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sabato 18 febbraio 2012

natale3


Il Salvatore
 ***
Sempre rinasce come uomo,
parla ai pii, parla ai sordi,
ci è vicino, e di nuovo lo perdiamo.


Si deve rialzare da solo,
deve farsi carico dei bisogni e dei desideri dei fratelli,
di nuovo viene crocifisso
.

Dio si annuncerà nuovamente,
il divino sfocerà nella valle dei peccati,
lo spirito eterno sfocerà nella carne
.

Di nuovo, anche ai giorni nostri,
il Salvatore è in cammino per benedire,
per incontrare le nostre paure, le lacrime,
le lacrime, le suppliche, i lamenti con lo sguardo tranquillo
che non osiamo incontrare,
perché solo i bambini lo possono sopportare
.
Herman Hesse 


Postato da: giacabi a 16:45 | link | commenti
natale

venerdì, 30 novembre 2007

Sulla natività di Cristo.

 
«Il Signore venne in lei
per farsi servo.
Il Verbo venne in lei
per tacere nel suo seno.
 Il fulmine venne in lei
 per non fare rumore alcuno.
 Il pastore ven­ne in lei
 ed ecco l’Agnello nato,
che som­messamente piange.
 Poiché il seno di Ma­ria
 ha capovolto i ruoli:
 Colui che creò tut­te le cose
 ne è entrato in possesso, ma povero.
 L’Altissimo venne in lei (Maria),
ma vi entrò u­mile.
 Lo splendore venne in lei,
 ma vestito con pan­ni umili.
 Colui che elargisce tutte le cose
 conobbe la fa­me.
Colui che abbevera tut­ti
 conobbe la sete.
Nudo e spogliato uscì da lei,
egli che riveste (di bellezza) tut­te le cose»
Sant’Efrem  Inno De Nativi­tate
 

Postato da: giacabi a 12:08 | link | commenti
natale, preghiere

sabato, 06 gennaio 2007

*
gioia, gioia, gioia... C’è ancora gioia
in quest’umida notte preparata per noi?

P. Pasolini



Postato da: giacabi a 21:06 | link | commenti (1)
pasolini, natale

venerdì, 29 dicembre 2006

Fede e nichilismo.
Non chiudiamo gli occhi
di: Julián Carrón

Corriere della Sera
, 28 dicembre 2006
Caro Direttore, il contesto umano e culturale in cui viviamo può essere identificato con una parola: confusione. Ce ne rendiamo conto per l’urgenza in noi di una certezza. Tutta la confusione in cui siamo immersi, infatti, non può evitare l’emergere del desiderio di verità, giustizia, felicità che ci costituisce. «Ho cercato me stesso. Si cerca solo questo» (Pavese). Insoddisfazione, inquietudine e tristezza ci dicono che il desiderio del cuore è inestirpabile - come un dato che nessun nichilismo può vincere -. Neanche la nostra menzogna, i nostri tentativi di far finta che non esiste, è in grado di sradicarlo. Tanto è vero che non vediamo altra via d’uscita che odiarlo: «Quando si annebbia, il cuore grava come peso insopportabile. Ed è difficile reggere questo peso senza avere in odio se stessi, senza rimpiangere di essere nati» (Maria Zambrano).
Si capisce questo odio perché, non trovando la presenza che lo compia, il desiderio di felicità è come un impeto impazzito, che non sa più dove andare. Ma neanche può auto-distruggersi perché è costitutivo e chi ci ha costituiti è un altro, è il Destino. Per questo
anche nell’abisso della dimenticanza si può riaccendere il desiderio di tornare a casa. Fu così per il figliol prodigo. E lo è per chiunque abbia ancora una briciola di tenerezza verso di sé, «perché alla vita basta lo spazio di una crepa per rinascere» (Ernesto Sábato
).
Il cuore resta come baluardo contro il nichilismo. Dare credito al cuore, al desiderio di tornare a casa, è l’inizio della ripresa. Sembra un niente, ma è ciò di cui abbiamo bisogno per riconoscere la verità, se per caso ci viene incontro. Nel cuore, infatti, abbiamo il criterio per giudicare: «L’inferno - scrive Italo Calvino - è già qui. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio».
Dare spazio a che cosa, se ogni cosa, ogni volto, anche i rapporti più cari, sembrano non avere forza e consistenza per vincere l’inferno? Ci vorrebbe qualcosa di eccezionale per respirare e vivere. Il Natale di Cristo è l’annuncio di questa eccezionalità che irrompe nei confini chiusi dell’umana esperienza: il Verbo si è fatto carne, Dio diviene uno di noi.
Eppure oggi siamo abituati a parlare del Natale come sentimento, folklore, rito già saputo, piuttosto che come fatto eccezionale, fino al punto che la fede non interessa quasi più a nessuno, nemmeno a tanti che frequentano la Chiesa. Gli interessi della vita sono altrove. «Ma com’è possibile - si domanda Benedetto XVI - che un uomo dica “no” a ciò che vi è di più grande; che non abbia tempo per ciò che è più importante; che chiuda in se stesso la propria esistenza?». E risponde: «In realtà, non hanno mai fatto l’esperienza di Dio; non hanno mai sperimentato quanto sia delizioso essere “toccati” da Dio!». Come possiamo essere “toccati” da Dio? Solo attraverso l’umanità cambiata di testimoni, non perché più buoni, ma perché presi, afferrati da un Fatto che muove tutta la loro vita, come è accaduto, d’improvviso, ai pastori: «Venite a vedere! Per voi un bambino è nato!».
Così il Natale è una speranza per tutti. Basta guardare e lasciarsi “ferire” dalla sua bellezza, così come descrive la liturgia della notte di Natale: «Nel mistero del Verbo incarnato è apparsa agli occhi della nostra mente la luce nuova del tuo fulgore». Questo stupore riecheggia nelle parole di Pasolini: «L’occhio guarda… è l’unico che può accorgersi della bellezza… la bellezza si vede perché è viva, e quindi reale. Diciamo, meglio, che può capitare di vederla. Dipende da dove si svela. Il problema è avere gli occhi e non saper vedere, non guardare le cose che accadono. Occhi chiusi. Occhi che non vedono più. Che non sono più curiosi. Che non si aspettano che accada più niente. Forse perché non credono che la bellezza esista. Ma sul deserto delle nostre strade Lei passa, rompendo il finito limite e riempiendo i nostri occhi di infinito desiderio». Oggi, come duemila anni fa. È questo infinito desiderio che da allora fa gridare alla Chiesa: «Vieni, Signore Gesù!».

Julián Carrón

Postato da: giacabi a 09:02 | link | commenti
natale, carron

martedì, 26 dicembre 2006

 
Stella di Natale
Era pieno inverno.
Soffiava il vento dalla steppa.
E aveva freddo il neonato nella grotta
sul pendio della collina.
L'alito del bue lo riscaldava.
Animali domestici stavano nella grotta,
sulla culla vagava un tiepido vapore.
Scossi dalle pelli le paglie del giaciglio
e i grani di miglio
dalle rupi guardavano
assonnati i pastori...
E lì accanto, mai vista sino allora,
più modesta d'un lucignolo
alla finestrella d'un capanno,
tremava una stella sulla strada di Betlemme...
 

Boris Pasternak

 

********

 

Le ciaramelle

 

Udii tra il suono le ciaramelle,
ho udito un suono di ninne nanne.
Ci sono in cielo tutte le stelle,
ci sono i lumi nelle capanne.
Sono venute dai monti oscuri
le ciaramelle senza dir niente;
hanno destata né suoi tuguri
tutta la buona povera gente.
Ognuno é sorto dal suo giaciglio;
accende il lume sotto la trave;
sanno quei lumi d'ombra e sbadiglio,
di cauti passi, di voce grave.
Le pie lucerne brillano intorno,
là nella casa, qua su la siepe:
sembra la terra, prima di giorno,
un piccoletto grande presepe.
Nel cielo azzurro tutte le stelle
paion restare come in attesa;
ed ecco alzare le ciaramelle
il loro dolce suono di chiesa;
suono di chiesa, suono di chiostro,
suono di casa,suono di culla,
suono di mamma, suono del nostro
dolce e passato pianger di nulla.

                                                             

  Giovanni Pascoli 


 


Postato da: giacabi a 09:09 | link | commenti
natale, pascoli, pasternak

lunedì, 25 dicembre 2006


L'adorazione dei pastori  Caravaggio
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Natività mistica Botticelli
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La Natività : GEORGE DE LA TOUR
BUON NATALE!!!!!

Postato da: giacabi a 14:31 | link | commenti
natale, caravaggiio

domenica, 24 dicembre 2006

A Gesù Bambino
***
La notte è scesa
e brilla la cometa
che ha segnato il cammino.
Sono davanti a Te, Santo Bambino!
Tu, Re dell’universo,
ci hai insegnato
che tutte le creature sono uguali,
che le distingue solo la bontà,
tesoro immenso,
dato al povero e al ricco.
Gesù, fa’ ch’io sia buono,
che in cuore non abbia che dolcezza.
Fa’ che il tuo dono
s’accresca in me ogni giorno
e intorno lo diffonda,
nel Tuo nome.
Umberto Saba



Postato da: giacabi a 21:11 | link | commenti
saba, natale, gesù


BAMBINO GESÙ
Asciuga, Bambino Gesù, le lacrime dei fanciulli!
accarezza il malato e l'anziano!
Spingi gli uomini a deporre le armi
e a stringersi in un
universale abbraccio di pace!
Invita i popoli, misericordioso Gesù,
ad abbattere i muri creati
dalla miseria e dalla disoccupazione,
dall'ignoranza e dall'indifferenza,
dalla discriminazione e dall'intolleranza.
Sei Tu, Divino Bambino di Betlemme,
che ci salvi liberandoci dal peccato.
Sei Tu il vero e unico Salvatore,
che l'umanità spesso cerca a tentoni.
Dio della Pace, dono di pace all'intera umanità,
vieni a vivere nel cuore di ogni uomo
e di ogni famiglia.
Sii Tu la nostra pace e la nostra gioia! Amen.

Giovanni Paolo II



Postato da: giacabi a 20:27 | link | commenti
natale, gesù, giovanni paoloii

sabato, 23 dicembre 2006

E venne lui il galileo… 
                               
«Nikolàj Nikolàevič […] non teneva un diario, ma due o tre volte all’anno annotava su un grosso quaderno i pensieri che lo colpivano. Prese il quaderno e cominciò a scrivere con la sua calligrafia grande e chiara.
“tutto il giorno fuori di me per quella stupida della Schlesinger. È venuta di mattina ed è rimasta fino all’ora del pranzo, e per due ore buone mi ha oppresso con la lettura di quelle fanfaluche. Testo poetico del simbolista A. per la sinfonia cosmogonica del compositore B., con gli spiriti dei pianeti, le voci dei quattro elementi, e così via. Ho retto, ho retto, poi non ce l’ho fatta più, ho chiesto grazia, no, vi supplico, non resisto, risparmiatemi.
D’improvviso ho compreso tutto. Ho compreso perché perfino nel Faust c’è sempre qualcosa di mortalmente insopportabile e artificioso. È un interesse precostituito, falso. L’uomo d’oggi non sente queste esigenze. Quando è assalito dagli interrogativi dell’universo, si immerge nella fisica e non negli esametri di Esiodo.
Ma non si tratta soltanto del fatto che queste forme sono invecchiate, anacronistiche, né che questi spiriti del fuoco e dell’acqua portino a di nuovo a confondere e annebbiare ciò che la scienza ha sempre chiarito in modo così lampante. È che questo genere contraddice a tutto lo spirito dell’arte contemporanea, alla sua essenza, ai motivi che la sollecitano.
Queste cosmogonie erano legittime anticamente, quando sulla terra gli uomini erano ancora così radi che non offuscavano la natura. Vagavano i mammuth ed era recente il ricordo dei dinosauri e dei draghi. La natura così evidentemente balzava agli occhi dell’uomo e così aggressiva e palpabile irrompeva addosso a lui che, forse, veramente tutto era ancora pieno di déi. Sono le primissime pagine, l’inizio della cronaca umana.
Il mondo antico finì in Roma, per sovrappopolazione.
Roma fu un gran mercato di déi presi a prestito e di popoli conquistati, una duplice ressa, in terra e in cielo, uno schifo, un triplice nodo attorcigliato su sé stesso, come un volvolo. Daci, Eruli, Sciti, Sarmati, Iperborei, pesanti ruote senza raggi, occhi nuotanti nel grasso, sodomia, doppi menti, pesci nutriti con la carne di schiavi cólti, imperatori analfabeti. Al mondo c’erano più uomini di quanti ce ne furono in seguito e si affollavano nei passaggi del Colosseo e soffrivano.
Ed ecco che in quell’orgia pacchiana d’oro e di marmi, venne lui, leggero e vestito di luce, ostentatamente umano, volutamente provinciale, galileo, e da quel momento i popoli e gli déi cessarono d’esistere e cominciò l’uomo, l’uomo falegname, l’uomo agricoltore, l’uomo pastore di un gregge di pecore al tramonto, l’uomo il cui nome non suonava minimamente fiero, l’uomo celebrato con riconoscenza da tutte le ninne nanne materne e da tutte le gallerie di pittura del mondo.” »
 Dottor Živago di Borìs Pasternàk

Auguro a tutti
un felice e santo Natale

Postato da: giacabi a 21:26 | link | commenti (2)
natale, gesù, pasternak


Buon Natale 2006
fonte:
http://www.corriere.it/  24/12/2005
Il cristianesimo (bello e felice) di Ratzinger
Julián Carrón

«Ciascun confusamente un bene apprende/ nel qual si queti l’animo, e disira:/ per che di giunger lui ciascun contende». La genialità di Dante ha saputo esprimere meglio di nessuno altro l’attesa che costituisce il cuore di ognuno di noi. Tutti segretamente attendiamo, a volte quasi con vergogna di confessarlo a noi stessi, questo bene in cui il nostro animo trovi quiete. È come se dovessimo farlo furtivamente, di nascosto da noi stessi e dagli altri, per difenderci. Tanto è impopolare, “politicamente scorretto”, confessare a se stessi il proprio bisogno umano. Perché?
Perché «tutto cospira a tacere di noi, un po’ come si tace/ un onta, forse, un po’ come si tace una speranza/ ineffabile» (Rilke). Il tentativo di qualsiasi potere è espropriare l’uomo della propria esperienza, quella più nostra, quella che coincide con le nostre viscere. È così potente la sua pretesa che non si accontenta di meno di tutto: vuole l’anima. Peccato che trovi in noi, tante volte, un alleato occulto. Tanto è vero che, anche a noi, a volte sembra un sogno la realtà del nostro essere. Per guardare in faccia il proprio cuore, occorre un “io” come quello del poeta spagnolo Antonio Machado: «Il mio cuore, dorme?/ No. Il mio cuore non dorme./ È sveglio, sveglio./ Non dorme né sogna, guarda,/ gli occhi chiari aperti,/ segni lontani e ascolta/ alla riva del grande silenzio».
Altroché sogno! Il mio cuore è sveglio, sveglio, se dico “io” con tutta la lealtà di cui sono capace, con tutta la mia capacità di sincerità, con quella tenerezza con cui ero abbracciato da piccolo da mia mamma. È soltanto questa tenerezza verso noi stessi che ci consente di abbracciare tutta quanta la nostra umanità. E allora ci si rende conto che il cuore «non dorme né sogna,/ guarda gli occhi chiari aperti,/ segni lontani e ascolta/ alla riva del grande silenzio». Questo è l’acme della ragione: arrivare al grande silenzio, cioè al Mistero. Davanti ad esso possiamo soltanto guardare con gli occhi spalancati e attendere un segno dall’altra riva.
Il Natale è il segno che tutti, più o meno confusamente, aspettavamo dal grande silenzio del Mistero. È il compimento imprevisto di questo desiderio. «Il Verbo si è fatto carne». Il Mistero è diventato uno di noi. È arrivato alla nostra riva. È stata, ed è, una sorpresa. Come fu per Maria, Giuseppe, i pastori e i Magi.
Col Natale è entrata per sempre nella storia una Presenza portatrice di una novità che nessun potere può far fuori. «Uno ci è accaduto», diceva Mounier. È così corrispondente all’attesa del cuore che non potrà mai essere sconfitta. Il suo fascino è così accattivante che soltanto chi si accanisce nel non riconoscerla può rimanere indenne alla sua attrattiva.
Davanti a questo fatto risultano patetici tutti i tentativi di confinare il Natale tra i fenomeni misterici o virtuali dell’immaginazione religiosa dell’uomo, che non c’entrano niente col reale della vita di tutti i giorni. È il tentativo di spedirlo nel mondo dei sogni.
Perché non è un sogno, come non lo fu duemila anni fa? Perché la sua Presenza è all’opera in mezzo a noi. «La fede cristiana è la modalità sovversiva e sorprendente di vivere le solite cose», diceva don Giussani. Noi verifichiamo che Cristo è reale, presente, perché cambia proprio le cose più resistenti a qualsiasi cambiamento: le cose solite. È l’intensità del vivere, è la vibrazione ineffabile e totale davanti alle cose e alle persone, è la densità dell’istante, in tempi in cui tutto è piatto, che ci convince che ha ragione Péguy quando scrive: «Lui è qui./ Lui è qui come il primo giorno./ Lui è qui in mezzo a noi come il giorno della sua morte/ Eternamente ogni giorno./ È qui fra noi per tutti i giorni della sua eternità».
Il cristianesimo è facile, a portata di mano di chiunque. Basta cedere alla sua attrattiva vincente. Come i pastori, che rimarranno per sempre nella storia come cifra che il cristianesimo è facile. Basta la semplicità di riconoscerlo.
Lui è qui. Lo documenta in modo solare il Papa Benedetto XVI, che continua a sfidare tutti testimoniando la bellezza dell’essere cristiani e la gioia di viverlo, che non c’è bisogno del male per essere felici, che la noia si vince soltanto se lasciamo entrare Lui nella nostra vita. Che responsabilità abbiamo - noi cristiani - di sostenere la sua sfida, testimoniando nella vita la verità delle sue parole!
Grazie.
BUON NATALE!!!

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