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martedì 7 febbraio 2012

Olavo de Carvalho

CENTO ANNI DI PEDOFILIA.

 LA CHIESA E' LA PRIMA VITTIMA DELLA PEDOFILIA

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· In Grecia e nell'Impero Romano, l'uso di minori per la gratificazione sessuale degli adulti era una pratica tollerata e persino apprezzata. In Cina, i bambini castrati erano venduti a ricchi pedofili e questo è stato un commercio legittimo per millenni. Nel mondo islamico, la morale rigida che regola i rapporti tra uomini e donne sono spesso compensati dalla tolleranza circa la pedofilia omosessuale.In alcuni Paesi si è protratta almeno fino all'inizio del XX secolo, rendendo l'Algeria, per esempio, un giardino di delizie per i viaggiatori depravati (leggere le memorie di André Gide, Si le grain ne meurt). In tutti quei luoghi dove la pratica della pedofilia decadde, fu per l'influenza del cristianesimo - e praticamente solo per essa - che ha liberato i bambini da quel terribile giogo.Ma che ha pagato un pedaggio. È stata come una corrente sotterranea di odio e di risentimento che ha attraversato due millenni di storia, aspettando il momento della vendetta. Quel momento è arrivato. Il movimento di induzione alla pedofilia inizia con Sigmund Freud quando crea una versione caricaturale erotizzata dei primi anni di vita, una storia assorbita facilmente dalla cultura del secolo. Da allora la vita familiare, nell'immaginario occidentale, è sempre più stata vista come una pentola a pressione di desideri repressi. Nel cinema e nella letteratura, sembra che i bambini non hanno null'altro da fare che spiare la vita sessuale dei loro genitori dal buco della serratura o dedicarsi essi stessi ai giochi erotici più sorprendenti. Il potenziale politico esplosivo di questa idea è immediatamente utilizzato da Wilhelm Reich, psichiatra comunista che organizza in Germania un movimento per "liberazione sessuale dei giovani", poi trasferito negli Stati Uniti, dove arriva a costituire, probabilmente, l'idea guida principale per la rivolta degli studenti negli anni '60. Nel frattempo, il Rapporto Kinsey, che ora sappiamo essere stato una frode in piena regola, distrugge l'immagine di rispettabilità dei genitori, presentandoli alle nuove generazioni come ipocriti malati o come occulti libertini sessuali. L'arrivo della pillola e dei preservativi, che i governi stanno cominciando a distribuire allegramente nelle scuole, suona come il tocco di liberazione generale dell'erotismo dei bambini e degli adolescenti. Da allora l'erotizzazione dell'infanzia e dell'adolescenza si propaga dai circoli accademici e letterari alla cultura delle classi medie e basse attraverso innumerevoli film, spettacoli televisivi, "gruppi di incontro", corsi sulla pianificazione familiare, annunci e tutto il resto. L'educazione sessuale nelle scuole diventa un incentivo diretto ai bambini e ai giovani a praticare ciò che vedono nei film e in televisione.Ma fino a quì la legittimazione della pedofilia è solo insinuata, nascosta, in mezzo a rivendicazioni che la includono come conseguenza implicita. Nel 1981, tuttavia, la rivista Time informa che argomenti pro-pedofilia argomenti stanno guadagnando popolarità fra alcuni consulenti sessuali. Larry Constantine, un terapeuta familiare, sostiene che i bambini "hanno il diritto di esprimersi sessualmente, il che significa che possono avere o non avere rapporti sessuali con persone più grandi". Uno degli autori del Rapporto Kinsey, Wardell Pomeroy, pontifica che l'incesto "spesso può essere utile". Con il pretesto della lotta contro la discriminazione, i rappresentanti del movimento gay sono autorizzati a insegnare nelle scuole elementari i benefici della pratica omosessuale. Chiunque vi si opponga è stigmatizzato, perseguitato, licenziato. In un libro elogiato da J. Elders, ex ministro della Sanità degli USA (Surgeon General - lo stesso che propala avvertimenti apocalittici contro il tabacco), la giornalista Judith Levine afferma che i pedofili sono innocui e che il sesso di un bambino con un prete può essere addirittura benefico. Coloro che sono veramente pericolosi, spiega Levine, sono i genitori, che proiettano "le loro paure e il loro desiderio di carne infantile nel mitico toccatore dei bambini". Organizzazioni femministe aiutano i bambini ad abbassare la guardia contro i pedofili e a mettersi in guardia dalla famiglia, promuovendo la teoria mostruosa dello psichiatra argentino, secondo il quale almeno una bambina su quattro viene violentata dal padre. La maggiore consacrazione della pedofilia arriva da un numero del 1998 del "Psychological Bulletin", organo della American Psychological Association. La rivista afferma che gli abusi sessuali nell'infanzia "non causano danni profondi e permanenti così gravi", e raccomanda addirittura che il termine pedofilia "caricato con una connotazione negativa", sia sostituito dal termine "intimità inter-generazionale ". È impensabile che una rivoluzione mentale tanto ampia, che si è diffusa in tutta la società, miracolosamente non influenzasse una parte speciale del pubblico: i sacerdoti e seminaristi. Nel loro caso, si è sommato alla pressione esterna uno stimolo speciale, ben calcolato per agire dall'interno. In un libro recente, Goodbye, Good Men, il corrispondente americano Michael S. Rose mostra che da tre decenni organizzazioni gay statunitensi stanno infiltrando loro membri nei dipartimenti di psicologia dei seminari per ostacolare l'ingresso dei candidati vocazionalmente forti e motivati per forzare l'ingresso massivo di omosessuali nel clero. Nei principali seminari la propaganda dell'omosessualità è diventata evidente e studenti eterosessuali sono stati costretti dai superiori a sottomettersi a comportamenti omosessuali. Molestati e sabotati, confusi e indotti, è inevitabile che prima o poi, molti sacerdoti e seminaristi finiscano per cedere al generale degrado nei confronti di bambini e adolescenti.E quando ciò accade, tutti gli esponenti della cultura moderna "liberata", l'intero establishment "progressista", tutti i media "avanzati", in breve, tutte le forze che per cento anni sono andati spogliando i bambini dell'aura protettiva del cristianesimo per consegnarli alla cupidigia degli adulti cattivi, improvvisamente si rallegrano, perché hanno trovato un innocente sul quale scaricare la loro colpa.Cento anni di cultura pedofila, all'improvviso, sono assolti, puliti, riscattati davanti all'Onnipotente: l'unico colpevole di tutto è ... il celibato sacerdotale! Il cristianesimo deve pagare adesso per tutto il male che ha impedito loro di fare. Non lo dubitate: la Chiesa è accusata e umiliata perché è innocente. I suoi detrattori la accusano perché essi stessi sono colpevoli. Mai la teoria di René Girard sulla persecuzione del capro espiatorio come soluzione per il ripristino delle unità illusoria di una colletività in crisi, ha trovato una conferma così evidente, così ovvia, così universale e allo stesso tempo. Chi non percepisce tutto ciò, in questo momento, è divorziato dalla propria coscienza. Ha occhi ma non vede, ha orecchie ma non sente. Ma se la Chiesa, invece di denunciare i suoi aggressori preferisce piegarsi dinnanzi a loro in un grottesco atto di contrizione, sacrificando pro forma qualche prete pedofilo per evitare di dover affrontare le forze che ve li hanno iniettati come un virus, farà la sua scelta più disastrosa negli ultimi due millenni.
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Olavo de Carvalho - Isegnideitempi


Postato da: giacabi a 22:04 | link | commenti
de carvalho

sabato, 07 marzo 2009
 I pensatori e l’estasi
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Olavo de Carvalho
O Globo, 10 de junho de 2000
Arriva a essere un insulto chiamare i filosofi di “pensatori”. Pensare è andare da un’idea a un altra, sia svolazzando tra similitudini, sia cadendo dalle scale, dall’universale al particolare, come un corpo inerte trascinato dalla forza gravitazionale delle conseguenze. Un gatto realizza la prima di queste modalità senza grande sforzo, una scimmia la seconda. Queste attività sono così banali e senza merito che non possiamo smettere di praticarle. È più facile smettere di respirare che trattenere il flusso incoercibile delle sinapsi. Non è giusto che tipi strani e stravaganti come i filosofi ricevano il loro nome da qualcosa che tutti fanno in continuazione. Alcuna originalità devono averla, accidenti, almeno in una dose tale che giustifichi il fatto di dare loro la cicuta perché la smettano di parlare, e poi restare a domandarci per duemila anni cosa è che davvero stavano dicendo.
L’originalità del filosofo consiste nel fatto che egli non lascia che il pensiero segue la sua linea spontanea dell’associazione di idee o dell’automatismo della pura deduzione, ma lo obbliga a uscire dal suo corso naturale e a rivolgersi a qualcosa che non è pensiero. Questa cosa – o mondo, o essere, la realtà o come si voglia chiamarla – è ostile al pensiero perché insiste nell’avere una volontà propria e ignora sovranamente le vie grammaticali, logiche e semantiche per le quali il nostro pensare scorre con così tanta naturalità e conforto. “Le mie vie non sono le vostre vie, né i miei pensieri sono i vostri pensieri, dice il Signore” (Is 55,8). Il pensiero del non-filosofo vive di pensieri: da un’idea ne estrae un’altra, e un’altra, e un’altra ancora, estraneo a interventi supeiori, e così produce variazioni e florilegi finché la vecchiaia non lo obblighi a ripetersi. Ecco il perché della facilità con la quale questo uomo crede nelle sue proprie conclusioni. 
Al contrario, il filosofo forza il suo pensiero ad alimentarsi di un materiale estraneo e indigeribile: fatti, percezioni, dati – informazioni, insomma, che a volte non hanno neppure il nome per mezzo del quale si possa pensarle. Se il non filosofo prende come premesse i suoi pensieri anteriori o frasi imparate, il filosofo si obbliga ad ammettere, come premessa, ogni e qualsiasi cosa che giunga alla sua conoscenza, per inammissibile o strana che sia. La grande premessa del pensiero filosofico si chiama “dato”. “Dato”, in filosofia, è il contrario di pensato. “Dato” è ciò che non ho inventato io. “Dato” è ciò che si impone per se stesso, senza che vi sia bisogno di pensarlo perché esso si dia. Così profonda è l’ossessione dei filosofi per il “dato”, che la maggior parte di essi si dedicò alla ricerca del Dato assoluto e primo, di quello che si imponesse proprio a un pensiero incapace di pensarlo. Dal “primo motore” aristotelico al “mondo della vita” di Husserl, passando per la “cosa in sé” di Kant e per la “sostanza” di Spinoza, quello che i filosofi cercarono fu sempre questo: qualcosa che essi non potevano inventare. Anche l’oggetto delle scienze fisiche è già un arrangiamento intellettuale, un ritaglio operato dalla ragione nel corpo del dato. Solo i filosofi si interessano per quello che semplicemente sta lì, per quello che l’essere dice di se stesso prima che qualcuno inizi a parlarne. Il filosofo, quindi, è proprio il contrario del “pensatore”. Platone lo chiamava “amante di spettacoli”. Sì, quello che il filosofo ama è quello che, venendo dallo spettacolo dell’essere, trascende infinitamente la clausura del pensare e del pensato. Per questo egli è anche l’amante della sapienza: il cammino della sapienza può essere soltanto “verso l’alto” e “verso fuori” – l’io pensante si sacrifica, consente di lasciare di essere il centro del mondo per cedere il passo alla realtà che lo trascende. “Essere oggettivo è morire un poco”, diceva F. Schuon.
Questo si dà tanto nella più minima percezione sensibile quanto nella suprema contemplazione spirituale. L’incontro con il Dato supremo prende la forma di “estasi”. Sono stati necessari millenni di imbecillità accumulata perché la parola “estasi” venisse a significare il rapimento di un cretino dentro una cassettina di sogni; ed è stato necessario arrivare all’ultima degradazione per dare questo nome a una droga con il compito di produrli. I sogni, in fondo, sono cose pensate, e è dalla prigione del pensato che l’estasi ci libera. L’estasi è la piena presenza del dato, è la suprema forma di realismo quella perfetta sottomissione del pensiero al reale, della quale, in un piano più modesto, Hegel dette un esempio nel contemplare per lungo tempo una grandiosa montagna e dopo emettere il celebre commento: “Sì, di fatto è così”. Solo l’estasi dà conoscenza. Il resto è pensiero. Augusto Comte — chi l’avrebbe detto? — intuì questo in qualche modo quando formulò la sua massima; régler le dédans par le dehors, modellare il dentro con il fuori. Il fatto che altri al contrario cercassero di attirare l’uomo verso “l’interiore”, non ci deve confondere. Quando Agostino grida noli foras ire, questo “fuori” che ci proibisce non è quello al quale ci riferiamo io e Comte — il dato — bensì il “mondo” nel senso biblico del termine: il chiacchiericcio ambiente che, venendo dagli altri e venendo così incessantemente ripetuto, ci dà l’illusione di essere, a sua volta, dato e realtà. È il pensiero collettivo che copre il dato e in seguito ci consola della nostra impotenza cognitiva infondendoci l’illusione di “fare storia”, di “creare un mondo” con i nostri pensieri. Agostino ci invita a distoglierci dall’ubriacatura del pensato per dirigerci verso l’autenticità dell’essere spirituale, tanto “esterno” al pensiero quanto la montagna di Hegel.
Pensare? Che a forza di pensare sia morto un asino, niente di più banale. Ciò che dispiace è che tanti “vivano” di questo, e, non essendo niente di più che “pensatori”, si arroghino – o lo ricevano da altri asini – il titolo di filosofi.
grazie a: cabasilas

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