CENTO ANNI DI PEDOFILIA.LA CHIESA E' LA PRIMA VITTIMA DELLA PEDOFILIA***
· In
Grecia e nell'Impero Romano, l'uso di minori per la gratificazione
sessuale degli adulti era una pratica tollerata e persino apprezzata. In
Cina, i bambini castrati erano venduti a ricchi pedofili e questo è
stato un commercio legittimo per millenni. Nel mondo islamico, la morale
rigida che regola i rapporti tra uomini e donne sono spesso compensati
dalla tolleranza circa la pedofilia omosessuale.In
alcuni Paesi si è protratta almeno fino all'inizio del XX secolo,
rendendo l'Algeria, per esempio, un giardino di delizie per i
viaggiatori depravati (leggere le memorie di André Gide, Si le grain ne
meurt). In
tutti quei luoghi dove la pratica della pedofilia decadde, fu per
l'influenza del cristianesimo - e praticamente solo per essa - che ha
liberato i bambini da quel terribile giogo.Ma
che ha pagato un pedaggio. È stata come una corrente sotterranea di
odio e di risentimento che ha attraversato due millenni di storia,
aspettando il momento della vendetta. Quel momento è arrivato. Il
movimento di induzione alla pedofilia inizia con Sigmund Freud quando
crea una versione caricaturale erotizzata dei primi anni di vita, una
storia assorbita facilmente dalla cultura del secolo. Da allora la vita
familiare, nell'immaginario occidentale, è sempre più stata vista come
una pentola a pressione di desideri repressi. Nel cinema e nella
letteratura, sembra che i bambini non hanno null'altro da fare che
spiare la vita sessuale dei loro genitori dal buco della serratura o
dedicarsi essi stessi ai giochi erotici più sorprendenti.
Il potenziale politico esplosivo di questa idea è immediatamente
utilizzato da Wilhelm Reich, psichiatra comunista che organizza in
Germania un movimento per "liberazione sessuale dei giovani", poi
trasferito negli Stati Uniti, dove arriva a costituire, probabilmente,
l'idea guida principale per la rivolta degli studenti negli anni '60.
Nel frattempo, il Rapporto Kinsey, che ora sappiamo essere stato una
frode in piena regola, distrugge l'immagine di rispettabilità dei
genitori, presentandoli alle nuove generazioni come ipocriti malati o
come occulti libertini sessuali.
L'arrivo della pillola e dei preservativi, che i governi stanno
cominciando a distribuire allegramente nelle scuole, suona come il tocco
di liberazione generale dell'erotismo dei bambini e degli adolescenti.
Da allora l'erotizzazione dell'infanzia e dell'adolescenza si propaga
dai circoli accademici e letterari alla cultura delle classi medie e
basse attraverso innumerevoli film, spettacoli televisivi, "gruppi di
incontro", corsi sulla pianificazione familiare, annunci e tutto il
resto. L'educazione sessuale nelle scuole diventa un incentivo diretto
ai bambini e ai giovani a praticare ciò che vedono nei film e in
televisione.Ma
fino a quì la legittimazione della pedofilia è solo insinuata,
nascosta, in mezzo a rivendicazioni che la includono come conseguenza
implicita. Nel
1981, tuttavia, la rivista Time informa che argomenti pro-pedofilia
argomenti stanno guadagnando popolarità fra alcuni consulenti sessuali.
Larry Constantine, un terapeuta familiare, sostiene che i bambini "hanno
il diritto di esprimersi sessualmente, il che significa che possono
avere o non avere rapporti sessuali con persone più grandi". Uno degli
autori del Rapporto Kinsey, Wardell Pomeroy, pontifica che l'incesto
"spesso può essere utile". Con il pretesto della lotta contro la discriminazione,
i rappresentanti del movimento gay sono autorizzati a insegnare nelle
scuole elementari i benefici della pratica omosessuale. Chiunque vi si
opponga è stigmatizzato, perseguitato, licenziato.
In un libro elogiato da J. Elders, ex ministro della Sanità degli USA
(Surgeon General - lo stesso che propala avvertimenti apocalittici
contro il tabacco), la giornalista Judith Levine afferma che i pedofili
sono innocui e che il sesso di un bambino con un prete può essere
addirittura benefico. Coloro che sono veramente pericolosi, spiega
Levine, sono i genitori, che proiettano "le loro paure e il loro
desiderio di carne infantile nel mitico toccatore dei bambini".
Organizzazioni femministe aiutano i bambini ad abbassare la guardia
contro i pedofili e a mettersi in guardia dalla famiglia, promuovendo la
teoria mostruosa dello psichiatra argentino, secondo il quale almeno
una bambina su quattro viene violentata dal padre. La maggiore
consacrazione della pedofilia arriva da un numero del 1998 del
"Psychological Bulletin", organo della American Psychological
Association. La rivista afferma che gli abusi sessuali nell'infanzia
"non causano danni profondi e permanenti così gravi", e raccomanda
addirittura che il termine pedofilia "caricato con una connotazione
negativa", sia sostituito dal termine "intimità inter-generazionale ". È
impensabile che una rivoluzione mentale tanto ampia, che si è diffusa
in tutta la società, miracolosamente non influenzasse una parte speciale
del pubblico: i sacerdoti e seminaristi. Nel loro caso, si è sommato
alla pressione esterna uno stimolo speciale, ben calcolato per agire
dall'interno. In un libro recente, Goodbye, Good Men, il corrispondente
americano Michael S. Rose mostra che da tre decenni organizzazioni gay
statunitensi stanno infiltrando loro membri nei dipartimenti di
psicologia dei seminari per ostacolare l'ingresso dei candidati
vocazionalmente forti e motivati per forzare l'ingresso massivo di
omosessuali nel clero. Nei principali seminari la propaganda
dell'omosessualità è diventata evidente e studenti eterosessuali sono
stati costretti dai superiori a sottomettersi a comportamenti
omosessuali. Molestati e sabotati, confusi e indotti, è inevitabile che
prima o poi, molti sacerdoti e seminaristi finiscano per cedere al
generale degrado nei confronti di bambini e adolescenti.E
quando ciò accade, tutti gli esponenti della cultura moderna
"liberata", l'intero establishment "progressista", tutti i media
"avanzati", in breve, tutte le forze che per cento anni sono andati
spogliando i bambini dell'aura protettiva del cristianesimo per
consegnarli alla cupidigia degli adulti cattivi, improvvisamente si
rallegrano, perché hanno trovato un innocente sul quale scaricare la
loro colpa.Cento anni di cultura pedofila, all'improvviso, sono assolti, puliti, riscattati davanti all'Onnipotente:
l'unico colpevole di tutto è ... il celibato sacerdotale! Il
cristianesimo deve pagare adesso per tutto il male che ha impedito loro
di fare. Non lo dubitate: la Chiesa è accusata e umiliata perché è
innocente. I suoi detrattori la accusano perché essi stessi sono
colpevoli. Mai
la teoria di René Girard sulla persecuzione del capro espiatorio come
soluzione per il ripristino delle unità illusoria di una colletività in
crisi, ha trovato una conferma così evidente, così ovvia, così
universale e allo stesso tempo. Chi non percepisce tutto ciò, in questo
momento, è divorziato dalla propria coscienza. Ha occhi ma non vede, ha
orecchie ma non sente.
Ma se la Chiesa, invece di denunciare i suoi aggressori preferisce
piegarsi dinnanzi a loro in un grottesco atto di contrizione,
sacrificando pro forma qualche prete pedofilo per evitare di dover
affrontare le forze che ve li hanno iniettati come un virus, farà la sua
scelta più disastrosa negli ultimi due millenni.
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Postato da: giacabi a 22:04 |
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de carvalho
I pensatori e l’estasi
***
Olavo de Carvalho
O Globo, 10 de junho de 2000
Arriva
a essere un insulto chiamare i filosofi di “pensatori”. Pensare è
andare da un’idea a un altra, sia svolazzando tra similitudini, sia
cadendo dalle scale, dall’universale al particolare, come un corpo
inerte trascinato dalla forza gravitazionale delle conseguenze. Un gatto
realizza la prima di queste modalità senza grande sforzo, una scimmia
la seconda. Queste attività sono così banali e senza merito che non
possiamo smettere di praticarle. È più facile smettere di respirare che
trattenere il flusso incoercibile delle sinapsi. Non è giusto che tipi
strani e stravaganti come i filosofi ricevano il loro nome da qualcosa
che tutti fanno in continuazione. Alcuna originalità devono averla,
accidenti, almeno in una dose tale che giustifichi il fatto di dare loro
la cicuta perché la smettano di parlare, e poi restare a domandarci per
duemila anni cosa è che davvero stavano dicendo.
L’originalità
del filosofo consiste nel fatto che egli non lascia che il pensiero
segue la sua linea spontanea dell’associazione di idee o
dell’automatismo della pura deduzione, ma lo obbliga a uscire dal suo
corso naturale e a rivolgersi a qualcosa che non è pensiero. Questa cosa
– o mondo, o essere, la realtà o come si voglia chiamarla – è ostile al
pensiero perché insiste nell’avere una volontà propria e ignora
sovranamente le vie grammaticali, logiche e semantiche per le quali il
nostro pensare scorre con così tanta naturalità e conforto.
“Le mie vie non sono le vostre vie, né i miei pensieri sono i vostri
pensieri, dice il Signore” (Is 55,8). Il pensiero del non-filosofo vive
di pensieri: da un’idea ne estrae un’altra, e un’altra, e un’altra
ancora, estraneo a interventi supeiori, e così produce variazioni e
florilegi finché la vecchiaia non lo obblighi a ripetersi. Ecco il
perché della facilità con la quale questo uomo crede nelle sue proprie
conclusioni.
Al
contrario, il filosofo forza il suo pensiero ad alimentarsi di un
materiale estraneo e indigeribile: fatti, percezioni, dati –
informazioni, insomma, che a volte non hanno neppure il nome per mezzo
del quale si possa pensarle.
Se il non filosofo prende come premesse i suoi pensieri anteriori o
frasi imparate, il filosofo si obbliga ad ammettere, come premessa, ogni
e qualsiasi cosa che giunga alla sua conoscenza, per inammissibile o
strana che sia.
La grande premessa del pensiero filosofico si chiama “dato”. “Dato”, in
filosofia, è il contrario di pensato. “Dato” è ciò che non ho inventato
io. “Dato” è ciò che si impone per se stesso, senza che vi sia bisogno
di pensarlo perché esso si dia. Così profonda è l’ossessione dei
filosofi per il “dato”, che la maggior parte di essi si dedicò alla
ricerca del Dato assoluto e primo, di quello che si imponesse proprio a
un pensiero incapace di pensarlo.
Dal “primo motore” aristotelico al “mondo della vita” di Husserl,
passando per la “cosa in sé” di Kant e per la “sostanza” di Spinoza,
quello che i filosofi cercarono fu sempre questo: qualcosa che essi non
potevano inventare. Anche l’oggetto delle scienze fisiche è già un
arrangiamento intellettuale, un ritaglio operato dalla ragione nel corpo
del dato. Solo
i filosofi si interessano per quello che semplicemente sta lì, per
quello che l’essere dice di se stesso prima che qualcuno inizi a
parlarne. Il filosofo, quindi, è proprio il contrario del “pensatore”.
Platone lo chiamava “amante di spettacoli”. Sì, quello che il filosofo
ama è quello che, venendo dallo spettacolo dell’essere, trascende
infinitamente la clausura del pensare e del pensato. Per
questo egli è anche l’amante della sapienza: il cammino della sapienza
può essere soltanto “verso l’alto” e “verso fuori” – l’io pensante si
sacrifica, consente di lasciare di essere il centro del mondo per cedere
il passo alla realtà che lo trascende. “Essere oggettivo è morire un
poco”, diceva F. Schuon.
Questo si dà tanto nella più minima percezione sensibile quanto nella suprema contemplazione spirituale. L’incontro con il Dato supremo prende la forma di “estasi”.
Sono stati necessari millenni di imbecillità accumulata perché la
parola “estasi” venisse a significare il rapimento di un cretino dentro
una cassettina di sogni; ed è stato necessario arrivare all’ultima
degradazione per dare questo nome a una droga con il compito di
produrli. I sogni, in fondo, sono cose pensate, e è dalla prigione del pensato che l’estasi ci libera.
L’estasi è la piena presenza del dato, è la suprema forma di realismo
quella perfetta sottomissione del pensiero al reale, della quale, in un
piano più modesto,
Hegel dette un esempio nel contemplare per lungo tempo una grandiosa
montagna e dopo emettere il celebre commento: “Sì, di fatto è così”. Solo l’estasi dà conoscenza. Il resto è pensiero. Augusto Comte — chi l’avrebbe detto? — intuì questo in qualche modo quando formulò la sua massima; régler le dédans par le dehors, modellare il dentro con il fuori. Il fatto che altri al contrario cercassero di attirare l’uomo verso “l’interiore”, non ci deve confondere. Quando Agostino grida noli foras ire,
questo “fuori” che ci proibisce non è quello al quale ci riferiamo io e
Comte — il dato — bensì il “mondo” nel senso biblico del termine: il
chiacchiericcio ambiente che, venendo dagli altri e venendo così
incessantemente ripetuto, ci dà l’illusione di essere, a sua volta, dato
e realtà. È il pensiero collettivo che copre il dato e in
seguito ci consola della nostra impotenza cognitiva infondendoci
l’illusione di “fare storia”, di “creare un mondo” con i nostri
pensieri. Agostino
ci invita a distoglierci dall’ubriacatura del pensato per dirigerci
verso l’autenticità dell’essere spirituale, tanto “esterno” al pensiero
quanto la montagna di Hegel.
Pensare? Che a forza di pensare sia morto un asino, niente di più banale. Ciò
che dispiace è che tanti “vivano” di questo, e, non essendo niente di
più che “pensatori”, si arroghino – o lo ricevano da altri asini – il
titolo di filosofi.
grazie a: cabasilas
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