Il Natale di Fortunato
***
Oggi
che l'ala della pace cristiana sembra sfiorare la terra, la mia
fantasia stanca non ama raccontarvi vicende di orchi e di fate, di gnomi
e di malefizi. Evocherò per voi una fiaba non mia, una leggenda che
ascoltavo dalla cara bocca d'una fantesca defunta, in altri Natali
lontani, quand'ero piccolo come voi, miei piccoli amici.
La
buona vecchia raccontava ed io fissavo attraverso i vetri il cielo
bigio e la città invernale e la mia fantasia s'attendeva di veder
rosseggiare la tunica di Gesù fra le rotaie dei tramvai, sotto il
bagliore delle lampade elettriche...
Quando
Gesù veramente compariva su questa terra e lasciava la tunica per
travestirsi e confondere i peccatori e confortare gli oppressi, viveva
in un paese lontano un contadino rimasto vedovo con molti figli troppo
piccoli ancora per guadagnarsi la vita.
Era
la Vigilia di -Natale e Fortunato - così si chiamava il pover'uomo -
stava sulla porta di casa, pensoso ed inquieto. Non aveva danaro, non
aveva lavoro, né sapeva come sfamare le sue creature.
Udiva
a tratto, dall'interno della casa, lo strillare dei bimbi e si chiudeva
gli orecchi e chinava il capo sulle ginocchia, col cuore spezzato..
- A che meditate, buon uomo? Perché siete così triste?
Fortunato alzò il viso sussultando e vide uno sconosciuto dinanzi a sé.
-
Signore, se sono triste, non è senza ragione; i miei bimbi hanno fame; e
non c'è in casa un tozzo di pane, non ho lavoro e non so come fare!
- Se voi voleste lavorare per me, vi pagherei lautamente.
- Non domando di meglio, signore!
- Sta bene. Andate domattina a falciare l'erica sulla brughiera e al tramonto verrò a pagarvi.
-
Voi dimenticate che domani è Natale, il giorno più santo dell'anno.
Comincerò dopo, con tutto lo zelo. - Allora non c'intendiamo... Comincio
a dubitare che siate un simulatore e che non abbiate quel gran bisogno
che dite.
- M'è testimonio Iddio che muoio di fame!
- Fate allora ciò che vi dico.
In
quell'istante Fortunato intese i gemiti dei bimbi che dall'interno
della casa imploravano disperati. - Sia! Farò come voi volete, per amore
dei miei figli. E Dio, che vede,. perdonerà!
- Sta bene. Trovatevi domani sulla brughiera e al tramonto sarò a pagarvi.
E lo sconosciuto disparve.
L'indomani
Fortunato s'alzò di buon mattino, fece le sue preghiere come di
costume, intinse le dita nell'acqua benedetta, si segnò con un lento
segno di croce, esitò ancora incerto, poi si decise, prese la falce e
andò sulla brughiera. Ed eccolo a tagliare l'erica secca.
Lavorò tutto il giorno, mentre dal villaggio veniva sul vento, or sì or no, l'armonia osannante delle campane.
- Dio che vede mi perdonerà...
E proseguiva il lavoro e accumulava fasci su fasci, pregando sommessamente.
Era
un Natale senza neve, gelido e sereno. Il sole declinava all'orizzonte
in un cielo acceso e Fortunato depose la falce, si sedette stanco sopra
una pietra, in attesa. Ma lo sconosciuto non giungeva.
Fortunato
cominciava ad inquietarsi, quando intese un crepitio e vide nell'ombra
del crepuscolo un vivo bagliore; si volse, balzò in piedi e vide che i
fasci dell'erica divampavano crepitando. S'adoperò invano per domare le
fiamme; in pochi secondi l'arido sterpame era in cenere.
-
Oh! misero me! Ho faticato tutto il giorno a stomaco digiuno, ho
profanato un giorno santo, ed eccomi a mani vuote, più miserabile di
prima.
-
Non desolarti, buon uomo! Non desolarti cosi! Fortunato si volse e vide
nell'ombra un altro sconosciuto che lo fissava dolcemente.
Ed egli gli raccontò la sua disavventura.
-
Ho avuto torto, lo riconosco; ma i miei figli morivano di fame... ma
più della fame, più della vana fatica, mi duole d'aver profanato questo
giorno solenne... Lo sconosciuto gli prese una mano, lo fissò a lungo,
gli disse con voce soave:
-
Ebbene, datevi pace. Vi pagherò io la giornata e assai più lautamente.
Andate a casa e troverete il compenso. Ma adoperate pel meglio la vostra
fortuna; né la casa vostra, né la vostra borsa si chiudano mai dinanzi
alla sventura...
E lo sconosciuto disparve.
Fortunato
pensò d'aver male inteso, tanto la promessa era bella, e ritornò verso
casa con ansia frettolosa. Giunto in vista dell'abitazione, s'arrestò
sbigottito, soffregandosi gli occhi, palpandosi, credendo di sognare. La
misera capanna non c'era più, ma traspariva fra gli alberi una bella
casa, dalle finestre luminose nella notte serena. Sulla porta
l'attendevano i suoi figli festanti. Lo presero per mano, lo condussero
in una sala dov'era imbandita una sontuosa mensa natalizia.
-
Ad una parete, sul damasco azzurro, erano intrecciati la zappa, il
bidente, i suoi attrezzi di contadino con in mezzo la croce di legno
della preghiera consueta.
Fortunato piegò le ginocchia dinanzi a quel trofeo in muta adorazione verso il prodigio divino.
Da
quel giorno Fortunato cambiò vita. Acquistò i campi dei vicini,
ingrandì i suoi dominii a perdita di vista. Tutti erano sbigottiti da
tanta prosperità e tenevano per certo che Fortunato avesse scoperto un
tesoro favoloso.
Egli
mantenne la promessa data al benefattore sconosciuto. Nessuna miseria
sostava alla sua porta senza essere confortata di parola e di danaro.
Ma
col tempo il suo carattere andò mutando; come arriva sovente, la
ricchezza gl'indurì il cuore; a poco a poco si dimenticò del suo
passato, si circondò di adula tori e di potenti, divenne fantastico,
orgoglioso, arrogante.
Un
giorno - era il Natale e compiva l'anno dell'incontro miracoloso - egli
dava un pranzo di gala e aveva convitato tutti i ricchi e i nobili del
paese.
Dalla
sala di damasco azzurro era stato tolto il trofeo della croce e delle
zappe e confinato nel solaio, come un ricordo vergognoso.
Fortunato
aveva ordinato ai servi di non lasciare entrare nessun mendicante nel
cortile del castello. Due valletti armati di bastone vigilavano
l'ingresso per impedire il passo a chiunque non fosse invitato.
Tuttavia, all'ora di sedere a mensa, arrivò nel cortile, non si seppe
come, un vecchio mendicante. I servi gli furono sopra respingendolo e
malmenandolo.
- Come sei qui, mascalzone? Via! Via! Esci all'istante! - E lo minacciarono coi bastoni alzati.
- Soccorrete un miserabile, in nome di Dio – disse il poveretto con voce supplicante.
- Oggi no. Ritorna domani.
Ma quegli insisteva e alzava la voce per essere udito dai convitati.
Fortunato
intese, s'affacciò alle vetrate, furibondo, perché quei gemiti
freddavano l'allegria dei suoi amici. - V'avevo detto di vietare il
passo a quegl'intrusi! Scacciate quel miserabile e se resiste sciogliete
i cani.
Furono sciolti i molossi, ma questi lambivano le mani del mendicante, che s'allontanò lentamente, scuotendo il capo.
Fortunato ritornò fra i commensali, riprese a bere, a ridere, a celiare.
Poco
dopo entrò nel cortile, con gran fragore, una carrozza magnifica tirata
da quattro superbi cavalli. E nella carrozza stava un principe, coperto
d'oro e di gemme. I servi corsero ad avvertire il signore e tutti
s'alzarono da tavola, si protesero alle finestre, guardando curiosi nel
cortile.
Fortunato
s'avanzò verso la carrozza, col cappello in mano, inchinando fino a
terra lo sconosciuto; lo pregò di fargli l'onore di discendere e
d'entrare nella casa.
-
Grazie - rispose il forestiero - non discenderò, e non entrerò in casa
vostra. Già son venuto poco fa come mendicante e voi mi avete fatto
cacciare dai cani. Vengo ora con l'abito e l'equipaggio d'un signore e
v'inchinate fino a terra... Accompagnatemi prima in un luogo non lungi
di qui, dove parleremo delle cose nostre...
E il principe accompagnò Fortunato nella brughiera dove aveva falciato l'erica il Natale prima.
-
Fortunato, Fortunato! Avete dimenticato così bene il nostro colloquio
d'or è l'anno? Un anno di ricchezza e di prosperità è stato sufficiente
per fare dell'uomo pio un miserabile orgoglioso! La ricchezza improvvisa
v'ha inaridito il cuore: che la povertà ve lo rifaccia pietoso e
cristiano!
Lo sconosciuto disparve e Fortunato ritornò di corsa al castello.
Ma il castello non c'era più.
Nevicava,
nevicava, nel triste crepuscolo di dicembre; fra i tronchi e i rami
Fortunato intravide la sua capanna di prima, illuminata dalla triste
lucerna ad olio, intese le grida dei bimbi affamati. Castello, servi,
oro, mensa, commensali, tutto era scomparso come in un sogno.
Fortunato
sentì ripalpitare in cuore una tenerezza pietosa e riprese la via della
salvezza e della povertà... Questo accadeva quando Gesù compariva sulla
terra in misteriosi sembianti e visitava le campagne e sostava alle
soglie per ammonire gli uomini.
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Postato da: giacabi a 09:04 |
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natale, gozzano
***
Uno spettacolo incredibile che apre il cuore, vedere come tutti si sono coinvolti: i
bimbi cantavano nel coro degli angeli, i malati han portato i doni dei
Re Magi, San Giuseppe non poteva essere più perfetto: Jorge, malato di
Aids di origine ebraica. E poi le anziane della casa di accoglienza, che
hanno acclamato il Signore vestite da pastorelle, mentre nella paglia
piangeva appena nato Arnaldito, bimbo sieropositivo della Casita.
Un Presepe così bello e così commovente apre il cuore alla venuta del Signore,
Buon Natale da tutti gli ospiti della clinica e i bambini della casita*
visita il sito della Fondazione San Rafael in Paraguay |
Postato da: giacabi a 15:34 |
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natale, presepe, padre trento
Venite alla Capanna
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G.L.Ferretti - A.Sparagna: (Litania) Venite alla Capanna
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Postato da: giacabi a 19:41 |
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natale, ferretti
Caro Gesù bambino, ti prego
riportaci presto
il senso del peccato
***
di Susanna Tamaro
Lettera
per un Natale diverso. Le nostre trasgressioni sono un "mancare il
bersaglio" della vita, della consapevolezza dell’esistere. Perché crescere non è altro che imparare a distinguere il bene dal male
Caro
Gesù bambino, mi permetto di disturbarti perché so che ormai non
saranno in molti a farlo. Un esercito di tripponi vestiti di rosso e con
barbe posticce ha invaso il tempo a te dedicato e - con il e di renne
volanti - ha offuscato la straordinaria umiltà della tua nascita. Questa
folla vociante di buontemponi dagli occhi sbarrati in un’espressione di
perenne felicità si cala dalle finestre dei condomini, staziona davanti
ai negozi e nelle strade più commerciali delle città.
Sono
loro ormai a raccogliere i desideri dei nostri bambini. Come non
provare simpatia per questi arzilli nonnetti? Non c’è malizia nei loro
occhi né traccia di rughe sulle loro guance, dai loro sacchi non esce
mai carbone. La loro presenza ci parla di un mondo privo di ombre, un
mondo dove tutti si vogliono bene, si fanno regali uniti da una eccitata
felicità. C’è del male a essere felici, a desiderare l’armonia?
Naturalmente no, forse per questo la schiera di amabili tripponi sono
diventati così popolari.
Però, caro Gesù bambino,
un mondo in cui non esiste l’ombra mi lascia vagamente inquieta. Ci
sono tante cose che vorrei chiederti, ma forse la prima - e la più
importante - è proprio questa. Riporta la coscienza dell’ombra nei
nostri cuori, restituisci a tutti noi questa dimensione così umana. Che
cos’è infatti l’uomo, senza la consapevolezza del male?
Dai tempi di Rousseau ci viene ripetuto che l’uomo nasce naturalmente
buono e questa ossessiva ripetizione ha finito con il dare i suoi
frutti. La
colpa del male che ci circonda, ci viene detto, non è mai in noi, ma
sempre al di fuori: è colpa della società, delle ingiustizie, della
corruzione, dei nostri genitori, della parte politica avversa, ma non
dipende mai da una nostra precisa responsabilità. Sono state edificate
grandi dittature su quest’idea - dittature che hanno causato decine e
decine di milioni di morti innocenti - ma ciononostante continua ad
essere radicata. Cambiando le condizioni esterne, si continua a
ripetere, l’uomo cambierà e sarà in grado di rendere la società più
giusta, più tollerante. E se invece la priorità fosse quella di cambiare
l’interno?
Nelle ultime pagine di Va’ dove ti porta il cuore la nonna scriveva alla nipote: «Ricordati che la prima rivoluzione da fare è quella dentro se stessi,
la prima e la più importante. Lottare per un’idea senza avere un’idea
di sé è una delle cose più pericolose che si possano fare ». Riporta,
dunque, nei nostri cuori, caro Gesù bambino, il senso di quella cosa
ormai così ridicola, sorpassata e oscurantista che si chiama senso del
peccato. Lo
so, questo termine suscita nella maggior parte dei nostri contemporanei
dei moti di fastidio o di ilarità: cosa c’entra il peccato con gli
uomini moderni che dominano ogni cosa sotto la chiara luce della
ragione? Sono convinti, penso, che il peccato sia un anacronistico
sistema di controllo delle coscienze imposto dai vari fanatismi
religiosi. Ma se
invece il peccato fosse, come dice una delle sue etimologie ebraiche
più frequenti, prima di tutto un «mancare il bersaglio», uno smarrire la
strada, una deviazione di percorso? Deviazione dal nostro cammino di
crescita. Che cos’altro è la vita dell’uomo se non un faticoso,
affascinante, meraviglioso cammino verso il bersaglio, cioè la piena
consapevolezza dell’esistere?
Un
cammino di continua lotta contro le tenebre che cercano di sopraffarci,
dove le tenebre non sono un dispetto fatto al Papa, ma quella forza
oscura che costantemente agisce dentro di noi portandoci verso la
chiusura, l’egoismo, l’odio per sé e per gli altri mascherato da mille
suadenti volti. Il cammino dell’uomo non è altro che un processo di
unificazione. Si nasce divisi, ci sono tante pulsioni in noi in lotta
tra loro per predominare. Crescere vuol dire appunto discernere,
imparare a distinguere ciò che è bene da ciò che non lo è. Il criterio
per la distinzione è estremamente semplice: è bene tutto ciò che
costruisce, tutto ciò che l’uomo fa per l’uomo nella dimensione
dell’apertura e dell’amore; è male tutto ciò che, nel tempo, si dimostra
portatore di divisione e di distruzione, anche se all’inizio è apparso
benevolo.
Ogni
mattina, quando mi sveglio e comincio la giornata, so che dentro di me
sonnecchia un potenziale assassino, sento perfettamente viva la grande
scimmia che c’è in me, una scimmia pronta a difendere il suo territorio a
morsi e a colpi di randello, incapace di elaborare pensieri molto più
complessi di quelli legati alla propria sopravvivenza. Sono però
cosciente che invece quello che mi divide dalle grandi scimmie - quel
due per cento di diversità genetica - è proprio la possibilità di
scegliere e di costruire la mia vita sulla base di questa capacità. Ogni
scelta naturalmente è una rinuncia: è rinunciando a delle cose che
imparo a riconoscere la parte di me che vuole crescere da quella che,
invece, vuole mantenermi ferma. In una società bulimica come la nostra,
il discorso della rinuncia suona sinistro, eppure senza questo percorso non si potrà mai raggiungere la saggezza e la sapienza, vero scopo della vita dell’uomo.
Che
senso ha invecchiare, inseguendo il simulacro dell’eterna giovinezza,
gonfiandosi le labbra, le guance? Una società che non accetta il
cambiamento, che non riconosce il principio del male è inerme davanti ai
mostri che lei stessa produce. È una società che, per anestetizzare la
propria coscienza, ha bisogno di alzare sempre più alte le bandiere
dell’umanitarismo, della tolleranza, del pacifismo. Sente i demoni
salire dentro di sé, ma non sa come tenerli a bada, così usa i
surrogati: per non parlare del bene, ci fa indossare gli osceni abiti
del buonismo volendo farci credere che indossare la pelle della pecora
sia la stessa cosa che diventare agnelli.
Come
dormiamo sereni con le nostre bandiere della pace alla finestra, con le
petizioni che firmiamo, con le indignazioni che si susseguono giorno
dopo giorno seguendo l’orchestrazione emotiva dei mass media. Com’è
bello sentirsi buoni e giusti mentre il mondo intorno a noi è popolato
di ottusi, di fanatici, di malvagi. Lottare per la giustizia sulla terra
è una cosa importantissima, come tu sai, ma per farlo bisogna avere un
cuore indiviso, capace di mettere sempre il mistero della persona in
primo piano e non l’abito disonesto del pregiudizio e dell’ideologia.
Ci
sono tante altre cosa che vorrei chiederti, caro Gesù bambino. Vorrei
chiederti, ad esempio, di far sparire il cinismo dalle nostre menti e
dai nostri pensieri, di riportare in noi la capacità di accogliere con
stupore l’arrivo di un nuovo giorno, sapendo che qualsiasi cosa ci
accadrà sarà comunque importante perché ci servirà per imparare.
Cancella tutti gli «ismi» dai nostri cuori e riempili di compassione.
Compassione per le persone, per gli animali, per le piante, per tutto il
mondo che vive assieme a noi e, con noi, condivide il mistero del male.
Rendi di nuovo innocenti i nostri bambini che abbiamo trattato come
cassonetti della spazzatura buttando loro addosso ogni sorta di
porcheria pretendendo poi che diventino delle belle persone e dei bravi
cittadini. Ridona ai genitori la capacità di educare e di guardare a
ogni figlio come un essere delicato e prezioso da trattare con fermezza e
con amore, proteggendolo dalle oscenità del mondo circostante.
E infine
porta un grande carico di vergogna a tutte le persone che occupano un
posto di potere e non agiscono per il bene della comunità. Fai arrossire
i corrotti, gli evasori, gli ipocriti, i demagoghi e tutti coloro che
vivono proni davanti agli idoli del potere e del denaro. Caro Gesù
bambino, fa’ che noi continuiamo a sentirci creature fragili, dal
destino misterioso, dal compito affascinante e non automi docilmente
succubi del fracasso dei media. Fa’
che siamo capaci di ribellarci a questa oscurità che ci viene fatta
passare per luce, alle luci finte, alle barbe finte, alla pance finte,
ai pensieri e ai sentimenti finti, alle finte eterne giovinezze. Fa’ che
in ognuno di noi torni a radicarsi l’idea che non c’è altro senso del
cammino della vita che la costruzione e la ricerca dell’amore.
Susanna Tamaro
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Postato da: giacabi a 09:07 |
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natale, tamaro
Buon Natale
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Al di sopra dell’infinità dello spazio e del tempo, l’amore infinitamente più infinito è venuto ad afferrarci. Simone Weil
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Postato da: giacabi a 14:20 |
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natale, weil
ARIA DI NEVE
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di Adriana Mascagni
Aria di neve stasera e nessuno ha tempo di aprire la porta ed il cuore. Aria di neve stasera e qualcuno ancora va in giro, ancora non sa dove andrà questa notte a riposare. Un uomo che batte a tutte le porte, un uomo che chiede a tutte le case se non c’è un posto per lei, per lei, che è con me. Aria di neve stasera... La donna si piega sul suo dolore al figlio che nasce darà il suo calore ci sarà un muro, vedrai vedrai, basterà. Aria di neve stasera e nessuno ha tempo di aprire la porta ed il cuore. Aria di neve stasera e nel cielo si muove una stella che si fermerà solo là sulla casa più lontana. Il bimbo che piange in mezzo alla paglia la donna che prega e l’uomo che guarda. Regnerà. Il mondo chi sei chi sei non lo sa. Aria di neve stasera...
Andemus a Sa Grutta
- Naschid'est Coro polifonico "Santu Domini" di Zerfaliu
Il coro di Zerfaliu canta Notte de Chelu
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Postato da: giacabi a 09:22 |
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canti, natale, sardegma
Il Natale è la festa dell’uomo
***
“Natale è la festa dell’uomo. Nasce l’Uomo. Uno dei miliardi di uomini che sono nati, nascono e nasceranno sulla terra. L’uomo,
un elemento componente della grande statistica... L’uomo, oggetto del
calcolo, considerato sotto la categoria della quantità; uno fra
miliardi. E nello stesso tempo, uno, unico e irrepetibile. Se
noi celebriamo così solennemente la Nascita di Gesù, lo facciamo per
testimoniare che ogni uomo è qualcuno, unico e irrepetibile. Se le
nostre statistiche umane, le catalogazioni umane, gli umani sistemi
politici, economici e sociali, le semplici umane possibilità non
riescono ad assicurare all’uomo che egli possa nascere, esistere ed
operare come unico e irrepetibile, allora tutto ciò glielo assicura
Iddio. Per
Lui e di fronte a Lui, l’uomo è sempre unico e irrepetibile; qualcuno
eternamente ideato ed eternamente prescelto; qualcuno chiamato e
denominato con il proprio nome” Giovanni Paolo II, Radiomessaggio natalizio, 25 dicembre 1978
grazie a : www.culturacattolica.it/
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Postato da: giacabi a 08:54 |
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natale, giovanni paoloii
Il Natale e la Speranza
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Postato da: giacabi a 20:16 |
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natale, carron
Che sia un grande pazzo Natale a tutti
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“Paura della pazzia. Vedere pazzia in ogni sentimento che miri direttamente a una mèta e faccia dimenticare tutto il resto.
Che cosa è allora la non-pazzia? Non-pazzia è stare come un mendicante
davanti alla soglia di fianco all’ingresso, marcirvi e crollare.
Eppure
P. e O. sono pazzi disgustosi. Ci devono essere pazzie più grandi di
coloro che ne sono affetti. Questo espandersi dei piccoli pazzi nella
grande pazzia è forse ciò che disgusta.
Ma ai farisei non apparve anche Cristo in queste condizioni?”
Franz Kafka, Diari Mondadori
da: www.tempi.it
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Postato da: giacabi a 14:23 |
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natale, kafka
NATALE DEL SIGNORE
***
La verità è sorta dalla terra
“ Chiamiamo
Natale del Signore il giorno in cui la Sapienza di Dio si manifestò in
un bambino e il Verbo di Dio, che si esprime senza parole, emise vagiti
umani.
La divinità nascosta in quel bambino fu tuttavia indicata ai Magi per
mezzo di una stella e fu annunziata ai pastori dalla voce degli angeli.
Con questa festa che ricorre ogni anno celebriamo dunque il giorno in
cui si adempì la profezia: La verità è sorta dalla terra e la giustizia si è affacciata dal cielo La Verità che è nel seno del Padre è sorta dalla terra perché fosse anche nel seno di una madre. La Verità che regge il mondo intero è sorta dalla terra perché fosse sorretta da mani di donna.
La Verità che alimenta incorruttibilmente la beatitudine degli angeli è
sorta dalla terra perché venisse allattata da un seno di donna. La Verità che il cielo non è sufficiente a contenere è sorta dalla terra per essere adagiata in una mangiatoia.
Con vantaggio di chi un Dio tanto sublime si è fatto tanto umile?
Certamente con nessun vantaggio per sé, ma con grande vantaggio per noi,
se crediamo. Ridestati, uomo: per te Dio si è fatto uomo. Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà . Per te, ripeto, Dio si è fatto uomo. Saresti morto per sempre se lui non fosse nato nel tempo. Mai
saresti stato liberato dalla carne del peccato, se lui non avesse
assunto una carne simile a quella del peccato . Ti saresti trovato per
sempre in uno stato di miseria se lui non ti avesse usato misericordia.
Non saresti ritornato a vivere se lui non avesse condiviso la tua morte.
Saresti venuto meno se lui non fosse venuto in tuo aiuto. Ti saresti
perduto se lui non fosse arrivato.”
Sant’Agostino dal discorso 185
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Postato da: giacabi a 09:02 |
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natale, agostino
La notte santa
***
Consolati, Maria, del tuo pellegrinare! Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei.
Presso quell'osteria potremo riposare, ché troppo stanco sono e troppo stanca sei.
Il campanile scocca lentamente le sei.
- Avete un po' di posto, o voi del Caval Grigio? Un po' di posto per me e per Giuseppe?
- Signori, ce ne duole: è notte di prodigio; son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe
Il campanile scocca lentamente le sette.
- Oste del Moro, avete un rifugio per noi? Mia moglie più non regge ed io son così rotto!
- Tutto l'albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi: Tentate al Cervo Bianco, quell'osteria più sotto.
Il campanile scocca lentamente le otto.
- O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno avete per dormire? Non ci mandate altrove!
- S'attende la cometa. Tutto l'albergo ho pieno d'astronomi e di dotti, qui giunti d'ogni dove.
Il campanile scocca lentamente le nove.
Ostessa dei Tre Merli, pietà d'una sorella! Pensate in quale stato e quanta strada feci!
- Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella. Son negromanti, magi persiani, egizi, greci...
Il campanile scocca lentamente le dieci.
Oste
di Cesarea... - Un vecchio falegname? Albergarlo? Sua moglie?
Albergarli per niente? L'albergo è tutto pieno di cavalieri e dame non
amo la miscela dell'alta e bassa gente.
Il campanile scocca le undici lentamente.
La neve! - ecco una stalla! - Avrà posto per due? - Che freddo! - Siamo a sosta
- Ma quanta neve, quanta! Un po' ci scalderanno quell'asino e quel bue...
Maria già trascolora, divinamente affranta...
Il campanile scocca La Mezzanotte Santa.
È nato!
Alleluja! Alleluja! È nato il Sovrano Bambino. La notte, che già fu sì
buia, risplende d'un astro divino. Orsù, cornamuse, più gaje suonate;
squillate, campane! Venite, pastori e massaie, o genti vicine e lontane!
Non sete, non molli tappeti, ma, come nei libri hanno detto da quattro
mill'anni i Profeti, un poco di paglia ha per letto. Per quattro
mill'anni s'attese quest'ora su tutte le ore. È nato! È nato il Signore!
È nato nel nostro paese! Risplende d'un astro divino La notte che già
fu sì buia. È nato il Sovrano Bambino. È nato! Alleluja! Alleluja!
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Postato da: giacabi a 10:09 |
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natale
La commedia del Santo Natale
***
Tra pochi giorni è Natale, e già gli uomini si preparano alla suprema ipocrisia. Perché nessuno ha il coraggio di dirsi che il secolo non è mai stato così poco cristiano come in questi anni?
Perché nessuno di noi osa riconoscere che la magniloquenza degli uomini politici, la 'grande parata' dei sentimenti evangelici, le processioni dei falsi devoti, servono soltanto a nascondere questa terribile verità: che gli uomini non sono più cristiani, che Cristo è morto nell’anima dei suoi figli, che l’ipocrisia è discesa, dalla politica, fin nella vita sociale, familiare, individuale? In tutto il mondo, e anche dall’Italia, si ammazza, si ruba, si tradisce, s’inganna. In tutto il mondo, e anche in Italia, uomini malvagi preparano nuove violenze, nuovi massacri: e tutti noi, come se nulla fosse, ci prepariamo alla commedia (che una volta era la festa dell’innocenza) del Santo Natale. Non ci importa nulla per impedire la sofferenza, la miseria, il male, il delitto, la violenza e la strage. Stiamo cheti e zitti, festeggiamo il Santo Natale. Tanta è la nostra incoscienza, che forse non ci accorgiamo neppure di essere complici dell’immoralità del mondo. E osiamo tuttavia parlare di un avvenire di giustizia e di pace! Vorrei che il giorno di Natale il panettone diventasse carne dolente sotto il nostro coltello, e il vino diventasse sangue e avessimo tutti, per un istante, l’orrore del mondo in bocca. Vorrei che il giorno di Natale i nostri bambini ci apparissero all’improvviso come saranno domani, fra alcuni anni, se non oseremo ribellarci contro il male che ci minaccia: poveri corpi straziati, abbandonati nel fango rosso di un campo di battaglia. Vorrei che la notte di Natale in tutte le chiese del mondo, un povero prete si levasse gridando: «Via da questa culla, vigliacchi, andate a casa vostra, che non osate difendere la giustizia e la bontà, e avete paura d’esser cristiani fino in fondo! Via da questa culla, ipocriti: questo Bambino, che è nato per salvare il mondo, ha schifo e pietà di voi». CURZIO MALAPARTE
tratto da «La commedia del Santo Natale», 1954.
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Postato da: giacabi a 14:49 |
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natale
IL VIAGGIO DEI MAGI
***
Fu un freddo avvento per noi,
proprio il tempo peggiore dell'anno per un viaggio, per un lungo viaggio come questo: le vie fangose e la stagione rigida, nel cuore dell'inverno. E i cammelli piagati, coi piedi sanguinanti, indocili, sdraiati nella neve che si scioglie. Vi furono momenti in cui noi rimpiangemmo i palazzi d'estate sui pendii, le terrazze, e le fanciulle seriche che portano il sorbetto. Poi i cammellieri che imprecavano e maledicevano e disertavano, e volevano donne e liquori, e i fuochi notturni s'estinguevano, mancavano ricoveri, e le città ostili e i paesi nemici ed i villaggi sporchi e tutto a caro prezzo: ore diffidi avemmo. Preferimmo alla fine viaggiare di notte, dormendo a tratti, con le voci che cantavano agli orecchi, dicendo che questo era tutto follia.
Poi all'alba giungemmo a una valle più tiepida,
umida, sotto la linea della neve, tutta odorante di vegetazione; con un ruscello in corsa ed un mulino ad acqua che batteva buio, e tre alberi contro il cielo basso, ed un vecchio cavallo bianco al galoppo sul prato. Poi arrivammo a una taverna con l'architrave coperta di pampini, sei mani ad una porta aperta a dadi monete d'argento, e piedi davano calci agli otri vuoti. Ma non avemmo alcuna informazione, e così proseguimmo ed arrivati a sera non solo un momento troppo presto trovammo il posto; cosa soddisfacente voi direte.
Tutto questo fu molto tempo fa, ricordo,
e lo farei di nuovo, ma considerate questo considerate questo: ci trascinammo per tutta quella strada per una Nascita o una Morte? Vi fu una Nascita, certo, ne avemmo prova e non avemmo dubbio. Avevo visto nascita e morte, ma le avevo pensate differenti; per noi questa Nascita fu come un'aspra ed amara sofferenza, come la Morte, la nostra morte. Tornammo ai nostri luoghi, ai nostri Regni, ma ormai non più tranquilli, nelle antiche leggi, fra un popolo straniero che è rimasto aggrappato ai propri idoli. Io sarei lieto di un'altra morte.
T.S. Eliot
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Postato da: giacabi a 15:09 |
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natale, eliot
Così è stato il natale per molti giovani di oggi
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da:hAurelio Valesi
CONSIDERAZIONE
Il sesso. La partita domenicale. La vita così è risolta. Resta (miseria d'una sorte!) da risolver la morte. Giorgio Caproni da "Il muro della terra" |
Postato da: giacabi a 22:27 |
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natale, caproni
Il Natale visto da Gandhi
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Finché l’anelito della pace resterà insoddisfatto e finché non avremo sradicato la violenza dalla nostra civiltà, il Cristo non è ancora nato. Quando la pace autentica si sarà affermata, ogni dimostrazione sarà inutile, tale sarà l’irradiazione della nostra vita non solo individuale, ma anche sociale. Solo allora diremo che il Cristo è nato in mezzo a noi. Allora non penseremo tanto a un giorno che è un anniversario. Ma a un avvenimento che può realizzarsi in tutta la nostra vita. L’importante e vivere la vita che non si ferma mai, che sempre avanza verso la pace. Se, dunque, si augura un “ Buon Natale” senza dare un senso profondo a questa frase, tale augurio resta una semplice formula vuota. Chi non vuole la pace per tutti non la vuole nemmeno per se stesso. La pace non è possibile se da tutte le parti, contemporaneamente, non c’è un’ intensa aspirazione alla pace. È possibile, certo, sentire la pace anche in clima di lotta, ma solo a condizione di sacrificare e di crocifiggere se stessi, per far scomparire le cause dei conflitti. Sicché, come la nascita miracolosa è un avvenimento, anche la croce è un avvenimento in questa vita di lotta. Ecco perché noi non abbiamo diritto di pensare alla natività, senza pensare anche alla morte sulla croce. Cristo vivo significa croce viva, senza di essa la vita non è che una morte agitata. Young India, 31 dic.1931 grazie a MariaTeresa |
Postato da: giacabi a 15:56 |
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gandhi, natale
Il santo di Natale
Una carriola al posto della culla: è Natale
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Carissimi amici,
queste settimane inizia la novena di Natale. Quest'anno il Papa ci ha davvero sorpresi con un regalo unico e bellissimo: “Spe salvi”. Nelle sue parole c’è tutta la clinica, il volto addolorato e sereno di ogni paziente, perché la speranza è un “già” evidentissimo nella Presenza Eucaristica. In questi giorni in cui sono stato in Italia il Direttore Sanitario, cioè Cristo stesso Eucarestia esposto 24 ore su 24 nel cuore della Clinica, e il Parroco, sempre Lui, ha portato avanti l'opera come nessuno potrebbe neppure immaginare. Il segno più evidente è l’atteggiamento del personale, pieno di responsabilità e l’allegria con cui i pazienti, quelli che hanno sopravvissuto, mi hanno ri-accolto. “Che bello che sia tornato... così a notte fonda vediamo ancora la tua sagoma aggirarsi nei corridoi per vedere chi dorme o chi sta male e non riesce a chiudere occhio neanche con dosi forti di morfina”. L´uomo ha solo bisogno di compagnia, dicevo ai medici e al personale. L'uomo non ha bisogno di consigli ma di qualcuno che lo prenda per la mano e l´accompagni davanti al Padre Eterno. E così il giorno dopo il mio ritorno, siamo andati in un luogo indescrivibile per la sporcizia e la violenza a prendere Giuseppe, di cui vedete la foto, l´uomo della “caretilla” si dice da questa parte. Ossia l´uomo che ha avuto come casa una cariola, che potete vedere nell’immagine. Giuseppe di giorno con la cariola andava a portare di qua e di là la merce per i padroni di turno e di notte ci dormiva. La carriola racchiude tutta la sua vita. Però da alcuni mesi era diventato il suo letto di agonia. Parcheggiata al solito posto, in uno sgabuzzino ricoperto di plastica, era diventato per lui l´unico luogo di accoglienza. Quando già non parlava più, disidratato, già in fin di vita, un vicino non vedendolo da tempo si è avvicinato a quell´immondezzaio e vedendo Giuseppe in quelle condizioni, aiutato dai vicini, l´ha portato in vari ospedali statali, dove è stato rifiutato. E così e stato riportato nella sua cariola, nell´attesa della morte. Ma Dio che non dimentica un istante i suoi figli bisognosi ha fatto il miracolo. Una donna avvisa l’amico di Giuseppe della nostra Clinica. La nostra assistente sociale - come una freccia con la punta piena della carità di Cristo - corre a vedere. Torna, e al Direttivo sanitario riunito pone all’attenzione di tutti i membri il problema, e ovviamente subito diamo l’ordine all’autista dell’ambulanza di andare a prenderlo. Le condizioni in cui lo troviamo sono indescrivibili, peggiori di quelle che la foto di qualche mese fa mostra. Arriva da noi e subito il personale, cosciente che è arrivato un nuovo Gesù Bambino sporco, con la barba incolta, avvolto in poveri cenci, lo puliscono e lo mettono in un letto bello, tutto bianco. Adesso sembra l’ostia, meglio è come l’ostia consacrata che domina la clinica. Non parla, non vede, solo qualche movimento... peró capisce il linguaggio dell’amore… ed è tutto. Anche per lui è iniziata la novena di Natale. Mi inginocchio davanti a questo Cristo crocifisso, lo bacio, lo adoro: è il mio nuovo Gesù. Questa mattina gli ho dato gli oli santi, la benedizione Papale e l'ho consegnato nelle mani della Madonna. Sono contento perché davvero non potevo desiderare una cosa più grande e più bella per iniziare la novena di Natale. Un po' in anticipo... però che importa per chi ogni giorno è Natale. Lo vedo lì avvolto nelle lenzuola bianche e lo guardo, possibilmente e con la grazia di Dio, come la Madonna e Giuseppe guardavano quel bambino nelle grotta di Betlemme. Pregate per me e per questi miei figli. Con affetto,
P. Aldo Trento
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Postato da: giacabi a 18:34 |
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natale, testimonianza, padre trento
Postato da: giacabi a 14:44 |
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natale, novalis
Un bambino è nato per noi
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[1] Il popolo che camminava nelle tenebre
vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. [2] Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si gioisce quando si spartisce la preda. [3] Poiché il giogo che gli pesava e la sbarra sulle sue spalle, il bastone del suo aguzzino tu hai spezzato come al tempo di Madian. [4] Poiché ogni calzatura di soldato nella mischia e ogni mantello macchiato di sangue sarà bruciato, sarà esca del fuoco. [5] Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace; [6] grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e sempre; questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.
Isaia cap.9,1
AUGURI DI BUON NATALE |
Postato da: giacabi a 08:42 |
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natale
Postato da: giacabi a 08:00 |
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natale, bonhoeffer
Auguri a tutti di
Buon Natale!
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Postato da: giacabi a 20:06 |
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natale
Natale
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Natale.
La festa più bella diventata la più odiosa. Scervellarsi per scegliere i
regali, pigiarsi con la gente nei negozi, rimetterci la tredicesima.
Riempirsi la casa e riempire l’altrui di cose inutili. Chi non ha
famiglia o ha contrasti all’interno di essa odia questa festa vieppiù.
Il politically correct ha raggiunto il capolavoro del ridicolo
sfrattando Cristo dal di Lui compleanno, così che si festeggia e si sta
in ferie senza motivo.
Luci e neon e palline colorate e finta allegria fino alle 20,00 del 24 sera, poi di colpo il silenzio.
Poi due giorni di negozi chiusi e città fantasma. Natale coi film di
Pieraccioni e De Sica e Boldi. Qualcuno si spara. Qualcun altro spara ai
parenti.
Natale, che comincia a novembre e finisce il 7 gennaio. Nessuno era riuscito ad abolire il Natale cristiano, neanche Hitler.
C’è riuscita la stupidità umana. Meglio
ricordarsi che l’8 dicembre si è aperto l’anno giubilare di Lourdes e
che si può lucrare l’indulgenza plenaria per sé, per le anime del
Purgatorio o per chi si vuole.
Se proprio non avete per chi chiederla, chiedetela per me, che non vedo l’ora, ogni anno, che passino i due mesi natalizi.
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Postato da: giacabi a 21:33 |
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natale
LA NOSTRA INDISTRUTTIBILE COMPAGNIA
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l’editoriale di don Giussani pubblicato in prima pagina su Avvenire il 24 dicembre 2003
Giuseppe
non si è meravigliato che la donna avesse un bambino, ma che ''quel''
bambino fosse di ''quella'' donna, Maria. Era ''suo'', in quanto aveva
desiderato che fosse di Maria.
Si compie così qualcosa di ben grande: senza Cristo non è concepibile nulla. E' così: senza la creazione non esisterebbe nulla, esisterebbe l'Essere e basta. Ma con Cristo l'Essere è conclamato - comunicarsi è della natura dell'Essere -; con Lui tutto esiste, anche la più piccola foglia di pioppo, effimera eppure esistente. Senza la ri-creazione operata da ''quella'' nascita non esisterebbe la creazione.
Senza
Cristo è impossibile la gioia, perché sarebbe irrazionale. Il desiderio
della gioia, infatti, è della natura dell'uomo quando guarda la realtà
che è fatta. Per questo dice il vero, Dante - e io non smetterò mai di
citarlo -: ''Ciascun confusamente un bene apprende/ nel qual si quieti
l'animo, e disira:/ per che di giugner lui ciascun contende'' (Purgatorio, XVII, 127-129). Così il desiderio descrive proprio la natura dell'uomo.
Per il tipo di festa che è e per la diffusione che ha,
il Natale rappresenta l'ultima thule, l'ultimo passo che la natura
dell'uomo può compiere: riconoscere che la manifestazione dell'Essere
c'è, oppure avanzare verso la disperazione totale, negando che il Verbo
di Dio sia diventato uomo - e così finire come l'ultimo uomo e l'ultima
donna, descritti da Carducci, che vedono il sole calare per l'ultima
volta in un mondo di ghiaccio.
La
ri-creazione operata da Cristo è la verità della creazione. Annunciando
Gesù, il Natale rivela il dominio incontrastabile dell'Essere, che si
qualifica come ''vittoria''. La vittoria è l'esistenza del fatto che
vince su tutte le miscredenze e su tutti i dubbi degli uomini, vince! E
il fatto è l'annuncio che Dio è diventato uomo!
Il
nostro grande Papa ha scritto nel messaggio per la giornata della pace:
''Ciascuno si impegni ad affrettare questa vittoria. E' ad essa che, in
fondo, anela il cuore di tutti''. Con Giovanni Paolo II noi ripetiamo
la stessa cosa, oggi che tutto sembra disprezzato nel tempo o travolto
in modo veloce; ciò che si sperava potesse durare non dura se non un
suono veloce, una pagina di libro, uno sfogliare di giornale. Le parole
si dissolvono nell'aria in brevi istanti di emozione - quando questa non
si sia già consumata nella delusione dello stesso primo istante -,
diventano come le parole di un video, il nulla essendo l'esito continuo
dall'effimera insorgenza. Dal nulla, infatti, non può venire che il
nulla.
Per
questo c'è voluto Cristo, per rimediare a questa fine di tutto. Lui,
l'indistruttibile, non può essere in alcun modo segnato dalla
distruzione. Per cui ancora Dante ci sospinge in avanti, mettendoci
sulle labbra le parole del suo Inno alla Vergine che non temono, queste
sì, il nulla perché sono dettate dall'Essere: ''Qui se' a noi meridiana
face/ di caritate; e giuso, intra i mortali,/ se' di speranza fontana
vivace'' (Paradiso, XXXIII, 10-12).
Freud
diceva che dall'uomo non può venire salvezza, essa può giungere solo
dal di fuori dell'uomo, da altro (o questo altro è l'Essere, e allora è
fonte inesauribile, o è il non essere assoluto, e questa è una cosa
senza senso; dire: ''Non c'è l'essere'', infatti, è pazzia pura perché è
negare l'evidente). Un canto natalizio di Adriana Mascagni, ascoltato in tante parrocchie d'Italia e del mondo, descrive il compiersi di quella inconsapevole profezia:
Aria di neve stasera e nessuno
ha tempo di aprire la porta ed il cuore. Aria di neve stasera e qualcuno ancora va in giro, ancora non sa dove andrà questa notte a riposare. Un uomo che batte a tutte le porte, un uomo che chiede a tutte le case se non c’è un posto per lei, per lei, che è con me. Aria di neve stasera... La donna si piega sul suo dolore al figlio che nasce darà il suo calore ci sarà un muro, vedrai vedrai, basterà. Aria di neve stasera e nessuno ha tempo di aprire la porta ed il cuore. Aria di neve stasera e nel cielo si muove una stella che si fermerà solo là sulla casa più lontana. Il bimbo che piange in mezzo alla paglia la donna che prega e l’uomo che guarda. Regnerà. Il mondo chi sei chi sei non lo sa. Aria di neve stasera... '
Dio ha sfondato questa lontananza. Viene il Natale per assicurare la gioia all'uomo: l'uomo raggiungerà la felicità, che è lo scopo della vita. La sicurezza della gioia! La
certezza di questo è necessaria per vivere, e la certezza c'è quando si
è in compagnia (se uno non ha la compagnia, è perché non la chiede. Se
la chiede, viene data). Cristo è la suprema compagnia che Dio fa
all'uomo. Per questo, auguri.
Mons. Luigi Giussani apparso su Avvenire del 24 dicembre 2003
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Postato da: giacabi a 15:24 |
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natale, giussani
Presepe e Dio lontano
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"Spero,
caro Farfarello, che tu non ti sia lasciato sfuggire l'occasione,
durante queste ultime feste natalizie, di ammirare qualcuno dei presepi
che in molte case ancora si usa allestire per la gioia dei bambini e dei
vecchi. Ce n'è di tutti i tipi, dal legno alla cartapesta, dal
cristallo al bronzo, dalla terracotta al plexiglas...
Io amo i presepi. Dirai che sono un vecchio sentimentale... Ebbene, di' pure, se vuoi. Prima però, senti quello che ho da dirti in proposito. Da secoli ormai un'idea mi frulla per il capo alla sola vista di un presepe, e te la voglio confidare in segno di stima. Ebbene, io credo che la grande quantità di energia che noi diavoli abbiamo sempre profuso per inventare argomentazioni seducenti contro Dio sia, in gran parte fatica sprecata. Noi non dobbiamo creare nuovi argomenti: possiamo usare pari pari i loro. E' il cuore che decide, e spesso decide male. Pensa alle figuri minori del presepe: c'è un solo Giuseppe, una sola Maria, un solo Gesù bambino. Un solo bue, un solo asino. Gli altri sono tutte comparse, compresi i Magi. Ogni uomo al mondo è una figura minore del presepe... Seguimi bene. Dopo aver reso omaggio al Messia, che fanno tutte queste comparse? Se ne tornano, semplicemente, al loro lavoro. Il carrettiere al suo carretto, il panettiere al suo pane, e così via. C'è qualcosa, in tutto ciò, che mi manda in confusione, che mi stordisce e mi umilia: ciascuno torna lieto al suo mestiere, anzi: se prima il lavoro gli pesava, ora gli pesa molto meno, perché ha visto il Messia. Che ira! Tutto diviene accettabile, amabile... Ma poi, passata l'ira, ecco l'idea! La grande idea! Quella che è la più grande dimostrazione dell'esistenza di Dio, la quotidianità, eccola trasformata, senza che apparentemente nulla cambi, nella più grande delle bestemmie! Che cos'è mai il tuo Dio? Un'emozione momentanea prima di riprendere il solito tran tran. Un bambinello che ti salva finché resti in estatica contemplazione, ma poi? Immaginiamo quei poveri pastori al momento del congedo. Un inchino, un altro inchino, mettiamoci pure un terzo inchino. Ma poi le spalle dovranno pur voltare, e tornarsene alle loro pecore, non è vero? E allora noi diavoli pronti, in coro, a soffiar nelle loro orecchie: dalle obiezioni più collaudate ("come può Dio, nella sua bontà, permettere il dolore innocente?") alle migliori invenzioni della modernità (l'uguaglianza di tutti gli uomini davanti a Dio si trasforma nell'egalité giacobina, che è il suo opposto), e via dicendo. Tutte le obiezioni contro Dio nascono dall'idea di un Dio lontano, che non vuole salvare concretamente gli uomini. Ma questa idea nasce, a sua volta, dalla comodità: un Dio lontano è sempre più comodo di un Dio vicino. E' questa, Farfarello, la nostra carta vincente. Da sempre. Un abbraccio dal tuo Malacoda".
C. S. Lewis Lettere di Berlicche
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Postato da: giacabi a 14:55 |
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natale, lewis
Che cosa c’entra il Natale con un Paese davvero depresso
*** da Avvenire del 20/12/2007, , un articolo di Davide Rondoni Dieci per cento in meno di spese per Natale. Meno panettone. Meno viaggi sulla neve o al caldo. Così dicono i sondaggi, pubblicati da esercenti che di certo erano interessati a evitare quel calo. Colpa dell’euro, colpa del governo, colpa dei cattivi negozianti, dei produttori di materie prime, o dei mercati internazionali. Colpa di su e colpa di giù. Dovremo dedurre anche da questi dati che l’italiano, come han detto i giornali americani accogliendo il presidente Napolitano, sta un poco depresso? In che cosa consiste la 'depressione' italiana bisogna comprenderlo bene. Gli indicatori, dallo stato di scuola e università al recente sorpasso ad opera della Spagna, sono chiari. Esportiamo allenatori in Inghilterra, ex modelle in Francia, ma questa etichetta di depressi che gli americani ci hanno affibbiati senza tante cortesie brucia di un bruciore salutare. E’ legittimo esaltarsi per il successo internazionale della nostra diplomazia nella moratoria per la pena di morte, sperando che non sia una sola operazione di facciata e monca dal punto di vista dei diritti. Ma è altrettanto urgente vedere se il Natale che viene può servire a qualcosa a riguardo di questa depressione. Insomma, si può parlar del Natale non solo come occasione buona in cui misurare attraverso consumi, mode o addirittura manie, il polso di una nazione? Come se un’idea della salute del Paese la dessero la quantità di tortellini o di cappone ingurgitati durante le feste. Non ne posso più di sentir parlare del Natale come una sorta di momento magico per addetti ai sondaggi, alle misure, per i preparatori di schede sociologiche, di carte statistiche. Se era per le previsioni di sociologi, statistici, di maghi e sapienti dell’epoca, il Natale manco ci sarebbe stato. Quella nascita è stato il Grande Imprevisto. Era un evento atteso, ma da pochi nel mondo, e i loro sociologi e gli statisti di allora non lo prevedevano davvero così. E ora invece si gettano addosso al Natale come se fosse una festa dell’analista dei consumi, un festival dello statistico dei costumi. Mestieri nobili, se usati nobilmente. Ma guai alla nazione che si fa misurare la pressione o la depressione solo sulla base dei consumi. Il Natale, dunque, può servire a qualcosa ad un paese depresso, o sarà solo un’occasione in più per guardarsi allo specchio e compiangersi ancora un po’ - visto che il lamento è uno degli sport nazionali preferiti? La questione è seria. Masticheremo un po’ più lentamente il bollito, perché il suo gusto duri più a lungo, come consolazione alla demoralizzazione che ci attanaglia? Rimpiangendo l’Italia che sempre ieri era migliore? Oppure ci faremo colpire in petto dalla novità del Natale? Ricordo un ragazzo della Sierra Leone. Era un ex soldatino. Aveva molti motivi per essere depresso. Ma disse che l’aver scoperto Gesù gli aveva fatto venir voglia di fare l’elettricista. Voglia di lavorare. Lo dicevano anche le ragazze tirate via dalla strada da don Benzi. Ecco cosa c’entra il Natale con il rischio di un paese depresso. Non si tratta di una bella favola religiosa, beato chi ci crede e chi s’è visto s’è visto. Il Natale, se riconosciuto per quel che è, può essere una vera benzina nel motore dell’Italia. Una speranza nei cuori, un rinnovato amore per il destino e per il particolare. Il contrario della depressione non è galvanizzare i consumi. Si chiama speranza. Una virtù architettonica, costruttiva. In Italia ce ne sono mille e mille esempi. Statisticamente è difficile misurare la speranza. Ma quando incontri un imprenditore, un professore, una madre che ne hanno, li riconosci nel mucchio dei depressi e dei lamentosi. Ora che ci han dato dei depressi capiamo meglio perché nella grande notte di Natale ad un certo punto si parla di uomini e donne di 'buona volontà'. Non si tratta di gente che ha buone intenzioni - di quelle ci si lastricano le strade dell’inferno. Ma è gente che ogni giorno viene mossa al proprio compito con passione da una speranza certa, da un annuncio di bene. Un annuncio che è ben strano. Non è una buona idea, nemmeno un richiamo morale. Natale è una parola ormai strana, suona quasi come un periodo, che so Capodanno, Ferragosto… Invece è diversa, perché indica un fatto e un volto preciso. Vuol dire: quella nascita. Dovremmo cambiare parola. Non più natale, ma nascita. Si capirebbe meglio. Da festeggiare con gli amici e i cari con tutto il cappone possibile. Ma se anche è un po’ meno - e se anche se ce ne togliamo ancora un po’ da condividere con chi è più povero - non significa affatto che si è depressi, anzi. Il problema del Paese non sono le tavole meno imbandite, ma le orbite di speranza vuote. |
Postato da: giacabi a 21:40 |
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natale
Postato da: giacabi a 19:36 |
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natale, rebora
Cristo nulla toglie di quanto avete in voi di bello e di grande, ma porta tutto a perfezione
***
“Entrati nella casa, videro il Bambino con Maria
sua madre, e prostratisi Lo adorarono”.
Possiamo immaginare lo stupore dei Magi davanti
al Bambino in fasce! Solo la fede permise loro di
riconoscere nei tratti di quel bambino il Re che
cercavano, il Dio verso il quale la stella li aveva
orientati. In Lui, colmando il fossato esistente tra il
finito e l’infinito, tra il visibile e l’invisibile, l’Eterno è
entrato nel tempo, il Mistero si è fatto conoscere,
consegnandosi a noi nelle membra fragili di un
piccolo bambino.
“I Magi sono pieni di stupore davanti a ciò che
vedono: il cielo sulla terra e la terra nel cielo; l’uomo
in Dio e Dio nell’uomo; vedono racchiuso in un
piccolissimo corpo chi non può essere contenuto da
tutto il mondo” (San Pietro Crisologo).
La felicità che cercate, la felicità che avete diritto di
gustare ha un nome, un volto: quello di Gesù di
Nazareth... Solo Lui dà pienezza all’umanità! Con
Maria, dite il vostro “sì” a quel Dio che intende
donarsi a voi. Vi ripeto oggi quanto ho detto all’inizio
del mio pontificato: “Chi fa entrare Cristo [nella
propria vita] non perde nulla, nulla - assolutamente
nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande. No,
solo in questa amicizia si spalancano le porte della
vita. Solo in questa amicizia si dischiudono realmente
le grandi potenzialità della condizione umana. Solo in
questa amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e
ciò che libera”.
Siatene pienamente convinti: Cristo nulla toglie di quanto avete in voi
di bello e di grande,ma porta tutto a perfezione per la gloria di Dio,
la felicità degli uomini, la salvezza del mondo.
Benedetto XVI ~ Colonia 2005
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Postato da: giacabi a 16:56 |
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natale, benedettoxvi
Postato da: giacabi a 20:47 |
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natale
Il Natale visto da Gandhi
***
Non si dovrebbe celebrare la nascita di Cristo una volta all'anno, ma ogni giorno, perché Egli rivive in ognuno di noi. Gesù è nato e vissuto invano se non abbiamo imparato da Lui a regolare la nostra vita sulla legge eterna dell'amore pieno.
Là dove regna senza idea di vendetta e di violenza, il Cristo è vivo.
Allora potremmo dire che il Cristo non nasce soltanto un giorno
all'anno: è un avvenimento costante che può avverarsi in ognuna delle
nostre vite. Quando la legge suprema dell'amore sarà capita e la sua
pratica sarà universale, allora Dio regnerà sulla terra come regna in
cielo. Il
senso della vita consiste nello stabilire il Regno di Dio sulla terra,
cioè nel proporre la sostituzione di una vita egoista, astiosa, violenta
e irragionevole con una vita di amore, di fraternità, di libertà, di
ragione. Quando sento cantare "gloria a Dio e pace in
terra agli uomini di buona volontà" mi chiedo oggi come sia reso gloria a
Dio e dove ci sia pace sulla terra. Finché
la pace sarà una fame insaziata, finché noi non saremo riusciti a
rinascere come uomini illuminati dallo Spirito, a instaurare con le
persone rapporti autentici di comunione da cui siano estranei i sorrisi
forzati, l'invidia, la gelosia, la falsa cortesia, la diplomazia, finché
non avremo come senso della vita la ricerca della verità su noi stessi,
del giusto, del bello, finché non saremo capaci di spogliarci
dell'inautentico, di
ciò che abbiamo di troppo a spese di coloro che non hanno niente,
finché continueremo a calpestare i nostri sogni più belli e più profondi, il Cristo non sarà mai nato.
Quando la pace autentica si sarà affermata, quando avremo sradicato la violenza dalla nostra civiltà, solo allora noi diremo che "Cristo è nato in mezzo a noi". Allora non penseremo tanto ad un giorno che è un anniversario, ma ad un evento che può realizzarsi in tutta la nostra vita. Se dunque si augura un "buon Natale" senza dare un senso profondo a questa frase, tale augurio resta una semplice formula vuota.
Mahatma Gandhi
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Postato da: giacabi a 22:49 |
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gandhi, natale
Fissa gli occhi su Lui solo …
e vi troverai anche più di quanto chiedi e desideri
***
“..solo il Bambino che giace nel presepe possiede il vero segreto della vita. Per questo chiede di accoglierlo, di fargli spazio in noi, nei nostri cuori, nelle nostre case, nelle nostre città e nelle nostre società. Risuonano nella mente e nel cuore le parole del prologo di Giovanni: “A quanti lo hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio” (1,12). Cerchiamo di essere tra quelli che lo accolgono. Dinanzi a Lui non si può restare indifferenti.
Anche noi, cari amici, dobbiamo continuamente prendere posizione. Quale
sarà dunque la nostra risposta? Con quale atteggiamento lo accogliamo? Ci
viene in aiuto la semplicità dei pastori e la ricerca dei Magi che,
attraverso la stella, scrutano i segni di Dio; ci è di esempio la
docilità di Maria e la sapiente prudenza di Giuseppe. Gli oltre duemila anni di storia cristiana sono pieni di esempi di uomini
e donne, di giovani e adulti, di bambini ed anziani che hanno creduto
al mistero del Natale, hanno aperto le braccia all’Emmanuele divenendo
con la loro vita fari di luce e di speranza. L’amore
che Gesù, nascendo a Betlemme, ha recato nel mondo, lega a sé quanti lo
accolgono in un duraturo rapporto di amicizia e di fraternità. Afferma san Giovanni della Croce: “Dio
dandoci tutto, cioè suo Figlio, ha detto ormai in Lui tutto. Fissa gli
occhi su Lui solo … e vi troverai anche più di quanto chiedi e desideri” (Salita del monte Carmelo, Libro I, Ep. 22, 4-5).”
BENEDETTO XVI 03-01-07
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Postato da: giacabi a 20:48 |
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natale, benedettoxvi
Come stella del mattino in grembo all’aurora
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La Madre era seduta sulla paglia con nel grembo il bambino,
come stella del mattino in grembo all’aurora.
Tutti piegarono le ginocchia: il re e il mendicante,
il santo e il peccatore, il sapiente e l’ignorante.
Tutti ad alta voce gridarono: Vittoria per l’uomo,
vittoria per il Neonato, per colui che vive in eterno!
Rabindranath Tagore
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