si erge – si badi bene – al di sopra della stessa Gerusalemme Celeste, stranamente posta non sopra ma sotto di lui.
Contempla la possibilità che con la sua indagine abbia preso il classico granchio?
In tutta onestà debbo dirle che i miei studi sono stati giudicati credibili sia da esponenti del mondo ecclesiastico che da massoni professi a cui è stata chiesta una valutazione. Ciò detto però non sarebbe ragionevole escludere totalmente che io mi sia sbagliato, che tutta la mia analisi sia errata. Paradossalmente, però, la domanda più importante resterebbe in piedi: perché un cattolico totalmente estraneo alle dottrine esoteriche e alchemiche finisce per riscontrare in quelle che dovrebbero essere opere d’arte sacra dei simboli esoterico-massonici? Dov’erano i “controllori” dell’edilizia sacra mentre si realizzava un’opera dai connotati così ambigui?
Il 19 aprile si è aperto un nuovo capitolo. Le reliquie del santo, dopo 42 anni, sono state traslate da Santa Maria delle Grazie alla cripta della nuova chiesa, cripta che per la sua suntuosità non ha mancato di creare perplessità.
Da devoto del Santo non posso fare a meno di notare la lenta e inesorabile trasformazione del Santuario in una sorta di circo. La nuova cripta d’oro, che sarebbe certamente piaciuta a Ramses II o a Tutankhamon, è solo l’ultimo atto. Basterebbe leggere le volontà disattese di padre Pio, come quella contenuta nel suo testamento dell’agosto 1923: «esprimo il mio desiderio che, ove i miei superiori non si oppongano, le mie ossa siano composte in un tranquillo cantuccio di questa terra». Non esattamente sotto volte d’oro e pietre preziose, quindi.
Secondo il filologo Colafemmina la nuova chiesa di San Giovanni Rotondo è piena di segni massonici. «Potrei anche sbagliarmi, ma chi controllava mentre si realizzava un’opera così ambigua?»
Laureato in Filologia classica, innamorato della cultura ellenica tanto da parlare correntemente il greco, a soli 29 anni Francesco Colafemmina è stato capace di trascinare nell’avventura dell’Appello al Papa per un’arte autenticamente cattolica mostri sacri come Nikos Salingaros e Martin Mosebach, oltre a illustri teologi, vaticanisti e docenti universitari. Da pochi giorni è uscito il suo nuovo libro, Il mistero della Chiesa di San Pio (ed. Settecolori) in cui il giovane filologo conclude un’indagine durata anni sulla chiesa progettata da Renzo Piano a San Giovanni Rotondo.
Dottor Colafemmina, nel sottotitolo del suo libro si legge: “Coincidenze e strategie esoteriche all’ombra del grande Santo di Pietrelcina”. Perché questa indagine?
Tutto è nato da un semplice viaggio a San Giovanni Rotondo. Da devoto di padre Pio, nel maggio 2007 mi recai lì per una visita al santo, ma una volta entrato nel nuovo tempio sono dovuto fuggire, letteralmente spaventato. Ricordo poi che sentii un profondo richiamo da parte di san Pio. La notte non dormii e il giorno seguente ripartii subito alla volta di San Giovanni Rotondo. È così che è iniziata la mia inchiesta, che tra l’altro ho sempre sottoposto in Vaticano. A monsignor Piacenza, della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, e a Josè Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione delle Cause dei Santi.
E cosa è emerso dalla sua inchiesta?
È affiorata pian piano la percezione di un chiaro programma. Quella chiesa con tutte le sue stravaganti opere d’arte doveva avere uno scopo diverso da quello che ci si attende da un luogo sacro. Così, nel corso della ricerca, non ho potuto fare a meno di imbattermi nella massoneria.
Cosa l’ha turbata in quella chiesa?
Innanzitutto va detto che chi entra in quel tempio prova un senso di straniamento, e ciò per l’assenza di connotati tipici di un luogo di culto. È proprio da qui che bisognerebbe partire, da questa impressione riscontrata da migliaia di fedeli, persone prive di pregiudizio ed esperienza nel riconoscere simbologie a-cristiane.
Proviamo a fare virtualmente il percorso del fedele che si appresta ad entrare nella nuova chiesa.
Anzitutto il viale che conduce al santuario non collega all’ingresso della chiesa, che è invece sul “retro” del santuario. Il fedele viene indotto ad entrare in chiesa in un modo nuovo, inusuale, a mo’ di “percorso di iniziazione”. Eccolo quindi dinanzi al portale: cosa rappresenta quel capretto con le gambe spezzate? Esiste nella simbologia cristiana? E quella stella a cinque punte? Sarebbe interessante saperlo.
Superato l’ingresso?
Chi entra viene accolto da due colonne sormontate da volti umani, misteriosi, colonne piene di simboli assolutamente inintellegibili. Il fedele cerca poi il tabernacolo ma non lo trova. Bisogna andare nella Cappella dell’Adorazione, uno spazio a forma di triangolo in cui non c’è altro che una stele di pietra nera, una sorta di totem dedicato ad un Dio oscuro, nascosto e senza volto. L’esatto contrario del Dio cristiano. Ciò che più rattrista, poi, sono le formelle del tabernacolo: che ci fa una colomba nella scena della moltiplicazione dei pani e dei pesci? Non ve n’è traccia nella scrittura. E il gatto (egizio) ai piedi del banchetto pasquale? E quel Cristo con una bandana al posto della corona di spine, e con le mani rivolte verso il basso? Ecco, nel libro tento di documentare il vero significato di questa e altra simbologia.
L’altare?
Anche questo ha una forma esoterica: è una piramide rovesciata con il culmine al di sotto dell’altare. Alzando lo sguardo non va meglio. C’è il grande arazzo di Robert Rauschenberg, l’esponente della Pop Art americana scomparso nel 2008. Colui che ha sbeffeggiato il cristianesimo in chiave demoniaca, nell’opera Monogram, in cui un caprone che rappresenterebbe il Cristo è intrappolato in uno pneumatico di automobile.
L’arazzo però rappresentata l’Apocalisse. O no?
Oppure una parodia dell’Apocalisse? Il protagonista dell’arazzo è indiscutibilmente il drago. Col suo Giudizio Michelangelo, per citare un esempio di immediata comprensione, non è stato certo equivoco: Cristo Giudice era bene al centro. Qui la stessa Vergine ha un ruolo marginale, il suo piede non schiaccia la bestia, sembra difendersi, certo non la sconfigge. Dov’è Cristo Vincitore? Dov’è l’Arcangelo Gabriele? Non ci sono. C’è solo il rendere onore ad un terrificante drago rosso a sette teste che si erge – si badi bene – al di sopra della stessa Gerusalemme Celeste, stranamente posta non sopra ma sotto di lui.
Contempla la possibilità che con la sua indagine abbia preso il classico granchio?
In tutta onestà debbo dirle che i miei studi sono stati giudicati credibili sia da esponenti del mondo ecclesiastico che da massoni professi a cui è stata chiesta una valutazione. Ciò detto però non sarebbe ragionevole escludere totalmente che io mi sia sbagliato, che tutta la mia analisi sia errata. Paradossalmente, però, la domanda più importante resterebbe in piedi: perché un cattolico totalmente estraneo alle dottrine esoteriche e alchemiche finisce per riscontrare in quelle che dovrebbero essere opere d’arte sacra dei simboli esoterico-massonici? Dov’erano i “controllori” dell’edilizia sacra mentre si realizzava un’opera dai connotati così ambigui?
Il 19 aprile si è aperto un nuovo capitolo. Le reliquie del santo, dopo 42 anni, sono state traslate da Santa Maria delle Grazie alla cripta della nuova chiesa, cripta che per la sua suntuosità non ha mancato di creare perplessità.
Da devoto del Santo non posso fare a meno di notare la lenta e inesorabile trasformazione del Santuario in una sorta di circo. La nuova cripta d’oro, che sarebbe certamente piaciuta a Ramses II o a Tutankhamon, è solo l’ultimo atto. Basterebbe leggere le volontà disattese di padre Pio, come quella contenuta nel suo testamento dell’agosto 1923: «esprimo il mio desiderio che, ove i miei superiori non si oppongano, le mie ossa siano composte in un tranquillo cantuccio di questa terra». Non esattamente sotto volte d’oro e pietre preziose, quindi.
Postato da: giacabi a 07:14 |
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massoneria, padre pio
Lo scopo della massoneria
"le nazioni riconoscevano nell’italia il diritto di esistere come nazione in quanto che le affidavano l’altissimo ufficio di liberarle dal giogo di Roma cattolica.Non si tratta di forme di
governo; non si tratta di maggior larghezza di libertà; si tratta appunto del fine che la Massoneria si propone; ai quale da secoli
lavora, a traverso ogni genere di ostacoli e di pericoli"
Bollettino del Grande Oriente italiano 1863
Postato da: giacabi a 23:05 |
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massoneria
J’ACCUSE/ Julien Ries: ecco i poteri forti che vogliono spazzar via il Papa e le religioni
mercoledì 12 maggio 2010
Per
lui, che ha alle spalle parecchie primavere e vanta una vita
intellettuale di prim’ordine, tanto da essere universalmente considerato
l’anti Lévi-Strauss grazie all’invenzione di quell’“homo religiosus”
che è diventato cifra fondamentale di una vera e propria disciplina
(l’antropologia religiosa), la questione è molto chiara: «Tutto nasce
con l’Illuminismo. Anzi, ha un prologo nel Rinascimento. Nel XVIII
secolo si è avuto un movimento che ha voluto neutralizzare la religione
cristiana e confinarla nelle sacrestie delle chiese. Per i sostenitori
di quella linea di pensiero, la religione cristiana non ha diritto di
entrare nella piazza pubblica. Questo ha poi portato alla Rivoluzione
francese e alla concezione di laicité che ne è conseguita.
Successivamente il movimento si è accentuato in Europa e ha spinto in
avanti la secolarizzazione della società».
Julien
Ries, novant’anni compiuti poche settimane fa, è sacerdote e direttore
del Centro di storia delle religioni dell’Università Cattolica di
Lovanio, Belgio. La sua opera viene considerata un “classico” della
materia, e sono ben pochi al mondo gli studiosi che ricevono un simile
onore mentre sono ancora in vita. Tutti gli scritti di Ries sono in
corso di pubblicazione per le edizioni Jaca Book, un lavoro editoriale
previsto in undici volumi divisi in diciotto tomi (otto già pubblicati).
L’Università Cattolica di Milano, invece, ha accolto il suo archivio di
studi e corrispondenze con studiosi e intellettuali di tutto il mondo.
Gran
viaggiatore in Egitto, India e Medio Oriente, specialista del
manicheismo e delle religioni indiane, Julien Ries ha attraversato il
Novecento culturale ed è in grado di leggere con non poca
spregiudicatezza intellettuale la burrasca in cui giornali e tv tentano
oggi di trascinare la Chiesa cattolica utilizzando come arma gli episodi
di pedofilia “scoperti” tra il clero.
«Nel nostro continente - spiega Ries a Tempi -
si deve registrare la presenza di una serie di forze occulte, in
particolare di ambito massonico, che vogliono campo libero per far
passare nella società le loro proprie ideologie. E per raggiungere il
loro obiettivo hanno bisogno dell’annullamento sociale della religione.
Tali forze lavorano attraverso i mass media, sono presenti nella
politica e se la prendono con la Chiesa perché è una forza strutturata
molto organizzata e “vecchia” di venti secoli».
E
individuare il perfetto capro espiatorio - per usare un’espressione
cara al grande collega di Ries, René Girard - è un’operazione facile
facile per il progressismo contemporaneo. Chi meglio del “reazionario”
pontefice cattolico Joseph Ratzinger? «Quando si son visti i suoi primi
passi da Papa, si è capito che egli cercava di riformare la Chiesa non
alla maniera dei “progressisti”, bensì ricercando una presa di coscienza
della propria missione nel mondo, in particolare all’insegna della
nuova evangelizzazione. Così, quando il Papa ha tolto la scomunica ai
vescovi “integralisti” seguaci di Marcel Lefebvre, lo si è considerato
partigiano di quell’orientamento, mentre in realtà lui voleva riaprire
il dialogo con loro per cercare di riportare l’unità nella Chiesa». E
operando un analogo rovesciamento della realtà «lo si è preso di mira
anche quando ha cercato di operare per l’unità con gli anglicani».
Quando
parla di «forze occulte di ambito massonico», Ries lo fa con una certa
cognizione di causa. Per vederle all’opera, sostiene l’antropologo,
«basta guardare al Belgio, dove sono state approvate leggi
pro-eutanasia, pro-aborto e contro la famiglia. Le forze massoniche in
Belgio si vantano di avere 25 mila aderenti e metà del governo belga è
composto da affiliati alla massoneria. È proprio per questo che si
attaccano in maniera sistematica le religioni nel loro complesso, perché
esse sostengono posizioni che per i fautori della “libertà” assoluta
non sono ammissibili. Infatti l’Islam, l’ebraismo, il cristianesimo, che
non approvano l’aborto e l’eutanasia, vengono bersagliati e criticati».
Dunque
dietro gli attacchi e le critiche al Papa e alla Chiesa, secondo Ries,
più che lo scandalo per la pedofilia c’è l’apparentemente docile
intolleranza dell’ideologia che spopola a Bruxelles. «È l’ideologia
della laicità, per la quale l’uomo non deve essere sottoposto ad alcun
limite e ad alcun potere. Ci ricordiamo dei cartelli affissi dappertutto
alla Sorbona di Parigi durante il ’68? “Vietato vietare”. Ma questa
stessa posizione non è totalmente libera. Eppure oggi è la posizione
dominante in Europa (molto meno negli Stati Uniti). Infatti sono
soprattutto i paesi dell’Unione Europea a essere colpiti da tale visione
laicista. Lo si è visto anche nel caso della citazione delle radici
cristiane nella Costituzione europea: queste forze occulte hanno
lavorato perché la verità non venisse riconosciuta e non si parlasse più
di “Europa cristiana”».
Eppure
la Chiesa ha contribuito in maniera decisiva a costruire il Vecchio
Continente così come noi oggi lo conosciamo. «Proprio in Europa si può
constatare il contributo sociale positivo del cristianesimo: esso è
riuscito a costruire e accrescere la cultura, ha organizzato il tempo e
il lavoro, il riposo e l’occupazione. È poi importante ricordare la
dottrina sociale della Chiesa, cioè il principio del grande rispetto per
la dignità della persona umana. Questi sono contributi che formano una
società in cui regna l’armonia. Anche il rispetto della vita, del
lavoro, dei bambini, la tolleranza come valore, che permette di
promuovere il dialogo interreligioso, sono tutti princìpi propri della
civiltà cristiana, e sono la base del vivere sociale di noi europei».
Del
resto, secondo l’autorevole studioso belga, il rischio di
strumentalizzare l’elemento religioso in senso ideologico è sempre
dietro l’angolo. «Le religioni - conclude Ries - possono contribuire
positivamente all’organizzazione delle società, a condizione però che
siano davvero se stesse e non si tramutino in ideologie. L’islam, ad
esempio, è una fede rispettabile che volge l’uomo verso Dio e organizza
una società. Ma l’islamismo, che vuole imporre il Corano come unica
legge, è una dittatura ideologica alla cui opera assistiamo ormai ogni
giorno, da al Qaeda ai talebani afghani».
(Lorenzo Fazzini)
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