I missionari visti da Indro Montanelli
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“d’accordo con padre Gheddo in tutto e su tutto, ma specialmente nei suoi dubbi.
Padre Gheddo ha perfettamente ragione nell’indicare cosa il mondo
cosiddetto “civile” dovrebbe fare per risolvere, o almeno alleviare, i
problemi dell’Africa. Ma che il mondo civile possa tradurli in
iniziative concrete, mi pare che sia lui il primo a dubitarne….
Ciò che padre Gheddo dice è tutto vero: tonnellate di rifornimenti e
“cattedrali nel deserto” servono a poco. Bisogna insegnare ai somali e
ai liberiani a “fare da sé”, come infatti fanno i missionari. Ma
quanti missionari e quanti secoli ci vorranno prima di ottenere
qualche risultato? Io so che padre Gheddo questo interrogativo se lo
pone da trent’anni, ma ciò non gli ha impedito di fare per trent’anni
ciò che fa e vuole continuare a fare. Ecco perché ho
detto, e ripeto, che per l’Africa non servono né le diplomazie con i
loro “protocolli”, né gli eserciti con le loro armi. Servono solo i missionari. Se vogliamo aiutare l’Africa, aiutiamo loro”.
“Corriere della Sera” di domenica 7 febbraio 1999.
“Per soccorrere quei popoli disgraziati un mezzo ci sarebbe. Dare la gestione dei miliardi di “aiuti” ai missionari,
di cui padre Gheddo scrive in questo libro: quelli che da anni e
decenni vivono laggiù, peones tra i peones, sfidando lebbra e colera e
tutto il resto, combattendo la fame non con la distribuzione di
farina, ma insegnando alla gente – nella sua lingua – come si coltiva
il grano, come si scavano i pozzi e i canali, condividendone, giorno
dopo giorno, rischi e privazioni. E’
tra questi ultimi grandi Crociati della civiltà cristiana che la
Chiesa dovrebbe reclutare i suoi nuovi santi, perché sono i
missionari, figli del nostro mondo ricco e arido, che indicano ai
giovani la via per stabilire con i popoli poveri ponti di
comunicazione e di aiuto fraterno.
“Per aiutare i popoli poveri i miliardi non bastano. Ci vogliono i missionari alla Marcello Candia (industriale della Milano opulenta che vende tutto e va in Amazzonia a servire i poveri) e alla Clemente Vismara
(eroe della prima guerra mondiale che trascorre 65 anni fra i tribali
in Birmania), di cui parla questo libro. Ma i missionari sono
difficili da stanziare nei bilanci dello Stato. Dovrebbero produrli le
nostre famiglie, la nostra scuola, la nostra cultura cristiana. Temo
che la vocazione profonda della civiltà cristiana – la carità verso
gli altri – sia oggi in ribasso, almeno nelle cronache quotidiane e
nelle “filosofia di vita” della nostra società”.
“Ho visto con piacere che in queste pagine padre Gheddo parla di padre Olindo Marella, “un santo del nostro tempo”. E’ vero, l’ho
conosciuto bene come insegnante di filosofia a Rieti e poi a Bologna.
Lo si vedeva per le strade a mendicare, completamente dedito alla
missione di aiutare i ragazzi sbandati, i barboni, gli anziani
abbandonati, i poveri. Mi
insegnò una cosa: a vivere per gli altri e a prendere questa vita
come un passaggio. Insegnamento che peraltro io non ho seguito. In un
certo senso oggi lo invidio. E’ morto ignaro di se stesso, ignaro di
essere santo”.
“Missionario – Un pensiero al giorno” (Piemme 1997),
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Postato da: giacabi a 22:12 |
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Cosa pensava Indro Montanelli dell’Opus Dei
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«Beatissimo Padre, ritengo che sia opportuno e utile per la Chiesa Cattolica e per la nostra società, bisognosa di modelli di vita esemplare, iniziare la causa di beatificazione di monsignor Josemaría Escrivá de Balaguer, morto nel giugno del 1975. Conosco e stimo l’Opus Dei, da lui fondata, e ritengo che la fama di santità che circonda la sua persona sia pienamente giustificata».
Indro Montanelli, 22 maggio 1978
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Postato da: giacabi a 14:16 |
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Indro Montanelli, Corriere della Sera, 28 febbraio1996
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