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sabato 18 febbraio 2012

montanelli,


I missionari visti da Indro Montanelli

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 “d’accordo con padre Gheddo in tutto e su tutto, ma specialmente nei suoi dubbi. Padre Gheddo ha perfettamente ragione nell’indicare cosa il mondo cosiddetto “civile” dovrebbe fare per risolvere, o almeno alleviare, i problemi dell’Africa. Ma che il mondo civile possa tradurli in iniziative concrete, mi pare che sia lui il primo a dubitarne…. Ciò che padre Gheddo dice è tutto vero: tonnellate di rifornimenti e “cattedrali nel deserto” servono a poco. Bisogna insegnare ai somali e ai liberiani a “fare da sé”, come infatti fanno i missionari. Ma quanti missionari e quanti secoli ci vorranno prima di ottenere qualche risultato? Io so che padre Gheddo questo interrogativo se lo pone da trent’anni, ma ciò non gli ha impedito di fare per trent’anni ciò che fa e vuole continuare a fare. Ecco perché ho detto, e ripeto, che per l’Africa non servono né le diplomazie con i loro “protocolli”, né gli eserciti con le loro armi. Servono solo i missionari. Se vogliamo aiutare l’Africa, aiutiamo loro”.
 Corriere della Sera” di domenica 7 febbraio 1999.

     Per soccorrere quei popoli disgraziati un mezzo ci sarebbe. Dare la gestione dei miliardi di “aiuti” ai missionari, di cui padre Gheddo scrive in questo libro: quelli che da anni e decenni vivono laggiù, peones tra i peones, sfidando lebbra e colera e tutto il resto, combattendo la fame non con la distribuzione di farina, ma insegnando alla gente – nella sua lingua – come si coltiva il grano, come si scavano i pozzi e i canali, condividendone, giorno dopo giorno, rischi e privazioni. E’ tra questi ultimi grandi Crociati della civiltà cristiana che la Chiesa dovrebbe reclutare i suoi nuovi santi, perché sono i missionari, figli del nostro mondo ricco e arido, che indicano ai giovani la via per stabilire con i popoli poveri ponti di comunicazione e di aiuto fraterno.
     “Per aiutare i popoli poveri  i miliardi non bastano. Ci vogliono i missionari alla Marcello Candia (industriale della Milano opulenta che vende tutto e va in Amazzonia a servire i poveri) e alla Clemente Vismara (eroe della prima guerra mondiale che trascorre 65 anni fra i tribali in Birmania), di cui parla questo libro. Ma i missionari sono difficili da stanziare nei bilanci dello Stato. Dovrebbero produrli le nostre famiglie, la nostra scuola, la nostra cultura cristiana. Temo che la vocazione profonda della civiltà cristiana – la carità verso gli altri – sia oggi in ribasso, almeno nelle cronache quotidiane e nelle “filosofia di vita” della nostra società”.
      “Ho visto con piacere che in queste pagine padre Gheddo parla di padre Olindo Marella,  “un santo del nostro tempo”. E’ vero, l’ho conosciuto bene come insegnante di filosofia a Rieti e poi a Bologna. Lo si vedeva per le strade a mendicare, completamente dedito alla missione di aiutare i ragazzi sbandati, i barboni, gli anziani abbandonati, i poveri. Mi insegnò una cosa: a vivere per gli altri e a prendere questa vita come un passaggio. Insegnamento che peraltro io non ho seguito. In un certo senso oggi lo invidio. E’ morto ignaro di se stesso, ignaro di essere santo”.
 “Missionario – Un pensiero al giorno” (Piemme 1997),


Postato da: giacabi a 22:12 | link | commenti
montanelli

domenica, 05 ottobre 2008

Cosa pensava Indro Montanelli dell’Opus Dei
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«Beatissimo Padre, ritengo che sia opportuno e utile per la Chiesa Cattolica e per la nostra società, bisognosa di modelli di vita esemplare, iniziare la causa di beatificazione di monsignor Josemaría Escrivá de Balaguer, morto nel giugno del 1975. Conosco e stimo l’Opus Dei, da lui fondata, e ritengo che la fama di santità che circonda la sua persona sia pienamente giustificata».
Indro Montanelli, 22 maggio 1978


Postato da: giacabi a 14:16 | link | commenti
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sabato, 24 maggio 2008

 La fede è una grazia da mendicare
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 Indro Montanelli, Corriere della Sera, 28 febbraio1996

 Io ho sempre sentito la mancanza di fede e la sento come una profonda ingiustizia che toglie alla mia vita, ora che sono al rendiconto finale, ogni senso. Se è per chiudere gli occhi senza avere saputo di dove vengo, dove vado e cosa sono venuto a fare qui, tanto valeva non aprirli. La mia è soltanto una dichiarazione di fallimento….Io non mi considero affatto ateo e non capisco come si possa esserlo. La nostra vita, il Mondo, il Creato, l'Esistente devono pure avere un perché che la mia mente e la ragione non riescono a spiegarmi. Ed è là dove la mente e la ragione finiscono, e finiscono purtroppo presto, che per me comincia il grande Mistero di DioSo che morrò senza avere trovato risposta alle tre più importanti domande della nostra vita :di dove vengo, dove vado e che cosa sono venuto a fare: il che mi da quando ci penso, e ci penso sempre più spesso, un senso di disperazione. Ma non posso giocare a rimpiattino con me stesso, tanto meno con Dio, fingendo una fede che non ho."

Postato da: giacabi a 21:44 | link | commenti
fede, montanelli, senso religioso

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