La tirannia
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"Quando
un popolo, divorato dalla sete di libertà, si trova ad avere dei
mescitori che gliene versano quanta ne vuole, fino ad ubriacarlo, allora
accade che, se i governanti resistono alle richieste dei cittadini
sempre più esigenti, sono denunciati come tiranni.
E avviene che chi si dimostra disciplinato è definito un uomo senza carattere; che
il padre impaurito finisce per trattare il figlio come un suo pari e
non è più rispettato; che il maestro non osa rimproverare gli scolari e
costoro si fanno beffe di lui.
In
questo clima di libertà ed in nome della medesima non vi è più riguardo
né rispetto per nessuno. In mezzo a tanta licenza nasce e si sviluppa
una mala pianta: la tirannia".
PLATONE
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Postato da: giacabi a 16:20 |
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platone, nichilismo, imbecillità giovanile
Il nichilismo
« Il nichilismo è la storia nella quale dell’esser stesso e del suo mistero non ne è più nulla »
Martin Heidegger Niezsche Adelphi Milano
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Postato da: giacabi a 08:00 |
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nichilismo, heidegger
Nichilismo e fondamentalismo
«Un pericolo non meno grave del nichilismo è il fondamentalismo religioso,
i cui seguaci, sparsi ormai in tutto il mondo e in rapido aumento, al
grido di “Dio lo vuole”, commettono i più efferati delitti. Nichilismo e fondamentalismo minacciano da due versanti opposti l’avvenire dell’umanità. Chi vede nel nostro futuro solo il pericolo del nichilismo, vede i mali del mondo con un occhio solo».
N. Bobbio
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Postato da: giacabi a 07:36 |
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nichilismo, bobbio
La tentazione dell'Occidente
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" La realtà assoluta è stata per voi Dio, poi l'uomo; ma l'uomo è morto dopo che è morto Dio, e voi cercate con angoscia a chi poter confidare la sua strana eredità"
Andre Malraux (La tentazione dell'Occidente, Grasset, Paris 1926).
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Postato da: giacabi a 22:19 |
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nichilismo, malraux
Il nichilismo
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La nave è in mano al cuoco di bordo.
E il megafono del comandante non trasmette più la rotta, ma ciò che mangeremo domani. Soren Kierkegaard, Diari |
Postato da: giacabi a 21:54 |
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nichilismo, kierkeergaard
La dittatura del relativismo
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«Quanti
venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante
correnti ideologiche, quante mode del pensiero. La piccola barca del
pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde -
gettata da un estremo all'altro: dal marxismo al liberalismo, fino al
libertinismo; dal collettivismo all'individualismo radicale;
dall'ateismo ad un vago misticismo religioso; dall'agnosticismo al
sincretismo e così via. Ogni
giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo
sull'inganno degli uomini, sull'astuzia che tende a trarre nell'errore
(cf Ef 4, 14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa,
viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo,
cioè il lasciarsi portare "qua e là da qualsiasi vento di dottrina",
appare come l'unico atteggiamento all'altezza dei tempi odierni. Si
va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla
come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le
sue voglie.
Noi, invece, abbiamo un'altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. E' lui la misura del vero umanesimo. "Adulta" non è una fede che segue le onde della moda e l'ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell'amicizia con Cristo. E' quest'amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità. Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo. Ed è questa fede - solo la fede - che crea unità e si realizza nella carità. San Paolo ci offre a questo proposito - in contrasto con le continue peripezie di coloro che sono come fanciulli sballottati dalle onde - una bella parola: fare la verità nella carità, come formula fondamentale dell'esistenza cristiana. In Cristo, coincidono verità e carità. Nella misura in cui ci avviciniamo a Cristo, anche nella nostra vita, verità e carità si fondono. La carità senza verità sarebbe cieca; la verità senza carità sarebbe come "un cembalo che tintinna" (1 Cor 13, 1).»
BENEDETTO XVI Omelia "Pro eligendo romano pontifice”
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Postato da: giacabi a 21:07 |
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nichilismo, benedettoxvi
I danni del nichilismo passivo
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Tratto dal www.foglio.it 25.03.04
Ampi stralci di un intervista a Giovanni Reale sull’Occidente
«È vero l’uomo europeo è malato di nichilismo. Non
quello totale, che lo stesso Nietzsche voleva in qualche modo
recuperare, ma quello che non riconosce nessun valore irreversibile, e
che maschera con una patina dorata gli antivalori: il guadagno, la
potenza, i vari modi in chi il nulla si traveste»
"sintomo palpabile di questa “malattia” nichilista che molti
giovani non si fanno neanche più le domande che per secoli abbiamo
considerato capitali: sulla nostra origine, sul nostro destino, sul
senso della vita. Non se le fanno nemmeno per rispondersi in modo
negativo: semplicemente non interessano più. In un confronto televisivo con Giulio Giorello (io nella parte di estimatore di Platone e lui in quello dello scettico, alla Protagora), avevamo di fronte una ventina di ragazzi che dovevano giudicare le nostre argomentazioni. I temi erano la verità , se esiste o non esiste, e la nascita del mondo,
se frutto del caos o di un progetto divino, i giovani hanno votato
quasi tutti per le posizioni scettiche, senza neanche ascoltare le
argomentazioni. Uno di loro poi, mi ha addirittura confessato che negava l’esistenza della verità perché “ sarebbe troppo scomodo vivere, se ci fosse.” Ha detto proprio così: scomodo"
Ad approfittare del nichilismo passivo dell’Occidente, c’è quello attivo del terrorismo islamista.. Si oscilla, per dirla con il filosofo francese André Glucksman, "dal cinismo dell'opportunista al furore del posseduto", ed entrambi collaborano a rendere incerti i nostri tempi. Secondo Reale. "il nichilismo passivo si limita a negare il valore di qualsiasi cosa, quello attivo vuole realizzare la nullificazione di ciò che esiste. In Europa trionfa il primo. E se noi non difendiamo ciò che esiste, ci condanniamo al nulla.”….
La radice del male che dilania l'uomo occidentale sta nel fatto che non crediamo più alla nostra cultura.
Non voglio certo affermare che dobbiamo rifiutare il dialogo con le
altre culture. Anzi Possiamo avere con esse rapporti costruttivi, e
possiamo usufruire, beneficiare della positività del diverso. se abbiamo
un'identità. Se l'abbiamo nichilisticamente persa, un rapporto positivo
è impossibile",
Reale, che pure non nega di vedere i segni di una fuga verso l'abisso, pensa tuttavia che non siano irreversibili: il punto di forza dell'Occidente è, ancora una volta, il cristianesimo. A chi pensa che non possa più nulla, rispondo con le parole del grande filosofo Max Scheler: 'C'è
davanti a noi un'enorme storia del futuro, e il cristianesimo -se
confrontato con altre istituzioni terrene -è, sì, antico, ma ancora
giovane e nuovo per tutti coloro che riescono a capire chiaramente
l'essenziale senso duraturo dei valori religiosi in relazione ai valori
culturali. I concetti più grandiosi del cristianesimo, che l'Occidente deve rivendicare, sono che l'uomo è persona e la sublimità dell'amore.
I greci non l’avevano capito il mio grandissimo Platone diceva che il
cosmo non è stato fatto per l'uomo, ma l'uomo per il cosmo. Tutto questo
nel cristianesimo si rovescia, e dal cosmocentrismo si passa all'antropocentrismo. Siamo
stati fatti a somiglianza di Dio non solo perché intelligenti, ma
perché il Dio cristiano è trinitario, è un rapporto d'amore di persone, In
questo dobbiamo essere simili a Dio, nel rapporto con l'altro. Si è un
io soltanto se in noi sta inscritta la traccia del 'tu'. E l'io e il tu sono cose fragili, stanno uniti solo se si agganciano a un polo superiore, cioè a Dio. Secondo Platone, l'amore è grande se lo è la cosa amata. il cristianesimo capovolge tutto: l'amore non è acquisitivo, è donativo, ed è tanto più grande quanto è piccola la cosa che ama. Kierkegaard
diceva che Cristo non trovò mai un tetto tanto misero che gli impedisse
di entrare con gioia, mai un uomo tanto in- significante da non voler
collocare la propria dimora nel suo cuore. E dice qualcosa di ancora più forte, quando spiega il sillogismo dell'amore: quello vero (non quello di chi ama solo ciò che è egregio, eccellente, e quindi in fondo ama solo se stesso), sta in un rapporto inverso rispetto all'eccellenza dell'oggetto. Se sono proprio una nullità, se la mia miseria è immensa, allora è assolutamente certo che Dio mi ama. Tanto più saldamente si chiude il sillogismo dell'amore",
…Giovanni Reale non è pessimista. Ma pensa con la filosofa spagnola Maria Zambrano che l’Europa non è morta. I’Europa non può morire del tutto. Essa agonizza, Perché l’Europa è forse I’unica cosa -nella storia -che non può morire del tutto, l’unica cosa che può resuscitare.
Questo principio di resurrezione sarà anche quello della sua vita e
della sua transitoria morte. E agli uomini d’Occidente. che sembra
vadano rimpicciolendosi. come se perdessero spessore ontologico, ricordo
le parole dell’imperatore filosofo. Marco Aurelio: Quando
al mattino non ho voglia di alzarmi dal letto, mi sia presente questo
pensiero: Mi sveglio pe rcompiere il mio mestiere di uomo"'. La risposta più pertinente, vecchia di quasi duemila anni. a chi teme (e a chi desidera) la stanchezza del l'Occidente.
Nicoletta Tiliacos
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Postato da: giacabi a 16:17 |
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nichilismo, reale
Il nichilismo
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«Se mi chiedete qual è il sintomo più generale di questa anemia spirituale (dell’Europa), rispondo esattamente: l’indifferenza verso la verità e verso la menzogna. Oggi, la propaganda dimostra quel che vuole, e la gente accetta più o meno quel che le viene proposto. Certo, questa indifferenza maschera piuttosto una fatica e quasi uno scoraggiamento della facoltà di giudizio. Ma la facoltà di giudizio non potrebbe esercitarsi senza un certo impegno interiore. Chi giudica si impegna. L’uomo moderno non si impegna più perché non ha più niente da impegnare. … L’uomo moderno è sempre capace di giudicare, perché è sempre capace di ragionare. Ma la sua facoltà di giudicare non funziona più, come un motore senza benzina. Al motore non manca alcun pezzo; però non c’è benzina nella riserva. Per molti questa
indifferenza verso la verità e la menzogna è più comica che tragica. Ma
io la trovo tragica. Essa implica una terribile disponibilità non
soltanto dello spirito, ma di tutta la persona, anche della persona
fisica. Chi
è aperto indifferentemente alla verità e alla falsità è maturo per una
tirannia.
La passione per la verità va di pari passo con la passione per la libertà
(G. Bernanos, Rivoluzione e libertà, Borla Roma 1963, pp. 49-50).
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Postato da: giacabi a 18:14 |
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nichilismo, bernanos
Il nichilismo
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«È vero, l’uomo europeo è malato di nichilismo. Non quello totale, che lo stesso Nietzsche voleva in qualche modo recuperare, ma quello
che non riconosce nessun valore irreversibile, e che maschera con una
patina dorata gli antivalori: il guadagno, la potenza, i vari modi in
chi il nulla si traveste». (G. Reale, citato in N. Tiliacos, «I danni del nichilismo passivo», in Il Foglio, 25 marzo 2004.)
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Postato da: giacabi a 15:06 |
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nichilismo, reale
Il nichilismo
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L'oblio dell'essere, proclamato dal cogito, ha portato, per cadenza inarrestabile, alla perdita dell'Assoluto e ora l'uomo erra ramingo nel mondo che ne definisce i limiti e il suo pericolo mortale. Oggi la scienza, per la prima volta nella storia dell’umanità, è riuscita a scandagliare le forze abissali del cosmo e già si appresta a imbrigliarle per violare gli eterni silenzi degli spazi infiniti. Eppure, mai come oggi, l’uomo ha sentito l'incombente minaccia della scomparsa totale della sua civiltà e della stessa distruzione del genere umano: infatti il traguardo che ha dato all'uomo moderno il dominio delle forze dell’universo, l’ha accostato al nulla che può sprigionarsi ad ogni momento da una volontà che più non conosce fondamento e vincolo di verità. Ed il pensiero contemporaneo allora, che ha fatto del nulla il fondamento dell’essere, ha saldato il cerchio della coscienza in se stessa. Così, per l’emergere di questo nulla attivo al centro della coscienza, non solo la filosofia si è fatta deserta del Dio vivo, ma anche la letteratura, l’arte, la politica e l’intero complesso delle scienze dello spirito in generale hanno bandito dalla loro prospettiva l’Iddio vero che ha sostenuto nei secoli i fondatori della civiltà e i difensori della libertà, come il Padre degli uomini e l’unico desiato rifugio nel dubbio e nel dolore»
Cornelio Fabro
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Postato da: giacabi a 20:37 |
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nichilismo, fabro
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"Ciò che finisce per imporsi nel mondo moderno e democratico è una nuova forma di dispotismo più esteso e più mite che avvilisce gli uomini senza tormentarli, giorno per giorno, portandoli a non pensare. Questo dispotismo è un potere immenso e tutelare che si incarica di assicurare agli individui il godimento dei loro beni e di vegliare sulla loro sorte. E' assoluto e minuzioso, sistematico, previdente e mite. Assomiglierebbe all'autorità paterna, se come questa avesse lo scopo di preparare l'uomo all'età virile, mentre non cerca che di arrestarlo irrevocabilmente all'infanzia. E' contento che i cittadini si svaghino purché non pensino che a svagarsi. Lavora volentieri alla loro felicità, ma vuole esserne l'unico agente e il solo arbitro, provvede alla loro sicurezza, prevede e garantisce i loro bisogni, facilita i loro piaceri, guida i loro affari principali…perché non dovrebbe levare loro totalmente il fastidio di pensare e la fatica di vivere?" A. De Tocqueville, Democrazia in America |
Postato da: giacabi a 08:38 |
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nichilismo, laicismo, de tocqueville
Il nichilismo
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"Cio' che io racconto e' la storia dei prossimi due secoli. Io descrivo cio' che viene, cio' che non puo' fare a meno di venire: l'avvento del nichilismo. Questa
storia puo' gia' ora essere raccontata; perche' la necessita' stessa e'
qui all'opera. Questo futuro parla gia' per mille segni, questo destino
si annunzia dappertutto; per questa musica del futuro tutte le orecchie
sono gia' in ascolto.
Tutta la nostra cultura europea si muove in una torturante tensione che
cresce da decenni in decenni, come protesa verso una catastrofe:
irrequieta, violenta, precipitosa; simile ad una corrente che vuole
giungere alla fine, che non riflette piu' ed ha paura di riflettere. - Chi
prende qui la parola sinora non ha fatto altro che riflettere: come
filosofo ed eremita d'istinto, che ha trovato vantaggio nell'appartarsi,
nel restar fuori, nel ritardare, come uno spirito audace, indagatore e
tentatore che gia' si e' smarrito in ogni labirinto dell'avvenire;…che guarda indietro mentre narra cio' che avverra', come il
primo nichilista compiuto d'Europa, che ha gia' vissuto in se' sino il
nichilismo sino alla fine, e ha il nichilismo dietro di se', sotto di
se', fuori di se'" Nietzsche (Wille zur Macht)
“Il nichilismo europeo”: pensiamo questo pensiero nella sua forma più terribile: l'esistenza, così com'è, senza senso e senza scopo, ma inevitabilmente ritornante, senza un finale nel nulla: l'eterno ritorno. Questa è la forma estrema del nichilismo: il nulla (la mancanza di senso) eterno!".
Nietzsche
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Postato da: giacabi a 20:46 |
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nichilismo, nietzsche
La cultura edonistica
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L'ideologia
. Il fascismo secondo Pasolini
“Nessun
centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo
della civiltà dei consumi. Il fascismo proponeva un modello, reazionario
e monumentale, che però restava lettera morta. Le varie culture
particolari (contadine, sottoproletarie, operaie) continuavano
imperturbabili a uniformarsi ai loro antichi modelli: la repressione si
limitava ad ottenere la loro adesione a parole. Oggi, al contrario,
l’adesione ai modelli imposti dal Centro, è tale e incondizionata. I
modelli culturali reali sono rinnegati. L’abiura è compiuta. Si può
dunque affermare che la “tolleranza” della ideologia edonistica voluta
dal nuovo potere, è la peggiore delle repressioni della storia umana. Come
si è potuta esercitare tale repressione? Attraverso due rivoluzioni,
interne all’organizzazione borghese: la rivoluzione delle infrastrutture
e la rivoluzione del sistema d’informazioni.
Le strade, la motorizzazione ecc. hanno oramai strettamente unito la
periferia al Centro, abolendo ogni distanza materiale. Ma la rivoluzione
del sistema d’informazioni è stata ancora più radicale e decisiva.
Per mezzo della televisione, il Centro ha assimilato a sé l’intero
paese che era così storicamente differenziato e ricco di culture
originali. Ha cominciato un’opera di omologazione distruttrice di ogni
autenticità e concretezza. Ha imposto cioè - come dicevo - i suoi
modelli: che sono i modelli voluti dalla nuova industrializzazione, la
quale non si accontenta più di un “uomo che consuma”, ma pretende che
non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo. Un edonismo neo-laico, ciecamente dimentico di ogni valore umanistico e ciecamente estraneo alle scienze umane.
L’antecedente
ideologia voluta e imposta dal potere era, come si sa, la religione: e
il cattolicesimo, infatti, era formalmente l’unico fenomeno culturale
che “omologava” gli italiani. Ora
esso è diventato concorrente di quel nuovo fenomeno culturale
“omologatore” che è l’edonismo di massa: e, come concorrente, il nuovo
potere già da qualche anno ha cominciato a liquidarlo.
Non c’è infatti niente di religioso nel modello del Giovane Uomo e della Giovane Donna proposti e imposti dalla televisione. Essi sono due persone che avvalorano la vita solo attraverso i suoi Beni di consumo (e, s’intende, vanno ancora a messa la domenica: in macchina). Gli
italiani hanno accettato con entusiasmo questo nuovo modello che la
televisione impone loro secondo le norme della Produzione creatrice di
benessere (o, meglio, di salvezza dalla miseria). Lo hanno accettato: ma
sono davvero in grado di realizzarlo?
No. O lo realizzano materialmente solo in parte, diventandone la caricatura, o non riescono a realizzarlo che in misura così minima da diventarne vittime. Frustrazione o addirittura ansia nevrotica sono ormai stati d’animo collettivi. Per esempio, i sottoproletari, fino a pochi anni fa, rispettavano la cultura e non si vergognavano della propria ignoranza. Anzi, erano fieri del proprio modello popolare di analfabeti in possesso però del mistero della realtà. Guardavano con un certo disprezzo spavaldo i “figli di papà”, i piccoli borghesi, da cui si dissociavano, anche quando erano costretti a servirli. Adesso, al contrario, essi cominciano a vergognarsi della propria ignoranza: hanno abiurato dal proprio modello culturale (i giovanissimi non lo ricordano neanche più, l’hanno completamente perduto), e il nuovo modello che cercano di imitare non prevede l’analfabetismo e la rozzezza. I ragazzi sottoproletari - umiliati - cancellano nella loro carta d’identità il termine del loro mestiere, per sostituirlo con la qualifica di “studente”. Naturalmente, da quando hanno cominciato a vergognarsi della loro ignoranza, hanno cominciato anche a disprezzare la cultura (caratteristica piccolo borghese, che essi hanno subito acquisito per mimesi). Nel tempo stesso, il ragazzo piccolo borghese, nell’adeguarsi al modello “televisivo” - che, essendo la sua stessa classe a creare e a volere, gli è sostanzialmente naturale - diviene stranamente rozzo e infelice. Se i sottoproletari si sono imborghesiti, i borghesi si sono sottoproletarizzati. La cultura che essi producono, essendo di carattere tecnologico e strettamente pragmatico, impedisce al vecchio “uomo” che è ancora in loro di svilupparsi. Da ciò deriva in essi una specie di rattrappimento delle facoltà intellettuali e morali. La responsabilità della televisione, in tutto questo, è enorme. Non certo in quanto "mezzo tecnico", ma in quanto strumento del potere e potere essa stessa. Essa non è soltanto un luogo attraverso cui passano i messaggi, ma è un centro elaboratore di messaggi. È il luogo dove si concreta una mentalità che altrimenti non si saprebbe dove collocare. È attraverso lo spirito della televisione che si manifesta in concreto lo spirito del nuovo potere. Non c’è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogans mussoliniani fanno ridere: come (con dolore) l’aratro rispetto a un trattore. Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l’anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione), non solo l’ha scalfita, ma l’ha lacerata, violata, bruttata per sempre
Pier Paolo Pasolini
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Postato da: giacabi a 18:14 |
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pasolini, nichilismo
L’uomo dio
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In questa scarsa scrupolosità nella scelta dei mezzi, in questo eroico "tutto è permesso"
(predetto da Dostoevskij in "Delitto e castigo" e nei "Demoni") si
manifesta nel grado piú alto la natura umano-divina dell’eroismo
intellettualoide, la sua insita autodivinizzazione, il
suo porsi al posto di Dio, al posto della Provvidenza, non solo negli
scopi e nei piani ma anche nelle vie e nei mezzi di realizzazione. Io
realizzo la mia idea e per essa mi libero dai legami della morale
usuale, io mi permetto d’esercitare il mio diritto non solo sulla
proprietà ma anche sulla vita e la morte degli altri, se ciò è
necessario per la mia idea. In ogni massimalista si nasconde un piccolo
Napoleone, socialista o anarchico. L’amoralismo, o secondo l’antica
espressione il nihilismo, è la necessaria conseguenza
dell’autodivinizzazione; qui sta in agguato il pericolo
dell’autodistruzione,
lo attende il fallimento inevitabile. Le amare delusioni da molti
provate durante la rivoluzione, le scene indimenticabili di arbitrio, le
espropriazioni, il terrore in massa, non s’è manifestato a caso, ma è
stato invece uno scoprirsi delle potenze spirituali che necessariamente
si calano nella psicologia dell’autodivinizzazione.
S.
Bulgakov, L’eroe laico e l’asceta - in: AA. VV., La svolta. Vechi,
L’intelligencija russa tra il 1905 e il 17, Jaka Book, Milano, 1970.
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Postato da: giacabi a 21:10 |
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nichilismo, illuminismo, bulgakov, ideologia
Il relativismo culturale
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Il relativismo culturale non riconosce la ricerca del vero che c'è dietro a ogni cultura. Esso dichiara inesistente la prima e contingente la seconda.
Salvatore Abbruzzese
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Postato da: giacabi a 20:07 |
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nichilismo
Cosa metteremo al posto di Cristo?
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Quest'uomo ingiuriava Cristo in mia presenza con i più bassi insulti, e tuttavia non è mai stato capace di mettere a confronto con Cristo se stesso e tutti i progressisti di questo mondo.
Non è mai stato capace di accorgersi quanto c'era in lui stesso di meschino amor proprio, di odio, d'insofferenza, d'irritabilità, di volgarità, ma soprattutto di amor proprio.
Insultando Cristo, lui non si è chiesto: ma cosa metteremo al suo posto?
Non possiamo mica metterci noi stessi, che siamo così spregevoli.
Fëdor Michailovic Dostoevskij
Lettere
La guerra di Claudio Chieffo
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Postato da: giacabi a 13:47 |
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nichilismo, dostoevskij, chieffo
Il significato della parola"vero"
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Oggi in Europa esiste un uso
linguistico relativistico inconciliabile
con il significato della parola “vero” (…)
Solo chi è uscito dal regno polveroso
dell’assurdità, chi ha imparato a prendersi
sul serio, è aperto a una riflessione
che gli faccia fare quel passo oltre se
stesso che Hume riteneva impossibile.
“We never advance one step beyond
ourselves” (...) Non possiamo pensare ad
alcun presente senza un relativo futurum
exactum, ci possiamo pensare presenti
e reali solo se pensiamo a Dio.
Nietzsche aveva quindi ragione quando
scriveva: “Temo che non ci libereremo
di Dio fin quando crederemo alla grammatica”.
Ma anche Nietzsche non poté
fare a meno di affidare i propri pensieri
alla grammatica.
(Robert Spaemann, docente emerito
di Filosofia dell’Università di Monaco,
ha pronunciato ieri questo discorso al
Meeting di Rimini nell’incontro “Verità e libertà"
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Postato da: giacabi a 20:34 |
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nichilismo, nietzsche, verità
Aborto
e libertà sessuale
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Postato da: giacabi a 21:54 |
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famiglia, pasolini, nichilismo, aborto
L’EROTISMO
ALLA CONQUISTA DELLA SOCIETÀ
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"Tolto ogni ordine di fini e cancellata ogni autorità di valori non resta che l’energia vitale identificabile, già secondo un’antica e del resto difficilmente contestabile asserzione, con la sessualità. Dunque, nucleo
della vita sarà la felicità sessuale; poiché il pieno appaiamento
sessuale è possibile, la felicità è dunque raggiungibile. Attraverso
l’assoluta, illimitata libertà sessuale, l’uomo si libererà dalle
nevrosi e diventerà pienamente capace di lavoro e di iniziativa. La sua
struttura psichica sarà mutata e sarà reso altresì libero dalle tendenze
militari e aggressive e dalle fantasie sadiche, tipiche — come
l’esempio dello stesso Sade dimostrerebbe — dei repressi.
Ma qual è l’istituto sociale repressivo per eccellenza? Per il Reich la famiglia monogamica tradizionale; e, dal suo punto di vista, non si può certo dire abbia torto. L’idea di famiglia è infatti inseparabile dall’idea di tradizione, da un patrimonio di verità da tradere, da consegnare. L’abolizione di ogni ordine metempirico di verità importa quindi che la famiglia venga dissolta; nessuna considerazione meramente sociologica può autorizzare il suo mantenimento.
Di qui le conseguenze che non potrebbero, nel suo libro, esser dettate a lettere più chiare. Il rovesciamento di quella «struttura umana che esiste sotto forma di quella che è chiamata tradizione»
non potrebbe essere più completo; forse un lontano analogo si può
trovare nelle utopie di uno degli scrittori più rappresentativi del
libertinismo seicentesco, Cyrano de Bergerac. Una ragazza che a diciottanni sia ancora vergine deve essere condannata alla vergogna. Ciò
di cui una ragazza adolescente ha bisogno è «di una camera tranquilla,
di antifecondativi adatti, e di un amico capace di fare all’amore, che
abbia cioè una struttura sessuo-affermativa; di genitori comprensivi e
di un ambiente sociale affermatore del sesso». La
nudità totale deve essere incondizionatamente accettata e favorita; la
pubblicità degli accoppiamenti sessuali deve essere permessa. Non si ha
diritto di proibire al proprio partner altre relazioni sessuali durevoli: principio che oggi vien detto «piena libertà di scambio fra coppie di coniugi» e «libertà totale per le esperienze sessuali di gruppo». Nulla permette di criticare le unioni omosessuali. L’educazione
sessuale deve essere intesa come rimozione di tutti quei complessi
atavici che portano a vedere nell’astinenza un valore, ecc. "
Augusto Del Noce- Rivoluzione, Risorgimento, tradizione, ed. Giuffrè, Milano 1993
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Postato da: giacabi a 14:50 |
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nichilismo, del noce
La profezia sui “furbetti” (non del quartiere)ma dell’Italia
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«È effettivamente ipotizzabile una sorta di neoclericalismo, in cui confluiscano cattolici senza fede e comunisti senza fede; la mancanza di fede servendo da cemento».
***
«Mentre nell'ateismo c'è sempre un elemento mistico, sia pure di mistica rovesciata, l'irreligione naturale rappresenta l'atteggiamento agnostico spinto all'estremo. Il punto di vista dell'irreligione
naturale dice: non si tratta di negare che vi siano questioni aperte,
non risolubili con gli strumenti ordinari di conoscenza; ma tali
questioni insolubili sono anche quelle che non interessano. C'è a suo
fondamento l'impressione che l'idea di Dio non ci serva per nulla nella
decisione con cui costruiamo comunemente la nostra vita così individuale
come sociale; che la scienza, la filosofia, la morale e la politica
cristiane non abbiano più oggi nulla da dirci, anche se in altri tempi hanno detto. L'irreligione naturale indica un livello di empietà maggiore di quello dell'ateismo in ciò che rifiuta l'idea stessa di religione: pur essendo rigorosamente ateo, il
marxismo è infatti una religione, il processo di conversione dalla
religione atea alla teistica è certamente possibile, mentre si trova
sbarrato dall'irreligione naturale»
Augusto Del Noce
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Postato da: giacabi a 07:50 |
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nichilismo, del noce
La realtà senza Dio!
***
(...)
Dove può mai giungere una società che intenda spiegar tutto politicamente, tutto politicamente decifrare (senza per altro riuscirvi) anche e proprio nel momento in cui il cumulo degli errori, delle responsabilità, delle vergogne e dei tradimenti (e, primo fra tutti, il tradimento dell'anima) suona i suoi cupi e fatali rintocchi? Quando questi rintocchi annunciano contemporaneamente la povera morte di alcuni innocenti là, sulle strade che fin a poco prima sembravano calme e serene, e la morte morale della stessa concezione dell'esistenza, una concezione per cui dall'assalto allo Stato e dall'assassinio di cinque suoi figli non si riesce a cavare neppure un dubbio sulla sua reale capacità di consistere, anche solo storicamente e anche solo socialmente? (...) Perché almeno ieri, almeno oggi, almeno adesso, non si pone fine al sistema delle retoriche, opposte eppur eguali, e non si aiuta l'uomo a porsi con terribile chiarezza di fronte alla realtà?
Perché chi ha la possibilità e, dunque, il dovere di farlo, non l'aiuta a capire come sia proprio la realtà sociale a naufragare una volta che essa venga privata del suo sangue sacro e religioso? Perché s'è avuto e si
ha ancora il timore di dire che il Dio rifiutato è un vuoto che nessuna
demagogia del benessere e dell'eguaglianza, o d'ambedue assieme, può
colmare; e che quel vuoto, a riempirlo, sarà solo il cupo inferno della
materia impazzita e della sua impazzita cecità e solitudine? (...)
L'uomo
e la sua società stanno morendo per eccesso di realtà; ma d'una realtà
privata del suo senso e del suo nome; privata, cioè, di Dio. Dunque,
d'una realtà irreale. (...)
Affondare
gli occhi nel nostro male tenendo presente il Dio che abbiamo lasciato
o, quantomeno, il dolore d'averlo lasciato, non significa veder meno:
significa vedere ancora di più; e significa, inoltre, non poter più usare la parola (quella parola che è appunto ciò che si fa carne) come menzogna; menzogna
che è servita e serve per usare la carne; per colpirla, crivellarla e
stenderla, assassinata, su una delle strade che avevamo costruito per il
nostro bene e per la nostra vita.
Giovanni Testori
Corriere della Sera, 20 marzo 1978
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Postato da: giacabi a 20:59 |
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nichilismo, testori
L’uomo folle.
***
–
Avete sentito di quel folle uomo che accese una lanterna alla chiara
luce del mattino, corse al mercato e si mise a gridare incessantemente:
“Cerco Dio! Cerco Dio!”. E poiché proprio là si trovavano raccolti molti
di quelli che non credevano in Dio, suscitò grandi risa. “È forse
perduto?” disse uno. “Si è perduto come un bambino?” fece un altro.
“0ppure sta ben nascosto? Ha paura di noi? Si è imbarcato? È emigrato?” –
gridavano e ridevano in una gran confusione. Il folle uomo balzò in
mezzo a loro e li trapassò con i suoi sguardi: “Dove se n’è andato Dio? – gridò – ve lo voglio dire! Siamo stati noi ad ucciderlo: voi e io! Siamo
noi tutti i suoi assassini! Ma come abbiamo fatto questo? Come potemmo
vuotare il mare bevendolo fino all’ultima goccia? Chi ci dètte la spugna
per strusciar via l’intero orizzonte? Che mai facemmo, a sciogliere
questa terra dalla catena del suo sole? Dov’è che si muove ora? Dov’è
che ci moviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno
precipitare? E all’indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati?
Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come
attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non
si è fatto piú freddo? Non seguita a venire notte, sempre piú notte? Non
dobbiamo accendere lanterne la mattina? Dello strepito che fanno
i becchini mentre seppelliscono Dio, non udiamo dunque nulla? Non
fiutiamo ancora il lezzo della divina putrefazione? Anche gli dèi si
decompongono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso!
Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? Quanto di
piú sacro e di piú possente il mondo possedeva fino ad oggi, si è
dissanguato sotto i nostri coltelli; chi detergerà da noi questo sangue? Con
quale acqua potremmo noi lavarci? Quali riti espiatori, quali giochi
sacri dovremo noi inventare? Non è troppo grande, per noi, la grandezza
di questa azione? Non dobbiamo noi stessi diventare dèi, per apparire
almeno degni di essa? Non ci fu mai un’azione piú grande: tutti coloro
che verranno dopo di noi apparterranno, in virtú di questa azione, ad
una storia piú alta di quanto mai siano state tutte le storie fino ad
oggi!”. A questo punto il folle uomo tacque, e rivolse di nuovo lo
sguardo sui suoi ascoltatori: anch’essi tacevano e lo guardavano
stupiti. Finalmente gettò a terra la sua lanterna che andò in frantumi e
si spense. “Vengo
troppo presto – proseguí – non è ancora il mio tempo. Questo enorme
avvenimento è ancora per strada e sta facendo il suo cammino: non
è ancora arrivato fino alle orecchie degli uomini. Fulmine e tuono
vogliono tempo, il lume delle costellazioni vuole tempo, le azioni
vogliono tempo, anche dopo essere state compiute, perché siano vedute e
ascoltate. Quest’azione è ancora sempre piú lontana da loro delle piú
lontane costellazioni: eppure son loro che l’hanno compiuta!”.
Si racconta ancora che l’uomo folle abbia fatto irruzione, quello
stesso giorno, in diverse chiese e quivi abbia intonato il suo Requiem aeternam Deo.
Cacciatone fuori e interrogato, si dice che si fosse limitato a
rispondere invariabilmente in questo modo: “Che altro sono ancora queste
chiese, se non le fosse e i sepolcri di Dio?”.
F. Nietzsche, La gaia scienza, aforisma 125
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Postato da: giacabi a 16:47 |
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nichilismo, nietzsche
Il risultato della ideologia
***
“Descrivo ciò che verrà, l’avvento del nichilismo. Posso
descriverlo ora perché si produce ora qualcosa di necessario…Questo
futuro parla già con cento segni, questo destino si annuncia
dappertutto; tutte le orecchie sono già ritte per questa musica del
futuro. Tuttavia la nostra cultura europea si muove già da gran tempo con una tensione torturante che cresce di decennio in decennio, come si avviasse verso una catastrofe: inquieta, violenta, precipitosa, come un fiume che vuole sfociare, ma che non si rammenta più, che ha paura di rammentare”.
Nietzsche, 1887
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Postato da: giacabi a 20:44 |
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nichilismo, nietzsche, ideologia
Il rimorso cattolico
***
Queste riportate qui sotto sono le parole dello scrittore, poeta, drammaturgo e critico d'arte belga, Alexis Curvers
(1906-1992); restano, purtroppo, ancora attuali, anche se qualcosa è
cambiato nell'atteggiamento di molti cattolici che hanno iniziato a
prendere coscienza della loro storia e della
loro identità e ad andarne fieri.
«È in atto da gran tempo, ma oggi
si è rafforzata, una campagna in grande stile per minare la saldezza
morale della Chiesa con l’ipertrofia del sentimento più morboso e vano:
quello della colpevolezza. Il punto è di importanza capitale, perché il mezzo più sicuro per spingere al suicidio un qualsiasi organismo consiste nell'inoculargli il veleno del rimorso.
Una cosa è il pentimento lucido e creatore che supera e ripara il male
col bene che vi sostituisce; altra cosa e' il rimorso che rode, che
talvolta segretamente si compiace del suo inferno, abitato dai fantasmi
di una vergogna che porta alla disperazione. Il
rimorso non compensa nulla. Al contrario, distrugge tutto. Compie
l'opera del peccato rendendola in qualche modo eterna, togliendo al
peccatore la fiducia e il coraggio necessari al suo raddrizzamento e
alla sua difesa. Quel
rimorso è il germe di morte che un'impresa dì sovversione insinua da
tempo, in mille maniere, nell'anima della Chiesa e di quella Europa che
così profondamente
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Postato da: giacabi a 16:57 |
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nichilismo, illuminismo, curvers a
Il nichilismo
***
«Il nichilismo oggi corrente è il nichilismo gaio, nel senso che è senza inquietudine. Forse si potrebbe addirittura definirlo per la soppressione dell'inquietum cor meum agostiniano»
Augusto Del Noce Lettera a Rodolfo Quadrelli
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Postato da: giacabi a 15:05 |
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nichilismo, del noce
LA PERDITA DELL’IO
***
« Costruendo
la nuova macchina dell'industria, l'uomo fu così assorbito dal nuovo
compito che questo divenne la mèta preminente della sua vita. Le
sue energie, che una volta erano dedicate alla ricerca di Dio e alla
salvezza eterna, furono ora dirette verso il dominio della natura e
verso sempre crescenti comodità materiali. Egli
cessò di usare la produzione come mezzo per una vita migliore, ma ne
fece invece un fine in se stesso, un fine cui era subordinata la vita. Nel
processo di una sempre maggiore divisione e meccanizzazione del lavoro e
nelle sempre maggiori dimensioni degli agglomerati sociali l'uomo
stesso diventò una parte della macchina piuttosto che il padrone.
Scoprì che lui stesso era una merce, come un investimento. Suo fine diventò aver successo, cioè vendersi sul mercato il più vantaggiosamente possibile. Il suo valore come persona sta nella sua possibilità di vendersi e non nelle sue qualità umane di amore e di ragione o nelle sue capacità artistiche. La
felicità si identifica col consumo di merci più nuove e migliori, con
la passiva ricezione di musica, cinema, svago, sesso, liquori e
sigarette.
Non
avendo un senso dell'io se non quello datogli dal conformismo con la
maggioranza, egli si sente insicuro, ansioso e dipende dall'approvazione
altrui. È
alienato da sé, adora i prodotti delle sue stesse manie i capi che si è
dato, come se essi fossero sopra di lui invece che fatti da lui. È
in un certo senso ritornato indietro a dov'era prima della grande
rivoluzione umana iniziata nel secondo millennio prima di Cristo»."
E. FROMM, Psicanalisi della società contemporanea, Ed. di Comunità, Milano 1976,
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Postato da: giacabi a 14:41 |
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nichilismo, consumismo, fromm, non senso
Senza Cristo
la vita non ha significato
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Il noto sociologo e filosofo fondatore della Scuola di Francoforte, Max Horkheimer, osserva che senza
la fede in Dio, una fede non di sola facciata naturalmente, non si ha
alcun senso incondizionato, alcuna verità assoluta, e la morale diventa
una questione di mutevole sentimento, di gusto personale o di capriccio. «Salvare, senza Dio, un senso incondizionato è presunzione... Assieme a Dio muore anche la verità eterna».16
«Pensi
— dice Horkheimer in un'intervista — a quanto Adorno e io abbiamo
scritto ne "La dialettica dell'illuminismo". Là si dice: Una
politica che non conservi in sé, per quanto in forma estremamente
irriflessa, una teologia, rimane in ultima analisi, per quanto abile
possa essere,speculazione».'7
Tutto ciò che è connesso con la morale — dice ancora —, si riduce,in ultima analisi, a teologia. «Dal punto di vista del positivismo non è possibile dedurre nessuna politica morale. Se guardiamo le cose dal punto di vista strettamente scientifico, l'odio, nonostante tutte le differenze di funzione sociale, non è peggiore dell'amore. Non c'è nessuna motivazione logica stringente, se a me non viene nessuno svantaggio nellavita sociale».18 -,
«Infatti com'è possibile fondare esattamente che non devo odiare quando questo mi torna comodo? Il
positivismo non trova nessuna istanza che trascenda l'uomo, la quale
ponga una netta distinzione tra prontezza nel soccorrere e bramosia di
lucro, tra bontà e crudeltà, tra cupidigia e donazione di sé. Anche la
logica rimane muta: essa non riconosce nessun primato all'atteggiamento
morale. Tutti i tentativi di fondazione della morale su una saggezza di questo mondo anziché sul riferimento ad un aldilà — neppure Kant ha sempre contraddetto questa inclinazione —riposano su illusioni di impossibili concordanze»."
La scienza spiega molte realtà secondarie ma è completamente muta sul senso della vita e sui valori morali. «Chi può dire — scrive ancora Horkheimer — che uno qualsiasi di questi ideali sia più vicino alla verità del suo opposto? Secondo l'intellettuale medio del tempo nostro, esiste
solo un'autorità, cioè la scienza, intesa come classificazione dei
fatti e calcolo delle probabilità. L'affermazione che la giustizia e la
libertà sono di per sé migliori dell'ingiustizia e dell'oppressione è
scientificamente indimostrabile e inutile; e all'orecchio nostro suona
ormai tanto priva di significato quanto potrebbe esserlo l'affermazione è
più bello dell'azzurro, o le uova migliori del latte».20
M. HORKHEIMER, Theismus-Atheismus, in Zur krilik der instrumentell en Vernunft,
Frankfurt/M. 1974, p. 227.
17 M. HORKHEIMER, Die Sehnsucht nach dem ganz Anderen, (trad. it. La nostalgia del to
talmente altro, Queriniana, Brescia 1972, p. 60).
18 Ìbidem, trad. it. cit., p. 73.
" M. HORKHEIMER, op. eli., p. 60ss.
211 M. HORKHEIMER, Eclisse della ragione strumentale, Einaudi, Torino 1967, p. 27.
Giovanni Martinetti : Ragioni per credere oggi
casa editrice. ELLE DI CI
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Postato da: giacabi a 08:34 |
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nichilismo, non senso, horkheimer
Il contenuto tragico
del nichilismo
***
Un brano di F.Nietzsche ci fa capire infine il contenuto tragico del nichilismo, con buona pace di quanti ieri e oggi credono di vedervi una qualche ragione di vita.
Si tratta di un apologo inserito nel testo La gaia scienza.
Nietzsche immagina un uomo che si presenta con una lanterna accesa in
pieno giorno al mercato della città, frequentato dalla gente distinta
della media borghesia europea della seconda metà dell’ottocento. E’
l’epoca del positivismo, dell’ateismo considerato come una conquista
decisiva per il progresso dell’umanità, dell’ottimismo circa le
possibilità della scienza di rispondere ad ogni bisogno umano; è la
cosiddetta belle époque, il
periodo a cavallo tra l’ottocento e il novecento segnato dal
diffondersi della moderna tecnologia e dalla convinzione che lo sviluppo
della scienza avrebbe garantito anche la pace sociale.
La
gente al mercato, dunque, davanti allo strano personaggio con la
lanterna si mette a deriderlo o a commiserarlo come un povero pazzo. Ma
quest’ultimo, per nulla turbato dalle risate degli astanti, comincia a
parlare e a spiegare le ragioni del suo comportamento. Egli ricorda
anzitutto ai suoi ascoltatori che la loro generazione ha compiuto
un’opera gigantesca, che non ha precedenti nella storia: essi
sono riusciti nell’impresa fino ad allora mai potuta realizzare
dall’uomo di liberarsi di Dio, di uccidere Dio; essi possono proclamare
la notizia clamorosa della morte di Dio e, quindi, della liberazione dell’uomo.
Ma, continua l’uomo con la lanterna, questo significa che tutto è cambiato: si è spenta la grande luce che illuminava l’universo,
si è fatto buio, si è fatto freddo, sempre più freddo. Si è aperto
l’abisso del nulla, e in questo abisso, senza più nè alto, nè basso, nè
destra, nè sinistra, l’uomo e il mondo stanno precipitando. Le
conseguenze della morte di Dio sono di portata cosmica e questo non lo
si è ancora capito.
A
quel punto le persone presenti, dopo aver prestato inizialmente ascolto
alle parole dell’uomo con la lanterna, riprendono a deriderlo e a
considerarlo come un povero pazzo. Allora lo strano personaggio, dopo
aver guardato attentamente i volti della gente attorno a lui, conclude
il suo discorso con una enigmatica esclamazione: “Eh sì, io vengo troppo presto”; e detto questo se ne va, con la sua lanterna accesa in mano.
Il corso degli eventi avrebbe poi confermato il contenuto di quella intuizione profetica: il secolo che stava per iniziare, il novecento,
sarebbe stato il secolo più drammatico della storia, il secolo in cui
l’umanità avrebbe sperimentato in molti modi l’angoscia per la perdita
di un significato adeguato per l’esistenza e l’incapacità di sfuggire
alla violenza che ormai senza freni determinava le diverse ideologie di
potere.
Graziola, Don Matteo
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Postato da: giacabi a 22:14 |
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nichilismo, nietzsche
VERITÀ E RAGIONE
NELLA STORIA
Il rifiuto del mistero della vita, del soprannaturale.
L’idea che il verificabile
sia la sola realtà e che l’uomo sia autosufficiente.
A salvarci, semmai, ci penserà la
scienza. Eccolo, secondo il filosofo cattolico
Augusto Del Noce (1910-1989), il marchio
di fabbrica della modernità: un razionalismo
ateo, vero e proprio dogma che fa da
sottofondo a tutte le ideologie totalitarie
del Novecento. Da Cartesio in su, dunque,
la modernità nasce da un opzione della ragione:
Dio non c’è, altrimenti l’uomo dipenderebbe
da qualcosa che non è sè stesso.
Ma attenzione, ci avverte Del Noce: questo
ateismo, questo divorzio tra fede e ragione,
è appunto una scelta aprioristica, un “postulato”,
non l’inesorabile destino dell’occidente.
Per il filosofo torinese (d’adozione,
essendo nato a Pistoia) non si tratta di cancellare
la modernità e di rifugiarsi nel passato,
piuttosto è il momento di raccogliere
la sfida che una certa idea di ragione germogliata
negli ultimi secoli ci pone. Considerazioni
di stretta attualità, sviluppate da
Del Noce trenta, quaranta, cinquant’anni
fa. Riscoperto già da qualche anno grazie
al lavoro di una pattuglia di studiosi raccolti
a Savigliano (Cuneo) dal professor
Giuseppe Riconda intorno alla Fondazione
Centro Studi che porta il nome del grande
filosofo, il pensiero delnociano viene adesso
condensato in una antologia di scritti appena
uscita dalla Biblioteca Universale
Rizzoli nella collana “I libri dello spirito
cristiano”. Il volume, intitolato “Verità e ragione
nella storia”, curato da Alberto Mina,
uno dei massimi specialisti del pensatore
piemontese, e con l’introduzione dello stesso
Riconda, contiene una selezione di testi
tratti da alcune delle opere più importanti
di Del Noce (“Il problema dell’ateismo” del
1964; “Il suicidio della rivoluzione” del
1978) oltre che articoli apparsi su riviste
specializzate, interventi preparati in occasioni
di conferenze, interviste. Prima di
ogni sezione con le riflessioni del grande
studioso su un determinato argomento, una
scheda introduttiva redatta da Mina consente
al lettore di acciuffare gli aspetti essenziali
del discorso. Tutta la prima parte
del libro è quindi dedicata alle origini della
filosofia moderna, all’ambiguità di Cartesio
dal quale paradossalmente scaturiscono,
secondo Del Noce, anche quei pensatori
come Malebranche, Pascal, Vico,
Gioberti, Rosmini, che rappresentano
un’alternativa “ontologista” al razionalismo.
“Perché – scrive Alberto Mina – tutte
le opere di Del Noce sono da leggersi come
tasselli di questa faticosa ricostruzione che
ha lo scopo di riaprire il problema che il
razionalismo vorrebbe chiudere, proprio in
merito al mistero dell’essere e della vita
dell’uomo”. Un’impostazione che legge il
marxismo, altro grande tema al centro di
questa antologia, nei termini di una filosofia
anticristiana che vuole “rifare completamente
il mondo”. Marx, osservava Del Noce,
voleva realizzare il rifiuto radicale di
ogni dipendenza dell’uomo da Dio, ma laddove
il comunismo si è realizzato ecco verificarsi
invece la peggiore schiavitù dell’uomo
sull’altro uomo. “La completa riuscita
del marxismo – scrive Del Noce – coincide
col suo completo scacco”. E’ l’“eterogenesi
dei fini”, una categoria mutuata da Giambattista
Vico, il rovesciarsi delle speranze
e delle profezie dei rivoluzionari dell’Ottocento
nel loro contrario, perché quelle utopie
distillate in laboratorio, abolendo Dio,
uccidono l’uomo e il senso della realtà.
“Del Noce – nota ancora Mina – parla dell’inevitabile
decomposizione del marxismo
in decenni di egemonia comunista: il tratto
profetico che gli è stato riconosciuto deriva
dall’estrema serietà con la quale ha fatto i
conti da subito con il marxismo per quello
che esso è”. Posizioni che gli sono costate
l’isolamento da parte dell’intellighenzia
laica, oltre che una certa freddezza del
mondo cattolico-progressista. Sì, perché dopo
uno sbandata per il pensiero cattolico
democratico negli anni Quaranta, il filosofo
e politologo Del Noce approda ad un giudizio
poco conciliante nei confronti dei cosiddetti
“cristiani adulti”. Gratta gratta, è come
se ci mettesse sull’avviso lo studioso, al
fondo del catto-comunismo trovi Pelagio, il
monaco bretone che nei primi secoli cristiani
arriva a negare il peccato originale,
sostenendo che l’uomo può salvarsi con le
sue sole forze. Il “male assoluto”, insiste
Del Noce, non è il fascismo, ma è questa
perdita del sacro (dunque della verità dell’umano)
nella quotidianità della vita, perdita
di cui fascismo e comunismo sono entrambi
figli. Il “male” è in questo “separatismo”
tra vita e opere, grazia e natura, vita
pubblica e privata, fede e ragione. E i
cattolici che abitano la storia convinti che
la sola lettura possibile della vicenda umana
sia quella dello schema fascismo-antifascismo,
modernità-reazione, vanno a rimorchio
di categorie altrui e si condannano all’insignificanza.
Del Noce, che mai fu fascista
considerando il movimento di Mussolini
un momento del percorso verso l’ateismo
e dunque un errore dentro la cultura
moderna e non contro di essa, analizza in
profondità il rapporto tra Giovanni Gentile
e Antonio Gramsci. Il libro ne dà conto,
ricordando come entrambi immaginassero
una “rivoluzione” nella quale la politica
sostituisse la religione. Ma questa cultura,
argomenta il filosofo, favorisce l’insorgere
di una società scientista (“il prodursi dello
scientismo – scriveva Del Noce – indica
sempre una crisi della filosofia”), sazia, ma
omologata. Una società sempre più borghese,
dalla mentalità radicale, prigioniera
dei suoi intellettuali dissacratori custodi
di un nichilismo per il quale “l’umanità
è considerata come mezzo e non come fine”.
Del Noce sperimentò la possibilità di
un’alternativa incontrando negli anni Settanta
i giovani di Cl. “Occorre una fede –
annotava – che salva la religione liberandola
dall’idolatria di se stessa, dal razionalismo”.
“Una fede – conclude Alberto Mina
– che continuamente contrasti il tentativo
di ridurre la ragione e di sterilizzarne
l’efficacia”.
(Mauro Pianta)
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Postato da: giacabi a 22:13 |
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comunismo, nichilismo, del noce, senso religioso
Come reagire alla calunnia:"la smentita "fredda, puntuale, precisa e immediata
Intervista a Messori (da Il Giornale del 23.06.07)
di Andrea Tornielli
Alla
Biennale di Venezia sta per andare in scena uno spettacolo («Messiah
Game») dove l’ultima cena si trasforma in orgia e Gesù crocifisso è
rappresentato come un masochista. A Bologna era in programmazione
un’iniziativa culturale intitolata «La Madonna piange sperma», mentre è
di ieri la notizia della mostra «Recombinant women» che sempre nel
capoluogo felsineo presenta i dieci comandamenti rivisitati in chiave
omosessuale. Il cristianesimo sembra essere rimasta l’unica fede che può
essere irrisa e oltraggiata. È giusto reagire e come farlo? Il Giornale
l’ha chiesto a Vittorio Messori, scrittore e autore di best-seller, che
trentun anni fa ha dato inizio alla nuova apologetica cattolica.
Messori, che cosa sta accadendo? «C’è un’evidente tendenza a scavalcare gli ultimi secoli di storia cristiana, a chiudere una “parentesi” durata duemila anni. In fondo, che cos’è l’ambientalismo o la teorizzazione della liberazione sessuale se non un ritorno al paganesimo?». Il cristianesimo è oggi l’ultima religione che può essere oltraggiata... «Ne farei motivo di onore per i cristiani che non reagiscono come certi musulmani e non lanciano fatwa contro gli infedeli chiedendo la loro morte fisica. E non reagiscono nemmeno come certi ambienti ebraici, i quali ti isolano cercando di provocare la tua morte morale. Vorrei aggiungere che più che i cristiani, sono i cattolici ad essere attaccati: ciò significa che la Chiesa è un bersaglio ritenuto importante». È nata nei mesi scorsi in Italia la Cadl, «Catholic Anti Defamation League», oggi in prima linea contro questi spettacoli blasfemi. Non era una sua vecchia idea? «Sì, e ho visto che ciò viene riconosciuto nel loro sito. Per me è stata una sorpresa. Certo, avrei preferito un nome italiano, meno succubo di certo americanismo che fa chiamare anche la festa della famiglia “Family day”. Bastava chiamarla Lega anticalunnia...». Apprezza dunque questa battaglia? «Nella società dell’apparire ci vuole la giusta strategia. Non c’è niente di meglio, per chi fa queste provocazioni, che essere attaccati. Chi mette in scena un’ultima cena blasfema, l’ultimo arrivato che s’inventa la Madonna che piange sperma, spera proprio in una reazione indignata. Ci siamo dimenticati la fortuna che ha fatto fare al film di Mel Gibson la guerra preventiva mossagli dagli ambienti ebraici americani?».
Mi scusi, ma allora non bisogna reagire?
«Ho sempre creduto che fosse necessario far nascere una Lega anticalunnia cattolica per ribattere alle tante bugie sul cattolicesimo che quotidianamente vengono propalate sui media». Faccia un esempio. «Se un importante esponente del mondo ebraico dice che prima di fare la razzia degli israeliti nel ghetto di Roma, il 16 ottobre 1943, l’ambasciatore tedesco è andato a informare il Pio XII ottenendone il tacito assenso, questa è una falsità. E va subito smentita, ricordando all’interessato che Papa Pacelli era all’oscuro della razzia e appena fu avvertito convocò l’ambasciatore per protestare chiedendo di interromperla immediatamente. Chi afferma quelle bugie dovrebbe iscriversi a un corso di storia per corrispondenza. Ecco ciò che spaventa: la smentita fredda, puntuale, precisa e immediata. C’è, invece, un modo di indignarsi che finisce per fare il gioco di chi provoca dandogli importanza. Credo che buona parte dell’intellighenzia laica rimpianga l’Indice dei libri proibiti e farebbe di tutto per esservi iscritta». Allora qual è, a suo avviso, la reazione adeguata? «Rimanere sul piano dei fatti, ribadire la nostra tolleranza, essere consapevoli che se ti attaccano è perché in fondo ti considerano rilevante, evitare ogni indignazione moralistica, vittimismo e invettive del tipo “non c’è più religione!”, essere magnanimi. Soprattutto ricordare che il cristianesimo è sopravvissuto per venti secoli a tutte le bufere: Dio non ha bisogno che noi lo difendiamo, sa difendersi da solo e noi siamo servi inutili. La saldezza della fede si vede anche dalla serenità con cui si incassano questi colpi». La trovo piuttosto remissivo... «Gesù ha detto che saranno beati coloro che vengono perseguitati nel suo nome. Dobbiamo abituarci alla fine della cristianità come l’abbiamo conosciuta per secoli, dobbiamo considerare provvidenziale ciò che ci sta accadendo e tornare ad essere lievito nella pasta, sale che dà sapore. Considero un disegno della Provvidenza anche l’arrivo di tanti musulmani tra di noi, perché anche certi atei stanno scoprendo la grande differenza che esiste tra il Corano e il Vangelo». |
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