Postato da: giacabi a 09:12 |
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morte, scola
Sulla morte
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Non c'è nulla che possa sostituire l'assenza di una persona a noi cara.
Non c'è alcun tentativo da fare, bisogna semplicemente tenere duro e sopportare. Ciò può sembrare a prima vista molto difficile, ma è al tempo stesso una grande consolazione, perché finché il vuoto resta aperto si rimane legati l'un l'altro per suo mezzo. È falso dire che Dio riempie il vuoto; Egli non lo riempie affatto, ma lo tiene espressamente aperto, aiutandoci in tal modo a conservare la nostra antica reciproca comunione, sia pure nel dolore. Ma la gratitudine trasforma il tormento del ricordo in una gioia silenziosa. I bei tempi passati si portano in sé non come una spina, ma come un dono prezioso. Bisogna evitare di avvoltolarsi nei ricordi, di consegnarci ad essi; così come non si resta a contemplare di continuo un dono prezioso, ma lo si osserva in momenti particolari e per il resto lo si conserva come un tesoro nascosto di cui si ha la certezza. Allora sì che dal passato emanano una gioia e una forza durevoli.
Dietrich Bonhoeffer, Resistenza e resa, Una lettera a un amico la vigilia di Natale del 1943
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Postato da: giacabi a 21:04 |
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morte, bonhoeffer
La morte odora di resurrezione
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«Senza di te, Gesù, nasciamo solo per morire; con te, Signore, moriamo solo per rinascere»
Miguel de Unamuno
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Postato da: giacabi a 15:42 |
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morte, unamuno
La morte odora di resurrezione
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«Non posso pensarti dolente
da che la morte odora di resurrezione». Eugenio Montale
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Postato da: giacabi a 15:26 |
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morte, montale
coscienza della propria fatalità
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«Il fondo dell'uomo è l'angoscia, la coscienza della propria fatalità,
da cui nascono tutte le paure, anche quella della morte»
Andre Malraux
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Postato da: giacabi a 12:26 |
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morte, malraux
Il traguardo dell’uomo moderno
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«Oggi la gente vive nel benessere senza gioia. In fondo a una lunga sfilata di bollette della luce, del telefono e del gas, non intravede altro che il conto delle Onoranze Funebri»
Bruce Marshall.
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Postato da: giacabi a 09:00 |
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nichilismo, morte
La morte odora di resurrezione
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Eugenio Montale |
Postato da: giacabi a 20:36 |
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morte, montale
Il dramma della fine
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« L'uomo che non avvertisse il dramma della sua fine non sarebbe nella normalità ma nella patologia, sarebbe da far sdraiare sul lettino ed aiutare a guarire»
Gustav Jung
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Postato da: giacabi a 15:54 |
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morte
IL SENSO DELLA MORTE
E DEL DOLORE
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[Ella si chiedeva] Se vi sia un eterno distacco o un rapporto misterioso fra i morti ed i vivi; se
l’attività dell’oggi si esaurisca in sé o si prolunghi altrove, in un
universo spirituale, causa prima della spiegazione suprema dell’universo
visibile! Se un tale prolungamento esiste, la morte assume un altro
senso, o, per dir meglio, ha un senso a patto che il prolungamento
esista. Altrimenti si tratterà di una semplice fine; e,
prescindendo dal dolore, che differenza c’è fra una morte e l’altra?Per
chi muore tutte si equivalgono; tutte si annientano nello stesso modo
(pag.189)
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“Con che dolore le povere anime tormentate del nostro tempo avranno cercato una verità, ch’era così semplice e vicina, anzi sotto mano! Ma il dolore della ricerca non è forse una preghiera? Quando sentiamo che Dio ci manca, Egli ci sta appresso”
Paul Bourget, Il senso della morte
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Postato da: giacabi a 22:56 |
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morte, bourget
LA MORTE
NELL’ERA DEL NICHILISMO
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“Noi,
oggi, andiamo a ritroso verso la morte, crediamo di aiutare gli anziani
facendo loro scimmiottare la gioventù, ma essi non hanno più nulla da
dirci, non hanno più nulla da raccontare ai bambini, non hanno più
memoria perché non hanno più speranza.
Nel
XVII secolo, all'epoca del primo trionfo della razionalità, si
rinchiusero nei manicomi gli « idioti », gli «innocenti », testimoni
della precarietà dell'esistenza normale, testimoni di abissi senza
fondo, che ora erano quelli dell'ossessione e dell'orrore, ora quelli di
una insostenibile sapienza... Nel « secolo dei lumi », gli ossari che
stavano ancora a cielo aperto in piena Parigi sono stati accuratamente
ricoperti e i morti sono stati raccolti alla periferia delle città, nei
cimiteri, sotto le pesanti lapidi dell’orgoglio familiare. Ai nostri giorni, gli
anziani vengono rinchiusi in ricoveri asettici, quando poi non li si
lascia vegetare e morire nella solitudine. E così li dimentichiamo, per
meglio convincerci di essere giovani, nella rassicurante pienezza di un
tempo infinito. I malati incurabili, a loro volta, sono condannati alla
segregazione scientifica degli ospedali, dove si muore soli, irti di
sonde e di aghi, quasi sempre nell'incoscienza: senza amicizia, e
soprattutto senza quella preghiera che guida l'anima sulle vie
dell'invisibile. E ancora, senza che chi muore abbia la possibilità di
lasciare a chi gli è vicino una parola che già viene dall'altro mondo,
una parola che potrebbe prepararlo, a sua volta, per questo passaggio...
Ormai
si è già detto tutto sulla censura della morte nell'occidente
contemporaneo e, a quanto pare, le cose sono ancora più rozze
nell'Unione Sovietica, dove i cimiteri sono spesso abbandonati
nell'incuria più assoluta e con altrettanta facilità distrutti per
lasciare il posto a degli stadi: largo alla vita! Negli Stati Uniti, si
truccano i morti come se andassero ad un ultimo ricevimento Keep
smile(continua a sorridere) ancora
una volta ,- e i cimiteri si stendono su vasti tappeti erbosi,
innocenti come l'oblio. In un cantone svizzero, poi, per evitare lo choc
psicologico della visione della bara, i cadaveri vengono portati via su
una barella, come un malato o un ferito.
Si
allontanano i bambini dai morti, quando invece il volto di certi morti,
pacificato e bello, potrebbe aprire l'infanzia al mistero. Non si
vegliano più i morti, cosi come non si dice più ai malati incurabili che
stanno per morire. Per dire di queste cose, per vegliare, bisognerebbe
saper assumere l'altro nella tenerezza e nella preghiera, nella Chiesa.
La malattia e la morte sono presentate come dei casi che non hanno
alcun significato, ma soprattutto non quello di mettere in causa la
sufficienza di questo mondo. Ogni cosa viene rinchiusa nei limiti di
questo mondo, e si cerca soltanto di eliminare le malattie, di ritardare
la morte. Si vive, si muore, e, dato che c'è solo questo mondo, i
sopravvissuti non possono né pensare né dire nulla. Il mutismo dei morti
ci coinvolge tutti. Ci si dedica interamente a delle tecniche il cui «
accanimento terapeutico» non è altro che un'esasperazione assurda. E se
poi questo fa problema, lo fa soprattutto per dei motivi finanziari.
E l'angoscia avvelena tutto, produce una vera e propria nevrosi spirituale. Il
desiderio dell'uomo ,nel senso in cui l'Apocalisse parla, in maniera
assolutamente positiva, dell'« uomo dei desideri» -è coinvolto e
sconvolto in un consumo nevrotico. La medicina psicosomatica conosce
perfettamente la bulimia degli angosciati. Tutta
la nostra civiltà ne è affetta: bulimia di cibo, di impressioni, di
immagini, di suoni, e persino di divertimenti culturali;
in tutto ciò affiora, viene alla superficie e diventa struttura storica
il « peccato originale », quella captazione cos1 profondamente
ripiegata su se stessa che ha fatto sl che Romano il Melode, il grande
innografo del VI secolo, potesse definire l'atteggiamento di Adamo come
un « rifiuto del digiuno ». E si può ingannare l'angoscia anche con
l'attesa, lirica o violenta, di una società perfetta...
E
così si sviluppa una civiltà di drogati: eccitanti e tranquillanti
fatti proliferare dall'industria medica, proiezione sull'altro, sul
nemico, dell’ombra che ci è perseguita e nella quale le civiltà arcaiche
vedevano l'immagine dell'alter ego, o dell'anima. E sono allora le
grandi paure e i grandi odi astratti della politica. E l'erotismo, le
droghe propriamente dette, un certo uso della musica o della velocità,
le varie tecniche della estasi sradicate dal loro ambiente originario:
si vorrebbe dare alla vita un'intensità che faccia scomparire tutte le
ombre, ogni morte. Ma la morte ha sempre l'ultima parola. Non c'è nulla
che lasci soli, ed in una solitudine tanto agghiacciante, come il
parossismo. E resta solo il gioco con il suicidio -che è forse l'altra
faccia di un'invocazione di aiuto -o il desiderio di farla finita con la
società, non solo perché, a partire da Rousseau e soprattutto a partire
da Marx, si è attribuita alla società la responsabilità di tutti i
mali, ma perché, fatte cadere tutte le maschere, si scopre
immediatamente che questa civiltà della felicità è in realtà una civiltà
della morte.
Si finisce per rimaner presi nelle proprie reti.
Quanti giovani si uccidono oggi perché ai loro occhi non c'è più nulla
che abbia senso? Quante depressioni nervose, rapidamente cronicizzate,
sfuggono alla terapeutica freudiana e possono essere spiegate solo da
questa assenza di senso? La tentazione del suicidio si diffonde e
l'esistenza stessa della specie ne è minacciata. Con la dissociazione
tecnica della sessualità e della procreazione, gli indici della natalità
crollano in tutti i paesi industriali, all'est più ancora che
all'ovest; questa tendenza si sta ora diffondendo in Giappone, in Cina e
nell'Asia del sud-est. Il trionfo del nichilismo rende ormai possibile,
un po' dappertutto, un suicidio della specie.
Ormai
il silenzio è rotto. Il tema della morte appare sempre più
insistentemente nel pensiero filosofico, storico e medico. Viene
denunciato lo scandalo di tante morti solitarie ed inconsapevoli, di
tanti anziani abbandonati ed ossessionati dall'angoscia. Non c'è dubbio che così si prepari una metamorfosi dell'ateismo. E
sembra che sia ormai giunto il tempo di una tenerezza seria e triste,
senza speranza, un tempo in cui gli uomini ormai orfani si stringeranno
infreddoliti gli uni agli altri, circondando i morenti di un'attenzione
tenera e delicata, e tuttavia vuota perché interamente di questo mondo.
Si morirà fra amici, in una specie di estasi prodotta dalle droghe.
Questo ritorno al nulla si consumerà come un incesto: anche qui,
infatti, in questa privazione definitiva, non ci sarà più posto per il
Padre...
E c'è ancora bisogno di dirlo? Non sarà certo la guarigione dalla grande nevrosi occidentale. Sarà
il tempo di crisi spirituali ancora più grandi, contrassegnate da
tentativi anticristici, ma anche da un rinnovato annuncio della
Risurrezione.”
Oliver Clement da: La rivolta dello Spirito ed. Jaca Book
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