La noia
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DON GIUSSANI da: Il Senso Religioso ed. Rizzoli
Postato da: giacabi a 10:41 |
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noia, giussani
I giovani e la noia
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“Chi non vede la vanità del mondo è ben vano anche lui. Ma
chi non la vede, tranne i giovani che sono sempre nel chiasso, nel
divertimento e nel pensiero dell’avvenire? Eppure, togliete loro la
distrazione e li vedrete morire di noia; essi sentono allora il loro
niente senza conoscerlo: perché è davvero essere infelici
il trovarsi in una tristezza insopportabile non appena si è ridotti a
pensare a sé, a non avere alcun motivo di distrazione.”
Blaise Pascal da: Pensieri
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“Anche
quando, e proprio quando, non siamo particolarmente occupati dalle
cose e da noi stessi, incombe su di noi questo “tutto”, per esempio
nella noia autentica. Essa è ancora lontana quando ad annoiarci è solo
questo libro o quello spettacolo, quell’occupazione o quest’ozio, ma
affiora quando “uno si annoia”. La
noia profonda, che va e viene nelle profondità dell’esserci come una
nebbia silenziosa, accomuna tutte le cose, tutti gli uomini, e con
loro noi stessi, in una strana indifferenza.”
M.Heidegger, Che cos’è metafisica? Tr. it. di Franco Volpi, Adelphi 2001 |
Postato da: giacabi a 14:15 |
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noia, pascal, heidegger
La noia
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Nulla
è così insopportabile all'uomo come essere in un pieno riposo, senza
passioni, senza faccende, senza svaghi, senza occupazioni. Egli sente
allora la sua nullità, il suo abbandono, la sua insufficienza, la sua
dipendenza, la sua impotenza, il suo vuoto. E subito sorgono dal fondo
della sua anima il tedio, l'umor nero, la tristezza, il cruccio, il
dispetto, la disperazione.
Pascal da: I pensieri
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Postato da: giacabi a 19:29 |
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noia, pascal
La noia
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«La parola noia, Langeweile, non si trova nel tedesco antico. Infatti, solo nel 1507 la si incontra per la prima volta in un dizionario.
Il che non stupisce, perché in fondo non vi è posto per una simile
nozione in una lingua fortemente dominata dalle idee e dai concetti
cristiani. Dato che la coscienza cristiana, il suo senso della vita e del tempo, escludono la lezione di noia: il
cristiano cerca innanzitutto di utilizzare il tempo che gli è dato -
sentito come troppo breve, piuttosto che come troppo lungo - il meglio
possibile, al fine di meritare la salvezza eterna. [...] La nozione di noia si è insidiosamente introdotta nel nostro vocabolario a partire dagli inizi del XVI secolo, quindi in pieno Rinascimento,
quando il tempo sacro comincia a cedere il posto alla durata profana,
la prospettiva escatologica a quella della riuscita umana. Tuttavia,
all'inizio questo sembrava assolutamente inoffensivo, una circostanza
passeggera. Poi, andando di pari passo con il processo di
secolarizzazione, la noia diventa più minacciosa e prende tutta la sua ampiezza nel XVII secolo, per diventare il male di vivere del XVIII, il secolo dei Lumi: il
momento in cui lo spazio sacro diventa lo spazio morto dell'universo
meccanico, e in cui il mondo smitizzato diventa l'habitat
dell'uomo-macchina.
Per finire, nel XIX secolo, quando le scienze positiviste hanno ridotto l'immagine dell'uomo a nient'altro che un prodotto biologico e una presenza accidentale, quella che si presentava agli inizi come un'innocente malattia è diventata il male del secolo, il cancro che rode le viscere. Allora la noia moderna è la noia al fondo della disperazione, la noia dell'uomo senza padre, sradicato dalla sua origine, alienato dal suo io reale; è il vuoto spirituale, il vuoto esistenziale, l'assenza dell'anima. Ed è talmente diffusa, e così ben camuffata, che, secondo Erich Fromm, non ce ne accorgiamo nemmeno più. [...] Cosa fare allora? Ebbene, bisogna ammazzare il tempo. Per esempio con l'ubriachezza: “Bisogna essere sempre ubriachi. È tutto qui, questa è l'unica questione. Per non sentire l'orribile fardello del tempo che vi spezza le spalle e vi curva verso terra...” (Baudelaire) Possiamo quindi riassumere. Il vero scopo della noia sarebbe quello di segnare un vuoto interiore che chiede una ri-creazione di noi stessi, il passaggio a un'attività creativa e significativa. Invece, nella società secolarizzata, la noia esistenziale incita piuttosto a un vano divertimento e, sempre più, a una ricerca sfrenata di esperienze carnali che sono, per natura, pericolose e distruttive.».
Alexander Willebois, Conversazioni eterodosse, Jaca Book, Milano 1981
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Postato da: giacabi a 09:04 |
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noia
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"
La noia è in qualche modo il più sublime dei sentimenti umani. Non che
io creda che dall'esame di tale sentimento nascano quelle conseguenze
che molti filosofi hanno stimato di raccontare, ma nondimeno il non
poter essere soddisfatto da alcuna cosa terrena, né, per dir cosi, dalla
terra intera considerare l'ampiezza inestimabile dello spazio, il
numero e la mole meravigliosa dei mondi, e trovare che tutto è poco e
piccino alla capacità dell'animo proprio immaginarsi il numero dei mondi
infinito e l'universo infinito, e sentire che l'animo e il desiderio nostro sarebbe ancora più grande che siffatto universo
e sempre accusare le cose d'insufficienza e di nullità, e patire
mancamento e voto, e però noia, pare a me il maggior segno di grandezza e
di nobiltà che si vegga della natura umana. Perciò la noia è poco nota
agli uomini di nessun momento, e pochissimo o nulla agli altri animali "
(Pensieri, 68). G. Leopardi
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Postato da: giacabi a 20:39 |
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noia, leopardi, senso religioso
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Ritratto della malinconia
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"Quella noia significa che, nelle cose, noi cerchiamo, appassionatamente e dappertutto alcunché che le cose non possiedono.
[…] Si cerca e ci si sforza di prendere le cose così come si vorrebbe
che fossero; di trovare in esse quel peso, quella serietà, quell'ardore e
quella forza compiuta delle quali si ha sete: e non è possibile. Le
cose sono finite. Tutto ciò che è finito, è difettoso. E il difetto costituisce una delusione per il cuore, che anela all'assoluto. La delusione si allarga, diviene il sentimento di un gran vuoto… Non c'è nulla, per cui valga la pena di esistere. Non c'è nulla, che sia degno che noi ce ne occupiamo. […] Noi sentiamo una insoddisfazione particolarmente violenta per ciò che è finito. […] Proprio l'uomo malinconico è più profondamente in rapporto con la pienezza dell'esistenza. […] Per
conto mio, io credo che di là da qualsivoglia considerazione medica e
pedagogica, il suo significato sta in questo che è un indizio
dell'esistenza dell'assoluto. L'infinito testimonia di sé, nel chiuso del cuore. La malinconia è espressione del fatto che noi siamo creature limitate, ma viviamo a porta a porta con… ebbene sì, abbandoniamo alla fine il termine troppo prudenziale e astratto, di cui ci siamo serviti sinora: il termine di "assoluto"; scriviamo, al suo posto, quello che solo si addice: viviamo a porta a porta con Dio. Siamo chiamati da Dio, eletti ad accoglierlo nella nostra esistenza. La
malinconia è il prezzo della nascita dell'eterno nell'uomo. […] La
malinconia è l'inquietudine dell'uomo che avverte la vicinanza
dell'infinito. Beatitudine e minaccia a un tempo"
R. Guardini - Ritratto della malinconia |
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